TAGETE 1 - 2017 Year XXIII ISSN 2035 – 1046
LA PROBLEMATICA DEL CORPO ESTRANEO RITENUTO IN ADDOME, IN ESITO A TRATTAMENTI
CHIRURGICI LAPAROTOMICI. ASPETTI CLINICI, DIAGNOSTICI ED EPIDEMIOLOGICI.
CARATTERISTICHE DEL DANNO, CRITERI D’INDAGINE, PROFILI DI EVENTUALE
RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE.
Descrizione di un caso clinico.
Angelo Porrone 1
ABSTRACT
La problematica del corpo estraneo lasciato e ritenuto in addome rappresenta sempre una situazione clinica di rilevanza assoluta nel panorama della responsabilità professionale medica.
La presenza di un corpo estraneo dopo interventi laparotomici di varia natura costituisce una circostanza tutt’altro che remota, che impegna il medico sia nella diagnosi che nell’indicazione del trattamento chirurgico di asportazione.
Le conseguenza in tal caso sono di vario genere, sia sotto il profilo clinico che terapeutico, con netti riflessi anche sul versante dell’eventuale responsabilità professionale.
1 Angelo Porrone - Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni, Specialista in Medicina del Lavoro, Specialista in Dermatologia e Venereologia, Specialista in Oncologia, Isernia - Roma
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Un ulteriore problema è rappresentato, altresì, dall’individuazione della natura dei danni che si sono verificati e dalla loro quantificazione, in termini soprattutto di danno biologico permanente.
Esistono, peraltro, accanto ad una ricca letteratura di settore, anche indirizzi giurisprudenziali e dottrinari abbastanza ben codificati al riguardo.
In caso di contenzioso giudiziario, sia la CTU che la Consulenza Medico Legale di parte di norma sono incentrate sulle circostanze e sulle modalità che hanno comportato il riscontro, accertato sotto il profilo documentale, di tipo laparotomico, seppure fortuito, di corpi estranei intraperitoneali addominali, già, quindi, presenti nell’addome di un paziente all’atto di una verifica laparotomica, svolta per qualsiasi ordine di motivi, onde dimostrare l’esistenza di un rapporto causale diretto, evidentemente, con precedenti interventi chirurgici dalla stessa persona subiti, in epoche più o meno pregresse, e delle conseguenze negative eventualmente derivatene, sul piano clinico, ossia del danno subito nonché delle relative eventuali responsabilità collegabili a monte di tale occasionale rinvenimento.
Più raro è il caso del corpo estraneo verificato mediante TC o RM addome effettuate a titolo diagnostico.
Il presente lavoro vuole essere, pertanto un contributo di conoscenza su un argomento sempre di grande interesse ed attualità rispetto alla problematica della responsabilità professionale medica.
INTRODUZIONE
Incentrato sul problema generale del corpo estraneo lasciato in addome, dopo intervento laparotomico, è un articolo dal titolo “The Problem of Retained Surgical Sponges and the Medical Malpractice Statute of Limitations” di Regina A. Bailey, Health Law Perspectives (December 2009), Internet,
http://www.law.uh.edu/healthlaw/perspectives/2009/(RB)%20Sponges.pdf.
Le garze chirurgiche vengono utilizzate per assorbire i fluidi in corso di intervento.
Si utilizzano diversi metodi per la conta delle garze, onde evitare che vengano lasciate nella sede dell’intervento.
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Di solito è compito dell’infermiere contare le garze utilizzate all’interno della breccia dell’intervento.
Un metodo utile adopera delle garze radiopache che si possono evidenziare con le comuni metodiche radiografiche.
Molti appaiono i motivi legati alla possibile dimenticanza delle garze nel corpo del paziente, legate ad una conta sbagliata delle stesse, al cambio di un componente del team in corso di intervento, alla natura indaginosa e difficile dell’intervento, ecc..
Ipotetiche complicanze possono includere dolore, infezione con ascesso, ostruzione intestinale o fistole.
Vengono riportati 2 casi clinici commentati, relativi all’abbandono in addome di una garza chirurgica, con sintomi esorditi a distanza di 10 anni, ovvero con riscontro in tale epoca successiva di questi reperti addominali.
Nell’articolo viene chiamata in causa la negligenza e ci si interroga sull’opportunità di accusare di malpractice i responsabili di tale grave dimenticanza, sulla base delle leggi vigenti.
A tal riguardo vengono passate in rassegna le legislazioni di 32 stati degli USA, per verificare l’esistenza o le similitudini di leggi al riguardo.
Resta il fatto che la scoperta dei sinistri avviene a distanza di molti anni, con possibili ripercussioni per gli autori nell’ambito della colpa grave.
Di uguale tenore, ma più specifico appare un articolo dal titolo “Retained surgical foreign bodies: a comprehensive. review of risks and preventive strategies” di S. P.
Stawicki e al., Scandinavian Journal of Surgery 98: 8–17, 2009.
La riduzione dei casi di responsabilità professionale rappresenta un obiettivo fondamentale delle politiche sanitarie.
I corpi estranei chirurgici continuano a rappresentare un problema significativo di malpractice.
L’incidenza varia da 0,3 a 1,0 per 1.000 interventi chirurgici addominali.
La permanenza dei corpi estranei può dare luogo a danni correlati e a denunce di responsabilità professionale nei confronti dei medici e delle strutture sanitarie di appartenenza.
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Sono state attuate delle strategie di vario genere, compresi metodi di rilevazione con radiofrequenze delle garze o il loro peso preliminare e successivo all’intervento.
E’ stata anche attuata una preparazione specifica degli operatori sanitari in tal senso.
Il problema è in ogni caso uno dei più frequenti nell’ambito della colpa professionale del chirurgo, con possibili serie conseguenze sul piano giuridico.
Nonostante la relativa alta frequenza dell’errore, esiste scarsa letteratura in materia.
Si stima che la ritenzione delle garze chirurgiche in addome si verifichi più spesso a seguito di procedure addominali, 52%,, seguita da interventi ginecologici, 22%, urologici, procedure vascolari 10%, ortopediche e spinali, 6%.
Strano a dirsi sono maggiormente implicati gli interventi chirurgici elettivi, 70 % dei casi, rispetto a quelli di emergenza, 30 % dei casi.
I fattori di rischio sono dati, nell’ordine, da:
• procedure chirurgiche complesse;
• interventi laparotomici di controllo, con aperture addominali di breve durata;
• procedure chirurgiche di emergenza;
• incremento dell'indice di massa corporea;
• coinvolgimento di più di una squadra chirurgica;
• procedure che comportano l’apertura di più di una cavità corporea, come, ad esempio, procedure che includono le sedi toraco - addominali e quelle relative a politraumi
• procedure che coinvolgono sia lesioni addominali che gli arti;
• procedure chirurgiche prolungate;
• cambiamento imprevisto nel corso di un intervento chirurgico;
• uso di un numero insolitamente elevato di strumenti e/o set di strumenti.
Negli interventi cardiochirurgici si può perfino verificare che permanga una garza nel ventricolo sinistro, ciò che può essere ricontrollato con ecocardiografia trans - esofagea.
La rimozione del corpo estraneo può avvenire tramite atriotomia sinistra.
Interventi di rivascolarizzazione complicati dalla permanenza di una garza, possono sfociare in episodi ischemici e anche infarti miocardici.
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In caso di presenza di corpo estraneo dopo interventi di chirurgia toracica, il riscontro può avvenire a distanza di anni, con comparsa di ascessi e di bronchiectasie.
I sintomi di esordio possono essere dati da emottisi e tosse.
Più frequente appare il caso di corpo estraneo ritenuto in addome o pelvi, con ascessi, sepsi, fistole, ostruzione intestinale, fino all’evento morte.
Un corpo estraneo ritenuto in addome asintomatico può porre problemi di diagnostica differenziale con ascessi di altro genere e tumori.
Può essere necessario il re intervento per il trattamento delle complicanze.
Le stesse complicanze possono fare la loro comparsa a distanza di anni.
Un garza ritenuta in addome può essere perfino espulsa con le feci, per erosione e penetrazione nel lume intestinale.
La stessa può anche penetrare con lo stesso meccanismo in vescica.
Complicanza severa può essere l’ostruzione intestinale da compressione da parte della massa addominale creatasi.
Un’infezione o un ascesso si possono maggiormente verificare per una permanenza della garza in addome superiore a 4 giorni.
L’utilizzo di varie squadre di chirurghi in equipe aumenta il rischio di abbandono di corpo estraneo in addome.
Traumi addominali e controlli laparotomici di breve durata aumentano il rischio di corpo estraneo ritenuto in addome.
Altre parti del corpo come le estremità possono essere coinvolte nel trattenimento negligente del corpo estraneo.
In definitiva vari sono le strategie adottate in ambito chirurgico per ovviare al problema.
Notevole è poi il contenzioso civile con spese ingenti in termini processuali e di risarcimento del danno.
Il problema delle complicanze di corpi estranei ritenuti per negligenza in addome viene affrontato anche in un articolo dal titolo “Gastrointestinal complications
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related to retained surgical foreign bodies (RSFB): A concise review” di Cecily F. Wang e al., OPUS 12 Scientist 2009 Vol. 3, No. 1.
I danni indotti dall’abbandono di corpo estraneo in addome dopo un intervento chirurgico laparotomico possono essere notevoli.
E’ stata fatta una revisione degli articoli presenti in letteratura, in tal senso.
Vengono in particolare discusse le complicanze gastrointestinali possibili associate, date da dolore addominale, formazione di ascessi, formazione di fistole, sanguinamento gastrointestinale, migrazione transmurale della garza o altro corpo estraneo nel lume con ostruzione intestinale e perforazione.
La garza rappresenta il più frequente tipo di corpo estraneo rinvenibile in addome dopo un intervento chirurgico.
Quando non viene prontamente diagnosticato, il corpo estraneo può comportare vari tipi di problemi sia di ordine clinico che diagnostico.
Ciò può dare luogo a richieste notevoli di risarcimento per responsabilità civile.
Rischio di infezione, fattori locali e generali legati al paziente, sono i principali imputati delle possibili complicanze, fra le quali spicca l’ostruzione intestinale o la migrazione della garza in un viscere cavo.
La sintomatologia può anche essere muta.
Un elevato indice di massa corporea rappresenta un ulteriore rischio associato di complicanze.
Uno scorretto o mancato conteggio delle garze e degli attrezzi chirurgici può dare luogo a questa evenienza.
Il coro estraneo può essere individuato con radiografie in doppia proiezione, antero – posteriore e laterale, come un’immagine radiopaca.
La TC addome verifica un tipico segno dato, nel caso della garza, dalla presenza di bolle d’aria al suo interno.
L’ecografia addominale può essere utile ma poco specifica.
La RM addome rivela la presenza di una massa capsulata dello stessa densità dei tessuti circostanti.
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Si può in tal caso rendere necessaria una chirurgia esplorativa.
Dolore addominale, massa addominale, ascesso e fistole sono le complicanze più comuni.
Possibili evenienze sono date dalla perforazione intestinale e dal sanguinamento intestinale.
La perforazione può essere diretta o associata alla presenza di ascesso.
Multiple complicanze come quelle descritte si possono verificare contemporaneamente.
In conclusione le complicanze intestinali da corpo estraneo ritenuto possono essere catastrofiche e complesse.
Anche un abbondante uso di radiografie intraoperatorie può ovviare al problema.
Sempre vertente sul tema in argomento è un articolo dal titolo “Retained surgical foreign bodies: a synopsis” di S. P. Stawicki e al, OPUS 12 Scientist 2008 Vol. 2, No. 2.
Uno dei più frequenti errori medici è legato all’abbandono involontario di corpi estranei ritenuti in addome, a seguito di intervento chirurgico laparotomico.
Ciò ha notevoli conseguenze si sul piano civile che penale per i responsabili dell’errore.
Non esistono attualmente metodi risolutivi preventivi per evitare questa evenienza pericolosa.
I corpi estranei sono stati etichettati per origine e per conseguenze.
Si distinguono forme infiammatorie secondarie essudative e fibrinose.
Più frequenti nel primo caso sono la superinfezione e la formazione di ascesso.
La forma fibrinosa da luogo a masse di tessuto o granulomi che tendono ad apparire a distanza di 2 anni circa dall’intervento e possono rimanere indisturbate in addome anche per decenni.
L'addome, il bacino e il retroperitoneo sono i più luoghi comuni associati a sintomi di ritenzione da corpo estraneo chirurgico.
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Dopo traumi complessi con interventi chirurgici o situazioni chirurgiche complesse la situazione va attentamente monitorata nei giorni successivi sotto il profilo clinico e radiologico.
Più recentemente, l'introduzione di dispositivi a radiofrequenza, in grado di rilevare in modo appropriato garze chirurgiche radio-marcate, rappresenta un notevole passo avanti sotto il profilo della prevenzione.
In definitiva questo metodo, l’uso di radiografie di controllo e del conteggio puntuale delle garze, in corso di intervento chirurgico sembrano rappresentare efficaci metodi di prevenzione.
Un ulteriore approfondimento sul tema deriva da un articolo dal titolo “Retained surgical sponges, needles and instruments” di D. Hariharan e al., Ann R Coll Surg Engl 2013; 95: 87–92.
Catastrofiche possono essere le conseguenze di un corpo estraneo lasciato colpevolmente in addome, ciò che costituisce un problema assai rilevante sia sotto il profilo clinico che giuridico.
I fattori di rischio includono, nell’ordine:
• operazioni di emergenza,
• operazioni che comportano il cambiamento inatteso della procedura,
• un elevato indice di massa corporea,
• l'incapacità di eseguire una conta accurata delle garze e degli strumenti.
L'attuale strategia di prevenzione è rappresentata dal conteggio manuale delle garze e degli strumenti da parte del personale chirurgico.
La vigilanza tra il personale della sala operatoria è fondamentale se si vuole evitare l’abbandono del corpo estraneo nell’addome.
Obiettivo prioritario nel tempo è impedire in assoluto che ciò avvenga.
Tale tipo di errore rientra fra i 27 più frequenti e codificati considerati per il personale medico.
L’incidenza è di circa 1 evento su 1.000 interventi chirurgici.
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Fattori di rischio sono unanimemente considerati, nell’ordine:
• operazioni eseguite in emergenza
• indice di massa corporea
• cambiamento imprevisto nella procedura chirurgica adottata
• utilizzo di più squadre chirurgiche
• sesso femminile
• perdita di sangue superiore al valore previsto per il tipo di intervento
• cambiamento di personale infermieristico durante la procedura
• conta delle garze e degli strumenti
• numero di procedure importanti eseguite dalla squadra chirurgica impegnata
• conteggi registrati errati
• utilizzo di più squadre chirurgiche
• cambiamento imprevisto nell’andamento dell’intervento
• tempo di intervento chirurgico prolungato
• procedure subentranti di emergenza.
La presentazione clinica del corpo estraneo ritenuto è varia e dipende dalla sede e dal tipo di reazione tissutale suscitata.
Le garze chirurgiche ritenute possono suscitare sia una reazione essudativa che una reazione fibrosa .
Il tipo di reazione essudativa si manifesta abbastanza presto nel periodo post- operatorio, causando infezioni secondarie legate a contaminazione batterica.
Il tipo di reazione fibrosa asettica in confronto è lenta.
Si tratta di una reazione principalmente fibroblastica con formazione di aderenze, granulomi o pseudotumori.
La presentazione clinica può quindi essere:
• asintomatica, per cui la ritenzione del corpo estraneo è incidentale e il riscontro avviene in modo casuale nel corso di accertamenti strumentali effettuati ad altro titolo;
• sintomatica precoce o tardiva, con dolore inspiegabile, caratteristiche cliniche e di laboratorio di sepsi generalizzata, formazione di ascesso ritardato, mancata guarigione delle ferite, espulsione di materiale di drenaggio, presenza di una massa, segni e sintomi di ostruzione intestinale, di fistolizzazione interna, o di migrazione transmurale ed espulsione spontanea.
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I risultati dello studio, relativamente ai casi esaminati, indicavano quanto segue:
• morte 1 caso
• riammissione in ospedale 40 casi
• reintervento 62
• ascesso intra-addominale o sepsi 26 casi
• ostruzione dell'intestino tenue / fistolizzazione intestinale 10 casi
• perforazione viscerale 5 casi.
Circa i fattori di errore e di rischio invocabili, gli studi indicano quanto segue:
• discrepanza di conteggio delle garze
• aumento della durata dell'intervento (ogni ulteriori 2 ore aumenta la probabilità di discrepanza del conteggio per un fattore di 2,67)
• presenza di più team di chirurghi all’atto dell’intervento (80% delle discrepanze di conteggio è sorto quando hanno partecipato più di 2 squadre di chirurghi)
• procedure chirurgiche eseguite alla fine della giornata, escludendo le procedure eseguite in emergenza, o durante il fine settimana o le vacanze
• cambiamento del personale chirurgico nel corso (le discrepanze di conteggio sono stati 3 volte più probabili quando cambiava il personale deputato all’intervento, mentre non dipendevano dalle tecniche chirurgiche adottate o dal numero delle persone impegnate al tavolo operatorio).
In conclusione l’abbandono del corpo estraneo in addome in corso di intervento laparotomico rappresenta una causa prevenibile di indesiderata morbilità e mortalità chirurgica.
Gli operatori sanitari responsabili, devono quindi restare vigili in ogni momento dell’intervento onde evitare la minaccia posta dalla dimenticanza di corpi estranei in addome.
L’adozione di nuove tecnologie e di un lavoro organizzato, con la conta puntuale di strumenti e di garze, devono essere incoraggiati con l’ausilio di metodi standardizzati relativamente ai processi di conteggio e ai protocolli da adottare.
Inoltre occorrono studi multicentrici prospettici per valutare l'efficacia delle nuove tecnologie che necessitano di essere intraprese con urgenza.
I chirurghi e il personale sanitario devono lavorare di concerto e assumere doverose iniziative per permettere di costruire sistemi che eliminino completamente tale pericolo.
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Buoni spunti sull’argomento in parola si possono trarre da un articolo dal titolo
“Hospital “Never Events”: Retained Surgical Instruments and the Legal Consequences” di Brandon Vaughn e al., Internet, www.attorneyatlawmagazine.com/.../hospital-never- events-retained-surgical- instruments-and-the-legal-consequences/ , consultato marzo 2015.
Gli autori ritengono inquietante che ancora oggi, considerato l’alto tasso di tecnologia acquisito dagli interventi chirurgici, si continuino a verificare episodi di abbandono di garze e strumenti chirurgici in addome durante gli interventi.
I corpi estranei più frequentemente dimenticati sono le garze chirurgiche, ma anche altri strumenti come bisturi, pinze, forbici e pinzette.
Nevralgico resta il problema del conteggio puntuale e rigoroso delle garze e degli strumenti in corso di intervento.
Sotto il profilo giuridico è da considerare un grave errore legato alla negligenza, con necessità di dedicare particolare attenzione ai protocolli e assicurare la verifica dei conteggi.
Un altro editoriale sull’argomento ha per titolo “Retained Sponge does not Always Mean a Bad Apple (Mistake of an Incompetent Doctor)” di KK Aggarwal, Indian Journal of Clinical Practice, Vol. 24, No. 4, September 2013, pp 305 – 309.
La garza trattenuta in addome dopo un intervento chirurgico, detta in gergo
“gossipiloma” o “textiloma” o anche “gauzoma” o “muslinoma”, rappresenta un serio problema sia per il tipo di complicanze a cui può dare luogo sia per le conseguenze negative nei confronti dei sanitari imputati di negligenza.
Strumenti chirurgici, aghi e altri oggetti possono essere inavvertitamente lasciato in campo chirurgico.
Morsetti e divaricatori sono i tipi più comuni di strumenti ritenuti in addome.
Si stima che corpi estranei ritenuti chirurgici si verificano 1 / 5.500-18.760 operazioni di degenza, ma l’incidenza può essere alta e pari a 1 / 1.000-1.500 operazioni in cavità addominale, e ancora più comune durante interventi chirurgici di emergenza.
Intuitivamente, procedure come la laparoscopia endoscopica e le procedure percutanee hanno meno probabilità di condurre a una garza o uno strumento ritenuto in addome.
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L'incidenza di evento negativo dipende, in parte, dalla sede anatomica della procedura invasiva utilizzata.
Garze ritenute negli adulti si possono verificare più comunemente nell'addome (56%), bacino (18%) e torace (11%).
Tuttavia, tale evento è stato descritto anche a livello vertebrale, alle estremità, in sede intracranica, vascolare, a livello della mammella e per procedure di chirurgia plastica pediatrica, anche, quindi, al viso.
Seconda una ricerca del 2013 una garza o uno strumento ritenuto è da reputarsi evento quasi certo in un grande ospedale in un anno, nell’ordine di 1 / 8.000 ricoveri.
L’incidenza di corpo estraneo tessile trattenuto varia, secondo gli autori, in un intervallo compreso fra 1/ 833 - 1/ 32.672.
Nel loro centro, l'incidenza è stata 1/ 15.047.
Un corpo ritenuto colposamente in addome dopo un intervento chirurgico costituisce non solo un problema pratico, legato alle possibili complicanze, ma anche un reputato segno indiretto di cattiva condotta medica e scorretta attività sanitaria.
Il “gossipiboma” è quindi un rilevante problema di malasanità e considerato frutto di una grave negligenza.
Addome, bacino e torace sono le sedi prevalenti, in ordine decrescente.
La calcificazione, con il classico segno della crosta reticolare, l’adesione (31%), l’ascesso (24%), e la fistola (20%).
I fattori di rischio AA sono specifici casi (emergenza) o relative all'ambiente chirurgica (scarsa comunicazione).
Circa la quantificazione dei fattori di rischio, le procedure chirurgiche di emergenza presentano un incrementato rischio relativo, RR pari a 8.8, il cambiamento imprevisto nel corso di un intervento chirurgico un RR di 4.1, e un indice elevato di massa corporea un RR di 1.1.
Seppur raramente un corpo ritenuto può essere asintomatico e venire scoperto nel corso di un secondo intervento chirurgico.
Peraltro la rimozione del corpo estraneo, specie se effettuata a notevole distanza di tempo, è gravata da una notevole morbilità e mortalità.
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Implicati nel successivo procedimento giudiziario sono in genere il chirurgo, l’anestesista e il personale infermieristico.
La conta degli strumenti e delle garze può ritenersi una misura idonea per evitare tale problema, ma non è in grado in assoluto di garantire certezze in tal senso.
Esistono corsi specifici di formazione atti alla prevenzione dell’evento.
L’abbandono della garza in addome viene considerato un errore nella totalità dei casi, in quanto si afferma che “res ipsa loquitur”, ma appare ovvio che un intervento complicato e indaginoso, in condizioni di urgenza, merita diversa valutazione rispetto ad un intervento di carattere routinario e di elezione.
Non sembrerebbe esistere prescrizione anche a distanza di moti anni, agendo la prescrizione dal momento in cui il paziente ne venga a conoscenza.
Lo studio riporta che la metà dei casi di richieste di risarcimento si era verificato entro 7 anni dall’abbandono documentato del corpo estraneo in addome.
Un ritardo prolungato nella scoperta del corpo estraneo comportava risarcimenti più elevati a causa delle difficoltà e delle complicazioni associate con la rimozione chirurgica.
In molti casi il chirurgo viene reputato unico responsabile, per la propria incapacità di esaminare il campo e guardare e / o sentire corpi estranei, indipendentemente della responsabilità pur esistente del personale infermieristico di effettuare conteggi accurati.
I compiti sono considerati paralleli, e una responsabilità non esime l'altra.
Il costo medio delle conseguenze del sinistro è stimato variabile fra 80.000 e 90.000 dollari complessivi.
Ulteriori delucidazioni sull’argomento in parola derivano da un articolo dal titolo “The intra-operative period — Unintentionally retained surgical items”, A14-002-
E CMPA 2014, Internet, https://www.cmpa-
acpm.ca/documents/10179/300031190/intra-operative-e.pdf.
Circa 1 / 4 dei casi di malasanità nel reportage del CMPA ha riguardato interventi chirurgici.
In base ad un’approfondita analisi, i problemi si sono verificati in gran parte nel corso degli stessi interventi chirurgici.
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Spesso si inserisce qualche elemento di involontarietà che sarebbe possibile prevenire.
Il Canada è la nazione dell’OCSE maggiormente gravata da questi problemi.
Viene riferito un caso di appendicectomia in un soggetto maschio di 46 anni.
Viene effettuata la conta delle garze e un controllo ispettivo e manuale da parte del chirurgo della ferita aperta in ambito operatorio.
Dopo alcuni giorni il paziente accusa dolore addominale.
Una radiografia dell’addome eseguita 6 mesi dopo rinviene un corpo radiopaco a livello addominale.
Si rende necessario un secondo intervento chirurgico per asportare la garza rimasta ritenuta in addome.
Il paziente cita in giudizio il chirurgo.
Una commissione di esperti nominata conclude sulla responsabilità omissiva del personale infermieristico e del chirurgo.
In conclusione l’esperienza in questi casi ha rivelato quanto segue:
In linea con la letteratura, le caratteristiche del paziente come l'obesità o la storia di altri interventi chirurgici sono state associate ad un maggior rischio di corpi ritenuti chirurgici, così come complessi o indaginosi interventi chirurgici, ad esempio quelli in cui si verifica un sanguinamento eccessivo, oppure quando è necessario un cambiamento di approccio chirurgico.
Nella maggior parte dei casi, i conteggi di garze e strumenti chirurgici erano stati segnalati come corretti, indicando l’esistenza di sistemi di controllo inadeguati.
Dedicato ai problemi di natura medico – legale è un articolo dal titolo “A Review of Medicolegal Consequences of Gossypiboma”, di Monika Garg e al., J Indian Acad Forensic Med, 32(4), 1973.
Fra i vari corpi estranei abbandonati in addome dopo laparotomia, oltre a pinza e altri strumenti, si riscontrano le garze che rappresentano il problema più frequente in assoluto, in tal senso.
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In letteratura tal situazione viene ritenuta la punta dell’iceberg della questione della malpractice.
I sintomi sono spesso aspecifici o mancanti.
Difficile appare stimare la reale incidenza di tali eventi per le ovvie implicazione legali che li accompagnano.
I corpi estranei sono causa di infezioni e di ascessi entro i primi tempi dall’intervento, potendo rimanere silenti per molti anni.
Si tratta di un’evenienza che continua a capitare malgrado tutte le precauzioni prese.
A distanza di tempo si forma in addome un granuloma da corpo estraneo.
Nel caso riferito nell’articolo, si trattava di un corpo ritenuto in torace, riscontrato a distanza di ben 43 anni dall’intervento di chirurgia toracica subito in precedenza.
Problemi clinici per il paziente e legali per il medico sono le possibili evenienze della negligenza.
Possibili giustificazioni addotte per la ritenzione colposa della garza sono date dalla chirurgia d'urgenza, dall’inatteso cambiamento nella procedura chirurgica, dalla disorganizzazione, dalla conta frettolosa, dalle lunghe operazioni, dalle condizioni instabili del paziente, dal personale inesperto, dall’organico inadeguato, e dal paziente con elevato indice di massa corporea.
Si tratta di fattori di rischio reali ma non tali da prevalere e sgravare dalle colpe gli operatori sanitari.
Incentrato sugli aspetti clinici è un articolo dal titolo “Lap Pak for Abdominal Retraction” di Ganesh Sivarajan e al., Rev Urol. 2012;14(3-4):41-7.
La tematica in argomento si riferisce alle conseguenze sulle anse addominali dovute al contatto e alla manipolazione fatta con garze e con asciugamani.
Si cercano nuove tecniche per consentire di evitare la retrazione e le aderenze che si verificano a livello dei tratti intestinali coinvolti.
Ciò infatti può comportare una notevole morbilità con ostruzione intestinale, infezioni e ascessi.
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Conseguenza imprevedibile può anche essere il corpo estraneo ritenuto in addome con implicazioni cliniche e medico – legali.
La garza chirurgica rappresenta il più frequente corpo estraneo ritenuto in addome.
L’incidenza di questo evento è stimata 1 / 1.000 interventi e 1 / 8.000 – 18.000 ricoveri.
E ' sconcertante che questo evento avverso continui a verificarsi in un tasso quantificabile nonostante l'adozione diffusa di protocolli rigorosi per quanto riguarda l’adeguato monitoraggio e il conteggio di garze, aghi e strumenti.
In realtà, un recente studio retrospettivo caso - controllo ha suggerito che si verificano ogni anno in USA più di 1500 casi di corpi estranei ritenuti.
In genere le complicanze si verificano entro i primi giorni dall’operazione, con dolori e ostruzione addominale, a ma sono possibili anche a distanza di 40 anni di tempo.
Possibili sono anche complicanze infettive con ascessi e fistole.
Si può anche sviluppare una massa, da granuloma, tale da apparire con caratteristiche simili ad una massa tumorale.
I costi sanitari sono stimati pari a 60.000 $ / caso, quelli legali complessivi pari a 150.000 $ / caso denunciato.
Le aderenze intestinali provocano, in generale, poi complicanze in circa il 5 % dei casi.
Il modo ideale per evitare il problema attribuibile a garze e asciugamani nella chirurgia addominale è quello di sviluppare una tecnica per retrazione del contenuto addominale che elimina il requisito per questi corpi estranei, ossia l’uso delle medesime.
Il Lap Pak è un dispositivo radiopaco che è fatto di silicone e ritrae le viscere in un orientamento cefalico senza la necessità di asciugamani o garze.
I chirurghi che hanno adottato il metodo ne hanno tratto un’impressione favorevole, specie per la capacità del Lap Pak di evitare l’evenienza di corpi estranei in addome.
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Il rischio di corpi estranei in addome dopo intervento viene analizzato ancora i un articolo dal titolo “Risk Factors for Retained Instruments and Sponges after Surgery”
di Atul A. Gawande e al., N Engl J Med 348;3 www.nejm.org january 16, 2003.
La natura degli errori medici non ancora esattamente chiarita.
Si è preso in esame nello studio un tipo di errore relativamente frequente quale è quello del corpo estraneo dimenticato in addome.
Sono state a tal proposito prese in esame le denunce fatte dal 1985 al 2001 e sono stati estrapolati 61 casi di corpi estranei ritenuti.
Di questi sono stati esaminati 54 casi.
Le garze ritenute rappresentavano il 69 % dei casi, mentre il 31 % riguardava altri strumenti chirurgici.
In 37 pazienti si era reso necessario un nuovo intervento e per 1 paziente si era verificato l’exitus.
L’ analisi multivariata dimostrava la presenza di fattori associati ad un aumento significativo del rischio di ritenzione di un corpo estraneo.
Tali fattori erano rappresentati da:
• la chirurgia di emergenza, RR, 8.8, ovvero intervento chirurgico non pianificato
• cambiamento del tipo di operazione, rischio, RR, 4.1
• e l'indice di massa corporea, con RR pari a 1.1.
Ulteriori studi caso controllo o prospettici potranno individuare ulteriori fattori di rischio presenti.
Più esattamente, in ogni caso, i fattori di rischio coinvolti, sembrano essere:
• operazione eseguita su una base di emergenza RR 8.8
• cambiamento imprevisto nella procedura di intervento, RR 4,1
• più di 1 squadra chirurgica coinvolta, RR 3,4
• variazione del personale infermieristico durante la procedura, RR 1,9
• indice di massa corporea (per incremento di 1 unità), RR 1.1
• volume stimato di sangue perso (per 100 ml di incremento), RR 1,0
• conta di garze e strumenti eseguiti, RR 0.6
• il sesso femminile, RR 0,4.
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Sintetico e riepilogativo sull’argomento appare un articolo dal titolo “Retained
surgical instruments”, Internet,
http://en.wikipedia.org/wiki/Retained_surgical_instruments, ultimo aggiornamento 16 maggio 2014.
Si tratta di un tipo di errore evitabile, con maggiore incidenza dell’intervento di
“sede sbagliata” e con elevati costi clinici e di risarcimento.
Anche l’immagine dell’ospedale ne può risultare colpita.
L’incidenza dell’evento avverso è stimata di 1 / 1.000 – 1.500 interventi sullo stomaco, sede presa in considerazione.
Viene sconsigliato di dare pubblicità ad eventi avversi da parte del personale sanitario.
Il corpo estraneo ripetuto può dare una sintomatologia subito o a distanza di qualche mese.
In questo caso si manifesta come un ascesso addominale.
La diagnostica radiologica può dare risultati poco chiari.
Le misure preventive non sono decisive in assoluto.
L’uso di un marcatore radiopaco sulle garze o radiografie intraoperatorie o TC possono essere molto utili nel prevenire l’errore.
Il granuloma intorno alla garza ritenuta si accresce nel tempo diventando più voluminoso.
Si rendono necessari nuovi interventi di asportazione del granuloma da corpo estraneo.
Stanchezza e conta imprecisa incrementano il rischio di errore.
Gli interventi di emergenza e il mancato ristoro del sonno sono spesso alla base della dimenticanza.
Gli eventi avversi riportati comprendono reazione del tessuto locale, infezioni, perforazione e ostruzione dei vasi sanguigni, e la morte.
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Fattori che contribuiscono al danno possono comprendere la biocompatibilità dei materiali del dispositivo, la posizione del frammento, la potenziale migrazione del frammento stesso e l'anatomia del paziente.
Più circoscritto appare poi un articolo dal titolo “Retained Surgical Items and Minimally Invasive Surgery” di Verna C. Gibbs, World J Surg (2011) 35:1532–1539.
Investita in primo piano, in questo problema di prevenzione, è la cultura stessa della sala operatoria.
Le procedure minimamente invasive appaiono molto più sicure rispetto a quelle invasive, riguardo al problema del possibile corpo estraneo ritenuto.
Esistono evidentemente problemi di comunicazione al riguardo e di necessità di cambiare o modificare i metodi di comportamento.
Qualsiasi materiale chirurgico può restare involontariamente ritenuto, anche per molti anni e con possibili danni anche molto gravi.
Si contano 4 categorie principali di oggetti chirurgici, cioè, garze, aghi, strumenti, e vari altri piccoli oggetti.
Per quanto molti studi indichino negli interventi di emergenza e nell’obesità i principali responsabili del problema, in realtà la natura dello stesso pare avere poco a che fare con le caratteristiche specifiche del paziente.
Il più delle volte il conteggio delle garze appare corretto e sono davvero rari i casi in cui venga segnalato un errore in tal senso.
Ciò nonostante continuano ad accadere casi di corpi ritenuti involontariamente in addome.
Tutta la prevenzione di fatto si basa sul metodo del conteggio.
Si stima che in USA si verifichino da 1.500 a 2.000 eventi di corpi estranei ritenuti a seguito di intervento chirurgico.
Bisogna anche considerare che in USA esistono oltre 6.000 ospedali.
In USA vengono peraltro effettuati 45 milioni di ricoveri all’anno e nel mondo si praticano circa 234 milioni di operazioni complessive.
Vengono anche segnalati casi di corpi ritenuti anche nel caso di procedure mininvasive, anche se si tratta di eventi più rari.
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Esistono inoltre ospedali scevri storicamente da questi inconvenienti da oltre 10 anni, mentre in altri tale cadenza è di 1 a trimestre.
In circa l’80 % dei casi il corpo ritenuto è la garza.
Dopo giorni o mesi o anni si possono sviluppare sintomi e il corpo estraneo radiopaco può essere scoperto incidentalmente durante l’esecuzione di radiografie.
Appare soprattutto difficile individuare l’errore specifico onde potervi meglio trovare rimedio.
Nelle procedure mininvasive vengono adoperate poche garze, con rischio quindi minore, esistendo una relazione fra numero degli elementi utilizzati e rischio di corpo estraneo ritenuto.
Le radiografie intraoperatorie appaiono inadeguate o non vengono nemmeno esaminate.
Si presuppone che con l’avvento della laparoscopia tale evento negativo andrà diminuendo.
Gli errori possono avvenire da più parti, per carenza di comunicazione.
Secondo gli attuali orientamenti la prevenzione dovrebbe agire a livello individuale cercando di migliorare gli sforzi personali di attenzione.
Si tratta invece di un problema di sistema che necessita di opportuni aggiustamenti.
L’utilizzo di garze radiopache potrebbe rappresentare una soluzione.
Un esame metodico della ferita chirurgica da parte dell’operatore appare comunque la migliore soluzione.
Ancora incentrato sul problema della responsabilità degli operatori sanitari è un articolo dal titolo “Assigning Responsibility for Gossypiboma (Abdominal Retained
Surgical Sponges) in Operating Room” di Amjad Siraj Memon e al., Journal of the Dow University of Health Sciences Karachi 2012, Vol. 6 (3): 106-109.
Molti fattori sono coinvolti in questo tipo di errore.
Lo studio riguardava 254 pazienti in cui, nella gran parte dei casi era stato utilizzato il metodo del conteggio e in una quota minore le garze radiopache.
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Si tratta comunque di un grave errore chirurgico fonte di mobilità e di mortalità.
I sintomi si possono sviluppare in giorni, mesi o anni.
Una volta imbevute di sangue le garze possono apparire indistinguibili dai tessuti biologici.
Notevoli sono le conseguenze sotto il profilo clinico e medico legale, anche con notevoli costi economici.
Nello studio si evince che il 20 % dei chirurghi era effettivamente andato incontro ad un procedimento giudiziario e, in un altro 20 % dei casi, il paziente aveva evitato di denunciare il chirurgo.
In conclusione l'indebita attenzione per tali incidenti da parte dei media e di altre associazioni sociali ha forse un ruolo importante nella sotto segnalazione di questa condizione.
Lo studio dimostra chiaramente che un buon numero di chirurghi, componenti del team e infermieri ritengono che sia responsabile il tipo di garza utilizzata e il conteggio degli strumenti.
Il miglioramento di questi aspetti resta una zona grigia che può essere solo migliorata da un’accresciuta comunicazione e dall'ammissione dell’errore da parte dei fornitori di assistenza sanitaria.
Suggerimenti al riguardo derivano da un articolo dal titolo “Recommended Practices for Prevention of Retained Surgical Items”, Revised July 2010 for online publication in Perioperative Standards and Recommended Practices, 2012 AORN, Internet,
http://www1.ucirvinehealth.org/magnetnursing/clienthtml/69/attachments-and- reference-documents/118/SE2EOa.pdf.
Si tratta di una serie di raccomandazioni pratiche da intendersi come line guida.
Viene in particolare raccomandato l’uso di garze e materiali assorbenti chirurgici radiopachi.
Le organizzazioni sanitarie sono da ritenersi responsabili in tal senso e va migliorata la tecnica del conteggio delle garze e degli strumenti.
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Non esiste una legislazione in materia e circa la responsabilità vige il principio
“in re ipsa loquitur” circa il corpo estraneo erroneamente abbandonato nella breccia chirurgica.
Gli studi suggeriscono che le procedure di emergenza e cambiamenti inattesi nelle procedure sono correlate ad un aumento del rischio.
In circa il 69 % dei casi sono coinvolte le garze rispetto ad altri strumenti considerabili.
Le strategie comuni nella letteratura che sono state utilizzate per attenuare l'incidenza dei corpi estranei ritenuti involontariamente includono lo sviluppo di procedure standardizzate in combinazione con il conteggio manuale, una comunicazione rafforzata, un lavoro di squadra multidisciplinare, una verifica radiologica e l'uso di dispositivi tecnologici ausiliari.
Le organizzazioni sanitarie sono responsabili nell’attuazione di politiche e procedure applicabili alla loro impostazione pratica.
Appare indispensabile valorizzare il lavoro di squadra e considerare tutto il personale impegnato in sala operatoria responsabile per l'adozione, l'implementazione e la revisione delle procedure e delle pratiche designate.
L’argomento del corpo estraneo ritenuto in addome viene affrontato nello specifico ancora in un articolo dal titolo “The retained surgical sponge following laparotomy; forgotten at surgery, often forgotten at diagnosis. Our experience” di A.Y Ukwenya e al., Nigerian Journal Of Surgical Research, Vol. 8 No. 3 – 4 2006; 164 – 168.
Si tratta di un problema serio che investe il paziente, la struttura ospedaliera, l’équipe medica e il personale operatorio.
In un caso descritto nell’articolo si è verificata una grave ostruzione intestinale e un malassorbimento, in un altro una sepsi intraddominale, con insufficienza d’organo, 3 fistole e morte.
In 2 pazienti si è verificata l’espulsione della garza per via rettale.
Sono i chirurghi ad essere maggiormente investiti nel controllo e nella sicurezza delle procedure adottate, per evitare le complicanze e il nuovo intervento chirurgico di asportazione del corpo estraneo.
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Il corpo estraneo non rimosso si può presentare con uno spettro di manifestazioni cliniche.
L'intestino spesso si fa poi carico del tentativo di espellere il corpo estraneo, con conseguenti complicazioni intestinali come l’ileo paralitico, la perforazione, le fistole e l’ostruzione intestinale.
Peraltro il sospetto clinico di una garza ritenuta post-laparotomia può essere relegato in secondo piano, laddove la consapevolezza di ciò è bassa, potendo le manifestazioni cliniche essere più probabilmente confuse con uno spettro eterogeneo di complicanze postoperatorie.
Un alto indice di sospetto è necessario per fare diagnosi precoce di garza ritenuta chirurgica dopo la laparotomia, e tale eventualità dovrebbe essere presa in considerazione in qualsiasi paziente che presenta sintomi in qualsiasi momento dopo un intervento chirurgico addominale.
Caso clinico
Anamnesi Familiare
Donna di anni 34, figlia unica germana, una sorella, da parte di madre di 22 anni di età, in apparente buona salute. Padre deceduto a 45 anni di età per complicanze diabetiche. Madre di anni 54 in apparente buona salute.
Anamnesi Fisiologica
Nata dopo 7 mesi di gestazione, con parto naturale. Normali lo sviluppo ed i primi atti della vita di relazione. Scolarità: Diploma di Scuola media superiore. Menarca ad 11 anni con flussi mestruali successivi regolari per periodicità, entità e durata.
Normo mangiatrice e normo bevitrice, non fuma. Alvo tendenzialmente stitico, diuresi fisiologica. Una gravidanza portata a termine, con parto cesareo. 1 figlia di 2 anni e mezzo circa, in apparenti discrete condizioni di salute. Riferisce dubbia allergia ad alcuni antibiotici imprecisati.
Anamnesi Patologica Remota
Riferisce parotite epidemica in età infantile, verso 7-8 anni di età. Dei comuni esantemi infantili ricorda la scarlattina, patita all’età di 14 anni circa, guarita
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apparentemente senza esiti. Negli anni adolescenziali ricorda di aver sofferto di tonsilliti acute ricorrenti. Tonsillectomizzata in epoche pregresse.
ANAMNESI PATOLOGICA PROSSIMA
Operata circa 13 anni fa di appendicectomia, per l’insorgenza di appendicite acuta.
Appena dopo il suddetto intervento chirurgico, già in costanza di ricovero, riferisce di aver cominciato ad accusare diffusi dolori colici addominali, di ndd, con caratteristiche che la paziente giudica, a suo dire, molto simili a quelle accusate appena antecedentemente all’intervento chirurgico di appendicectomia, seppur in assenza, in questo secondo caso, di nausea e vomito.
Nell’occasione riferisce di essere stata trattata dai sanitari che l’avevano in cura, per la sintomatologia postoperatoria colica accusata, con terapie sintomatiche antispastiche di ndd, con apparenti benefici sintomatologici.
La degenza ospedaliera complessiva, nell’occasione, era di circa una settimana.
Per qualche tempo la paziente continuava ad accusare sporadici dolori addominali che, però, regredivano con l’uso di antispastici o anche spontaneamente, senza, quindi, fare uso di farmaci sintomatici.
Man mano, però, gli episodi dolorosi scomparivano nel tempo, per cui la paziente riferisce di non aver, poi, più sofferto di dolori intensi addominali, in epoche successive, salvo sporadici e fugaci spasmi addominali, anch’essi facilmente regrediti spontaneamente.
Nel frattempo, negli anni successivi, la paziente convolava a nozze con un coetaneo, esattamente 5 anni dopo l’intervento di appendicectomia.
Dopo circa un anno di matrimonio la coppia decideva, dunque, di avere dei figli.
Ma i due sposi si accorgevano che, loro malgrado, il problema della procreazione si presentava più difficile del previsto, poiché nonostante i numerosi e reiterati tentativi di avere dei figli, l’agognata gravidanza non arrivava, in alcun caso.
Recatisi, per tale motivo da un ginecologo della zona di appartenenza, il sanitario interpellato, previo consulto e visita, sottoponeva la paziente ad una cura specifica per infezioni vaginali e altresì a delle cure imprecisate, di tipo ormonale, senza alcun esito favorevole apparente, in rapporto al problema presentato.
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E’ così che circa 2 anni dopo la coppia decideva di recarsi da un nuovo ginecologo, delle zone limitrofe, per un nuovo consulto.
Questo secondo ginecologo interpellato sottoponeva la paziente a diverse indagini diagnostiche specifiche e prescriveva altri esami, fra i quali, tamponi vaginali, con antibiogrammi, risultati positivi per germi banali occasionali, ed eseguiva, in particolare ecografie utero - annessiali che denotavano la presenza di alcune cisti ovariche benigne, di apparente scarso significato clinico.
Nel frattempo, contestualmente, il partner eseguiva, dietro prescrizione dello stesso ginecologo, un esame del liquido seminale e uno spermiocitogramma risultati assolutamente entro i limiti della norma, con valori di spermatozoi pari a 120 milioni di spermatozoi / mm cubo di sperma, perfino, quindi, oltre i valori normalmente attesi.
Le analisi di laboratorio eseguite, inerenti l’assetto ormonale della paziente, denotavano, invece, nella specifica circostanza dell’indagine trasversale svolta, occasionalmente, l’assenza di ovulazione.
Preso atto di tale problema, il ginecologo sottoponeva la paziente ad indagine laparoscopica e ad isterosalpingografia, esami che risultavano, però, del tutto negativi, nell’ambito dell’iter diagnostico accertativo intrapreso.
E’, altresì, da notare che, in precedenza, ecografie addominali effettuate dall’altro ginecologo consultato, avevano, invece, rilevato la sicura presenza di ovulazione, essendo, peraltro, a dire dell’interessata, risultato, nella norma l’assetto ormonale testato nell’occasione.
La paziente si ricoverava, pertanto, per tali motivi, per accertamenti supplementari presso un Reparto di Ginecologia, circa 2 anni e mezzo dopo il matrimonio, ove, per l’appunto eseguiva la suddetta laparoscopia risultata, come già evidenziato, apparentemente negativa.
Veniva, così prescritta una cura specifica a base di estratti di sfingolipidi e fosfolipi ipotalamici, per un totale di 90 fiale, una fiala i.m. al giorno, trattandosi, quindi, di un ricostituente cerebrale non psicoattivo, da eseguire nei tre mesi successivi.
E’ così che, a seguito delle cure intraprese, circa 3 anni dopo la paziente rimaneva, finalmente, in stato interessante.
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In precedenza, all’esame ecografico alcuni mesi prima si era facilmente evidenziata, peraltro, la presenza dell’ovulazione.
Durante i primi tre mesi di gravidanza la paziente non avvertiva problemi e sintomi di sorta, rilevanti.
Successivamente, proprio verso la fine del 3° mese di gravidanza, cominciava, invece, ad avvertire piccole perdite ematiche vaginali.
Si recava, prontamente, dal proprio ginecologo di fiducia che, allo scopo di prevenire la minaccia d’aborto incipiente, prescriveva le cure mediche appropriate del caso, a base di terapie tocolitiche, antispastiche, ormonali ed eutrofizzanti della parete uterina.
La paziente era, pertanto, costretta a ricoverarsi per ben due volte successive, durante la gravidanza, per minaccia di aborto, stato anemico ed esiti aderenziali di pregresso intervento laparotomico la prima volta per insufficienza feto-placentare e minaccia di parto pretermine, e a distanza di qualche mese per evidenti complicanze gestazionali.
Tutto il periodo della gravidanza, a dire della paziente, veniva espletato prevalentemente stando a riposo o a letto.
In occasione, poi, del ricovero finale per l’espletamento del parto, in una gravidanza già definibile a rischio, si verificava la necessità dell’espletamento di parto cesareo che trovava indicazione, in virtù dell’eccessiva lunghezza del travaglio, perdurato addirittura per ben tre giorni solari, proprio per le caratteristiche del battito fetale, al tracciato cardiotocografico, denotante l’evidenza di una sofferenza fetale.
In tale circostanza dell’esecuzione del taglio cesareo e dell’intervento chirurgico laparotomico veniva rilevata la presenza di un ascesso dello sfondato del Douglas.
Contestualmente, esattamente durante l’esecuzione dello stesso intervento chirurgico laparotomico, del taglio cesareo, veniva, altresì riscontrata la presenza accessoria, innaturale, di 2 garze chirurgiche all’interno di 2 distinte formazioni grossolanamente cistiche, allocate in sede extrauterina, evidente esito di precedenti interventi chirurgici, ciascuna valutabile, all’incirca, delle dimensioni, di un mandarino, ad apparente giustificazione, quindi della gran parte del quadro clinico sofferto durante la gravidanza.
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L’Esame Obiettivo successivo alla gravidanza evidenziava, in un soggetto longilineo, buone condizioni generali, assieme ad uno stato ansioso depressivo di discreta entità, una prurigine cronica, con diffusi segni di grattamento nelle sedi laterali del collo, segni di somatizzazione dell’ansia, tali da apparire compatibili con un disturbo dell’adattamento apparentemente secondario alla gravidanza a rischio sofferta, trascorsa, peraltro, in costante allettamento.
La documentazione sanitaria esaminata indicava, relativamente alla cartella clinica del ricovero per l’espletamento del parto, la diagnosi di parto con taglio cesareo, in situazione clinica di un oligoidramnios e di una sofferenza fetale, con presenza riscontrata di un ascesso del Douglas, all’atto della laparotomia
Interessante, in particolare, appariva il responso del servizio di Anatomia ed Istologia patologica, relativo al materiale in esame inviato, che indicava, nella refertazione, la presenza di una neoformazione del Douglas composta macroscopicamente da due frammenti di tessuto grigio-brunastro delle dimensioni di cm 2 x 2 x 1, assieme ad una seconda neoformazione di cm 3 x 2,5 x 2, costituita da materiale tipo garza.
A livello microscopico veniva descritta la presenza di materiale amorfo birifrangente riferibile a filo di garza, e un processo granulomatoso reattivo, istiocitario a cellule giganti, del tipo da corpo estraneo inglobante materiale birifrangente riferibile a fili di garza..
Peraltro le condizioni generali della partoriente, all’epoca del parto appariva, abbastanza soddisfacenti, con valori dell’emocromo e degli altri esami ematochimici nella norma.
All’ingresso in ospedale, prima del parto veniva, quindi, confermata la presenza di un’iniziale sofferenza fetale per la quale era apparso iondicato l’espletamento di un parto cesareo.
Il prodotto del concepimento era un neonato di sesso femminile e del peso di oltre kg 3,100, di normale lunghezza e con indice di Apgar al 1’ pari a 4 e al 5 minuto pari a 8.
In presenza di un oligoidramnios, evidenziato ecograficamente, si decideva inizialmente per l’induzione al parto di tipo farmacologico con ossitocina, ma dopo quasi 78 ore di travaglio, veniva decisa l’effettuazione di un parto cesareo.
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Durante l’esplorazione laparotomica contestuale al taglio cesareo veniva messa in evidenza dal chirurgo la presenza di numerose aderenze utero ovariche e cecali.
Nella fase della toilette addominale veniva altresì riscontrata la presenza di una formazione ascessuale nella regione dx del Douglas, della grandezza circa di un mandarino, per cui si procedeva alla rimozione del suddetto ascesso e del materiale incluso, con invio del suddetto all’anatomia patologica per l’effettuazione dell’esame istologico.
I vari tracciati cardiotocografici eseguiti in costanza di ricovero mostravano variamente i segni della sofferenza fetale in atto, con onde alte alternate ad onde basse e strette in diversi tracciati riportati.
Il precedente ricovero effettuato sempre nello stesso reparto, nella diagnosi di dimissione indicava la presenza di un’insufficienza feto placentare insieme ad una minaccia di parto pretermine.
Il motivo del ricovero era riconducibile alla presenza di un’ipogastralgia associata ad un’insufficienza feto – placentare e ad un oligoidramnios evidenziato ecograficamente, anche se in un feto di normale età gestazionale.
Era presente nella madre un’ anemia sideropenica, con valori di ferro pari a 36 mcg/dl, ciò che comunque appariva relativamente normale in una gravidanza.
I dosaggi ormonali della prolattina apparivano concordi con l’età gestazionale, il tracciato cardiotocografico, eseguito in varie occasioni, appariva, sostanzialmente, nei limiti della norma.
Due mesi prima di questo ricovero se ne era verificato un altro, con diagnosi, all’ingresso, di minaccia d’aborto, stato anemico, dolori addominali e vomito in esiti aderenziali.
Nell’anamnesi fra gli interventi chirurgici precedenti venivano riportati l’appendicectomia e la laparoscopia eseguita circa un anno prima
All’ecografia il corpo uterino appariva subcontratto e il battito fetale era presente e regolare.
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La ricerca degli anticorpi IgM del citomegalovirus, della rosolia e del toxoplasma risultava negativa mentre positiva risultava solo la ricerca delle IgG della rosolia, per infezioni evidentemente pregresse, ovvero infantili;
Tutti gli altri esami ematochimici eseguiti durante il ricovero apparivano nei limiti della norma, compresi T3, T4 e TSH, nonché la ricerca di HbSAg per il virus epatite.
In precedenza la paziente, circa 1 anno prima, era stata ricoverata per infertilità.
Durante tale ricovero era stata effettuata una laparoscopia che aveva evidenziato la presenza di aderenze utero-ovariche e cecali, che non permettevano una buona visualizzazione del Douglas.
Anche in questa occasione tutti gli altri esami ematochimici e di laboratorio apparivano nella norma, anche se l’esame microscopico del sedimento urinario dimostrava la presenza di diverse cellule nelle basse vie, numerosi batteri, rari leucociti ed eritrociti.
In precedenza, circa 8 anni prima, si era verificato il ricovero per appendicite acuta, apparentemente con esito in guarigione, in assenza di valori patologici degli esami ematochimici successivi all’intervento.
Però circa 1 anno dopo si era reso necessario un ricovero presso lo stesso reparto di chirurgia per colica addominale, ancora con esito in guarigione.
Ciò era dipeso dal fatto che la paziente da diversi giorni accusava una sintomatologia dolorosa di ndd in fossa iliaca destra.
L’esame obiettivo addominale durante il ricovero mostrava un addome trattabile e lievemente dolorabile alla palpazione profonda.
Le indagini di laboratorio eseguite nell’occasione apparivano entro i limiti della norma.
Inoltre sia l’esame culturale del liquido seminale del coniuge che il tampone uretrale che l’esame citometrico del liquido seminale eseguiti dopo il matrimonio apparivano nei limiti della norma.
Da ultimo una visita ginecologica eseguita a distanza di 7 anno dall’intervento di appendicectomia metteva in evidenza, con esame ecografico, un utero in asse e delle ovaie con morfologia poli – microfollicolare.
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A chiosa, i 7 controlli ecografici eseguiti durante la gravidanza erano risultati con parametri morfovolumetrici nella norma.
Commento al caso clinico
L’oligoidramnios è stato definito, seppur in vario modo, come una riduzione del diametro placentare, escluso il cordone e gli arti fetali pari a valori inferiori a cm 3 – 2 – 1, essendo quest’ultimo valore indicativo di un oligoidramnios da medio a severo.
Nella pratica clinica corrente si fa riferimento ad un valore inferiore al 5° percentile per l’età gestazionale. La suddetta patologia amniotica complica, per un diametro placentare < cm 2, circa il 4 % delle gravidanze (17).
Sono ritenute cause comuni, ovvero, associazioni statisticamente significative con l’oligoidramnios le seguenti patologie di tipo ostetrico e non:
• La rottura prematura delle membrane;
• Il ritardo di crescita intrauterino;
• La postmaturità;
ovvero le anomalie fetali, quali:
• L’agenesia renale;
• L’ostruzione ureterale;
• La displasia renale;
• I reni policistici o multicistici.
Quindi non è da escludere, anzi è da ammettere, che le “compressioni ab estrinseco”, quali, ad es. quelle prodotte da corpi estranei endoaddominali ed endoperitoneali, ad esempio, presenti nello sfondato del Douglas, possano indirettamente comprimere il contenuto della parete addominale e, specie, quando l’utero, nel terzo trimestre di gravidanza, assume dimensioni maggiori, possa subire maggiormente la compressione determinata da corpi estranei incarcerati nella parete addominale con conseguenze sulla funzionalità renale del feto, ovvero sul decorso delle vie urinarie, determinandone almeno la sub ostruzione e, conseguentemente e secondariamente l’oligoidramnios.
Di certo l’utero non appare affatto indifferente ad una compressione di una massa granulomatosa da corpo estraneo che agisca da tergo, localizzata a destra, raccolta nel cavo del Douglas, con numerose aderenze che incarcerano e stringono il contenuto uterino in modo consistente ed anomalo, determinando, così, apprezzabili e severe conseguenze sull’espletamento e buon compimento della gravidanza medesima, ovvero trasformando una gravidanza fisiologica in una gravidanza gravemente
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turbata, ovvero a rischio, come comunemente vengono etichettate tali gestazioni anomale.
E’ possibile evocare solo nel 7 % dei casi la presenza di malformazioni congenite, percentuale che sale, eventualmente, al 26-35 % dei casi, ma solo se si verifica la rottura delle membrane nel secondo semestre di gravidanza.
Le anomalie renali, al contrario, rappresentano ben il 33-57 % dei casi ed includono, oltre all’agenesia renale e al rene multicistico / displastico, soprattutto quelle con ostruzione del tratto urinario.
L’oligoidramnios è secondario, in questi casi, alla ridotta minzione fetale, contrapposta alla più o meno normale produzione urinaria, visto che è sperimentalmente possibile ripristinare un volume normale di liquido amniotico con uno shunt vescica-amniotico.
Peraltro solo in una ridotta percentuale di casi, pari a meno del 10 % in toto, non è possibile precisare la diagnosi correttamente delle cause a monte del fenomeno patologico gravidico, trattandosi, per lo più di forme di oligoidramnios di grado lieve- medio, forse di natura virale.
In pratica, l’oligoidramnios è una condizione in cui esiste una quantità patologica, al di sotto dei 500 c.c. o poco meno, di liquido amniotico.
A tutt’oggi, non è ancora esattamente conosciuta la patogenesi di questa affezione; in effetti, tale condizione, comunque ingenerata, potrebbe essere conseguente ad una alterazione della membrana amniotica, con scarsa produzione di liquido, forse dovuto a riassorbimento di liquido amniotico per sofferenza fetale, fino alla morte fetale, ovvero ad un lento deflusso per rottura delle membrane, che poi si risaldano o, infine alla presenza di malformazioni o alterazioni feto-placentari, primitive o secondarie, soprattutto a carico delle vie urinarie che non contribuirebbero in modo sufficiente alla produzione di liquido amniotico, come normalmente avviene.
E’ da notare che gli oligoidramnios si distinguono, classicamente, in primitivi e secondari, proprio in base alle cause che li hanno generati.
E’ da rilevare, altresì, che esiste una forte correlazione fra oligoidramnios e parto pretermine ovvero minaccia di travaglio precoce.
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Nel caso in specie di oligoidramnios nessuno dei fattori predisponesti intrinseci primitivi è stato minimamente correlato con la fenomenologia rilevata, né, per il momento, l’allora prodotto del concepimento, oggi una bambina di circa 4 anni, ha manifestato anomalie fetali e postfetali rilevanti, specie a carico dei reni, né consistenti ritardi di crescita intrauterini, dovuti a cause endogene, ferme restando le conseguenze impreviste ed imprevedibili dovute ai rischi fetali collegati o collegabili al fenomeno dell’oligoidramnios in sé per sé considerato, a prescindere da ciò che lo ha determinato.
E’, pertanto da ritenersi che si sia effettivamente trattato, nella fattispecie, di un fenomeno secondario a patologia acquisite preesistenti o sopravvenienti, essendo, comunque da ritenersi fortemente implicato, in assenza di altri aspetti patologici rilevanti, il grosso granuloma da corpo estraneo riscontrato nella cavità del Douglas e tutto il complesso sindromico aderenziale secondario, utero-ovarico dx, rilevato all’atto dell’intervento laparotomico resosi necessario con la scelta indispensabile del parto cesareo.
E’ il caso di considerare separatamente i rischi materni dai rischi fetali veri e propri, in caso di oligoidramnios (18, 19).
I cosiddetti rischi materni più che considerabili in rapporto all’oligoidramnios in quanto tale vanno adeguatamente rapportati alle cause sottostanti in grado di determinarli.
A prescindere dall’eziologia che ha provocato il fenomeno, la madre, in questi casi presenta sicuramente un rischio maggiore, ovvero assai rilevante, di andare incontro ad un parto cesareo per distress fetale secondario ad un ritardo di crescita, malformazione o compressione del cordone ombelicale ovvero per le numerose cause enumerate in precedenza. Peraltro, nel 39-58 % dei casi è possibile che si verifica la rottura precoce delle membrane in rapporto agli elevati tassi di interventi medici, resisi necessari, quali, ad es., induzione del travaglio, interruzione della gravidanza e perfino corionamnionite clinica, primaria o secondaria.
Fra i rischi fetali vanno ricompresi, sempre in caso di oligoidramnios, i seguenti:
• aumentata mortalità perinatale, tanto associata ad oligoidramnios quanto correlata, in parte, all’eziologia di base che l’ha provocato, in parte alla prematurità, in parte alle sequele di una rottura precoce delle membrane, compresa anche la corionamnionite; non è stato, peraltro, interamente chiarito se la mortalità perinatale sia aumentata in modo considerevole anche in caso di lieve oligoidramnios a termine di gestazione;