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CAPITOLO 1 Gli strumenti ad arco

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CAPITOLO 1

Gli strumenti ad arco

Gli strumenti ad arco si differenziano dagli altri strumenti a corde principalmente per due motivi: la modalità di eccitamento della corda e il funzionamento della cassa di risonanza.

Le corde di questi strumenti vengono eccitate mediante lo sfregamento ad opera dei crini dell’archetto. Il contatto tra la corda e l’archetto non è tuttavia continuo in quanto, se così fosse, non si avrebbero vibrazioni della corda stessa. Si ha pertanto un contatto intermittente: in un primo momento l’archetto, che si muove di moto rettilineo, deforma la corda finché la tensione della stessa non vince la forza traente; è in questo preciso istante che la corda scatta verso la posizione di riposo, superandola e raggiungendo il suo massimo allungamento nel verso opposto alla direzione di sfregamento, finché la resistenza ferma di nuovo il movimento. L’archetto rientra così in contatto con la corda permettendo al processo di ripetersi.

La cassa di risonanza degli strumenti ad arco possiede un cilindretto di legno di abete, chiamato anima, che rende meccanicamente solidali il fondo ed il coperchio della cassa armonica. Il coperchio viene messo in vibrazione tramite la trasmissione di energia, ad opera del ponticello, che inizia con lo sfregamento. All’interno della cassa di risonanza si trova un altro pezzo di legno, la catena, che viene incollato longitudinalmente allo strumento con la funzione di rinforzare il sistema su cui grava il peso della tensione delle corde e di migliorare la qualità e la potenza del suono.

Già da ora si capisce come l’ottenimento di un suono di elevata qualità sia il risultato dell’attento studio di ogni dettaglio dello strumento considerato, dalle tavole in legno fino ai crini dell’archetto.

1.1

Produzione del suono

Quando parliamo di suono non facciamo riferimento ad una grandezza puramente oggettiva, bensì alla sensazione, come si manifesta a livello cerebrale, di una

perturbazione di natura meccanica, a carattere oscillatorio, che interessa il mezzo interposto tra sorgente e ascoltatore (Andrea Frova, Fisica nella musica). Le onde

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4 sonore possono trasmettersi solamente attraverso mezzi materiali: qualsiasi corpo sottoposto a deformazione occasionale può essere considerato una sorgente sonora, mentre nel vuoto non si ha nemmeno l’avvio di onde acustiche.

In fisica un’onda è descritta come una perturbazione che si propaga nello spazio e che può trasportare energia da un punto all’altro tramite la variazione di una grandezza fisica. Nel caso dell’onda sonora la perturbazione è rappresentata dalla variazione di pressione indotta dal corpo vibrante nel mezzo circostante, solitamente aria, che si propaga nel mezzo stesso come una successione di rarefazioni e condensazioni, cioè variazioni di densità.

Si capisce quindi come non sia possibile dare una definizione del fenomeno sonoro senza mettere in evidenza le quattro fasi che lo costituiscono:

1. produzione di onde meccaniche da parte di una sorgente vibrante o sorgente sonora: sono sorgenti sonore gli strumenti musicali e le corde vocali, così come qualunque fenomeno che provochi uno spostamento d’aria avente caratteristiche fisiche tali da esser percepito come evento sonoro (si parla in questo contesto di frequenze udibili);

2. propagazione delle onde attraverso un mezzo elastico, generalmente aria: tale propagazione è il fenomeno ondulatorio vero e proprio e viene comunemente chiamata onda sonora;

3. ricezione e percezione dell’onda sonora mediante opportuni apparati, come il sistema uditivo umano, in grado di trasformare l’energia sonora in altre forme di energia;

4. elaborazione del segnale trasformato da parte del cervello.

Quando un corpo diventa sede di un’onda meccanica le catene di atomi che lo compongono cominciano ad oscillare; le molecole di aria a contatto con la superficie del corpo raccolgono tale perturbazione e trasmettono questo stato vibratorio a quelle più lontane determinando variazioni di pressione locale. Sono queste variazioni che azionano il timpano dell’orecchio o la membrana di un microfono (in merito all’orecchio umano si veda l’Appendice B); quanto maggiore è la sollecitazione meccanica, tanto più intensa sarà la sensazione sonora percepita.

Per quanto concerne gli strumenti musicali, il suono può essere prodotto in molteplici modi: nel pianoforte percuotiamo le corde attraverso i tasti, negli strumenti a fiato

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5 mettiamo in vibrazione colonne d’aria, nelle percussioni utilizziamo membrane, barre o piatti percossi.

Nel caso invece degli strumenti ad arco il suono deriva principalmente dallo sfregamento delle corde mediante i crini di cavallo tesi su un archetto. Il suono di una singola corda vibrante è però molto debole se non amplificato mediante l’uso di un’idonea cassa armonica: si può chiaramente intuire quindi come la buona realizzazione dell’intero corpo dello strumento abbia una funzione determinante ai fini dell’ottimizzazione delle caratteristiche acustiche e dei caratteri del suono (vedi Glossario) dello strumento stesso.

1.2

Origine e caratteristiche generali degli strumenti ad arco

La famiglia dei violini come la conosciamo oggi (violino, viola, violoncello e contrabbasso) trae le sue origini dalla più antica viola, o viella, da braccio, strumento dotato di quattro corde intonate per quinte (intervallo, vedi Glossario) del quale si trovano tracce già a partire dal Duecento. Questo strumento fu largamente utilizzato nel Medioevo da trovatori e trovieri per comporre melodie e testi lirici che venivano suonate e cantati nelle corti di grandi mecenati (vedi Appendice A).

Si parla di viola da braccio, e non semplicemente di viola, in quanto in origine tale strumento si distingueva in due tipologie in funzione della posizione di maneggio: oltre alla viola da braccio era infatti presente la viola da gamba (Figure 1.1, 1.2). I due strumenti si differenziano notevolmente dal punto di vista strutturale: la prima si presenta come uno strumento con cassa armonica bombata, spalle arrotondate e fori armonici a effe, la seconda come uno strumento con fondo piatto, spalle spioventi, manico più largo e tastato e fori a C contrapposti schiena a schiena. Altra differenza riguarda il numero di corde e la loro intonazione: le viole da gamba hanno sei corde tastate, accordate per quarte con una terza maggiore al centro; le viole da braccio presentano invece quattro corde non tastate accordate per quinte.

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Figura 1.1: rappresentazione di viola da gamba (A) e viola da braccio (B)

Le misure di entrambe le tipologie sono quattro, in funzione delle quali si hanno registri più acuti o gravi dei suoni eseguiti: soprano o discanto, contralto, tenore, basso. Si intuisce quindi come il moderno quartetto di archi non sia altro che l’evoluzione delle quattro misure di questi strumenti: alla viola soprano corrisponde il violino, alla viola contralto corrisponde la viola, alla viola tenore corrisponde il violoncello ed infine alla viola basso corrisponde il contrabbasso. Per quanto concerne la posizione di maneggio, violino e viola hanno mantenuto quella della viola da braccio mentre violoncello e contrabbasso conservano quella della viola da gamba.

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7 Anche se caratterizzati da dimensioni diverse, gli strumenti della famiglia dei violini presentano la medesima catena acustica così composta (Figura 1.3):

1. Tavola, fondo, fasce: sono le tre parti cave che compongono la cassa armonica dello strumento, realizzata in modo tale da vibrare su un vasto arco di frequenze. La tavola armonica viene realizzata con legno tenero, generalmente abete rosso ma anche abete norvegese e abete bianco e su di essa sono intagliate due aperture a forma di effe. Fondo e fasce sono ottenute da tavole di legno più duro, come l’acero. Sia la tavola che il fondo sono leggermente bombati e dotati di spessore variabile, assottigliandosi dal centro alla periferia.

2. Capotasto, cordiera, ponticello, riccio, corde: i primi due elementi sono i punti fissi tra cui sono tese le corde, mentre il riccio è la parte estrema del manico dove vengono fatte alloggiare le chiavi di accordatura note come piroli o

bischeri. Il capotasto si trova alla fine del manico, sulla tastiera, mentre la

cordiera è vicina al mento dell’esecutore. Il ponticello determina la lunghezza acustica effettiva delle corde e ne trasmette la vibrazione alla tavola armonica. Riccio, manico e ponticello sono realizzati in legno duro come l’acero; cordiera e tastiera sono realizzate in ebano.

3. Anima, catena: sono due elementi interni al corpo dello strumento aventi la funzione strutturale di distribuire i carichi dovuti principalmente alla tensione delle corde: in loro assenza la tavola armonica non sarebbe in grado di sostenere la pressione esercitata dai piedini del ponticello. L’anima è un tondino di legno simile ad una colonnina incastrato verticalmente tra le due tavole in prossimità di uno dei piedini del ponticello, mentre la catena è una lista curva di abete incollata all’interno della tavola armonica sotto l’altro piedino. Più in particolare la catena assicura l’arcuatura delle tavole, conferendo maggiore resistenza al piano armonico impedendogli di vibrare con troppa ampiezza, mentre l’anima, il cui posizionamento è considerato uno dei fattori critici nel definire la qualità del suono prodotto dallo strumento, oltre a reggere la pressione del ponticello serve a sincronizzare la vibrazione delle due tavole. La lunghezza dell’anima deve essere calcolata in maniera tale che sia sufficiente un leggero sfregamento per

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8 metterla a posto. Nei violini dal suono debole e dolce è consigliabile avvicinare l’anima al ponticello per rendere il suono più brillante, anche se ciò si traduce in una riduzione della morbidezza del suono.

Figura 1.3: catena acustica degli strumenti ad arco

1.3

L’archetto

Si è già detto come negli strumenti ad arco la produzione di suono sia legata all’uso dell’archetto (Figura 1.4). Questo si presenta come una bacchetta di legno duro ma flessibile sulla quale la tensione dei crini è regolata da una chiavetta girevole situata all’estremità inferiore detta tallone.

La lunghezza dell'archetto decresce dal violino al contrabbasso: dai 75 cm dell’arco per violino si passa ai 74 cm dell’arco per viola arrivando ai 72 cm dell’arco per violoncello e infine ai 65 cm dell’arco per contrabbasso. Aumentano invece peso (da 58 a 62 gr) e numero di crini ( da 120 per il violino a 225 per il violoncello).

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Figura 1.4: evoluzione dell’arco dalle origini fino alla forma attuale.

La qualità dell’archetto è un fattore determinante ai fini del suono che si estrae dagli strumenti; in base al diverso modo in cui lo si impiega si distinguono i vari colpi d’arco, ossia la diversa maniera con la quale l’arco viene tirato o condotto sulle corde: tra i colpi d’arco alla corda troviamo il detaché, lo staccato, il legato, il martellato mentre tra i colpi d’arco saltati e gettati troviamo lo spiccato, il saltellato, il picchettato.

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10 L’uso del crine di cavallo al posto di fibre sintetiche è giustificato dal fatto che questo oppone una maggior forza frizionale allo strofinamento. Per garantire un buon attacco con la corda, il crine viene trattato con resine tipo pece greca i cui minuscoli grani accrescono l’attrito e l’intensità del suono a parità di forza.

La vibrazione della corda è l’effetto dell’alternarsi di impuntature e slittamenti dell’arco (Figura 1.5) premuto e fatto scorrere sulla corda stessa.

Figura 1.5: successione di impuntamenti e slittamenti dell’arco

Il meccanismo di propagazione dell’impulso generato dall’archetto sulla corda è molto complesso. Una delle proposte più accreditate in tale campo è quella avanzata da von Helmholtz, fisico tedesco che in campo acustico si è occupato di molteplici aspetti, dalla natura fisica dello stimolo sonoro fino all’estetica musicale. Facciamo riferimento alla Figura 1.6, considerando il caso più semplice di arco che si muove con velocità e pressione costanti perpendicolarmente alle corde: si vede che il punto di deformazione indotto dall’archetto si trasporta lungo la corda con un movimento rotatorio (in senso antiorario nella Figura 1.6). Quando l’arco inizia ad essere mosso rispetto alla corda l’attrito tra i crini e la corda trascina la corda assieme all’arco facendole assumere una forma approssimativamente triangolare; al raggiungimento di una certa deformazione la forza di attrito viene superata dalla forza di richiamo elastico della corda che la riporta nella sua posizione di equilibrio. Poiché l’attrito dinamico che si esercita tra le due superfici in movimento relativo è minore dell’attrito statico, il moto della corda continua finché questa non oscilla nuovamente nella stessa direzione in cui viene tirato l’arco. Il processo si ripete ciclicamente consentendo all’onda viaggiante così prodotta di muoversi avanti e indietro sulla corda riflettendosi agli estremi.

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Figura 1.6: a) propagazione lungo la corda della deformazione indotta dall’archetto nel punto A; b) area coperta dall’oscillazione della corda come appare alla vista.

Da questa analisi è immediato capire che le corde sfregate non oscillano secondo uno solo dei modi normali propri muovendosi di moto armonico, bensì in una combinazione di tutti i modi normali compatibili con le condizioni dello sfregamento. Le corde non producono quindi un suono puro ma un insieme di molti suoni simultanei a frequenze multiple intere di una frequenza fondamentale; tale fenomeno sonoro viene interpretato dal sistema uditivo umano come una “nota” di altezza uguale a quella di un suono puro alla frequenza della fondamentale.

Un aspetto da non trascurare è la posizione di sfregamento dell’archetto: difatti l’intensità e la qualità timbrica del suono dipendono in maniera evidente dalla distanza che intercorre tra il punto di strofinamento e il ponticello. Normalmente si suona a metà strada tra il ponticello e l’inizio della tastiera, posizione che corrisponde a circa un quinto o un sesto della corda. Più ci si avvicina alla tastiera e più il suono si fa dolce e rotondo, dominato dall’armonica fondamentale (teorema di Fourier, vedi Glossario), limitando però il volume di suono in quanto, allontanandosi dal ponticello, si riduce il

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12 trasferimento delle vibrazioni alla cassa armonica. Avvicinandosi invece al ponticello cresce l’ampiezza di tutte le armoniche ed il suono diventa più ricco e brillante.

Risulta a questo punto doveroso andare ad approfondire singolarmente quali siano le caratteristiche acustiche dei singoli componenti della famiglia dei violini.

Occorre comunque sottolineare che la definizione di un buon strumento ad arco contiene forti elementi soggettivi, soprattutto se a giudicarlo è un generico ascoltatore o l’esecutore stesso, quest’ultimo troppo coinvolto fisicamente e psichicamente con lo strumento.

1.4

Il violino

Figura 1.7: confronto tra viola da gamba soprano (sinistra) e violino moderno (destra)

Lo strumento rappresentativo della famiglia degli archi è storicamente il violino, la cui tecnica esecutiva ha raggiunto apici mai più superati nel Seicento e Settecento con la scuola di liuteria di Cremona. Il probabile inventore del violino fu il bresciano Gasparo

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13 da Salò, ma i grandi liutai furono Nicola Amati, il suo allievo Antonio Stradivari, Giuseppe Guarneri, i Bergonzi, i fratelli Guadagnini.

Il violino presenta numerosi pregi rispetto alle più antiche viola da braccio e viola da gamba soprano (Figura 1.7) come le piccole dimensioni e l’elevata sonorità: ciò viene ottenuto aumentando la tensione delle corde che di fatto implica la riduzione del loro numero e conseguentemente l’accordatura per quinte. Le quattro corde, realizzate anticamente in budello, oggi in acciaio e seta, sono intonate sulle note sol3, re4, la4 e mi5 (notazione, vedi Glossario), vale a dire alle frequenze 196, 294, 440 e 660 Hz. La tensione complessiva delle corde è dell’ordine di una ventina di chilogrammi, circa il doppio della forza esercitata dal ponticello sulla tavola armonica. La maggior tensione delle corde agisce in senso contrario ai meccanismi di smorzamento, permettendo di agire sulla corda con le dita senza necessità di tasti; le minori dimensioni della cassa armonica vengono compensate da una più pronunciata bombatura delle tavole (Figure 1.8, 1.9).

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14 La costruzione di un violino implica l’impiego di più di 60 pezzi (Tabella 1.1):

Tabella 1.1: pezzi componenti il violino

Figura 1.9: sezione longitudinale di un violino

Elemento Pezzi

piano o tavola armonica 2 pezzi di abete

dorso o fondo 1 o 2 pezzi di acero

fasce 6 pezzi di acero

controfasce 12 pezzi di abete

tasselli 6 pezzi di abete

manico 1 pezzo di acero

tastiera 1 pezzo di ebano

capotasto 1 pezzo di ebano

filetti 24 pezzi di acero

ponticello 1 pezzo di acero

bottone 1 pezzo di ebano

cordiera 1 pezzo di ebano

piroli (o bischeri) 4 pezzi di ebano o

palissandro

catena 1 pezzo di abete

anima 1 pezzo di abete

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15 Ai fini della buona qualità dello strumento assume particolare rilievo il modus operandi della sua realizzazione che si articola in varie fasi:

1. scelta del materiale: i liutai della prima scuola bresciana sperimentarono per il

fondo, le fasce e il riccio legni di alberi quali il pero, il cedro, il pioppo, il gattice e il frassino, per le controfasce e i ponticelli il faggio; in seguito divenne di uso generale per gli elementi elencati l’acero, mentre per la tavola armonica non si impiega abitualmente altro legno che l’abete. E’ necessario che il legno sia ben stagionato: ad una stagionatura artificiale al forno si preferisce una stagionatura naturale che richiede sì un lungo periodo di tempo (almeno sei anni) ma garantisce i migliori risultati finali;

2. taglio greggio: il tronco greggio può essere tagliato a strati, ottenendo tavole

parallele alla fibra longitudinale del legno, o per quarto o a cuneo (nel senso dei diametri del tronco);

3. accertamento della densità, del peso, della fibra e del rapporto acustico tra fondo e piano: in funzione di densità e peso del legno si determinano gli spessori

delle tavole e dei vari elementi che variano da strumento a strumento; la fibra della tavola armonica deve essere regolare e non interrotta da nodi, disposta nel senso longitudinale. Particolare attenzione merita il rapporto acustico tra fondo e piano armonico: è noto infatti che percuotendo i legni si ottengono suoni di intonazione anche molto diversa; rispetto all’acero l’abete restituisce un suono più elevato;

4. preparazione delle forme: sopra una tavola di legno duro si applica un modello

di carta esattamente uguale al violino da realizzare; la tavola viene scavata con precisione meticolosa in modo da ottenere la forma che conterrà esattamente il piano o il fondo, consentendone la lavorazione;

5. lavorazione del fondo, della tavola armonica e del riccio: per la sgrezzatura si

utilizzano scalpello e sgorbia, arnese utilizzato per eseguire intagli nel legno. Si procede alla finitura con carta vetrata e pomice;

6. determinazione degli spessori: non si hanno formule precise per gli spessori da

utilizzare nella realizzazione di un violino; le misure possono essere molto variabili anche in strumenti realizzati dallo stesso maestro liutaio. In linea generale si può affermare che le tavole a grande spessore centrale danno una

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16 voce argentina, mentre tavole con spessore ridotto originano suoni vicini alla voce umana;

7. applicazione della catena: la catena moderna, di lunghezza 280 mm, altezza 15

mm e spessore al centro 6 mm, va collocata all’interno del piano armonico, parallelamente alle corde, al di sotto del piedino sinistro del ponticello. La sua funzione è quella di rinforzare la tavola armonica per sopportare il peso delle corde ed ha influenza decisiva sulla sonorità dello strumento;

8. applicazione di tasselli, fasce e controfasce; 9. taglio delle ff;

10.filettatura: i filetti sono sottili strisce di acero naturale (bianco), alternate con

altre strisce di acero tinto di nero o ebano, che vengono incastrate nel legno del fondo e della tavola armonica seguendo parallelamente la linea dei bordi, a pochi millimetri dall’orlo esterno. Servono a rafforzare i bordi e sono generalmente tre, neri gli esterni e bianco l’interno;

11.adattamento del manico; 12.verniciatura;

13.montatura;

14.registrazione dello strumento.

Quest’ultima fase merita un’attenzione particolare. Con l’espressione “registrazione dello strumento” si vuole intendere la messa a punto di catena, anima e ponticello (Figura 1.10), i tre organi ai quali è legato il rendimento sonoro dello strumento, creando tra di essi uno stato di equilibrio: difatti la potenza e la qualità del suono del violino dipendono non tanto dalle qualità di ciascuno di essi presi singolarmente quanto e soprattutto dal modo in cui questi interagiscono.

Bisogna osservare che tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo il violino è cambiato in modo notevole rispetto al periodo barocco. E’ aumentata l’inclinazione del manico, la catena è diventata più grande e in un secondo momento le corde di budello sono state sostituite da corde rivestite di acciaio. Tali modifiche sono state necessarie per garantire che lo strumento avesse una maggiore potenza sonora richiesta dalle sale da concerto e dal nuovo ruolo dei solisti. Per ottenere una maggiore sonorità si è innalzata l’intonazione del La fondamentale, passato dalla frequenza di circa420 Hzdel periodo Barocco, alla frequenza di440 Hz. Tutto ciò significa una maggiore tensione delle corde e quindi una maggiore pressione esercitata sul ponticello e sulla tavola

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17 armonica. Con questa accordatura si calcola che la tensione complessiva delle corde sia di 20 kg, mentre la forza esercitata dal ponticello sulla “pancia” del violino è di circa 10 kg. Diventano quindi fondamentali catena e anima, nonché la loro interazione con il ponticello: in loro assenza infatti la tavola armonica sprofonderebbe e l’energia sonora delle corde non si trasmetterebbe in modo pieno ai legni dello strumento.

Figura 1.10 : sezione trasversale di un violino

La registrazione dello strumento è una fase molto delicata per la quale non è possibile formulare regole costanti da applicarsi uniformemente a tutti gli strumenti: in tale campo si fa affidamento soprattutto all’orecchio del liutaio, per cui si evince come sia estremamente difficoltoso avere caratteristiche di emissione sonora assolutamente identiche tra diversi strumenti, seppur realizzati dallo stesso maestro.

Per avere una completa visione delle caratteristiche di emissione sonora del violino è necessario andare a studiarne singolarmente i componenti; analizzeremo quindi nel dettaglio il ponticello, la cassa acustica, la risonanza del legno, la fabbricazione delle

tavole, le risonanze dell’aria e del corpo del violino.

1.4.1 Ponticello

I migliori ponticelli sono realizzati in acero punteggiato; la qualità del legno, la forma e la messa a punto (registrazione) del ponticello sono di capitale importanza per l’acustica dello strumento.

Il ponticello svolge il ruolo principale di mediatore e accoppiatore tra la corda vibrante e l’intero corpo dello strumento musicale. Attraverso i due piedini ha la funzione di

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18 trasferire la vibrazione dalla corda alla tavola armonica in un perfetto sincronismo, ma anche quella di influire sul range di frequenze sulle quali lo strumento è attivo.

Nei riguardi della trasmissione delle vibrazioni il ponticello si comporta da adattatore

di impedenza (vedi Glossario). Il suono che noi percepiamo come proveniente dallo

strumento è trasportato dall’aria: tuttavia il musicista non eccita direttamente l’aria, quanto le corde che a loro volta mettono in vibrazione la tavola armonica la quale, a sua volta, agisce sull’aria. Questi tre sistemi (corde, tavola armonica, aria) hanno caratteristiche di impedenza acustica (vedi Glossario) molto differenti tra di loro: in particolare l’impedenza delle corde è molto inferiore a quella del piano armonico e ciò impedirebbe la trasmissione delle onde sonore tra i due sistemi e quindi nell’aria. L’uso di un adattatore di impedenza è necessario al fine di evitare tale inconveniente e l’elemento imputato ad assolvere questa funzione è il ponticello: questo riceve la vibrazione delle corde e fa “leva” con i suoi piedini sulla tavola, adattando di fatto l’impedenza dei due sistemi e permettendo quindi l’eccitazione della tavola a partire da quella delle corde. Il ponticello garantisce la trasformazione dell’energia meccanica presente nell’oscillazione delle corde in energia acustica che si propaga nella tavola armonica e quindi nell’aria, permettendo l’irraggiamento sonoro a grandi distanze.

Figura 1.11: posizionamento del ponticello. Il piedino di sinistra (bass foot) viene fatto poggiare in corrispondenza della catena (bass bar); il piedino di destra (treble foot) viene posizionato invece in

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19 Il ponticello si appoggia sulla tavola, senza esservi incollato, nel punto mediano tra i due intagli a ff (Figura 1.11); ad uno sguardo esterno appare posizionato simmetricamente rispetto alla geometria dello strumento, ma in realtà la posizione dei piedini è determinata da quella di catena e anima, sopra le quali gli stessi vengono fatti poggiare. Quanto più sono alti i piedini di un ponticello, tanto più sono favorite le vibrazioni di grande ampiezza; viceversa, quanto più sono bassi, tanto più saranno favorite le vibrazioni poco ampie. Ciò spiega le arcate molto basse dei ponticelli dei violini, se confrontate con quelle dei ponticelli per violoncelli (Figura 1.12).

I piedini devono avere una giusta dimensione: se sono troppo piccoli conferiscono eccessiva vibrazione al piano armonico, se sono troppo grossi la paralizzano. Il bordo del ponticello deve essere piuttosto appuntito nel caso di strumenti deboli, per strumenti molto sonori o con suono sgarbato è invece consigliato lasciarlo più grosso. Inoltre il legno con cui viene realizzato il ponticello può essere scelto in funzione del suono emesso dal violino: a violini di voce aspra convergono ponticelli di legno tenero e grossi; viceversa, a violini con voce debole o troppo dolce convergono ponticelli di legno duro e sottili.

Figura 1.12: confronto tra ponticello per violoncello e per violino

Nel caso del violino il ponticello ha le proprie frequenze caratteristiche di vibrazione a 3060 Hz e 6100 Hz in corrispondenza delle quali si individuano due differenti modi vibrazionali (Figura 1.13).

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Figura 1.13

Il primo modo vibrazionale è di tipo ondulatorio e corrisponde quindi

dondolamento destra-sinistra indotto dal moto oscillatorio orizzontale della corda; il secondo è di tipo sussultorio e cor

esercitata dalla corda sul ponticello. In realtà possiamo considerare anche una terza oscillazione, seppur di minore entità, che avviene nella direzione parallela alla corda: in risposta alla variazione d

indietro con una frequenza doppia dell’oscillazione della corda determinando una leggera distorsione del suono trasferito.

13: primi due modi di oscillazione del ponticello di un violino

Il primo modo vibrazionale è di tipo ondulatorio e corrisponde quindi

sinistra indotto dal moto oscillatorio orizzontale della corda; il secondo è di tipo sussultorio e corrisponde alla modulazione della pressione verticale esercitata dalla corda sul ponticello. In realtà possiamo considerare anche una terza oscillazione, seppur di minore entità, che avviene nella direzione parallela alla corda: in risposta alla variazione di tensione della corda, il ponticello si “inchina” avanti e indietro con una frequenza doppia dell’oscillazione della corda determinando una leggera distorsione del suono trasferito.

Figura 1.14: sordina per violino

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e del ponticello di un violino.

Il primo modo vibrazionale è di tipo ondulatorio e corrisponde quindi a un sinistra indotto dal moto oscillatorio orizzontale della corda; il risponde alla modulazione della pressione verticale esercitata dalla corda sul ponticello. In realtà possiamo considerare anche una terza oscillazione, seppur di minore entità, che avviene nella direzione parallela alla corda: in i tensione della corda, il ponticello si “inchina” avanti e indietro con una frequenza doppia dell’oscillazione della corda determinando una

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21 Spesso i musicisti fanno uso della sordina (Figura 1.14), una massa di circa un grammo e mezzo che viene caricata sul ponticello al fine di ottenere un suono in uscita più opaco e meno brillante: la sordina aumenta la massa e il momento di inerzia del ponticello, spostando le risonanze verso le basse frequenze. La frequenza di risonanza può essere aumentata inserendo un piccolo cuneo nelle aperture laterali del ponticello: tale metodo assolve però esclusivamente ad una curiosità scientifica, non trovando alcuna applicazione musicale (Figura 1.15).

Figura 1.15: diagramma di trasferimento della forza di un ponticello con massa (sordina) e rigidità (cunei) addizionali.

Molte generazioni di liutai hanno individuato nella forma e nella qualità del ponticello una delle caratteristiche sulle quali operare al fine di variare la risposta dell’intero strumento; in particolar modo la diversa forma e dimensione degli intagli contribuisce alla creazione di modi vibrazionali e, di conseguenza, al trasferimento di una gamma di energia oscillante variabile.

1.4.2 Cassa acustica

Dalla vibrazione della cassa acustica dipende in modo determinante la qualità del violino. Questa cassa, che corrisponde al corpo principale degli strumenti ad arco, si compone di una serie di superfici che chiudono l’aria in un determinato volume. La

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22 tavola armonica, con gli intagli delle ff e la catena, chiude la parte superiore mentre la tavola di fondo, realizzata con materiali e spessori diversi dalla prima, chiude la parte inferiore; le fasce laterali uniscono il contorno dell’intera cavità.

I modi di vibrazione di un violino sono quelli tra loro accoppiati della tavola, del fondo e dell’aria in essi racchiusa che agisce all’esterno grazie alla presenza dei fori a ff; altri piccoli contributi sono dovuti alla presenza di fasce, manico e tastiera.

Possiamo fare riferimento a vari metodi di analisi dei modi vibrazionali normali, derivanti per lo più da studi sperimentali; nel testo di Thomas Rossing, “The science of

string instruments”, si accenna alla tecnica ottica di interferometria olografica in luce

laser definita dai liutai Hutchins, Taylor e Stetson. Questa metodologia di indagine viene condotta sulle tavole superiore ed inferiore svincolate dai ritegni laterali, restituendo le seguenti immagini relative ai modi di vibrazione mediati nel tempo (Figura 1.16); naturalmente occorre ricordare che i modi vibrazionali di uno strumento montato differiscono anche notevolmente dalla configurazione a violino smontato.

Figura 1.16: modi di vibrazione della tavola armonica dotata di catena (top plate) e della tavola di fondo (back plate) scollegate di un violino osservati mediante la tecnica dell’interferometria olografica mediata

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23 Le linee scure indicano parti in vibrazione di uguale fase, quelle bianche individuano zone nodali. Ogni configurazione, che può essere individuata mediante un numero modale, corrisponde ad un diverso valore della frequenza; il modo I corrisponde, in questo caso, a 116 Hz, il modo II a 162 Hz, il modo III a 222 Hz e così via fino al modo VII. La configurazione I corrisponde inoltre al modo fondamentale delle tavole libere, mentre la II e la V corrispondono a modi risonanti di elevata intensità.

Molti liutai ritengono che il II modo vibrazionale, chiamato anche modo X per la forma delle linee nodali, e il V modo vibrazionale, o ring-mode per la forma ad anello

(modo-O), debbano suonare all’ottava sia per la tavola armonica che per il fondo anche se con

qualche piccola differenza (vedi Tabella 1.2); tale aspetto viene preso in considerazione nella fase di fabbricazione delle tavole.

Tabella 1.2: frequenze dei modi II e V in alcuni violini, viola e violoncello.

La tipologia di cassa acustica è quindi un altro elemento decisivo nei confronti del suono emesso dal violino: quando si effettuano le misure di ammettenza (inverso dell’impedenza) su diversi corpi di violino aventi però uguale ponticello, si riscontrano notevoli varietà di risposte; tale varietà è legata proprio alla diversa realizzazione della cassa armonica.

1.4.3 Risonanza del legno

L’esperienza di liutai e musicisti mostra come la risonanza fondamentale si innalzi con l’aumentare dello spessore delle tavole e della rigidità del legno utilizzato, mentre si abbassa all’aumentare della sua densità. In questo campo quindi non possiamo fare riferimento a formule matematiche che permettano di prevedere le caratteristiche, seppur qualitative, della risonanza di un violino data la complessità del suo spettro delle frequenze.

Frequenza modo-X (Hz) Frequenza modo-O (Hz) Tipo di strumento

165 330 Violino da studente

170 340 Violino orchestrale

180-185 360-370 Violino per solista

115-125 230-250 Viola da 41 a 45 cm

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24 La risonanza fondamentale corrisponde al modo di frequenza più bassa e solitamente cade della regione dei 4-500 Hz, preferibilmente in prossimità del la4 che rappresenta l’accordatura della seconda corda libera. Ad una frequenza circa doppia della risonanza fondamentale cade la seconda risonanza importante; è immediato ricavare che il violino non può risuonare egualmente bene a tutte le frequenze pertanto l’obiettivo dei costruttori sta nell’individuazione del compromesso più soddisfacente.

1.4.4 Fabbricazione delle tavole

Lo spessore degli elementi che compongono il corpo dello strumento gioca un ruolo fondamentale nella bontà del suono in uscita. Le tavole armonica e di fondo, oltre ad essere incurvate, devono avere uno spessore di 2-4 mm, le fasce laterali possono scendere fino ad 1 mm. Storicamente il liutaio giudica la bontà dello spessore raggiunto percuotendo con le nocche delle dita la tavola fino a che la frequenza dominante del toc e il tempo di decadimento del suono gli paiono soddisfacenti. Oggi possiamo fare riferimento anche a metodologie più scientifiche, come la già menzionata analisi olografica; come regola pratica si può asserire che se la risonanza II della tavola superiore (Figura 1.16) coincide con quella della tavola di fondo, il risultato migliore in termini di spessori si ottiene cercando di realizzare il secondo modo importante di vibrare (il V nella figura, in genere quello più alto di un’ottava) in modo tale che la frequenza sia nuovamente uguale per le due tavole o che comunque non differisca per più di un semitono.

Nella fabbricazione delle tavole non bisogna inoltre dimenticare l’anisotropia in termini di rigidità del legno, la quale è molto maggiore lungo le fibre che trasversalmente ad esse. Questa caratteristica è particolarmente evidente nel caso dell’abete rosso e può essere usata vantaggiosamente nei confronti dei modi di risonanza del legno; per tale ragione questo legno viene utilizzato nella realizzazione delle tavole armoniche di quasi tutti gli strumenti, persino di quelli a tastiera.

Per quanto concerne la vernice, non trova riscontri scientifici l’affermare che questa ricopra un ruolo fondamentale nella qualità finale dello strumento; la vernice tende infatti ad aumentare lo smorzamento delle vibrazioni, ma si ritiene che la sua quantità e qualità non influenzino negativamente l’emissione sonora dello strumento, facendo sì che tale idea non sia niente di più che un antico e ormai superato pregiudizio.

(23)

25

1.4.5 Risonanza dell’aria e del corpo del violino

La risonanza dell’aria o risonanza delle ff è legata direttamente alle dimensioni di cassa e fori. Per un buon violino questa si colloca in un intervallo di frequenza che va dai 260 ai 290 Hz: questa frequenza è molto vicina alla fondamentale della terza corda intonata su re4 e ciò porta ad una esaltazione di tale corda e delle note adiacenti.

Si precisa che la frequenza di risonanza dell’aria varia in funzione della rigidità della cassa armonica; elementi come anima, catena e cordiera inducono una maggior rigidezza delle tavole che si traduce in una più elevata frequenza di risonanza. Dagli studi condotti dalla liutaia americana Carleen M. Hutchins si sa che le frequenze cambiano seguendo pressappoco il seguente andamento:

assenza di anima e corde : 227 Hz; anima senza corde : 282 Hz; condizione normale : 290 Hz; cavità rigida : 350 Hz.

La risonanza dell’aria è fondamentale per far sì che il violino non sia eccessivamente debole sul registro basso. Il moto alternativo dell’aria all’interno e all’esterno della cassa attraverso i fori a f è dovuto ad oscillazioni di pressione che si realizzano quando le pareti dello strumento entrano in vibrazione; la produzione del suono avviene quindi in maniera analoga al soffiare all’interno di una bottiglia.

Nella Figura 1.17 si riportano le linee modali di sei tra le principali risonanze dello strumento individuate da ricercatori del Royal Institute di Stoccolma. Le indagini sono state condotte stimolando mediante un vibratore elettrico un punto della cassa del violino posto sul lato della catena e mappando gli altri punti utilizzando un accelerometro. Vengono indicati con la sigla A0 il modo di vibrazione dell’aria all’interno della cavità, con la sigla T1 quello proprio della tavola armonica, con la sigla B1 quello del fondo e con C1, C2 e C3 quelli in cui fondo e tavola si muovono in maniera sintonizzata. Si ha che:

il modo C1 è di piegamento unidimensionale con frequenza 185 Hz; il modo A0 è associato al respiro dell’aria con frequenza 250 Hz; il modo C2 è di flessione bidimensionale a 405 Hz;

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26 i modi C3 e C4 sono flessioni bidimensionali rispettivamente a 530 e 700 Hz.

I modi vibrazionali derivano quindi da vibrazioni di tutti gli elementi componenti lo strumento (tavole, fasce, manico) accoppiate alle oscillazioni dovute allo sfiato dell’aria attraverso i fori a ff.

Figura 1.17: linee modali per i sei modi principali di vibrazione di un violino viste su tavola armonica (a sinistra) e tavola di fondo (a destra).

Confrontando la Figura 1.17 con la Figura 1.16 si nota che i modi del violino assemblato sono diversi da quelli delle tavole superiore ed inferiore prese singolarmente.

I modi indicati con A0, T1, C3 e C4 sembrano essere quelli dominanti per le basse frequenze fino a 700 Hz: esperimenti condotti su un violino Guarneri mostrano che un violino di alta qualità ha valori elevati di ammettenza in corrispondenza di tali frequenze principali (Figura 1.18).

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27

Figura 1.18: livello di ammettenza di ingresso di un violino considerando un punto di stimolazione posto a lato della catena.

Il modo A0 è responsabile della risposta del violino alle basse frequenze, gli altri determinano la risposta dello strumento nella zona centrale del campo musicale.

1.5

Gli altri componenti della famiglia dei violini

Nella Figura 1.19 sono riportate le sagome degli strumenti componenti la famiglia dei

violini. Violino, viola e violoncello sono gli strumenti che compongono il moderno

quartetto d’archi (due violini, una viola e un violoncello); a questi si aggiunge il contrabbasso, l’unico tra tutti gli archi che ha conservato maggiormente le caratteristiche della più antica viola da gamba.

Circa il 98% della letteratura in tema di acustica degli strumenti ad arco tratta del violino, il quale ha assunto un ruolo dominante rispetto agli altri archi in virtù sia della sua collocazione storica sia della sua migliore praticità dal punto di vista sperimentale. Gli strumenti di dimensione maggiore sono stati pertanto finora trascurati, dal momento che è possibile estendere i risultati trovati per il violino a tutte le parti costitutive di questi ultimi: la corda in oscillazione, il ponticello come elemento di trasduzione meccanica, la cassa armonica. Difatti viola, violoncello e contrabbasso si distinguono dal violino per dimensioni e accordatura mentre sono comuni i meccanismi acustici di produzione del suono.

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28

Figura 1.19: Sagome della famiglia dei violini classici. La lunghezza media globale dei diversi strumenti è: violino 60 cm, viola 70-75 cm, violoncello 120 cm e contrabbasso circa 2 m.

Variando le dimensioni degli strumenti variano anche le lunghezze delle corde libere e le relative accordature; quelle di violino, viola e violoncello sono realizzate per quinte, quella del contrabbasso varia per quarte:

- violino : sol3, re4, la4, mi5 ; - viola : do3, sol3, re4, la4 ; - violoncello: do2, sol2, re3, la3 ; - contrabbasso : mi1, la1, re2, sol2 .

La viola si affermò nella sua forma più moderna a partire dal 1700. E’ l’unico componente della famiglia dei violini a non avere una dimensione standard: la sua lunghezza totale varia dai 70 ai 75 cm, con una lunghezza della sola cassa che va dai 39 ai 43 cm. In genere le viole si designano in funzione della lunghezza della cassa, parlando quindi di “viola 39” o “viola 43”; è pratica diffusa tra i violisti preferire viole di misura 42 , riconoscendo in tale dimensione quella che garantisce un timbro caldo e corposo quale deve essere quello della viola.

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29 La viola presenta dimensioni maggiori dell’intera struttura oltre ad una successione di accordatura più bassa di una quinta rispetto al violino: le sue corde sono infatti intonate su do3 (131 Hz), sol3 (196 Hz), re4 (294 Hz) e la4 (440 Hz). L’estensione melodica della viola non raggiunge i suoni acuti del violino né tantomeno quelli gravi del violoncello: la diversa sonorità è scandita dalla diversa collocazione delle curve dei livelli di pressione acustica che presentano picchi delle principali risonanze in una posizione più bassa del 30-40% rispetto a quella del violino, non regolarmente scalati. La risonanza dell’aria è collocata ad una frequenza di circa 300 Hz, quella del corpo dello strumento a 400 Hz; le due frequenze di risonanza sono circa coincidenti con quelle del violino (Figura 1.20).

Il violoncello, con le corde intonate su do2 (65 Hz), sol2 (98 Hz), re3 (147 Hz) e la3 (220 Hz), viene suonato poggiandolo per terra tramite un puntale di metallo la cui lunghezza viene regolata dall’esecutore. Già a partire dal 1600 fu usato in sostituzione della viola da gamba mentre le sue possibilità tecniche furono migliorate solo due secoli più tardi. La sua accordatura è inferiore di un’ottava rispetto a quella della viola; le dimensioni delle tavole sono doppie di quelle del violino, mentre le fasce laterali sono quasi quattro volte più alte. Le frequenze di risonanza di aria e corpo dello strumento sono rispettivamente di 100 Hz e 200 Hz.

Venendo infine al contrabbasso è doveroso sottolineare che tale strumento non è un membro della famiglia dei violini a pieno titolo in quanto ha mantenuto caratteri del

violone (viola da gamba basso) sia nell’accordatura per quarte che nella forma con

spalle inclinate. Le corde sono intonate secondo la successione mi1 (41 Hz), la1 (55 Hz),

re2 (73,4 Hz) e sol2 (98 Hz), ma non mancano alcune variazioni relative al numero delle corde in funzione del periodo di realizzazione. La risonanza delle f si trova attorno alla frequenza di 60 Hz, quella del corpo a circa 100 Hz; gli altri picchi di risonanza ripetono in maniera approssimata il comportamento meccanico delle superfici del violino.

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30

Figura 1.20: Risonanze dell’aria (A) e del corpo (W) di violino, viola, violoncello e contrabbasso.

Si riporta in Figura 1.21 il confronto tra le curve di ammettenza di un violino, un violoncello ed un contrabbasso. Gli strumenti sono tutti di elevata qualità, realizzati da liutai famosi (Guarneri, Ventapane, Dalinger). Si nota subito la differente scala delle frequenze lungo l’asse delle ascisse; maggiore è la grandezza dello strumento, minori sono le frequenze di risonanza dei vari modi.

I principali modi di vibrare presentano quindi notevoli differenze dovute alle effettive dimensioni degli strumenti: il modo A0 di risonanza dell’aria ha una frequenza di circa 270 Hz nel violino, 100 Hz nel violoncello e si abbassa a circa 65 Hz nel contrabbasso. I modi superiori (T1, C3 e C4) presentano frequenze distinte nel caso del violino, sono invece raggruppati in un picco principale nel caso di violoncello e contrabbasso.

Una caratteristica comune a tutti i tre strumenti è l’ampio picco a frequenze più elevate, tra 2 e 3 kHz per il violino, tra 1 e 2,5 kHz per il violoncello, e tra 500 e 1000 Hz nel contrabbasso. Questo picco è spesso chiamato bridge-hill perché legato all’interazione tra ponticello e tavola armonica: la sua notevole variabilità è dovuta alla forma del ponticello e ai differenti meccanismi di trasmissione del suono.

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31

Figura 1.21: confronto tra la curva di ammettenza di un violino Guarneri, quella di un violoncello Ventapane e quella di un contrabbasso Dalinger. Si nota la differente scala delle frequenze (asse delle

ascisse)

Merita sottolineare che, per poter suonare una quinta sotto il violino, la viola potrebbe essere realizzata semplicemente scalando secondo un fattore 3/2 le dimensioni del violino incluse lo spessore del legno (tale fattore corrisponde di fatto al rapporto di quinta). Scalando invece le dimensioni del violino secondo un fattore 2, corrispondente al rapporto di ottava (intervallo, vedi Glossario), si potrebbe realizzare un violoncello. Di fatto strumenti ricavati scalando opportunamente le dimensioni del violino vengono realizzati prendendo rispettivamente il nome di violino contralto e violino baritono (Figura 1.22); questi sono lunghi 90 e 180 cm, quindi più lunghi di viola e violoncello e pertanto con minore maneggevolezza. Gli antichi maestri liutai, adottando la scelta di utilizzare dimensioni ridotte degli strumenti al fine di mantenerli agevoli da suonare,

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32 hanno compensato le insufficienti lunghezze con l’uso di corde più grosse, aprendo il problema di portare le frequenze di risonanza dell’aria e del legno ai valori desiderati: è per tale ragione che la forma di questi strumenti “accorciati” deve essere modificata rispetto a quella prototipale del violino.

Figura 1.22: confronto tra la famiglia dei violini ideale e quella reale ottenuta variando i fattori di scala. Si osserva come l’unico strumento che differisce per forma dagli altri sia il contrabbasso, che mantiene

tratti tipici della viola da gamba.

La ricerca che però è stata condotta su viola e violoncello non si è sviluppata come quella condotta sul violino, con il risultato che questi strumenti non risultano essere altrettanto ottimizzati, soprattutto nei registri bassi dove risultano indeboliti; conseguentemente viola e violoncello presentano un timbro sensibilmente differente da quello del violino, caratteristica che comunque, dal punto di vista musicale, garantisce l’uso di questi strumenti per composizioni non prettamente ed esclusivamente virtuosistiche.

(31)

33

1.6

Caratteristiche acustiche

1.6.1 Armonici naturali e artificiali

Gli armonici sono particolari suoni ricavabili dagli strumenti ad arco secondo due differenti modalità, tanto che si è soliti dividerli in due categorie: gli armonici naturali e quelli artificiali.

I suoni armonici naturali sono prodotti mediante lo sfioramento della corda con un dito della mano sinistra (generalmente il terzo dito, l’anulare) in corrispondenza di una delle posizioni nodali corrispondenti ai diversi modi normali di vibrare della corda stessa (1/2, 1/3, 1/4, etc... della sua lunghezza), mentre l’arco la mette in vibrazione. In questo modo il nodo è forzato in corrispondenza del punto di sfioramento mentre la restante parte della corda, eccezion fatta per le estremità, resta libera di oscillare. Il suono che si produce è più acuto della nota che avremmo se premessimo la corda con il dito; inoltre è più flautato in quanto tutti i suoni che non hanno nodi nel punto di sfioramento sono soppressi.

L’altezza del suono emesso dipende dalla posizione di sfioramento della corda e quindi dal numero di parti in cui questa risulta essere suddivisa. Consideriamo come posizioni di sfioramento quelle a metà e a un terzo della lunghezza della corda: quando il dito tocca il nodo uno di questi punti la corda vibra in maniera diversa nelle due metà uguali e nelle due suddivisioni di un terzo e due terzi in cui viene divisa. Il risultato che ne deriva è un suono più alto di un’ottava nel primo caso e di una dodicesima (un’ottava più una quinta) nel secondo caso.

Se il dito viene fatto scivolare sulla corda (si parla in questo caso di glissando), mantenendo sempre la posizione di sfioramento, si avvertiranno suoni di altezza definita solo quando la posizione del dito è compatibile con un armonico naturale della corda, e quindi quando la corda rimane divisa in maniera esatta; quando ciò non avviene si avvertirà un suono disarmonico simile ad un fruscio.

I suoni puri diventano più frequenti man mano che la nota diviene più acuta, e quindi al crescere del numero di parti in cui rimane divisa la corda, in quanto le posizioni del primo nodo utile diventano più vicine: il primo nodo dell’n-esimo modo si trova infatti a L/n, dove L è la lunghezza totale della corda.

Gli armonici naturali sono quindi suoni prodotti utilizzando una tecnica relativamente semplice, adatta sia ai principianti sia agli studenti di livello intermedio.

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34 Di più difficile realizzazione sono i suoni armonici artificiali, generalmente alla portata soltanto dei musicisti che hanno raggiunto una buona padronanza con lo strumento. Per ottenere un armonico artificiale, il violinista deve premere con il primo dito (indice) la corda nel punto corrispondente all’emissione di una certa nota, ad esempio primo dito sulla corda Re per ottenere un Mi, mentre con il quarto dito (mignolo) deve sfiorare la stessa corda una quarta più in alto, in questo caso in corrispondenza della posizione per la nota La. In tal modo viene toccato il nodo che si trova ad un quarto della lunghezza della parte di corda che vibra, provocando la vibrazione della corda in quattro parti e producendo un suono più alto di due ottave della nota Mi suonata. Per garantire la perfetta esecuzione dell’armonico deve esserci precisione nella distanza tra le due dita oltre ad una calibrata pressione dell’archetto per evitare la perdita di suono.

Differente è anche la notazione musicale per le due tipologie di armonici. Quelli naturali vengono indicati in partitura segnando un piccolo cerchio sopra la nota che vogliamo venga eseguita come armonico. Gli armonici artificiali invece vengono individuati utilizzando due note sulla stessa asta: la nota più bassa, in corrispondenza della quale viene premuta la corda con il primo dito, viene rappresentata con una nota normale, mentre la nota più alta, che indica dove la corda viene sfiorata con il quarto dito, viene rappresentata a forma di rombo.

1.6.2 Corde

Le corde sono la fonte di tutte le vibrazioni; al variare del materiale di cui queste sono costituite, varia anche il suono emesso dallo strumento. Difatti il materiale determina la densità e l’elasticità della corda quindi lo strumento può operare a diversi regimi di sollecitazione utilizzando materiali differenti.

Storicamente il materiale più utilizzato per le corde è il budello di pecora che viene usato ancora oggi in quanto garantisce un suono più dolce di quello che si ottiene usando ad esempio il nylon o il metallo. Tuttavia le corde in budello hanno una tendenza accentuata a perdere l'accordatura in conseguenza alle condizioni esterne (temperatura ed umidità) ed al riscaldamento prodotto dalla mano dell'esecutore, a deteriorarsi e a rompersi con maggior facilità rispetto alle corde moderne.

Tra i metalli utilizzati per la realizzazione delle corde molto usato è l’acciaio armonico con un’anima rivestita da spirali in bronzosincato fosforoso per le note più basse. Si

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35 annoverano tra i materiali utilizzati anche la seta rivestita di metallo e le fibre di carbonio. Nel caso, ad esempio, del violino le moderne corde del La, Re e Sol sono dotate di un'anima in fibra sintetica (nylon, rayon o anche carbonio), oppure in budello, circondata da un avvolgimento di seta e sempre rivestite esternamente con una sottile fascia di metallo (acciaio, alluminio, argento e persino oro) per conferire una maggiore massa all'insieme, così da permettere di produrre le note più gravi mantenendo la corda abbastanza sottile. La corda del Mi (la più acuta, detta cantino) è quasi sempre costituita da un unico sottile filo di acciaio armonico.

In linea generale si può affermare che le corde con anima sintetica sono oggi utilizzate più frequentemente, dal momento che permettono di ottenere un suono intenso e brillante con maggiore durata e stabilità nell'accordatura; il suono delle corde con anima in budello è più potente, caldo e morbido, ma il prezzo di vendita è più alto. La scelta del tipo di corda da utilizzare viene generalmente fatta in base alle caratteristiche dello strumento, all'uso che se ne fa, al repertorio che si intende eseguire e alle preferenze individuali dello strumentista.

Si deve precisare che quanto detto nei precedenti paragrafi in merito alle frequenze proprie delle corde riguarda una visione semplificata delle stesse in grado di generare una serie di risonanze multiple intere della frequenza armonica fondamentale e quindi perfettamente armoniche. Questa visione può applicarsi agli strumenti reali solamente in prima approssimazione, in quanto le corde reali possono allontanarsi dalle condizioni ideali per diverse ragioni:

1. diametro finito: il diametro effettivo, anche se molto piccolo, può influenzare le

frequenze di risonanza della corda;

2. presenza di attriti interni: sono legati al fatto che i vincoli di estremità come

capotasto e ponticello non sono perfettamente fissi;

3. presenza di forze interne di taglio: la corda non può essere considerata

perfettamente flessibile, specie alle alte frequenze, perché sezioni consecutive che si muovono in opposizione di fase possono esercitare anche forze trasversali oltre alla tensione. Tale effetto tuttavia è più evidente negli strumenti a corde pizzicate che in quelli a corde sfregate in quanto in quest’ultimo caso lo sfregamento distribuisce un quantitativo di energia minore alle armoniche acute rispetto alla percussione o al pizzicato.

(34)

36

1.6.3 La posizione dell’arco

Nei paragrafi precedenti si è già parlato di come sia necessario garantire che l’arco abbia una posizione di regime intermedia tra ponticello e tastiera al fine di garantire un suono pulito e gradevole. Tuttavia, soprattutto per particolari esecuzioni, l’arco può essere sfregato particolarmente vicino alla tastiera o addirittura sul ponticello.

Il suono sulla tastiera generalmente apparirà più debole di quello nella posizione di regime: in questo caso si favorisce il primo modo di vibrare della cassa sottraendo energia alle armoniche superiori e determinando quindi un timbro più delicato. Il suono sul ponticello invece risulterà più aspro e poco gradevole: in questo caso si sopprime quasi del tutto il modo fondamentale della corda a favore dei modi superiori.

Nel paragrafo 1.3 si è accennato all’esistenza di diverse tecniche, note come colpi

d’arco, determinate dal diverso uso che lo strumentista fa dell’archetto; come ci si può

aspettare, le caratteristiche acustiche degli strumenti risentono notevolmente della diversità del colpo d’arco adottato. Si riportano di seguito alcune tra le tecniche maggiormente utilizzate dai musicisti:

- Sciolto: effetto di grande e imponente sonorità; si usa nel forte, in passi a note generalmente di uguale valore e non legate, a un tempo non rapido. Si ottiene facendo scorrere rapidamente l'arco nella sua lunghezza massima possibile e con un'adeguata pressione. In questo caso l’arco, scorrendo con slancio e rapidità, può spostarsi facilmente sulla corda e mettersi in posizioni false, produttrici di gravi difetti sonori (fischi, falsi armonici). Nel caso in cui sia richiesto un effetto rude e violento si possono attaccare tutti i suoni in giù, ossia procedendo dal tallone fino alla punta dell’arco, in modo che l'accento risulti più intenso, messo in maggiore evidenza dalla piccolissima pausa necessaria per la cosiddetta ripresa d'arco ad ogni nota.

- Martellato: staccato secco e tagliente. Si usa nel forte, per lo più, con note di uguale valore in un tempo non molto rapido. Una varietà di questa arcata è quella che noi vorremmo chiamare martellato alla punta, che si usa nel piano con pochissimo corpo, per note molto corte. Quest'arcata ha un'analogia col martellato soltanto per l'incisività dell'arco sulla corda, ma la sua espressione musicale è diametralmente opposta.

(35)

37 - Staccato: lo staccato ordinario, che secondo la velocità e l'intensità, viene eseguito con più o meno arco e con un massimo approssimativo di tre quarti d'arco. È facile, netto e preciso.

- Liscio: ogni volta che l'arco si muove in giù o in su produce un'articolazione d'attacco; nel liscio il violinista opera in modo che tale articolazione quasi non si senta.

- Alla corda: si ottiene facendo articolare con precisione ogni suono, ma senza rigidità; il suono deve essere sostenuto per l’intera durata del suo valore. In luogo dell'indicazione alla corda, sullo spartito si possono mettere dei trattini sotto ogni nota.

- Legato: con tale colpo d’arco si cerca di dare la giusta importanza alle esigenze espressive della musica. La legatura tra le note è generalmente indicata dal compositore, in modo da far intendere quale sia la direzione delle frasi musicali e da facilitare il compito dell’esecutore nell’interpretazione di quanto riportato sullo spartito.

- Separato: è l'articolazione di alcuni suoni sostenuti, ma non legati, nella stessa arcata. Si tratta di procedimento elegante e di buon effetto (qualche volta è opportuna un'equilibrata distribuzione dell'arco).

- Picchettato: si ottiene eseguendo un gruppo di note rapide e staccatissime nello stesso colpo d'arco. Di solito si esegue con l'arco in su, ma ciò non vieta la sua esecuzione anche con l'arco in giù.

- Balzato: si ottiene facendo rimbalzare l'arco (di solito nella sua parte mediana) dolcemente sulla corda. È molto efficace in procedimenti rapidi e leggeri. Due, o per i virtuosi, anche più note possono essere comprese in una sola arcata. In un procedimento arpeggiato una sola arcata può comprendere anche quattro note. - Gettato: si ottiene gettando la parte superiore dell'arco in modo che possa

rimbalzare due, tre o più volte sulla corda. Le note gettate si scrivono con il punto ordinario dello staccato e sono riunite in una stessa legatura.

- Pizzicato: effetto notissimo che normalmente si produce con la mano destra, ma che si può ottenere anche con la sinistra (facilissimo con corde vuote). Nel primo caso si mette l'indicazione “Pizz.”, nel secondo si scrive una crocetta sopra o sotto la nota.

- Glissando: consiste nel suonare la corda sulla quale viene fatto scivolare un dito

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38 alcuna difficoltà di esecuzione. Si possono fare glissando a doppie corde o anche pizzicati glissando.

1.6.4 Vibrato

Il vibrato è un accorgimento consistente nella variazione molto rapida, ma contenuta, dell'altezza del suono attorno alla frequenza esatta per esprimere la nota desiderata. Ciò viene ottenuto oscillando leggermente, in avanti e indietro (lungo la direzione della tastiera), il dito che preme sulla corda. Si tratta quindi di una voluta, rapidissima, successione di stonature che aggiunge variazione e bellezza alle note che altrimenti potrebbero risultare piatte e senza carattere: possiamo affermare che il vibrato è ciò che dà vita al suono.

Il suono vibrato si ottiene dagli strumenti ad arco in due diverse maniere, secondo che si stia suonando un violino o una viola oppure un violoncello o contrabbasso, a causa della diversa angolazione dello strumento rispetto al corpo del musicista. Nel caso di violino e viola il suono vibrato si ottiene spostando leggermente avanti e indietro il dito della mano sinistra che tasta la corda, utilizzando quindi un movimento orizzontale e legato a un gioco di polso; nel caso di violoncello e contrabbasso, essendo questi strumenti suonati in verticale, il vibrato è dato dal movimento dell’avambraccio e dalla pressione delle dita.

Il suono vibrato si presenta a tutti gli effetti come una piccola modulazione della frequenza di base, che avviene con frequenza, ampiezza e andamento nel tempo decisi esclusivamente dall’esecutore al fine di assecondare i suoi fini espressivi. Il vibrato riempie il suono ampliando le armoniche coinvolte, modificando il contenuto spettrale nel tempo, e viene usato per rendere una vastissima gamma di espressioni.

Spesso si pensa che il vibrato possa in qualche modo nascondere una leggera stonatura della nota, dal momento che, se il tono varia leggermente, l'orecchio umano non dovrebbe afferrare eventuali imprecisioni. In realtà alcune ricerche a carattere sperimentale hanno dimostrato il contrario: l'orecchio umano riconosce la media della frequenza di una nota (e delle sue variazioni) eseguita con il vibrato con la stessa precisione con cui riconosce quella di una nota ferma. Non è detto che i risultati ottenuti in condizioni sperimentali siano sempre del tutto compatibili con quanto risulti nelle esecuzioni dal vivo: l'effetto del vibrato, quando i tempi sono rapidi, può comunque

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39 mascherare alcune imperfezioni nella posizione e quindi nell'intonazione delle singole note.

L’uso del vibrato è da considerarsi complementare a quello dell’arco per ottenere quello che i musicisti chiamano “bel suono”. Un bravo musicista sa adattare la quantità e la qualità di vibrato in relazione al carattere delle composizioni che interpreta: nei momenti di sapore drammatico sarà più efficace un vibrato stretto, rapido e intenso; nella calma, nella dolcezza, nei momenti di maggior pathos sarà molto più efficace un vibrato largo e lento. Nelle consuetudini esecutive odierne, per la musica romantica è richiesto un vibrato abbondante ed energico, per la musica classica è preferito un vibrato continuo ma contenuto.

1.6.5 Diteggiatura

Come si evince dai paragrafi già trattati, la funzione principale delle dita della mano sinistra è quella di modificare la lunghezza del tratto di corda vibrante per produrre suoni che siano diversi da quelli emessi dalle corde libere o corde vuote come si dice abitualmente nel gergo musicale. Bisogna però aggiungere che le dita hanno anche una determinante funzione espressiva, non solo per quanto concerne l’aggiustamento dell’intonazione e il vibrato; infatti una stessa nota può essere eseguita in diversi modi, accorciando diverse corde mediante l’uso di diversa diteggiatura.

Con questo termine si vuole intendere l’indicazione delle dita da utilizzare al fine di ricavare una determinata nota dallo strumento; la scelta di una diteggiatura piuttosto che un’altra può essere di capitale importanza soprattutto nei brani di elevata difficoltà e rapidità, dove la sicurezza delle dita da utilizzare in una certa sequenza di note garantisce il successo o meno di un determinato passo musicale. Cambiando la diteggiatura è possibile non solo aumentare il grado di semplicità, per quanto possibile, dell’esecuzione ma anche ottenere un particolare timbro o qualità del suono.

1.6.6 Direzionalità del suono

La direzionalità del suono di uno strumento musicale viene normalmente misurata in campo libero, cioè in ambienti come le camere anecoiche in cui le superfici siano quasi completamente assorbenti per un vasto campo di frequenze. Una volta entrati in

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40 vibrazione, gli strumenti ad arco emettono un suono che si distribuisce nell’ambiente circostante secondo determinate caratteristiche; l’ampiezza del campo sonoro emesso prende il nome di radiatività o radiazione.

Figura 1.23: caratteristiche direzionali di un violino nel piano verticale in scala lineare.

La Figura 1.23 evidenzia le caratteristiche direzionali di un violino alla frequenza di 290 Hz (linea continua), che corrisponde alla risonanza dell’aria, e alla frequenza di 517 Hz (linea tratteggiata), vicina alla risonanza del corpo. Si nota come il massimo lobo emissivo sia situato perpendicolarmente al piano armonico; questa caratteristica è comune a tutti gli strumenti ad arco.

La maggior parte delle misure sulla direttività degli strumenti ad arco cui ci riferiamo ancora oggi è stata effettuata dall’esperto di acustica tedesco Jürgen Meyer nel 1975. Meyer fece riferimento ad un gran numero di frequenze e piani di emissione; le indagini sulla distribuzione del campo sonoro sono state effettuate isolando lo strumento considerato in un ambiente adatto alle misure acustiche.

Come si vede dalle immagini sotto riportate (Figure 1.24, 1.25, 1.26, 1.27) la presenza dell’esecutore determina inevitabilmente una variazione delle caratteristiche direzionali.

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Figura 1.24 : principali direzioni di radiazione per un violino a frequenze diverse.

La testa e le spalle del violinista possono contribuire al mascheramento delle emissioni e del risultante campo sonoro, così come si verifica nel caso del violoncellista dove il fondo dello strumento è quasi interamente coperto dal corpo del musicista. Dalle figure si può evincere come l’irradiazione sonora cambi in funzione delle frequenze di emissione sonora dello strumento; le variazioni di livello di pressione sonora all’interno di ciascun settore evidenziato sono contenute entro 3 dB rispetto al valore massimo individuato.

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42

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Figura 1.26: principali direzioni di radiazione per un violoncello a frequenze diverse nel piano orizzontale.

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