• Non ci sono risultati.

1.L’evoluzione dell’edilizia scolastica

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1.L’evoluzione dell’edilizia scolastica"

Copied!
32
0
0

Testo completo

(1)

1.L’evoluzione dell’edilizia scolastica

1.1 L’evoluzione della tipologia scolastica

La scuola svolge il compito fondamentale di educare le nuove generazioni e trasmettere quelle conoscenze che garantiscono, attraverso il perdurare e il loro trasformarsi nel tempo la continuità e lo sviluppo della civiltà.

Il progetto degli edifici scolastici è dunque un tema importante e delicato. In esso convergono ed entrano in gioco le questioni nevralgiche dell'architettura civile: il rapporto con il luogo, i caratteri distributivi, l'indagine tipologica, le relazioni fra spazi collettivi, le modalità di aggregazione fra le parti, la questione della flessibilità, dell'ergonomia, il controllo bio-climatico, la ricerca iconografica, il conseguimento di un'economia finale. Per poter affrontare questo difficile compito occorre partire dalla nascita e dallo sviluppo di tale tipologia e analizzare le soluzioni proposte dai progettisti nei diversi ambienti. La nascita del tipo scolastico segue tempi e modi molto complessi ma un filo conduttore può essere individuato nella necessità di relazione diretta o indiretta tra la scuola e la città. Per tale ragione, per molto tempo non esisterà un edificio destinato esclusivamente all’istituzione scolastica, in quanto l’istruzione avviene, oltre che nel tempio o nella stessa casa del maestro, anche attraverso il contatto diretto con la vita della città. Era questo il modello di organizzazione della scuole greca che appunto non possedeva sedi specifiche ma utilizzava gli spazi pubblici per le sue attività . Tale caratteristica permane fino al moltiplicarsi delle discipline insegnate dai maestri e quindi all’aumento delle conoscenze specifiche richieste agli studenti nella società, quando si istituiranno insieme alle associazioni dei maestri nelle università anche degli appositi edifici per ospitarle.

Il modello educativo greco, i suoi spazi, e perfino i nomi dei suoi luoghi sopravvivono attraverso la storia, presso i Romani, nei monasteri medioevali, nel Rinascimento e

(2)

nell’Illuminismo fino al neoclassicismo e ai giorni nostri, costituendo il fondamento stesso della civiltà occidentale. È nel monastero medioevale, invece, che nascono molti degli elementi che ancora oggi si trovano nelle scuole: il refettorio, la biblioteca, i laboratori tecnici e che si sviluppa una delle tipologie scolastiche, la scuola a corte che ancora oggi costituisce un modello di riferimento.

Senza soffermarsi su quelli che sono stati gli sviluppi e le forme degli edifici scolastici del passato occorre tuttavia sottolineare il rapporto continuo che la scuola ha stabilito con l’esterno, con la città, rapporto che forse nello sviluppo contemporaneo si è perso, rapporto che necessariamente deve essere ripristinato, sollecitato, cercato, perché la scuola diventi davvero un momento di crescita non solo culturale ma anche sociale, perchè non sia sentita solo come un’istituzione isolata ma anche come un punto di riferimento,un luogo di incontro, un ambiente stimolante e accogliente capace di preparare i ragazzi per la vita futura.

Continuando l’analisi dello sviluppo della tipologia scolastica occorre istituire un parallelo con gli sviluppi politici e sociali perché questi hanno determinato nuove esigenze e quindi nuove risposte.

La rivoluzione francese stabilì dei nuovi principi rispetto al passato, istituzionalizzando il trasferimento dalla Chiesa allo Stato delle responsabilità e del controllo dell’insegnamento, in base al principio che l’istruzione dovesse essere pubblica e alla portata di tutti i cittadini, proprio per consentire il loro passaggio dal ruolo di sudditi a quello di cittadini liberi e uguali fra loro. Si stabilisce che l’istruzione debba comprendere tutti i rami della conoscenza e che debba essere "gratuita, letteraria, intellettuale, fisica, morale e industriale". Successivamente la rivoluzione industriale spinse a nuove trasformazioni scientifiche, culturali e pedagogiche.

La nascita della scuola pubblica con la sua conseguente diffusione, l’introduzione di licei e scuole tecniche professionali, produsse nuovi tipi edilizi e nuove impostazioni per gli edifici scolastici, assieme al mantenimento di schemi antichi e collaudati. Sopravvissero lo schema a uno o più cortili interni e la rigida organizzazione spaziale con l’introduzione di nuovi accorgimenti di tipo igienico e tecnologico.

Tra i secoli XVIII e XIX, allo scopo di diffondere almeno un’istruzione primaria a tutto il popolo, furono studiati sistemi di insegnamento che consentissero a poche persone colte, assieme ad altre solo sommariamente istruite, di insegnare a grandi masse di analfabeti. In Italia furono realizzate, a Milano e in Toscana, scuole simili che si chiamavano "di mutuo

(3)

insegnamento". Gli ambienti dove si svolgevano le lezioni erano caratterizzati dalla presenza di numerose file di banchi e un complesso di pedane su cui trovavano posto gli insegnanti e i monitori. Lungo le pareti erano sistemati i tabelloni sui quali gli alunni studiavano. Tale sistema di insegnamento fu probabilmente introdotto per diffondere in modo rapido e generalizzato la capacità di leggere e di scrivere utilizzando maggiormente l’apporto dei pochi insegnanti esistenti avvalendosi di tanti assistenti improvvisati.

L’importanza di questo tipo di scuola non consiste tanto nella sua singolarità organizzativa quanto piuttosto nel fatto che forse per la prima volta nella storia dell’edilizia scolastica l’organizzazione didattica dipende strettamente dall’organizzazione spaziale e dagli elementi di arredo e di supporto didattico dell’aula. Le scuole erano costituite dalla successione di aule con affaccio verso strada o cortile interno e collegate da lunghi corridoi. Nasce dunque in questo periodo la tipologia della scuola a blocco.

I cambiamenti che successivamente avvengono sia nella forma, che nella organizzazione degli edifici scolastici a partire dall’inizio del XX secolo derivano da un grande sviluppo delle idee sulla pedagogia e sul ruolo dell’istruzione nella società.

Le grandi trasformazioni sociali indotte dalla rivoluzione industriale hanno prodotto una nuova società, con esigenze nuove e una nuova coscienza riguardo l’importanza dell’istruzione nella costituzione della società moderna.

Alla fine del XIX secolo, per tentare di affrontare i problemi posti dalla rivoluzione industriale, si sviluppò un vastissimo movimento pedagogico che può essere riassunto con il termine di attivismo, che vide una larga diffusione soprattutto nei paesi a più vasto sviluppo industriale, nei quali il profondo intreccio tra la nuova realtà tecnica, la società e il ruolo dell’istruzione nello sviluppo di quest’ultima erano maggiormente sentiti. Il programma della new school era basto non sull’insegnamento diretto delle materie secondo il metodo tradizionale, ma sull’esperienza del fare, sulla manipolazione e in genere sulle attività manuali.

La new school o scuola attiva poneva come elemento centrale dell’educazione l’apprendimento che deriva dall’esperienza e dall’attività lavorativa, dando molta meno importanza a un insegnamento formale, alla disciplina e all’obbedienza. Col metodo attivo i ragazzi si riuniscono spontaneamente in gruppi nati non da un accostamento casuale o sentimentale, ma dall’opzione per una comune attività. Il gruppo costituisce l’elemento di unione tra una singola personalità e una collettività democraticamente intesa. Una volta entrato nel gruppo da lui scelto in base a interessi comuni, l’allievo si ritrova come in una

(4)

piccola società di cui costituisce un anello necessario. Dunque oltre che in un ordinamento democratico dell’insegnamento l’attivismo ha individuato nel lavoro il mezzo più idoneo per realizzare il proprio programma. Il lavoro infatti, obbliga a una cooperazione che manca nell’apprendimento libresco che non riesce ad operare alcuna possibilità di incontro tra le singole personalità e, per il suo carattere di sapere precostituito costringe a una acquisizione passiva. Tali motivi inducono a propugnare la necessità della scomparsa dell’aula tradizionale che dovrebbe trasformarsi in un vero e proprio laboratorio, dove una piccola società democratica rispecchia col suo lavoro quello, più ampio, della società adulta.

Un contributo significativo alle trasformazioni che avvengono sia dal punto di vista pedagogico che organizzativo nella scuola viene dato dalla pedagogista Maria Montessori. Maria Montessori si formò secondo le linee della corrente filosofica positivistica dominante allora in pedagogia, accostandosi quindi ai problemi educativi con tutti i limiti della cultura del tempo. Malgrado però tali presupposti, il sistema montessoriano possiede tuttora una sua attualità e vitalità nel considerare fondamentali nell’educazione i motivi della libertà e della dignità della persona umana e a tali motivi subordina, in modo funzionale, l’intera tecnica educativa. Il metodo consiste essenzialmente nell’esercitazione del movimento, all’uso e al controllo dell’ambiente, considerando l’educazione sensoriale tanto importante quanto quella intellettuale, insieme allo sviluppo morale, umano e sociale. Le scuole montessoriane sono organizzate come delle case nelle quali l’alunno non trova banche e cattedre, ma un ambiente familiare fatto a misura di bambino con poltroncine, tavoli leggerissimi di vario ordine, sedie, attaccapanni, armadi a sua misura, un ambiente in cui può muoversi in totale libertà. Respingendo l’insegnamento associativo la Montessori accetta in pieno il metodo intuitivo.

I concetti principali dell’attivismo contribuirono ad aprire un dibattito e a porre in discussione alcuni principi e modi educativi in uso da tempo memorabile. Alcuni concetti basilari della scuola attiva hanno avuto effetti principalmente sulle dotazione e gli arredi scolastici, ma è la filosofia educativa che ha fatto sì che venissero introdotti gradualmente, anche nelle scuole di tipo tradizionale dei nuovi modi di insegnamento che comportavano una differente organizzazione sia dei singoli spazi che degli interi complessi scolastici. Idee secondo le quali l’allievo debba trovarsi al centro del processo educativo, che l’educazione debba fondarsi sulla scoperta della personalità umana attraverso la psicologia, sulla necessità di eliminare dai processi educativi il verbalismo, il memorialismo e il

(5)

nozionismo, che la socialità debba essere considerata come centrale nell’educazione e che tale socialità scaturisca dalla collaborazione e dal lavoro di gruppo, non sono soltanto idee tipiche della scuola attiva, ma hanno influenzato e ispirato tutta l’impostazione pedagogica attuale. Di conseguenza il diffondersi delle idee della scuola attiva ha comportato un’influenza molto vasta e immediata per quanto riguarda sia le realizzazioni sia le normative. Le scuole elementari e medie hanno accolto il concetto del lavoro in gruppi e l’importanza della sperimentazione diretta nella formazione degli allievi, fatto questo che ha reso indispensabili gli spazi speciali con attrezzature specifiche per l’attività diretta degli allievi.

Queste nuove esigenze spaziali e organizzative della didattica hanno prodotto sia dei tipi edilizi nuovi sia delle rielaborazioni molto importanti dei tipi già esistenti, tutte in ogni caso tendenti a rompere l’uniformità spaziale dell’edificio in modo da renderlo partecipe del processo educativo.

Quindi fin dagli inizi del secolo, parallelamente allo sviluppo della scuola a blocco che continuò ad essere un modello di riferimento per molto tempo, da più parti fu avvertita la necessità di modificare l’impianto tipologico ottocentesco.

Per esigenze molto diverse tra loro, si delinearono essenzialmente due diverse tipologie: una derivante dall’esigenza di accorpare ulteriormente il blocco, l’altra, esattamente contraria, e di matrice razionalista, tendente a superarlo completamente per espanderlo all’aperto.

Del primo caso è indicativa la “Three decker school”(figura 1), scuola a Liverpool, successivamente ripresa, con maggiore studio dell’illuminazione e dell’arredo da Otto Haessler nel 1928 a Celle in Germania. In questi edifici è chiara la partenza da una tipologia a blocco con vuoto interno però si nota come la corte centrale, pur utilizzata in parte come spazio di riunione e per le attività fisiche non entra in relazione spaziale con il resto della scuola. Il corpo diventa triplo: aula, vuoto con doppia fila di ballatoi, aula, superando lo schema aula-corridoio illuminato. In tale tipo si avvertono variazioni tendenti a qualificare il vuoto interno come spazio di riferimento dell’intero edificio, sulle testate del corpo rettangolare vengono posti altri ambienti anch’essi serviti dal ballatoio anulare, il vuoto interno, molto più piccolo dimensionalmente rispetto alla vecchia corte, viene illuminato solo dall’alto; vengono eliminate le facciate esterne vetrate che illuminavano i corridoi. Allo stesso tempo, viene ridotto notevolmente lo sviluppo complessivo dei corridoi e dei percorsi e quindi il nuovo tipo edilizio è più compatto dell’edificio a blocco

(6)

tradizionale, più economico e, per molti aspetti, meno dispersivo. Gli spazi connettivi della scuola, i ballatoi e le scale, perdono il rapporto diretto con l’esterno e la vita complessiva della scuola viene a svolgersi maggiormente in se stessa.

Completamente opposta l’altra tipologia che tende a dilatare la scuola verso gli spazi esterni all’aperto. Nell’ambito di questo tipo di scuola, si assiste a una profonda diversificazione dell’organizzazione spaziale e distributiva degli edifici. Accanto a una impostazione di derivazione razionalista nella quale permangono gli schemi tradizionali dell’aula-corridoio, dei corpi giustapposti, composti in organismi liberi dal punto di vista della disposizione sul terreno, in ogni caso tendenti al raggiungimento delle condizioni ottimali se ne ha un’altra aperta e suscettibile di diversi apporti nel tempo. Possiamo prendere come esempio rappresentativo di questa tipologia il complesso scolastico a

Scarsdale, New York (figura 2). Nel complesso, lo schema è fornito dall’utilizzo di un

nucleo autosufficiente composto da quattro aule di forma esagonale disposte intorno a uno spazio centrale che ospita le attività comuni alle classi e i servizi a queste relativi. Tali nuclei sono connessi tramite corridoi vetrati, in pratica dei passaggi chiusi, a un corpo centrale ospitante la biblioteca, la direzione, il grande spazio di riunione, i laboratori artistici e di musica, gli spazi comuni e l’atrio. Nello stesso progetto erano previste diverse fasi nella costruzione dell’edificio.

Schemi di questo tipo necessitano ovviamente di superfici molto estese per poter essere ospitati e presuppongono la possibilità di un forte controllo da parte delle autorità amministrative nell’organizzazione delle diverse fasi di sviluppo.

(7)

Sotto l’aspetto tipologico, l’insieme di Scarsdale non propone però delle soluzioni spaziali innovative rispetto al modello razionalista, del quale nega soltanto il rapporto aula-corridoio attraverso una sua scissione piuttosto che attraverso un suo superamento.

1.2 Lo sviluppo della scuola contemporanea e gli esempi in Europa

Le tipologie scolastiche sviluppatesi fin dall’inizio del ‘900, blocco con vuoto interno e scuola aperta, subiscono nel corso del secolo un’ulteriore evoluzione e trasformazione. Per quanto riguarda la prima, lo spazio interno si qualifica e si articola sempre più, divenendo lo spazio di riferimento visuale dell’intero organismo scolastico.

In questo senso è indicativo l’esempio della Hustanton Secondary School di A. e P.

Smithson, nel quale la semplicità dell’impostazione in pianta e del complesso, l’uso dei

materiali e la volontà di interpretare le tre corti aperte e chiuse dell’edificio come il fulcro stesso della composizione, propongono una variazione significativa del tipo a blocco svuotato. In questo caso non soltanto la luce penetra all’interno dello spazio centrale del blocco, ma quest’ultimo viene addirittura scomposto nelle grandi vetrate esterne che permettono la vista. Il risultato è quello di una immediata riconoscibilità tipologica sommata a un’impostazione sia spaziale che fruitiva assolutamente nuove.

(8)

In questo ambito le due scuole primarie gemelle Montessori e Willemspark,(figura 3) realizzate da Hermann Hertzberger ad Amsterdam, tra il 1980 e il1983, costituiscono un valido esempio nello sviluppo del tipo edilizio a blocco. L’interno di ognuna delle due scuole fornisce l’immagine di una grande casa, che risponde a una impostazione derivata dal metodo Montessori, le aule sono raggruppate intorno alla sala centrale e aperte verso di essa, che viene considerata come il cuore dell’edificio, ospitando tutte le attività legate allo svolgimento della didattica non afferenti alle aule. Tale introflessione degli edifici deriva da ragioni dipendenti dall’alto livello di inquinamento ambientale e acustico della zona nella quale sorge il complesso. Allo scopo di rendere quindi lo spazio vivibile e rappresentativo del carattere unitario dell’edificio, tutti gli elementi sono improntati al raggiungimento della massima trasparenza sia spaziale che organizzativa. Dal punto di vista compositivo, gli edifici si articolano anche strutturalmente in due parti distinte accostate, collegate soltanto a livello di una gradinata, lasciando uno stacco centrale sul quale si affacciano gli spazi della scuola. Tale ambiente centrale riceve luce dall’alto e da aperture laterali. Questo edificio rappresenta una sensibile evoluzione del tipo edilizio scolastico a blocco con vuoto interno proprio per il trattamento qualitativo dello spazio centrale, che si arricchisce di connotati, oltrechè visuali e spaziali, anche e soprattutto funzionali e di uso didattico, divenendo il fulcro delle attività scolastiche.

(9)

La tipologia di scuola all’aperto trova invece l’esempio più rappresentativo nella scuola

Montessori, (figura 4) costruita a Delft tra il 1960 e il 1981 da Herman Hertzeberger,

per la capacità di riassumere in un solo edificio le caratteristiche salienti di questa tipologia manifestatesi nel corso del tempo.

La scuola è pensata per rispondere strettamente al programma montessoriano che si fonda su un rapporto di tipo informale tra insegnanti e allievi e sulla possibilità di organizzarsi contemporaneamente in un grande numeri di attività. Per consentire la contemporaneità, gli spazi di insegnamento non possono avere la forma dell’aula tradizionale, nella quale le diverse attività che vi si debbono svolgere comporterebbero il disturbarsi reciproco dei gruppi e il conseguente crearsi di situazioni caotiche. Per ovviare a tali inconvenienti le aule assumono una forma a "L" suddividendosi all’interno in due livelli collegati da un passaggio e caratterizzati da differenti sviluppi in altezza. In questo modo ogni allievo non è più obbligato a condividere gli spazi con tutti gli altri, potendo utilizzare spazi differenziati simili a quelli di casa. La scuola, originariamente composta da solo quattro classi, è stata integrata nel tempo con altre due classi, da due sale destinate alla scuola materna, da un insieme di locali comprendente tre ulteriori aule, una sala giochi, una di musica e una parte riservata agli insegnanti.

(10)

Lo stesso schema iniziale prevedeva la possibilità di uno sviluppo spaziale nel tempo, costituendo però una unità autonoma, autosufficiente e completa. Tale criterio ha prodotto il risultato di creare una specie di piccola città all’interno della scuola, nella quale il grande e articolato spazio centrale ha assunto le fattezze di una strada che ha il ruolo di ordinare tutti gli spazi dell’intero insieme.

Durante gli anni sessanta e settanta si ebbe una grande diffusione, soprattutto nei paesi anglosassoni, di un tipo intermedio nel quale si tentava di riunire assieme alcune delle caratteristiche del tipo a blocco e della scuola estensiva, l’open plan. Il risultato che si cercava di raggiungere era sostanzialmente quello di poter ottenere un sensibile risparmio di spazio, e quindi una sensibile economia nei costi, attraverso l’eliminazione dei corridoi, dei passaggi e del connettivo in generale. Tale scopo, che precedeva senza dubbio le considerazioni riguardanti l’organizzazione della didattica e le sue necessità di rinnovamento, veniva raggiunto mediante la realizzazione di spazi indifferenziati e quanto più possibili neutri, che venivano definiti mediante l’adozione di un arredo composto da contenitori multifunzionali, da pareti mobili e attrezzate, che consentivano un doppio uso dei differenti ambienti e, in ogni caso, dei rapporti fra i diversi spazi improntati alla massima flessibilità. Tale organizzazione comportava un conseguente mutamento nella scuola e nel suo funzionamento con la sostituzione dello spazio tradizionale dell’aula con ambienti laboratorio che richiedevano una rottura del rapporto tradizionale fra insegnanti e allievi. Questo tipo di strutturazione dello spazio è spesso indicato come open-plan.

Tale atteggiamento era però in contrasto con le posizioni razionaliste, le quali asserivano una stretta dipendenza fra la forma e la funzione. La perdita quindi dell’unicità della funzione creava libertà delle relazioni spaziali, ma anche la possibilità di aggregazioni caotiche e di difficile controllo, in particolare quando tali schemi venivano applicati a scale diverse da quelle della scuola primaria.

In ogni caso tale tipo edilizio ha consentito di porre l’attenzione su alcuni aspetti fondamentali quali la necessità di pensare all’organismo scolastico come a un insieme non rigido, ma mutabile sia nello spazio che nel tempo e capace di interagire in modo flessibile con le attività che deve ospitare.

Queste esperienze dimostrano come il tema più importante che l’edilizia scolastica ha dovuto affrontare nel tempo e che costituisce anche oggi un tema assai complesso è la necessità di far coincidere un preciso programma funzionale pensato per parti con la

(11)

volontà di riassumere tutto l’edificio in un’idea molto forte sia dal punto di vista morfologico che organizzativo. Il numero e la varietà degli spazi che compongono l’edificio scolastico hanno spesso prodotto l’esigenza da parte dei progettisti di riassumere in poche linee il complesso progettato, nel tentativo di restituire un immagine unitaria a un insieme che per sua natura ne è privo.

In tale atteggiamento è riscontrabile la funzione e la vocazione urbana dell’edificio scolastico che, non soltanto nel concetto di complessità nell’unità ripropone il rapporto tra i suoi elementi e l’insieme, così come la città e o suoi edifici, ma più oltre stabilisce la possibilità di instaurare dei rapporti complementari con la città stessa, dalla quale può qualificarsi come una prosecuzione o un riassunto. Un esempio significativo di tale tentativo di mediazione è la Comprehensive school realizzata da Bennet e Bancroft a Pimlico, a Londra, tra il 1964 e il 1970. Tale realizzazione si pone allo stesso tempo come punto sia di partenza che di arrivo nell’evoluzione del tipo scolastico. Se infatti lo si analizza dal punto di vista della trasformazione del tipo a blocco chiuso con il vuoto all’interno, questo rappresenta senz’altro un punto di arrivo, in quanto l’operazione di svuotamento realizzata in sezione traslando i corpi dei laboratori, della sala assembleare, delle aule verso l’esterno, genera al suo interno uno spazio cavo che, innervato dai percorsi ai diversi livelli, diventa una vera e propria strada interna, centro e fulcro dell’intera composizione. Se viceversa si interpreta tale composizione dal punto di vista della capacità di intessere e riprodurre relazioni a scala non soltanto dell’edificio scolastico, ma anche a livello della città, questa scuola, seppur priva di particolari connotati di apertura verso al comunità e la città, costituisce un esempio fondamentale per la comprensione degli sviluppi prodottosi negli anni successivi nell’ambito dell’edilizia scolastica.

A tale riguardo l’edificio dell’Esiee realizzato da Dominique Perrault a Marne la Valleè costituisce uno sviluppo tipologico sensibile che riassume molte caratteristiche, tra le quali quella della sua funzione e vocazione urbana appare la più evidente. La composizione si fonda su una rigida separazione tra gli spazi di servizio e quelli per l’insegnamento, distribuendo i primi sotto una vasta copertura inclinata, e gli altri in corpi perpendicolari agganciati a quello principale. Tali spazi entrano in relazione attraverso una strada lunga 300 m coperta da una vetrata continua che distribuisce la luce dall’alto. Le funzioni della biblioteca, dei servizi amministrativi, le sale di riunione, i bar, la caffetteria e gli spazi parascolastici sono ospitati sotto una lunga copertura inclinata

(12)

unitaria, mentre le aule e i laboratori sono disposti in blocchi a sviluppo perpendicolare rispetto al corpo principale, creando quattro corti con uno dei lati corti aperto verso il bosco retrostante. Questi elementi sono connessi lungo la strada interna da ballatoi e lo schema compositivo prevede al suo interno la possibilità della costruzione di altri elementi dello stesso tipo a complemento dell’insieme.

Le relazioni che interessano i vari ambienti di servizio collettivo lungo la strada interna tendono a riproporre gli stessi rapporti tra i vari edifici, gli spazi pubblici cittadini e la strada: si passa infatti dalla biblioteca, nella quale vengono mantenuti i legami visuali con la strada, pur nella necessità di una sua protezione, alla completa apertura della caffetteria e del bar verso il grande concorso interno, alla chiusura totale delle sale per riunione, mentre gli spazi amministrativi sono rinchiusi in elementi vetrati curvi con affaccio interno.

Tale schema quindi non soltanto allude alla città riproponendone al suo interno i modi e le forme, ma nella disgregazione delle attuali città moderne ne ricostruisce una parte effettiva, ricostruendo quel rapporto strada-edificio completamente alterato nella città esterna dal traffico veicolare.

Idee riguardo ad una completa integrazione con l’edificio scolastico con la città già circolavano negli anni Settanta e Ottanta, descrivendo un futuro nel quale l’edificio scolastico avrebbe dovuto dissolversi e amalgamarsi completamente nel tessuto cittadino. A conclusione di questa breve illustrazione sulle principali tipologie di scuole presenti attualmente nel panorama internazionale può essere utile accennare ad alcuni edifici realizzati in Europa negli ultimi trenta anni. Senza entrare nel merito delle politiche scolastiche o dei diversi standard, è sicuramente interessante confrontare la situazione europea con quella italiana che verrà illustrata nel seguente paragrafo.

(13)

All'estero si è investito e sperimentato di più, la ricerca tipologica e le indagini tecnologiche sono state più avanzate, i legami fra architetture e paesaggi urbani concettualmente più intensi, maggiore la vitalità delle forme architettoniche. In Italia il rapporto fisico-concettuale fra scuola e città e la ricerca tecnologica sono stati condizionati negli ultimi anni dalla graduale perdita dei saperi relativi all'analisi della forma urbana, e, già da prima, da un'industria nazionale delle costruzioni che in passato ha investito molto in prefabbricazione pesante, che, oltre a porre molti vincoli, si è dimostrato poco apprezzato dalle utenze.

In Svizzera vanno messi in evidenza gli interventi di Mario Botta che si caratterizzano per l’elevata qualità paesistica degli spazi aperti legata agli stimoli conoscitivi e per la ricerca tipologica sull’unità funzionale a quattro aule.

Il progetto per una scuola media a Locarno prevede la costruzione di tre corpi edilizi per la scuola, la palestra e la casa del custode in un terreno nei pressi di Locarno collegato a Nord con il tessuto urbano esistente. L'intervento prevede l'adozione di una cellula minima, che consiste nell'aggregazione di quattro aule e due corpi-scala. A ciascun piano, lo sfalsamento della maglia generatrice e strutturale, permette il concatenarsi dei diversi sistemi funzionali e l'integrale penetrazione della luce zenitale. Al piano terreno, il porticato si sviluppa con gli atrii di ingresso e gli spazi comuni; al primo piano si trovano le sale didattiche e i servizi, mentre una serie continua di nuclei isolati accoglie in quello superiore le aule, aperte su un ambiente comune. I quattro vertici del volume della palestra sono occupati dalle scale; al piano terreno, gli spazi di servizio della piscina coperta si raccolgono al centro, lasciando che i depositi delle biciclette racchiudano il perimetro esterno. La casa del custode, organizzata su tre livelli con l'ingresso, la zona giorno e le camere da letto, si aggrega intorno ad un corpo cilindrico che funge da perno tra i due volumi anteriori.

La scuola media a Morbio Inferiore (figura 6) si configura come proposta alternativa alla

realtà dell'ambiente degradato per l'indiscriminata urbanizzazione.

Il complesso è composto da tre corpi separati che accolgono le diverse funzioni. L'edificio della scuola, sviluppato lungo l'asse nordsud, ridisegna il confine dello spazio aperto e si articola mediante l'anfiteatro che funge da perno compositivo con il volume delle palestre, ruotato di 30 gradi rispetto all'asse principale, parallelo alla strada comunale. Questo edificio e la casa del custode segnano gli ingressi, formando un filtro verso i parcheggi. Un unico corpo di fabbrica accoglie tre campi da gioco che, divisi da pareti mobili, possono diventare uno spazio unico; sopra il porticato di ingresso trovano posto i servizi delle palestre.

(14)

II volume della scuola è generato dalla ripetizione dell'elemento-tipo che è l'unità costruttiva e distributiva definita dall'aggregazione di quattro aule, collegate da una struttura a ponte. Questo sistema ha permesso il coordinamento del programma funzionale e il rispetto dei tempi di costruzione imposti dalla committenza. Ogni nucleo si articola a tre livelli: al piano terra, gli atrii di ingresso distribuiti dai portici laterali e gli studi per gli insegnanti; al primo piano, le aule aperte verso il paesaggio e collegate da spazi didattici; l'ultimo piano accoglie le aule speciali, illuminate zenitalmente. La galleria centrale è l'elemento principale che ordina l’intera sequenza e ne assicura l’illuminazione tramite i lucernari longitudinali. II corpo a sud ospita su quattro piani, sfruttando la depressione del terreno, l'aula magna e la biblioteca.

L’edilizia scolastica Austriaca si caratterizza invece per la sperimentazione nel campo della prefabbricazione .

A tale riguardo si ricordano la scuola in Waidhausenstrasse di Helmut Richter, un

manufatto industriale, ascrivibile alla tradizione della scuola-macchina europea, di particolare interesse per la razionalizzazione del processo costruttivo e la coerenza logica fra le parti, per la suggestione della glasarchitektur, del "cristallo scintillante", trasparente,leggero, strumento di apertura e leggerezza e infine per l'impianto tipologico che meglio si adatta all'edilizia scolastica, il pettine.

Lo schema distributivo a pettine caratterizza anche l' edificio scolastico a Vienna di ARTEC, altro esempio di come semilavorati e subcomponenti leggere introducono

(15)

possibilità progettuali in facciata che erano negate all'architettura industrializzata tradizionale e di come colore e luce possano riscattare l'economia di fondo dell'intervento raccontando meglio lo spazio interno.

Tra le recenti costruzioni di edifici scolastici in Germania meritano particolare attenzioni quelli in cui hanno prevalso gli aspetti relativi alle problematiche ambientali che si traducono nell’impiego di materiali naturali e nel ricorso a fonti di energia rinnovabili. A fronte della necessità di proteggere l’ambiente naturale negli ultimi anni è emerso in Europa ma anche in Italia un diverso approccio nella progettazione degli edifici scolastici incentrato appunto sulla qualità ambientale e sul risparmio energetico, convinti che l’architettura stessa possa esercitare un ruolo educativo.

La scuola materna di Heumaden è collocato al centro di uno spazio verde, in un'area residenziale di uno dei distretti sud di Stoccarda.

II progettista Joachim Eble e il cliente, il Dipartimento giovani del Comune di Stoccarda, si sono trovati d'accordo nella decisione di utilizzare esclusivamente materiali e prodotti non nocivi, in tutte le parti dell'edificio.

La costruzione contiene sette aule, un atrio, alcune sale dedicate ad attività particolari, un ufficio di assistenza sociale, altri uffici, una cucina e i locali di servizio. Come consuetudine in Germania, per tutte le classi è prevista un'ampia aula per le attività comuni e un'area p iù piccola per i lavori di gruppo; le sette unità sono quindi divise in diversi volumi, chiaramente differenziati da forma e colore. La pianta irregolare, di ispirazione organica, ha permesso di suddividere i 1.390 mq complessivi della superficie in parti differenziate e facilmente riconoscibili, aiutando i bambini a orientarsi nello spazio, identificandosi p iù facilmente nel proprio gruppo e negli spazi relativi. Tre scale esterne si collegano alla galleria del primo piano, offrendo ai bambini un accesso diretto al giardino.

La struttura portante è realizzata in legno massiccio, la struttura di pareti, pavimenti e tetto è costituita da pannelli prefabbricati sempre in legno.

Grazie all'impegno di tutti i soggetti coinvolti, i principi di sostenibilità sono stati rigorosamente applicati dall'inizio del progetto fino al completamento dell 'edificio: il legname proviene dalla vicina foresta di Schonbuch in modo da ridurre l'impatto dei trasporti, e anche gli altri fornitori scelti avevano sede in zona.

Per assicurare il comfort acustico all'interno delle aule i pannelli lamellari dei solai, sono rivestiti sulla faccia superiore da un doppio strato fonoassorbente di fibra di cocco coperto da un massetto "galleggiante" in cemento e da una pavimentazione in linoleum.

(16)

La distinzione tra i volumi è accentuata dall'uso di colori diversi : toni caldi e vivaci di giallo e arancione rosso, che simbolizzano la terra, contrastano con le sfumature di blu usate sulle tre piccole "torri" di aule e in qualche altra zona a definire una fascia alta della facciata che evoca l’aria e il cielo. I prodotti di finitura sono esclusivamente a base di sostanze naturali; olio di lino e pigmenti minerali con un solvente a base di olio di agrumi.

Per qualche anno tutte le nuove costruzioni pubbliche a Stoccarda sono state realizzate con un 25% in più di isolamento termico rispetto a quanto previsto dai regolamenti in vigore. I costi addizionali vengono recuperati in un periodo di circa dodici anni, attraverso una riduzione dei consumi energetici stimata pars al 30%.

Nella scuola analizzata l'isolamento è data dalle stesse proprietà del legno massiccio, e dalla cellulosa spruzzata tra il pannello strutturale e un ulteriore pannello isolante in fibra di legno tenero. I collettori solari per il riscaldamento dell'acqua calda e il sistema di recupero dell'acqua piovana completano le "credenziali ecologiche" del progetto.

Nel 1978, il Baden-Wurttemberg è stata la prima regione tedesca a eleggere dei rappresentanti dei Verdi net Parlamento regionale. Da allora, le strutture p e r i bambini e i ragazzi sono state realizzate secondo un pragmatico approccio di razio-nalità economica e ambientale, basato su scelte strutturali e impiantistiche ben ponderate.

La scuola materna di Pliezhausen si trova al margine di un'area che ospita strutture

(17)

educative e sportive, nei pressi di un insediamento residenziale. Collocato sul confine nord del terreno, l’edificio si apre verso un giardino piantumato con alberi da frutta.

La costruzione è divisa in tre blocchi identici con una differenziazione ugualmente chiara tra le aule e le aree di servizio. Ogni blocco-aula è costituito da un ampio spazio, per le attività comuni, con vetrate a tutta altezza che guardano a sud, verso il frutteto. Una scala in faggio porta al soppalco che ospita un'area per i giochi più tranquilli , affacciandosi sull'aula e sul corridoio comune. Sotto il soppalco è ricavata una zona riservata ai lavori per piccoli gruppi.

Accanto a ogni aula una terrazza con pavimentazione in larice conduce al giardino. Un corridoio separa verso nord le aule dal corpo dei servizi, dove uffici, atelier, cucina, bagni e magazzino sono alloggiati in tre blocchi più bassi. Nicchie e slarghi consentono un uso diversificato delta spazio comune, luminoso e accogliente: vicino all'ingresso si ha una grande area giochi, mentre gli spazi più piccoli accanto alle aule vengono utilizzati come guardaroba.

II progetto è il risultato della volontà di conciliare esigenze economiche e ambientali. Lo schema strutturale è modulare; la sua ripetitività ne ha semplificato sia la realizzazione in officina che la messa in opera, abbassando i costi e riducendo i tempi di costruzione a sei

(18)

mesi.. Verso sud il doppio involucro di vetro ventilate è concepito per ottimizzare il guadagno solare passivo. La ventilazione naturale delle aule è garantita da una fascia di pannelli vetrati apribili posti verso il basso, mentre per prevenire i fenomeni di surri-scaldamento estivo un sistema a veneziane è collocate all'interno della "doppia pelle" di vetro.

L'acqua calda per i bagni e la cucina è fornita da collettori solari posti in copertura, men-tre i moduli fotovoltaici producono l'elettricità necessaria alla scuola.

L’acqua piovana viene raccolta in una cisterna ed è usata per gli sciacquoni e l'irrigazione del giardino. L'acqua che eccede la capacità del serbatoio fluisce in un biotopo umido che viene utilizzato anche a fini didattici, per rendere consapevoli i bambini dell’ambiente che li circonda

Anche in Francia negli ultimi anni alcuni progettisti, nelle realizzazioni scolastiche, hanno concentrato l’attenzione nella ricerca di soluzioni in grado di conciliare le richieste funzionali con quelle ambientali. Tra i migliori esempi di edifici che sono riusciti a realizzare il pregio architettonico e insieme la qualità ambientale si ha il liceo Leonardo da Vinci realizzato nella regione Nord-Pas-de-Calais. Con un costo maggiore pari a circa l'8% rispetto a un equivalente edificio convenzionale, i consumi di energia e di acqua sono stati ridotti di circa il 30% facendo ricorso a un'ampia gamma di sistemi: una turbina a vento, un cogeneratore, pannelli solari, moduli fotovoltaici e recupero dell'acqua piovana.

La scuola è stata progettata per un'utenza di 1.700 studenti, con diversi indirizzi di studio. Si trova nel distretto Beau-Marais, su un terreno basso, intersecato dalle opere di bonifica tra zone umide e dune. L’acqua è diventata il tema centrale del progetto; il sito è costeggiato da canali e attraversato da fossi che convogliano l'acqua piovana in un bacino realizzato lungo il lato ovest della costruzione principale. I tracciati del fossi, che corrono in direzione est-ovest, sono sottolineati da filari di salici, frassini e ontani Sulle sponde, si è intervenuti con tecniche tradizionali, gabbioni riempiti in pietra locale si alternano con fascine di salice intrecciate. Le terrazze, piantumate con vegetazione autoctona, formano una varietà di habitat naturali e servono come elemento didattico. I materiali di scavo sono stati riutilizzati sul posto nella sistemazione paesaggistica del parco che circonda il parcheggio, sul confine est del lotto.

Le costruzioni sono disposte in modo da essere protette rispetto ai venti prevalenti. Lo schema planimetrico è pensato per avere in ogni stagione un orientamento ottimale delle

(19)

facciate rispetto all'irraggiamento solare e all'illuminazione naturale, riuscendo così ad aumentare il comfort pur riducendo i consumi energetici.

Raggruppate nell'angolo sud-ovest di un terreno di quattro ettari, le diverse funzioni sono ospitate in cinque corpi di fabbrica diversificati nella forma e nel trattamento della facciata in relazione al tipo di attività che vi si svolge. Una passerella in legno conduce al blocco principale che in pianta disegna un porzione di circonferenza; qui uffici e un centro di documentazione si dispongono lungo i due lati di una "strada interna/giardino d'inverno", con illuminazione zenitale.

Al blocco centrale si collegano l'area per le materie scientifiche e quella per le materie comuni a tutti gli indirizzi, la mensa e le cucine. Gli insegnamenti speciali si trovano posto in una costruzione più bassa, all'interno della corte. Verso il confine est del terreno sorge un edificio a schiera che contiene i nove alloggi a disposizione dello staff. I materiali sono stati accuratamente valutati sulla base di tre criteri principale: aspetto, curabilità e impatto ambientale nell'intera ciclo di vita, dalla fabbricazione alla demolizione e smaltimento.

(20)

Per limitare i costi e i trasporti sono state usate materie prime e prodotti locali: pietra e sabbia del Boulonnais per i calcestruzzi, il consolidamento delle sponde e le sistemazioni esterne; argilla per le murature; quercia non trattata per le pavimentazioni esterne, I tetti verdi calpestabili hanno un substrato piantumato a prato, contribuiscono al controllo dei gradienti termici e a trattenere l’'acqua piovana in caso di precipitazioni eccezionali. Il tipo di usate piante è simile a quelle delle vicine aree dunali, con la stessa capacità di sopportare la siccità estiva.

Dal punto di vista energetico il progetto mira a rendere la scuola il più possibile autonoma per ciò che riguarda i consumi di acqua ed energia per illuminazione, riscaldamento e ventilazione.

Le misure per ridurre il consumo dell'acqua, come sciacquoni a flusso ridotto e rubinetti con limitatore di getto, si combinano a un sistema che raccoglie l'acqua piovana dalle coperture, raccogliendola in un serbatoio di accumulo. Una volta filtrata quest'acqua viene immessa nella rete dell'acqua non potabile, coprendo il fabbisogno dei wc e dell'irrigazione.L'ottimizzazione della luce naturale è un altro importante elemento del progetto. Pozzi di luce, orientamento delle superfici vetrate, riflessione della luce sulle pareti interne, colorazione delle pareti e forma dei controsoffitti sono tutti elementi progettati per massimizzare la diffusione della luce naturale.

I costi di funzionamento sono contenuti grazie alla gestione computerizzata dei sistemi di riscaldamento e ventilazione basata su una rete di sensori che rilevano l'effettivo grado di occupazione dell'edificio. II riscaldamento è fornito da una caldaia a condensazione ad alto rendimento, con basse emissioni di ossido di azoto. Gli altri impianti sfruttano fonti di energia rinnovabile: pannelli fotovoltaici, collettori solari tubolari collegati associati a una pompa di calore, una turbina eolica.

(21)

1.3 La vicenda italiana e la riforma scolastica

Nel dibattito architettonico italiano il tema dell’edilizia scolastica riveste una posizione importante e si evolve a grandi linee in tre fasi, soprattutto dal secondo dopoguerra agli anni ottanta. La discussione verte su programmi d'intervento e modalità operative, sollevando questioni più ricche e complesse, comunque diverse, rispetto alle altre tipologie.

Il primo periodo muove dalla fine degli anni quaranta e si prolunga fino ai primi degli anni sessanta in stretta relazione con l'attività legislativa e le politiche di riforma. L'obiettivo è definire i nuovi caratteri dell'edificio scolastico nell'Italia repubblicana e antifascista riconfigurandone lo statuto progettuale. Al centro del dibattito vi sono la visione dello spazio scolastico come luogo privilegiato della vita associata, la scuola come centro di quartiere, il passaggio dal funzionalismo fisico al funzionalismo psicologico, il suo tradursi in spazio non autoritario nella successione dalla "scuola caserma" (schema a corridoio) all'"unità funzionale" (l'aggregato di aule distribuito senza corridoi né portici). La riproducibilità di un sistema costruttivo capace di ottimizzare gli investimenti e diffondere ovunque la qualità architettonica costituisce un altro importante filone di confronto.

L'argomento più discusso è il concetto di "unità funzionale", il corpo di fabbrica minimo che ospita le aule con l'aggiunta di un ambiente per le esercitazioni e l'attività assembleare. Più unità formano l'aggregato scuola, così gli architetti preferiscono parlare di "organismo scolastico" piuttosto che di "edificio per l'istruzione", mentre il ruolo della pedagogia assume una posizione centrale suggerendo la sostituzione della "scuola per ascoltare" con la "scuola per scoprire". Alimentati dall'entusiasmo per la costruzione della nuova democrazia e da un clima permeato di idealismo, questi assunti assumono a tratti un risvolto ambiguo. Dal "concorso per scuole all'aperto" bandito nel 1949 dal Ministero della Pubblica Istruzione alla Triennale di Milano del 1960, dedicata al mondo della scuola, la questione sembra ridursi a un problema della forma: il tipo a padiglione è meglio di quello a corridoio, in sintesi il quadrato è preferibile al rettangolo. È opinione comune che lo spazio lineiforme introduca una sequenza di gerarchie che nella nuova scuola devono essere evitate.

Prevalgono i concetti di "scuola casa" e "scuola all'aperto" nel doppio significato d'apertura alla società e all'ambiente naturale. Il movimento dell'architettura organica domina

(22)

culturalmente il dibattito. La fluidità fra interno ed esterno costituisce un altro requisito di questa genesi, poiché permette di rispondere ai movimenti e ai problemi percettivi che riguardano gli spazi transizionali di soglia: traiettorie dei passaggi, tipo e qualità delle vedute, uso dei materiali, dosaggio della luce, traguardi percettivi. Gli architetti che in questa fase si distinguono per il contributo al dibattito attraverso le loro opere sono Ciro Cicconcelli, Mario Ridolfi e Ludovico Quaroni.

Cicconcelli s'impegna alacremente nel settore dell'edilizia scolastica, cura scuole materne, elementari e secondarie, nel 1960 pubblica sul famoso numero 245 di Casabella ,interamente dedicato alla scuola i resoconti della ricerca fra il dopoguerra e il 1958.

Fra il 1955 e il 1963 Ridolfi disegna gli asili del quartiere Canton Vesco ad Ivrea e di

Poggibonsi. Queste opere riassumono le linee principali della ricerca ridolfiana (il recupero della tradizione artigiana, l'esaltazione dell'architettura povera) coniugandole con i temi al centro del dibattito, l'utilizzo del padiglione a pianta quadrata e il concetto di scuola all'aperto. L'attenzione di Ridolfi al benessere psicologico prodotto dalla percezione verso l'esterno, si era già avuta con il disegno degli infissi nelle case a Torre in viale Etiopia a Roma (1954-58), che permettevano anche ai bambini di osservare il mondo "fuori la casa". A Poggibonsi il tema si amplifica oltremodo, con la grande finestra-parete che misura l'intera altezza dei padiglioni, mentre nell'ambiente del refettorio la messa in scena delle trame composte dai telai di legno che sorreggono il tetto, conferisce alla retorica del materiale povero una forte identità spaziale. Ridolfi realizza nel 1960 una scuola media a Terniin controtendenza rispetto all'evoluzione del dibattito. Il progetto esplora la dialettica fra consistenza materica dell'involucro e modellazione dei telai strutturali ma alla fine l'impianto appare decisamente tradizionale benché gli ambienti siano areosi, luminosi, ben dimensionati. Anche l'immagine non sembra quella di una scuola, ma la scala d'intervento e la pietra dei rivestimenti dialogano armonicamente con la chiesa prospiciente di San Francesco.

Ma è la scuola elementare di Ludovico Quaronidel 1959, sempre ad Ivrea, che meglio di altre compendia i caratteri della ricerca teorica di quegli anni, tanto da essere assunta come modello per l'allestimento di un'aula e di una sala comune alla Triennale di Milano del 1960. Si tratta di un esempio che ancora oggi possiede una certa dose di attualità per l'integrazione socio-funzionale (nel complesso scolastico era prevista anche una parte a negozi), l'equilibrio fra gli elementi e la chiarezza figurativa, l'uso della luce zenitale come componente dello "spazio-scuola", il senso di leggerezza evocato dalla soluzione delle

(23)

coperture quadrate traforate e dalla grande pergola che delimita l'area d'intervento. Il processo scompositivo di natura organica, nel progetto quaroniano si addolcisce, mescolandosi alle memorie razionaliste, nella definizione di un continuum spaziale fra interno ed esterno.

La seconda fase si articola fra gli inizi degli anni sessanta e metà degli anni settanta. Con il varo della scuola media unica nel 1962 è nominata una Commissione nazionale di studio sull'edilizia per la nuova scuola media, si analizza lo stato delle cose e si prospettano i nuovi investimenti abbandonando il conteggio per aule e sostituendolo con il concetto di "posto alunno". Nel 1967 con la legge 641 la costruzione degli edifici si affida alla stesura di piani quinquennali. La legge genera un decentramento paradossale delle responsabilità che determina problemi nel reperimento dei finanziamenti e la procedura introdotta dissemina il territorio nazionale di edifici incompleti o non terminati che presto diventano ruderi. Ma il problema principale è la mancanza di una normativa tecnica e di standard funzionali adeguati. Nel 1968, in concomitanza con il Primo censimento nazionale dell'edilizia scolastica si istituisce la scuola materna statale. Intanto anche le facoltà di architettura cominciano a impegnarsi con più intensità sul tema della scuola moderna e a Roma, Firenze, Milano e Torino esso diviene oggetto di studi e ricerche.

La data fondamentale per l’edilizia scolastica italiana è sicuramente il 1975 con l‘introduzione del D.M del 18 dicembre 1975 "Norme tecniche relative all’edilizia scolastica" che contiene le linee guida per lo sviluppo degli edifici e che tutt’ora è la legge di riferimento per i progettisti.

Intanto, già dai primi anni sessanta, attraverso il coinvolgimento dell'industria delle costruzioni, si va approfondendo la ricerca sulla prefabbricazione come sistema indispensabile per razionalizzare il processo edilizio. La prefabbricazione è considerata uno strumento basilare per conseguire gli obiettivi della qualità diffusa e della flessibilità. La nozione di flessibilità è vista sia in termini evolutivi che di adattabilità. La scuola è pensata non più solo come una struttura spaziale ma anche come un luogo di variazioni a componente temporale. Lo studio di nuovi sistemi costruttivi libera e approfondisce i temi dell'aula modificabile, delle unità didattiche accorpabili, dell'intercambiabilità, concetti già indagati alla fine degli anni Quaranta sebbene in un regime costruttivo tradizionale.

Gradatamente in questi anni si assiste a una de-specializzazione planimetrica dell'edificio rispetto alle proposte più individualizzate elaborate nel dopoguerra. Ciò coincide non solo

(24)

con il passaggio dal cantiere tradizionale a procedure di costruzione più industrializzate, ma anche con la crescente standardizzazione di queste ultime dopo un periodo di grande eterogeneità nelle soluzioni che regolavano sistemi tecnologici e disegni delle componenti. Seppure in ritardo rispetto agli altri paesi europei, l'entrata della scuola-fabbrica nel panorama edilizio italiano si combina con la produzione di alcuni progetti di alta qualità nei quali il rischio dell'indifferenza planimetrica è costantemente annullato da una complessità spaziale e da uno standard elevato, non paragonabile con l'edilizia comune. Gli architetti più coinvolti in questa sperimentazione sono Luigi Pellegrin e Gino Valle. Il primo realizza più di quaranta scuole in varie zone d'Italia, alcune di esse notevoli per dimensioni e linee concettuali. Pellegrin asserisce che la compattezza produce economia e che lo spazio interno può inoltrarsi fluido fra pause ed eventi di vario genere. La sua opera oppone la "scuola della scoperta" alla "scuola cattedratica dell'ascoltare" e rileva la valenza paesistica dell'edificio scolastico alla piccola e alla grande scala. Valenza doppia, come se il manufatto da un lato debba dotarsi di una forte riconoscibilità, per qualificare gli interstizi del territorio urbano, dall'altro trattare lo spazio interno come sequenza percettiva programmata con l'introduzione di scatti altimetrici, compressioni e dilatazioni prospettiche. L'opera di Pellegrin, che costituisce un caso a sé nel panorama del dibattito nazionale, a tratti, contiene soluzioni d'impianto e partiti iconografici di indubbia attualità. Nella scuola media prefabbricata di Pistoia (1965) si assiste alla polemica reintroduzione del corridoio ma anche alla brillante idea di inserimento di una piscina coperta e vetrata nell'atrio. La scuola elementare prefabbricata di Cutro (1968), realizzata dalla ditta Bortolaso, è l'esito di un'indagine sulla flessibilità negli spazi collettivi attraverso l'utilizzo di arredi mobili. Nella scuola materna prefabbricata di 3-6-9- aule, tecnologia e modularità sono gli ingredienti per ottenere un manufatto ampliabile (3-6-9 aule) e dividere gli spazi sempre con gli arredi. Nella scuola elementare prefabbricata per 15 aule a Segrate (1971), l'uso del colore e della luce sono particolarmente curati, per conferire un carattere di domesticità agli spazi polivalenti dedicati alla didattica, ricorrendo anche ad altezze limitate e materiali cosiddetti "caldi".

Nell'ambito dell'edilizia scolastica prefabbricata di qualità esemplare è l'opera di Gino Valle. In seguito all'approvazione della nuova normativa per l'edilizia scolastica (18-12-1975) si appronta un nuovo programma di scuole prefabbricate con la ditta Valdadige

(25)

intorno ad un atrio centrale a doppia altezza, rivestimento esterno con pannelli in cemento armato.

La logica della costruzione per fasi, l'attenzione alla flessibilità evolutiva, scartano l'uso del contenitore unico. Il programma, al contrario, si basa su un intervento realizzato per parti, con diversi elementi disposti sul terreno. Valle definisce quattro tipi di contenitori per attività omogenee (corpo didattico, corpo palestra, corpo mensa e centrale termica) secondo una logica scalare che offre varietà nelle combinazioni planimetriche lasciando al contempo ampi margini di flessibilità. I corpi possono essere costruiti su terreni di varia natura e sono in grado di adeguarsi a diversi programmi. Malgrado la neutralità morfologica, gli spazi collettivi sono dotati di un forte carattere spaziale poiché nitidi e vitali. L'uso del colore come tecnica di individualizzazione permette poi di ammorbidire la rigidità modulare e di esaltare alla scala paesistica le stereometrie degli elementi. Da sottolineare anche il contributo di Aldo Rossi e Giorgio Grassi ai quali va riconosciuta una forte capacità di lettura della realtà urbana e il merito di rivalutare il concetto di permanenza della forma. Il carattere del manufatto architettonico si affida al rigore tipologico che ne determina la sua forza evocativa.

La riduzione del progetto dell'edificio scolastico alle sole matrici tipologiche parzializza la ricerca, ne blocca gli esiti tecnologici, sospende l'indagine sul rinnovamento funzionale e sullo spazio.

(26)

Le tre scuole realizzate da Aldo Rossi in questo periodo diverranno vere e proprie icone dell'architettura italiana. Rossi critica le scuole che propongono forzosi modelli d'uso e che "condizionano con la loro autonomia formale e spaziale le esperienze del bambino non liberando la sua fantasia". Il restauro ampliamento della scuola elementare De Amicis a Broni(1969-70), la scuola elementare di Fagnano Olona (1972-76), la scuola elementare di Broni (1979-81) codificano un paesaggio architettonico di pochi segni, uno spazio dove ciascuno, non solo l'alunno, può allontanarsi dal frastuono del mondo.

Nel caso di Fagnano Olona la scuola è come una piccola città costruita intorno a una piazza centrale dove le diverse destinazioni d'uso assumono precise forme evocative. A Broni il concetto rossiano è ancora più rigoroso e riduttivo: democratizzare lo schema del palazzo con distribuzione interna a portico, trasformare la piazza in quattro corti, ridurre l'edificio scolastico vero e proprio a un'architettura essenziale, primigenia.

La ricetta del successo appare semplice: precisione tipologica, ricercata semplicità, recupero della memoria popolare nella configurazione degli spazi aperti (la piazza e la corte come parti aggreganti non condizionanti). Nonostante il freno all'indagine sul rinnovamento dello spazio interno, negli anni successivi pochi altri sapranno rileggere le tipologie e depurare il materiale edilizio come Aldo Rossi, autore di scuole italiane conosciute in tutto il mondo.

La terza fase percorre gli anni ottanta in un clima di frammentario sperimentalismo per lo più centrato sulla memoria storica come elemento conduttore del progetto.

Mentre proseguono le esperienze progettuali che vedono nell'edificio scolastico l'irrinunciabile aggregato per la costituzione di nuovi poli civici, il manierismo storicista condiziona la forma delle parti e torna a dislocare i caratteri dell'edificio scolastico sulle facciate del contenitore. Nell'asilo nido-scuola materna a Santa Severina (1980), Alessandro Anselmi scompone il programma funzionale in frammenti di forme evocative e simboliche, stravolgendo con originalità l'immagine canonica della scuola per infanzia. Qualche anno dopo nella scuola media a Putignano (1985) di Massimo Carmassi, la metafora archeologica si articola e diviene più complessa: il concetto di evoluzione della materia e il richiamo planimetrico alla stratificazione dei reperti sono strumenti di qualificazione. I guasti ambientali che ha prodotto la banalizzazione di questa cultura architettonica, dagli asili alle scuole medie, sono ben visibili ai margini delle città italiane che portano ancora nel vivo del loro paesaggio gli edifici decorati con timpani, colonne, capriate e tralicci porticati dietro ai quali si cela la disposizione in serie delle aule.

(27)

Gli studi negli enti statali preposti (ministeri, centri studi, università) si riducono drasticamente e l'attività di progettazione e di sperimentazione tecnologica riveste un ruolo marginale nella pubblicistica. Le cause sono da ricercare nella crisi economica, nei minori investimenti ,nella contrazione delle nascite,nelle scarse occasioni di nuova edificazione. Gli interventi si concentrano sul già costruito o si punta ad economie di spesa dismettendo piccole unità e razionalizzando le risorse attraverso la concentrazione dei servizi in plessi scolastici esistenti o da ingrandire.

Negli ultimi anni si registra invece un rinnovato interesse nel campo dell’edilizia scolastica a causa di un’inversione di tendenza dal punto di vista demografico e dell’attenzione posta sulla scuola in relazione all’approvazione della recente riforma, legge n°53 del 28 Marzo 2003.

L’incremento delle nascite è legato non solo a maggiori nascite nel nostro paese ma anche al fenomeno sempre più importante dell’immigrazione. Le nuove scuole saranno dunque chiamate ad educare e ad accogliere bambini con esigenze diverse rispetto a quelle del passato sia per i differenti modi di vita, sia a causa di un mutato equilibrio all’interno della famiglia ma anche perchè provenienti da luoghi, culture e tradizioni lontane.

(28)

La riforma scolastica modificando gli obiettivi e gli strumenti della scuola si pone come passo fondamentale per una rilettura e una nuova normativa nel campo dell’edilizia scolastica.

Portare delle innovazioni nelle materie e nei modi di insegnamento e nell’organizzazione delle istituzioni scolastiche provoca necessariamente l’adattamento degli edifici a nuove richieste.

Gli aspetti della riforma che maggiormente sembrano incidere nell’organizzazione spaziale degli edifici possono essere desunti nell’articolo 1 della legge 53

"per la realizzazione delle finalità della presente legge il ministro predispone un piano programmatico di interventi finanziari a sostegno

a) della riforma degli ordinamenti e degli interventi connessi con la loro attuazione e con lo sviluppo e la valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche

c) dello sviluppo delle tecnologie multimediali e della alfabetizzazione nelle tecnologie informatiche nel pieno rispetto del principio di pluralismo delle soluzioni informatiche offerte dall’informazione tecnologica, al fine di incoraggiare e sviluppare le doti creative e collaborative degli studenti.

d) dello sviluppo dell’attività motoria e delle competenze ludico-sportive degli studenti m) degli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica"

Due sembrano gli ambiti di maggior influenza: il primo legato alla dimensione delle strutture scolastiche al fine di realizzare la richiesta autonomia, l’altro relativo alla dotazione di spazi idonei per lo sviluppo di attività tecnologiche, tecniche e sportive.

Il primo aspetto si collega con il D.P.R n.233 del 18 Giugno 1998, il Regolamento sul dimensionamento ottimale degli istituti scolastici autonomi che accredita la tipologia organizzativa degli istituti comprensivi come una delle modalità ordinarie di gestione del servizio scolastico nel territorio.

Gli istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media rappresentano una delle novità istituzionali più significative degli ultimi anni, sia per la rapida espansione quantitativa del fenomeno, sia per le evidenti connessioni con i processi di riforma in alto nel nostro sistema formativo..

Nell'articolo 2 comma 2 del suddetto decreto si riporta " ... per acquisire o mantenere la personalità giuridica gli istituti di istruzione devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni; tali indici sono assunti come termini di riferimento per assicurare l’ottimale

(29)

impiego delle risorse professionali e strumentali."

E al comma 5 "Qualora le singole scuole non raggiungano gli indici di riferimento sopra indicati, sono unificate orizzontalmente con le scuole dello stesso grado comprese nel medesimo ambito territoriale o verticalmente in istituti comprensivi, a seconda delle esigenze educative del territorio e nel rispetto della progettualità territoriale. "

Nell'art. 1 vengono inoltre indicate le motivazione per le quali sono state definite delle dimensioni ottimali per gli istituti

1. II raggiungimento delle dimensioni ottimali delle istituzioni scolastiche ha la finalità di garantire l’'efficace esercizio dell'autonomia prevista dall'articolo 21 delta legge 15 marzo 1997, n. 59, di dare stabilità nel tempo alle stesse istituzioni e di offrire alle comunità locali una pluralità di scelte, articolate sul territorio, che agevolino 1'esercizio del diritto all’istruzione.

2. II dimensionamento è altresì finalizzato al conseguimento degli obiettivi didattico-3. pedagogici programmati, mediante l'inserimento del giovani in una comunità

educativa culturalmente adeguata e idonea a stimolare le capacità di apprendimento e di socializzazione.

4. II raggiungimento delle dimensioni stabilite a norma del comma 1 ha l'ulteriore finalità di assicurare alle istituzioni scolastiche la necessaria capacità di confronto, interazione e negoziazione con gli enti locali, le istituzioni, le organizzazioni sociali e le associazioni operanti nell'ambito territoriale di pertinenza

Regioni ed enti locali, cui spettano i compiti di programmazione scolastica, per effetto del Decreto Legislativo n. 112 del 31 Marzo 1998, manifestano grande interesse verso un modello di organizzazione della scuola di base, che sembra coniugare la presenza dell'istituzione scolastica nel territorio con elementi di rilevante spessore culturale e di qualificazione della spesa pubblica. Gli istituti comprensivi, che aggregano sotto il profilo organizzativo e gestionale le scuole materne, elementari e medie di un medesimo contesto territoriale, sono sorti nel 1994, nell'ambito della legge n. 97 per la tutela delle zone di montagna. In appena tre anni di funzionamento, a partire dall'anno scolastico 1995/96, essi si sono arricchiti di un valore "aggiunto", in connessione con le nuove prospettive di riforma, in particolare con la proposta di riordino dei cicli e con l'attuazione dell'autonomia scolastica. Molteplici sono i motivi di attualità degli istituti comprensivi. II riferimento più immediato è alle prospettive del riordino complessivo dei cicli e all'idea di un percorso

(30)

formativo coerente e unitario che ne sta alla base.

In riferimento alla legge n.53 del 28 marzo 2003 e al decreto legislativo n.59 del 19 febbraio 2004 l'articolazione dei cicli scolastici è la seguente:"....

− II primo ciclo di istruzione è costituito dalla scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado ,ciascuna caratterizzata dalla sua specificità. Esso ha la durata di otto anni e costituisce il primo segmento in cui si realizza il diritto-dovere all'istruzione e formazione. La scuola primaria della durata di 5 anni è articolata in un primo anno,n raccordato con la scuola dell'infanzia e teso al raggiungimento delle strumentalità di base, e in due periodi didattici biennali.

− La scuola secondaria di primo grado, della durata di tre anni si articola in un periodo didattico biennale e in un terzo anno, che completa prioritamente il percorso disciplinare ed assicura l'orientamento ed il raccordo con il secondo ciclo.

Le scuole statali appartenenti al primo grado possono essere aggregate tra loro in istituti comprensivi anche comprendenti le scuole dell'infanzia esistenti sullo stesso territorio." L'istituto comprensivo, che già oggi è chiamato a gestire la formazione dei ragazzi dai 3 ai 14 anni di un medesimo territorio, anticipa l'esigenza di un superamento di ordini e gradi scolastici separati, in vista di una condivisa progettualità educativa e didattica. Esso segna una tappa importante verso una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti e dei docenti nei confronti degli alunni e delle loro famiglie, in quarto la presenza di un allievo per molti anni, a volte anche per undici , nella stessa istituzione scolastica favorisce lo sviluppo di rapporti educativi più profondi e la condivisione di responsabilità del successo o insuccesso scolastico da parte di tutti i gradi d'istruzione coinvolti. Lla scuola verticale coincide strettamente con il ciclo primario previsto dalla riforma così come i motivi ispiratori sono largamente comuni. Va infine ricordato come le norme di attuazione dell'autonomia scolastica, in particolare il Regolamento sul dimensionamento delle unità scolastiche, incentivino ampiamente forme di "verticalizzazione". Gli istituti comprensivi, come già anticipato dalla legge 662/96, diventano tipologie ordinarie di organizzazione del servizio scolastico. Le prime "simulazioni" di dimensionamento ottimate fanno prevedere una notevole espansione del modello "verticale", rendendo urgente il consolidamento degli elementi di positività riscontrati nelle azioni di monitoraggio.

Inoltre, nei documenti preparatori dell'autonomia scolastica ed organizzativa (bozze e schemi di regolamenti) viene incentivata l'autonoma capacità di ogni unità scolastica di determinare le caratteristiche della propria offerta formativa, improntandola ai principi

(31)

della flessibilità e del miglioramento del servizio. Sarà così possibile costruire un vero e proprio curricolo, componendo variamente le discipline fondamentali e quelle opzionali, sperimentando le forme organizzative più adeguate (moduli, laboratori, classi-ponte, team integrati).

Le innovazioni sotto il profilo organizzativo rappresentano l'oggetto specifico di ricerche per molti istituti comprensivi. L'autonomia implica inoltre una più immediata visibilità del rapporti con il territorio, nelle sue valenze istituzionali ma anche educative. In tal senso gli istituti comprensivi, hanno già positivamente verificato una maggiore capacità di costruire risposte educative flessibili ed adattabili ai bisogni di sviluppo del contesto ambientale. Riordino dei cicli, saperi fondamentali, attuazione dell'autonomia, rappresentano dunque le tessere fondamentali di un "mosaico"che riguarda il presente ed il futuro di tutti gli istituti comprensivi, ma che coinvolge da vicino tutti gli istituti, la loro capacità di fornire risposte, ipotesi e materiali di lavoro alle diverse questioni: la strutturazione curricolare, l'organizzazione didattica, l'integrazione scuola-territorio.

L’altro punto fondamentale della riforma che influisce sull’organizzazione spaziale degli edifici scolastici è il riferimento all’attività pratica di gruppo e personale che presuppone quindi un’adeguata dotazione di spazi specializzati.

Nei Documenti che accompagnano la progressiva attuazione della riforma è prevista la realizzazione di laboratori, d’istituto o di rete, che vengono indicati come uno degli strumenti fondamentali per la personalizzazione del Piano di studio. Personalizzare è fine centrale per la legge di riforma del sistema educativo nazionale nella quale si legge: “…favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno e delle scelte educative della famiglia nel quadro delle cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con il principio di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione”. La personalizzazione, dunque, diventa lo snodo per realizzare il dettato normativo, per dare nuovo vigore al sistema educativo nazionale e qualità agli apprendimenti degli allievi. Personalizzare significa aprire, accrescere, liberare, moltiplicare le capacità e le competenze personali di ciascuno; dare a ciascuno il proprio che è unico e irripetibile; valorizzare le identità personali, non svilirle, ma considerarle poiché questa è la condizione necessaria per un dialogo fecondo con altre identità che possono, così, perfezionarsi a vicenda.

(32)

Il fine è la persona dello studente e la migliore maturazione globale possibile delle sue capacità, nei contesti, nei processi e nelle relazione date.

La tradizione scolastica italiana, è quasi completamente fondata su modalità didattiche che percorrono la tradizionale via deduttiva: nozioni, concetti, schemi logici vengono prima studiati e poi, eventualmente verificati nella pratica. Il “fare” che genera apprendimento non è mai separato dal sapere e le due intelligenze, quella della mano e quella della mente, si muovono integrandosi, interagendo e potenziandosi a vicenda . La scelta metodologica, dunque, nella realizzazione del cambiamento richiede un’affermazione forte: sia nel percorso obbligatorio sia in quello opzionale facoltativo, non esiste pensare teoretico senza fare tecnico e senza agire pratico, non c’è astratto senza concreto. All’interno della riforma del sistema di educazione nazionale, il collegamento tra sapere il saper fare e il saper essere rappresenta un principio pedagogico irrinunciabile.

I laboratori e le pratiche laboratoriali, pertanto, sono un modo per rammentare l’unità della persona, della cultura e dell’educazione, e per imparare a scoprire in maniera cooperativa la complessità del reale, mai riducibile a qualche schematismo più o meno disciplinare; sono un momento significativo di relazione interpersonale e di collaborazione costruttiva tra bambini dinanzi a problemi da risolvere insieme, a progetti condivisi da realizzare e a compiti comuni da svolgere. Tali contenuti erano già in gran parte presenti nel D.P.R 104/1985 che introduce i nuovi programmi ministeriali ed elimina la distinzione fra materie curricolari ed integrative ritenendo che tutti gli insegnamenti contribuiscono alla formazione e alla maturazione dei ragazzi.

Appare dunque chiara la necessità di predisporre spazi capaci di realizzare questo nuovo modo di pensare la scuola, spazi più ampi, specializzati e maggiormente attrezzati ma anche la necessità di rileggere in chiave nuova lo spazio dell’aula che deve essere sempre più flessibile, adattabile, trasformabile.

Dunque le indicazioni relative alle dimensioni dell’intervento di seguito riportate devono essere considerate come valori minimi da integrare per raggiungere gli obiettivi p osti dalle nuove leggi in materia di offerta didattica.

Figura

Fig. 1:Lo schema a blocco con vuoto interno. Scuola di Celle e scuola a Liverpool
Fig. 2:La scuola estesa. Heathcote school, Scarsadale
Fig. 3: Le due scuole primarie gemelle Montessori e Willemspark
Fig. 4: Scuola Montessori a Delft
+7

Riferimenti

Documenti correlati

1. di conferire, per le motivazioni e con le precisazioni indicate in premessa, all’Arch. Felice Lambiase, con studio in Torino, Via Canelli n. 87/A,

«a decorrere dall'esercizio finanziario 2013 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il Fondo unico per

- dall’esame del curriculum del professionista, trasmesso al Servizio scrivente, ed allegato al presente a o per farne parte integrante, risulta che lo stesso possiede i

630 del 3 febbraio 2020, recante «Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all'emergenza relativa al rischio sanitario connesso all'insorgenza di

7 che attribuisce al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca la realizzazione e la cura dell’aggiornamento, nell’ambito del proprio Sistema Informativo e con

305 del 2 dicembre 1970, il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale ha approvato la deliberazione in data 14 luglio 1970, con la quale il Consiglio

È arrivata la nuova app del Miur che offre a tutti una panoramica sui finanziamenti assegnati agli enti locali per l’edilizia scolastica.. Docenti, genitori, cittadini, possono

La Corte di Cassazione ha tenuto altresì a precisare che in più occasioni ha “avuto modo di affermare che, in tema di lesioni e di omicidio colposi, perchè possa