54
MATERIALI E METODI
1.BIOLOGIA CELLULARE
1.1 Animali
Le Cellule Staminali Mesenchimali murine (mMSCs) utilizzate durante gli esperimenti derivano dal midollo di tibia e femore di topitopi C57B/6J WT ed ipomorfi per Prep1 (Prepi/i). I topi ipomorfi sono stati generati mediante inserzione retrovirale nel primo introne del gene Prep1 (Ferretti et al., 2006) e messi a disposizione dal laboratorio del Prof. Francesco Blasi (Istituto FIRC di oncologia molecolare (IFOM) di Milano). La genotipizzazione dei topi transgenici è stata eseguita mediante PCR, utilizzando i primers indicate in Tabella1. Le condizioni di PCR includono una denaturazione a 95C per 5 minuti, 35 cicli a 55C, nonchè un’estenzione finale a 72C per 4 minuti.
Sequenza Primer F 5’-CCAAGGGCAGTAAGAGAAGCTCTGGAG-3 Sequenza Primer R 5’-GGAGTGCCAACCATGTTAAGAAGAAGTCCC-3’
Sequenza LTR 5’-CAAAATGGCGTTACTTAAGCTAGCTTGCC-3’
Tabella1. Sequenze dei primers utilizzati
1.2 Isolamento ed espansione delle mMSCs
I topi da cui abbiamo estratto le mMSCs sono stati sacrificati mediante esposizione a CO2, cui è seguita l'estrazione delle ossa tibia e femore. L'isolamento del midollo osseo è stato ottenuto facendo passare del mezzo di coltura attraverso le cavità midollari, mediante una siringa (0,4x12mm) introdotta parzialmente dalle epifisi. Il mezzo di coltura usato per il recupero del midollo è il MesenCult® Completo così costituito: MesenCult® MSC Basal Medium (StemCell Technologies) supplementato con il 20% di MesenCult® Stimulatory Supplement (StemCell Technologies) e l’1% di antibiotico Pen-Strepto (Life Technologies), per evitare possibili contaminazioni da batteri, lieviti e muffe. Le cellule vengono piastrate in 10mL di MesenCult® completo in flask T-25cm2 e incubate a 37°C in atmosfera umidificata con 5% di CO2. Le MSCs aderiscono alla
55
piastra e questo criterio viene utilizzato per distinguerle dalla componente ematopoietica del midollo osseo, che cresce in sospensione. Inoltre, l’uso del medium MesenCult assicura una corretta selezione delle MSCs, dal momento che supporta specificamente la loro crescita. Il mezzo viene cambiato per metà ogni 3 giorni. Una volta che le cellule aderenti giungono a confluenza, vengono piastrate in nuove flasks di espansione. Questo è eseguito rimuovendo il mezzo di crescita, lavando le cellule con PBS1X e aggiungendo Tripsina 1X (Life Technologies) da far agire circa 5 minuti a 37°C, così da staccare le cellule. In seguito, l’azione della tripsina viene interrotta aggiungendo un volume doppio di mezzo completo rispetto a quello della tripsina. La sospensione cellulare può così essere recuperata e centrifugata a 1250 rpm per 5 minuti. Dopo la centrifuga le cellule vengono risospese in un adeguato volume di mezzo, contate in una camera di Burker con il colorante vitale Trypan Blue (Biowest) e ripiastrate ad una densità di 2x104 cellule/cm2 in una flask T25 con 5mL di MesenCult® Completo (passaggio 1, p1). Si lasciano espandere nuovamente le cellule e si esegue un secondo passaggio in coltura, per eliminare ulteriormente la componente ematopoietica e per espandere la popolazione di mMSCs in uno stato indifferenziato, così da ottenere un sufficiente numero di cellule per eseguire gli esperimenti. Tutti gli esperimenti sono iniziati al passaggio 2 (p2).
1.3 Coltura della linea cellulare 3T3-L1
La linea cellulare murina di pre-adipociti 3T3-L1 deriva dalle cellule 3T3, e cresce in aderenza. Il mantenimento in coltura richiede il terreno di crescita DMEM (Dulbecco Modified Eaglès Medium) High Glucose (Biowest, Euroclone), supplementato con il 10% di FBS (Fetal Bovine Serum, Euroclone) e l’1% di antibiotico Pen-Strepto (Life Technologies). Le cellule sono state incubate a 37°C in atmosfera umidificata con il 5% di CO2. Il mezzo viene cambiato ogni 3-4 giorni, fino a che le cellule non raggiungono
circa l’80% di confluenza, quando possono essere congelate oppure espanse mediante tripsinizzazione e nuovo piastraggio a concentrazioni cellulari minori.
56
1.4 Coltura di HEK 293T
Le cellule HEK-293 (Human Embryonic Kidney 293) derivano originariamente da cellule renali di embrione umano. Queste cellule crescono aderendo alla plastica e vengono coltivate nelle Petri Dish (P100) in presenza del mezzo di coltura DMEM Low Glucose (Biowest, Euroclone), supplementato con il 10% di FBS (Euroclone) e l’1% di antibiotico Pen-Strepto (Life Technologies). Le cellule sono incubate a 37°C in atmosfera umidificata con 5% di CO2 e, vanno splittate molto frequentemente, non
appena giungono al 90-100% di confluenza, poiché, non avendo un’efficace capacità di aderire alla plastica, si staccano dalla piastra se permangono troppo tempo a confluenza.
1.5 Congelamento e scongelamento delle cellule
Il congelamento è avvenuto nel mezzo specifico per ciascun tipo cellulare con una percentuale maggiore di siero/supplementi rispetto a quella utilizzata nelle colture. Le 3T3-L1 e le HEK sono state congelate nel mezzo di coltura al 20% di siero, Pen-Strepto 1X, e crioconservante Dimetilsolfossido (DMSO, Millipore) al 10%, nel volume finale di 1 ml contenente 1x106cellule/vial. Le cellule sono state congelate nel freezer a -80°C per qualche giorno, poi trasferite in azoto liquido per il mantenimento a lungo termine. Lo scongelamento è avvenuto a 37°C per rendere il processo più veloce, le cellule sono state trasferite in provetta con il mezzo di coltura e centrifugate a 1250 rpm per 5 minuti. Il surnatante è stato poi aspirato e il pellet di cellule risospeso nello specifico mezzo di coltura completo. Quindi le cellule sono state messe in coltura. Le operazioni di congelamento e scongelamento sono state effettuate velocemente, in modo da evitare una prolungata esposizione delle cellule al DMSO riducendo fenomeni di citotossicità.
1.6 Differenziazione adipogenica di mMSCs
Per stimolare la differenziazione adipogenica, è stato preparato il mezzo inducente cosi costituito: MesenCult® MSC Basal Medium (StemCell Technologies) supplementato con il 20% di Adipogenic Stimulatory Supplement (StemCell Technologies) e l’1% di Pen-Strepto (Life Technologies). Le cellule sono state piastrate a p2 con una densità di 2x104 cellule/cm2 e l’induzione del processo differenziativo ha previsto la sostituzione
57
del mezzo di coltura con quello inducente, quando è stata raggiunta la confluenza del 70-80%. Il regime prodifferenzativo è stato mantenuto sostituendo il mezzo inducente ogni 3 giorni. Il tempo necessario per raggiungere la completa differenziazione adipocitica/adipogenica è di 14 giorni. Tuttavia, le cellule sono anche state staccate dalla piastra e raccolte per analisi molecolari, a 3 e 7 giorni. Come controllo sono state utilizzate MSCs non indotte. Le cellule raccolte sono state centrifugate a 1250 rpm a 4°C e, una volta aspirato il surnatante, risospese in PBS 1X; le cellule sono poi state centrifugate una seconda volta, il pellet corrispondente conservato –a -80°C, così da poter essere utilizzato in seguito per le analisi molecolari.
1.7 Colorazioni citochimiche
Al termine della differenziazione adipogenic, le cellule vengono colorate per valutare l’efficienza della differenziazione indotta.Il fenotipo adipogenico si manifesta con la comparsa di depositi lipidici messi in evidenza dalla colorazione con Oil Red O che vi si lega selettivamente, conferendogli una colorazione rossastra. La stock solution di Oil Red è stata preparata dissolvendo Oil Red O in polvere (Sigma-Aldrich) in alcool isopropilico, e conservata in condizioni di scarsa luminosità, a temperatura ambiente. La preparazione della working solution è stata effettuata miscelando Oil Red stocking solution con PBS 1X in rapporto 3:2, poi filtrata mediante un filtro da 0.22 µm per rimuovere eventuali impurità. Una volta rimosso il mezzo di coltura alle cellule si è effettuato un lavaggio con PBS 1X, il PBS 1X residuo viene aspirato e le cellule sono state fissate mediante esposizione a formaldeide al 10% per 20-30 minuti, a temperatura ambiente. Dopo la fissazione è seguita l’aspirazione della formaldeide e un lavaggio con PBS 1X, quindi è stato aggiunto Oil Red working solution tanto da coprire sufficientemente lo strato di cellule adese. Le cellule sono state incubate a temperatura ambiente per 15-20 minuti, in condizioni di scarsa luminosità. In seguito, si rimuove il colorante e si eseguono vari lavaggi con acqua distillata, per eliminare i residui del colorante. Infine, si aggiunge del PBS 1X, così da evitare l’essiccamento della piastra che, a questo punto, è pronta per essere osservata al microscopio, quantificata e fotografata.
58
2. BIOLOGIA MOLECOLARE
2.1 Estrazione dell’RNA totale di mMSCs e cellule 3T3-L1
L’RNA è stasto estratto da pellet di cellule mediante NucleoSpin® RNA XS kit (Macherey-Nagel) che consente l’estrazione di RNA molto concentrato anche da piccoli numeri di cellule (1x105 cellule). Questo kit si basa su una tecnologia a membrana silicea. La prima fase prevede la lisi delle membrane e l’omogeneizzazione delle cellule mediante l’utilizzo di un buffer di lisi che contiene tiocianato di guanidinio al quale viene aggiunto tris- (2-carbossietil) fosfina cloridrato. Il buffer di lisi inattiva le RNAsi virtualmente presenti in ogni campione biologico e crea le appropriate condizioni di legame per favorire l’ancoraggio dell’RNA alla membrana di silica. Segue l’utilizzo di un carrier RNA che contiene un sale di potassio e consente un alto rendimento anche da piccoli campioni. Successivamente il lisato viene filtrato per rimuovere le impurità e si utilizza una soluzione di etanolo al 70% per favorire le successive condizioni di ancoraggio della componente nucleotidica. Il prodotto ottenuto viene fatto passare attraverso una colonnina in modo che gli acidi nucleici vengano ancorati ad un filtro, quindi il successivo utilizzo di rDNasi consente la digestione del DNA genomico residuo. Seguono dei lavaggi e l’eluizione in modo da staccare l’RNA dai filtri delle colonnine. L’RNA viene eluito in 20 µL di H20 RNAsi-free. L’RNA viene quantificato mediante lettura spettrofotometrica con il NanoVue Plus (GE Healthcare Life Sciences). Un foto-detector misura l’assorbanza quando il campione viene esposto alla luce della lunghezza d’onda di 260nm. I principali contaminanti del campione sono rappresentati da proteine, carboidrati e fenoli; per stabilire il livello di purezza del campione è stato considerato il valore ottenuto dal rapporto tra l’assorbanza a 260nm e 280nn (A260/280)per quanto riguarda eventuali contaminazioni da proteine, e tra quella a 260nm e 230nm (A260/230) per quanto riguarda quella da carboidrati e fenoli. L’RNA utilizzato per le
59
2.2 Retrotrascrizione dell’RNA
La retrotrascrizione dell’RNA è stata effettuata utilizzando QuantiTect® Reverse Transcription Kit (Qiagen). La quantità ottimale di RNA per il processo di retrotrascrizione è di 500ng. Durante la prima fase è stata preparata la miscela di reazione che contiene 500ng di RNA, gDNA Wipeout Buffer 7X e H2O RNasi Free fino a raggiungere il volume di 14 µL. La miscela è incubata a 42°C per 10 minuti, dopo di che viene posta ghiaccio. L’utilizzo di gDNA Wipuout Buffer consente la rapida eliminazione del DNA genomico dal campione. Per la seconda fase del processo è stata preparata una miscela costituita da Quantiscript Reverse Transcriptase Mix, dal Quantiscript RT Buffer e dalla RT Primer Mix. La Quantiscript Reverse Transcriptase Mix è costituita da un inibitore dell’RNAsi e dalla trascrittasi inversa di E. Coli costituita dall’Omniscript® e dalla Sensiscript® Reverse Transcriptase. Il Quantiscript RT Buffer, è un tampone ottimizzato che contiene i dNTPs utilizzati per la polimerizzazione del cDNA e l’RT Primer Mix è una miscela di primers oligo-dT per la retrotrascrizione costituita da oligo-dT complementari alla coda di poli-A al 3’ del messaggero e da primers random che garantiscono la retrotrascrizione anche delle regioni prossime all’estremità 5’. Una volta preparata la miscela è stata aggiunta alla soluzione contenente l’RNA, quindi si è seguita l’incubazione a 42°C per 30 minuti poi a 95°C per ulteriori 3 minuti per inattivare la reazione enzimatica. Il cDNA ottenuto è stato diluito per I successive studi di espressione genica mediante Real-Time qPCR.
2.3 Real-Time qPCR
Il cDNA sintetizzato viene utilizzato per effettuare un’analisi quantitativa relativa dell’espressione dei geni d’interesse, mediante esperimenti di Real-Time qPCR. La Real-Time qPCR è una tecnica che consente di amplificare e simultaneamente quantificare sequenze nucleotidiche. L’amplificazione consiste di tre fasi che si ripetono ciclicamente: durante la fase di denaturazione la soluzione contenente DNA, deossiribonucleotidi trifosfati (dNTPs), Mg2+, primer e TAQ polimerasi viene esposta ad una temperatura tale da denaturare il dsDNA (double strand DNA). Successivamente, durante la fase di annealing la temperatura viene abbassata così da permettere ai primers di appaiarsi alle regioni complementari, infine durante la fase di elongation la temperatura viene aumentata e la polimerasi determina l’allungamento dei60
primers polimerizzando il filamento complementare al DNA stampo. Per valutare in tempo reale la quantità di dsDNA si fa uso di molecole intercalanti fluorescenti e la misura dell’intensità di luce emessa è proporzionale alla quantità di DNA a doppio filamento, dopo ciascun ciclo di amplificazione. Teoricamente la quantità di DNA dovrebbe raddoppiare dopo ogni ciclo e così l’intensità di luce emessa, tuttavia nella pratica il rapporto non viene rispettato, pertanto viene allestito un grafico dove nell’asse delle ascisse viene espresso il numero dei cicli di amplificazione e nell’asse delle ordinate il logaritmo della fluorescenza. Si sceglie arbitrariamente una linea soglia (Threshold), parallela all’asse delle ascisse. Superata la linea soglia aumenta la probabilità che la teoria coincida con la pratica, e la misura della fluorescenza emessa dal fluoroforo viene considerata statisticamente significativa (Fig.1).
Fig. 1. Curva di amplificazione
Il diagramma della fluorescenza sul numero dei cicli assume un andamento sigmoidale, nei cicli finali la curva si appiattisce raggiungendo una fase di plateau in cui non si ha più amplificazione poichè i substrati si esauriscono. La quantificazione di un amplicone si effettua fissando un valore soglia di fluorescenza e individuando il numero di cicli necessari al raggiungimento del valore soglia fissato. Tracciando una linea a partire dal punto in cui la curva intercetta la linea soglia e procedendo in modo parallelo all’asse delle ordinate fino ad intercettare quello delle ascisse, si può ricavare il valore del Ct. Più un gene è espresso, minore sarà il valore del suo Ct. La misurazione dell’espressione genica mediante Real Time qPCR è stata effettuata con metodo relativo
61
e il gene housekeeping scelto è l'HPRT (Hypoxanthine guanine PhosphoRybosyl Transferase), utilizzato per la normalizzazione di ciascun gene saggiato. Le analisi sono state condotte utilizzando il QuantiTect SYBR Green PCR Kits (Qiagen) che contiene HotStart Taq DNA Polymerase, SYBR Green PCR Buffer, SYBR Green I e dNTPs. HotStart Taq DNA Polymerase è una forma modificata di DNA polimerasi isolata dal microrganismo Thermus aquaticus che funziona ad alte temperature, limitando l’amplificazione non-specifica di DNA. SYBR Green PCR Buffer è un buffer ottimizzato per la reazione di amplificazione. Il SYBR Green I è un composto aromatico che è in grado di intercalarsi tra le basi azotate, preferenzialmente di dsDNA, e presenta attività fluorofora che aumenta considerevolmente quando si intercala, assorbe luce blu ad una lunghezza d’onda λmax = 494 nm ed emette in verde λmax =
521 nm. La mix di reazione è stata cosi preparata: 7,5 µL di SYBR Green 2X (1X finale), 0,9 µL di primer senso 5 µM (0,3 µM finale), 0,9 µL di primer antisenso 5 µM (0,3 µM finale), 3,7 µL di H2O mQ e 2 µL di cDNA. La concentrazione iniziale del cDNA è 25 µg/µL, per la preparazione della mix di reazione sono state utilizzate diluizioni 1:10. I campioni sono stati processati con lo strumento Rotor Gene 3000 (Corbett). La qualità dei prodotti di reazione e la specificità dell’amplificazione sono state monitorate analizzando le curve di melting fornite dallo strumento, le quali permettono di discriminare l’amplificato d’interesse dalla presenza di eventuali prodotti aspecifici o dimeri di primers. La normalizzazione del gene d’interesse viene compiuta paragonando il suo ciclo soglia (Cycle Threshold, CT) con quello dell’HPRT. Il ciclo
soglia è il ciclo di qPCR in corrispondenza del quale la fluorescenza emessa dal campione supera quella considerata come valore soglia, oltre il quale lo strumento comincia a registrare l’emissione. Per ogni punto vengono calcolati deviazione standard ed errore standard; quest’ultimo viene utilizzato per identificare l’intervallo di valori entro il quale ricade il reale livello di mRNA del gene considerato.
2.4 Estrazione Proteica dalle mMSCs
Per l’estrazione proteica ho utilizzato come buffer di lisi il RIPA buffer. La stock solution di RIPA Buffer è ostituita da H20, TrisHCl 50mM, NaCl 150mM, EDTA 1mM, SDS 1%, DOC (DeOxyCholic Acid) 0,5% e va conservata a 4°C. La working solution viene preparata ogni volta ed è composta da RIPA Buffer stock solution, NP40 (Igepal
62
CA-630) 1%, inibitore delle proteasi (ProteaseInhibitor Cocktail Tablets, cOmplete Mini, Roche) 1% e PMSF (PhenylmethylsulfonylFluoride) 1mM. I pellet cellulari vengono risospesi in un adeguato volume di buffer di lisi working solution (50-70 µL per campioni piccoli, 1x106 cellule) e incubati in ghiaccio per 30 minuti. Dopo l’incubazione, il lisato cellulare viene sonicato 3 volte (10 secondi a potenza 7), con il sonicatore Misonix Microson 22000 e centrifugato a 13200 rpm per 10 minuti a 4°C. Il sovranatante, contenente l’estratto proteico, viene trasferito in una nuova Eppendorf Protein LoBind e conservato a -80°C. La concentrazione proteica è stata valutata usando il KIT Micro BCA™ Protein Assay (Thermo Scientific), seguendo il protocollo del produttore. Il Thermo Scientific Pierce Micro BCA Protein Assay consente di misurare la concentrazione proteica totale utilizzando uno spettrofotometro e comparando il valore di assorbanza a λ562nm (A 562nm) degli estratti proteici con quelli di una retta di taratura generata calcolando la A 562nm di diverse concentrazioni note di BSA (Bovine Serum Albumine). Il range di concentrazione proteica misurato è 1 – 10 µg/mL.
2.5 Western Blot
Una volta eseguite l’estrazione e la quantificazione proteica, 25 – 30 µg di omogenato proteico vengono mixati con il Loading Buffer e incubati a 99°C per 10 minuti. Il Loading Buffer 4X è composto da Tris-HCl pH 6.8, -mercaptoetanolo, SDS, glicerolo, blu di bromofenolo e H20mQ. Questa incubazione serve per permettere la denaturazione
proteica, che è necessaria per ottenere una corretta separazione durante l’elettroforesi. Il lisato proteico, quindi, viene separato tramite SDS-PAGE (Sodium Dodecyl Sulfate – Polyacylamide Gel Electrophoresis), in cui i polipeptidi sono mantenuti in uno stato denaturato e, quindi, permette la separazione di proteine in base al loro peso molecolare. Le proteine dei campioni si ricoprono di cariche nell’SDS carico negativamente e si muovono verso l'elettrodo di carica positiva, attraversando le maglie del gel di acrilamide. Le proteine piccole migrano più velocemente di quelle grandi attraverso questa rete di acrilamide, consentendo di essere separate in base alle dimensioni. La concentrazione di acrilamide determina la risoluzione del gel. Maggiore è la concentrazione di acrilamide, migliore è la risoluzione delle proteine di peso molecolare inferiore e viceversa, più bassa è la concentrazione di acrilamide, migliore è la risoluzione di proteine ad elevato peso molecolare. Il Running Buffer utilizzato per
63
l’elettroforesi è composto di 3,03g/L di Tris Base, 14,41g/L di Glicina e 1g di SDS. Una volta che le proteine sono state separate, esse vengono elettrotrasferite su una membrana di PVDF (PoliViniliDenFluoruro) tramite una corrente elettrica d’intensità pari a 200mA per due ore. Le membrane di PVDF possono essere facilmente strippate e riutilizzate per studiare altre proteine. Questo le rende molto convenienti. Le proteine si muovono dal gel verso la membrana mantenendo l’organizzazione spaziale che avevano acquisito durante l’elettroforesi. Il Transfer Buffer utilizzato per l’elettrotrasferimento è composto di 3,03g/L di Tris e 14,41g/L di Glicina. Poiché la membrana è stata scelta per la sua capacità di legare le proteine, considerando che sia gli anticorpi che i target sono delle proteine, è necessario evitare le interazioni aspecifiche tra la membrana e l'anticorpo utilizzato per la rilevazione della proteina target. Il blocco dei legami aspecifici si ottiene incubando la membrana per un’ora a RT (o O/N a 4°C) in una soluzione diluita di proteine, la blocking solution, generalmente composta di milk in polvere al 5% in TBS-T (6g/L di Tris, 11,7g/L di NaCl, 0,415µL di Tween-20 e 3,5mL di HCl). Le proteine presenti nella soluzione di blocking si attaccano alla membrana in tutti le aree in cui non si sono legate le proteine del campione, in modo da impedire che all’aggiunta dell’anticorpo ci sia dello spazio libero sulla membrana su cui esso possa attaccarsi. Questo riduce il rumore di fondo del western blot, portando a risultati più chiari ed eliminando i falsi positivi. Dopo aver bloccato i legami aspecifici, si esegue l’incubazione con l’anticorpo primario per 90 minuti a RT. Dopo l’incubazione, la membrana subisce 3 lavaggi di 15 minuti in TBS-T e poi si esegue l’incubazione con l’anticorpo secondario, per 60 minuti a RT. A questo punto, si eseguono altri 3 lavaggi di 15 minuti in TBS-T e si può procedere con la rilevazione. Gli anticorpi utilizzati sono indicati nelle tabelle 2 e 3.
Anticorpo Primario Diluizione
Mouse anti-Prep1 (Santa Cruz Biotechnology sc-25282, 200µg/ml) 1:1000 Rabbit anti-Pbx1 (Santa Cruz Biotechnology sc-889, 200µg/ml) 1:500 Rabbit anti-Cytoskeletal Actin (Bethyl Laboratories A300-485A, 1mg/ml) 1:10000
64
Anticorpo Secondario Diluizione
Goat anti-Mouse HRP (Santa Cruz Biotechnology sc-2005, 400µg/ml) 1:1000 Goat anti-Rabbit (Santa Cruz Biotechnology sc-2004, 400µg/ml) 1:1500
Tabella 3. Anticorpi secondari usati nel Western Blot
Le bande immunoreattive vengono rilevate tramite una reazione con l’ECL (Immobilon Western Chemiluminescent HRP Substrat, Millipore), secondo la scheda tecnica del produttore. Dopo lo sviluppo delle lastre, l’intensità dei pixel delle bande risultanti è stata quantificata usando il Software ImageJ.
2.6 Infezione lentivirale di mMSCs
I lentivirus fanno parte della famiglia Retroviridae, sono in grado di infettare anche cellule in divisione e di integrare il proprio genoma in quello della cellula ospite in modo casuale all’interno del genoma della cellula ospite., quindi vengono utilizzati per le trasfezioni stabili. La trasfezione avviene mediante un processo vero e proprio d’infezione con le particelle vettoriali virali che, una volta all’interno della cellula, daranno luogo a retrotrascrizione, veicolazione dell’acido nucleico all’interno del nucleo e integrazione del genoma vettoriale all’interno di quello della cellula ospite. Il genoma lentivirale presenta i geni gag, pol ed env così orientati: 5’-gag-pol-env-3’. Il gene gag codifica per una poliproteina poi processata per formare le proteine strutturali, pol codifica per gli enzimi quali proteasi, trascrittarsi inversa e integrasi mentre env codifica per una proteina che poi viene processata durante la maturazione del virione, così si vengono a formare le proteine necessarie per l’interazione con recettori specifici esposti sulla membrana cellulare della cellula ospite. Sono inoltre presenti altri due geni tat e rev che codificano due proteine regolatrici attive in trans: la proteina Tat interagisce con la regione TAR (Transactivation Response Region) localizzata all’estremità 5’, transattivando l’espressione genica virale, e la proteina Rev regola l’esportazione nucleare dei trascritti virali interagendo con la regione RRE (Rev Responsive Element) che è presente su tutti gli mRNA unspliced (Henderson 1997). I geni gag, pol, env, tat e rev possono essere forniti in trans, mentre i geni relativi presenti nel genoma possono essere sostituiti con DNA eterologo, in questo modo è possibile creare virioni che contengono le informazioni che si vogliono trasferire nella
65
cellula target. A tal proposito si utilizzano tre costrutti: due di packaging, di cui uno contiene i geni gag, pol e rev, l’altro contiene solamente env, e uno vettoriale in cui si inserisce il DNA eterologo che verrà introdotto nel genoma della cellula ospite, successivamente durante il processo di infezione. Questo sistema di trasferimento genico ha subito delle modifiche fin dai primi momenti in cui è stato messo a punto: i geni virali accessori sono stati rimossi dal costrutto di packaging e le sequenze codificanti necessarie sono state separate in più costrutti, riducendo così la probabilità di eventi di ricombinazione, sono stati inoltre privati del dominio ψ e le sequenze LTR sono state mutagenizzate in modo da renderle non funzionali per la realizzazione del packaging. I costrutti di packaging forniscono le istruzioni per la replicazione e per l’assemblaggio strutturale del virione che incorporerà solamente il costrutto vettoriale che contiene gli elementi per l’impacchettamento. Al fine di eseguire l’over-espressione di Prep1 in mMSCs si è utilizzato il vettore lentivirale pHIV-mPrep1, contenente la coding sequence di Prep1 murino. Per il packaging del vettore virale sono stati utilizzati tre costrutti: il costrutto pHIV-mPrep1, il plasmide pCMV-dR8.91 (Delta 8.91), contenente i geni gag, pol e Rev, ed il plasmide VSV-G, che possiede il gene env.
2.7 Clonaggio di mPrep1 in pHIV
L’obiettivo dell’esperimento di clonaggio di mPrep1 in pHIV è stato quello di ottenere un vettore che consentisse di over-esprimere questo gene nelle cellule 3T3-L1 e mMSCs mediante infezione lentivirale. A tal proposito le prime considerazioni sono state rivolte alla scelta del costrutto virale. È necessario che esso contenga le informazioni per essere incapsidato all’interno del virione e che, una volta introdotto l’inserto abbia ancora le dimensioni tali da non causare ingombri per il processo di packaging. Il costrutto deve contenere le informazioni per essere integrato nel genoma della cellula ospite e, una volta stabilitosi, deve ancora contenere le informazioni per dirigere l’espressione di Prep1. In quanto all’amplificazione del costrutto ci si è affidati al macchinario replicativo di E. Coli.
66
2.7.1 Il costrutto virale pHIV
Il promotore che dirige l’espressione di mPrep1 è EF1α che permette un’alta efficienza di trascrizione nelle MSCs, come mostrato dalla figura sottostante (Fig. 2) (Jane Yuxia Qin et al 2010).
Fig. 2. Misurazione dell’ efficienza di trascrizione
Il costrutto presenta l’origine di replicazione di E. Coli e una sequenza promotore che dirige l’espressione di ampR che codifica l’enzima β-lattamasi; una volta espresso tale enzima si localizza nello spazio periplasmatico dove catalizza l’idrolisi dell’anello β-lattamico dell’ampicillina, neutralizzandone l’effetto antibiotico, conferendo così resistenza ai batteri che lo esprimono.
2.7.2 Studio della mappa di restrizione e scelta degli enzimi di
restrizione
Al fine di potere inserire la sequenza codificante il fattore trascrizionale Prep1 all’interno del costrutto pHIV si è prima effettuato uno studio della mappa di restrizione del costrutto vettoriale e della coding sequence di Prep1, mediante l’utilizzo del software Serial Cloner. La mappa di restrizione descrive l’ordine con cui i siti di restrizione sono distribuiti all’interno di una sequenza nucleotidica; i siti di restrizione sono delle sequenze specifiche riconosciute dagli enzimi di restrizione, quelli utilizzati
67
sono delle deossiribonucleasi di tipo II, endonucleasi che riconoscendo la sequenza specifica catalizzano l’idrolisi del legame fosfodiesterico. Si è tenuto conto di numerosi fattori per realizzare un costrutto funzionale; innanzitutto che i siti di restrizione scelti non fossero presenti in Prep1, cosi da evitare di tagliare la sequenza durante la digestione. Sono stati scelti enzimi che tagliassero sticky ends, e che lavorassero con lo stesso buffer così da avere un’alta efficienza di catalisi enzimatica. Un ulteriore fattore di cui si è tenuto conto è la specificità della digestione enzimatica in funzione del tempo per assicurarsi non si avessero tagli aspecifici. La sequenza codificante di mPrep1 è stata inserita nella stessa direzionalità del costrutto vettoriale, ovvero 5’-3’. Per l’inserimento dell’inserto si è scelto l’enzima XbaI, invece per le digestioni diagnostiche sono stati scelti gli enzimi SfiI e XhoI.
2.7.3 Costruzione dell’inserto: introduzione dei siti di restrizione
fiancheggianti la sequenza di mPrep1
Siti di restrizione per XbaI sono stati inserite mediante PCR, a fiancheggiare la sequenza di Prep1, disegnando dei primers alle cui estremità fossero presenti le sequenze di restrizione così da essere incorporate nei prodotti di PCR durante i successivi cicli di amplificazione ed ottenere l’inserto indicato in Figura 3. I primers sono stati progettati in modo da essere univoci e convergenti, che il primer forward corrispondesse agli ultimi 19 residui nucleotidici dell’estremità 5’ della sequenza “fasta” di Prep1, quello reverse invece che corrispondesse alla complementare invertita invertito degli ultimi 19 residui dell’estremità 3’. Successivamente le sequenze di restrizione sono state inserite in frame. Per ottimizzare i primers e stabilire la temperatura di annealing sono state eseguite delle PCR in silico. Le reazioni di polimerizzazione sono state catalizzate dalla DNA polimerasi termostabile Q5® High-Fidelity che possiede attività esonucleolitica 3’-5’, fusa al dominio Sso7d che ne aumenta la processività. Per evitare che le regioni ricche in GC formassero strutture secondarie che compomettessero l’elongation, è stato utilizzato Q5 High GC Enhancer. Il cDNA utilizzato nella PCR è stato quello murino, ed è stato amplificato seguendo tale reazione: Q5® High-Fidelity DNA Polymerase 0.5 µL, dNTPs mix (10 µM) 1 µL, primer forward (10 µM) 2.5 µL, primer reverse (10 µM) 2.5 µL, Q5® Buffer mix 10 µL, Q5 High GC Enhancer 10 µL, H2O 13.5 µL e 10 µL di cDNA. Il prodotto di PCR
68
di 1331 residui nucleotidici è stato visualizzato dopo elettroforesi in gel di agarosio all’1%, e corso assieme al DNA ladder 1 Kb (NEB) per verificarne la dimensione.
Fig. 3. XbaI_mPrep1_XbaI
2.7.4 Purificazione e digestione enzimatica
Prima di procedere alla digestione enzimatica del prodotto di PCR è stato necessario purificare il prodotto mediante l’utilizzo del kit Wizard® SV Gel and PCR Clean-Up System. Durante la prima fase di purificazione, secondo protocollo, è stato aggiunto Membrane Binding Solution che contiene Guanidina Isotiocianato. Questa molecola possiede un anello aromatico ed esercita una forte azione denaturante. Le fasi successive della purificazione sono avvenute con l’ancoraggio del DNA su colonnina e lavaggi al 70% di Etanolo, consentendo la riduzione della contaminazione da Guanidina Isotiocianato. L’eluizione è stata effettuata in H2O. La concentrazione del prodotto
purificato è stata stimata mediante lettura spettrofotometrica con il NanoVue Plus (GE Healthcare Life Sciences). La purezza del prodotto si è rivelata alta, come mostrato dal rapporto A260/280 , il cui valore era ~1.7. Le digestioni dell’inserto e del vettore sono
avvenute ciascuna in tubi separati, secondo la seguente mix di digestione. Mix per la digestione dell’inserto: inserto 4 µg di DNA, XbaI 2µL, NEB4 (10X) 5 µL, H2Ofino a
raggiungere il volume totale di 50 µL; è seguita l’incubazione a 37°C per 3 ore. Mix di reazione di digestione del costrutto vettoriale: pHIV 6 µg di DNA, XbaI 2µL, NEB4 5 µL, BSA (10X) 5µL, H2O fino a raggiungere il volume totale di 50 µL; è seguita
l’incubazione a 37°C per 3 ore. Successivamente la reazione è stata incubata a 65°C per 20 minuti, poi in ghiaccio per ulteriori 5 minuti, per inattivare l’enzima. È seguito l’utilizzo dell’enzima CIP (Calf Intestinal Phosphatase) per defosforilare l’estremità 5’ del vettore, impedendo in questo modo che avvenisse la chiusura del vettore su stesso.
69
di NEB4, ed H2Ofino a raggiungere il volume totale di 25 µL, incubando a 37°C per 1
ora.
2.7.5 Elettroforesi su gel di agarosio
I prodotti di digestione possono essere visualizzati come bande di varia altezza, separate mediante elettroforesi in gel di agarosio all’1%. Dopo aver ottenuto i prodotti di digestione della dimensione attesa, le bande sono state tagliate dal gel e purificate col kit Wizard® SV Gel and PCR Clean-Up System. La concentrazione dell’inserto e del costrutto vettoriale è stata stimata mediante lettura spettrofotometrica con il NanoVue Plus (GE Healthcare Life Sciences).
2.7.6 Ligazione
Durante il processo di ligation i due frammenti, inserto e costrutto vettoriale, vengono legati in modo covalente dalla DNA ligasi, enzima che catalizza la formazione del legame fosfodiesterico tra due nucleotidi. Per il processo di ligazione è stata utilizzata la ligasi isolata dal batteriofago T4, nella seguente mix di reazione: vettore 50 ng, inserto 25.97 ng, ligasi T4 1 µL, T4 DNA Ligase Reaction Buffer 1 µL, H2O fino a 10 µL
totali. L’incubazione è avvenuta a 4°C, over-night. Il controllo negativo della ligation è stato effettuato preparando una seconda mix che contenesse tutti i componenti tranne l’enzima.
2.7.7 Amplificazione del vettore
Il costrutto è stato inizialmente amplificato tramite clonaggio batterico. Le cellule ultra-competenti utilizzate per l’amplificazione sono state le XL10Gold, un ceppo di Escherichia coli che, in seguito al trattamento con CaCl2, riesce ad incorporare
frammenti di DNA molto grandi. Quindi, alla sospensione batterica sono stati aggiunti 15-30 ng di DNA plasmidico e tramite uno shock termico di 45 secondi a 42°C e successive incubazione in ghiaccio, si permette l’incorporazione del DNA eterologo. Dopo la trasformazione i batteri sono stati fatti crescere in 500 µL di mezzo di crescita LB a 37°C per 1 ora in shacking a 600 rpm in assenza di ampicillina. Successivamente
70
sono stati seminati in piastre Petri contenenti il terreno di coltura solido LB-Agar, in presenza dell’antibiotico ampicillina e posti ad incubare a 32°C per circa 24 ore, in agitazione. In questo modo le colonie trasformate con il DNA plasmidico hanno acquisito resistenza all’ampicillina, quindi sono state selezionate quelle che sono sopravvissute nel terreno di coltura con ampicillina. Il giorno successivo è seguito il picking delle colonie ampicillina-resistenti; le colonie sono state fatte crescere overnight in LB a 32°C in agitazione. Il giorno successivo è avvenuta l’estrazione e la purificazione del DNA plasmidico.
2.7.8 Estrazione del DNA plasmidico
L’estrazione e la purificazione del DNA plasmidico sono state eseguite con il kit Wizard® Plus SV Minipreps DNA Purification System (Promega). Questo kit permette di purificare dalle colture in maniera efficiente un alto numero di copie di DNA plasmidico, sfruttando una resina scambiatrice di anioni sviluppata esclusivamente per la purificazione degli acidi nucleici. Le proprietà di separazione di questa resina determinano una purezza del DNA molto alta. Inoltre, questo sistema di purificazione dei plasmidi evita l'uso di sostanze tossiche quali fenolo, cloroformio, bromuro di etidio (EtBr) e cloruro di cesio (CsCl). Durante la prima fase il pellet di batteri è stato risospeso, le membrane lisate e l’RNA digerito mediante l’utilizzo della Cell Resuspension Solution (CRA), che contiene Tris-HCl (pH 7.5), EDTA ed RNasi A, e della Cell Lysis Solution, contenente Idrossido di Sodio e Sodio Dodecilsolfato. Le reazioni sono poi state neutralizzate mediante Neutralization Solution costituita da Acetato di Potassio, Guanidina Cloridrato ed Acido Acetico. A questo punto, i lisati batterici vengono eliminati tramite centrifugazione ed il sovranatante, contente il DNA plasmidico, viene caricato sulle colonnine a scambio anionico, dove il DNA plasmidico si lega selettivamente in condizioni di bassi contenuti salini e pH appropriato. L’RNA, le proteine, i metaboliti ed altre impurità a basso peso molecolare, vengono rimossi tramite due lavaggi con un washing buffer contenente NaCl 1M, MOPS 50mM a pH 7.0 e isopropanolo al 15% v/v. Il DNA plasmidico puro viene eluito in un tampone ad alto contenuto salino, 1.5M di NaCl, 50mM di Tris-Cl a pH 8.5 ed isopropanolo al 15% v/v ed il DNA plasmidico viene concentrato e dissalato tramite precipitazione con isopropanolo e raccolto per centrifugazione. In seguito si esegue un lavaggio del pellet
71
in etanolo al 70% e risospeso in un appropriato volume di H2OmQ.
2.7.9 Digestione Diagnostica
L’inserto da noi costruito è costituito dalla coding sequence di mPrep1 alle cui estremità sono presenti i siti di restrizione di XbaI. Durante le fasi iniziali del clonaggio, sia il vettore che l’inserto sono stati digeriti con un solo enzima di restrizione, XbaI, poi è seguita la ligation, quindi tra i possibili prodotti di ligation potevano essere presenti due molecole di DNA circolari di 9006 bp ma di differente struttura primaria: uno avente l’inserto con la direzionalità 5’-3’ (che è la stessa del vettore), l’altro con direzionalità 3’-5’. Al fine di potere discriminare i due differenti prodotti di ligation, si è messo a punto un sistema basato su digestione enzimatica seguita da elettroforesi in gel di agarosio. Entrambi i differenti vettori posseggono un solo sito di restrizione riconosciuto specificatamente da XhoI, e un solo sito di restrizione di SfiI che è presente nella coding sequence di mPrep1, ad una estremità prossimale. Quindi SfiI cliva la sequenza di mPrep1 in modo asimmetrico; la digestione del costrutto vettoriale che contiene l’inserto senso (pHIV-mPrep1) generera’ due frammenti, uno di 7597 bp e l’altro di 1409bp (Fig. 4)
Fig. 4. Digestione diagnostica del costrutto pHIV-mPrep1
Il costrutto che possiede la sequenza di mPrep1 in direzione antisenso invece presenta il sito di restrizione di SfiI più vicino a quello di XhoI, quindi la digestione con Xhoi e
72
SfiI genera due frammenti: uno di 8637 bp e l’altro di 369 bp (Fig. 5).
Fig. 5. Digestione diagnostica del costrutto con la sequenza di mPrep1 invertita
La successiva elettroforesi in gel di agarosio ha consentito la discriminazione di entrambi i prodotti.
2.7.10 Packaging dei vettori virali
Per il packaging del virus sono state utilizzate le cellule HEK 293-T, piastrate il giorno precedente ad una densità di 2.5x10/cm2 in modo da essere ad una confluenza ottimale per essere trasfettate al mattino dopo. Il giorno successivo è stato infatti sostituito il mezzo completo con mezzo senza antibiotico, per evitare di interferire con la trasfezione. L’agente trasfettante utilizzato è il TransitIT che consente il delivery di acidi nucleici in modo molto efficiente con un basso tasso di tossicità. Quindi è stata preparata la mix per permettere il packaging del vettore usando un rapporto DNA:TransitIT di 1:3. Per ogni piastra di 293T da utilizzare per il packaging si fa una mix di 12.6µL di TransitIT e 587.4µL di OptiMEM, che si lascia ad incubare per 5 minuti a RT. Successivamente sono stati aggiunti i tre costrutti: 2 µg di pHIV-mPrep1, 2 µg di pCMV-dR8.91 e 0.2 µg di VSV-G. È seguita l’incubazione per 20-30 minuti a temperatura ambiente, poi la mix è stata aggiunta alle cellule goccia a goccia, e le cellule sono state riposte in incubatore a 37°C al 5% di CO2. Il giorno successivo si
73
lasciano incubare per ulteriori 48 ore, tempo in cui verrà generato il virus. Nei due giorni successivi è stato raccolto il surnatante contenente i virioni e conservato a 4°C. Per aumentare la concentrazione del virus abbiamo utilizzato il Lenti-X™ Concentrator (Clontech), seguendo il protocollo fornito dal produttore. Dopo aver concentrato il virus, esso viene centrifugato e risospeso in un volume desiderato di PBS 1X o di OptiMEM, si aliquota e si congela a -80°C.
2.7.11 Infezione di mMSCs
Le mMSCs sono state infettate utilizzando il costrutto pHIV-mPrep1 (come controllo è stato utilizzato il vettore senza inserto pHIV). Le cellule sono state piastrate il giorno precedente alla densità ottimale di circa il 60%, il giorno successivo è avvenuta l’infezione mantenendo le cellule in OptiMEM addizionato alla sospensione lentivirale. Per favorire l’adsorbimento è stata effettuata una spinoculazione mediante Eppendorf Centrifuge 5804 per 1 ora. Terminata la spinoculazione le cellule sono state poste ad incubare per 5 ore a 37°C in atmosfera umidificata, 5% CO2. Successivamente è stato
sostituito il mezzo di coltura con quello appropriato per mantenere le MSC allo stato indifferenziato.
2.8 Array per citochine
Mediante tale metodica è stato possibile saggiare l’espressione proteica delle citochine secrete nei surnatanti delle colture di MSCs. Il sistema è costituito da una membrana di nitrocellulosa sulla quale sono spottati anticorpi in duplicato, fissati mediante la regione Fc, così che il sito di legame sia rivolto verso l’alto facilitando l’interazione con gli epitopi. Il surnatante viene miscelato con anticorpi biotinilati, la mix ottenuta è poi incubata con la membrana in modo da fare avvenire le interazioni con gli interattori da saggiare. Seguono dei lavaggi per rimuovere i prodotti non legati o legati in modo aspecifico. Successivamente vengono aggiunti streptavidina-HRP (horseradish peroxidase) che è un’enzima coniugato con la streptavidina. Streptavidin-HRP è strutturalmente costituito dalla streptavidina legata covalentemente all’HRP, ovvero la perossidasi del Rafano, enzima facente parte della sottoclasse delle ossidoreduttasi che ossida il luminolo ad un intermedio che si decompone a ione amminoftalato. Questo, in
74
uno stato elettronico eccitato decade allo stato fondamentale, emettendo a circa 450 nm, sviluppando quindi colore. La reazione colorimetrica avvenuta indica la presenza dell’interattore saggiato e la sua quantità, dato che è proporzionale all’intensità di luce che viene sviluppata. Ciascuna membrana ha una forma rettangolare, in prossimità di tre angoli sono presenti spot di controllo, in duplicato. È necessario che questi si accendano per stabilire che la procedura è stata effettuata correttamente, inoltre servono da indicatori per la corretta sovrapposizione di una mascherina trasparente che descrive l’ordine con cui questi spot sono disposti sulla membrana. In questo modo si identificano specificatamente i segnali generati dalle proteine saggiate. Il segnale si misura dapprima acquisendo le immagini della lastra, in un secondo momento vengono processati tramite il software ImageJ che misura il numero di pixel che compongono l’immagine di ciascuno spot. L’acquisizione delle immagini è stata effettuata con un sensore da 12 megapixel ed è avvenuta nelle medesime condizioni di luminosità.
Nello specifico, dopo che sono stati preparati tutti i reagenti, ho aggiunto il Block Buffer 6 all’interno della vaschetta portamembrana per ridurre i legami aspecifici che le proteine possono realizzare con la nitrocellulosa. Quindi si è riposta la membrana all’interno della vaschetta e messa ad incubare per 1 ora. Si è preparata una mix costituita dal campione da saggiare, 0.5 mL di Array Buffer 4 e 1.5 mL di Array Buffer 6 fino a raggiungere il volume totale di 1.5 mL. Sono stati poi aggiunti 15 μL della miscela di anticorpi biotinilati e messi ad incubare a temperatura ambiente per 1 ora. Dopo l’incubazione, aspirato l’Array Buffer 4 dalle singole vaschette, è stata aggiunta la mix preparata, è seguita l’incubazione over-night a 4°C in agitazione. Il giorno successivo sono stati effettuati vari lavaggi utilizzando il Wash Buffer per eliminare le proteine legate aspecificatamente. In seguito l’enzima Streptavidin-HRP è stato aggiunto all’ Array Buffer 6 all’interno della vaschetta, incubato a temperatura ambiente, e successivamente sono statieseguiti ulteriori lavaggi. Gli spot immunoreattivi sono stati rilevati dopo aver aggiunto il Chemi Reagent Mix (il substrato di reazione).