Capitolo II
Eva Perón in letteratura2.1 Una Cenerentola moderna
Eva Duarte nasce a Los Toldos il 7 maggio 1919 ed è l’ultima dei cinque figli illegittimi che Juan Duarte, un proprietario terriero, ha dalla popolana Juana Ibarguren. Juan Duarte ha una famiglia con tre figlie a Chivilcoy, una vicina cittadina, ma ciò non gli impedisce di riconoscere successivamente anche i figli avuti dalla relazione adulterina. Eva, è dunque il frutto di un’unione illecita e questo la segnerà per tutta la vita.
Nel 1926, il padre muore a causa di un incidente stradale e per la piccola Eva, che gli è molto affezionata, è una vera e propria tragedia. Al funerale, le tre figlie legittime di Juan Duarte (la moglie era morta quattro anni prima) non vogliono che i fratellastri assistano, ma grazie all’intervento di un amico paterno Eva e i suoi fratelli riescono ad avvicinarsi alla bara.
Tre anni dopo la perdita, la famiglia Ibarguren si trasferisce a Junín, un piccolo centro urbano dove poter passare inosservati e ricominciare una nuova vita. Proprio in questi anni a Junín nasce nella giovanissima Eva la passione per la recitazione. Nel 1935, arriva in tournée un noto cantante di tango, Augustín Magaldi. Eva riesce ad incontrarlo grazie all’intervento di suo fratello Juan e lo convince a portarla con sé a Buenos Aires. Molti biografi affermano che Eva fosse l’amante di Magaldi, tuttavia la natura del loro rapporto non è chiara.
A gennaio del 1935, Eva arriva a Buenos Aires, una vera e propria metropoli multiculturale, da poco segnata da una grave crisi economica.
Infatti gli anni Trenta vengono definiti “il decennio infame”, sia per la crisi finanziaria, sia per i governi militari che si succedono. Eva si ritrova sola in questo nuovo ‘mondo’ sconosciuto: non ha una casa in cui dormire, pertanto alloggia negli hotel del centro e l’unica persona su cui può contare è suo fratello, che però fa il militare nella capitale e può offrirle solo il suo appoggio morale. Tuttavia, Eva ha un sogno al quale non vuole rinunciare: diventare un’attrice come Norma Shearer, il suo idolo. I primi ruoli che le vengono assegnati sono pressoché insignificanti e sottopagati, ma intanto la giovane ne approfitta per studiare recitazione e arte drammatica. Le sue esperienze amorose, si dice che le abbiano aperto alcune porte nel mondo in cui desiderava entrare a far parte. Nel 1937 ottiene una piccola parte in un film comico e l’anno successivo si unisce alla compagnia dell’attrice italiana Pierina Dealessi. Nel 1939 inizia la sua carriera alla radio: è protagonista di diverse trasmissioni radiofoniche, prima radiodrammi e poi una rubrica che narra le storie di celebri donne (su radio Belgrano). La radio è uno dei mezzi più potenti in quegli anni, poiché raggiunge tutta la popolazione, compresi gli analfabeti. Nel 1943, grazie alla sua relazione con un uomo influente del governo, Eva ottiene ruoli sempre più importanti alla radio.
Nel 1944, la città di San Juan viene distrutta da un forte terremoto. Il paese è sconvolto dalle decine di migliaia di morti e per aiutare i superstiti viene organizzata una festa al Luna Park di Buenos Aires. Eva fa parte della commissione degli attori, Juan Domingo Perón è il responsabile della Segreteria del Lavoro, adibita a raccogliere i fondi per i terremotati. Il destino avrebbe voluto che si fosse liberata una sedia accanto al generale e che Eva, secondo la maggioranza dei biografi, avrebbe colto l’occasione per sedervisi e parlare con Perón. Secondo Eloy Martínez, l’attrice si sarebbe
limitata a dire al generale “grazie di esistere”, tre semplici parole che segnano l’inizio di una grande storia d’amore, che di lì a breve avrebbe coinvolto anche il popolo argentino.
Juan Domingo Perón nasce a Los Lobos, un piccolo paese a sud di Buenos Aires, l’8 ottobre 1895. Anche lui, come Eva è originario di un piccolo centro della provincia ed ha lontane origini basche. Gli aspetti comuni tra Eva e Perón sono molteplici: ambedue sono cresciuti nella pampa argentina e sono figli illegittimi , nati fuori dal matrimonio ma poi 1 riconosciuti; entrambi si allontano dalla famiglia giovanissimi, Eva per inseguire il suo sogno di diventare attrice e Perón per l’addestramento militare. Un altro aspetto comune ai due è la frequenza di alcuni nomi nella loro vita. Per quanto riguarda Eva è quasi ossessiva la presenza del nome ‘Juan’ tra le persone a lei care: si chiamano Juan suo padre, suo fratello, suo marito, Juana è sua madre (ma anche quella di Perón), San Juan è il nome del paese devastato dal terremoto, che le permetterà di incontrare l’uomo che le cambierà la vita. Riguardo a Perón invece è molto presente il nome Tomás: suo padre si chiamava Mario Tomás, suo nonno Tomás Liberato e suo fratello Tomás Hilario, ma d’altronde all’epoca era molto comune la ripetizione dei nomi per rendere omaggio agli avi. L’infanzia di Perón è segnata da un episodio, che Eloy Martínez ci racconta ne La novela de Perón: un giorno, Juan Domingo, di rientro da Buenos Aires, dove viveva con le zie e la nonna per essere educato, trova sua madre a letto con un manovale della estancia. Quest’avvenimento provocò un vero e proprio shock nel bambino, tant’è che ne rimase sconvolto e se ne andò via senza
Juan Domingo Perón era figlio di Mario Tomás Perón, un proprietario terriero e Juana 1
Sosa Toledo, una serva criolla. Dalla loro unione illegittima nascono due bambini, ma solo nel 1901, quando Juan ha sei anni, il padre torna per sposare Juana e riconoscere i figli.
salutarla e soprattutto senza perdonarla mai più. Come già accennato, giovanissimo parte per il collegio militare e la sua carriera sarà così brillante che diventerà anche insegnante di strategia militare e verrà inviato in Italia per studiarne la situazione nel 1938. In questi anni l’Italia è governata da Mussolini, il nostro inviato rimane affascinato dal fascismo, ma non per quanto riguarda i contenuti ideologici, bensì per il rapporto che il regime aveva costruito tra il duce e il popolo. Intanto l’Argentina aveva interrotto la sua esperienza democratica con il colpo di Stato che nel 1930 aveva deposto il presidente Yrigoyen. Fino al 1943 si succedono colpi di Stato militari che evidenziano la forte crisi politica della nazione. Perón fa parte del GOU (gruppo ufficiali uniti, formato da militari che si ispirano al franchismo e al fascismo) ed è a capo della Segreteria del Lavoro, un organismo che ha il compito di intervenire nei conflitti tra operai e provvedere alla previdenza sociale. A febbraio del 1944 Perón diventa ministro della guerra. Grazie al consenso che si è guadagnato fra i sindacati, Perón si candida alle elezioni. Gli avversari costituiscono un’alleanza: l’unione democratica, formata in gran parte dall’oligarchia conservatrice e radicale. Contemporaneamente abbiamo il panorama bellico: nel 1945 il governo argentino, costretto dalle pressioni internazionali, dichiara guerra alla Germania, ma ormai il conflitto mondiale è giunto al capolinea. Dunque, nel 1945 Perón è uno degli uomini più importanti della nazione ed è candidato alle elezioni presidenziali previste per l’anno successivo.
Nel frattempo, la relazione con Eva prosegue e la sua presenza diventa sempre più intollerabile per i militari, che non ne dimenticano il passato. Eva continua la sua carriera alla radio e anche quella di attrice; è proprio in questo periodo che cambierà il colore di capelli (Eva era castana naturale e si tingerà bionda) per interpretare un ruolo in un film per il cinema. Gli
ufficiali non erano più disposti ad accettare che una donna di umili origini e con un passato discutibile potesse entrare nel merito delle questioni di Stato. La nomina di Oscar Nicolini, un vecchio amico della famiglia Duarte, a direttore delle Poste, è la dimostrazione dell’influenza di Eva nelle decisioni politiche del marito. Così, alcuni militari del partito decidono di far arrestare Perón per allontanarlo dallo scenario politico. Tuttavia, quanto avvenuto non piace al popolo argentino, il quale comincia a scioperare e il 17 ottobre 1945 accorre a Plaza de Mayo per chiedere che Perón venga scarcerato. Il generale viene immediatamente liberato e quella data segnerà l’inizio del peronismo. Il 17 ottobre resterà per sempre nel cuore di Eva perché rappresenta l’amore del popolo verso Perón. Sempre in riferimento all’episodio avvenuto in questa celebre data nascerà il termine descamisado: molti manifestanti, si tolsero la camicia a causa del caldo e dell’umidità e un giornale dell’opposizione, La Prensa, non si fece scappare l’occasione di usare un termine sprezzante per designare i peronisti. Tuttavia, Eva userà il suddetto termine per rivolgersi in modo affettuoso al suo popolo, in particolare ai lavoratori e alla classe umile.
Il 22 ottobre 1945 Perón sposa Eva . Entrambi presentano dei documenti 2 falsi: Eva falsifica l’atto di nascita, spostando la data al 1922, non per ringiovanirsi ma piuttosto per nascondere la sua condizione di figlia illegittima (in questo anno infatti era morta la moglie legittima di suo padre, così se Eva fosse nata dopo la scomparsa della donna non sarebbe stata considerata frutto di un adulterio); Perón modifica il suo stato civile, non vedovo ma celibe. Il generale infatti si era sposato con Aurelia Tizón, detta Potota, nel 1929. Si dice che fosse una donna quasi insignificante, tuttavia
Questa data si riferisce all’unione civile. La cerimonia religiosa si svolse il 10 dicembre 2
una ‘coincidenza’ risulta rilevante: Aurelia muore nel 1938 a causa di un tumore all’utero, proprio la stessa malattia che colpirà Eva quattordici anni dopo.
Il 24 febbraio 1946 Perón vince le elezioni con il 53% dei voti. Mentre Perón assume la presidenza, sua moglie si insedia alla Confederación General del Trabajo (CGT), il ministero che aveva permesso a Perón di farsi conoscere dal popolo. Nonostante tutto, Eva continua a non essere ben vista dai militari e dall’oligarchia, i quali cercano di ostacolarla con tutti i mezzi possibili. Ne è un esempio l’ostilità mostrata dalle dame dell’oligarchia che non vollero che Eva divenisse, come di consuetudine, la presidentessa della Società di beneficenza. Qualche tempo dopo, Eva scioglie la società e crea la fondazione per l’assistenza sociale.
Nel 1947 Eva compie un viaggio in Europa, in particolare si reca in Spagna, Italia, Portogallo, Svizzera e Francia. Questo viaggio, che lei intraprende come messaggera di Perón, sarà molto importante perché al suo ritorno inizierà il suo vero attivismo sociale e politico. Nel giro di pochi mesi infatti, Eva farà ottenere il voto alle donne e verranno proclamati i diritti dell’anziano. Secondo Eva, la donna non deve rinunciare alla femminilità (come avevano fatto le mascoline femministe che si erano battute negli anni precedenti), ma deve acquisire un ruolo di maggior riconoscimento nella società, anche per quanto riguarda il lavoro. Infatti, la donna deve essere indipendente economicamente e deve elevare la propria istruzione.
Nel 1949 viene attuata la riforma della Costituzione, si aggiungono le leggi sociali promulgate da Perón a partire dal 1943 e soprattutto, viene abrogato l’articolo che, nella vecchia Costituzione del 1853, impediva la rielezione del presidente.
Sono gli anni della costruzione dei centri per l’assistenza sociale, Eva crea la Fondazione Eva Perón e fonda il Partito peronista femminile. La sua Fondazione costruirà ospedali, centri di assistenza per anziani, centri di accoglienza per giovani donne, asili, scuole, la città dei bambini per gli orfani e il quartiere degli studenti. Riassumendo, la fondazione si sviluppa in tre ambiti: sociale (con aiuti finanziari ai bisognosi, con contributi per il diritto allo studio, con la creazione di posti di lavoro), educativo (con la costruzione di scuole e annessi), sanitario (con la costruzione di ospedali, laboratori e case di cura per anziani). Dunque, mentre Perón organizza piani quinquennali per risanare l’economia, Evita si occupa delle urgenze, di quei casi che non possono aspettare tanto a lungo. Evita riceve la gente del popolo che le scrive lettere per chiederle ciò di cui necessita, così inizierà a concedere doni di ogni genere, dalle bambole per le bambine alle case per le famiglie. È come se ci trovassimo di fronte a due persone differenti: Eva Perón, la moglie del presidente ed Evita, la benefattrice del popolo. A tale proposito è dedicato un capitolo de La razón de mi vida, in cui Eva fa una netta distinzione tra i due ruoli:
A la doble personalidad de Perón debía corresponder una doble personalidad en mí: una, la de Eva Perón, mujer del Presidente, cuyo trabajo es sencillo y agradable, trabajo de los días de fiesta, de recibir honores, de funciones de gala; y otra, la de Evita, mujer del Líder de un pueblo que ha depositado en él toda su fe, toda su esperanza y todo su amor. Unos pocos días al año represento el papel de Eva Perón; y en ese papel creo que me desempeño cada vez mejor, pues no me parece difícil ni desagradable. La inmensa mayoría de los días soy en cambio Evita, puente tendido entre las esperanzas del pueblo y las manos realizadoras de Perón, primera peronista argentina, y éste sí que me resulta papel difícil, y en el que nunca estoy totalmente contenta de mí. 3
Eva Perón, La razón de mi vida, Buenos Aires, Ediciones Peuser, 1951, pp. 65,66. 3
Con la creazione della fondazione si evidenzia in lei sempre di più questo duplice ruolo, nel quale risulta preminente quello di Evita, che rappresenta il lato concreto degli aiuti e del contatto con il popolo. Intanto, però, si manifestano anche i primi sintomi della malattia. Il 9 gennaio 1950, in occasione dell’inaugurazione del Sindacato dei tassisti Evita sviene e il suo medico le diagnostica un cancro all’utero.
Nel 1951, durante una manifestazione popolare della CGT per la campagna presidenziale, il popolo chiede ad Evita di assumere la vicepresidenza. Eva chiede tempo perché vuole conoscere il pensiero del marito, trattandosi di una carica importante. La critica è propensa a credere che Perón fosse contrario alla candidatura della moglie, probabilmente a causa della malattia ma anche per le pressioni esercitate su di lui dai militari. Il 22 agosto Evita si affaccia dal balcone della Casa Rosada per parlare al popolo:
Excelentísimo señor presidente; mis queridos descamisados de la Patria… Yo no soy más que una mujer del pueblo argentino, una descamisada de la Patria, pero una descamisada de corazón, porque siempre he querido confundirme con los trabajadores, con los ancianos, con los niños, con los que sufren, trabajando codo a codo, corazón a corazón con ellos para lograr que lo quieran más a Perón y para ser un puente de paz entre el general Perón y los descamisados de la Patria… Yo siempre haré lo que diga el pueblo, pero yo les digo a los compañeros trabajadores que así como hace cinco años dije que prefería ser Evita antes de ser la esposa del presidente, si ese Evita era dicho para calmar un dolor en algún hogar de mi Patria, hoy digo que prefiere ser Evita, porque siendo Evita sé que siempre me llevarán muy dentro de su corazón.
Evita non risponde alla richiesta del popolo, sebbene nell’ultima parte del discorso sembra propendere ad accettare la candidatura (“Yo siempre
haré lo que diga el pueblo…”). È molto combattuta e non riesce a prendere una decisione, pertanto chiede ai suoi descamisados del tempo. Il 30 agosto, in una trasmissione radio Eva pronuncia un discorso che è divenuto celebre:
…Ahora quiero que el pueblo argentino conozca por mí misma las razones de mi renuncia indeclinable… declaro que esta determinación surge de lo más íntimo de mi conciencia y por ello es totalmente libre y tiene toda la fuerza de mi voluntad definitiva.
No tenía entonces, ni tengo en estos momentos, más que una sola ambición. Una sola y gran ambición personal: que de mí se diga cuando se escriba este capítulo maravilloso que la historia seguramente dedicará a Perón, que hubo al lado de Perón una mujer que se dedicó a llevarle al presidente las esperanzas del pueblo, que Perón convertía en hermosas realidades y que a esta mujer el pueblo la llamaba cariñosamente Evita.
Eva rinuncia alla vicepresidenza della nazione perché, ricollegandosi al discorso precedente, preferisce continuare ad essere Evita, la compañera del pueblo, e pertanto non intende ricoprire cariche ufficiali. Eva, però, desidera rimanere nella memoria del suo popolo e spera un giorno di essere ricordata nelle pagine che racconteranno la storia dell’Argentina di Perón. Mezzo secolo dopo si parla ancora di lei e delle sue grandi opere, dunque la sua volontà è stata pienamente rispettata, a tal punto che la sua figura offusca quasi quella del marito.
Il 28 settembre scoppia una sommossa militare che viene subito contenuta. Il 17 ottobre, Evita, ormai in condizioni precarie, fa un drammatico appello al popolo a favore di Perón:
Yo les pido una sola cosa: estoy segura que pronto estaré con ustedes, pero si no lo llegara a estar por mi salud, ayuden a Perón. sigan fieles como hasta ahora con Perón. Yo no quise ni quiero nada para mí. Mi gloria es y será siempre el escudo de Perón y la bandera de mi pueblo
y aunque deje en el camino jirones de mi vida, yo sé que ustedes recogerán mi nombre y lo llevarán como bandera a la victoria.
Questo è senza dubbio uno dei discorsi più commoventi mai pronunciati da Evita. Quella che parla è una donna consapevole del suo stato di salute, la cui unica preoccupazione non è la sua morte ormai prossima, bensì quella di garantire la sicurezza di Perón per il bene della patria.
Alle elezioni del 1951 Perón vince con il 63% dei consensi, anche grazie al voto delle donne. Nello stesso anno scoppiano malcontenti e scioperi ed Evita si adopera personalmente per convincere gli operai a ristabilire l’ordine.
Nel novembre 1951 Eva viene ricoverata, la sua condizione fisica è sempre più grave, viene sottoposta a radioterapia per rallentare l’espandersi del tumore. Solo due mesi dopo, Eva viene operata: le viene praticata un’isterectomia completa per assicurarsi che non resti alcuna cellula maligna in grado di espandersi. L’operazione sembra riuscita, tuttavia all’inizio del nuovo anno la biopsia rivela la ricomparsa di una neoplasia che stava generalizzandosi.
Nel mese di dicembre del 1951 viene fatto stampare La razón de mi vida, che tuttavia non è stato scritto da Eva, ma da un giornalista spagnolo, Manuel Penella de Silva e successivamente corretto da un amico di Perón. Il giorno della presentazione del libro, Evita afferma: “Grazie del libro. È il bambino che non ho mai avuto.” Con questo testo Evita vuole rileggere la sua esistenza in funzione delle sue scelte. Il libro è ovviamente dedicato a Perón e contiene un’incessante dichiarazione d’amore verso il marito e verso il suo popolo. Ciononostante non mancano le critiche all’oligarchia, che è vista come la peggiore minaccia per l’Argentina.
Il 1 maggio 1952 Evita, ormai debolissima, si trascina sul balcone della Casa Rosada per pronunciare il suo ultimo discorso, sorretta dal marito:
Compañeros, yo quiero darles un mensaje: que estén alertas. El enemigo acecha. No perdona jamás que un hombre de bien, que un argentino como el general Perón, esté trabajando por el bienestar de su pueblo y por la grandeza de la patria. Los vendepatrias de dentro, que se venden por cuatro monedas, están también en acecho para dar el golpe en cualquier momento. Pero nosotros somos el pueblo y yo sé que estando el pueblo alerta somos invencibles porque somos la patria misma.
Questo sarà l’ultimo discorso di Eva ed è anche il più carico di avvertimenti e di preoccupazioni. Non si tratta della consueta dichiarazione d’amore verso Perón e il popolo argentino, è qualcosa di più, è un avvertimento. Eva teme un colpo di Stato organizzato dall’oligarchia e dai vendepatrias (i traditori interni), i quali non sopportano che un uomo possa fare del bene al suo popolo. È un discorso carico di angoscia e tristezza dalla prima all’ultima parola, in cui Eva continua a preoccuparsi del destino del suo popolo anche quando lei non ci sarà più.
La sua ultima apparizione in pubblico risale al 4 giugno, in occasione dell’inizio del secondo mandato presidenziale di Perón. Dopodiché, Evita passerà i suoi ultimi giorni a letto, mentre il paese intero pregherà per la sua salute e celebrerà messe in suo onore. A luglio entra in coma per qualche giorno, ma quando sembra che non ci siano più speranze, d’improvviso si risveglia. Tuttavia, si tratta di un risveglio che concede poco spazio alla speranza: il 26 luglio 1952 alle ore 20.25 viene annunciata la morte di Evita. Anche sull’ora del decesso regna l’incertezza: c’è chi afferma che sia morta un’ora prima rispetto all’annuncio e chi giura di essere certo che la morte sia sopravvenuta qualche minuto prima. Le sue ultime parole sono
rivolte a Juana: Eva usa l’aggettivo ‘povera’ per rivolgersi alla madre, così la sorella le chiede perché la definisca in tal modo, lei risponde: “lo digo porque Eva se va”. Le sue ultime parole contengono il suo nome, come se in esso fosse racchiuso tutto ciò che è stata, arrivando infine ad una comprensione assoluta del suo essere.
Eva muore in un momento particolare nella storia del peronismo: la vittoria elettorale, infatti, coincide con la crisi economica del paese, che inevitabilmente porta alla perdita di consensi in molti settori e classi (nel 1955 Perón verrà deposto da un colpo di Stato).
La storia di Eva, pertanto, sarebbe degna di entrare in un libro di favole: una ragazza povera che grazie alla sua bellezza e forza d’animo sposa un re, diventa regina e riesce a farsi amare dal suo popolo, muore nel fiore degli anni, viene miticizzata e quasi santificata . Una Cenerentola insomma, 4 ovviamente una Cenerentola del xx secolo che deve affrontare tutte le difficoltà e i pregiudizi del mondo moderno.
Ma la storia di Eva non termina con la sua morte, il suo cadavere, infatti, vagherà per le strade dell’Argentina e anche in Europa per oltre sedici anni. Tuttavia, del viaggio del corpo imbalsamato ce ne occuperemo più avanti, analizzando il libro di Eloy Martínez, che si occupa della figura di Evita a partire dalla sua morte.
Alla morte di Eva il popolo argentino fa una richiesta al Vaticano affinché venga avviato 4
il processo di santificazione, in quanto Evita si era impegnata nelle azioni umanitarie e sociali per aiutare i bisognosi. Con tutto il suo amore aveva vissuto a contatto con i suoi
descamisados e non si era ritratta nemmeno dagli abbracci dei lebbrosi. Tuttavia, la
2.2 Eva e il mito
Santa o no, resta il fatto che Evita è diventata un mito, intramontabile ormai, poiché la sua persona è entrata a far parte dell’immaginario comune. Eva ha continuato ad essere presente dopo anni dalla sua morte, non solo nella cultura, ma anche nella politica. Vent’anni dopo la sua morte, infatti, il movimento montonero , ha rievocato la sua figura attraverso lo slogan: 5
“Si Evita viviera, sería montonera”.
Durante la seconda metà del XX secolo, Eva Perón inizia ad essere al centro di numerose produzioni letterarie. Perché Evita diventa l’argomento preferito di questi scritti? Per rispondere a questa domanda, occorre indagare su quello che viene chiamato il ‘mito evitista’.
La costruzione mitica di Eva Perón, o meglio di Evita, risponde ad un complicato processo, il cui inizio risale alla nascita del peronismo negli anni Quaranta. Quando si utilizza il termine ‘mito’ non si può che fare riferimento agli studi tradizionali di Lévi Strauss, Mircea Eliàde e in particolare Roland Barthes. Il primo afferma che il mito è uno strumento per costruire quel sistema di significati che costituisce la cultura. Per lo studioso rumeno, invece, il mito fa parte di una dimensione trascendente e atemporale ed è strettamente collegato con la filosofia e la religione.
La teoria più interessante per il nostro studio ci è offerta dal critico strutturalista Roland Barthes, il quale afferma che il mito è un sistema di 6 comunicazione che presenta determinate condizioni linguistiche che lo
Il movimento peronista montonero è stata un’organizzazione guerrigliera argentina 5
giustizialista che operò nel 1970 per favorire il ritorno di Juan Domingo Perón al potere. Si battè, inoltre, per far sì che il corpo imbalsamato di Evita fosse restituito alla patria.
L’opera di Barthes cui si fa maggiormente riferimento è Mitologías, Madrid, Siglo 6
caratterizzano. I miti non sono naturali perché sono creati dall’essere umano, con l’intenzione di trasmettere un messaggio ben preciso. Il mito è fortemente legato alla semiologia, infatti lo studioso francese sostiene che sia un sistema semiologico secondario, ovvero derivante da un sistema semiologico primario. Quest’ultimo è composto da un significante e un significato, che insieme formano un segno linguistico. Dunque, il mito deriva da un sistema primario, è una specie di ‘parassita’ che si attacca ad un altro sistema e lo svuota, alimentandosi però del suo contenuto. Nasce pertanto un sistema secondario che deriva da un primario ‘svuotato’, da cui tuttavia non è indipendente perché ne mantiene in parte il significato originario. Durante la formazione si hanno due risultati per quanto riguarda il significante: il termine finale del sistema linguistico, ovvero il senso e il termine iniziale del sistema mitico, ossia la forma. Il significato del secondo sistema mitico è il concetto. Quest’ultimo insieme alla forma costituisce il nuovo significato. Il contenuto del concetto mitico è a carattere aperto, ovvero, può avere molteplici interpretazioni. Infine, Barthes ci informa che qualsiasi cosa può convertirsi in mito, non ci sono categorie specifiche. Lo studioso francese ci offre un’analisi del mito prettamente linguistica, tuttavia per comprenderne l’origine occorre conoscere bene anche l’aspetto teorico.
Sia il mito che la letteratura sono costruzioni complesse, costituite dalle opinioni di determinati individui che si rapportano con la realtà e con la storia. In poche parole, la letteratura non è altro che un insieme di idee e pensieri di certi uomini, a proposito della realtà (e non solo).
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la letteratura subisce un forte cambiamento alla fine del XX secolo: essa ha lo scopo di indagare oltre la realtà e di accedere nelle complicate relazioni che esistono tra arte e
vita. In questo senso, la letteratura argentina instaura, attraverso il personaggio di Eva Perón, una nuova indagine per riformulare quella che era la narrativa storica. Certamente non è l’unico personaggio storico impiegato con questo scopo; si potrebbero citare moltissimi casi, il più conosciuto è forse quello di Facundo di Sarmiento.
Gli obiettivi di un testo possono essere davvero infiniti, si va dall’ironia alla drammaticità, ma mantenendo sempre saldo lo scopo di porre allo scoperto i meccanismi del mito comune, proponendo nuove letture e arrivando persino alla demistificazione. La riscrittura di una corrente politica complessa come il Peronismo, in questo periodo, viene completamente sconvolta: i romanzi di Tomás Eloy Martínez costituiscono più della semplice ricostruzione di un mito o della raccolta di riflessioni di un uomo che ha vissuto quel determinato momento storico. Si tratta di scritti che intendono indagare quella realtà che è sempre stata celata dalle fonti ufficiali. Martínez entra nei meandri più sconosciuti della vita di Eva e della storia del peronismo per raccontare la propria versione, ricostruita a partire dalle testimonianze (vere o false).
La costruzione del mito di Evita è, dunque, il risultato della compartecipazione di diversi elementi e variabili socio-culturali. Vediamo quali sono gli elementi che hanno contribuito alla creazione del mito di Evita. Nell’ottavo capitolo di Santa Evita, che Eloy Martínez intitola “Una mujer alcanza su eternidad”, troviamo un elenco di elementi che, secondo l’autore, sono il principio motore che ha permesso la nascita del mito evitista.
Eva viene paragonata ad una meteora, che in meno di quatto anni, realizza la sua ascesa sociale dall’anonimato al ‘trono’ dell’Argentina. Come abbiamo visto nella prima parte di questo capitolo, il sogno di Evita
era quello di diventare attrice, ma le sue aspettative vengono di gran lunga superate, in quanto diventerà la guida spirituale della nazione. Martínez sottolinea il fatto che, nonostante Evita fosse solita elogiare in pubblico il marito e stare sempre un passo dietro di lui, Perón appariva come l’ombra di sua moglie. Dunque, il primo elemento consiste nella fulminea ascesa di una donna del popolo, che in poco tempo riesce a sposare colui che sarà il presidente degli argentini.
Il secondo riguarda la sua morte prematura: Eva muore giovane, come gli altri miti che l’hanno preceduta, ad esempio Che Guevara. L’età è fortemente simbolica: muore a trentatré anni, come Cristo; proprio come Gesù dedica la sua vita ai poveri. A questo si aggiunge l’agonia di Evita, che fu seguita passo per passo dal popolo e pertanto fu una vera e propria tragedia collettiva.
In terzo luogo, Martínez la definisce il Robin Hood degli anni Quaranta. In effetti, Evita impiega tutte le sue forze nella fondazione per l’aiuto sociale perché crede che sia fondamentale restituire quella dignità e quella ricchezza che l’aristocrazia aveva sottratto al popolo.
Nel quarto punto, l’autore afferma che tra Eva e Perón regna l’amore, anche se non appare un amore del tutto equilibrato: Martínez, infatti, crede che Eva amasse Perón molto di più di quanto lui amasse lei. Ci viene raccontato il loro celebre incontro e la devozione che Eva provava per il coronel del pueblo. Evita e Perón diventano il simbolo dell’amore vero e coinvolgono nel loro sogno tutta la nazione
Il quinto punto riguarda il fattore del feticismo. Evita, già da viva permetteva anche agli ammalati di toccarla e con la sua morte si accentua il desiderio di avvicinare quel corpo ‘santo’. Eloy Martínez ci offre un elenco di alcuni di quelli oggetti che hanno fomentato il culto di Evita: una coppa
di champagne sulla quale lasciò una macchia di rossetto durante una serata di gala al teatro Colón, le ciocche di capelli che le vennero tagliate alla sua morte, alcune copie autografate de La razón de mi vida, il corpo mummificato di Evita, etc… Tutti questi elementi sono centrali nella narrazione: il corpo imbalsamato, in particolare, suscitò venerazione ma anche attrazione sessuale, per questo fu profanato e, addirittura, portò alla follia un uomo (come vedremo nell’analisi di Santa Evita).
Il sesto punto narra quello che è stato definito il ‘il racconto dei doni’. È tradizione che in ogni famiglia peronista circoli un racconto sull’opera benefattrice di Evita. Martínez ce la descrive con queste parole: “Evita fue la emisaria de la felicidad, la puerta de los milagros” . Si dice, infatti, che 7 passasse giorni interi a rispondere alle richieste di aiuto del popolo e che non mancasse mai di consegnare il proprio dono, piccolo o grande che fosse.
L’ultimo elemento è il monumento in onore di Evita, che tuttavia rimase solo un progetto. All’inizio doveva essere un’opera monumentale enorme in onore del lavoratore, circondato da statue che rappresentavano i valori dell’Argentina peronista. Tuttavia, su richiesta della stessa Evita, fu sostituita nel progetto la figura del descamisado con la propria. Alla caduta di Perón, ancora non era stato costruito niente, pertanto il progetto non venne mai realizzato.
In buona sostanza, l’autore riassume in sette punti gli elementi chiave nella costruzione del mito di Evita. Qualche riga più avanti Martínez ci espone anche la propria prospettiva letteraria del mito:
T. Eloy Martínez, Santa Evita, Buenos Aires, Editorial Planeta, 1995, p.84. 7
El mito se construye por un lado y la escritura de los hombres, a veces, vuela por otro. La imagen que la literatura está dejando de Evita, por ejemplo, es sólo la de su cuerpo muerto o la de su sexo desdichado. 8
Effettivamente, la maggior parte delle opere letterarie di fine secolo, che girano intorno alla figura di Evita, non si soffermano tanto sulla sua vita sociale e politica, quanto sulla sua morte e sulla contaminazione del suo corpo imbalsamato.
Si può affermare, pertanto, che la narrativa prende in prestito dalla storia la figura di Eva Perón e tenta di spiegarne il mito attraverso la ricostruzione della vita dell’eroina. Tuttavia, in alcuni autori come Martínez e Walsh, la costruzione della già citata mitologia non ruota tanto intorno alla biografia di Evita, quanto piuttosto intorno alle vicende relative al suo corpo imbalsamato. Si tratta, pertanto, di un mito che nasce dall’immagine e dalle azioni di una persona realmente vissuta ma che poi si va concentrando sulla seconda vita di Eva, che comincia proprio con la sua morte. I sedici lunghi anni in cui si persero le tracce del corpo imbalsamato di Eva provocarono un vuoto nella storia ufficiale, un silenzio che fu rimpiazzato dal mormorio. Effettivamente, il cadavere era scomparso e nessuno sapeva dove fosse, tuttavia continuava ad essere presente nella mente di quel popolo che l’aveva tanto amata. È proprio in questo senso che si può affermare che Evita entra a far parte dell’eternità (“una mujer alcanza su eternidad”), poiché anche quando non è più presente fisicamente, resuscita nella speranza e nel cuore dei suoi descamisados (“Volveré y seré millones”). 9
T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.85. 8
Riferimento ad una frase attribuita ad Evita che, in realtà, lei non ha mai pronunciato. Si 9
dice che queste furono le ultime parole di Túpac Catari, leader degli aimara, un popolo originario della meseta andina nei pressi del lago Titicaca. Lo stesso Eloy Martínez, all’interno del suo romanzo, ci informa di questo errore di attribuzione.
Come già anticipato, il corpo di Eva riveste un ruolo molto importante in ambito mitico. La rilevanza del corpo di Evita nell’immagine che proietta quando è viva, si intensifica dopo la sua morte, che è concepita come emblema del sacrificio. Inoltre, anche l’immortalità di Eva Perón è costruita attraverso il suo corpo, che essendo stato imbalsamato, non subisce il decorso naturale e diventa, pertanto, eterno e allo stesso tempo feticcio. Si tratta di un corpo sospeso tra la vita e la morte, che si intensificherà tramite i discorsi che verranno costruiti su di esso, essendo il linguaggio l’unico mezzo per resuscitare Evita. Il corpo di Eva, tuttavia, non è solo il corpo di una donna, è anche oggetto estetico, oggetto di desiderio, corpo letterario e emblema di un’intera nazione.
A conferma di quanto già detto, si può affermare che il mito di Eva si comincia a creare quando è ancora in vita. Tutti i miti hanno le proprie radici nella realtà, in particolare quello di Evita si basa su una contrapposizione adorazione/odio che la sua persona suscitò tra la gente. Chiaramente, a seconda del sentimento provato si sono creati, per così dire, due miti paralleli, riguardanti la stessa persona: il primo (leyenda negra), quello generato dall’odio dell’oligarchia e dell’anti-peronismo in generale, che vede Evita come una donna crudele, arrampicatrice sociale, prostituta, ignorante; il secondo, quello nato in seno al peronismo, che definisce Evita come una donna buona, generosa e santa.
Senza dubbio, Evita è stata una donna audace, forte e appassionata, fino al fanatismo. Tuttavia, una donna di questo genere non poteva non scontrarsi con quella società rigida e conservatrice che caratterizzava l’Argentina di quegli anni. Inoltre, bisogna ricordare che Evita non aveva ricevuto un’educazione adeguata al ruolo che ricopriva e questo la rese vulnerabile agli attacchi degli oppositori. Dall’altro lato, vista con gli occhi
del popolo che finalmente riceveva un aiuto da parte del governo, Evita era e rimarrà per sempre una santa.
Sempre rimanendo in ambito mitico-letterario, molti critici hanno fatto 10 notare come si possa giocare con il nome di Eva, il cui anagramma è “ave”, ovvero uccello. A questo proposito, occorre citare le parole di Eloy Martínez:
Mito es el nombre también de un pájaro que nadie puede ver, e historia significa búsqueda, indagación: el texto es una búsqueda de lo invisible, o la quietud de lo que vuela. 11
Dopo aver giocato con il nome della protagonista, Martínez ammette qual è il suo vero scopo: indagare e convertire in racconto la storia di Evita, così da fornire la propria versione del mito. Tuttavia, questo non è l’unico obiettivo dello scrittore, il quale attua una sorta di demistificazione in quasi tutti i suoi romanzi. A differenza de La novela de Perón, in cui la demistificazione si fonda sulla vecchiaia e la quasi indifferenza del generale verso il mondo, in Santa Evita questa è ricollegabile al rapporto tra mito e letteratura:
Pero así como detestan ser desplazadas de un lugar a otro, las almas también aspiran a que alguien las escriba. Quieren ser narradas, tatuadas en las rocas de la eternidad. Un alma que no ha sido escrita es como si jamás hubiera existido. Contra la fugacidad, la letra. Contra la muerte, el relato. 12
Sono numerosi gli studi critici degli ultimi anni che mettono in evidenza le possibilità 10
linguistiche del nome Eva, tra i quali si annovera lo studio universitario di Diógenes Fajardo Valenzuela.
T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.27. 11
Ivi, p.25. 12
Eloy Martínez afferma ancora una volta l’importanza della scrittura, che riguardi il racconto di un fatto storico o che coinvolga la nascita di un mito. Per far sì che un mito permanga nella memoria, bisogna scrivere di esso, la letteratura è, infatti, garanzia di eternità. Il ruolo della letteratura è quello di rivisitare un mito, modificarlo e perfino profanarlo. Lo scrittore argentino ne è pienamente consapevole ed è per questo che sceglie di reinventare il mito a suo modo:
No iba a dejar que las supersticiones me arredraran. No iba a contar a Evita como maleficio ni como mito. Iba a contarla tal como la había soñado: como una mariposa que batía hacia adelante las alas de su muerte mientras las de su vida volaban hacia atrás. 13
2.3 Eva come personaggio letterario
La letteratura su Eva Perón comincia a prodursi nell’Argentina degli anni Cinquanta, subito dopo la sua morte. Una figura tanto popolare quanto 14 melodrammatica come Evita, infatti, non poteva non suscitare l’interesse degli scrittori del tempo.
Va ricordato, inoltre, che il volto di Evita fu il primo ad essere trasmesso dalla televisione argentina; questo fatto contribuì ancora di più ad ampliare l’interesse che stava nascendo intorno alla sua immagine.
T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.32. 13
El examen di Cortázar, come vedremo nelle pagine a seguire, rappresenta un’eccezione: 14
è stato scritto nel 1950 ed è, pertanto, il primo testo che contiene il personaggio di Eva Perón.
Su di lei sono state scritte opere di diverso genere: racconti e poesie che si soffermano sulla scena funeraria e sull’esposizione del cadavere; romanzi che affrontano il tema della scomparsa e della ricerca del corpo imbalsamato; testi teatrali e di narrativa breve che prevedono una resurrezione o reincarnazione, dando quindi una seconda vita ad Eva, la quale può essere positiva, negativa o parodica; e infine testi in cui Eva è ancora viva e il mito viene ricostruito. Questo tipo di letteratura sembra avere un duplice obiettivo: da una parte, ucciderla di nuovo per far sì che non ritorni mai più, dall’altra invocarla e tenerne vivo il ricordo.
Tra i primi testi a trattare della figura di Evita troviamo il racconto breve di Juan Carlos Onetti, Ella, che risale al 1953 e a seguire Casandra di Rodolfo Wilcock del 1956. Tra i testi di narrativa breve si ricordano: La creación (1959) di Silvina Ocampo, El simulacro (1960) di Jorge Luis Borges, La señora muerta (1963) di David Viñas, Esa mujer (1965) di Rodolfo Walsh, Evita vive (1987) di Néstor Perlongher, El único privilegiado (1991) di Rodrigo Fresán, La noche de Santa Ana (1992) di Fernando López.
Tra i romanzi più conosciuti si annoverano: La boca de la ballena (1973) di Héctor Lastra, A las 20.25 la señora entró en la inmortalidad (1981) di Mario Szichman, Roberto y Eva (1989) di Guillermo Saccomanno, El cadáver imposible (1992) di José Pablo Feinmann, La pasión según Eva (1994) di Abel Posse, La generala debe morir (1995) di César Dani, Santa Evita (1995) di Tomás Eloy Martínez, Secretos de familia (1995) di Graciela Beatriz Cabal, Evita, la loca de la casa (2003) di Daniel Herrendorf.
In teatro, le opere che hanno ricevuto più successo sono: Eva Perón (1969) di Copi e Evita y Victoria: comedia patriótica en tres actos (1990) di Mónica Ottino.
Infine, in ambito poetico si ricordano: Volveré y seré millones (1962) di José María Castañeira de Dios, Eva Perón en la hoguera (1972) di Leónidas Lamborghini, El cadáver e El cadáver de la nación (1980/89) di Néstor Perlongher.
La storia di Evita è stata portata anche al cinema: i film più famosi sono Evita di Alan Parker e Eva Perón di Juan Carlos Desanzo, entrambi del 15 16
1996.
Come appena accennato, la narrativa su Eva è molto vasta, tuttavia in questo studio ci limiteremo ad analizzare quei testi che sono stati scritti prima di Santa Evita (1995) e che Eloy Martínez menziona nel suo romanzo. Nelle pagine finali del già citato ottavo capitolo, lo scrittore 17 argentino ci propone una serie di testi che contengono la figura di Evita e che in parte hanno contribuito alla creazione del mito.
Il primo è El examen di Julio Cortázar, scritto nel 1950 ma pubblicato solo nel 1986. In questo romanzo, la figura di Evita fa da sfondo alla narrazione, è un personaggio centrale solo indirettamente, la donna, infatti,
Il film è tratto dall’opera teatrale di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber. La produzione è 15
americana, così come il cast degli attori, ad eccezione di Antonio Banderas. Sia l’opera che il film verranno analizzati nelle pagine a seguire.
Eva Perón è un film storico-drammatico argentino. Vinse alcuni premi nazionali, tra 16
cui miglior attrice e miglior sceneggiatura originale. Il ruolo di Eva è affidato a Esther Goris, mentre Victor Laplace interpreta Perón. La storia si incentra sugli avvenimenti storici del 1951, in particolar modo la candidatura di Evita alla vicepresidenza della nazione e la sua rinuncia. Il film è abbastanza fedele, anche se non mancano scene di fanatismo marcato da parte della protagonista.
In questo capitolo Martínez, dopo aver descritto gli elementi che hanno contribuito alla 17
creazione del mito di Evita, cita alcuni testi che sono stati pubblicati prima del 1995, i cui autori sono stati tra i primi a scrivere su Evita.
non viene mai nominata in modo diretto. La particolarità di questo libro sta nell’anticipare la morte di Evita, infatti, quando il testo è stato scritto, lei era viva e la sua malattia ancora sconosciuta. E’ come se l’autore facesse una previsione circa quello che succederà una volta che Evita non ci sarà più. Questa ‘premonizione’, chiaramente fu notata dagli amici di Cortázar che lessero il manoscritto, come conferma l’autore nel prologo:
Como la publicación del libro era entonces imposible, sólo lo leyeron algunos amigos. Más adelante y desde muy lejos supe que esos mismos amigos habían creído ver en ciertos episodios una premonición de acontecimientos que ilustraron nuestros anales en 1952 y 1953. 18
Il titolo si riferisce a tre diversi esami: l’esame universitario che devono sostenere alcuni personaggi, l’esame ontologico sul senso dell’esistenza, e infine l’esame che l’Argentina, e in particolare Buenos Aires, deve sostenere in quanto società. Non troviamo riferimenti diretti ai personaggi storici, tuttavia alcuni avvenimenti ricordano chiaramente l’epoca peronista. I protagonisti sono dei ragazzi che si aggirano per Buenos Aires, per l’esattezza due coppie Juan e Clara, Andrés e Stella, e un ‘cronista’. Si tratta di personaggi introversi e indifferenti, infatti non commentano mai ciò che accade intorno a loro. Il cronista, invece, è piuttosto cinico e cerca sempre il modo di dissacrare ciò che viene detto nelle conversazioni dei suoi amici. La capitale argentina è perennemente avvolta nella nebbia e avvengono stranezze: un’infestazione di funghi, la metropolitana abitata da cani, ma soprattutto, le persone non fanno altro che recarsi in massa a rendere omaggio ad un ‘osso’ esposto in Plaza de Mayo.
J. Cortázar, nota a El examen, Buenos Aires, Editorial Sudamericana/Planeta, 1986, p.7. 18
…la mujer vestida de blanco, una túnica entre delantal de maestra y alegoría de la patria nunca pisoteada por ningún tirano, el pelo muy rubio desmelenado cayéndole hasta los senos. 19
La presenza di Eva la si percepisce nelle parole dei cabecitas negras “Ella es muy buena”; Eva è nella mente delle persone che la venerano. Martínez ci fa notare che Evita, in questo testo, diventa il simbolo della barbarie, dell’istinto animale. Vari studi hanno dimostrato la persistenza 20 della dicotomia civiltà/barbarie nella letteratura argentina contemporanea. Svampa, a questo proposito, afferma che “el fantasma de la barbarie tomó cuerpo en las masas peronistas” . Autori come Borges, Bioy Casares, e 21 Cortázar percepirono il peronismo come un movimento che violava i diritti della persona e il suo ruolo all’interno della società, per questo motivo i suddetti autori non mancarono di criticarlo, seppur non sempre in modo diretto ed esplicito..
Tornando al romanzo, il finale è l’unico momento veramente sconvolgente: un colpo di pistola uccide Andrés. Tuttavia, il narratore ci dice che è lo stesso Andrés a sparare nel momento in cui incontra di nuovo Abel, personaggio misterioso che viene presentato come un essere che vive nell’immaginazione delle persone; a volte sembra essere un amico emarginato, altre un alter ego di Andrés. Seguendo quest’ultima interpretazione, si può sostenere che Andrés, sparando al suo alter ego Abel, uccide anche se stesso. Nel frattempo, troviamo il cronista ubriaco e addormentato, del tutto incosciente di quello che sta succedendo intorno a lui. D’altronde, non avrebbe potuto assumere un atteggiamento diverso,
J. Cortázar, El examen, cit. p.49. 19
Ad esempio gli studi di Svampa, Taylor e Plotnik. 20
M. Svampa, El dilema argentino: civilización o barbarie. De Sarmiento al 21
dato che si tratta di un personaggio cinico che in questo modo evita di esporsi alla drammaticità del finale. Il libro termina con l’immagine di Stella, la meno intellettuale del gruppo, che aspetta Andrés a casa, convinta che arriverà alla stessa ora. Juan e Clara riusciranno ad essere veramente autentici solo scappando da quella città decadente e priva di cultura.
El examen è un’opera leggibile in chiave politica, ma soprattutto in chiave metafisica, dato che la preoccupazione ontologica è presente dalla prima all’ultima pagina. I temi affrontati in questo romanzo sono gli stessi che Cortázar approfondirà nella sua letteratura posteriore: la coscienza dell’artista, il comportamento della società e la missione della letteratura.
Il secondo testo che Martínez menziona è un racconto di Juan Carlos Onetti, scritto nel 1953 ma pubblicato solo quarant’anni dopo.
Come il testo precedente, anche questo presenta il momento del rituale funerario di Evita, la cui bellezza spicca sopra ogni altra cosa. Già dal titolo, Ella, si comprende la volontà dell’autore di alludere alla sua figura, senza tuttavia menzionarla direttamente. La descrizione della morte, il periodo e l’ora ci riportano immediatamente ad Evita, non occorre, pertanto, chiamarla per nome poiché risulta più che esplicativo quel semplice pronome.
Il testo inizia con la morte di ‘lei’, in una sera piovosa di luglio. Il narratore onnisciente descrive le reazioni delle diverse classi sociali alla notizia della morte della donna: l’oligarchia brinda con champagne all’inizio della fine del peronismo, il popolo, invece, non riesce a staccare gli occhi da stampe e ritagli di giornali che rappresentano la bellezza della defunta. Due aspetti di quest'ultima appaiono, pertanto, significativi: la sua bellezza e la sua pericolosità anche da morta.
Ella era, en increíble realidad, más peligrosa que las oscilaciones políticas, económicas y turbias de Él, el mandatario mandante, el que a todos nos mandaba. 22
Tra i personaggi troviamo: Perón, citato indirettamente attraverso il pronome maschile ‘lui’, che è il mandatario di tutte le azioni, anche quelle di Evita; l’imbalsamatore catalano Pedro Ara, che svolge il suo compito per rendere immortale il corpo della defunta e mantenere intatta la sua bellezza; cinque medici che stanno intorno al suo letto e che si oppongono all’imbalsamazione per motivi religiosi.
Se ad Evita vengono attribuite la bellezza e la pericolosità, la caratteristica che contraddistingue sia l’alta che la bassa società è il cattivo odore: la prima sa di escremento di vacca (chiara allusione alla ricchezza di origine agricola dei proprietari terrieri), la seconda emana quell’odore di vestiti lisi, non utilizzati da tempo e indossati solo in occasione del lutto. Abbiamo, pertanto, l’attribuzione della putrefazione, caratteristica tipica di un cadavere, ad ambedue le classi sociali, la quale si contrappone alla conservazione incorruttibile della defunta. Questa è una chiara denuncia alla decadenza della società, come aveva già fatto Cortázar ne El examen, che tuttavia va riscattando la figura di Evita, alla quale è attribuita in modo quasi esclusivo la bellezza.
Il racconto si conclude con l’allusione alla falsa putrefazione del cadavere:
A mediodía corrió la voz de cuadra en cuadra, metros y metros de cola de lento avanzar: “Tiene la frente verde. Cierran para pintarla”.
J.C. Onetti, Ella, Cuentos completos (1933-1993), Madrid, Alfaguara, 1994, p.459. 22
Y fue el rumor más aceptado porque, aunque mentiroso, encajaba a la perfección para los miles y miles de necrófilos murmurantes y enlutados. 23
Quest’ultima immagine mostra la gente che si mette in fila per ore pur di vedere il corpo, anche solo per pochi istanti: alcune persone sono veramente in lutto, ma la maggioranza sono necrofili curiosi che si accingono a visionare il cadavere per poter mettere in giro falsità.
Un’altra interpretazione plausibile potrebbe concernere la descrizione della beatificazione pagana che il popolo fa in onore della defunta. Alejandro Susti González afferma che l’imbalsamazione del cadavere crea “una analogía entre la vida del personaje y la de los santos y mártires cristianos: subraya el triunfo sobre la muerte y la corrupción y prepara los restos del personaje para una nueva vida”. In altre parole, il popolo non 24 può che ammirarla e venerarla perché, grazie all’iniezione di liquidi conservatori, il corpo della loro beniamina rimane intatto, quasi si trattasse di un miracolo.
Il terzo testo che Martínez inserisce nel suo elenco è un breve racconto di Jorge Luis Borges, contenuto ne El hacedor (1960). El simulacro è un titolo molto significativo, che allude all’immagine o alla rappresentazione di qualcosa di divino. Il racconto inizia offrendo subito le coordinate temporali e spaziali: siamo a luglio del 1952, in un piccolo paesino del Chaco. Un uomo alto, vestito a lutto, sistema un tavolo e vi pone sopra una scatola di cartone con all’interno una bambola dai capelli biondi. Decora la scena con fiori e candele (particolari importanti in Santa Evita che, come vedremo, seguiranno il sequestro del cadavere) e la gente comincia ad
J.C. Onetti, Ella, cit. p.462. 23
A. Susti González, Seré millones, Viterbo, Rosario Beatriz , 2007, p.82. 24
avvicinarsi per porgere le proprie condoglianze al generale. Viene menzionato anche un salvadanaio di latta che serve per raccogliere la quota prevista per rendere omaggio alla ‘bambola’. Per avvicinarsi a questo simulacro, dunque, occorre pagare come se si trattasse di un attore che va in giro per il paese a raffigurare una scenetta e a chiedere l’elemosina. L’inserzione di quest’ultimo elemento desacralizza ulteriormente la scena, già concepibile come una farsa per la presenza della bambola. Perché Borges sceglie proprio una bambola? Prima di tutto perché, essendo di materia plastica, la bambola rappresenta la bellezza eterna così come il corpo imbalsamato; in seconda istanza perché, riducendo una persona ad oggetto la si rende passiva e inoffensiva (elemento ripreso anche da Martínez).
Inizia, successivamente, la seconda parte del racconto, la quale è dedicata alle considerazioni del narratore. Abbiamo quindi una prima parte descrittiva della scena fittizia, seguita da una seconda parte prettamente riflessiva. Viene posta una serie di domande sulla farsa funebre e sull’identità del protagonista, dopodiché il narratore svela finalmente la sua verità:
La historia es increíble pero ocurrió y acaso no una vez sino muchas, con distintos actores y con diferencias locales. En ella está la cifra perfecta de una época irreal y es como el reflejo de un sueño o como aquel drama en el drama, que se ve en Hamlet. El enlutado no era Perón y la muñeca rubia no era la mujer Eva Duarte, pero tampoco Perón era Perón ni Eva era Eva sino desconocidos o anónimos (cuyo nombre secreto y cuyo rostro verdadero ignoramos) que figuraron, para el crédulo amor de los arrabales, una crasa mitología. 25
J.L. Borges, El Hacedor, Madrid, Alianza Editorial, 1998, p.8.
Borges ammette che la sua storia è realmente accaduta, per quanto incredibile possa sembrare. Aggiunge, inoltre, che essa è la rappresentazione perfetta di un’epoca irreale, di un dramma nel dramma, sottolineando così il rapporto tra realtà e finzione. In un articolo del 1956, L’illusion comique, pubblicato sulla rivista Sur, Borges scrive che il peronismo “era una farsa en la que nadie creía”. Risulta evidente in questo testo, l’intento di proporre una farsa del simulacro come specchio della società peronista. Non a caso, gli aggettivi che il narratore utilizza per riferirsi alla devozione del popolo sono di natura dispregiativa, in quanto definiscono una classe sociale ingenua e credulona. Borges si spinge sempre più in là, affermando che la bambola e il generale non rappresentano Eva e Perón, nella misura in cui, essi sono stati solo il ‘simulacro’ di se stessi. In questo modo, l’epoca peronista viene presentata come un teatro nel quale ogni singola persona interpreta un ruolo prestabilito, in un gioco infinito di simulazioni (ciò si avvicina molto alle teorie formulate da Pirandello).
L’opposizione di Borges al governo peronista è un fatto conosciuto, egli infatti vedeva il suddetto movimento come un’invasione barbara nella società (opinione molto vicina a quella dei due autori precedentemente analizzati). Il suo risentimento aveva un reale fondamento, in quanto Perón aveva escluso dalla vita culturale del paese tutti gli intellettuali che gli si erano opposti, per questo motivo Borges perse il suo posto nella biblioteca nazionale. Il grande scrittore argentino, ovviamente, non mancò di criticare il peronismo anche in ambito letterario. Il suo intento infatti era quello di “poner en evidencia la barbarie del duelo y la falsificación del dolor a través de una representación excesiva”. Tuttavia, come suggerisce Eloy 26
T. Eloy Martínez, Santa Evita, cit. p.85. 26
Martínez, la letteratura non è sempre volontaria, infatti da questo racconto emerge un omaggio alla grandezza di Eva, la quale viene vista come una dea.
Il quarto testo è un’opera teatrale di Raúl Damonte, uno scrittore franco-argentino conosciuto come Copi. La prima di Eva Perón fu al teatro L’Epée de Bois il 2 marzo 1970. Eloy Martínez racconta che ad una settimana dall’esordio, un gruppo di fanatici peronisti bruciò il teatro perché considerò ‘blasfema’ la rappresentazione di una donna considerata santa.
Il testo non fornisce alcuna connotazione spazio-temporale, tuttavia lo spettatore argentino (per il quale è concepita l’opera) sa che si tratta degli ultimi giorni di vita di Eva, dunque siamo intorno al luglio 1952. La versione originale fu scritta in francese, anche se sembra essere stata pensata per un pubblico argentino, come conferma il traduttore Monteleone: “al traducir Eva Perón sentí que Copi no había pensado la obra en francés sino en argentino, que un rumor de imágenes y voces argentinas lo frecuentaron y que para librarse de esos fantasmas demasiado urgentes los conjuró en otra lengua”. 27
La particolarità di questo testo è quella di essere una rappresentazione teatrale fuori dall’ordinario, se non al quanto stravagante per quei tempi. Si tratta, infatti di una finzione all’interno di una finzione: l’attrice Eva è a sua volta attrice che finge la sua morte. A ciò si aggiunge il fatto che la protagonista è interpretata da un uomo travestito (particolarità presente anche in altre opere di Copi). Perché scegliere un travestito per interpretare una figura come Evita? Probabilmente, secondo l’autore un uomo travestito da donna era ciò che meglio poteva rappresentare l’essenza di Evita. D’altra
Vedi nota del traduttore in Copi, Eva Perón, traducción de Jorge Monteleone, Buenos 27
parte, molti critici hanno visto il suo ruolo come prettamente maschile e non adatto ad una donna, l’hanno giudicata falsa, insensibile e fallica (in contrapposizione alla debolezza e alla codardia di Perón). Secondo Pron, “el travestí encarna la falta de interrupción entre ficción y realidad, cuestionando al mismo tiempo el reconocimiento tácito de la identidad como natural y no como fruto de una representación.” Eva non può che 28 essere un travestito perché la sua identità reale è mascherata da altre identità attribuitele dall’esterno. É la rappresentazione di una persona che ha perso se stessa e che riesce a vedersi solo attraverso l’immagine che gli altri hanno di lei (ritroviamo di nuovo le teorie di Pirandello). Per questo motivo, Eva finge la sua morte, da una parte per scopi politici, ma soprattutto per liberarsi di un’identità pesante e poter ricominciare a vivere.
L’opera inizia con Eva che cerca il suo vestito da presidentessa e possiamo subito notare che si tratta di una donna iraconda, che ha perso la ragione. E’ circondata dalle persone a lei care, sua madre, Perón, un uomo di fiducia di nome Ibiza e un’infermiera. Sia Perón che Ibiza sono consapevoli del piano di Eva, sanno dunque che di lì a pochi giorni si fingerà morta, aiutando così Perón a vincere le sue seconde elezioni presidenziali. L’infermiera, invece, è all’oscuro di tutto e crede di iniettare ogni giorno morfina nelle vene della moribonda Evita, in realtà quest'ultima provvede sistematicamente a sostituire le provette. Con l’aiuto di Ibiza, Eva uccide l’infermiera, il cui corpo sostituirà quello di Evita nella cerimonia funebre. Si allude, pertanto, alla tematica delle copie del corpo della defunta, che analizzeremo nel dettaglio in Santa Evita.
P. Pron, Un argumento sobre su excepción: acerca del travestismo de Eva Perón en la 28
Eva recita e dirige la rappresentazione di se stessa davanti alla società, organizza la sua morte come una scena teatrale (all’interno di un’opera teatrale). A questo proposito, salta alla mente l’analogia, da un punto di vista strutturale, con il testo di Borges precedentemente analizzato, che pur essendo un breve racconto presenta una scena teatrale al suo interno. Inoltre, tutti i testi presi in esame fino a qui contengono la concezione del peronismo come spettacolo legato ad un corpo morto.
Un’ulteriore caratteristica che appartiene a quest’opera è l’ironia, infatti Copi costruisce un contesto del tutto parodico nel quale fa recitare un’Evita che non è altro che un artefatto sociale.
Perón è un personaggio quasi insignificante, tuttavia il suo ultimo discorso al popolo dopo la morte di Evita risulta rivelatore: “Evita es irremplazable… Eva Perón no está muerta, está más viva que nunca.” Le 29 parole del presidente racchiudono la verità, in quanto Evita è realmente viva ed è fuggita vestita da infermiera insieme a Ibiza, tuttavia sono mascherate da un velo di ironia che non permette di coglierne il vero significato.
La Evita di Copi è dominata dall’irrazionalità e la sua pazzia risulta praticamente fuori controllo. Questa perdita della ragione è, verosimilmente, dovuta alla mancata presenza di una figura patriarcale forte che possa governare la trasgressione di Eva. Anche se sono state diverse le interpretazioni dell’opera, l’opinione più condivisa è quella che vede Eva come una donna che trasgredisce le regole della società e si ribella al marito e alla madre. Un aggettivo usato di frequente per riferirsi alla protagonista di Copi è ‘fallica’ perché nel corso nell’opera mostra un comportamento sessuale al quanto eccessivo. È molto aggressiva, sanguinaria e il caos rispecchia sia la stanza che la circonda che la sua situazione mentale.
Copi, Eva Perón, cit. p.86. 29
Inoltre, è una donna interessata al potere e al denaro, la cui corruzione si manifesta attraverso i fondi che ha nascosto in Svizzera e che non vuole cedere a nessuno. Emerge, pertanto, un’immagine di Evita che proviene dalla cosiddetta ‘leyenda negra’, nata negli ambienti anti-peronisti. Copi, infatti, proveniva da una famiglia anti-peronista, la quale aveva subito delle persecuzioni durante il regime.
Martínez prosegue citando i vari testi su Evita e si sofferma su un autore, Néstor Perlongher. In particolare, fa riferimento ad un racconto, Evita Vive e cita indirettamente due poesie, El cadáver de la nación e El cadáver.
Il primo è un racconto diviso in tre parti, scritto nel 1975 ma pubblicato solo nel 1987. Ognuna delle tre parti ha un narratore e una storia diversi, il cui filo conduttore è la figura di Eva Perón, che appare in situazioni di trasgressione.
La prima parte è narrata da un omosessuale che lavora in un bar del porto di Buenos Aires e allo stesso tempo si prostituisce. Una sera, di ritorno a casa, trova il suo compagno, un marinaio di colore, che sta praticando sesso orale con una donna. Quest’ultima, inizialmente non viene riconosciuta, tuttavia alcune caratteristiche, come la lucentezza della pelle nonostante le macchie lasciate dal cancro e la sua bellezza, rimandano ad Evita. Un aspetto risulta stridente: Eva ha le unghie tinte di verde. È risaputo che Eva portasse sempre uno smalto rosso e solo al momento della sua morte chiese una manicure più sobria, un semplice smalto trasparente che le desse un tocco di brillantezza alle unghie. La scelta del colore verde è sicuramente da attribuire allo stato post-mortem in cui si trova. Così come Onetti dipinge di verde il volto del cadavere di Evita, anche Perlongher utilizza questo colore per alludere alla possibile putrefazione di un corpo che non è più in vita. La prima parte si conclude con Eva che chiede all’uomo “si no quería
acompañarla al Cielo, que estaba lleno de negros y rubios y muchachos así.” 30
La seconda parte è narrata sempre da un omosessuale, che si reca a casa dei suoi amici, con i quali abitualmente fa uso di sostanze stupefacenti. Lì conosce Eva, una donna di trentotto anni, bionda, acconciata con l’ inconfondibile ‘rodete’. È noto che Eva morì all’età di trentatré anni, questa è pertanto una riapparizione della donna cinque anni dopo la sua morte, una sorta di resurrezione. Vedremo, infatti, che l’intento di Perlongher è proprio quello di far risorgere Eva e darle delle nuove vite. Nel momento in cui il gruppo di amici è riunito in un’orgia di sesso e droga, irrompe la polizia e trova gli uomini tinti con il rossetto di Eva. Vista la situazione compromettente i poliziotti li dichiarano in arresto tutti, compresa la donna. Intanto nel condominio si sparge la voce del ritorno di Eva e tutti si affacciano per vederla e ascoltare le sue parole: “Grasitas, grasitas míos, Evita lo vigila todo, Evita va a volver por este barrio y por todos los barrios para que no les hagan nada a sus descamisados”. La seconda parte si 31 conclude in modo simile alla prima: Evita si congeda, dicendo che deve ritornare in Cielo.
La terza e ultima parte è narrata da un bisessuale che abitualmente vende il suo corpo, il quale conosce bene Evita, dal momento che lei è una prostituta. Quest’ultimo elemento non è casuale, infatti nasconde un’allusione alla vita che Eva conduceva prima di conoscere Perón. Molti biografi raccontano che, per ottenere ruoli sempre più importanti alla radio o in teatro, Eva si concedeva a uomini potenti che avrebbero potuto aiutarla a fare carriera. Spinto da un amico, l’uomo fa sesso con Eva, tuttavia subito
N. Perlongher, Evita vive, San Pablo, Iluminuras, 2001, p.25. 30
Ivi, p.29. 31
dopo dice di non volerla più vedere perché il suo corpo odorava di morte. Anche in questa parte, Perlongher inserisce un elemento che richiama la vera natura di Eva: una morta che ritorna in vita. Quest’ultima parte si conclude con una nota dell’autore:
Estos textos juegan en torno a la literalidad de esa consigna, haciendo aparecer a Evita ‘viviendo’ situaciones conflictivas y marginales. 32
Per comprendere fino in fondo questo racconto, è bene ricordare le circostanze di pubblicazione dell’opera. Quest’ultima, infatti, causò molti problemi allo scrittore, il quale riuscì a pubblicarla solo dodici anni dopo. Nel 1975, quando fu scritto il racconto, la comunità omosessuale argentina era emarginata e subiva forti repressioni. Perlongher faceva parte del ‘Frente de Liberación Homosexual de la Argentina’, il quale cercò un’alleanza con il governo peronista, tuttavia dopo un’iniziale accettazione il governo rifiutò qualsiasi relazione con l’associazione. Con questo suo racconto, Perlongher sembra voler stabilire in un universo post-mortem un’alleanza tra Evita e gli omosessuali, quella stessa alleanza che non riuscì ad ottenere con Perón. L’intento dell’autore è, pertanto, palese: prendere una figura popolare come Evita e renderla partecipe di quel mondo emarginato al quale si vuole dare legittimità.
Secondo Eloy Martínez, il racconto è una sorta di epifania, così come la intendeva Joyce: “una súbita manifestación espiritual”. L’autore argentino, 33 infatti, sostiene che quella di Perlongher fosse tutt’altro che una scrittura sacrilega. La sua vera intenzione era quella di “vestir a Evita con una
N. Perlongher, Evita Vive, cit. p.33. 32
Joyce citato da Eloy Martínez in Santa Evita, cit. p.86. 33