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METODOLOGIA VALUTATIVA MEDICO-LEGALE NEI TRAUMATISMI DEL GINOCCHIO

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METODOLOGIA VALUTATIVA MEDICO-LEGALE NEI TRAUMATISMI DEL GINOCCHIO

Dr. O. Morini - Dr. G. Candino*

Le lesioni del ginocchio sono frequenti in relazione soprattutto ad incidenti del traffico e traumi sportivi poiché il ginocchio è articolazione particolarmente esposta ad insulti traumatici per le sue caratteristiche anatomo-funzionali: essa infatti è sottoposta a notevoli sollecitazioni trovandosi all'estremità di due lunghe leve, il femore e la tibia, senza essere protetta da strati muscolari o di tessuto adiposo.

E' indubbio che la valutazione medico-legale degli esiti di traumatismi del ginocchio pone non di rado problemi di difficile soluzione, come dimostra la frequenza con cui, sia in ambito di contributi personali, sia con convegni e dibattiti, il tema è stato a più riprese affrontato.

Ed in effetti i problemi diagnostici che precedono il momento valutativo sono numerosi e complessi, nonostante i progressi della radio-diagnostica, ed a volte anche in caso di intervento artroscopico, pur se questa metodica diagnostico-terapeutica consente un diretto apprezzamento dei reperti anatomici.

Infatti il medico-legale interviene solo a conclusione dell'iter clinico, spesso a distanza di molti mesi, e pertanto non può che basarsi sui rilievi obiettivi di diretto apprezzamento e su quanto ricavato dall'esame della documentata vicenda clinica sia in termini di anamnesi e "sindrome a ponte", sia per quanto desumibile dagli esami strumentali o dalla descrizione artroscopica.

Va rimarcata l'importanza del dato anamnestico nell'elaborazione del giudizio medico-legale e che ruolo primario a tal fine rivestono anche le caratteristiche della modalità lesiva, essendo noto che vi sono ambiti valutativi diversi cosicchè se sono risarcibili le lesioni anche se concausate in ambito di responsabilità civile, nell'infortunistica privata sono invece indennizzabili solo le conseguenze dirette ed esclusive dell'evento traumatico risultando pertanto esclusi, a norma di contratto, gli esiti di lesioni concausate.

Di particolare importanza per la valutazione medico-legale è perciò l'analisi della vicenda clinica in relazione al corteo sintomatologico ed ai rilievi obiettivi registrati dai sanitari curanti. La presenza di episodi di blocco articolare piuttosto che di idrarto o di tumefazione articolare; il ricorrere di un versamento a seguito di affaticamento o in modo intermittente; esiti di esami da laboratorio, sono tutti elementi utili per porre una diagnosi differenziale rispetto a condizioni patologiche naturali che spesso il paziente- ed a volte anche il traumatologo- è portato a ricollegare ad insulti traumatici pregressi più o meno rilevanti.

Lo stato anteriore ha importanza in relazione a condizioni patologiche idonee di per sè sole a spiegare una determinata manifestazione clinica. E' indubbio che un varismo od un valgismo delle ginocchia condizionando un sovraccarico compartimentale nel tempo favorisca l'usura delle strutture articolari e la loro secondaria sofferenza. Parimenti si consideri l'importanza che può avere una iperpressione rotulea od una sublussazione di rotula nel determinare erosione della cartilagine ed anche nel favorire una sofferenza meniscale.

Va al proposito però puntualizzato il concetto di preesistenza come dato realmente patologico e non come reperto parafisiologico che non può invece essere invocato come elemento concausale.

Si consideri ad esempio il dato certo di una degenerazione meniscale per modificazione della componente muco-polisaccaridica che si verifica dopo il quarantesimo anno di età e che comporta una minor elasticità della fibrocartilagine che nel tempo tende ad assottigliarsi risultando perciò meno resistente alle sollecitazioni esterne. E' evidente che trattandosi di una situazione, per così dire, fisiologica, e coerente con il passare degli anni, non potrà ad essa essere attribuito ruolo di fattore concausale né per gli aspetti della concausa di lesione nè per quelli della concausa di menomazione. E va sottolineata perciò la difficoltà di differenziare con ragionevole certezza i casi

* Istituto Medicina Le4gale, Università di Milano

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di infortuni concausati da quelli indennizzabili.

Ha quindi primaria importanza la valutazione dell'idoneità lesiva dell'evento traumatico denunciato, alla luce della quale andranno considerate le eventuali preesistenze.

Ciò premesso, veniamo ad analizzare gli altri “momenti” dell'elaborazione del giudizio valutativo medico-legale. In primo luogo, come detto, la modalità lesiva. Per quanto attiene alla traumatologia del ginocchio vanno considerate essenzialmente tre possibili situazioni: un trauma puramente contusivo; un trauma di carattere distorsivo; ed infine un trauma “combinato"che è solitamente di tipo contusivo, ma nel quale è possibile che si inseriscano movimenti articolari idonei a condizionare effetti di tipo distorsivo.

Va detto che un trauma contusivo risulta idoneo a determinare lesioni delle strutture scheletriche e cartilaginee nonchè della membrana sinoviale e del corpo adiposo di Hoffa, mentre è assai improbabile che ad esso consegua un interessamento selettivo delle strutture meniscali o capsulo-legamentose .

Per ciò che concerne la patologia cartilaginea, va ricordato come solo con l'avvento delle moderne indagini radio-diagnostiche e con l'artroscopia si siano potuti individuare i quadri di sofferenza condrale post-traumatica prima del tutto ignorati. Importante è tuttavia tener presente che molti quadri di sofferenza cartilaginea sono di tipo naturale degenerativo e che non sempre è agevole differenziare una condropatia naturale da una post-traumatica.

E' noto infatti che l'artroscopia permette il riconoscimento di lesioni cartilaginee anche modeste, non rilevabili altrimenti mentre non sempre attendibili sono i dati forniti dalle indagini strumentali; in particolare la Tac risulta inidonea allo studio delle cartilagini.

Ne consegue che in molti casi la diagnosi di condromalacia post-traumatica viene formulata sulla sola base del quadro clinico, con tutte le eccezioni e le perplessità che da ciò derivano. Va collateralmente ricordato anche che un'elevata sensibilità diagnostica presenta, secondo alcuni studi, l'artroRM che permette addirittura di riconoscere lesioni cartilaginee in fase iniziale (cosìdette condromalacie "chiuse"). Perciò la metodica può consentire di valutare nel tempo l'evoluzione di un quadro di sofferenza cartilaginea. Da considerare anche che l'esame strumentale consente di acquisire informazioni sulla situazione della cartilagine in tutti i compartimenti articolari e di conseguenza di inquadrare il dato nell'ambito della complessiva situazione articolare così da fornire elementi utili per un giudizio differenziale tra una condropatia di carattere naturale- degenerativo o da sovraccarico ed una condropatia post-traumatica. Trattandosi però di esame impegnativo ed in una certa misura invasivo non può essere impiegato per meri fini medico-legali.

Come è noto la cartilagine articolare è struttura altamente specializzata, fornita di particolare resistenza alla pressione e alla deformabilità essendo la matrice cartilaginea ricca di acqua e di complessi macro-molecolari. Un'erosione cartilaginea perciò può conseguire sia a un danno meccanico, come essere secondaria ad un insulto traumatico od anche essere secondaria ad una alterata composizione della matrice cartilaginea con liberazione di enzimi proteolitici.

L'eziologia delle erosioni cartilaginee può inoltre essere ricondotta a microtraumatismi ripetuti in grado di indurre fenomeni degenerativi della cartilagine.

La differenziazione di lesioni da trauma rispetto a quelle di tipo degenerativo deve tener conto delle caratteristiche morfologiche e di estensione della lesione cartilaginea. L’aspetto delle lesioni condrali da trauma identificabili però solo artroscopicamente va dalle semplici soffusioni emorragiche, perfettamente reversibili, sino al distacco di grossi frammenti osteo-condrali liberi.

Le lesioni cartilaginee di tipo degenerativo per lo più presentano caratteristiche ed estensione molto variabili ed interessano più frequentemente, oltre all'articolazione femoro-rotulea, anche la cartilagine femorale a livello del condilo femorale-mediale, e quella tibiale, nella sua metà posteriore.

Un quadro particolare è la condromalacia rotulea che può essere di tipo primitivo idiopatico od anche secondaria a processi naturali, quali la sindrome da iperpressione rotulea od una sublussazione cronica rotulea, ed infine derivare da eventi traumatici. Le forme di condromalacia rotulea su base degenerativa si manifestano in presenza di squilibri del carico articolare connessi a

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lassità legamentose, valgismo delle ginocchia, ecc... Ma la diagnosi di condropatia post-traumatica è spesso non agevole per la presenza di un numero consistente di forme idiopatiche.

Un quadro che va attentamente considerato in contrapposizione con l'ipotesi di una condropatia post-traumatica è quello noto come sindrome dolorosa femoro-patellare, caratterizzata da dolore evocato dalla pressione sulla rotula e da dolore articolare acuito dal salire o scendere le scale. Si tratta di un quadro clinico complesso ove coesiste una sofferenza cartilaginea nell'ambito di una sindrome che riconosce altri momenti causali, quali un'insufficienza legamentosa o muscolare o una iperpressione retrorotulea.

Un problema che ha molto rilievo sotto il profilo medico legale è quello di distinguere lesioni cartilaginee di tipo cronico da quelle recenti, da trauma.

Solo artroscopicamente è possibile datarle in modo attendibile: mentre in caso di trauma recente i margini della lesione si presentano a spigoli taglienti, nell’arco di 30-40 giorni divengono smussi, sino ad assumere, per traumi risalenti ad alcuni mesi prima, aspetto arrotondato.

Anche le fissurazioni cartilaginee possono riconoscere un'eziopatogenesi naturale o traumatica.

Una genesi traumatica hanno probabilmente le fissurazioni che decorrono in direzione sagittale, mentre le fissurazioni sagittali multiple depongono per un processo degenerativo, ad esempio come conseguenza di lesioni legamentose o meniscali.

Da considerare infine che un trauma diretto violento può risultare idoneo a determinare anche una frattura condrale od osteocondrale, difficilmente riconoscibili con immagini radiografiche standard.

Un trauma contusivo a carico del ginocchio può determinare anche lacerazioni ed emorragie a carico della membrana sinoviale. L'aspetto caratteristico è il fatto che le alterazioni sono limitate alla sede del trauma e che la membrana sinoviale negli altri settori risulta di aspetto normale. Se il trauma invece non è recente è possibile assistere ad una reazione sinoviale generalizzata, con l'aspetto di una sinovite irritativa che si inserisce nell'ambito di una sofferenza articolare più complessa.

Va però ricordato che manifestazioni infiammatorie della membrana sinoviale non si osservano solo in conseguenza di eventi traumatici, ma non di rado derivano da fenomeni di irritazione meccanica cronica articolare indotta da processi patologici naturali o da una eccessiva usura articolare.

In caso di modalità lesiva di tipo distorsivo è possibile sia un interessamento delle strutture capsulo-legamentose, sia dei menischi, sia ancora, in modo però indiretto, delle altre strutture articolari. Notevole rilievo va attribuito all’eventuale comparsa di un emartro che di per sè documenta un interessamento articolare importante ed è suggestivo del ricorrere di una lesione intraarticolare coinvolgente il legamento crociato anteriore.

Le lesioni meniscali vengono attribuite in genere al concorrere di combinazioni di movimenti.

E' noto che le lesioni del menisco mediale dipendono per lo più da un meccanismo di compressione e rotazione con particolare riguardo alla rotazione automatica che si verifica nei movimenti di flesso-estensione del ginocchio.

Altro meccanismo di possibile lesione meniscale è la flessione forzata del ginocchio sotto carico, come nella posizione accovacciata. Tipico il caso del violento ed improvviso dolore nel rialzarsi dopo una prolungata flessione di ginocchio con riscontro di una lesione meniscale determinata dal fatto che nella rapida estensione articolare sotto carico il menisco può rimanere intrappolato tra il condilo femorale ed il piatto tibiale, rompendosi.

Tale modalità lesiva, con cui notoriamente può aversi la rottura del menisco, apre un inevitabile contenzioso medico-legale per quanto attiene all'idoneità dell'evento volendogli attribuire il valore di “causa violenta”- nel determinare la lesione di un menisco "sano".

Anche per le lesioni del menisco laterale sostanzialmente valgono gli stessi meccanismi traumatici. Tipica è la lesione trasversale che può essere causata da una brusca compressione sul compartimento esterno.

Ciò che è certo, è che un semplice trauma contusivo di ginocchio risulta inidoneo a determinare

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una lesione meniscale ed esso può eventualmente essere solo un evento che rende evidente sul piano clinico una condizione patologica già presente.

Le lesioni meniscali di tipo radiale e verticale, che sono più frequenti in età giovanile, sono generalmente di carattere traumatico, mentre le rotture orizzontali, quelle a lembo libero che risultano da una combinazione di una lesione radiale o orizzontale con una longitudinale, e le lesioni complesse sono più comuni sopra i 40 anni e sono solitamente di carattere degenerativo o da ripetuti microtraumatismi.

Per quanto riguarda il menisco mediale, un tipo particolare di lesione longitudinale completa è quella detta a "manico di secchio". Il flap meniscale prende origine da una rottura meniscale longitudinale quando si sia interrotta l'inserzione anteriore o posteriore. Al flap si associano frequentemente alterazioni meniscali degenerative secondarie.

Le lesioni radiali, prevalentemente localizzate al corno posteriore del menisco mediale, sono più frequenti in caso di sovraccarico compartimentale secondario a varismo, mentre le lesioni orizzontali spesso si associano a rotture anche su altri piani e contribuiscono a determinare il caratteristico quadro di una rottura complessa su base degenerativa. Sfilacciamenti, alterazioni villose e presenza di una struttura grossolanamente fibrosa a carico del tessuto meniscale sono indici di lesione di tipo degenerativo.

Nel caso del menisco laterale le lesioni a "manico di secchio" sono per lo più incomplete, interessando solo di rado anche il corno posteriore. Le lesioni radiali sono spesso associate ad una lesione del LCA; a volte esse si estendono in senso longitudinale, assumendo l'aspetto di una lesione obliqua a "becco di pappagallo".

Vale la pena di ricordare come frequenti siano le lesioni del menisco discoide ed in caso di menischi interessati da degenerazione cistica.

Le lesioni capsulo-legamentose riconoscono necessariamente l'eziopatogenesi in un meccanismo distorsivo del ginocchio. Più precisamente si riconoscono le lesioni in valgismo- rotazione esterna che è tanto più importante quanto più il ginocchio è flesso. Questa modalità lesiva è alla base delle lesioni del legamento collaterale mediale con possibile disinserzione periferica del menisco. Se il trauma è di notevole intensità si vengono ad associare anche la rottura del LCA e poi anche del LCP condizionando la sindrome della triade o della pentade interna per rottura completa del pivot centrale.

Le lesioni in varismo-rotazione interna comportano una rottura del legamento collaterale laterale; traumi di particolare gravità possono portare alla rottura anche del LCA con disinserzione del menisco laterale (la cosìdetta triade esterna) ed anche lesione di tutte le formazioni laterali (pentade esterna).

La lesione del LCA può conseguire anche ad un traumatismo di tipo indiretto per violenta iperestensione del ginocchio, come nel calciare a vuoto il pallone, mentre un trauma in iperestensione di tipo diretto può comportare lesioni del legamento crociato posteriore.

I caratteri delle lesioni meniscali legamentose ben apprezzabili artroscopicamente sono comunque spesso riconoscibili già mediante indagini strumentali. E tali indagini sono più in generale di elevato valore diagnostico ed anche prognostico, pur se, come noto, la loro lettura non è così agevole e non sono infrequenti gli errori interpretativi.

Nell'iter diagnostico delle patologie del ginocchio la radiografia convenzionale, nelle due proiezioni ortogonali, resta l’indagine di prima istanza in grado di fornire utili informazioni sulle componenti scheletriche dell'articolazione. Essa non è in grado di documentare le componenti cartilaginee, ad eccezione di eventuali calcificazioni, e le strutture capsulo-legamentose per le quali in passato si ricorreva ad indagini diagnostiche invasive quali l'artrografia, oggi quasi del tutto abbandonata per l'imporsi delle nuove metodiche di imaging: l'ecografia, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica. L'indagine ecografica con l'impiego di sonde ad elevata frequenza, ha indubbiamente affinato negli ultimi anni le sue potenzialità diagnostiche anche in campo osteo-articolare, consentendo il corretto studio dei legamenti collaterali e del rotuleo, delle inserzioni tendinee e della eventuale patologie di queste formazioni anatomiche.

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Con la TC e RM è possibile ottenere una precisa documentazione iconografica del ginocchio per piani, con dettagliata rappresentazione sia della componente più propriamente articolare, sia dei tessuti molli circostanti. La TC è particolarmente utile nella ricerca dei corpi liberi endoarticolari, nello studio della patologia sinoviale e per una valutazione delle strutture legamentose. La RM essendo metodica sia multiplanare sia multiparametrica, permette uno studio strutturale, con effetto "contrastografico" delle alterazioni patologiche, traumatiche e non, che possono interessare l'articolazione. Essa consente di evidenziare in modo molto preciso i menischi, i legamenti crociati, i collaterali, il legamento popliteo, la capsula articolare, la borsa adiposa ed anche la componente scheletrica, con l’elevato segnale RM del midollo osseo ed il basso segnale della corticale.

Non sono invece rilevabili alla RM le piccole concrezioni calcaree che eventualmente possono essere presenti nelle manifestazioni degenerative. Anche il LCA nelle sue lesioni traumatiche parziali può creare delle problematiche di diagnostica differenziale in funzione del suo particolare andamento.

Per quanto attiene al legamento crociato posteriore, in relazione alla sua posizione anatomica e alle sue caratteristiche funzionali, esso risulta meno frequentemente interessato da lesioni. Ma la sua disinserzione, che spesso si associa a piccolo distacco osseo, è reperto difficilmente rilevabile con la RM, ma ben documentabile invece mediante TC.

Però, pur se la RM e la TC forniscono certamente un importante ausilio diagnostico al clinico, va tenuto presente che, nonostante la bellezza iconografica delle immagini, sono possibili erronee interpretazioni dei dati, con un numero considerevole di falsi positivi e falsi negativi.

L'artroscopia consente di riconoscere, oltre alle lesioni parziali del legamento crociato anteriore, aree di infiltrazione emorragica che possono trasparire dalla sua membrana sinoviale e permette anche di datare, seppur in termini approssimativi, l'epoca della lesione. Va ricordato che il legamento crociato anteriore è ricoperto solo anteriormente dalla membrana sinoviale: si tratta quindi di un legamento che ha posizione intrarticolare, ma parlare di legamento intrasinoviale è erroneo essendo la sua una posizione retrosinoviale.

L'esplorazione artroscopica, pur se consente una visione diretta, può dare adito ad errori interpretativi specie nelle cosiddette lesioni intrasinoviali. Ma in genere è possibile riconoscere sia le caratteristiche della lesione, sia la sua sede. Ed è anche possibile esprimersi sulla cronologia della lesione: infatti dopo una rottura recente i monconi del legamento crociato anteriore si presentano sfrangiati con immagine cosiddetta "a coda di cavallo", mentre quanto più la rottura è inveterata, tanto più sarà evidente la retrazione delle estremità dei monconi che tendono a divenire arrotondati.

A seguito di una lesione legamentosa di vecchia data il legamento crociato anteriore può riassorbirsi progressivamente con immagine della cosiddetta “gola vuota” che lascia apprezzare direttamente il legamento crociato posteriore.

Quello della datazione della lesione è evidentemente un problema medico-legale di estrema rilevanza. Si tratta infatti di momento fondamentale del giudizio medico-legale se si considera la necessità di una dimostrazione della relazione causale o concausale tra la lesione ed il denunciato evento traumatico.

A riguardo va sottolineata l'importanza del dato strumentale che può consentire in molti casi, pur con i limiti di cui si è riferito, di differenziare una lesione di carattere degenerativo da una di carattere traumatico e di verificare se la stessa abbia o meno coerenza con la vicenda lesiva denunciata.

Di recente si assiste con frequenza sempre maggiore al ricorso ad una artroscopia ricostruttiva, in particolare del legamento crociato anteriore, senza che risultino eseguite preliminarmente indagini strumentali. Spesso perciò si deve fare, per così dire, atto di fede nei confronti dell'artroscopista che per primo ha visitato il paziente, ha proceduto alla ricostruzione chirurgica del LCA e infine, non di rado, si propone anche come medico-legale per la quantificazione dei postumi.

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Si sottolinea come l'esecuzione di indagini pre-operatorie, oltre che di importanza medico- legale poiché consente di superare il sospetto di un "falso riferimento eziologico", sia anche auspicabile per gli aspetti più strettamente clinici, poichè appare condotta imprudente e censurabile quella di procedere ad un'indagine chirurgica artroscopica senza aver apprezzato preliminarmente le caratteristiche del quadro articolare che si andrà ad esplorare.

E, d'altra parte, pur se il dato artroscopico per diretta visione della lesione articolare ha ovviamente grande importanza, esso non può prescindere dal dato obiettivo di apprezzamento clinico, visto che come si è detto, anche il reperto artroscopico diretto può non essere correttamente interpretato.

Nel contempo è noto che, soprattutto per le indagini effettuate in case di cura private -ed è penoso doverlo ammettere- non sempre si può essere certi di quanto indicato (o, più spesso non indicato) dall'artroscopista.

Teoricamente di grande utilità potrebbe risultare la video-cassetta dell'intervento, ormai quasi di routinaria esecuzione, vista la miniaturizzazione degli strumenti per video-riproduzione;

tuttavia, trattandosi di reperto facilmente "manipolabile", per esperienza diretta di alcuni casi peritali, si deve concludere negativamente circa l'opportunità di acquisirla per il giudizio medico- legale.

Resta perciò di fondamentale importanza l'esame clinico diretto, ad onta di tutte le indagini strumentali attualmente possibili: esame clinico che potrà essere confortato dall'esecuzione di indagini complementari di carattere "oggettivo", quale l'impiego dell'artrometro KT1000 o del Cybex test.

L'artrometro KT1000, come è noto, permette di acquisire dati strumentali sull'entità della lassità anteriore o posteriore del ginocchio superando i limiti di apprezzamento clinico influenzato dal grado di rilasciamento della muscolatura del paziente, in quanto consente di calcolare esattamente l'entità dello spostamento sul piano sagittale, con comparazione "oggettiva" con l'articolazione controlaterale.

Il dato ha rilievo, oltre che sotto il profilo diagnostico, per una valutazione dell'entità del quadro menomativo che non è rappresentato unicamente dalla lesione di carattere anatomico, ma anche dall’entità del deficit della stabilità articolare a cui concorrono i diversi elementi capsulo- legamentosi e muscolari.

Analogo rilievo andrà dato ai test isocinetici in grado di valutare la potenza muscolare comparativamente con l'arto controlaterale. E' evidente infatti come una situazione naturale già precostituita possa influire negativamente sulle conseguenze della lesione o come in un soggetto in età avanzata ben più rilievo abbia la funzionalità articolare rispetto al dato della potenza muscolare che invece è elemento di particolare rilievo clinico in chi pratica sports o svolge attività che richiedono intense sollecitazioni muscolari.

In definitiva le lesioni del ginocchio pongono sotto il profilo medico-legale problemi di carattere diagnostico e di valutazione cronologica della lesione, ancor prima che valutativi.

Indispensabili risultano quindi i dati anatomici, quelli inerenti alla modalità di accadimento del fatto traumatico denunciato e quelli relativi alla idoneità lesiva, oltre che i rilievi strumentali ed artroscopici, da confrontare necessariamente con quelli clinici di diretto apprezzamento che potranno a loro volta essere confortati da alcune indagini strumentali di carattere oggettivo.

Va considerato comunque che non sempre il giudizio medico-legale può disporre di tutte le indagini di cui si è riferito e che si giustificano, particolarmente quelle di carattere invasivo, solo per gli aspetti terapeutici: in tali casi perciò il dato clinico assumerà la massima importanza.

Da ciò deriva l'esigenza di una buona preparazione clinica del medico-legale -il che non sempre è dato osservare- in grado di effettuare un esame obiettivo sufficientemente attendibile, per non appiattire il giudizio valutativo all'esito di esami strumentali il cui referto è espresso sulla base di indagini computerizzate dal radiologo che è spesso del tutto all'oscuro dell'intera vicenda clinica; con tutti i limiti che ciò comporta poiché il giudizio diagnostico deriva solo dall’esame interpretativo delle immagini.

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Indispensabile la preparazione clinica del medico-legale anche per valutare ipotesi di diagnosi differenziale, con patologie infiammatorie di tipo naturale e per un giudizio sul ruolo da assegnare allo "stato anteriore" ed a condizioni parafisiologiche o patologiche preesistenti.

Ed anche in caso di indagini strumentali od artroscopiche, è indubbio il valore da assegnare all'acquisizione diretta dei dati clinici, dovendosi valutare non già la lesione anatomica ma il quadro menomativo di carattere funzionale da essa derivato. Ciò al fine di evitare valutazioni standardizzate che sminuiscono il valore dell'interpretazione del medico- legale diagnostica ancor prima che valutativa.

Sulla base di tali premesse si dovrà affrontare il problema strettamente valutativo che, come ben precisato dal Mangili, è un problema tecnico che si può risolvere solo per approssimazione.

Esso dovrà tener conto, oltre che degli aspetti anatomo-funzionali di cui si è detto, del quadro prognostico; valore di mero riferimento deve perciò essere assegnato a baremes valutativi che tengono conto dell'entità del deficit funzionale, dell'ipotrofia e della lassità legamentosa ma che inevitabilmente prescindono dagli aspetti propri del singolo soggetto quali l’età, eventuali preesistenze, etc. Valutazioni perciò che danno erronea tranquillità di esprimere un giudizio in termini di equità poiché fanno riferimento ad una evoluzione "media" che solo eccezionalmente può coincidere con quella del caso in esame.

Al riguardo preme sottolineare che per alcune menomazioni sono ancora proposte valutazioni che non sono neppure coerenti con i progressi della chirurgia e le attuali possibilità terapeutiche.

Si pensi ad esempio alle meniscectomie selettive che modificano in termini molto modesti l'assetto articolare senza condizionare sotto il profilo prognostico quei fenomeni di usura osteo-cartilaginea e di artrosi che la meniscectomia totale per via artrotomica comportava. Si pensi anche alla ricostruzione del LCA possibile mediante le moderne tecniche di artroplastica con prelievo del tendine rotuleo e permettono il ripristino in molti casi ottimale della stabilità articolare, che si mantiene tale anche a distanza di anni.

L'affinamento della tecnica e la maggior esperienza dei chirurghi permette infatti nella maggior parte dei casi di ottenere risultati molto buoni; ed il valore del dato prognostico emerge in modo palese se si pensa alle ricostruzioni del LCA effettuate un tempo con materiale eterologo, con risultati che si sono dimostrati negli anni assolutamente insoddisfacenti, con lesioni molto frequenti del neo-legamento.

Tali considerazioni valgono in senso più generale, poiché è noto che l’evoluzione di una lesione è influenzata da numerose variabili, quali il concomitare di altre lesioni, l’età e la costituzione fisica dell’infortunato, le sua abitudini di vita, sedentaria o sportiva, il tipo di attività lavorativa.

Perciò la possibilità che un’analoga lesione possa comportare un quadro menomativo diverso deve indurre il medico-legale a rivedere criticamente la semeiotica valutativa alla luce di un’indagine semeiologica accurata che consenta di acquisire un preciso inquadramento anche prognostico dello specifico caso in esame.

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