• Non ci sono risultati.

CAP. 2 - FISIOLOGIA DELLE VIE BILIARI. Tra le funzioni epatiche ricordiamo la produzione e l’escrezione della bile. La bile interviene in numerose funzioni fondamentali quali:

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "CAP. 2 - FISIOLOGIA DELLE VIE BILIARI. Tra le funzioni epatiche ricordiamo la produzione e l’escrezione della bile. La bile interviene in numerose funzioni fondamentali quali:"

Copied!
13
0
0

Testo completo

(1)

CAP. 2 - FISIOLOGIA DELLE VIE BILIARI.

Tra le funzioni epatiche ricordiamo la produzione e l’escrezione della bile. La bile interviene in numerose funzioni fondamentali quali:

 l’alcalinizzazione dei succhi intestinali,  l’emulsione e l’assorbimento dei grassi,

 la prevenzione della putrefazione intestinale, infatti, in mancanza di essa, i lipidi vengono scarsamente digeriti e assorbiti: la loro abbondanza nel contenuto enterico fa deviare, intensificandoli, i processi fermentativi che già di norma si svolgono nell’intestino (Ettinger S.J. e Feldman E.C., 2002).

L’elaborazione e la secrezione della bile si realizzano mediante captazione e sintesi di metaboliti da parte della cellula epatica, il trasporto di sostanze nella cellula stessa ed infine l’escrezione nei canalicoli biliari dei suoi diversi componenti e di acqua (Aguggini G. e coll., 2002). Verrà poi trasferita nel sistema biliare intra ed extra-epatico, quindi riversata nel lume duodenale. In sede enterica alcuni costituenti biliari, come ad esempio i pigmenti biliari, sono escreti in modo irreversibile, mentre altri, come gli acidi biliari, tornano al fegato per poi essere riescreti nella bile (Shiff L. e Shiff E.R., 1982).

Nella colecisti la bile, secreta continuamente dal fegato, viene raccolta e qui subisce un processo di concentrazione atto a renderla più densa e più intensamente colorata di quella contenuta negli altri segmenti delle vie biliari. La colecisti si svuota del suo contenuto quando gli alimenti giungono nel primo tratto del duodeno, per un particolare stimolo neuroumorale. La dimensione della cistifellea è determinata dall’intervallo tra i pasti: durante il pasto, la presenza di un pH duodenale acido o di proteine o grassi nel duodeno, determinano il rilascio di colecistochinina e pancreozimina che inducono la cistifellea alla contrazione e quindi al rilascio di bile nel lume duodenale (Center S.A., 1983). Lo svuotamento della bile avviene attraverso

(2)

l’innervazione parasimpatica della cistifellea (n. vago) che contrae il viscere rilasciando, contemporaneamente, lo sfintere duodenale; l’innervazione simpatica tramite i nervi splancnici determina l’effetto opposto (Breazile J.E., 1971).

La colecisti svolge diverse funzione quali la funzione di riserva, la regolazione della pressione nel sistema dei dotti epatici, concentrare i componenti della bile, secrezione di muco ad opera delle ghiandole presenti nella sua mucosa.

Negli animali caratterizzati da una digestione intestinale periodica, la colecisti svolge una vera e propria funzione di serbatoio della bile che verrà rilasciata all’arrivo del chimo gastrico nel duodeno. A causa del riassorbimento di acqua, il volume della bile nella colecisti può ridursi dell’80-90%, mentre, la concentrazione degli acidi biliari e dei pigmenti può aumentare di 5-10 volte. Nella bile colecistica, inoltre, Na+ , K+ e sali biliari si trovano in concentrazione notevolmente superiore rispetto alla bile epatica, mentre gli ioni cloro e bicarbonato hanno una concentrazione inferiore (Hall E.J., 2005). La bile primaria si forma nel fegato a livello del canalicolo e deriva dal trasporto attivo di soluti dagli epatociti, seguito dal trasporto passivo di acqua. In termini di quantità assolute e di attività osmotica, gli acidi biliari e gli elettroliti inorganici rappresentano i soluti biliari predominanti e rappresentano quindi i principali responsabili della formazione della bile canalicolare (Sleisenger M.H. e Fortran J.S., 1995).

La bile è una soluzione acquosa costituita da elementi organici e inorganici. Tra i suoi componenti fondamentali sono inclusi:

• i pigmenti biliari (principalmente bilirubina coniugata), • gli acidi biliari e i loro sali,

• il colesterolo,

(3)

• i comuni elettroliti,

• una piccola quota di proteine (Ettinger S.J. e Feldman E.C., 2002). Oltre ai normali componenti prodotti dagli epatociti, possono entrare a far parte della bile anche sostanze di derivazione ematica quali farmaci, metalli pesanti e coloranti impiegati a scopo diagnostico di cui, con la bile, viene assicurata l’eliminazione (Aguggini G. e coll., 2002).

Pigmenti biliari.

I principali pigmenti biliari sono la bilirubina e la biliverdina. Essi derivano dal catabolismo dell’emoglobina ed, in minor misura (15-20% circa), dalla mioglobina, citocromi, catalasi ecc.. L’emoglobina, pigmento contenuto nei globuli rossi, si libera con la distruzione dei globuli rossi che si attua nelle cellule reticoloendoteliali della milza, del midollo osseo e del fegato. A livello del fegato, i pigmenti si formano nelle cellule di Kupffer, passano nel plasma e pervengono agli epatociti insieme con la bilirubina.

Dopo la fagocitosi da parte delle cellule del sistema reticoloendoteliale, l’emoglobina liberatesi subisce il distacco della globina che viene degradata ad amminoacidi; il gruppo eme, previa rimozione del ferro (che sarà legato alla transferrina per essere riciclato nel midollo osseo e impiegato nella sintesi di nuova emoglobina) viene attaccato dall’enzima eme-ossigenasi, il quale aprirà l’anello protoporfirinico dando origine ad un pigmento verde: la bileverdina (Aguggini G. e coll., 2002). Questa ultima verrà poi convertita dall’enzima biliverdina-reduttasi in bilirubina (Nelson R.W. e Couto CG., 2006). La bilirubina così formatesi è la bilirubina libera o indiretta, liposolubile, che ha effetto tossico se penetra all’interno delle cellule (Aguggini G. e coll., 2002). Tale forma di bilirubina è detta anche indiretta in quanto, nella reazione di van den Bergh, non reagisce in modo diretto con il reattivo diazonico, ma richiede la presenza di un attivatore rappresentato dall’alcool metilico (Ceci L. e Petazzi F., 1991). Nel plasma la bilirubina libera viene trasportata legata alle albumine, con conseguente perdita della

(4)

capacità di diffondere attraverso le membrane cellulari (Aguggini G. e coll., 2002). Per questo motivo la bilirubina libera non è filtrata attraverso i glomeruli e non viene escreta con le urine (Ceci L. e Petazzi F., 1991). Se, però, la concentrazione è tale da superare la capacità di legame delle proteine plasmatiche, si verifica la penetrazione nelle cellule con effetti distruttivi, soprattutto per il tessuto nervoso. Un incremento di bilirubina indiretta, non legata a proteine, si verifica ogni qualvolta le concentrazioni di albumina sierica diminuiscono, o nel caso in cui aumentino altri elementi organici quali, ad esempio, tiroxina, sulfamidici, acidi grassi, salicilati, idrocortisone, digossina e diazepam: tali sostanze competono con la bilirubina nel legame. Si devono verificare aumenti significativi di bilirubina non coniugata (oltre 20 mg/dl) per superare la normale capacità legante dell’albumina plasmatica per la bilirubina (Aguggini G. e coll., 2002). La dissociazione tra bilirubina non coniugata e albumina si realizza sulla superficie degli epatociti dove un meccanismo mediato da carriers trasporta la bilirubina all’interno della cellula. Successivamente viene captata da due proteine citoplasmatiche denominate Y e Z che provvedono al suo trasferimento al reticolo endoplasmatico liscio; la prima è una proteina anionica legante con una spiccata affinità per la bilirubina e ne riduce il reflusso dal fegato nel plasma. La seconda, o proteina legante degli acidi grassi, serve sia al trasporto di questi ultimi, sia all’immagazzinamento e trasporto della bilirubina (Ceci L. e Petazzi F., 1991). Nell’epatocita la bilirubina viene captata e coniugata con l’acido glicuronico ad opera di una glicuronil-tranferasi e trasformata in bilirubina monoglicuronide e poi diglicuronide. La bilirubina coniugata o diretta, idrosolubile, è escreta attivamente dall’epatocita nei canalicoli biliari. La coniugazione della bilirubina ha due importanti funzioni:

1. ne aumenta l’idrosolubilità,

(5)

Entrambe queste caratteristiche facilitano l’escrezione nella bile fino alla porzione prossimale del duodeno (Aguggini G. e coll., 2002). La bilirubina coniugata si lega meno avidamente all’albumina e, di conseguenza, può essere filtrata attraverso i glomeruli: la rilevazione di una bilirubinuria eccessiva sarà indice di un’iperbilirubinemia coniugata.

La presenza di bilirubina nelle urine può prevedere anche altre cause: 1. ipoalbuminemia, quindi, diminuita capacità legante della proteina; 2. la sostituzione competitiva della bilirubina dall’albumina da parte di sostanze esogene;

3. la produzione diretta di emoglobina o di biliverdina dalle cellule del tubulo renale, come si verifica fisiologicamente nel cane.

Una emoglobinemia abbastanza intensa, tale da superare la capacità legante dell’aptoglobulina, permette all’emoglobina libera di essere filtrara nelle urine. La captazione e il metabolismo dell’emoglobina da parte delle cellule del tubulo renale, può, perciò, produrre bilirubinuria. In questo processo il ferro, liberato dall’eme, può essere trattenuto come emosiderina nelle cellule del tubulo renale. Il reperto delle cellule tubulari ferro positive nel sedimento urinario è indice di una recente emoglobinemia per esempio a seguito di emolisi (Ceci L. e Petazzi F., 1991). Nel momento in cui la bilirubina coniugata perviene con la bile nell’intestino, viene trasformata dalla β-glicuronidasi intestinale in bilirubina libera che, ad opera della flora batterica intestinale, viene ridotta, prevalentemente nel colon, a due componenti privi di colore e scarsamente caratterizzati, noti come stercobilinogeno ed urobilinogeno. Una piccola percentuale dell’urobilinogeno intestinale (10-15%) viene riassorbito dalla circolazione portale dell’ileo e del colon. La maggior parte sarà rapidamente riescreta nella bile dando luogo alla circolazione enteroepatica della bilirubina. Circa il 20% di questo urobilinogeno riassorbito sfugge alla clearance epatica portale, entra nella circolazione sistemica e viene escreto con le urine come urobilinogeno

(6)

urinario. Quindi, la presenza di urobilinogeno urinario, indica che la bilirubina entrata nell’intestino è stata riassorbita come urobilinogeno ed infine escreta nelle urine. L’urobilinogeno non assorbito (85-90%) viene escreto con le feci come stercobilinogeno che, a contatto con l’aria, si ossida a stercobilina. Le urobiline conferiscono il normale colore alle feci: la presenza di feci acoliche che appaiono di solito di colore grigio pallido, ci indicano che esiste una totale assenza del flusso biliare (Aguggini G. e coll., 2002; Ettinger S.J. e Feldman E.C.,2002).

Acidi biliari.

Sono prodotti specifici dell’attività metabolica degli epatociti, derivano dal catabolismo dell’80% circa del colesterolo epatico (Aguggini G. e coll., 2002).

Gli acidi biliari rappresentano una famiglia di composti simil- detergenti che hanno in comune un nucleo steroideo idrossilato: variando il numero e la posizione dei vari gruppi idrossilici presenti nella molecola, si forma una grande quantità di acidi biliari (Center S.A., 1993; Aguggini G. e coll., 2002). L’azione detergente degli acidi biliari nei confronti delle endotossine batteriche e altri agenti che presentano lipoproteine o altre strutture lipidiche è oggi ritenuto di rilevante importanza. Un deficit nella produzione o nella secrezione di bile può portare all’assorbimento di piccole quantità di endotossine dall’intestino (Wiedeermann C.J. e coll., 2001).

Circolano tra il fegato e l’intestino mediante la circolazione enteroepatica (Sleisenger M.H. e Fortran J.S.,1995).

Prima di essere escreti nella bile, gli acidi biliari vengono coniugati nel fegato con gli aminoacidi glicina o taurina, per formare i cosidetti sali biliari: il gatto coniuga obbligatoriamente con la taurina, mentre, i cani, coniugano preferibilmente con la taurina, ma, se necessario, coniugano anche con la glicina (Ettinger S.J. e Feldman E.C., 2002). Tale coniugazione li rende più

(7)

idrofili favorendo, così, la formazione di micelle e la loro ritenzione nel lume intestinale.

Nel lume intestinale contribuiscono alla digestione e all’assorbimento dei grassi (Hall E.J. e coll., 2005). Gli acidi biliari sono fondamentali per l’emulsione dei trigliceridi, i quali, altrimenti, non potrebbero essere digeriti. Successivamente i suddetti composti verranno idrolizzati dalla lipasi in glicerolo e acidi grassi: il primo è uno zucchero che verrà riassorbito nell’enterocita mediante un trasporto attivo; gli acidi grassi, prima di essere assorbiti, dovranno subire un’ulteriore trasformazione causa la loro insolubilità. Si parla dunque di micellazione: gli acidi grassi si aggregano agli acidi biliari formando le micelle e diventando così assorbibili, poiché presentano alla mucosa intestinale la loro porzione idrofila. Sulla superficie mucosa le micelle vengono disaggregate in modo da permettere agli acidi grassi, i monogliceridi e le vitamine liposolubili di passare la membrana della cellula epiteliale, gli acidi biliari rimarranno in sede intraluminale e, una volta raggiunto l’ileo, verranno riassorbiti per il 95% e trasportati al fegato mediante la circolazione enteroepatica (Corazza M. e Sgorbini M., 2006).

Inoltre, vari studi, dimostrano che un’alta concentrazione di acidi biliari coniugati nel lume del piccolo intestino è un importante fattore per garantire scarsità di microbi nel lume intestinale. Esistono diversi meccanismi mediante i quali gli acidi biliari coniugati inibiscono la sovracrescita batterica nel piccolo intestino. Nel piccolo intestino prossimale (duodeno e digiuno) tale azione è diretta, grazie alle loro proprietà. Nella parte distale del piccolo intestino, invece, interagiscono con il recettore nucleare FXR, localizzato nell’enterocita ileale. L’attivazione di FXR mediante gli acidi biliari coniugati induce l’espressione di geni i quali evitano la sovracrescita batterica mediante la sintesi e la secrezione di fattori antimicrobici da parte dell’epitelio stesso. Gli acidi biliari, interagendo con FXR, possono anche promuovere una cascata di eventi oltre la cellula che può promuovere l’eliminazione di batteri

(8)

luminali (Rajagopal R.e Rajagopal A., 2001). La deconiugazione è uno dei primi passi nella biotrasformazione degli acidi biliari primari da parte dei batteri intestinali, quindi, la formazione degli acidi biliari non coniugati è visto come un indice dell’attività dei batteri intestinali. In pazienti con sovracrescita batterica del piccolo intestino sono riportate aumentate concentrazioni di acido colico e deossicolico non coniugati. Pazienti con una sovracrescita batterica del piccolo intestino presentano diarrea, malassorbimento e perdita della motilità peristaltica (Setchell K.D.R. e coll., 1997). L’aumento della concentrazione di acidi biliari sierici non coniugati assume un valore diagnostico in pazienti con sospetta sovracrescita batterica del piccolo intestino. Cani con SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth) presentano concentrazioni sieriche di acidi biliari non coniugati significativamente maggiori rispetto a soggetti sani.

L’escrezione attiva degli acidi biliari nella bile, causa un enorme gradiente di concentrazione con un rapporto approssimativamente di 2000:1 tra la concentrazione nella bile e quella nel plasma. Il risultante gradiente osmotico induce una escrezione passiva di acqua all’interno dei canalicoli. Circa metà della produzione di bile è in stretta dipendenza con l’escrezione attiva di acidi biliari dagli epatociti all’interno dei canalicoli. L’importanza del flusso biliare è dunque direttamente correlata alla escrezione degli acidi biliari (Hall E.J. e coll., 2005). Gli acidi biliari primari sono l’acido colico (CA) e l’acido chenodesossicolico (CDCA) i quali nell’intestino, per l’azione dei microrganismi subiscono una deconiugazione (deconiugazione e 7α-idrossilazione) (Hall E.J. e coll., 2005) sono convertiti in acidi biliari secondari, rispettivamente in acido desossicolico (DCA) ed acido litocolico (LCA).

Questo processo di deconiugazione rende gli acidi biliari idrofobici e porta ad un rapido riassorbimento intestinale passivo; i coniugati, al contrario, sono

(9)

fegato, il 90% sarà riassorbito a livello enterico (il 60% dei quali mediante assorbimento attivo) e tornerà al fegato attraverso il circolo enteroepatico, il 10% circa sarà perso attraverso l’intestino. La frazione persa è rifornita ex novo dalla sintesi epatica (Hall E.J. e coll., 2005). Il risultato di questo movimento ciclico degli acidi biliari attraverso gli epatociti garantisce il mantenimento di un’elevata concentrazione di questi, contribuendo, così, all’ aumento della forza osmotica che, a sua volta, è responsabile dell’entità del flusso della maggior parte della bile (Aguggini G. e coll., 2002). Il fegato, attraverso il sangue portale, riassorbirà più del 90% degli acidi biliari, nonostante questo sia meno efficiente per gli acidi biliari non coniugati.

La quota di acidi biliari che non viene riassorbita viene eliminata con le feci ed in piccola parte con le urine, di solito in misura inferiore al 5% del totale della escrezione giornaliera (Aguggini G. e coll., 2002).

Sali biliari.

I sali biliari sono le sostanze più attive nello stimolare la secrezione di bile, hanno cioè una spiccata azione coleretica; vengono secreti generalmente come sale di sodio e potassio degli acidi biliari, tra cui il più importante è il taurocolato. Nella digestione e nell’assorbimento dei lipidi i sali biliari rivestono grande importanza per l’azione tensioattiva che svolgono a livello dell’interfaccia acqua-grassi. Tale azione rende possibile la dispersione dei grassi, nell’ambiente acquoso intestinale, sottoforma di minute goccioline e quindi la formazione di una emulsione che accresce notevolmente la superficie di contatto tra acqua e lipidi moltiplicando le possibilità di contatto tra enzimi lipolitici e lipidi (Aguggini G. e coll., 2002). I sali inorganici sono essenzialmente rappresentati da bicarbonati e cloruri di sodio e potassio. I due cationi Na+ e K+ sono presenti nella bile nella stessa concentrazione che hanno nel plasma. Quando la quantità di bile secreta aumenta, andrà a diminuire in essa la concentrazione dei cloruri, mentre aumenterà quella dei bicarbonati, con conseguente incremento del valore del pH, il quale diverrà spiccatamente

(10)

alcalino: pH 7-8. Con questo, è comprensibile come la bile rappresenti una riserva di alcali che concorre, assieme al succo pancreatico, a neutralizzare, in sede duodenale, il chimo acido proveniente dallo stomaco (Nelson R.W. e Couto C.G., 2006). I sali biliari rendono possibile l’assorbimento delle vitamine liposolubili A, D, E, K e del colesterolo, attivano la lipasi pancreatica e facilitano l’assorbimento del calcio, del ferro e del rame. Con le feci i sali biliari in parte vengono perduti, ma in gran parte, mediante riassorbimento attivo nell’ileo, sono riportati al fegato per essere nuovamente escreti. L’entità di questo riassorbimento è correlata all’assorbimento dei lipidi nel lume intestinale; in condizioni normali il 90% circa del contenuto in sali della bile deriva dal riassorbimento e il solo 10% circa è di nuova formazione. I sali biliari, infine, determinano un incremento della produzione della bile da parte del fegato, svolgono cioè una funzione coleretica ed esplicano un’azione lassativa attraverso la stimolazione della peristalsi intestinale e la inibizione dell’assorbimento di acqua e di sodio a livello del colon (Aguggini G. e coll., 2002).

Colesterolo e fosfolipidi.

Dalla grande quantità di colesterolo che ogni giorno viene sintetizzata dal fegato, circa l’80% viene trasformato in acidi biliari, di cui una parte viene eliminata con la bile e, un’altra quota, si riversa nel sangue circolante in forma libera o esterificata con acidi grassi. Nella bile sono presenti, in concentrazione di gran lunga inferiore a quella dei sali biliari, anche lecitina e colesterolo che non vengono riassorbiti dal sistema biliare, ma vengono concentrati, per disidratazione della bile, nel sistema dei dotti e nella colecisti. La bile è richiesta per un normale assorbimento intestinale di lipidi e, poiché l’escrezione biliare e la conversione in acidi biliari rappresentano le modalità principali della escrezione e catabolismo del colesterolo, la formazione di bile svolge un ruolo chiave nell’equilibrio del colesterolo nell’organismo

(11)

Fosfatasi alcalina.

È un enzima che viene eliminato con la bile ed aumenta nel sangue in tutte le patologie caratterizzate da colestasi, sia intra che extra-epatiche. Nonostante il fegato concorra alla sua formazione e alla sua eliminazione, la fosfatasi alcalina non è un enzima epatospecifico. La sintesi di tale sostanza si ha principalmente nel tessuto osseo, nell’intestino, nella placenta e nel rene. Nel siero di cane sono identificabili 4 isoenzimi provenienti dal tessuto osseo, dal fegato, indotto dai glucocorticoidi, e un enzima di origine e significato sconosciuti (Ceci L. e Petazzi F., 1991). Sia nel cane che nel gatto gli isoenzimi intestinali, renali e placentari non entrano a far parte dell’ALP sierica a causa della loro assai breve emivita (< 6 minuti nel cane e < 2 minuti nel gatto). Un’eccezione è rappresentata dalla gravidanza oltre il termine nella gatta, dove la percentuale dell’isoenzima placentare rappresenta una parte significativa dell’enzima sierico totale. L’isoenzima osseo, B-ALP, rappresenta circa un terzo della quantità totale dell’ALP sierica. Un aumento della attività osteoblastica associata alla crescita ossea nei giovani animali o condizioni patologiche, come l’osteomielite o l’osteosarcoma, può dare luogo ad un incremento dell’ALP sierica totale.

Nei cani l’ALP sierica è formata da due isoenzimi epatici: un isoenzima epatico (L-ALP) ed un isoenzima corticosteroide-indotto (C-ALP). Nel cane e nel gatto la L-ALP è un enzima della membrana cellulare ed è presente nella membrana canalicolare dell’epatocita, oltre che verso il lume delle cellule epiteliali delle vie biliari. La C-ALP del cane è una forma iperglicosilata dell’isoenzima intestinale. È localizzata anche nella membrana canalicolare degli epatociti. Un aumento della ALP sierica nel cane e nel gatto può essere determinato da un aumento della sua sintesi e/o da un rilascio dell’enzima dalle membrane cellulari. Nei cani affetti da una malattia epatobiliare, una colestasi focale o diffusa intraepatica od extraepatica è causa di un notevole aumento della ALP sierica. Ostruzioni parziali dei dotti biliari possono

(12)

causare un aumento notevole della fosfatasi alcalina sierica. In seguito ad una necrosi epatocellulare acuta diffusa, i valori sierici dell’ALP aumentano lentamente. Sono stati descritti aumenti da 2 a 5 volte il valore normale nell’arco di 3-4 giorni, con una graduale diminuzione che durava da 3 a 4 settimane. Nel cane i carcinomi del dotto biliare ed epatocellulare sono spesso accompagnati da modesti a marcati aumenti dell’ALP sierica. Molti tumori non epatici possono essere spesso associati ad aumenti dell’ALP sierica. L’esposizione di cani ad una eccessiva dose di corticosteroidi, endogeni o esogeni, causa un incremento nei valori dell’ALP sierica. Una delle difficoltà nell’interpretazione degli aumenti dell’ALP sierica nel cane consiste nel poter distinguere gli aumenti associati ad una malattia epatica colestatica da quelli secondari ad una esposizione a corticosteroidi: molti studi hanno dimostrato una considerevole sovrapposizione nella distribuzione degli isoenzimi in queste due condizioni. Nei cani trattati con prednisone (4 mg/kg, una volta al giorno) l’analisi degli isoenzimi dell’ALP sierica totale ha dimostrato che l’iniziale aumento dell’ALP stessa è associata all’induzione della L-ALP. È solo dopo molti giorni di trattamento che la C-ALP diventa l’isoenzima prevalente. Una esposizione cronica ai corticosteroidi dovuta ad ipercorticosurrenalismo o a ipercortisolemia iatrogena da somministrazione per via parenterale, orale o topica di corticosteroidi è spesso associata ad un aumento della C-ALP sierica. La specificità della C-ALP, tuttavia, è bassa poiché molti cani affetti da una malattia epatobiliare mostrano aumenti significativi della C-ALP sierica. Inoltre la C-ALP aumenta in tutti gli animali malati cronici, probabilmente per un eccesso a lungo termine di cortisolo endogeno (Ettinger S.J. e Feldman E.C., 2002).

Proteine.

Anche le proteine sono presenti nella bile in piccola quantità e sono rappresentate per lo più da albumina e globuline di derivazione plasmatica. Le

(13)

delle proteine biliari sembrano essere strettamente correlate alle proteine sieriche, presenti nella bile in concentrazioni molto minori rispetto al siero (esempio l’albumina). Contrariamente a queste proteine, la cui presenza nella bile può semplicemente riflettere una perdita o una estrusione cellulare, le IgA dimeriche, presenti nella bile in concentrazioni più elevate rispetto al plasma, vengono rapidamente ed efficientemente trasportate nella bile per mezzo di un meccanismo di trasporto vescicolare mediato da recettori, con un componente secretorio che agisce come recettore IgA nella membrana basolaterale. La secrezione biliare di IgA svolge un ruolo nella risposta enterica dell’ospite. Oltre agli enzimi e alle plasma proteine, alcuni aminoacidi (soprattutto l’acido aspartico, l’acido glutammico e la glicina) ed il glutatione sono presenti nella bile in concentrazioni apprezzabili. Il glutatione viene idrolizzato nell’albero biliare dalla gamma-glutamil-transpeptidasi nei suoi aminoacidi costituenti, i quali vengono riassorbiti per mezzo di un meccanismo di trasporto canalicolare. La secrezione di glutatione rappresenta un importante input alla formazione di bile (Sleisenger M.H. e Fortran J.S., 1995).

Riferimenti

Documenti correlati

Focal or generalized bile duct dilation and strictures are the only consistent imaging finding in pyogenic cholangitis, although many of these patients also have bile duct stones

• All solitary tumors with vascular invasion (again regardless of size) are combined with multiple tumors £5cm and classified as T2 because of similar prognosis.. • Multiple tumors

T3 is defined as tumor invading the liver (as illustrated), gallbladder, pancreas, and/or ipsilateral branches of the portal vein (right or left) or hepatic artery (right or left).

Projective image ( c ) showing severe narrowing of the proximal common hepatic bile duct (arrow) with secondary intrahepatic bile duct dilatation.. #90 Bile Duct Involvement

ezzo di so- a è di fatto di potere, e causa di Standage, a volta il de- peso. L’os- ci sui nostri la crisi ali- l’uso

Il fegato è’ intercalato fra il circolo portale e quello della vena cava inferiore:riceve il sangue refluo dalla milza,stomaco,intestino tenue e crasso.. Opera sui

Come nella PBC, al momento della diagnosi la metà circa dei pazienti è asintomatico e l’alterazione degli indici di colestasi può essere il primo segno della malattia.. Non

4.5.4 Investment decisions with Capacity Market Whereas the previously-described capacity mechanism was based on prices, capacity markets are based on quantities: the regulator sets