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Discrimen » L’atto dispositivo nei delitti contro il patrimonio. Sezioni e intersezioni del sistema penale

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Academic year: 2022

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I tinerari di D iritto P enale

Collana diretta da

E. Dolcini - G. Fiandaca - E. Musco - T. Padovani - F. Palazzo - F. Sgubbi

66

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Dove va il diritto penale, quali sono i suoi itinerari attuali e le sue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penale minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interrogarsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevo-

lezza di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto

penale, si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche

ad approcci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di

fondo, la sezione Monografie accoglie quei contributi che guar-

dano alla trama degli itinerari del diritto penale con un più largo

giro d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza

prospettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione

Saggi accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni neces-

sariamente contenute, su momenti attuali o incroci particolari

degli itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative

spezzature, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione

il ricorrente trascorrere del “penale”.

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DANIELA FALCINELLI

L’Atto DISpoSItIvo NEI DELIttI CoNtro IL pAtrImoNIo

SEzIoNI E INtErSEzIoNI DEL SIStEmA pENALE

G. GIAppICHELLI EDItorE – torINo

(5)

© Copyright 2013 - G. GIAppICHELLI EDItorE - torINo vIA po, 21 - tEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100 http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-348-8815-5

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Alla mia famiglia

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Indice VI

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Indice VII

Indice

pag.

Prime note di riflessione XI

P

ARTE

I

I reati contro il patrimonio “in movimento”

CAPITOLO I

Sugli scudi della dottrina: note teoriche sui modelli di incriminazione a tutela del patrimonio individuale

1. Ragioni (e paradossi) del sistema dei reati contro il patrimonio 3 2. La forma del comportamento punito, la leva dei reati di categoria 7 3. Il segno della dimensione sociale del patrimonio penalmente tutelato 11

CAPITOLO II

Le premesse della ricerca nelle suggestioni giurisprudenziali:

programma per un cambio di prospettiva

1. La libertà personale di interrelazionarsi mediante lo scambio di va-

lori: ipotesi di lavoro sull’identità del bene giuridico protetto 13 2. Lo stato liquido dell’“altruità” della cosa nella definizione del fatto

illecito contro il patrimonio 19

3. Esperimenti “mentali” attorno all’atto di disposizione del patrimonio

realizzato dalla vittima del reato 23

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Indice VIII

pag.

P

ARTE

II

Questioni e prospettive dell’interpretazione: i delitti contro il patrimonio e le tracce del sistema

CAPITOLO III

La dialettica sul comportamento dispositivo del patrimonio nella “truffa processuale”: il delitto di truffa altrove

1. Fatto e fattispecie della c.d. truffa processuale 29 2. Pars destruens: i considerando classici attorno alla non configurabi-

lità dell’ipotesi criminosa di specie 32

3. Pars costruens: la tipizzazione del comportamento necessario della

vittima nel delitto ex art. 640 c.p. 38

CAPITOLO IV Oltre il delitto di truffa:

epigrammi sull’atto di disposizione patrimoniale in veste di “frammento” del fatto tipico

1. Epigramma sulla truffa in generale: i “confini” della fattispecie 43 1.1. Sillabando l’atto di disposizione patrimoniale di rilievo pena-

listico 44 1.2. Dalla violenza alla frode, dal furto alla truffa 47

1.3. Segue: davanti ai verba della giurisprudenza 52 1.4. Viceversa, dalla truffa all’estorsione. Analogie ed idiosincrasie

con la figura della rapina 58

1.5. L’“evento” di disposizione patrimoniale realizzato dal soggetto

incapace 64 1.6. La contestualità tra azione e reazione: quanto a dire l’immedia-

tezza (o meno) dell’atto dispositivo del patrimonio 68 1.7. Concludendo sul tipo di comportamento aggressivo all’altrui

patrimonio come paradigma del Tatbestand 74

2. Epigramma sulla natura impropria del reato a plurisoggettività ne-

cessaria 78 2.1. Ritratti speciali di concorso (proprio ed improprio) 86

A) Del delitto di trasferimento fraudolento di valori 87 B) Dei delitti di collusione, concussione, corruzione 89 3. Epigramma sulla truffa processuale in particolare: un delitto in cer-

ca d’autore 96

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Indice IX

pag.

CAPITOLO V

Complessità del reato, unicità dell’offesa e pluralità del “danno”

1. Dai rapporti di coesistenza tra truffa e frode processuale al teorema

della plurioffensività 99

2. Il reato complesso, l’unicità dell’offesa 100

3. Quando la singolarità del soggetto passivo non significa unicità del

danno risarcibile 108

CAPITOLO VI

Appendici di tipicità: sul “riscatto” ex art. 630 c.p.;

sui termini di criminalizzazione della truffa processuale

1. Premesse sulla patrimonialità del rapimento estorsivo 115 2. Causa e contesto dell’atto dispositivo del patrimonio nella tipicità

del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione 119 2.1. L’ingiusto atto dispositivo: il pagamento del prezzo della libe-

razione 121 2.2. La violenza e la minaccia nella gestione del patrimonio: dalla

“ragione” (art. 393 c.p.) all’“irragionevolezza” ex lege 125 3. L’ipotesi della tipicità della truffa processuale nel modello dell’art.

640 c.p. (comma 2, n. 1) e la tesi del “danno allo Stato” 127

Conclusioni generali 131

Bibliografia 133

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Indice X

(12)

Prime note di riflessione

L’ideale classico della certezza del diritto penale pone un obiettivo irri- nunciabile: risolvere le questioni di confine, formulando in via esegetica una definizione della norma incriminatrice che si offra a ragionevole para- metro di riconoscimento del relativo spazio di tipicità e di offensività.

L’urgenza di raggiungere questo obiettivo è tanto teorica quanto applica- tiva: una urgenza che costantemente si rinnova di fronte alla dinamicità della fenomenologia criminale recepita nei testi normativi; che affannosa- mente si confronta con i principi a guida del sistema penale; che emotiva- mente tende ad accostarsi a soluzioni induttive, dettate dalla singolarità del caso; che in effetti non di rado spinge ad “appannare” le regole giuridiche.

Il presente del diritto penale – di più, il suo futuro – dimostra quindi la necessità di tornare a riflettere pure su tematiche considerate classiche e classicamente risolte, messe da parte rispetto al panorama problematico per

“una sufficiente concordia di opinioni” sul punto, ogni qual volta l’attua- lità dell’esperienza esegetica testimoni come queste opinioni non siano (più) efficaci ad apporre netto un segno di confine, in altre parole ad accertare l’integrazione di un fatto di reato, ad accertare l’integrazione del fatto di reato.

Lo scenario così introdotto ricalca con precisione gli odierni tratti del segmento dei reati contro il patrimonio: l’interpretazione che ne ha accom- pagnato l’evoluzione li ha del resto resi icona della difficoltà di fornire una definizione ed applicazione delle norme incriminatrici che sia in equilibrio all’interno di un sistema criminale in continua espansione, ove al valore del patrimonio individuale si riconoscono sempre maggiori momenti di emersione all’attenzione penale.

Su questo sfondo spicca un generale ed incontestabile dato della realtà umana osservata dal diritto: la sua ontologica mutevolezza, in quanto sto- ricamente condizionata, determina lo scorrere variabile sia dei valori che essa produce ed in cui essa si esprime, sia dei contesti in cui quei valori di- vengono visibili. A taluni di questi valori, a taluni di questi contesti, la so- cietà “del tempo e del luogo” sceglie di assegnare dignità di tutela penale, in quanto divenuti scenari capaci di esprimere un pregiudizio a “valori cultu- rali” di rilievo comparabile con il bene giuridico della libertà personale.

Ebbene, l’emersione di più beni giuridici, la percezione della pluralità di casi concreti in cui questi beni in un modo o nell’altro si intersecano, il

“protagonismo” del bene-patrimonio entro una cultura ed una società che materializza molte delle dinamiche intersoggettive, hanno indotto buona parte dell’orizzonte esegetico ad assegnare natura plurioffensiva all’illecito

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Prime note di riflessione XII

penale patrimoniale, lasciando entrare in crisi la stessa funzione critica del bene protetto, col rischio che nell’applicazione concreta della norma incri- minatrice si trovi “sempre e comunque” un bene offeso dalla condotta rea- lizzata, e quindi si avvisti sempre un fatto di reato.

Così, in questo ambito, vecchie e nuove questioni si impongono all’inter- prete, aperte sui due fronti della tipicità e della offensività criminale. Doman- de non solo di ordine generale, quanto all’essenza dei delitti con cooperazione della vittima, dei “delitti che comunque offendono il patrimonio”, del reato complesso, della plurioffensività; ma anche di ordine particolare, vale a dire la configurabilità della truffa processuale, ovvero della “truffa a più soggetti”, la cesellatura degli ambiti di applicabilità dei delitti di furto, di rapina, di estorsione, di sequestro di persona a scopo di estorsione.

La ricerca di una risposta per ciascuno di questi interrogativi impone di riattraversare l’intero settore dei reati conto il patrimonio, per poi andare oltre, verso una visione di sistema che ricongiunga in equilibrio il fatto e la norma penale, l’unità e la pluralità dei reati, le regole e le eccezioni che di- sciplinano l’illecito penale.

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P

ARTE

I

I reati contro il patrimonio “in movimento”

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

2

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Sugli scudi della dottrina 3

C

APITOLO

I

Sugli scudi della dottrina:

note teoriche sui modelli di incriminazione a tutela del patrimonio individuale

SOMMARIO: 1. Ragioni (e paradossi) del sistema dei reati contro il patrimonio. – 2. La forma del comportamento punito, la leva dei reati di categoria. – 3. Il segno della dimensione sociale del patrimonio penalmente tutelato.

1. Ragioni (e paradossi) del sistema dei reati contro il patrimonio

La rimeditazione del sistema criminale pensato e strutturato per la protezione dei “diritti soggettivi patrimoniali” è una esperienza che pe- riodicamente si impone alla scienza penalistica. In parte ciò trova ragio- ne nella peculiare mobilità storica del segmento giuridico di specie, te- stimoniata da interventi normativi fortemente debitori dei mutamenti che segnano di volta in volta le prospettive socio-politico-economiche; in parte la ragione sta nell’incessante raffinarsi del pensiero esegetico sul titolo XIII del libro che il codice dedica ai delitti.

Si tratta infatti di ricucire tra il “vecchio” e il “nuovo”: il “vecchio”, di un sistema del 1930 che riflette una realtà ampiamente superata, e di per sé incapace di reagire alle aggressioni patrimoniali portate dagli stadi avanzati dell’economia; il “nuovo”, siglato da introduzioni e modificazio- ni normative stratificatesi via via.

Si attesta così la vitalità di uno spirito ermeneutico tanto generoso nell’arricchimento quanto parco nell’uniformità di vedute, che ha affon- dato ogni sua analisi nell’idea-archetipo dell’aversi a che fare con un set- tore penalistico posto a baluardo di una relazione “cosale”, di dominio cioè dell’uomo sulla cosa1: premessa da taluni obiettata da talaltri condi- visa. Aderire a questa ortodossa impostazione – che è certo culturale prima ancora che giuridica – significa ammettere la tenuta dei classici

1 Così icasticamente SGUBBI, Uno studio sulla tutela penale del patrimonio. Libertà e- conomica, difesa dei rapporti di proprietà e “reati contro il patrimonio”, Milano, 1980, 5.

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

4

suoi puntelli di “individualismo”; contraddirla avvicina invece alla consi- derazione di una dimensione sociale della proprietà elevata a versante pro- tetto, e spinge a rimisurare lo spazio di garanzia penale del patrimonio, tradotto quest’ultimo in «rapporto di produzione», «momento di dipen- denza e diseguaglianza oggettiva fra gli individui»2.

La visuale che si apre in questa alternativa cornice di pensiero è nota;

come note sono le schermaglie di opinioni che si contendono a tutt’oggi il campo sulla questionabile identità tra nozione penalistica e civilistica di patrimonio3, sull’accezione civilistica sotto la quale (eventualmente) infine collocarla4, o di contro sulla autonomia del suo contenuto in sede criminale. È su questo versante, peraltro, che del “patrimonio” si propo- ne la variegata modellazione come universalità di diritti5, o come concet- to suscettibile di includere – a seconda dei casi – singoli rapporti patri- moniali specificamente indicati nella fattispecie legale, oppure il patri- monio nel suo intero6.

La disputa è accesa, al cospetto di effetti significativamente diversi prodotti sulla sagoma della tutela penale dall’una o dall’altra concezione del patrimonio. Seguire una concezione giuridica, ove il patrimonio è somma dei rapporti giuridici aventi a capo una persona, conduce infatti a considerarne componenti protette i soli diritti soggettivi perfetti, a pre- scindere dal loro reale valore patrimoniale, e finisce quindi per abbrac- ciare nella sede criminale ogni alterazione della signoria pure sconnessa da una diminuzione economica effettiva. In corrispondenza ad una con- cezione economica, invece, la tutela si disegna per tutti e soli i beni aven- ti un obiettivo valore economico, appartenenti di diritto o di fatto ad un soggetto. In questo spazio la difesa penale rimane pertanto condizionata alla riduzione delle attività come all’incremento delle passività, secondo un accertamento “consuntivo” dell’intera vicenda criminosa cui si conse- gna la capacità di rendere irrilevanti le turbative del godimento del bene come della libertà negoziale ad esso riferita, irrilevanti al pari dei fatti aggressivi di cose idonee a soddisfare solo bisogni morali o spirituali.

2 SGUBBI, Uno studio sulla tutela penale del patrimonio, cit., 5.

3 ANGELOTTI, Delitti contro il patrimonio, in Trattato di diritto penale, coordinato da FLORIAN, Milano, 1936, 35 ss.

4 Un quadro sintetico delle diverse accezioni civilistiche è fornito da BIONDI, I beni, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da VASSALLI, Torino, 1953, 117 ss.

5 MAGGIORE, Diritto penale. Parte speciale, II, t. II, Bologna, 1950, 918; DEMARSICO, Delitti contro il patrimonio, Napoli, 1951, 10; SANTORO, La tutela penale del patrimonio, in Studi economico-giuridici dell’Università di Cagliari, 1953, 75.

6 V. PEDRAZZI, Inganno ed errore nei delitti contro il patrimonio, Milano, 1955, 1 ss.;

ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte speciale, I, Milano, 2008, 279 ss. Distinzione che già ha percorso la dottrina tedesca, v. per tutti MEZGER, Strafrecht, II, Besonderer Teil, Monaco-Berlino, 1958, 113 s.

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Sugli scudi della dottrina 5

Ancora alla ricerca di una chiave definitoria, capace di mitigare gli eccessi e recuperare le lacune di queste due rive concettuali, la media- zione sta in una impostazione giuridico-economica che chiude nel pa- trimonio l’insieme dei rapporti giuridici valutabili economicamente, o in una concezione giuridico-funzionale-personalistica che seleziona il pa- trimonio penale nel complesso dei rapporti giuridici facenti capo ad una persona ed aventi per oggetto cose strumentali al soddisfacimento di bi- sogni umani, materiali o spirituali7. Sì da ricomprendere attacchi che al- terino tale funzione strumentale ancorché portati a danno di cose aventi giusto un valore affettivo o non commercializzabili (come le parti del corpo umano).

I nodi sullo sfondo di ciascuna di queste teoriche rappresentano in ogni modo il riflesso di eterogenee ottiche sotto cui ricostruire la razio- nalità e l’equilibrio interno dell’intero sistema dei crimini patrimoniali8.

Si apprezza infatti, a diffuso corollario della comune lettura “indivi- dualistica” della dimensione penale del patrimonio, il superamento del- l’alterità della funzione tra illecito civile ed illecito penale, sì che la di- stanza tra i due modelli viene fatta scorrere sulla quantità, ovvero gravità espressa dal singolo tipo casistico. La pena in questo scorcio esprime in- fine l’anfibologia della prevenzione e della repressione rispetto ad una intervenuta lesione patrimoniale, per cui è l’evento di danno al patrimo- nio individuale a diventare il metro dello schema organizzativo della ca- tegoria e della sua proporzione9, secondo il punto di vista dell’individuo- vittima. Più chiaramente. Se “a monte” si avvista un continuum in pro- gressione ponderale tra le due sponde della responsabilità, civile e pena- le, “a valle” si è allora tenuti ad identificare l’offesa criminale nella specu- lare riproduzione, astratta ed ideale, del danno, materiale e reale, subito dal privato. L’offesa di specie rimane quindi in prima battuta condizio- nata – sia nell’an che nel quantum10 – dal tipo “qualitativo” del diritto soggettivo patrimoniale attaccato, avanti a fatti che possono essere e- spressione di violenza alla proprietà e al possesso assieme (così il furto), o piuttosto aggrediscano la sola proprietà (nell’appropriazione indebita e nella truffa).

7 MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale, II, Delitti contro il patrimonio, Padova, 2012, 20 s.

8 Si rinvia alla lucida analisi sviluppata in ordine ai fondamenti ed alla sistematica dei delitti contro i diritti patrimoniali da KINDHÄUSER, Strafrecht. Besonderer Teil II.

Straftaten gegen Vermögensrechte – Teilband 1. Eigentumsdelikte, Baden Baden, 1999, 33 ss.

9 SGUBBI, op. cit., 8 ss.

10 Argomentano su questi profili rispettivamente PUGLIA, Dei delitti contro la pro- prietà, in Enc. del dir. pen. it., curata da PESSINA, X, Milano, 1908, 11, e CARMIGNANI, Elementi di diritto criminale, Milano, 1863, 395.

(19)

I reati contro il patrimonio “in movimento”

6

L’insufficienza di una tanto ristretta prospettiva è già portata alla luce dal pensiero di chi non disconosce il valore pure di un diverso profilo, che dà spazio penale all’insidia portata contro le ordinarie cautele e le regolari difese disposte dal privato a tutela dei propri diritti patrimonia- li11: così, è la distinta carica aggressiva del comportamento a spiegare prima e graduare poi l’acquisita natura criminale di un illecito che par- rebbe avere altrimenti una naturale sede civilistica.

La descritta chiave di lettura, che introduce il rilievo dell’atteggia- mento del reo, porta bene in superficie le perplessità formatesi attorno all’impostazione “comune”, quella che ai reati contro il patrimonio asse- gna una dimensione strettamente materializzata, concentrata sull’og- getto-effetto, e per ciò lontana dalla stessa regolamentazione positiva, che – quantomeno di regola – già non fa assumere un valore costitutivo al “costo numerico” del danno patito dal patrimonio della vittima, così come al “costo” del vantaggio patrimoniale conseguito dall’agente o da terzi.

Perplessità del genere hanno del resto trovato séguito fin dal manife- sto “carrariano”, propositivo di un divergente modello di architettura della penalistica patrimoniale, fondante il sistema di categoria non sulla predetta oggettività, e quindi sull’evento di lesione, bensì sul momento soggettivo dello scopo, ove stanno in primo piano i motivi – ottenimento di un lucro proprio o per altri, arrecamento di un danno alla vittima12 – che abbiano condotto l’agente all’attacco dei diritti patrimoniali altrui.

Sullo sfondo della punibilità, quindi, si avverte altra ragione politico-cri- minale, quella del rilievo da assegnarsi alla pericolosità soggettiva del- l’autore del fatto, rivelata da un comportamento segnatamente motiva- to13, in avvicinamento alla dimensione criminologica che distingue tra la finalità di profitto (animus lucrandi) e la finalità di danno (animus no- cendi).

11 PESSINA, Elementi di diritto penale, II, Napoli, 1833, 176 ss.; MASUCCI, Intorno alla incriminabilità delle frodi contrattuali, in Riv. pen., XXVIII, 1888, 518 ss.

12 CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte speciale, IV, Prato, 1882,

§ 2014 s.

13 Si affacciano a questa prospettiva NATALE, Del dolo e della frode penale, civile e commerciale e dei relativi rimedi giuridici, Salerno, 1877; ANGELOTTI, Delitti contro il patrimonio, cit.

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Sugli scudi della dottrina 7

2. La forma del comportamento punito, la leva dei reati di cate- goria

La progressiva centralità conquistata dal fatto umano nella costruzio- ne del diritto penale italiano, dai giorni della codificazione Rocco ai gior- ni odierni, ha allontanato l’esegesi da un percorso di soggettivizzazione dei delitti contro il patrimonio, ed al contempo l’ha persuasa a renderne definitivo lo smarcamento dal peso assegnato all’evento, che s’è visto in- coerente rispetto alla “reale” struttura della categoria nonché dei singoli crimini di cui essa si compone.

L’approdo è infine ad un modello di studio propriamente attento alla forma dell’offesa, ovvero al mezzo, alle modalità della condotta, nonché all’attitudine offensiva della stessa.

L’ampia adesione che ben presto ha accreditato quest’ultima corrente si è corredata di attente elaborazioni, soffermatesi sulla specifica tipolo- gia delle condotte coinvolte: di usurpazione unilaterale, ove l’aggressione procede direttamente ed immediatamente sulla cosa scaturendo dal com- portamento dell’agente; di cooperazione artificiosa, che violano la fase dinamica del rapporto patrimoniale passando attraverso il consenso del- la vittima; di sfruttamento e abuso di pregresse situazioni patrimonial- mente significative; comportamenti di frode in distinguo rispetto a quelli di violenza14.

Nel disegno finale che ne risulta, la struttura e la graduazione puniti- va dei reati contro il patrimonio si rapporta così alla pericolosità “socia- le” del modo comportamentale e del mezzo del relativo estrinsecarsi15. In questo senso, la centralizzazione dell’intero sistema dei reati patrimonia- li sull’elemento della condotta si dimostra sintonica con l’attuale realtà normativa, e consente di spiegarne sia la frammentarietà, guidata da un preciso elenco di tipologie di azioni ben determinate, sia la scelta di sa- crificare il ruolo dell’evento patrimoniale, di danno e/o di profitto16, che rimane infine “diluito” in una pluralità di rigorose previsioni incrimina- trici giustificate dall’esigenza di salvaguardare la libertà di movimento economico17.

Proprio in questi tratti, che misurano uno spessore “super-indivi- duale” della libertà pregiudicata dal fatto penale, un indirizzo ricostrutti- vo ha colto tracce ed «indizi di un’anomalia del sistema dei “reati contro

14 PEDRAZZI, Inganno ed errore, cit., 40 ss.; MANTOVANI, Contributo allo studio della condotta nei delitti contro il patrimonio, Milano, 1962, 57 ss.

15 SGUBBI, op. cit., 25 ss.

16 SGUBBI, op. cit., 26 s.

17 MEZGER, Strafrecht, Ein Sudienbuch, Bes. Teil, II, Monaco, 1951, 99; SGUBBI, op.

cit., 29.

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

8

il patrimonio”, di una sua dissonanza rispetto ad altri settori della parte speciale predisposti alla tutela di altri diritti soggettivi dell’individuo»18. In questo scenario si è difatti valorizzata la funzione di garanzia e difesa

«del dominio proprietario, della proprietà come rapporto sociale»19, ammettendo l’illecito penale a strumento di tutela non dei diritti sogget- tivi patrimoniali di ciascun individuo, ma piuttosto di un determinato e contingente assetto di rapporti economici e sociali, che è quello di rap- porti giuridici di dominio dell’uomo sull’uomo.

Lo stimolo innescato da questa lettura è chiaro e netto, ed è in fondo quello che appartiene a tutte le interpretazioni mossesi attorno alla cor- nice codicistica dei reati contro il patrimonio: confrontarsi sul tema della libertà economica rimanendo dentro i precisi confini delle vigenti tipicità penali, consapevoli del fatto che esse sono di volta in volta tracciate col compasso della contemporanea storia sociale ed economica. Così, è os- servando il diritto romano ed il diritto intermedio che si delinea un mo- dello del furto rimesso ad un “tipo generale di fatto-reato”, retto dalla vo- lontà di cagionare una lesione patrimoniale, dalla volontà di rompere la relazione fra il soggetto passivo e la cosa con l’eventuale trasferimento di questa al soggetto attivo in un contesto di mancato consenso della vitti- ma. Vale a dire: al tempo si iscrivevano dentro il perimetro del furtum pure comportamenti che oggi vanno ad integrare le misure dell’appropri- azione indebita, della truffa, dell’insolvenza fraudolenta, della bancarotta fraudolenta20, secondo un paradigma legittimato in forza di uno sfondo politico e sociale sospettoso – se non avverso – alla circolazione dei beni ed alla dinamica del loro trasferimento interindividuale, intesi a mutare un ordine costituito – anche tra classi sociali – che si voleva preservato in quanto emanazione del divino21.

Il modello borghese cancella questo schema, ed accompagna il pen- siero e la parola del legislatore penale nella selezione del modo in cui possa lecitamente avvenire il passaggio delle cose tra soggetti, divenendo a questo punto decisiva la “forma” della circolazione22: i codici penali borghesi frantumano le fattispecie dei reati contro il patrimonio selezio- nandone le ristrette aree di espressione, come è in primo luogo per la fat- tispecie del furto e come è nel campo della truffa. Qui, l’area della frode giuridicamente lecita coincide con quella del dolus bonus, complesso di

18 SGUBBI, op. cit., 31.

19 SGUBBI, op. cit., 33.

20 PERTILE, Storia del diritto italiano dalla caduta dell’impero romano alla codifica- zione, Torino, 1896-1903, V, 637 ss.; MANZINI, Trattato del furto e delle varie sue specie, Torino, 1926, 505.

21 Cfr. TARELLO, Storia della cultura giuridica moderna, I, Bologna, 1976, 34.

22 GOLDMANN, L’Illuminismo e la società moderna, Torino, 1967, 29 ss.

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Sugli scudi della dottrina 9

astuzie, menzogne, accorgimenti intesi come ingredienti coessenziali alle dinamiche degli affari, rilevabili mediante un grado di media diligenza ed in fin dei conti tollerati dalla coscienza sociale23. Al di là di questa su- perficie, la cui estensione è storicamente soggetta alla variabilità, si apre la frode penale, dove pertanto non si accampa, ad esempio, l’inganno re- lativo a qualità accidentali della cosa oggetto del contratto.

Arrivata al quadro dell’epoca contemporanea, la soluzione esegetica classica ha bisogno di individuare un filtro, in modo da scremare in via di principio le varie condotte lesive di interessi patrimoniali, limitandosi a punire quelle che ledono “diritti soggettivi” patrimoniali24. Una simile spiegazione non basta tuttavia a chi avverte le peculiari esigenze della libertà economica moderna, tali da richiedere uno schermo ulteriore al confronto con la criminalizzazione, imponendo al sistema penale di sce- gliere ulteriori aree di «non-contenuto», di non-intervento in corrispon- denza di certe condotte che pure si dimostrino lesive di precisi diritti di tal fatta: «Il negare dolosamente il proprio debito … il non adempiere in- tenzionalmente agli obblighi contrattuali assunti, nonché sempre nel- l’ambito contrattuale, la simulazione, l’esagerazione del prezzo o della qualità della cosa negoziata, costituiscono fatti che un diritto penale ade- guato alle istanze del liberismo non può permettersi di punire, nonostan- te la loro riconosciuta “immoralità”»25.

Il cerchio della riflessione è allora tenuto a stringersi attorno al mo- mento contrattuale, del “contatto sociale”, passaggio cruciale nelle di- namiche economiche della modernità, entro la cui orbita ruota l’intero universo delle norme penali chiamate a presidiare il patrimonio dei sin- goli. Difatti, nella stigmate del furto, dell’appropriazione indebita, del danneggiamento, a rimanere punita è la consapevole e voluta assenza di accordo nella movimentazione e gestione dei beni coinvolti; là dove inve- ce un incontro di volontà è visibile, sebbene solo da un punto di vista formale nel senso di meramente fattuale come è nella rapina, nella truf- fa, nell’estorsione, a rimanere sanzionata è l’alterazione delle condizioni di eguaglianza e di libertà del consenso che uno dei contraenti determina a scapito dell’altro.

Ciononostante, secondo le più diffuse opinioni interpretative il bene protetto, quindi il contenuto della tutela apprestata nei delitti contro il patrimonio, continua a presentarsi nella “sola” e consueta veste di diritto soggettivo individuale di proprietà o di altro diritto soggettivo di stampo patrimoniale, che attraverso il contratto viene messo in movimento. Os-

23 FUNAIOLI, Dolo (diritto civile), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 746.

24 SGUBBI, op. cit., 79.

25 SGUBBI, op. cit., 81. In argomento cfr. MASUCCI, Intorno alla incriminabilità delle frodi contrattuali, cit., 311 s.

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

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sia, il sistema dei delitti contro il patrimonio si considera pur sempre messo a tutela di una relazione «atomizzata» uomo-natura, quindi di un rapporto di dominio di un uomo su una cosa, di una relazione «cosale»26.

Così, nella tipologia delle aggressioni unilaterali la condotta dell’agen- te si riassume nell’operare un trapasso di valori patrimoniali dal patri- monio della vittima al proprio, ricorrendo alla sottrazione della cosa o al signoreggiamento della stessa come propria ove già ne disponga di fatto liberamente. O ricorre nell’arrecare la perdita di elementi patrimoniali senza trasfonderli nel proprio patrimonio, rifacendosi alla riduzione o annullamento della funzione strumentale della cosa. O ancora consiste nella turbativa rivolta al pacifico godimento altrui di un bene immobile;

nello spoglio del godimento di esso; nell’abuso di poteri.

A fianco, nei delitti con la cooperazione artificiosa della vittima, è pu- nito chi si serva degli schemi dell’autonomia privata andando al di là del- la mera immutazione della situazione di fatto e dettando una situazione nuova sul piano dei rapporti giuridici aventi oggetto patrimoniale27.

In buona sostanza, il nucleo del concetto di patrimonio-penale, per come a tutt’oggi elaborato e pensato, è e rimane la cosa, in essa com- prendendosi ogni entità fisico-materiale appartenente alla realtà esterna rispetto all’uomo-persona, dotata di autonoma esistenza e di autonoma definizione spaziale.

Entro questo tracciato – s’è detto – il profilo di “socialità” proprio degli illeciti di specie rimane avvertito sotto un aspetto prettamente funzionale, intendendosi la proprietà nella sua veste di rapporto di produzione, che a sua volta è fattore e causa di dipendenza-disuguaglianza tra individui28. Le modalità di attacco ad un simile rapporto assumerebbero pertanto il valo- re di indicatore sintomatico della pericolosità soggettiva dell’agente29: co- stui si può dimostrare “vicino”, ed in un certo senso partecipe al globale assetto politico-sociale che costruisce la proprietà come rapporto sociale ca- pitalistico30, se il suo comportamento adotta uno stampo contrattuale di relazione con le persone e con le cose, rivelando con ciò una pericolosità d’autore praticamente nulla, ad esempio innestandosi su di un rapporto giuridico pregresso con la vittima31. Di converso, le illegalità, le lesioni an-

26 SGUBBI, op. cit., 128: «tutela una proprietà che, in quanto apprezzata come dirit- to soggettivo, è indipendente dai tipi di produzione sociale, è un dato fisso ed immu- tabile nel tempo; tutela un diritto di proprietà che ha ad oggetto cose indistinte – in- differentemente, mezzi di produzione o beni di consumo –, un diritto di proprietà che, nella sua veste formale – come qualità (di proprietario) – fa capo ad ogni uomo».

27 MANTOVANI, Diritto penale, cit., 11 ss.

28 SGUBBI, op. cit., 131.

29 SGUBBI, op. cit., 145 ss.

30 SGUBBI, op. cit., 148 s.

31 Cfr.SGUBBI, op. cit., 170.

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Sugli scudi della dottrina 11

tigiuridiche ai diritti soggettivi patrimoniali altrui che tale individuo com- metta mediante una attività non-contrattuale – di questo stampo i compor- tamenti di aggressione fisica e naturalistica sulle cose, di incidenza mate- riale immediata sulle cose stesse – si atteggerebbero a rivelatori, indicatori, di una pericolosità d’autore notevolmente alta32.

3. Il segno della dimensione sociale del patrimonio penalmente tu- telato

La solidità di questi trascorsi dogmatici, appena ripercorsi nelle loro linee essenziali, lascia dunque ben distinte le rispettive argomentazioni e conclusioni, destinate peraltro a scontrarsi con la costante friabilità ap- plicativa dei precetti di specie da parte della giurisprudenza.

Ciò senz’altro depone a sostegno dell’opportunità di riaprire l’indagine scientifica, e di “mettere alla prova” una nuova ipotesi di lavoro, che se- gua due precise linee direttrici. L’una, in ossequio alla tradizione esegeti- ca, impone la stretta aderenza dell’analisi al “tipo” di fatto commesso in attacco all’interesse patrimoniale, al tipo di comportamento criminaliz- zato, che è fulcro costitutivo-costruttivo del sistema dei reati e che domi- na sul criterio dell’evento “economico” lesivo33. L’altra, spinge a rimette- re al centro della discussione la dimensione sociale del patrimonio, mu- tata nell’immagine e nel contenuto. Invero, la socialità che attraversa questo segmento penale spicca proprio dalla intrinseca natura “relazio- nale” degli illeciti di specie, testimoniata in primo luogo in sede di tipici- tà attraverso la definizione del comportamento punito, in secondo luogo a livello di offensività. Qui, infatti, si può giungere a prospettare una let- tura “normativa” del patrimonio tutelato nella foggia della libertà perso- nale di instaurare ed eseguire un rapporto intersoggettivo ed a-tensionale avente ad oggetto lo scambio di valori34.

È seguendo questo percorso argomentativo che pare peraltro indivi- duabile il punto di saldatura tra i tipi comportamentali che, eterogenei, vengono sanzionati nel quadro degli illeciti patrimoniali: tra essi, ad esempio, il modus del danneggiamento, nella sua peculiarità di aggres- sione naturalistica e fisica della cosa di per sé priva di razionalità eco- nomica (di profitto)35. Il contatto con le altre forme di atteggiamento pu-

32 SGUBBI, op. cit., 150.

33 V. SGUBBI, op. cit., 140.

34 Cfr. OTTO, Die Struktur des strafrechtlichen Vermögensschutzes, Berlin, 1970, 81;

WEIDEMANN, Das Kompensationsproblem beim Betrug, Bonn, 1972, 213;PAWLIK, Das unerlaubte Verhalten beim Betrug, Köln, Berlin, Bonn y München, 1999, 263.

35 SGUBBI, op. cit., 194.

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

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nito si coglie infatti nella negazione – con distinta intensità ed ingeren- za36 – della libertà personale di scambio, quella che spetta all’individuo intitolato del potere di mettere in circolazione esattamente la “cosa” che è nel fuoco della singolare vicenda umana incriminabile, ed oggetto ma- teriale della stessa37.

Del resto, già gli studi precedenti hanno chiarito come sia il modello contrattuale dello scambio il perno e il punto di osservazione delle fatti- specie penali che compongono il sottosistema. Ora si intende tuttavia ri- conoscere a questo momento sociale dell’accordo un diverso ruolo, asse- gnargli una diversa posizione, al contempo espressione materiale della libertà personale garantita dal sistema penale e chiave di lettura della stessa configurazione “fenomenica-reale” del fatto punibile. Ciò, nella misura in cui proprio l’atteggiarsi dell’altro capo della relazione umana fotografata, in altre parole il (contro-)comportamento del soggetto passivo, si dimostra momento necessario ed indefettibile nella ricostruzione del comportamento criminalizzato.

36 Distinzione riflessa anche nella selezionata scelta di non punibilità di cui all’art.

649 c.p.

37 Per l’immagine del delitto contro il patrimonio come collocato nella sfera della circolazione delle merci, come modo di circolazione contra legem in quanto senza scambio, v. THON, Norma giuridica e diritto soggettivo. Indagini di teoria generale del diritto, Padova, 1939, 342 ss.

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C

APITOLO

II

Le premesse della ricerca nelle suggestioni giurisprudenziali:

programma per un cambio di prospettiva

SOMMARIO: 1. La libertà personale di interrelazionarsi mediante lo scambio di valori:

ipotesi di lavoro sull’identità del bene giuridico protetto. – 2. Lo stato liquido del- l’“altruità” della cosa nella definizione del fatto illecito contro il patrimonio. – 3.

Esperimenti “mentali” attorno all’atto di disposizione del patrimonio realizzato dal- la vittima del reato.

1. La libertà personale di interrelazionarsi mediante lo scambio di valori: ipotesi di lavoro sull’identità del bene giuridico protetto

L’idea lungo la quale e verso la quale scorre l’intero progetto di studio che si espone trova fondamento nella modernità di un sistema civile elet- to a governo di un consesso sociale complesso, la cui intelaiatura è quella di un equilibrio delle libertà spettanti a ciascun componente.

Ebbene, come per tutti i presidi penali che accedono a normative

“complicate”, frutto della mediazione tra diritti contrastanti (qui l’inte- resse nutrito da ciascuna parte di ottimizzare il proprio vantaggio eco- nomico), e che tendono quindi a regolamentare attività potenzialmente lesive di diritti altrui o di beni collettivi, i reati previsti a garanzia del pa- trimonio individuale sono necessariamente costruiti come “illeciti di mo- dalità di lesione”.

Le norme penali in questione si possono difatti proporre sotto una lente di ingrandimento che le indirizza a tutela non tanto di un “bene”

primario individuato nella sua essenza corporale – quale potrebbe essere la cosa di cui si è in “proprietà” ovvero “possesso” – quanto dell’assetto e delle complesse modalità di esercizio di determinate facoltà e prerogative – per l’appunto, di libertà di scambio – in sé potenzialmente confliggenti con l’esercizio di diritti e/o interessi diffusi presso altri centri di soggetti- vità giuridica. La lesione, e la conseguente sanzione là dove ritenuta me- ritevole, discende così da condotte espressione di una “attività lato sensu economica”, attuata però con modalità non conformi alle prescrizioni

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

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previste per proteggere chi sul bene di scambio e sulla relativa circola- zione ha un preesistente interesse giuridicamente qualificato.

Il profilo assiologico dei reati contro il patrimonio pretende dunque di essere riconsiderato, e convince su questa strada a staccarsi da una corrispondenza “necessaria” con la dimensione civilistica. Di una simile

“indipendenza” chiari sono i segni, già chiamando a memoria il dettato del delitto di insolvenza fraudolenta, in cui sta sancita l’autonomia con- cettuale delle nozioni civilistiche inglobate nell’economia della fattispe- cie: di obbligo contrattuale l’art. 641 c.p. fa difatti menzione sebbene qui manchi la volontà “costitutiva” di uno dei contraenti (col proposito del reo di non adempiere l’obbligazione contratta); e sta scritto di una nozione penalistica di patrimonio in cui si incorporano sia il diritto sulla cosa sia il diritto alla cosa, punendosi chi non adempia le obbligazioni assunte in determinate situazioni1.

Si portano così in primo piano gli strumenti del contatto sociale: il tutto a dare ragione di un criterio selettivo che pesa la dignità della tutela penale sulle modalità delle possibili lesioni tratteggiate dalle fattispecie de quibus. L’offesa, in altre parole, si dirige ed impatta non sulla “cosa patrimoniale” ma sul fondamentale diritto a scambiare con altro mem- bro della collettività un proprio interesse (che nella “cosa” trova il suo volto materiale), cui assegnare pattiziamente un certo valore.

In questo senso è significativo notare un riflesso delle potenti innova- zioni che hanno ridefinito le attuali dinamiche intersoggettive con con- tenuto patrimoniale: il concetto di “altruità” del bene, quale originaria condizione di base dell’illiceità delle condotte ora in considerazione, compare con frequenza sempre minore nella scrittura delle nuove feno- menologie criminali, quasi fosse un refuso di altri tempi oramai dotato di limitata capacità descrittiva e verificabilità empirica.

La normativa penale in tema di diritto d’autore appare un banco di prova di un simile percorso evolutivo. Le penetranti riforme che l’hanno investita hanno spostato gradualmente l’attenzione dall’altruità dell’ope- ra alla connotazione di abusività del comportamento punito di fattispe- cie in fattispecie2: abusività più o meno stigmatizzata, anche attraverso la formula dell’“assenza del diritto” che compare in apertura dell’art. 171, r.d. n. 633/1941.

Il moltiplicarsi delle occasioni e delle metodiche di contatto tra sfere patrimoniali individuali, ovvero riferibili a distinti e determinati soggetti giuridici, lascia difatti inevitabilmente nel margine della residualità casi- stica le ipotesi in cui la materialità del trasferimento non sia accompa- gnata dalla effettiva consapevolezza, in capo al titolare della libertà di

1 V. MANTOVANI, Contributo, cit., 17.

2 L. 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio). In particolare si vedano le ipotesi di cui agli artt. 171 bis, ter e quater.

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Le premesse della ricerca nelle suggestioni giurisprudenziali 15

scambio, del contatto materiale (punito) che l’altro (il reo) abbia con la res. È esattamente su questo sfondo fattuale che la scena dell’illecito pe- nale ha bisogno di inquadrare il particolare dell’altruità della cosa con cui l’agente entra in relazione. In un simile scenario è proprio il dato dell’al- truità ad esprimere quella conflittualità tra “voleri patrimoniali” che prende corpo nel non consenso/non consapevolezza da parte della vitti- ma circa il fatto materiale di cui il reo si rende protagonista rispetto al bene. La connotazione del bene come “altrui” vale allora a descrivere l’av- venimento offensivo nei tratti della “invasione non autorizzata” di uno spazio di libertà patrimoniale.

La nozione giuridica di patrimonio penalmente tutelato ne esce così ridefinita attraverso la formula della “libertà di scambio di valori”; ed i beni che di questo patrimonio fanno parte si riconoscono nei beni cui è assegnato – meglio, oggettivamente assegnabile – un valore di libero scambio. Si superano così, con questa impostazione, le perplessità di chi mette in discussione la considerazione tra gli elementi patrimoniali an- che delle passività3 e dei valori posseduti in contrasto con il diritto4: in effetti, solo le une e non anche gli altri possono rimanere oggetto di quel- le disposizioni di trasferimento che esprimono l’esercizio della predetta libertà di scambio. Si tratta infatti di libertà che l’ordinamento riconosce non in termini “assoluti”: lo attesta la criminalizzazione – sotto il titolo alternativo degli artt. 648, 648 bis e 648 ter c.p. – del fatto dispositivo che sia stato volutamente realizzato dall’autore di un delitto rispetto alle cose di provenienza illecita. In queste righe si racconta dunque di un negozio il cui contenuto è stato condiviso tra le parti in termini di piena e libera coscienza e volontà. Eppure, v’è un solo reo, rimanendo sanzionato (per ricettazione, riciclaggio, ecc.) esclusivamente chi con dolo si sia inserito ex novo nel prosieguo della catena di trasferimenti illegittimamente ori- ginati, vulnerando così – di per sé – ancora una volta la libertà personale di scambio economico che sarebbe altrimenti spettata (ove non fosse in- tervenuto il delitto presupposto, autonomamente punito) alla persona ti- tolare dell’interesse di mettere (o non mettere) originariamente in circolo il valore di specie. Così, si recupera la discussa venatura offensiva in chi- ave patrimoniale dei delitti di ricettazione e riciclaggio, in coerenza con la collocazione sistematica attualmente a chiusura del titolo XIII, pro- prio facendo riferimento ad una concezione dinamica e personalistica

3 In senso favorevole ANTOLISEI, Manuale, cit., 289; contrario DEMARSICO, Delitti contro il patrimonio, cit., 11; MANTOVANI, Diritto penale, cit., 21.

4 Così, accanto a chi nega tutela all’illegittimo possesso – MAGGIORE, Diritto penale, cit., 926;MANTOVANI, Diritto penale, cit., 31 – v’è chi ritiene necessaria e sufficiente per la tutela del possesso l’apparentia iuris – NUVOLONE, Il possesso nel diritto penale, Mi- lano, 1942, 69 ss. – e chi, i più, che ampliano la protezione anche verso il possesso il- lecitamente acquistato, cfr. PETROCELLI, Principi di diritto penale, I, Napoli, 1955, 212;

DEMARSICO, op. cit., 20; ANTOLISEI, Manuale, cit., 280.

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

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del concetto di “patrimonio”, che vuole impedita la circolazione di un bene consapevolmente proveniente da delitto in quanto volutamente le- siva delle potenzialità di sviluppo economico contenute nella libertà pa- trimoniale spettante al soggetto che avrebbe potuto agire, gestendo i tra- sferimenti del proprio bene, nella legalità5.

Col tradurre il senso del patrimonio penalmente protetto nella “libertà di scambio di valori” si ridimensiona pure il dibattito insorto attorno all’inclusione nel patrimonio delle aspettative, quali prospettive di lecito guadagno6, o piuttosto dei diritti aventi ad oggetto cose non economi- camente valutabili7, come quelle aventi mero valore di affezione: anche in questo caso si tratta di considerare se le aspettative/i diritti assumano – ovvero possano assumere – in un determinato contesto la portata di beni di scambio, da mettere in circolazione8.

Si riaffaccia allora alla mente del cultore della materia quella nozione di “appartenenza” della cosa9 che è il contenuto autonomo (rispetto alla dimensione prettamente civilistica) del possesso penale10, che a molti è parsa eccessivamente ampia e generica; alla fine dei conti, con essa si menziona proprio chi (appunto terzo rispetto al reo) sia titolare di quella libertà di dinamismo patrimoniale suscettibile di rimanere osservata an- che attraverso i suoi singoli segmenti (specificandosi in tal caso il rilievo di una certa potestà di diritto: l’altrui possesso, nell’art. 634 c.p.; l’altrui proprietà, nell’art. 632 c.p.).

Questa stessa nozione lata di appartenenza – a contenitore della liber- tà di scambio – peraltro si legittima anche dimostrandosi allineata con i vari e diversi richiami all’altruità rinvenibili entro la sistematica penale, che si portano ben oltre lo stretto riferimento alla proprietà. In non po- chi luoghi codicistici il termine “altrui” è difatti impiegato per designare

5 V. in tema, con diverse sfumature, MOCCIA, Tutela penale del patrimonio e principi costituzionali, Padova, 1988, 65 ss.; ID., Impiego di capitali illeciti e riciclaggio: la rispo- sta del sistema penale italiano, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 741 ss.

6 V. PEDRAZZI, Inganno ed errore, cit., 65 s.;ANTOLISEI, Manuale, cit., 280.

7 La Corte di Cassazione sembra adottare soluzione contraria, escludendo ad esempio la punibilità in caso di irrilevanza economica del bene ricettato, Cass., sez. II, 30 maggio 1989, Testa, in Giust. pen., 1991, II, 237.

8 V. ANGELOTTI, Delitti contro il patrimonio, cit., 40, 133.

9 Sulla nozione penalistica di appartenenza, v. LEVI, Appartenenza, in Nuovo Dig.

it., I, Torino, 1937, 555; BATTAGLINI, Sulla nozione di appartenenza, in Giust. pen., 1949, II, 813; RICCIO, La nozione di appartenenza nel diritto penale, in Scritti giuridici in onore di Vincenzo Manzini, Padova, 1954, 397 ss.; CHIAROTTI, Appartenenza, in Enc.

dir., II, Milano, 1958, 702 ss.; LOZZI, L’appartenenza nel diritto penale, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1958, 697 ss.

10 Per un approfondimento critico delle varie formulazioni del concetto secondo le correnti civilistiche, NUVOLONE, Il possesso, cit., 44 ss.; PANNAIN, Il possesso nel diritto penale, Roma, 1946.

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Le premesse della ricerca nelle suggestioni giurisprudenziali 17

un collegamento tra un quid ed un soggetto diverso dall’autore del reato:

l’altrui proposito di suicidio ex art. 590 c.p., l’altrui reputazione nella configurazione dell’art. 595 c.p. Proprio ad esprimere il filo conduttore della titolarità di uno o più specifici “diritti” (così ad esempio un diritto reale o di godimento o di garanzia)11.

Ad essere selezionato è in breve il “tipo” di appartenenza, che può dunque guardare – tra le ipotesi esemplificative – ora al possesso, di cui all’art. 646 c.p., ora alla detenzione, di cui all’art. 624 c.p. Entrambi que- sti “tipi” corrispondono materialmente ad un autonomo potere fattuale sulla cosa (ovvero attuale disponibilità materiale della cosa stessa, in senso fisico o in senso virtuale)12, ma si differenziano per aversi riguardo solo nell’uno ad un coefficiente psicologico consistente nell’animus di te- nere la cosa nomine alieno.

Una volta messe a bagaglio queste considerazioni, si può allora proce- dere ad una sintesi del sottosistema, accomunando e distinguendo le due macro-aree tradizionalmente elette a scindere le tipologie comportamen- tali previste e punite, rispettivamente di aggressione unilaterale e di coo- perazione artificiosa. Quelle stesse modalità che le più recenti versioni delle tipicità penali offensive del patrimonio individuale alfine ammetto- no come tra loro alternative, nel senso di forme di integrazione (non esclusive) dello stesso nomen iuris. Si guardi in questo senso alla conno- tazione della condotta criminale come “abusiva”: l’abusività esprime un comportamento assunto in assenza di una facoltà di interagire in qualsia- si modo con il diritto di scambio esistente in grembo al patrimonio di chi sta dall’altra parte della instaurata relazione sociale; in altre parole, è sin- tesi linguistica che esprime il compimento di una operazione sulla quale v’è il dissenso tacito o espresso del titolare dello ius exludendi13.

Del resto, basta attardarsi un poco tra le righe dell’art. 640 ter c.p. per convincersi che alla qualificazione dell’ipotesi incriminatrice nell’uno o

11 Nel senso che agli effetti di cui all’art. 635 c.p. sarebbe “altrui” ogni cosa oggetto di un qualsiasi diritto di altri, v. BRICOLA, Danneggiamento (diritto penale), in Enc. dir., XI, Milano, 1962, 602 s.; cfr. PAGLIARO, L’altruità della cosa nei delitti contro il patri- monio, in Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 710 s., per cui “altrui” ai sensi dell’art. 635 c.p. è

«ogni cosa sulla quale insiste un diritto di altri, che nella situazione concreta appaia di maggiore rilievo sociale rispetto a un eventuale diritto spettante all’autore del rea- to», con ciò guardando ad una “sostanza penalistica” che non coincide necessaria- mente con la disciplina civilistica; ancora lo stesso autore (PAGLIARO, op. ult. cit., 718), chiosa in ordine all’art. 646 c.p. nel senso che «la cosa sarà da considerare “altrui”

non solo quando sia oggetto di un vero e proprio diritto di proprietà, ma anche quan- do sia oggetto di un altrui diritto, reale o personale, che abbia, nel caso concreto, un valore sociale maggiore della proprietà».

12 MANTOVANI, Contributo, cit., 97 ss.; ID., Diritto penale, cit., 48 ss.

13 Cass., sez. un., 27 ottobre 2011, n. 4694, Casati ed altri, in Diritto penale contem- poraneo.

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I reati contro il patrimonio “in movimento”

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nell’altro comparto si giunge attraverso una attenta interpretazione “evo- lutiva”. L’offesa alla libertà negoziale del danneggiato14 è qui impressa nell’alterazione – comunque realizzata – del funzionamento di un siste- ma informatico o telematico, o nell’intervento senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema in- formatico o telematico o ad esso pertinenti, che sia causa di ingiusto pro- fitto con altrui danno. A rimanere sanzionata è l’attività a carattere truf- faldino che si indirizzi “necessariamente” ed immediatamente su uno strumento elettronico (alterato nel relativo funzionamento)15, piuttosto che su di una persona fisica destinataria dell’attività fraudolenta. Ad elemento implicito della fattispecie criminosa va tuttavia scontato il dato pregiuridico, consistente nell’inganno che, indefettibile, viene portato an- che a quanti preposti alla verifica della correttezza dei dati inseriti nel sistema od alterati16, e loro tramite a chi è referente patrimoniale finale di quei dati ed informazioni. Il profitto ingiusto trova dunque la sua fon- te immediata proprio nel risultato irregolare ed artefatto del processo di elaborazione oggetto di indebita interferenza, all’esito di un intervento

“implicitamente” ammesso (per errore) da chi intitolato del diritto di di- sporne. È da un simile ritratto che scende puntualmente l’esclusione del- la possibilità di un concorso con la fattispecie ordinaria di truffa, in quanto le due figure delittuose si trovano in un rapporto di specialità che ne semplifica la relazione nel concorso apparente di norme; esse presen- tano la medesima struttura ed i medesimi elementi costitutivi, con l’uni- ca differenza che – per l’appunto – l’attività fraudolenta di cui al delitto in esame investe prima facie non la persona ma il sistema informatico di pertinenza della stessa persona17.

Il perimetro dell’indagine si viene così a definire nel suo impianto ge- nerale. Da un lato sta l’atto di disposizione patrimoniale realizzato dalla vittima, dall’altro vi è il segno dell’altruità della cosa: sono i punti cardinali attorno ai quali si disegna lo squilibrio della libertà personale di scambio di valori. L’uno e l’altro modus dimostrano infatti che una circolazione dell’interesse economico si è realizzata fuori delle condizioni di legittimi- tà in quanto in violazione dell’altrui diritto di libertà18: vuoi per effetto

14 Cfr. PICA, Diritto penale delle tecnologie informatiche: computer’s crimes e reati te- lematici. Internet. Banche dati e privacy, Torino, 1999, 56, 157.

15 MARINI, Truffa, in Dig. disc. pen., XIV, Torino, 1999, 396; Cass., sez. V, 24 novem- bre 2003, Noto, in Giur. it., 2004, 2363.

16 Cass., sez. VI, 4 ottobre 1999, De Vecchis, in Cass. pen., 2001, 481; Cass., sez. V, 24 novembre 2003, Noto, cit.

17 Cass., sez. VI, 5 febbraio 2009, n. 8755, P.M. in proc. Giambertone ed altri.

18 Per una impostazione che valorizzi, nella definizione dell’oggetto della tutela, il collegamento tra la persona e l’interesse economico – pur diversa da quella fatta pro- pria nel testo – si rinvia a MOCCIA, Tutela penale del patrimonio, cit., 47 ss., in part. 69:

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Le premesse della ricerca nelle suggestioni giurisprudenziali 19

dell’incidenza diretta del comportamento del soggetto attivo, intervenuto sulla sfera di libertà negativa altrui, nel senso della altrui libertà di non disporre del bene; vuoi per l’incidenza negativa di un fatto negoziale di cui risulta parte proprio chi rimane defraudato della libertà positiva di scegliere le modalità, i termini e le condizioni del trasferimento dei valori ad egli stesso facenti capo.

2. Lo stato liquido dell’“altruità” della cosa nella definizione del fatto illecito contro il patrimonio

I passaggi cruciali delle decisioni che la giurisprudenza ha reso e ren- de in tema di delitti contro il patrimonio fotografano proprio la irrequie- tudine interpretativa concentratasi sul ruolo assolto da chi si pone all’al- tro capo del conflitto sociale innescato dal colpevole.

L’interazione tra la sfera comportamentale della vittima “economica”

e la condotta punita si mette così in luce nelle problematiche sollevate in sede applicativa che, oggi come allora, insistono non solo sui dettagli del- l’atto di disposizione del patrimonio tutelato, quello commesso a mano della vittima-collaboratrice nello spazio dei reati a cooperazione artifi- ciosa, ma anche sui confini dell’altruità della cosa che è referente mate- riale nelle forme di aggressione unilaterale.

Le elaborazioni su quest’ultimo profilo dell’altruità sono in effetti il- luminanti19. L’osservazione di base è comune, e considera la sottrazione- impossessamento nel furto, al pari dell’appropriazione nel delitto ex art.

646 c.p., espressione di un fatto aggressivo rispetto al titolare di questa

«Il concetto di patrimonio che ne risulta è dunque un concetto dinamico-funzionale, fortemente caratterizzato da elementi personalistici: potenzialità della persona in un ambito economico. Questa concezione si fonda sull’idea che la tutela del patrimonio non può consistere nella difesa di un qualsiasi oggetto o di una mera entità pecuniaria in sé considerati per la loro semplice attribuzione ad un soggetto; in uno stato sociale di diritto ad orientamento personalistico, la tutela del patrimonio deve, invece, garan- tire la disponibilità dei beni, al fine di assicurare lo sviluppo della personalità in cam- po economico». Si richiama anche la concezione definita «giuridico-funzionale-perso- nalistica», per cui la migliore definizione del piano della tutela consterebbe nel ritene- re il patrimonio alla stregua del «complesso dei rapporti giuridici facenti capo ad una persona aventi pur sempre per oggetto ultimo cose dotate di funzione strumentale, del- la capacità cioè di soddisfare bisogni umani, materiali o spirituali», riconducibile al pensiero di MANTOVANI, Diritto penale, cit., 16 ss., e condivisa anche da LEONCINI, I rap- porti tra contratto, reati-contratto e reati in contratto, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 1046 ss.

19 Oscillando da una accezione ristretta – come diritto soggettivo di proprietà – ad una più ampia – nei termini di diritto soggettivo di stampo patrimoniale, v. sul tema PAGLIARO, L’altruità della cosa, cit., 693 ss.

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