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1.1Generalitàsullapropulsionechimica Introduzione

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Academic year: 2021

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Introduzione

1.1

Generalità sulla propulsione chimica

La propulsione può essere definita, in senso lato, come la capacità di modificare il moto di un corpo e consiste nel produrre una forza che permette al corpo di muoversi, se inizialmente fermo, di cambiare la sua velocità o di mantenerla in presenza di una forza di resistenza e di arrestarsi. Nella propulsione a razzo questa forza, o spinta, viene generata espellendo un fluido di lavoro, o propellente, ed è utilizzata per il lancio, per l’inserimento ed il mantenimento in orbita e per il controllo d’assetto. Gli elementi fondamentali di un propulsore sono: il propellente con il serbatoio e l’impianto d’alimentazione, la fonte d’energia e il dispositivo di conversione, il processo accelerativo.

Una soddisfacente classificazione dei propulsori può basarsi sulla distinzione delle fonti d’ ener-gia sfruttate e dei processi accelerativi impiegati per ottenere la spinta. In base alla fonte d’ energia si ha la seguente distinzione:

• chimica, derivante da una reazione chimica esotermica;

• elettrica, derivante da processi termoelettrici, fotovoltaici o di ossidoriduzione; • nucleare, derivante dalla fissione o dalla fusione nucleare.

In base al processo accelerativo, si ha la seguente distinzione:

• gasdinamico: il propellente, contenuto in un ambiente ad elevata pressione, è accelerato tramite un’espansione in un condotto dalla sezione opportunamente sagomata, detto ugello;

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• elettrostatico: un gas elettricamente carico è accelerato da un campo elettrico;

• elettrodinamico: un fluido globalmente neutro, o plasma, è accelerato dall’interazione tra la corrente ed il campo magnetico, prodotto dalla corrente stessa o imposto dall’ esterno. La propulsione chimica è stata indubbiamente la più utilizzata per le applicazioni spaziali nel passato; ancora oggi buona parte della propulsione spaziale si ottiene sfruttando l’energia prodot-ta dalla reazione chimica di uno o più propellenti. A seconda dello sprodot-tato fisico del propellente è possibile distinguere differenti propulsori chimici.

• Razzi a propellente solido. Il propellente solido, o grano, è costituito da un’adeguata com-binazione di combustibile ed ossidante che brucia quando è sufficientemente riscaldata. L’intero grano è contenuto all’interno della camera di combustione.

• Razzi a propellente liquido. Possono suddividersi ulteriormente in:

– monopropellente: si sfrutta la decomposizione, attivata da una superficie catalitica, di un propellente per produrre gas ad alta temperatura;

– bipropellente: si sfrutta la reazione di combustione tra il combustibile e l’ossidante, inizialmente contenuti in serbatoi a bassa pressione e successivamente introdotti nella camera di combustione a pressioni elevate grazie ad un gas pressurizzante o ad una turbopompa.

• Razzi ibridi. Si usano insieme un propellente solido ed uno liquido: ad esempio, un ossidante in fase liquida è iniettato nella camera di combustione contenente un grano solido e la reazione chimica produce gas caldi.

I propulsori chimici e più in generale tutti i propulsori possono confrontarsi sulla base di alcuni parametri: la spinta; l’impulso specifico, definito come il rapporto tra la spinta generata e la portata ponderale di propellente; la velocità efficace di scarico. Nella tabella 1.1 si riportano i valori tipici dell’impulso specifico per i differenti propulsori chimici.

Tabella 1.1: Valori tipici dell’impulso specifico per i propulsori chimici.

A propellente solido 260 - 300 s A propellente liquido: monopropellente 140 - 240 s A propellente liquido: bipropellente 320 - 460 s Ibrido 290 - 350 s

1.2

Il perossido d’idrogeno nell’attuale scenario della propulsione

spaziale

Negli ultimi anni sta costantemente aumentando l’interesse nella ricerca di soluzioni alterna-tive alla combinazione, ampiamente utilizzata, di propellenti criogenici e ipergolici nell’ambito delle applicazioni propulsive. Questo interesse è giustificato da una sempre maggiore sensibilità

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verso la riduzione dei costi, da considerazioni ambientali e dalla necessità di ridurre i rischi del personale che lavora con propellenti tossici. C’è da aggiungere inoltre la consapevolezza che per molte applicazioni il solo impulso specifico non è il criterio più appropriato per scegliere il sistema propulsivo.

I recenti sviluppi nei materiali e nelle tecnologie di fabbricazione stanno offrendo ai progettisti la possibilità di abbandonare i tradizionali propellenti in favore di soluzioni tecnicamente valide ed affidabili che consentono di abbattere i costi e di risultare economicamente convenienti. Sono diventati quindi particolarmente attraenti i cosiddetti ‘propellenti verdi’, caratterizzati da una bassa tossicità e da una certa facilità nello immagazzinamento. Il principale vantaggio offerto da questi propellenti è la riduzione dei costi, soprattutto quelli operativi nella fase di produzione a terra, dovuta ad una drastica semplificazione delle procedure di immagazzinamento e di manipo-lazione. Questo vantaggio si rivela significativo soprattutto nello sviluppo di propulsori a media e a bassa spinta per piccole missioni.

I propellenti verdi più promettenti in termini di prestazioni, come i propellenti basati sul-l’ADN (Ammonium DiNitramide) o sull’HAN (Hydroxyl Ammonium Nitrate), raggiungono decomponendosi elevate temperature operative, richiedendo l’uso di materiali e di processi di fabbricazione particolari e costosi.

In questo scenario si inserisce il perossido d’idrogeno: sebbene non consenta di raggiungere le prestazioni fornite dall’ossigeno liquido come comburente o dall’idrazina come monopropellente, presenta tuttavia alcune caratteristiche che lo rendono la scelta ideale per la propulsione a basso costo.

1.2.1 I vantaggi del perossido d’idrogeno

Storicamente il perossido d’idrogeno è stato utilizzato come monopropellente e come ossi-dante liquido. E’stato il primo monopropellente ad essere ampiamente utilizzato fino all’avvento dell’idrazina con elevato grado di purezza e di catalizzatori affidabili e di lunga durata: questo sviluppo tecnologico ha permesso all’idrazina di sostituire il perossido d’idrogeno nei propulsori dei sistemi di reazione e controllo (Reaction Control System, RCS) e di conservare fino ad oggi questa posizione.

Le caratteristiche che hanno reso il perossido d’idrogeno un propellente attraente nel passato e che ora sono state nuovamente riscoperte sono di seguito elencate e brevemente discusse.

• Non tossico. Il perossido d’idrogeno è considerato non tossico perchè i suoi effetti sull’ uomo sono minori rispetto a quelli di altri propellenti, perchè il corpo umano lo decompone natu-ralmente e perchè è difficile introdurlo nel corpo se è adeguatamente maneggiato. Infatti, un contenitore aperto di perossido d’idrogeno a temperatura ambiente e in un’ area oppor-tunamente ventilata non comporta un’esposizione letale a causa della sua bassa pressione di vapore. Da questo punto di vista, la differenza col tetrossido d’azoto è notevole perchè quest’ultimo produce con grande velocità fumi estremamente tossici.

Il confronto tra l’idrazina ed i suoi derivati ed il perossido d’idrogeno è a netto favore di quest’ultimo: l’idrazina è infatti estremamente tossica, cancerogena ed esplosiva. La consapevolezza della sua tossicità ha fatto ridurre costantemente negli anni il limite di esposizione umana. Questo ha fatto alzare i costi di missione legati al propellente, mentre l’evoluzione tecnologica ha fatto ridurre i costi medi del carico pagante: l’effetto combinato di questi due andamenti ha notevolmente aumentato l’incidenza dell’idrazina sui costi dei

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satelliti con spinta medio-bassa. E’questo il principale motivo che ha risvegliato l’interesse verso soluzioni alternative economiche, come appunto il perossido d’idrogeno.

• Prestazioni accettabili come monopropellente. Le prestazioni propulsive variano con la concentrazione del perossido d’idrogeno e sono più basse del 20% di quelle dell’ idrazina, come riportato nelle figure 1.1 e 1.2.

Figura 1.1: L’impulso specifico nel vuoto del perossido d’idrogeno al variare della concentrazione. (da M. Ventura e P. Mullens [4].)

Figura 1.2: L’impulso specifico nel vuoto del perossido d’idrogeno, per differenti concentrazioni, e dell’ idrazina in funzione del rapporto d’espansione dell’ugello. (da M. Ventura e P. Mullens [4].)

Tuttavia la riduzione dei costi consentita dall’uso del perossido d’idrogeno rende questo pro-pellente una valida alternativa per quelle missioni per le quali le considerazioni economiche sono più importanti delle considerazioni prestazionali.

• Potente ossidante liquido. Il perossido d’idrogeno ha delle prestazioni paragonabili a quelli di altri ossidanti liquidi, come il tetrossido d’azoto, l’acido nitrico e persino l’ossigeno liquido. Nelle figure 1.3 e 1.4 è proposto il confronto tra il perossido d’idrogeno e gli altri ossidanti nelle configurazioni, rispettivamente, bipropellente ed ibrida.

• Elevata densità. Il perossido d’idrogeno ad elevate concentrazioni ha una densità parago-nabile all’acido nitrico e al tetrossido di azoto e molto più grande di quella dell’ossigeno

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Figura 1.3: L’impulso specifico nel vuoto di razzi bipropellenti: confronto tra il perossido d’idrogeno a differenti concentrazioni ed altri ossidanti in combinazione con vari combustibili. (da M. Ventura e P. Mullens [4].)

Figura 1.4: L’impulso specifico nel vuoto in razzi ibridi: confronto tra il perossido d’idrogeno ed altri ossidanti. (da M. Ventura e P. Mullens [4].)

liquido. Questo consente di ridurre il volume e la massa del serbatoio e di avere un elevato impulso specifico volumetrico, come riportato in figura 1.5.

• Propellente stoccabile. Il perossido d’idrogeno è liquido a temperatura ambiente e rimane in questo stato per un ampio intervallo di temperature. Può essere conservato per lunghi periodi di tempo in serbatoi opportunamente progettati.

• Bassa pressione di vapore. Questa caratteristica consente il pompaggio con basse pressioni di ingresso.

• Non reagente con l’atmosfera. Al contrario dell’idrazina, il perossido d’idrogeno non reagisce con alcun composto dell’atmosfera. Questo aspetto è importante in quelle applicazioni dove

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Figura 1.5: L’impulso specifico volumetrico ideale di alcuni bipropellenti in funzione del rapporto di miscela ossidante/combustibile.

qualche componente del sistema propulsivo deve essere esposto all’ atmosfera: questa con-dizione potrebbe rivelarsi pericolosa se si utilizzasse idrazina, che può formare, reagendo con il biossido di carbonio presente nell’atmosfera, prodotti capaci di attaccare i materiali del propulsore.

• Elevati rapporti ossidante/combustibile. L’impulso specifico del perossido d’idrogeno, quan-do utilizzato come ossidante, presenta tipicamente un massimo per alti rapporti ossi-dante/combustibile. Questo aspetto, insieme all’elevata densità del perossido d’idrogeno, permette di realizzare sistemi propulsivi più compatti.

• Elevato calore specifico. Questo aspetto consente al perossido d’idrogeno di poter essere utilizzato efficacemente come refrigerante in propulsori raffreddati rigenerativamente. • Possibilità di usare l’acqua come liquido di riferimento. Questo aspetto consente di

svilup-pare e qualificare più semplicemente l’intero sistema propulsivo.

• Versatilità. Il perossido d’idrogeno può essere utilizzato in un unico sistema come ossidante per il motore principale, come monopropellente per il sistema di controllo e reazione, come generatore di gas per guidare le turbopompe.

• Compatibilità con molti gas pressurizzanti, come l’azoto o l’argon.

1.2.2 Attuali applicazioni del perossido d’idrogeno

I progetti più significativi che prevedono l’utilizzo di perossido d’idrogeno ad elevata con-centrazione si stanno realizzando negli Stati Uniti ed in Inghilterra e sono qui brevemente illustrati.

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• Spacecraft Reaction Control. Il Lawrence Livermore National Laboratory sta lavorando a micro-propulsori da 6 lbf e a un piccolo generatore di gas, che operano con perossido d’ idrogeno all’85%.

• Upper Stage Main Propulsion . L’Orbital Science Corporation sta sviluppando un motore bipropellente da 10000 lbf per la propulsione dello stadio finale.

• Lanciatore Commerciale BA-2. La Beal Aerospace ha l’ambizioso programma di una piat-taforma di lancio che utilizza in ogni stadio perossido d’idrogeno e kerosene JP. Le spinte per il primo, secondo e terzo stadio sono rispettivamente di 3200000 lbf (in vuoto), 800000 lbf e 30000 lbf.

• Ricerca e sviluppo della formulazione di un combustibile ipergolico. La Naval Air War-fare Weapons (NAWC) sta conducendo ricerche con varie formulazioni di combustibile per sviluppare l’autoaccensione con il perossido d’idrogeno.

• Ricerca su razzi ibridi. Dal 1991 la Purdue University e la University di Surrey stanno conducendo ricerche su letti catalitici, formulazioni ipergoliche e motori ibridi.

1.3

Obiettivi della tesi

Gli obiettivi principali della tesi sono stati la realizzazione di un impianto di prova in grado di qualificare i prototipi di endoreattori monopropellente a perossido d’idrogeno e la successiva fase di sperimentazione.

Per poter raggiungere questi obiettivi è stato necessario progettare e realizzare un impianto di alimentazione del perossido d’idrogeno ed una bilancia di spinta per la misurazione delle prestazioni propulsive. Durante l’intero sviluppo dell’impianto di prova si è posta particolare attenzione alla sicurezza, affrontando scelte progettuali legate alla manipolazione di una sostan-za potenzialmente pericolosa come il perossido d’idrogeno ad elevate concentrazioni. Per una corretta progettazione dell’impianto di prova è stato d’uopo studiare i principi di funzionamento e i componenti di un endoreattore monopropellente a perossido d’idrogeno.

Il lavoro di tesi è stato suddiviso nei seguenti capitoli, che rispecchiano le principali fasi in cui può essere suddivisa l’intera attività sperimentale condotta.

• Il propellente: si descrivono le proprietà del perossido d’idrogeno più significative da un punto di vista propulsivo e si indagano tutti i problemi connessi con lo immagazzinamento e la manipolazione del perossido d’idrogeno.

• Il propulsore: si discute delle principali sfide tecnologiche relative al funzionamento del propulsore e si riportano le caratteristiche degli endoreattori testati.

• L’impianto di approvvigionamento: si illustra il dimensionamento e la configurazione del-l’ impianto di alimentazione del perossido d’idrogeno.

• La bilancia di spinta: si descrive la progettazione e la realizzazione della bilancia per la misurazione della spinta dell’endoreattore.

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Infine, nell’ultimo capitolo si traggono le conclusioni e si illustrano gli sviluppi futuri dell’ im-pianto di prova e della ricerca in questo settore.

Figura

Figura 1.2: L’impulso specifico nel vuoto del perossido d’idrogeno, per differenti concentrazioni, e dell’ idrazina in funzione del rapporto d’espansione dell’ugello
Figura 1.4: L’impulso specifico nel vuoto in razzi ibridi: confronto tra il perossido d’idrogeno ed altri ossidanti
Figura 1.5: L’impulso specifico volumetrico ideale di alcuni bipropellenti in funzione del rapporto di miscela ossidante/combustibile.

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