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Capitolo 3: le abitudini nei consumi

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Academic year: 2021

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Capitolo 3: le abitudini nei consumi

3.1 Introduzione

Nel capitolo precedente avevamo considerato un modello DSGE nel quale, uno dei problemi, era la massimizzazione della funzione di utilità istantanea dei consumatori. In quel contesto l’utilità degli individui dipendeva esclusivamente dal consumo che avveniva al tempo t, e non da quello dei periodi precedenti. L’assunzione implicita dietro questa particolare forma della funzione è che essa è separabile additivamente nel tempo. L’evidenza empirica mostra però l’esistenza di abitudini nel comportamento degli individui, sulla base delle quali la funzione di utilità non è istantanea e le preferenze non sono separabili nel tempo.

La formazione delle abitudini è legata alla ripetitività di comportamenti che nel tempo diventano automatici. Le abitudini nel consumo implicano che la felicità dell’individuo non è data esclusivamente da quanto è stato consumato oggi, ma anche dai consumi nei periodi precedenti. I consumi passati si traducono in uno stock di abitudini che le famiglie cercano di mantenere nel tempo. Nel caso si manifestasse uno shock negativo nell’economia gli individui proverebbero a mantenere inalterato il livello dei consumi facendo ricorso alle risorse risparmiate; se lo shock fosse persistente, allora i consumi dovranno essere modificati, ma tale aggiustamento avviene in maniera non istantanea. Quindi, sempre nel caso di uno shock negativo, se una famiglia fosse abituata ad un livello di consumi piuttosto elevato, essa tenterebbe di mantenere questo livello invariato nel tempo attraverso una riduzione delle risorse risparmiate; tale comportamento può andare avanti per alcuni periodi trascorsi i quali la riduzione dei consumi diventa inevitabile.

3.2 La formazione di abitudini nel consumo

Nel capitolo precedente abbiamo considerato una funzione di utilità istantanea, in cui la felicità dell’individuo è dettata esclusivamente dai consumi odierni. Questo implica che la funzione di utilità sia separabile additivamente nel tempo.

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significa che le decisioni nei consumi avvenute nei periodi precedenti hanno effetto anche sull’utilità corrente. Sotto l’esistenza di abitudini nei consumi, un aumento nel consumo corrente determina una riduzione dell’utilità marginale dei consumi oggi, ma aumenta l’utilità marginale del consumo nel futuro. Ovviamente il ragionamento può essere riproposto in chiave inversa. Allora la risoluzione del problema relativo alla massimizzazione dell’utilità del consumatore si fa più complesso, visto che il consumo corrente non determina solamente l’utilità corrente, ma anche l’utilità futura.

Le abitudini nei consumi sono regolarmente inserite all’interno dei modelli DSGE per cercare di spiegare meglio le dinamiche di un’economia. L’evidenza empirica suggerisce che uno shock positivo nell’economia determina una risposta nei consumi con una forma a gobba, con il picco che viene raggiunto con alcuni periodi di ritardo rispetto al momento in cui avviene lo shock. Questo tipo di comportamento della funzione di risposta dei consumi si può ottenere considerando l’esistenza di abitudini nel nostro scenario economico.

La letteratura offre diverse alternative per l’inserimento della persistenza delle abitudini nella funzione di utilità degli individui. La più diffusa è quella di introdurre nella funzione di utilità la differenza nei consumi, ciò significa che l’utilità di un certo soggetto dipende dalla differenza tra i consumi odierni e quelli passati. Assumiamo che la funzione di utilità da massimizzare sia del seguente tipo:

(3.1)

Dove sono i consumi, rappresentano le abitudini nei consumi e è il tempo libero. Le abitudini nei consumi al tempo t sono assunte essere una proporzione dei consumi al tempo :

(3.2)

Dove è un coefficiente di persistenza nelle abitudini. Questo parametro rappresenta l’intensità delle abitudini del consumatore, inoltre introduce la non separabilità delle preferenze nel tempo. Come già detto, la diretta implicazione di questa modifica è che attraverso questa forma funzionale un aumento nei consumi

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correnti riduce l’utilità marginale dei consumi in questo periodo, ma aumenta l’utilità marginale nei periodi successivi.

3.3 Il modello

Il modello che viene presentato in questo capitolo non è diverso rispetto a quello visto in precedenza, eccezion fatta per l’introduzione delle abitudini nei consumi. Si ribadisce l’abbandono della funzione di utilità dell’individuo separabile additivamente nel tempo, a favore di una funzione di utilità che non sia separabile additivamente, e che dipenda dalla differenza del livello dei consumi tra i periodi. L’unico aspetto che ha subito una modifica è quindi la funzione di utilità dell’individuo.

3.3.1 Le famiglie

L’economia è popolata da una famiglia rappresentativa con un orizzonte di vita infinito, la cui funzione di utilità è:

(3.3)

Dove sono i consumi, riflette le abitudini e il tempo libero. Per le abitudini nei consumi assumiamo che esse siano proporzionali al livello di consumi che vi era nel periodo precedente:

(3.4)

Dove rappresenta la persistenza nelle abitudini dei consumi. Quindi un elevato valore di indica che le abitudini hanno un’importanza elevata nel determinare l’utilità della famiglia oggi. L’interpretazione economica di questo parametro è che l’utilità corrente deriva dai consumi correnti rapportati ai consumi del periodo precedente.

La funzione di utilità ha la seguente forma funzionale :

(3.5)

Dove sono le ore dedicate al lavoro ed il tempo discrezionale è normalizzato a 1 e è l’elasticità di sostituzione tra consumo e tempo libero.

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(3.6) Sotto il vincolo:

(3.7)

Dove è il risparmio, è il salario, è il tasso al quale viene preso a prestito il capitale e è lo stock di capitale fisico. Il processo di accumulazione del capitale segue la relazione:

(3.8)

Dove è l’investimento lordo e il tasso di deprezzamento del capitale. Assumendo che e sostituendo il livello degli investimenti all’interno del vincolo di bilancio si ottiene:

(3.9)

Quindi possiamo impostare il Lagrangiano la cui risoluzione ci dirà l’ammontare di ed che vengono scelte dalla famiglia:

{

} (3.10)

Da qua si possono ricavare le condizioni del primo ordine, che corrispondono alle seguenti equazioni: [ ] [ ] (3.11) (3.12) (3.13)

Dove è il moltiplicatore Lagrangiano associato al vincolo di bilancio al tempo

t. È possibile a questo punto ricavare il valore di ; da qua, svolgendo alcune operazioni possiamo ricavare due condizioni importanti per la definizione dell’equilibrio, la prima è la condizione che eguaglia la disutilità marginale di un’unità di lavoro aggiuntiva con il ritorno marginale di un’unità addizionale di lavoro:

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(3.14)

La seconda condizione importante nell’equilibrio è quella che rappresenta il sentiero ottimale del consumo nel tempo, ovvero l’equazione intertemporale che eguaglia il tasso marginale del consumo con il ritorno dell’investimento.

(3.15)

Da notare che se si ritorna al caso proposto nel precedente capitolo, ovvero l’assenza delle abitudini nel consumo.

3.3.2 Le imprese

Il problema che deve essere risolto per le imprese è determinare il livello ottimo di capitale e lavoro. Le imprese affittano capitale e assumono lavoratori con l’obiettivo di massimizzare i profitti al tempo t, prendendo come dati i prezzi dei fattori produttivi. La funzione di produzione è una Cobb-Douglas con rendimenti di scala costanti:

(3.16)

Dove è la produttività totale dei fattori che è compresa tra [0,1]. Il problema di massimizzazione per le imprese può essere impostato così:

(3.17)

Le condizioni del primo ordine per la massimizzazione dei profitti sono date da:

(3.18) (3.19)

Da cui possiamo ottenere i prezzi dei fattori produttivi:

(3.20)

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3.3.3 L’equilibrio del modello

Una volta che abbiamo calcolato le decisioni ottime sia per le imprese sia per le famiglie, possiamo definire l’equilibrio nel nostro modello economico. Per fare ciò si mettono semplicemente insieme i risultati ottenuti per i 2 agenti economici. Le famiglie decidono quanto vogliono consumare, , quanto vogliono investire (o risparmiare), , e quante ore dedicare all’attività lavorativa, , per massimizzare la loro funzione di utilità dati i prezzi dei fattori produttivi. Dal lato delle imprese, invece, esse produrranno una quantità di bene finale, , che dipende dalle decisioni effettuate in merito al capitale da prendere in prestito, , ed il lavoro che vogliono assumere, .

Dalla combinazione delle condizioni del primo ordine per le imprese e per le famiglie si ottiene la condizione di equilibrio che eguaglia il tasso marginale di sostituzione tra consumo e tempo libero al costo opportunità di un’unità aggiuntiva di riposo:

(3.22)

Mentre la condizione di equilibrio per l’investimento intertemporale è data da:

(3.23)

Si può osservare che la persistenza nelle abitudini si ripercuote sia nelle condizioni di equilibrio per l’offerta di lavoro che nel consumo intertemporale. Infine l’economia deve soddisfare il seguente vincolo di compatibilità.

(3.24)

3.4 Le equazioni del modello e la calibrazione

L’equilibrio competitivo del modello è dato da un set di 8 equazioni che definiscono la dinamica di 7 variabili endogene, più la produttività totale dei fattori, , per la quale si assume un processo di autoregressione del primo ordine. Le equazioni sono le seguenti:

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(3.25) (3.26) (3.27) (3.28) (3.29) (3.30) (3.31) ̅ (3.32)

La struttura di questo modello è simile a quella del modello canonico; rispetto ad esso vi è solo da aggiungere il parametro , che riflette le abitudini dell’individuo e necessita di essere calibrato. I parametri che devono essere calibrati sono { }; siccome ci interessa fare un confronto tra il modello presentato in questo capitolo ed il modello canonico tutti i parametri avranno gli stessi valori già osservati nel capitolo 2, eccezion fatta per il parametro che deve ancora essere definito. Si ricorda che poiché è il parametro indicativo della persistenza delle abitudini, questo implica che per valori più alti di questo fattore l’utilità dell’individuo dipende maggiormente da quelli che sono stati i consumi passati. In letteratura il parametro si ritrova spesso e con valori anche piuttosto diversi. Nel nostro modello si calcola una media di valori rinvenuti leggendo alcuni articoli accademici e si fissa Nella seguente tabella vengono riportati i valori di tutti i parametri presenti nel nostro modello.

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Parametro tecnologico 0.350

Fattore di sconto 0.970

Parametro delle preferenze 0.400

Persistenza delle abitudini 0.800

Tasso di ammortamento 0.060

Parametro di autoregressione TFP 0.950

Deviazione standard TFP 0.010

Tabella 1. La calibrazione

3.5 Shock nella produttività totale dei fattori

Adesso studiamo gli effetti di uno shock nella produttività totale dei fattori nel nostro modello con persistenza nelle abitudini. Ci si aspetta che il comportamento di certe variabili endogene sia diverso adesso che si è aggiunto questo elemento, ed infatti le risposte dell’output e dei consumi sono diverse rispetto al caso precedente. Le funzioni di risposta delle variabili sono riportate nella seguente figura (anche questa ottenuta attraverso Dynare).

Figura 1. Shock tecnologico con persistenza delle abitudini

Se si osservano i consumi si nota che l’effetto dello shock nel momento in cui si manifesta è ridotto (rispetto al modello canonico), ciò è coerente col fatto che adesso

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i consumi hanno una maggior resistenza al cambiamento. In più si può osservare che la risposta dei consumi ha una forma a gobba persistente nel tempo. Questa forma sembra poter spiegare un fatto che avviene a livello empirico: i consumi rispondono piuttosto debolmente a shocks non anticipati nel reddito. Ciò determina di conseguenza un altro fenomeno importante: siccome lo shock nella produttività non modifica sensibilmente i consumi, ecco che esso si ripercuote fortemente sugli investimenti dato che l’aggiustamento allo shock avviene attraverso i risparmi.

Quindi la persistenza delle abitudini ha un’importante effetto sulla dinamica degli investimenti e, di conseguenza, sul processo di accumulazione del capitale. Il ragionamento è lineare: dato un certo shock nell’economia, l’esistenza della persistenza delle abitudini impedisce che l’aggiustamento avvenga attraverso i consumi, allora esso deve essere fatto attraverso i risparmi che poi si traducono in investimenti. Questa maggiore attività di investimento si ripercuote, infine, sul livello dello stock di capitale fisico che raggiunge un picco più elevato rispetto al capitolo precedente.

Anche la funzione di risposta dell’output risente della presenza delle abitudini nei consumi: il livello dell’output infatti aumenta in maniera istantanea (come nel modello canonico), ma continua a crescere nei periodi successivi fino a raggiungere un massimo. Ecco che abbiamo definito anche per l’output una funzione di risposta a forma di gobba.

3.6 Conclusioni

In questo capitolo abbiamo introdotto le abitudini all’interno del modello DSGE canonico. Ciò fa sì che la funzione di utilità non sia più separabile additivamente nel tempo; infatti la felicità nel periodo non è più dettata esclusivamente dai consumi che avvengono nello stesso periodo, ma anche dallo stock di abitudini che si sono formate nei periodi precedenti. Le abitudini nei consumi possono spiegare la risposta debole dei consumi di fronte ad un cambiamento (non anticipato) nel reddito. Il fatto di considerare le abitudini implica una sorta di costo di aggiustamento quando si modificano i consumi, misurato in termini di perdita di utilità. La conseguenza è che, di fronte ad un aumento del reddito, l’aggiustamento viene effettuato attraverso i risparmi.

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In letteratura la persistenza delle abitudini è diventata un aspetto chiave all’interno dei modelli DSGE poiché è in grado di spiegare certi fatti osservabili empiricamente che il modello standard non era in grado di cogliere.

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