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3. MATERIALI E METODI

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3. MATERIALI E METODI

3.1 BIOLOGIA MOLECOLARE

3.1.1 Mutagenizzazione del gene env

La produzione dei cloni modificati nel gene env è stata realizzata mediante reazione polimerasica a catena (PCR). Sono stati disegnati ed utilizzati quattro primer, due dei quali costruiti opportunamente per inserire le modificazioni desiderate, ovvero la delezione delle triplette codificanti per glicina e tirosina o la sostituzione di tali triplette con quelle per alanina ed isoleucina. I suddetti primer sono stati disegnati in modo che risultassero perfettamente complementari alla sequenza di FIV-Pet nelle porzioni che fiancheggiano la sequenza da mutare, e contenenti nella parte centrale la mutazione desiderata. I cloni con la delezione dei due codoni GGA e TAC (8724-8729 posizione nucleotidica relativa all’isolato FIV Petaluma) codificanti per glicina e tirosina, sono stati ottenuti attraverso tre successive PCR.

Nella prima, che rimuove entrambi gli aminoacidi (indicato come XX nei cloni molecolari prodotti), sono stati utilizzati i primer TM-S e ENV∆XX-AS (Tab. 1) che amplificano un frammento di 648 paia di basi (basepair, bp). Il saggio è stato allestito mescolando, in un volume finale di 50 μl, tutti i componenti della reazione: tampone di reazione 1X (Tris-HCl 10 mM a pH=9; KCl 50 mM; Triton X-100 0,1% - Polymed, Firenze, Italia), MgCl2 1,5 mM (Polymed), 0,4 μM del primer senso TM, 0,4 μM del

primer antisenso ENV∆XX-AS, dNTPs 200 μM, 1 U di Taq polimerasi (Polymed) e 10 ng di DNA plasmidico p34TF10.

I campioni sono stati denaturati a 94 °C per 2 minuti ed amplificati secondo il seguente programma: denaturazione a 94 °C per 30 secondi;

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annealing dei primer a 60 °C per 30 secondi; estensione a 72 °C per 50 secondi. Il ciclo di amplificazione è stato ripetuto 30 volte, per permettere una sufficiente produzione della sequenza di interesse. Successivamente è stata eseguita un’incubazione finale a 72° C per 10 minuti ed il prodotto della PCR evidenziato su gel di agarosio all’1%. Analogamente è stata condotta la seconda reazione di amplificazione che differisce dalla precedente solamente per i primer utilizzati, ENV∆XX-S e LPCR-AS, e per la lunghezza del frammento atteso che è di 356 bp.

I frammenti amplificati con le due reazioni di PCR, sono stati corsi su gel di agarosio e purificati mediante estrazione con Promega Extraction Kit. I due frammenti sono stati poi riuniti per ottenere un unico segmento di 990 bp mediante una terza reazione di amplificazione con i primer TM-S e LPCR-AS ed i reagenti sopra descritti. Analogamente il profilo di amplificazione è uguale a quello precedentemente descritto tranne il tempo di estensione, portato ad 1 minuto ed il numero di cicli ridotti a 25. La PCR è stata eseguita in quadruplicato per garantire una maggiore quantità di prodotto finale. Il prodotto di amplificazione è stato purificato mediante precipitazione realizzata aggiungendo all’amplificato 0,1 volumi di una soluzione di acetato di sodio 3M a pH=5,5 e 3 volumi di etanolo assoluto, raffreddato a -20 °C. Il DNA precipitato a -20 °C overnight, è stato centrifugato a 12000 rpm per 30 minuti a 4 °C. Dopo aver eliminato il surnatante è stato effettuato un lavaggio con etanolo freddo al 70% seguito da un’ulteriore centrifugazione a 12000 rpm per 5 minuti a 4 °C. Il pellet formatosi è stato asciugato mediante una pompa a vuoto (Savant Speed Vac, U.S.A.) e risospeso in 25 μl di acqua distillata.

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stata eseguita con i primer ENVAI-S e LPCR-AS, che hanno prodotto un frammento di 362 bp, e la terza, con TM-S e LPCR-AS, che hanno originato un frammento di 996 bp. I reagenti ed i profili di amplificazione usati in queste tre PCR sono gli stessi di quelli usati per creare la delezione.

Tabella 1:primer usati per il clonaggio ed il sequenziamentoa

Primer Sequenza 5’Æ3’ LTR-AS ATTTTTTCTAATGTTCTATGAGCTGTCCC ENVAI-S GTATCCACAAGATACTAGCAATCACAGTAATTGCAATGCCTGAAG ENVAI-AS CAGGCATTGCAATTACTGTGATTGCTAGTATCTTGTGGATACAATTTC ENV∆XX-S GTATCCACAAGATACTAACGATAATTGCAATGCCTGAAG ENV∆XX-AS CAGGCATTGCAATTACTGTTAGTATCTTGTGGATACAATTTC TM-S GGCAGCTATTCATGTTATGTTGGCT LPCR-AS GCTGTCTCCCGTTGTAGAAGTCG PET92R-AS Cy5-GAAGAAGAAGAAAGAAGAAAGCCTTCAAG Seq-ORF-AS Cy5-GCTGGAACCTGTTATGGTCGC

I primer con XX indicano la delezione di entrambi gli aminoacidi glicina e tirosina, quelli con AI la sostituzione di glicina e tirosina rispettivamente con alanina (A) ed isoleucina (I). I primer con Cy5 sono stati usati per il sequenziamento.

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3.1.2 Inserimento dei frammenti mutagenizzati

nei cloni molecolari FIV

I frammenti contenenti la delezione dei due codoni (indicati come XX nei cloni molecolari prodotti), oppure quello codificante per alanina ed isoleucina (AI nei cloni molecolari), sono stati inseriti nei cloni molecolari replicazione-competenti Δ00 e Δ23. Entrambi i cloni contengono l’isolato FIV Petaluma wild-type (Δ00) o con due stop codon seguiti da tre delezioni aminoacidiche (Δ23) nel gene accessorio ORF-A. L’inserimento dei frammenti è avvenuto tramite due enzimi di restrizione che riconoscono siti di taglio unici nei plasmidi contenenti i cloni molecolari FIV e nei frammenti di PCR. Da un’attenta analisi è emerso che gli enzimi AsuII e SpeI rispondevano a queste esigenze e sono stati usati per la digestione. La reazione di digestione enzimatica è stata condotta in parallelo per plasmidi e frammenti a 37 °C per 3 ore. La miscela di reazione conteneva un tampone specifico per i due enzimi, 1μg di frammento PCR oppure 5μg di plasmide, BSA (0,1 μg/μl), e 5 U/μg dei due enzimi (New England Biolabs, Milano, Italia). Per garantire la massima efficienza di digestione, la quantità di enzima aggiunto era tale da non superare il 10% del volume totale della miscela di reazione. I prodotti ottenuti sono stati controllati su gel di agarosio, e successivamente i plasmidi digeriti sono stati purificati mediante precipitazione con sodio acetato ed etanolo come già descritto, mentre i frammenti di PCR sono stati purificati mediante estrazione da gel e precipitati in acetato/etanolo.

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3.1.3 Defosforilazione e ligazione

I cloni modificati, denominati p∆00XX (nessuna mutazione in ORF-A e delezione di glicina e tirosina), p∆00AI (nessuna mutazione in ORF-A e sostituzione di glicina e tirosina con alanina ed isoleucina), p∆23XX (due stop codon e delezione di tre aminoacidi in ORF-A e delezione di glicina e tirosina), p∆23AI (due stop codon e delezione di tre aminoacidi in ORF-A e sostituzione di glicina e tirosina con alanina ed isoleucina) sono stati prodotti mediante linearizzazione dei plasmidi p∆00 e p∆23 e successiva defosforilazione per togliere i gruppi fosfato dalle due estremità generate dalla digestione con gli enzimi AsuII e SpeI. In tal modo si riduce la probabilità che i plasmidi si possano ligare tra loro durante la reazione di ligazione. La reazione di defosforilazione è stata condotta per 30 minuti a 37 °C, utilizzando il tampone specifico, in quantità pari a 1/10 del volume finale, 1μg del plasmide precipitato e 2 U di enzima Shrimp Alcaline Phosfatase (Sap-Promega, Medison, WI, U.S.A.). E’ stato quindi possibile procedere in parallelo ligando i plasmidi defosforilati con i due frammenti di PCR.

La reazione catalizzata dalla T4 DNA ligasi (MBI Fermentas, Milano, Italia) è avvenuta in un volume totale di 20 μl in cui erano presenti: tampone di reazione 10X (400 mM Tris-HCl pH=7.6, 100 mM MgCl2,

100 mM DTT, 5 mM ATP), H2O, 5 U di T4 DNA ligasi (MBI Fermentas),

DNA in quantità variabile in base alle esigenze sperimentali. La miscela è stata incubata a 16 °C overnight quindi l’enzima è stato disattivato portando la temperatura a 65 °C per 10 minuti.

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M Muuttaaggeenneessii ppeerr PPCCRR PCR 2 PCR 1 G Y T V I G Y T V I PCR di unione 1-2 SpeI Asu II Taglio enzimatico

Delezione di GY o sostituzione GY/AI

+

SpeI Asu II

p∆00/p∆23

Ligazione

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3.1.4 Trasformazione

I plasmidi ricombinanti così ottenuti sono stati inseriti nel ceppo JM109 di E. Coli (trasformazione). Le cellule batteriche erano state rese competenti in precedenza e conservate a -80 °C. Le trasformazioni sono state eseguite aggiungendo 20 μl di ligazione a 100 μl di cellule JM109 ed incubando la miscela in ghiaccio per 30 minuti.

Dopo l’incubazione le cellule sono state sottoposte a shock termico ponendole a 42 °C per 45 secondi, in modo da alterare la permeabilità delle membrane e favorire l’entrata del DNA plasmidico. La coltura è stata nuovamente messa in ghiaccio per 2 minuti, addizionata di 1 ml di terreno SOC (2% Triptone, 0,5% di estratto di lievito, NaCl 10 mM, KCl 2.5 mM, MgCl2 10 mM, MgSO4 10 mM e glucosio 20 mM), quindi

posta in agitazione a 210 rpm a 37° C per 45 minuti.

Le cellule sono state poi piastrate su terreno Luria Bertani (LB)-agar (10 g Triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 g/l NaCl pH=7, agar 1.5%) contenente ampicillina 50 μg/ml. Questo antibiotico consente di selezionare le cellule batteriche contenenti il DNA plasmidico che porta al suo interno un gene il cui prodotto conferisce resistenza all’ampicillina. Le piastre sono state incubate a 37 °C overnight.

3.1.5 Screening delle colonie

Per discriminare i cloni che hanno ricevuto il plasmide ricombinante da quelli con il plasmide richiuso su se stesso è stata eseguita una PCR direttamente su colonia batterica usando i primer LTR-AS, ENV∆XX-S, ENVAI-S (Tab. 1), che amplificano una sequenza di 491 bp. La miscela di reazione per ogni campione era costituita da: buffer 1X (Buffer 10X Polymed), 50 mM MgCl2(Polymed), 0,4 μM primer LTR-AS ed ENVΔXX-S

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Healthcare, Milano, Italia), 0,5 μl di pellet batterico (come templato),

Taq polimerasi (Polymed) 0,2 U, H2O fino a raggiungere un volume di

25 μl.

E’ stato applicato il seguente profilo di amplificazione: denaturazione a 95 °C per 10 minuti, quindi 25 cicli costituiti da: denaturazione a 95 °C per 30 secondi, annealing a 60 °C per 30 secondi, estensione a 72 °C per 40 secondi; estensione finale a 72 °C per 10 minuti

Gli amplificati così ottenuti sono stati corsi su gel di agarosio all’1%.

3.1.6 Elettroforesi su gel di agarosio

L’analisi elettroforetica del DNA è stata eseguita su gel di agarosio preparato sciogliendo il polimero in una soluzione di Tris-Acido acetico-EDTA (TAE) 0,5X (TAE 50X: 242 g di Tris base, 57,1 ml di acido acetico glaciale, 100 ml di EDTA 0,5 M a pH=8). Quest’ultimo è stato utilizzato anche come tampone per la corsa elettroforetica. Alla soluzione TAE-agarosio è stato poi aggiunto bromuro di etidio (50 ng/ml) e la miscela è stata fatta solidificare in una vasca elettroforetica. Per la semina dei campioni, i DNA sono stati mescolati con loading buffer 6X (0,25% blu di bromofenolo, 0,25% di xilene cianolo, 30% glicerolo in H2O) in

rapporto 10:1, quindi caricati su gel e sottoposti a migrazione eletroforetica applicando una differenza di potenziale di 60-90 V. Al termine della corsa i frammenti separati in base alle dimensioni sono stati visualizzati esponendo il gel ad una sorgente di raggi ultravioletti e fotografati.

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3.1.7 Estrazione plasmidica

I cloni positivi per PCR sono stati cresciuti in terreno liquido ed il DNA plasmidico estratto per una più accurata verifica del frammento inserito. Ogni colonia è stata trasferita in 2 ml di terreno LB (10 g/l Triptone, 5 g/l Estratto di lievito, 10 g/l NaCl pH=7) addizionato con ampicillina 50 μg/ml e la coltura è stata incubata a 37 °C overnight in agitazione. Successivamente, 1,5 ml di tale coltura sono stati trasferiti in una provetta Eppendorf, centrifugati a 12000 rpm per 5 minuti a 4 °C ed il surnatante aspirato cercando di lasciare il pellet più asciutto possibile. I batteri pellettizzati sono stati poi lisati aggiungendo 100 μl della soluzione I (glucosio 50 mM, 25 mM Tris-HCl pH=8) quindi 200 μl di soluzione II (0,2 N NaOH, 1% SDS) per ottenere la lisi completa della parete batterica. Le provette sono state invertite per quattro volte per favorire il rimescolamento della mistura. Sono stati poi aggiunti 150 μl di soluzione III (3 M di potassio acetato, 5 M acido acetico) e le provette agitate per 15 secondi quindi poste in ghiaccio per 5 minuti. Dopo centrifugazione a 12000 rpm per 5 minuti a 4 °C il surnatante è stato trasferito in una nuova provetta. Il DNA plasmidico è stato quindi purificato per eliminazione delle proteine mediante aggiunta di un ugual volume di fenolo/cloroformio e centrifugato a 12000 rpm per 5 minuti, quindi precipitato in fase alcoolica. Il surnatante è stato quindi trasferito in una provetta pulita, addizionato di 0,7 volumi di isopropanolo e centrifugato a 12000 rpm per 30 minuti. Il pellet disidratato sotto vuoto è stato risospeso in 20 μl di una miscela di H2O

contenente 20 μg/ml di RNasi (Sigma Aldrich, Milano, Italia). Le provette sono state incubate a 37 °C per 30 minuti per consentire la degradazione dell’RNA copurificato, quindi il DNA è stato quantificato mediante spettrofotometro e conservato a -20 °C.

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3.1.8 Quantificazione spettrofotometrica del DNA

La quantità e la purezza del DNA estratto è stata valutata mediante lettura spettrofotometrica .E’ stata misurata la densità ottica (O.D.) con spettrofotometro Beckman D.U. 640, Fullerton, CA, U.S.A. a 260 nm ed a 280 nm, lunghezze d’onda alle quali presentano il massimo assorbimento rispettivamente gli acidi nucleici e gli aminoacidi aromatici. Il rapporto O.D.260/ O.D.280 definisce quindi la purezza del

campione, valori vicini a 1,8 identificano un DNA ad elevato grado di purezza. La lettura a 260 nm consente il calcolo della quantità di DNA in base alla relazione: DNA (ng/μl)=O.D.260 x 50 x fattore di

diluizione/100.

3.1.9 Determinazione della sequenza di DNA

E’ stata utilizzata una tecnica di sequenziamento del DNA che si basa sul metodo di Sanger. Questa tecnica impiega dei dideossinucleotidi (nucleotidi che mancano dell’ossidrile in posizione 3’ della molecola di ribosio e che agiscono quindi come terminatori di catena). Durante la reazione di duplicazione del DNA, eseguita da una DNA polimerasi che si attacca su un primer appaiato alla catena stampo, si genereranno filamenti di DNA di diversa lunghezza, la cui lunghezza dipende appunto dall’incorporazione dei dideossinucleotidi che ne bloccano l’allungamento a valle. Utilizzando nucleotidi o primer marcati le molecole neosintetizzate saranno evidenziabili in modo opportuno. Nel nostro caso il primer di innesco per la DNA polimerasi è marcato con un fluorocromo all’estremità 5’ (Cy5).

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guanina (G) ed uno dei quattro dideossinucleotidi trifosfato (ddNTP); in questo modo si otterranno quattro serie di frammenti di DNA tutti marcati per incorporazione del primer con Cy5 ma terminanti con una delle quattro basi. Sulla base del ddNTP aggiunto ed incorporato terminalmente nella catena, è stato quindi possibile stabilire la base contenuta in quel punto nell’acido nucleico sequenziato.

La miscela di reazione è stata preparata in un volume di 13 μl contenente 2 μl (1-2 pmol) di primer marcato, senso o antisenso, 100-500 ng di DNA stampo. Allo stesso tempo, per ogni campione, sono state preparate quattro provette ciascuna contenente una miscela di reazione costituita da un tampone di reazione, DNA polimerasi, i 4 dNTP e 3 μl di ddATP o ddCTP, ddGTP, ddTTP (ThermoSequenase Primer Cycle Sequencing Kit, GE Healthcare).

Tre μl della miscela DNA/primer sono stati aliquotati in ognuna delle quattro provette. La reazione di sintesi del DNA è stata eseguita mediante 25 cicli di PCR con denaturazione a 95 °C per 30 secondi, annealing ed estensione alla temperatura di appaiamento del primer per 30 secondi, seguita da un’estensione finale a 72°C per 1 minuto. A reazione terminata, in ogni provetta sono stati aggiunti 6 μl di una soluzione denaturante contenente formamide e fornita dal kit. E’ stata effettuata un'incubazione a 72 °C per 3 minuti per denaturare il DNA, quindi posta immediatamente in ghiaccio.

I prodotti di reazione sono stati poi seminati su gel di poliacrilammide, nelle quattro corsie per singolo campione, corrispondenti ai relativi nucleotidi.

La corsa elettroforetica dei frammenti è stata analizzata tramite un sequenziatore automatico (ALFexpress II, GE Healthcare). Lo strumento è costituito da un’unità elettroforetica, in cui alloggia il gel immerso nel suo tampone di corsa TBE 0.5X (TBE 10X: 121,1 g/l Tris base, 51,3 g/l acido borico, 3,72 g /l EDTA pH=8.0) ed un laser che attraversa il gel

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nella sua parte inferiore ed in modo tangenziale e parallelo alla linea dei pozzetti

Il gel (ReproGelTM LongRead, GE Healthcare) è stato preparato

mescolando due soluzioni fornite dal kit: la soluzione A (21% di acrilamide) e la soluzione B; la polimerizzazione del gel è avvenuta per esposizione ad una sorgente di raggi ultravioletti per 10 minuti. E’ stata prestata una particolare attenzione nel montaggio e nella preparazione del gel, per impedire l’introduzione di qualsiasi particella estranea o bolla d’aria che avrebbe potuto alterare la direzione di corsa dei campioni, il flusso di corrente elettrica o deviare il raggio laser che attraversa il gel.

Durante la migrazione i frammenti di DNA hanno velocità diverse dipendenti dal loro peso molecolare e raggiungono quindi il laser in tempi diversi. Al passaggio nel raggio laser il fluorocromo Cy5 del primer è eccitato dando origine ad un segnale luminoso registrato da un fotomoltiplicatore presente nell’unità elettroforetica stessa. L’impulso luminoso è poi convertito in segnale elettrico che viene registrato dal computer sotto forma di picco. Alla fine si ottengono una serie di picchi, per ognuna delle quattro corsie, che un apposito software elabora per ricostruire la sequenza completa.

La sequenza delle regioni mutagenizzate è stata ottenuta utilizzando il primer fluoresceinato Pet92R senso per env, mentre la sequenza di ORF-A è stata analizzata con primer Seq-orf anti senso.

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3.1.10 Precipitazione del DNA per la trasfezione

Il DNA da utilizzare per la trasfezione delle cellule eucariotiche è stato precipitato per eliminare qualsiasi contaminazione che potesse influire sulla vitalità delle cellule e quindi sull’efficienza di trasfezione.

La precipitazione è stata eseguita aggiungendo al volume di templato, contenente la quantità voluta di DNA, 1/10 di volume di sodio acetato e tre volumi di etanolo assoluto freddo. I campioni così preparati sono stati lasciati overnight a -20 °C ed il giorno dopo centrifugati a 4°C per 30 minuti a 12000 rpm. Una volta eliminato il surnatante, il DNA precipitato è stato lavato con 200 μl di etanolo al 70%, quindi nuovamente centrifugato per 10 minuti a 12000 rpm. E’ stato così ottenuto un pellet che è stato poi separato dal surnatante ed asciugato.

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3.2 BIOLOGIA CELLULARE

3.2.1 Linee cellulari utilizzate

In tutti gli esperimenti di trasfezione e propagazione del virus è stata utilizzata la linea di fibroblasti renali felini Crandell (CrFK). Le cellule sono state coltivate in terreno DMEM (Dulbecco’s modified Eagle’s medium – Sigma), integrato con L-Glutammina (2 mM), antibiotici (10 mM) e siero fetale bovino (FBS). Il siero è stato inattivato al calore (56 °C) per 30 minuti ed utilizzato alla concentrazione del 10%. Le cellule sono state mantenute in incubatore a 37 °C in atmosfera satura di umidità e con CO2 al 5%. Le cellule, raggiunto l’80% di confluenza, sono

state distaccate mediante incubazione per 3-5 minuti a 37 °C con una soluzione tripsina-EDTA, quindi diluite e trasferite su piastre Petri o su nuove fiasche.

Il numero di cellule è stato determinato utilizzando una camera di Burker. Le cellule, staccate per tripsinizzazione, sono state risospese in terreno completo ed aliquotate in 10-15 μl utilizzati per la conta al microscopio ottico. Ciascun conteggio è stato ripetuto tre volte per calcolare il valore medio.

3.2.2 Trasfezione con metodo calcio/fosfato

Per valutare la capacità dei cloni molecolari di produrre virus, i plasmidi sono stati trasfettati in CrFK con il metodo del calcio-fosfato.

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una confluenza del 60-80% al momento della trasfezione. Cinque ore prima della trasfezione il terreno è stato sostituito con terreno fresco. Dieci μg di DNA plasmidico sono stati precipitati come descritto in §3.1 e risospesi in 225 μl di TE (Tris 1 mM, EDTA 0,1 mM pH=8) fino alla completa solubilizzazione. A questi sono stati poi aggiunti 250 μl di HEPES (280 mM NaCl, 10 mM KCl, 1,5 mM Na2HPO4, 12 mM destrosio,

50 mM Hepes) e 25 μl di CaCl2 250 mM. Dopo aver miscelato fino a

completa omogeneizzazione, la soluzione è stata incubata per 20-30 minuti quindi distribuita uniformemente goccia a goccia sulla piastra contenente le cellule da trasfettare. Le cellule sono state incubate 6 ore a 37 °C con CO2 al 5%, quindi la soluzione è stata sostituita con terreno

fresco.

3.2.3 Dosaggio della proteina p25

Questo saggio è stato utilizzato per valutare la produzione della proteina capsidica p25 come indicatore di replicazione virale e di rilascio di particelle nel supernatante delle colture cellulari. A tale scopo è stato utilizzato un test immunoenzimatico (ELISA) impiegando 100 μl di surnatante raccolti a vari tempi.

Per questo saggio sono stati utilizzati due anticorpi monoclonali rivolti verso due epitopi diversi della p25 (Lombardi et al., 1994), il primo che immobilizza la proteina sul substrato solido (coating), il secondo serve invece alla rivelazione della proteina stessa.

Il coating è stato effettuato con l'anticorpo monoclonale DF3 (0,25 μg/pozzetto) incubato overnight su piastre ELISA in tampone carbonato a pH=9,5 (Na2CO3 1,59 g/l, NaHCO3 2,93 g/l, NaN3 0,2 g/l). Il giorno

successivo, per saturare la superficie del pozzetto ed evitare legami aspecifici, è stato effettuato il post-coating aggiungendo a ciascun pozzetto 100 μl di skim milk all’1% diluito in PBS. Dopo un’ora di

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incubazione a temperatura ambiente, è stato aggiunto il supernatante delle colture preventivamente trattato con un tampone di lisi (Tween 20 0,5%, Triton 5%, PBS). Dopo due ore di incubazione, il supernatante è stato rimosso, i pozzetti lavati tre volte con PBS quindi è stato aggiunto l’anticorpo DF10 biotinilato (100 μl/pozzetto). La rivelazione dell’avvenuto legame di p25 con i due anticorpi monoclonali è stata effettuata mediante streptavidina (che si lega specificamente alla biotina) coniugata con l’enzima perossidasi (100 μl/pozzetto). Dopo incubazione per un’ora a temperatura ambiente, e tre lavaggi per eliminare la streptavidina non legata, è stato aggiunto un substrato di reazione che è stato metabolizzato dalla perossidasi dando luogo ad un composto solubile colorato. La comparsa di un colore azzurro nei pozzetti è indice quindi della presenza di p25, mentre l’intensità di colore è proporzionale alla quantità di proteina presente. I campioni sono stati quindi letti allo spettrofotometro ad una lunghezza d’onda di 450 nm. Sono stati considerati positivi i campioni che mostrano valori O.D. maggiori di cinque volte la media dei valori dei controlli negativi, o comunque maggiori di 0,050.

3.2.4 Analisi al citofluorimetro

L’espressione della glicoproteina Env sulla superficie delle cellule trasfettate è stata valutata mediante analisi citofluorimetrica. A tre giorni dalla trasfezione le cellule sono state distaccate con tripsina, lavate con FACS buffer (2 g BSA 0,2%, 1 g Sodio azide 0,1%, PBS), centrifugate 7 minuti a 1200 rpm ed è stato eliminato il surnatante. Il pellet di cellule è stato risospeso in una soluzione composta da FACS

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minuti. Le cellule sono state poi risospese in una soluzione di FACS buffer ed anticorpo secondario anti-mouse FITCH diluito 1:500 ed incubate a 4 °C per 30 minuti al buio. Dopo due ulteriori lavaggi con 3 ml di FACS buffer, le cellule sono state risospese in 500 μl di FACS buffer ed analizzate mediante citofluorimetria a flusso (FACScan, Becton Dickinson, Cockeysville, MD, U.S.A.)

3.2.5 Saggio di immunofluorescenza

Questo saggio permette di rilevare l’espressione e la localizzazione della glicoproteina Env in cellule infette o, nel nostro caso, in CrFK trasfettate. A tale scopo sono stati usati un anticorpo primario monoclonale anti-Env diluito 1:50 ed un secondario antimouse-FITCH diluito 1:200.

Per questo saggio i costrutti sono stati trasfettati in cellule CrFK seminate in due piastre diverse per valutare Env all’interno delle cellule (prima piastra) o esposta in superficie (seconda piastra).

Nella prima piastra le cellule trasfettate sono state lavate con PBS ed incubate con l’anticorpo primario a 37 °C per un’ora, tempo necessario alle cellule per endocitare il complesso Env-anticorpo. Le cellule sono state prima lavate due volte in PBS quindi altre due volte con un tampone acido che rimuove l’anticorpo legato alle molecole Env di superficie. Le cellule sono state poi lavate altre due volte con PBS, quindi permeabilizzate con una soluzione acetone-metanolo 1:1 ed incubate 15 minuti a – 20 °C. Infine è stato aggiunto l’anticorpo secondario diluito 1:200 in una soluzione di PBS, quindi il tutto è stato incubato a -20 °C per 40 minuti. Oltre all’anticorpo secondario, in ogni pozzetto sono stati aggiunti 10 μl di colorante di contrasto BLU-EVANS. Nella seconda piastra le cellule trasfettate sono state lavate con PBS ed incubate con l’anticorpo primario per un’ora a 37 °C. A questo sono

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seguiti sei lavaggi con PBS, quindi un’incubazione con l’anticorpo secondario con tempi e diluizioni uguali a quelli della prima piastra Anche in questo caso è stato aggiunto il colorante di contrasto BLU-EVANS.

I campioni sono stati analizzati al microscopio a fluorescenza e le immagini fotografate e registrate su supporto digitale.

Figura

Tabella 1:primer usati per il clonaggio ed il sequenziamento a

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