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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

ICONOGRAFIA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO

Il culto di San Nicola da Tolentino, propagatosi dalle Marche in tutta Italia già prima della morte del Santo, avvenuta nel 1305, ha indotto alla realizzazione di moltissime immagini. E’ attestata la presenza, nelle chiese di tutta Italia di immagini votive di Nicola anteriori alla canonizzazione del 1446.

Negli atti del Processo di canonizzazione vengono menzionate quattro promesse di esecuzione di immagini votive fatte eseguire da persone miracolate che vennero poste sulla tomba del santo. Una di queste, fatta dipingere alla fine del 1305 o agli inizi del 1306 dalla madre di una ragazza di nome Servita che fu miracolata dal Santo, rappresentava la Madonna con Bambino e San Nicola.

Nel 1321 è testimoniata da un certo Pellegrino da Rimini, sempre nell’ambito del Processo, la presenza intorno al sepolcro di più pitture; ne La Vita di Pietro da Monterubbiano troviamo una testimonianza della presenza di un’immagine di San Nicola in Santo Spirito a Firenze; Vasari cita una tavola di Stefano da Verona nella chiesa di Santa Eufemia la cui predella conteneva scene della vita di San Nicola.

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3.1 - L’immagine di San Nicola

“Rappresentato come un frate agostiniano di mezza età, vestito con un abito nero, con una cintura in pelle; stretti nella sua mano un giglio e un libro. Dardi nell’altra mano.”1

“Egli è vestito di un saio nero d’Agostino costellato di stelle con una cintura di cuoio. Una stella brilla sul suo petto e tiene nella mano un crocifisso floreale di gigli. Egli è caratterizzato inoltre da un cesto di panini portato da un angelo e un piatto da cui scappano dei perniciotti arrosto che resuscitano. Nel cielo appare una cometa sul suo luogo di nascita e Tolentino. Come san Giuda egli ha anche per attributo le anime del Purgatorio che lo supplicano nelle fiamme.”2

Queste descrizioni mettono in luce l’aspetto usuale del frate tolentinate.

Tra le caratteristiche del Santo vi è la corona clericale cioè la rasura simbolo della rinuncia effettuata al momento dell’abbraccio dello stato monastico. Era denominata anche “tonsura di San Pietro” in ricordo di quella portata da San Pietro per evocare la corona di spine di Cristo. Questa venne praticata a Nicola non appena prese i voti.

Durante il sinodo provinciale mediolanese del 1311 si ribadì la necessità della tonsura e della veste dell’Ordine vietando ogni ornamento.

Dopo l’unificazione dei gruppi eremitici ispirati alla Regola Agostiniana o Benedettina nell’unico Ordine Eremitano di Sant’Agostino, avvenuta nel 1256 per volontà di Papa Alessandro VI al fine di sedare le discordie fra fazioni e le eresie, la sede Apostolica impose di uniformarsi ad un unico abito: tunica nera di panno grezzo a maniche ampie, scapularius, mantellina con cappuccio, cintura larga in cuoio in vita. Il colore dell’abito era nero per manifestare il disprezzo per ogni ornamento e lusso e per ricordare sempre la condizione di peccatore. La forma della tunica era cruciforme per ricordare la passione di Cristo e quindi invitare alla crocifissione delle bramosie terrene. mentre la sua lunghezza fino alle caviglie doveva richiamare la perseveranza lungo l’intero arco della vita nel quadruplice voto di povertà, obbedienza, continenza e modestia. Il cappuccio con la sua sagoma a scudo calato sulle spalle simboleggiava la carità che protegge i religiosi consacrati dalle tentazioni e dai vizi sempre in agguato. La cintura stretta in vita alludeva alla repressione di ogni impulso sensuale.

1

Kaftal G., Saints in Italian Art. Iconography of the saints in Tuscan painting, Firenze 1952, pag. 769;

2 Reau L.,

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Queste sono le vesti indossate da Nicola al momento della sua entrata nell’ordine agostiniano e con le quali verrà raffigurato nelle varie immagini che si sono susseguite nel tempo. Nella prima iconografia appare anche una sottoveste che deborda dai polsini o dall’orlo della veste che potrebbe essere stata il simbolo delle origini, perchè indossata da frate Giovanni Bono.

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3.2 - Gli attributi di San Nicola

A Nicola verranno accostati tutta una serie di attributi complementari, scaturiti dal tenore della sua vita e dal suo carattere, nonché da episodi significanti, che renderanno facile la sua identificazione da parte dei fedeli.

Egli appare rappresentato con in mano alcuni oggetti, a volte simultaneamente, a volte alternativamente:

1) Il giglio – Questo è il fiore che tradizionalmente simboleggia la purezza a causa del candore dei suoi petali. In origine il suo significato si può ritrovare nelle Sacre Scritture che avvicinano i gigli alla sfera dell’amore di Dio;

2) Il crocifisso –E’ il simbolo della Passione e della salvezza che da essa deriva, su cui ogni giorno il Santo si prostrava a pregare, estremo conforto sul letto di morte;

3) Il codice con copertina rossa – Allude all’osservanza della verità rivelata. Il colore rosso vuole evocare il sangue sacrificato da Cristo.

Il codice a volte viene rappresentato con le pagine aperte e reca scritte alcune parole che vogliono sottolineare l’obbedienza alla Regula osservata da San Nicola: “Praecepta Patris mei servavi sempre ideo maneo in eius dilectione”.

Sono attestate alcune varianti che comunque vogliono mettere in risalto il distacco del Santo dalle cure mondane per consacrarsi alla vita monastica.

4) La stella radiante – Solitamente effigiata sul torace del Frate, oppure sorretta in mano che, non sempre, reca impressi occhi, naso e bocca di un putto.

La spiegazione di tale immagine risale ad alcune vicende del religioso riferite nelle sue biografie: “Tale innocentia si perde quando il fanciullo cresce et viene a maggiore età. Et di coti che io peccatore il quale tu vedi che mentre che io mi rallegrava et godeva in quella innocente citta de parguli essendo nella chiesa, nella quale io andava per consuetudine et per usanza quando il prete celebrava la Messa piu et piu volte quando veniva chellevava el prezioso et santo corpo di Crhisto et tenevale alto come usanza di mostrallo al popolo viddi con questi miei occhi apertamente uno fanciullo belliximo nell’aspetto cor risprendiente vestimento con una faccia razziante et rilucente più che mille soli con uno riso suaue soprattutto i deletti del mondo a vedere. Et manifestamente colla lingua parlava queste parole dicendo. Gli nocenti di quore et diritti in operatione mi si sono accostati. Ma poi chi

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fu agravato da maggiore cittade venne meno a miei occhi si iocunda visione et mancommi tanta letizia”. 3

Allusione allo stato di pia umiltà raccomandato da Sant’Agostino.

Sempre i suoi confratelli nelle loro opere raccontano che, per svariati anni prima della morte, il Frate ebbe la visione di una stella che, sorgendo dal cielo sopra Castel Sant’Angelo, andava a posarsi davanti all’altare dietro al coro dell’oratorio di Sant’Agostino ove lui celebrava, al punto da esserne indotto a desiderare quella sede quale luogo per il suo estremo riposo.

Negli anni seguenti alla morte e santificazione del monaco la stella fu poi notato dai devoti apparire sull’altare presso il sepolcro del Beato il 10 settembre, anniversario della nascita. Generalmente la stella ha un numero di raggi multiplo di quattro come i voti dell’Ordine eremitano; Umiltà, Castità, Obbedienza, Povertà e come i raggi della stella cometa che guidò i magi da Gesù che sono otto.

La compresenza di più elementi caratterizzanti rappresentati nelle immagini fanno si che il Santo sia identificabile immediatamente anche se esistono rari casi di raffigurazioni di Santi con gli stessi elementi caratterizzanti di Nicola come San Filippo Benizi. In questi casi bisognerà accertarsi del monastero o della chiesa di provenienza dell’immagine per poter arrivare all’identificazione del Santo.

La prima iconografia mostra Nicola come un uomo di mezza età, forte e placido che trasmette una grande pace interiore. L’iconografia successiva, passata attraverso le vicende della Controriforma, tenderà, invece, a ritrarre il Santo come un uomo anziano, barbuto e calvo, esternante tutte le sofferenze patite per le autoafflizioni a cui si sottoponeva nell’intento di evadere dai piaceri mondani e di avvicinarsi al Signore.

3

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3.3 – Immagini

Le immagini del Santo prodotte nei secoli sono veramente tante e lo ritraggono da solo, insieme ad altri Santi, insieme alla Madonna e al Bambino o nell’atto di compiere miracoli ed io posso solo fare un accenno delle opere più significative.

Una delle immagini più antiche è quella che si trova a Livorno, nella chiesa di San Jacopo in Acquaviva, risalente al secondo decennio del XIV sec. (fig. 25)4. Qui il Santo reca in una mano il libro e nell’altra il giglio ed una palma. La presenza della palma, insolita nell’iconografia nicoliana, ha indotto alcuni studiosi, tra cui Kaftal, a non identificare il Santo; altri, invece, hanno identificato San Nicola anche basandosi sul contesto storico in cui è ubicata la tavola in quanto la chiesa era un antico eremo agostiniano. Un’altra immagine antica è quella risalente al 1330 circa che si trova nella chiesa di San Piero all’Orto a Massa Marittima , attribuita alla scuola del Lorenzetti. (fig. 26) San Nicola è rappresentato in piedi a figura intera con l’abito agostiniano e il libro stretto tra le mani: a destra una figura femminile in ginocchio, probabilmente la committente dell’opera. La figura di Nicola era originariamente circondata da sei riquadri con storie di miracoli, di cui ne restano due in cattivo stato5. A Napoli, in San Giovanni in Carbonara, San Nicola da Tolentino è scolpito, ad opera di Andrea Guardi, su una lastra marmorea della cassa sepolcrale del monumento di Ruggero Sanseverino, del 1433 (fig. 27). E’ rappresentato con l’abito agostiniano e in una mano il libro aperto, nell’altra il giglio da cui germoglia la stella radiante.6 Una tavola, datata 1450-60 che si trova nella raccolta dell’Università di Lund, in Svezia, di contestata attribuzione (viene attribuito a Bonifacio Bembo da una parte della critica, al maestro della cappella di Ponticelli da un’altra parte) raffigura il Santo, giovanile e a figura intera, con gli attributi classici; il libro e il crocifisso nelle mani e la stella radiante sul petto (fig.28)7. In un’altra tavola che si trova in Sant’Agostino a Montepulciano il Santo è rappresentato come un uomo in età avanzata con in mano il libro e il giglio (fig. 29)8. La figura di San Nicola creata da Benozzo Gozzoli nell’affresco in Sant’Agostino a San

4

Kaftal 1952, 1049; Offner 1956, 110; Boskovits 1984, 14, 17; d’Aniello A. in Livorno…2000, 87-88; Carletti

L. e Bay C. in Cimabue a Pisa la pittura toscana del 200 da Giunta a Giotto, Pisa, 2005, 254;

5 Petrocchi 1900, 125; Mazzolai 1980, 82; Lombardi 1985, 291; Farinelli 1997, fig. 18;

6 Filangeri di Candida1924, 126-132; Causa 1950, 105-106; Abbate 1964, 455-456, fig. 119; Venditti 1969, 809-810; Ciardi 1986, 109; Idem 1987, 19-25; Negri Arnoldi 1994, 130-131; Negri Arnoldi 1994, 144,173, nota 8; Middione 1996, 64; Abbate 1998, 167-168; Pagano 1999, 96, fig. 119; Batoli 2002, 236; Natali 2002, 135-138;

7 Aldre Italiensk…1944, n. 41; Sirèn 1945, 66-67; Bandiera 1977, 68 nota 63; Todini 1984, 66; Bandiera in

Pinacoteca di Brera…1988, 53; Idem, in Gregari 1990, 65-66; Tanzi 2000, 151;

8 Van Marle 1924-1925, 540; Pope-Hennessy 1937, 62, 104, nota 12; Brandi 1947, 34; M.Lendini Moribondo in Arte in Valdichiana, 1970, 23-24; Pope-Hennessy, Kanter 1987, 140; Van Os 1990, 48-51; Ciarrocchi 1999,

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Gimignano, all’interno del ciclo rappresentante storie della vita di Sant’Agostino, appare all’interno di una nicchia a valva di conchiglia (fig. 30). Il Santo è ritratto con nelle mani il libro aperto e il giglio e sul petto la stella radiante; l’aureola ha inciso il suo nome9. Il San Nicola di Piero della Francesca, facente parte del polittico della chiesa di Sant’Agostino a Borgo San Sepolcro, oggi smembrato, è rappresentato in tutta la sua maestosità e corpulenza nell’atto di indicare la stella che si trova all’altezza del suo volto; in mano il libro chiuso (fig. 31)10. Ancora San Nicola da Tolentino è stato rappresentato, circa nel 1480, da Antonio da Fabriano in una tavola che si trova nella collezione Saibene a Milano (fig. 32). La stella radiante è tenuta in mano dal Santo e questo rappresenta una soluzione più tarda della soluzione iconografica nicoliniana. Ai piedi del santo è rappresentata una donatrice con le vesti della famiglia francescana11. Una scultura in marmo di San Nicola è stata realizzata dall’Ammannati per il monumento funebre del cardinale Piccolomini nel 1479 (fig. 33). Il Santo è rappresentato nella nicchia destra (nella sinistra è rappresentato San Giacomo maggiore) con l’abito agostiniano ed i sandali ai piedi, mentre stringe nella mano sinistra il libro della Regola12.

La figura del frate agostiniano appare anche rappresentata all’interno di raffigurazioni sacre quali la Crocifissione o la Madonna con il Bambino. In una tavola antica, risalente ai primi anni del XIV sec., Nicola è rappresentato ai piedi della croce su cui è stato crocifisso Cristo, in dolorosa preghiera (fig. 34). La tavola fa parte di un insieme di cinque forse appartenenti ad un dossale collocato in una chiesa dell’Umbria meridionale. Da esami di laboratorio si è potuto constatare che l’aureola è stata aggiunta in un secondo momento13. Un polittico, in cattive condizioni, ubicato presso il Museo di Villa Guinigi a Lucca e datato ultimo decennio del XIV sec. raffigura la Madonna con Bambino e i Santi Girolamo, Stefano, Nicola da Tolentino e Luca (fig. 35). Sembra che si tratti della tavola destinata all’altare di San Nicolò della chiesa di San Luca all’Ospedale della Misericordia di Lucca14 Una tela più tarda, di Lorenzo Lotto, rappresenta la Madonna e il Bambino tra i Santi Girolamo e Nicola (fig. 36). Quest’ultimo è ritratto con le mani, trattenenti un ramo di gigli, incrociate al petto su cui è raffigurata la stella radiante, mentre scruta il Bambino. Probabilmente questo

9 Padoa Rizzo 1992, 83; Cole Ahl 1996, 121-144; L. Venturini in Padoa Rizzo 1997, 59-68; Ciardini, Padoa Rizzo, Regolios, 2001; Padoa Rizzo 2003, 141-181;

10 Borenius 1916; Meiss 1941 e fig. 3; Clark 1951, 43, 208, tavv. 120, 122; Battisti 1971, I, 294-307 e fig. 164, 165; II, 37-49; Paolucci 1989, 212, 215 (ill.); Boskovits 1995; Di Lorenzo 1996; Calvesi 1998, 56-60, 212-215, cat. 15; 212, fig. 15/d;

11

Marcelli 2000, 257;

12 Davies 1910, 192-193; Riccoboni 1942, 29-30; Cannatà, Cavallaio, Strinati 1981, 48; Montevecchi 1985, 192; Giannatiempo Lòpez 1999, 252;

13 Rossi 1994; 14

Barsotti 1923, 301; Concioni, Ferri, Ghilarducci 1994, 167, 329-330; Boggi 1997, 167-172; Pisani 1998, 186-187, nota 44;

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quadro era destinato alla devozione privata. Ne esiste una replica autografa conservata a Boston15

15

Gould 1959, 53; Maschera 1971, 40; Mariani Canova, Pallucchini 1975, 97; Goffen 1978, 34-41; Lucco M. in Brown, Hynfrey, Lucco 1998, 145;

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3.4 - L’iconografia dei miracoli

Tra i miracoli che vennero imputati a San Nicola da Tolentino alcuni sono legati indissolubilmente alla figura del Santo e lo caratterizzano nell’immaginario popolare, tanto che moltissime immagini lo ritraggono intento al compimento del miracolo.

Uno dei miracoli più famosi è sicuramente quello della liberazione delle anime dal Purgatorio.

Di questo miracolo troviamo un resoconto nella biografia di Pietro da Monterubbiano che ci racconta come Nicola una notte ricevette la visita di un confratello defunto, Pellegrino da Osimo, il quale lo implorò di celebrare una messa per liberarlo dalle fiamme del Purgatorio. Nicola, dopo aver visto la folla di anime sofferenti e essersi così mosso a pietà celebrò la messa per una settimana intera alla fine della quale fra Pellegrino gli annunciò che a lui e agli altri defunti era stata aperta la porta del Paradiso. Da qui la nascita del culto di Nicola come protettore dei defunti; a lui venivano rivolte le preghiere per i propri cari.

L’intercessione dei Santi fu sempre più ricercata nel Medioevo anche se le preghiere per i defunti costituivano una tradizione cristiana antica. Al tempo di Nicola, poi, si sviluppò un dibattito sul Purgatorio a cui gli agostiniani presero parte attiva affermandone l’esistenza per le anime morte in stato di grazia ma non punite a sufficienza per i peccati durante la loro vita. Per queste anime e solo per queste, era possibile l’intervento dei vivi che con le loro preghiere potevano accelerarne la salita verso il Paradiso.

Le due immagini più antiche arrivate fino a noi sono due frammenti di affreschi conservati a Tolentino (fig. 37) e a Fermo (fig. 38); sono visibili le anime del Purgatorio ma, purtroppo, è andata perduta la parte raffigurante il Santo che, probabilmente, era rappresentato nell’atto di officiare la messa16. Tale rappresentazione la ritroviamo infatti in affreschi di epoca successiva quali quelli in San Giovanni in Carbonara, presso Napoli (fig. 39) e quelli in Santa Brigida a Bergamo (fig. 40-41) risalenti al XV sec. Anche molte pale d’altare riportano questo tema come quella della chiesa di San Michele de la Seu de Urgell, del 1433 (fig. 42) e quella di Antoine de Lonhy (1460 -62) del monastero agostiniano di Castelvì (fig. 43), adesso collocate entrambe a Barcellona, nel Museo d’Arte della Catalogna

.

Più tarda, risalente al XVI sec. è l’opera di un pittore imolese conservata presso la Pinacoteca comunale di Imola in cui vediamo il Santo in orazione in mezzo alle anime supplicanti (fig. 44). Troviamo ancora rappresentata l’intercessione di Nicola per le anime purganti in una tela di Cristoforo Serra datata 1655, anno in cui fu inaugurato l’altare di San Nicola nella

16 Ann M.Giletti in

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chiesa di Sant’Agostino a Cesena (fig. 45). All’incirca dello stesso periodo la tela che si trova a Fossano in cui Nicola è assorto nella preghiera davanti al crocifisso e in cui si vedono vorticare attraverso il portico le anime del Purgatorio (fig. 46). Ancora un dipinto ubicato presso la chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano a Vienna vede Nicola in ginocchio implorante presso la Trinità per la salvezza delle anime del purgatorio (fig. 47). Un affresco all’interno della cappella del cimitero della chiesa di Santa Maria a Unterschachen in Svizzera unisce le scene della visione di Nicola delle anime purganti e della messa officiata dal Santo per i defunti (fig. 48).

Il potere attribuito a Nicola di protettore contro la peste viene invece rappresentato, sembra per la prima volta, in una tavola conservata presso la chiesa di San Nicola a Pisa, collocabile nella prima metà del Quattrocento, che raffigura il Santo nell’atto di raccogliere i dardi scagliati da un demonio contro la città di Pisa, riprodotta ai suoi piedi (fig. 49). San Nicola è rappresentato secondo l’iconografia classica con il saio con la cintura in vita e recante nella mano destra il libro e il giglio17.

Un’altra pala d’altare rappresentante questo miracolo è datata 1445 ed è opera di Bicci di Lorenzo (fig. 50). E’ conservata a Empoli e raffigura il Santo mentre raccoglie nella mano sinistra le frecce scagliate dal Signore e reca nella mano destra il giglio e una pergamena: ai suoi piedi è rappresentata la città di Empoli18. Evidenti le similitudini tra le due pale, dovute forse alla volontà del committente, il priore del convento agostiniano fra Nicola da Roma, forse nell’intento di divulgare e quindi accrescere il prestigio del Santo. Una pala d’altare del tardo Quattrocento, in cui è rappresentata la triplice incoronazione di San Nicola e vari miracoli del Santo, lo raffigura anche nell’intento di salvare una città (identificabile come Pisa per la presenza di una torre pendente) dalla peste (fig. 51). Con una mano Nicola regge le frecce catturate, con l’altra strappa l’ultima freccia dall’arco del demonio; ai suoi piedi una città travagliata dalla peste, con i corpi dei morti accatastati davanti alle mura e i becchini intenti a trasportare le casse19.

Sembra che il culto del Santo come protettore delle epidemie di peste sia nato proprio a Pisa tardivamente rispetto alle attribuzioni degli altri suoi poteri. In effetti Pisa essendo una città di mare con un porto in fermento era soggetta ad epidemie ed era solita, secondo le tradizioni medievali, appellarsi ai Santi. Probabilmente la figura di Nicola come Santo

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Tronci 1643, ms.152, fol.215r.; Sainati 1886, 159; Kaftal 1952, 771-773, fig.867; Masetti 1964, 49-50; Tolaini 1967, 104; Lovitch 1991-1995, 104; Filieri 1995; Idem 1998, 82, 370-398.

18 Figlioli 1906, 132-135, 210-211; Covi 1986, 84-85, 460-461, App. 151; Paolucci 1985, car.16, 64-65; Simeoni 1986, 213-214..

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Alizeri 1846-1847, I, 334; De Floriani 1982, 36-38, 42, nn.8-12; Gallerie 1983, lotto n.50; A. De Floriani, in Algeri, De Floriani 1992, 258-260, 282 nn. 64,69.

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contro la pestilenza fu promossa dalla congregazione pisana degli agostiniani che reclamizzò le doti di taumaturgo del Santo ma nessun accenno a tale potere è rintracciabile negli Atti del Processo di canonizzazione o nella Vita di Pietro da Monterubbiano; ne troviamo testimonianza in un’altra Vita, quella di Ambrogio da Siena del 1476, quindi in epoca successiva alle prime rappresentazioni del miracolo.

La rappresentazione di Nicola come Santo contro la peste la ritroviamo anche in opere più tarde come, ad esempio, la tela conservata nella chiesa parrocchiale di Gavardo, datata 1638, in cui il Santo è rappresentato al centro, nell’intento di supplicare Cristo, attorniato da cadaveri e da una madre che lava il suo bambino (fig. 52)20. In alcune opere Nicola è rappresentato insieme ad altri Santi a cui erano attribuiti i poteri di protettori dalla peste come nella tavola di Benozzo Gozzoli e aiuti del 1480 circa che lo ritrae insieme ai Santi Rocco, Sebastiano e Bernardino da Siena (fig. 53)21.

Una delle prime immagini che mostrano il miracolo dell’impiccato compiuto post mortem da Nicola è quella che si trova nella cattedrale di Atri, risalente a prima del 1371, che mostra il Santo intento a tenere con la mano sinistra una figura oggi perduta e con la destra a benedire un gruppo di fedeli (fig. 54)22. Sotto la stessa cattedrale, nella cisterna romana, si trovano una serie di frammenti scultorei, risalenti alla seconda metà del XIV sec. (fig. 55); uno di questi sembra rappresentare il miracolo in questione con il Santo che sorregge i piedi di un impiccato23. Il miracolo fu compiuto da Nicola a favore dei fratelli Mizulo e Vanne, arrestati ingiustamente con l’accusa di omicidio, condannati all’impiccagione e salvati grazie all’intercessione del frate che sorregge il primo dei due fratelli, impiccato prima, e riesce ad ottenere la grazia per entrambi. Anche questo miracolo ha dato vita ad una moltitudine di immagini tra cui quella che si trova ad Amsterdam, risalente al 1450-60, attribuita a Zanobi da Berenson e raffigurante il Santo sollevato da terra nell’atto di sorreggere un impiccato (fig. 56)24. Un’immagine del Santo di cui ho già trattato (fig. 26), riporta ai lati due episodi miracolosi, uno dei quali riguarda il miracolo in questione; anche un trittico del XIV sec., di cui abbiamo perso le tracce, riporta il miracolo del salvataggio di un uomo ingiustamente impiccato, insieme ad altri miracoli, tra cui quello delle pernici che tratterò più sotto (fig. 56/a)24a. La predella di un affresco nella chiesa fiorentina di

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Dal Poggetto 1996, 45ss; Idem, in Immagine e mistero 2005, scheda 53.

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Ahl 1996, cat.47, 188-189, 237; Rizzo 1997, 143-144.

22 Bologna, Leone De Castris 1984, 289-290; Tartuferi 2000, 249-252. 23 Trubiani 1969, 247-249.

24

AASS, III, 663, n. 80; Collection...1928, 8, n. 16; Berenson 1932, 692, 698; Gaiffier 1943; Kaftal 1952, col.

772, n.III; Van Os, Prakken 1974, 76-77 (con bibl.). 24a Kaftal 1978, 773-778; Bisogni 1987, 268 nota 52;

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Orsanmichele, risalente al 1408-1409, descrive due miracoli, uno dei quali è il miracolo in questione, l’altro il miracolo delle pernici (fig. 56/b)24b.

A volte il salvataggio dell’impiccato riguarda un altro miracolo, quello del salvataggio del suicida Jacobuccio Fatteboni, che è descritto nelle storie rappresentate ai lati dell’affresco staccato che oggi si trova al Museo Civico di Sansepolcro, insieme ad altri miracoli (fig. 56/c)24c. I due diversi miracoli, il salvataggio dei fratelli Mizulo e Vanne ingiustamente impiccati e qullo del suicida Jacobuccio Fatteboni, vengono distinti di solito, in mancanza di ogni altro riferimento, per la presenza o meno di una figura sotto la forca, raffigurante il fratello in attesa dell’impiccagione. Così anche per il pannello intagliato rappresentante San Nicola che tiene con le mani un uomo che pende dalla forca, è ipotizzabile ili riferimento al miracolo del suicida. Tale pannello è parte di un dittico che raffigura, oltre a Nicola, anche Sant’Agostino (fig. 56/d)24d. Non sembra che esista nessuna immagine, a parte quella oggetto di questa tesi, che rappresenta San Nicola che salva due impiccati.

Il miracolo delle pernici è tra le narrazioni dei miracoli compiuti ante mortem facente parte della sfera del meraviglioso. Nicola si trovava a letto, debilitato per l’astinenza dal cibo a cui si era sottoposto e i frati del convento, per aiutarlo a rimettersi, avevano preparato per lui due perniciotti arrosto. Alla vista degli animali morti il Santo restituì loro la vita. E’ un episodio molto diffuso nell’iconografia nicoliana. Lo ritroviamo in un dipinto facente parte della collezione Corsini datato 1682 circa di Luca Giordano (fig. 57). Qui il Santo è rappresentato disteso sul letto, con il volto provato dal digiuno che si imponeva come atto ascetico, con un’espressione di gioia per l’apparizione della Vergine col Bambino (apparizione rara nell’iconografia di questo miracolo). Tre frati ai piedi del letto appaiono stupefatti dal compimento del miracolo delle pernici che riprendono a volare25. Lo stesso periodo di datazione è attribuito ad una tela di un pittore siciliano conservata presso Santa Maria della Neve a Piazza Armerina (fig. 58). Il Santo non è rappresentato a letto, come regola della consueta iconografia, ma è rappresentato seduto a tavola. Sul tavolo sono posti in primo piano il crocifisso, il rosario e il flagello per mettere in luce l’ascetismo di Nicola e attorno a lui sono rappresentati quattro confratelli in esaltazione e la Madonna con bambino e angeli26. In un’altra opera datata 1520 circa di Benvenuto Tisi, proveniente dalla chiesa di Sant’Andrea a Ferrara in cui si ha testimonianza della presenza di un ciclo di miracoli

24b Gamba 1904, 178-179; Finiello Zervas 1996. 546, figg 463-464; Pierguidi 1999, 428; 24c

Maetzke, Galoppi Nappini 1988, 133; Pegazzano 2001, 34; 24d

Servanzi Collio 1872, 87, 100; Lopez 1941, 228-230; Raponi 1994, 159-160; Coltrinari 2004,

25 Ferrari, Scavezzi 1966, I, 102; II, 122-123; Meloni Trkulja 1972, 35-36, 51-52, nota 48 (fig.40); Idem 1977, 579; Ferrari, Scavizzi 1992, I, 99, 301, A301; A. Delle Foglie, in Immagine e mistero 2005, scheda 60.

26 C.Carrera, in

(13)

nicoliano, andato disperso (questa tavola si trova al Metropolitan Museum of Art di New York) il Santo è rappresentato a letto, attorniato dai frati, nel momento del compimento del miracolo (fig. 59)27. Anche fuori dal territorio italiano troviamo attestazioni della diffusione di questo miracolo, ad esempio la tela che si trova a Salisburgo in Santa Maria Assunta, datata 1690 circa in cui il Santo si trova a letto attorniato dai confratelli stupiti dopo il compimento del miracolo; tra le nuvole la Madonna col Bambino e angeli e Sant’Agostino (fig. 60)28; quelle che si trovano in Sant’Agostino a Bogotà (fig. 61)29 e in Sant’Antonio nel Texas (fig. 62) che rappresentano il Santo in piedi davanti ad un tavolo nell’atto di pregare per la resurrezione delle pernici.

Uno dei miracoli più recenti, risalente al 1602, è il miracolo di Cordova che narra l’abbraccio tra le statue di Cristo e di Nicola durante una processione contro la peste, simbolo della cessazione del flagello. Tale miracolo lo ritroviamo raccontato in un dipinto del 1655 di Francesco Maffei, conservato nell’Oratorio di San Nicola a Vicenza (fig. 63). In un paesaggio di architetture maestose le due statue, divenute umane, si abbracciano sotto lo sguardo degli appestati e dei fedeli30. Un altro grande dipinto raffigurante il miracolo è quello presso la chiesa di San Nicola a Genova di mano di Giovanni Andrea Carlone risalente agli anni ottanta del XVII sec. (fig. 64). Le due figure di Cristo e del Santo sono in alto e illuminate; tutt’intorno una grande folla di persone agitate alla vista del miracolo e, tra queste, cadaveri colpiti dalla peste31. Un’immagine , risalente al XVII sec.di questo miracolo si trova anche a Bogotà presso la chiesa di Sant’Agostino (fig. 65)32. Il miracolo è stato rappresentato diverse volte nelle colonie ispaniche che si erano certo ispirate ad uno stesso modello diffuso tramite stampe.

Dopo la canonizzazione l’iconografia di Nicola si arricchisce del tema dell’incoronazione e San Nicola viene rappresentato con la corona nell’atto di debellare il demonio. E’ un’immagine consueta, risalente alla fine del Quattrocento, inizio Cinquecento che affonda le sue radici nel De Agone Christiano. di Agostino. L’incoronazione è il premio contro la

resistenza al demonio.

Ne troviamo un esempio nella tavola, ubicata nel Museo Civico di Crema risalente all’ultimo quarto del XV sec. dove campeggia il Santo, con gli attributi tradizionali, con ai

27 Longhi (1940) 1968, 157; Zeri, Gardner 1986, 23-25; Fioravanti Baraldi 1993, 156-157; Bayer 2003, 52-55. 28 Tietze 1912, 202; Hahnl 1998, 11.

29

Arte y fe 1995, 121.

30 Barbieri 1973; Bertelli, Briganti , Giuliano 1991, 353-355; De Vecchi, Cerchiari 1993, 681; A. Merlino, in

San Nicola da Tolentino e le Marche 1999, 206-207, scheda 200; F.Duranti, in Immagine e Mistero 2005, scheda 57.

31

Descrizione…1818 (1969, 39); Alizeri 1846-1847, 1134; Alizeri 1875, 522; Magnani 1990, 340-341; Idem

1994, 165. 32

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piedi il demonio, mentre riceve la corona dalla Vergine e da Sant’Agostino (fig. 66)33. La più antica immagine di San Nicola che riceve la corona, per quanto oggi documentato, è quella di Giovanni Mazone datata 1466 (fig. 67). Qui Nicola è al centro con in una mano il libro aperto e il crocifisso e nell’altra il lilium, circondato da figure angeliche mentre due angeli trasportano la corona34.

Esiste anche la versione con la triplice incoronazione: le tre corone vengono intese tradizionalmente come la corona sanctitatis, la corona virginum e la corona martyrum o come la conquista delle tre virtù teologali. In alcune opere il tema dell’incoronazione è contaminato dal tema del contemptus mundi esemplificato nella triade diabolus, mundus e caro, cioè il demonio, e la lussuria tra loro incatenati attorno al globo.Tutto questo era in linea con le esortazioni di Agostino a lottare contro le tentazioni del diavolo, le attrattive della carne, le insidie del mondo. A volte le corone appaiono colorate anziché dorate, di rosso, bianco e verde che sono le tinte che colorano gli abiti delle anime dei vergini, dei martiri e dei predicatori. Gli stessi colori contrassegnano le virtù teologali: bianco per la Fede, rosso per la Carità, verde per la Speranza. Il primo dipinto testimone della triplice incoronazione del Santo è il polittico di un pittore ligure lombardo di datazione tra il 1464 e il 1476 (fig. 51); al centro del polittico con storie della vita di Nicola vi è rappresentata la triplice incoronazione, con le corone poste una sopra l’altra35. Un’altra tra le prime opere che raffigurano questo tema risale al 1495-1500 ed è opera di Bernardino Loschi (fig. 68). Si tratta di un affresco, datato fine ‘400, strappato dalla sede originaria della chiesa di San Nicola da Tolentino a Carpi, distrutta, ed adesso ubicato nel Museo Civico Giulio Ferrari nella stessa città. L’affresco si trova in cattivo stato di conservazione ma vi si può notare che la figura del Santo è molto più umana, non più solo icona36. Un’altra opera risalente al 1495 è la tavoletta attribuita a Jacopo Loschi in cui il Santo campeggia al centro, con i piedi poggiati sul globo terrestre, quindi trionfante sulle insidie del mondo, mentre riceve le tre corono (fig. 69): agli angoli sono raffigurati i membri della confraternita37. Più tarda, risalente al 1605-1608, la tela con l’incoronazione di San Nicola che si trova a Chieri (fig. 70). Questa è il risultato dell’unione di due opere; quella di Guglielmo Caccia detto il

33 Piastrella 2001.

34 Herrera 1644, I, 318; Natale 1982, 85-90; Castelnovi 1984, 3-16; Boskovits 1987, 351-386; Castelnovi 1987, 73-160; A. De Floriani, in Algeri, De Floriani, 1992; A.G. De Marchi, in Zeri, De Marchi 1997, 240-245; Galli 2001, 68-80; Natale 2001, 457-463.

35 Alizeri 1846-1847, I, 334; De Floriani 1982, 36-38, 42, nn.8-12; Gallerie 1983, lotto n.50; A.De Floriani, in Algeri, De Floriani 1992, 258-260, 282 nn.64-69.

36

Garuti 1990, 32-33. 37 Garuti 1990, 31.

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Moncalvo che rappresenta la triplice incoronazione e quella di Francesco Fea che rappresenta storie della vita del Santo38.

Gli anni intorno al Processo vedono gli agostiniani intenti ad affermare il culto del loro Santo con la creazione di un ciclo pittorico nel Cappellone della chiesa di San Nicola a Tolentino che sarà anche il più importante monumento dedicato al Santo.

38 A.Marchesin,

in Aspetti della pittura del Seicento a Chieri 1999, 95-98, scheda 2; Intorno al Moncalvo 2000, 17,

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3.5 - Il Cappellone di San Nicola a Tolentino

Il Cappellone si trova nel chiostro medievale, sul lato est vicino alla chiesa.. L’originaria funzione di questo spazio è incerta, potrebbe aver funzionato da oratorio o sacrestia per i frati. Il primo documento che nomina il Cappellone è del 1348 e sappiamo che al momento del Processo esisteva già in quanto è qui che vi si tenevano le sedute. Vi sono varie testimonianze negli atti del Processo in cui viene riferito che i frati entrati nel convento passano nell’inclaustrum (forse chiostro) e da lì alla tomba di Nicola chiamata ecclesia, cappella od arca. Viene anche specificato che Nicola era stato sepolto nel luogo dove prediligeva pregare. Vari studiosi hanno cercato di identificare questo luogo specifico attenendosi ai documenti rinvenuti ma le conclusioni rientrano tutte nel campo delle ipotesi. Una di queste, e precisamente quella del Boskovits, identifica il luogo di preghiera in un piccolissimo ambiente posto tra la chiesa e il Cappellone dei giorni nostri. Questo significherebbe che le spoglie del Santo furono in seguito trasferite nell’attuale luogo di sepoltura, il Cappellone stesso che esisteva già. Altri studiosi pensano che il luogo di preghiera si trovasse proprio dove adesso è seppellito il santo e che il Cappellone sia stato costruito attorno a questo luogo.

Anche la datazione degli affreschi è incerta, viene ipotizzato un termine ante quem del 1348, data in cui risulta officiata una cappella di San Nicola, identificata nel Cappellone di Tolentino

Probabilmente la realizzazione degli affreschi è nata per intenti precisi, uno dei quali è sicuramente legato alla volontà di canonizzazione del Santo da parte degli agostiniani: un altro è quello pastorale in quanto le immagini illustrate costituiscono una catechesi semplice, ben leggibile da chiunque atta ad alimentare sentimenti anche nei meno istruiti. Gli affreschi ricoprono l’intero spazio della Cappella e si dividono in tre registri: uno riguarda scene delle principali feste della Vergine, quello di mezzo è formato da scene della vita di Cristo e l’ultimo riguarda scene della vita e dei miracoli di Nicola.

Gli affreschi sono in buone condizioni di conservazione ad eccezione di alcuni tratti bassi del registro inferiore, di una porzione della parete a destra dell’ingresso in parte demolita per l’apertura di un passaggio tra il Cappellone e l’ambiente attiguo, attuale sagrestia, e di alcune zone del registro mediano della parete d’ingresso. L’ingresso attuale corrisponde al quello originario.

La volta a crociera è divisa in quattro vele in cui sono raffigurati i padri della Chiesa e i quattro evangelisti,rappresentati in maniera tradizionale e identificati anche attraverso

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l’apposizione del nome scritto sopra le figure. Tutti i personaggi sono seduti su scranni.Sono raffigurazioni colte per cui è stato ipotizzato che l’ambiente fosse originariamente destinato ai monaci come sala capitolare.

Le figure degli affreschi sono disposte con una successione orizzontale a livelli per cui ad una medesima altezza si trovano figure simili. Risultano sette livelli: angeli e profeti, santi e profeti, sante, figure di agostiniani, figure di apostoli, santi re e santi cavalieri, e nell’ultimo santi vescovi, arcivescovi, fondatori degli Ordini religiosi e santi guerrieri. Probabilmente non si tratta di personaggi storici ma allegorici.

Alla base delle volte sono rappresentate le quattro virtù cardinali e le quattro virtù teologali più, accanto alla Giustizia, l’allegoria dell’Ingiustizia.

Di seguito, lungo le pareti, sono disposte quattro lunette ampie con scene rappresentanti le principali feste della Vergine: la Visitazione, la Natività, l’Adorazione dei Pastori, l’Adorazione dei Magi; nel lunettone verso la chiesa è rappresentata la Presentazione al tempio e sulla parete

dell’altare la Dormitio Virginis.; qui, capeggiante una piccola folla di devoti (tredici), è

raffigurato Nicola con l’aureola.

Le vele a lunetta sono divise con cornici intercalate da medaglioni raffiguranti personaggi a mezzo busto. Anche la zona mediana e quella inferiore sono divise da cornici.

Sotto i lunettoni sono affrescati i due registri di storie; quello mediano riguardante scene della vita di Cristo e quello più basso riguardante scene della vita e miracoli di Nicola. Le scene del ciclo cristologico sono: la Strage degli innocenti, la Disputa con i Dottori, il Ritorno a Nazareth, le Nozze di Cana, l’Ingresso a Gerusalemme, l’Orazione nell’orto, la Discesa al limbo, le Marie al sepolcro, la Resurrezione, l’Ascensione e la Pentecoste.

Sembra non cercata la concordanza tra le scene della vita di Cristo e quelle della vita di San Nicola, come invece risulta essere ad Assisi dove San Francesco viene presentato come un alter Christus. Le tre fasce hanno un inizio logico indipendente l’una dall’altra ciascuna in una parete diversa.

Il ciclo di affreschi con storie di San Nicola inizia a destra della parete dell’altare, di fronte all’jngresso del chiostro ed è in condizioni piuttosto buone anche se presenta alcune lacune dovute a infiltrazioni di umidità e all’aggiunta nel corso dei secoli di finestre e di una porta. Il ciclo di affreschi fu realizzato per volontà non di un solo committente ma per volontà corale, come dimostrano le piccole figure di donatori e donatrici presenti un po’ ovunque negli affreschi.

Per spiegare le scene dipinte ci si può avvalere delle fonti della vita di San Nicola da Tolentino e cioè il Processo e la Vita di Pietro da Monterubbiano. Quando non si trova

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riscontro delle scene nelle fonti può darsi che la fonte sia andata perduta oppure che esistesse solo una fonte orale.

Il ciclo di affreschi si compone di sette scene in vita e sei postume.

Nelle scene della vita accanto agli eventi miracolosi sono illustrati anche eventi della vita di tutti i giorni; le scene postume sono tutte relative ai miracoli.

I miracoli postumi sono divisi per categorie com’è nella Vita di Pietro e com’è, in genere, prassi iconografica. Tali categorie sono: risurrezione dei morti, salvezza dalle insidie degli uomini; salvezza dalle insidie della natura; liberazione degli ossessi e guarigione di malattie. Possiamo notare che non è rappresentato nessun miracolo di guarigioni di appestati, cosa per cui il Santo divenne famoso.

I scena – I genitori di Nicola prima della sua nascita in pellegrinaggio al sepolcro di San Nicola da Bari hanno la visione del santo che predice loro la nascita del figlio. La fonte su cui si basa questa scena è il V articolo del Processo in cui l’episodio è testimoniato da due uomini. La scritta che si trova sull’altare “Nascetur vobis filius et vocabitur Nicolaus”è ripetuta

alla lettera dall’articolo suddetto e il Santo e i genitori sono rappresentati nelle vesti descritte dai testimoni: San Nicola “in habitus pontificali” e i genitori “in modum peregrinorum habitum assumentes”.. Tale vicenda è ripresa nella biografia di Pietro da Monterubbiano che la allarga e la adatta alla regola agostiniana introducendo Cristo come artefice dell’apparizione di San Nicola.

II scena – San Nicola fanciullo a scuola. Il Santo si trova in un gruppo di bambini, in prima fila, sulla sinistra dell’affresco, il maestro sulla destra seduto al banco. Accanto a Nicola vi è apposta la scritta “Dissce ubi sit sanctitas ubi sit virus ubi sit fortitudo” che potrebbe riferirsi alle

parole del maestro e quindi il libro in mano a Nicola potrebbe essere il Vangelo. In questa scena, quindi, Nicola segue l’istruzione religiosa che gli viene impartita.

Tale scena non è menzionata da nessuna delle fonti scritte.

III scena – San Nicola fanciullo ascolta la predica di un frate eremitano agostiniano. Il frate predica dal pulpito in una piazza di Sant’Angelo; alla sua sinistra le donne e i bambini, alla destra gli uomini. Nicola non gioca come gli altri bambini ma ascolta il predicatore.

Anche per questa scena non vi è una fonte scritta anche se vi è un breve accenno nell’at. 8 del Processo.

IV scena – Vestizione di San Nicola. Lo stesso frate che predicava nella scena precedente veste Nicola con l’abito chiaro dei novizi

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V scena – Un angelo porge una corona a San Nicola in preghiera che vince la tentazione di abbandonare l’ordine. Nicola è rappresentato in ginocchio, nell’atto di pregare davanti ad un altare in una chiesa mentre un angelo sta per porgli una corona sulla testa.

Nessuna delle fonti menziona l’angelo ma un episodio raccontato da Pietro spiega la scena: un priore parente di Nicola lo invita a lasciare un ordine così povero e Nicola per non cadere in tentazione si immerge in preghiera. La presenza di una corona ha il significato di superamento di una grave tentazione. La successiva iconografia di Nicola raffigurerà il santo con la corona di vergine e perfino di martire.

VI scena – San Nicola celebra la messa per i defunti e li libera dal purgatorio.

Tale scena è frammentaria a causa dell’inclusione di una porta, che originariamente non c’era e che ha creato una lacuna riguardante proprio il santo che celebra la messa. Ancora visibile l’anima di un frate trasportata da un angelo e, sotto, nelle fiamme, le anime dei purganti.

Anche questo episodio non è menzionato nel processo ma solo ne La Vita che narra

dell’apparizione a Nicola di frà Pellegrino che chiede una messa in suffragio delle anime del purgatorio: dopo una settimana di celebrazione della messa Nicola ottiene la liberazione delle anime che librano in cielo. Tale miracolo è uno di quelli che, più degli altri, lo renderà conosciuto alle masse e che gli faranno guadagnare l’appellativo di Santo delle anime del Purgatorio.

VII scena – Funerali di San Nicola.

La scena rappresenta il momento della morte e delle esequie. Il santo è posto su un catafalco al centro e i confratelli si trovano ai lati: sulla sinistra uomini armati trattengono la folla che spinge per entrare. Sopra il catafalco Cristo, la Madonna, Sant’Agostino e angeli musicanti. La fonte è La Vita da cui viene ripresa la richiesta fatta da Nicola della croce, che viene

rappresentata fra le sue mani.

VIII scena – San Nicola resuscita Filippa di Baracca da Fermo.

Una fanciulla che sta per essere portata in chiesa a ricevere le esequie funebri, è resuscitata da Nicola e viene abbracciata dalla madre. Intorno vari personaggi e i chierici che stanno entrando in chiesa. Nel Processo viene detto che Nicola compì miracoli di resurrezione di morti e vengono narrati vari episodi tra cui quello raffigurato.

IX scena – San Nicola restituisce la vista ad Anfelisia da Tolentino.

San Nicola è rappresentato mentre tocca il volto della donna inginocchiata davanti a lui e la benedice, rendendole la vista. Ancora il Processo afferma che Nicola restituì la vista ai ciechi e menziona almeno otto miracoli del genere.

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X scena – San Nicola libera Lorenzo Bottoni tenuto prigioniero dai ladroni in una capanna. Nicola tiene per mano un uomo con le mani legate e lo conduce fuori della capanna mentre figure di uomini armati dormono. Sulla porta della capanna vi è la scritta “Dominus meus adiutor et ego despitiam inimicos meos”

Il Processo dice genericamente che Nicola ha liberato dei prigionieri e l’episodio raffigurato è raccontato da due testimoni.

XI scena – San Nicola salva una nave dal naufragio.

Il Santo appare ad alcuni naviganti durante un naufragio; la nave è danneggiata, l’albero spezzato e le vele cadute; in cielo è raffigurata una stella.

Nel Processo si parla di due miracoli di salvataggio di navi, uno dei quali appare anche ne

La Vita; potrebbe trattarsi del salvataggio della nave su cui viaggiava Antonio di Tommaso

dei Parigini, genero di Berardo Appillaterra, nel 1317.

XII scena – San Nicola salva un condannato a morte appeso ad una forca.

Il santo sostiene un uomo appeso ad una forca, con gli occhi bendati e le braccia legate dietro la schiena.

Lo stesso miracolo viene narrato nella biografia. Due fratelli sono condannati a morte; uno viene appeso alla forca e salvato da Nicola. Le condizioni dell’affresco non permettono di accertarsi se la figura del secondo fratello esistesse o meno e quindi se ci si volesse riferire proprio a questo miracolo.

XIII scena – San Nicola guarisce malati accorsi alla sua tomba alla presenza della Madonna e del Bambino.

Sulla sinistra si trovano la Madonna con il Bambino in trono, nel centro Nicola mentre benedice un gruppo di malati ed una pazza.

Tali miracoli i vennero raccontati nel Processo e sono testimonianza del pellegrinaggio di fedeli intorno al sepolcro del Santo. Non si sono potute identificare le persone miracolate che certamente erano state volute dalla committenza.

Come già accennato non vi è concordanza tra le scene del ciclo cristologico e quelle del ciclo di San Nicola; esiste invece una certa attenzione alla disposizione delle storie sulle pareti così da segnalare ambienti conventuali significativi. L’ingresso dal chiostro al Cappellone mostra la Crocifissione e, a fianco, ha inizio il ciclo di Nicola. Verso l’attuale

sacrestia si trovano le scene della scelta monastica di Nicola; il gruppo di miracoli per la gente comune è posto sulla parete verso la chiesa.

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La paternità del ciclo di affreschi è incerta: una parte della critica la identifica con un. seguace di Pietro da Rimini, il Maestro di Tolentino o con Giovanni Baronzio. Comunque la tesi più avvalorata è quella che attribuisce il ciclo a Pietro da Rimini e aiuti.

La scuola riminese lavorò quasi esclusivamente per i Francescani e per gli Agostiniani. Giovanni da Rimini iniziò la collaborazione con gli agostiniani sul finire del XIII sec. con gli affreschi della cappella del campanile della chiesa di Sant’Agostino a Rimini; al 1311 vengono fatti risalire gli affreschi, attribuiti a Giuliano da Rimini e aiuti, del ciclo pittorico a Sant’Agostino di Fabriano; nel 1324 Pietro e Giuliano da Rimini dipingono un polittico, ora perduto, per l’altare maggiore della chiesa degli Eremitani di Padova. La chiamata a Tolentino dei pittori riminesi, quindi, potrebbe far parte di una strategia dell’Ordine agostiniano mirante a realizzare nei luoghi in cui la presenza dell’Ordine era più importante, cicli pittorici di prestigio.Gli affreschi del Cappellone di Tolentino hanno molti echi derivanti da quelli del Coro di Sant’Agostino a Rimini, ad esempio nella disposizione delle storie entro lunghe fasce poco profonde o negli atteggiamenti delle figure.

Comunque la critica è concorde nell’affermare che gli affreschi non sono attribuibili ad un solo pittore ma furono opera di più pittori a causa delle differenze di stile e di qualità che caratterizzano ampiamente il ciclo di affreschi. Nel Medioevo sappiamo che il lavoro per la creazione dell’opera d’arte si strutturava nella bottega che era un insieme di lavoranti con mansioni diverse guidati dal capo bottega. La scuola riminese era ben strutturata in questo senso e riusciva a far fronte alle committenze in maniera veloce ed in un’ampia fascia territoriale. Per trovare tracce della mano di Pietro si può confrontare la pittura con l’unica sua opera firmata arrivata fino a noi, la Crocifissione di Urbania e trovare molte affinità, a

partire dalle figure sulla volta. Alcuni studiosi hanno ravvisato nell’esecuzione degli affreschi una certa fretta e forse anche una disponibilità limitata di mezzi economici per l’uso di materiali non di pregio e per l’ampia differenza di grado stilistico degli aiuti.

Gli affreschi degli altri registri sono stilisticamente e iconograficamente omogenei, si da far supporre una stessa datazione confermata dal fatto che la figura di Nicola in preghiera appare nel registro più alto, nella scena della Dormitio Virginis. La critica in un primo tempo

riteneva che la datazione degli affreschi dovesse avere come termine post quem il Processo di canonizzazione; gli studi effettuati successivamente da studiosi quali il Bellori o il Bisogni, hanno anticipato tale data agli anni della morte di Nicola, ponendo questa data come termine post quem (figg. da 71 a 78).

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3.6 - Altri cicli pittorici

Il ciclo di affreschi con storie di San Nicola a Tolentino è un unicum ma non è il solo ciclo esistente su questo tema. Il culto del Santo ha dato vita a svariati cicli pittorici, molti dei quali voluti dai frati agostiniani per le loro chiese.

Uno di questi cicli pittorici è quello esistente nel Chiostro di Santa Croce di Casale Monferrato dell’ex convento degli eremitani di Sant’Agostino.

Originariamente le storie dovevano ricoprire tutte le pareti sotto le trentuno arcate del chiostro adibito all’accoglienza dei fedeli e dei pellegrini Nel 1801 il convento fu soppresso e fu adibito a sede del Comune: furono allora realizzati interventi di ristrutturazione e una parte del chiostro fu abbattuta. Altri affreschi furono ricoperti successivamente.

Negli anni ottanta del 900 il restauro ha portato alla luce gli affreschi coperti e sono oggi visibili su ventitré lunette. Le lunette raccontano storie della vita e dei miracoli del santo; alcune di esse sono incomprensibili. La critica ha potuto individuare la fonte ne La gloriosa vita e gli eccelsi miracoli dell’almo confessore Santo Nicola da Tolentino dagli antichi originali raccolta di

Ambrogio Frigerio pubblicata a Ferrara nel 1588, con illustrazioni di un anonimo intagliatore. Infatti l’affresco con il miracolo delle braccia è copiato totalmente da tali illustrazioni. Sembra però evidente l’intervento del committente, in questo caso gli agostiniani, in quanto gli affreschi seguono la biografia solo fino alla morte del Santo, narrando i miracoli compiuti in vita (miracolo delle pernici, miracolo delle rose, apparizione delle Vergine col bambino, Sant’Agostino e Santa Monica, apparizione del coro angelico, morte del Santo); dal miracolo delle braccia inizia una discordanza di tempi con il testo forse dettata dalla nuova visione della santità nata con la Controriforma che necessita di miracoli accertati. Gli altri affreschi del lato sud rappresentano la scena della petizione di Giovanni XXII e eventi taumaturgici, non presenti nell’edizione suddetta. Le scene quindi sono forse frutto dell’immaginazione del pittore che ha inteso rappresentare gli oltre trecento eventi miracolosi ponendo il Santo in cielo all’interno di una nuvola dorata. In tutti gli affreschi, sia in vita che in morte, Nicola è rappresentato non più giovane, con un po’ di barba sulle guance e senza i suoi attributi consueti, come un semplice frate, forse perché lo spettatore lo sentisse vicino.

Gli affreschi del lato ovest sono meno leggibili, più frammentari in quanto su questo lato sono state praticate delle aperture di finestre e porte; comunque riguardano i miracoli del Santo e terminano con il miracolo della liberazione dall’assedio della città di Amelia. Qui si trova l’iscrizione contenente il nome degli autori che sono Guglielmo Caccia detto il Moncalvo e Giorgio Alberini e la datazione del 1610.

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Evidente l’intento dei frati agostiniani di presentare la vita del Santo come esempio da perseguire e i miracoli come esaltazione della figura del frate che servisse da stimolo anche ai confratelli (figg. da 79 a 86).

Anche la Cappella di San Nicola da Tolentino in Sant’Agostino a Roma ospita un ciclo completo dell’agiografia nicoliana..

Il ciclo inizia sulla volta, divisa in quattro scomparti trapezoidali, in cui sono narrate le vicende anteriori alla nascita del Santo quindi incentrate sui genitori fino alla nascita e alla visione di Nicola che indica ai genitori il Cristo risorto. Al centro in un ovale Nicola bambino vede Gesù nell’ostia consacrata.Vi sono anche raffigurate virtù cardinali a monocromo e, negli angoli, i quattro dottori della chiesa latina (fig. 87).

Nelle due grandi lunette sotto la volta sono illustrati episodi della vita del Santo; la Vergine gli porge il pane e il transito affiancati dalle virtù (figg. 88-89). Sulle pareti laterali sono raffigurati San Nicola che officia la messa per le anime del purgatorio e il miracolo di Cordova con i quattro beati agostiniani. Infine sull’altare è esposta la pala con la Triplice incoronazione di San Nicola da Tolentino. La vicenda dell’esecuzione degli affreschi è molto lunga e complessa: l’inizio si può far coincidere con l’anno 1588 quando fu stipulato un contratto con il pittore Giovan Battista Cavagna per gli affreschi della volta e la fine con il 1615 anno in cui gli agostiniani si incaricarono di farlo terminare sostituendosi agli eredi della cappella. Le pitture della volta sono opera per la parte maggiore di Giovan Battista Ricci.

La pala d’altare è opera di Tommaso Salini, ispirata dalla stampa del volume di Ambrogio Frigerio più sopra descritto ma riguardante l’edizione pubblicata a Camerino nel 1578 (tale volume ebbe cinque ristampe) (fig. 90).

Come si può constatare dal grandissimo numero di immagini create nel tempo, (di cui ho potuto citare solo una parte) la figura di San Nicola da Tolentino ha accompagnato e interessato le popolazioni di varie epoche. Questo fatto è spiegabile in origine con il carisma che il Santo sprigionava e con l’esemplarità della sua condotta di vita; successivamente con il tramandarsi del mito, creato dal fervore dei fedeli ma anche dalla volontà degli Agostiniani interessati a propagandare la loro confraternita.

Abbiamo visto che il fiorire delle immagini si ebbe soprattutto in ambito umbro-marchigiano ma il culto del Santo toccò tutta l’Italia e ne sconfinò.

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