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Mensile Obbligazioni. Quadro macroeconomico e titoli di stato. Obbligazioni Corporate. Obbligazioni Paesi Emergenti. 15 giugno 2012.

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I prezzi del presente documento sono aggiornati alle chiusure di mercato del 14.06.2012 (salvo diversa indicazione).

Quadro macroeconomico e titoli di stato

Il quadro macroeconomico vede un generalizzato rallentamento della crescita a livello mondiale nelle economie avanzate. Negli USA l’indebolimento della dinamica occupazione e il calo dei consumi frenano la fase espansiva del ciclo riducendo il tasso di crescita per l’economia. Lo scenario rimane inoltre gravato da forti rischi al ribasso tra cui l’evoluzione della crisi europea, il mercato immobiliare e soprattutto la restrizione della politica Fiscale. La zona euro invece, dopo aver evitato la recessione tecnica nel primo trimestre, si prepara a registrare una contrazione del PIL nel secondo trimetre dopo che il rallentamento del ciclo dai paesi periferici si è esteso anche a quelli core. Timori sulle sorti dell’area euro e volatilità si confermano i principali driver delle valutazioni sui mercati finanziari. I focolai più importanti restano la Grecia e la Spagna ma su tutto aleggiano i timori di una crisi sistemica e la necessità di una risposta importante a livello europeo. In attesa del Consiglio Europeo di fine giugno, la visibilità resta molto scarsa e i rischi elevati, ma riteniamo che alla fine prevarrà la via di una soluzione che preservi l’integrità dell’area euro.

Obbligazioni Corporate

Nel corso dell’ultimo mese il mercato corporate europeo ha manifestato una discreta tenuta di fondo, con i titoli Investment Grade che hanno sovra-performato i bond speculativi e quelli finanziari. Il crescente aumento del rischio sistemico collegato ai complessi sviluppi della crisi ha infatti indotto gli investitori a privilegiare i bond societari più conservativi, in particolare i nomi non finanziari appartenenti ai paesi core. Oltre al ruolo di investimento alternativo, interessante per l’ottimizzazione dei portafogli in un contesto di elevata incertezza, a parziale sostegno del mercato corporate restano alcuni fattori fondamentali, rappresentati dal permanere di una discreta qualità del credito. Le società europee sono ancora focalizzate sui flussi di cassa e sulla liquidità, con politiche finanziarie complessivamente conservative. In attesa dei cruciali appuntamenti in calendario nelle prossime settimane, manteniamo pertanto invariata la nostra visione Moderatamente Positiva sul comparto.

Obbligazioni Paesi Emergenti

I titoli dei paesi emergenti si sono confermati, anche in questo mese molto complesso per i mercati finanziari, un valido investimento alternativo. Nonostante un’impennata dell’avversione al rischio dovuta all’avvitamento della crisi del debito nell’area euro che potrebbe penalizzare anche gli Emergenti, confermiamo la nostra visione Moderatamente Positiva sul comparto.

15 giugno 2012

Nota mensile Intesa Sanpaolo Servizio Studi e Ricerche

Ricerca per investitori privati e PMI

Serena Marchesi Analista Finanziario Fulvia Risso Analista Finanziario

Cecilia Barazzetta Research Assistant

Performance obbligazioni da inizio anno Tassi e obbligazioni

0%

2%

4%

6%

8%

10%

Titoli di Stato Italiani

CorporateObb.

IG

CorporateObb.

HY

Obb. Paesi Emergenti

15.06.2012 Var. 1M

Tasso Refi BCE (%) 1,00 0,00

Tasso Fed funds (%) 0,25 0,00 Rendimento BTP 2 anni (%) 4,50 0,99 Rendimento BTP 10 anni (%) 6,06 0,19

Spread Corporate (pb) 208 20

Crossover (pb) 688 -46

Spread Emergenti (pb) 327 -10 Performance totali (Total return, %)

Performance titoli di stato -2,74 Performance Corporate IG -0,91 Performance Corporate HY -1,33

Performance Emergenti 0,61

Nota: HY= High Yield; IG= Investment Grade. Fonte: JP Morgan,

Iboxx, Thomson Reuters-EcoWin Nota: HY= High Yield; IG = Investment Grade. Fonte: JP Morgan Euro EMBI Global, Iboxx, Bloomberg, elaborazioni Intesa Sanpaolo

Indice

Scenario Macro 2

Titoli di stato 10 Idee d’investimento 16 Obbligazioni Corporate 18 Idee d’investimento 23 Obbligazioni Paesi Emergenti 25 Idee d’investimento 26

(2)

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 2 Scenario macro

USA: il rallentamento del mercato del lavoro e dei consumi frenano la crescita

La più recente evoluzione dello scenario per gli Stati Uniti riflette in modo piuttosto fedele la dinamica espressa dal mercato del lavoro: dopo un inizio anno con tassi di crescita piuttosto sostenuti, la forza del ciclo statunitense ha vissuto un forte rallentamento per attestarsi su ritmi di espansione sempre positivi, ma decisamente più modesti. Allo stesso modo, il numero di nuovi occupati, dopo essersi attestato su una media di 225 mila unità mensili nel 1° trimestre 2012, è poi crollato su livelli decisamente più modesti. Il quadro delineato dagli ultimi due rapporti mensili sul mercato del lavoro, infatti, indica una dinamica depressa, soprattutto nel mese di maggio, che ha visto una forte battuta d’arresto nel processo di ripresa del mercato del lavoro. Nel dettaglio, i dati dell’employment report hanno indicato sia l’aggiunta di solo 69 mila nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli, che un’ampia revisione al ribasso per il dato di aprile, portato da 115 a 77 mila unità. L’ultima rilevazione è così risultata essere l’incremento degli occupati più modesto dell’ultimo anno e si è collocata addirittura al di sotto della stima più bassa prodotta dal consenso. Del resto, il forte indebolimento della dinamica occupazionale è stato recepito anche dal sondaggio presso le famiglie americane che ha restituito un tasso di disoccupazione in crescita dall’8,1% di aprile all’8,2% in maggio; parte di questa inattesa variazione è peraltro ascrivibile a un deciso rimbalzo del tasso di partecipazione che, dopo essere sceso al minimo storico di 63,6, è tornato a crescere a 63,8. La disoccupazione torna così ad aumentare a distanza di più di un anno dall’ultimo rialzo; era infatti da aprile del 2011 che il numero di disoccupati in relazione alla forza lavoro risultava o stabile o in calo.

La dinamica espressa dal mercato del lavoro, all’apparenza estremamente negativa, va in realtà interpretata alla luce di alcuni effetti stagionali, quali il bel tempo di inizio anno, che ne spiegano l’evoluzione più recente: il caldo precoce di gennaio e febbraio, infatti, avrebbe favorito aumenti degli occupati fuori dalla media per la stagione invernale, soprattutto nel settore delle costruzioni, tali anomalie però hanno finito per riflettersi sui dati successivi, contribuendo a deprimerli. Proprio per questa ragione non devono destare eccessivo allarme le più recenti rilevazioni perché potrebbero rivelarsi come un brusco aggiustamento rispetto a disequilibri precedenti. Certamente, in una prospettiva di più lungo periodo per il mercato del lavoro, è importante tenere in considerazione l’andamento del tasso di partecipazione alla forza lavoro. Se nel mese di maggio il rialzo del tasso di disoccupazione è stato in buona parte determinato dal ritorno alla crescita da parte del tasso di partecipazione, ci aspettiamo che questa dinamica prosegua nel corso del 2012 e nei prossimi anni dal momento che tale variabile rimane ancora su livelli molto lontani rispetto alla media storica della serie. Ci aspettiamo infatti che molte delle persone che hanno deciso di abbandonare la forza lavoro nel corso delle fasi più acute della crisi, decidano progressivamente di tornare ad essere parte attiva della forza lavoro man mano che l’offerta di lavoro torna a crescere; una tale dinamica chiaramente finisce per generare nuove tensioni al rialzo per il tasso di disoccupazione.

Come vi è stato già modo di anticipare, il rallentamento del mercato del lavoro visto negli ultimi mesi e la dinamica depressa degli aumenti salariali hanno inciso sul ciclo statunitense ed in particolare sull’evoluzione dei consumi. La domanda interna, infatti, rappresenta uno dei principali motori di crescita del PIL e, proprio negli ultimi mesi, ha evidenziato un progressivo indebolimento a causa sia di un ridimensionamento del potere di acquisto delle famiglie americane, che per via di una progressiva erosione della fiducia. Nel dettaglio, le statistiche di maggio relative alla variazione delle vendite al dettaglio negli Stati Uniti indicano, per il secondo mese consecutivo, una contrazione dei consumi attestandosi in territorio negativo a -0,2% m/m.

Risulta nel complesso piuttosto negativa la serie di dati pubblicata a maggio perché non solo l’indice delle vendite al dettaglio al netto delle auto (tipicamente una misura più diretta dei

Rallenta la crescita, in sincrono con la frenata sul mercato del lavoro

Sull’occupazione incidono fattori stagionali e torna a crescere la partecipazione

Contributo negativo dei consumi alla crescita

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 3

consumi personali) si è contratto dello 0,4% m/m a maggio, ma ha subito una revisione al ribasso anche il dato relativo al precedente che è passato da +0,1% a -0,3%. Meno ampia ma comunque negativa la variazione dei consumi al netto di auto e carburanti che, essendo attesa a +0,4%, si è in realtà attestata a -0,1% ed ha così confermato il precedente. Perfettamente coerente con queste indicazioni appare anche la statistica sul credito al consumo concesso all’economia statunitense che, non solo nell’ultima rilevazione di aprile si è fermato al valore dei 6,5 miliardi di dollari, ma ha visto una netta revisione al ribasso del precedente praticamente dimezzato da 21,4 a 12,4 miliardi di dollari. Nel complesso dunque, nonostante gli indici di fiducia dei consumatori indichino un deciso miglioramento nel mese di maggio, la dinamica sottostante dei consumi rimane piuttosto depressa e compatibile con un’espansione del ciclo ma a ritmi moderati.

Variazione delle vendite al dettaglio m/m (%) e credito al consumo (miliardi di dollari)

-2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 1,5 2

-20 -15 -10 -5 0 5 10 15 20

gen-09 lug-09 gen-10 lug-10 gen-11 lug-11 gen-12

vendite al dettaglio (asse ds) credito al consumo

Fonte: Bloomberg

Considerata la debolezza dei consumi e le forti flessioni che hanno interessato i prezzi di greggio e carburanti, il tasso d’inflazione, dopo essere cresciuto ad un tasso medio del 3% nei primi tre mesi dell’anno ha evidenziato un progressivo riassorbimento per tornare su livelli decisamente più contenuti. L’evoluzione del CPI torna dunque a riflettere l’andamento delle fondamentali di domanda e offerta con le pressioni derivanti da evoluzione dei consumi e dinamiche salariali che rimangono piuttosto deboli. Come il presidente della Fed Bernanke aveva correttamente previsto in più occasioni, una volta rientrati una serie di effetti di natura straordinaria come gli aumenti nei prezzi delle materie prime, l’inflazione si avvia a tornare su livelli coerenti con gli obbiettivi prefissi dalla politica monetaria. Rimangono infatti saldamente ancorate le aspettative di lungo termine per il tasso d’inflazione che dovrebbe stabilizzarsi intorno al 2%. A confermare il progressivo riassorbimento delle pressioni sui prezzi sono proprio le ultime statistiche pubblicate con il CPI di maggio che registra il calo mensile più ampio degli ultimi 3 anni, passando dal 2,3%

precedente a 1,7% a/a. La variazione dell’indice peraltro risulta quasi totalmente legata al riassorbimento dei prezzi energetici (principalmente costo dei carburanti), tanto che l’indice core si conferma perfettamente stabile per il terzo mese consecutivo al 2,3% a/a, a dimostrazione del fatto che le oscillazioni e i decisi rialzi subiti dal tasso dell’inflazione nel corso dei trimestri passati erano per lo più frutto dell’evoluzione delle sue componenti più volatili.

Dal lato dell’offerta, invece, sembrano giungere indicazioni di maggior sostegno al ciclo: la produzione industriale statunitense infatti mette a segno una marcata accelerazione ad aprile passando dal +3,56% precedente al +5,16% a/a. Coerente con questa indicazione appare anche il quadro delineato dal Beige Book della Fed che, in un’ottica leggermente più prospettica, riferisce di un’inattesa, seppur modesta, accelerazione dell’attività economica in uno scenario che rimane comunque di crescita piuttosto contenuta. Il rapporto sul settore produttivo

Deciso calo per l’inflazione che torna a convergere su livelli di equilibrio

Tiene l’attività produttiva con settore Manifatturiero e Servizi in leggera accelerazione

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 4

statunitense, infatti, conferma che l’attività manifatturiera tra inizio aprile e fine maggio ha continuato ad espandersi nella gran parte dei distretti del Paese, migliorando rispetto alla precedente rilevazione. Secondo quanto riferito dagli esperti della Fed, l’attività economica complessiva si è espansa a un tasso “moderato” rispetto a quello di inizio aprile che era stato definito “da modesto a moderato”. Mentre la spesa per consumi è rimasta stabile, alcune regioni hanno registrato un aumento dei nuovi ordini e un forte sostegno è venuto dalla buona performance del mercato dell’auto. Dall’altra parte rimane sostanzialmente stabile anche il valore dell’indice ISM non Manifatturiero che nel mese di maggio si attesta a 53,7 e risulta così solo in leggera accelerazione rispetto al 53,5 di aprile.

Andamento indici di fiducia PMI elaborati dall'ISM per il settore Manifatturiero e non Manifatturiero

30 35 40 45 50 55 60 65

gen-09 lug-09 gen-10 lug-10 gen-11 lug-11 gen-12

Manifatturiero Non Manifatturiero

Fonte: Bloomberg. Note: la linea rossa sta ad indicare il valore soglia discriminante tra fasi di espansione del ciclo produttivo (indice superiore al valore di 50 punti) e fasi di recessione

In un contesto che, dunque, nel complesso risulta di rallentamento della crescita, l’economia degli Stati Uniti si trova a dover affrontare diversi elementi di rischio per il ciclo e tra questi figurano sia fattori di natura endogena, che di matrice esogena. In questa ultima categoria si possono certamente contemplare i rischi derivanti dalla difficile situazione europea: l’ultimo mese ha visto un progressivo aumento nel numero di appelli e richieste che le Autorità politiche ed economiche statunitensi hanno rivolto ai leader europei affinché questi trovino una soluzione definitiva alla crisi del debito in atto. L’avvitamento della situazione europea ha infatti inciso sull’evoluzione del ciclo di crescita americano secondo un duplice canale: se da un lato si è registrata brusca diminuzione dei volumi di esportazioni statunitensi verso i paesi del Vecchio Continente, dall’altra parte le tensioni finanziarie generate sui mercati europei non hanno potuto che trasferirsi anche a quelli americani causando così un peggioramento delle aspettative di consumatori e imprese, nonché aumentando le pressioni sulle istituzioni statunitensi.

Nonostante i molteplici tentativi della classe politica europea di dare una risposta a questo problema, una soluzione definitiva appare ancora lontana e l’ulteriore inasprimento della crisi rappresenta ad oggi uno dei principali rischi esogeni per l’economia statunitense.

Un ulteriore elemento di criticità, stavolta di natura endogena, è rappresentato dalla persistente debolezza del mercato immobiliare che ha contribuito nel tempo a frenare la ripresa economica negli Stati Uniti. Nonostante i tassi d’interesse sui mutui siano su livelli storicamente molto bassi e l’offerta di case rimanga particolarmente ampia, la difficoltà ad ottenere prestiti per l’acquisto di abitazioni (i requisiti imposti dalle banche rimangono estremamente stingenti) inibisce la domanda dei consumatori e in ultima istanza blocca la ripresa del mercato immobiliare. Inoltre, l’eccesso di case vacanti disponibili in vendita contribuisce a frenare le nuove richieste di costruzione e l’avvio di nuovi cantieri, ritardando la ripresa del mercato dell’edilizia residenziale.

Anche qualora si dovesse assistere a un’inversione di tendenza rispetto al trend attuale, che rimane negativo, i tempi di recupero e ritorno alla normalità per il settore delle case paiono

Sullo scenario pesano rischi esogeni legati alla crisi europea…

… la persistente debolezza del mercato immobiliare…

(5)

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 5

piuttosto estesi e per questo il mercato immobiliare si conferma come uno dei principali freni alla crescita.

Quello che però, ad oggi, a nostro avvisto rimane il fattore di maggior criticità per lo scenario macroeconomico degli Stati Uniti, è il nodo relativo alla gestione della politica fiscale ed il tanto temuto fiscal cliff (o “baratro fiscale”). Il rischio infatti è quello che, se non dovesse essere trovato un accordo sull’impostazione da dare alla politica fiscale, con l’inizio del 2013 la legislazione vigente prevede l’entrata in vigore di una serie di tagli alle spese e aumenti delle entrate statali per un valore complessivo di 600 miliardi di dollari sull’anno fiscale (corrispondenti al 4% del PIL) che avrebbero un impatto devastante sul ciclo di crescita statunitense. Se invece che considerare l’anno fiscale che va dal 1° ottobre al 30 settembre, si prendesse come misura quello solare, nel 2013, a legislazione vigente, l’impatto degli interventi su spesa e tasse sarebbe addirittura di 774 miliardi di dollari, pari circa al 5,1% dell’intero Prodotto Interno Lordo.

Dunque, in assenza di interventi per evitare l’applicazione di misure automatiche, con il passaggio al nuovo anno, scadrebbero i tagli alle imposte, verrebbero introdotti nuovi tributi e si attiverebbero una serie di interventi di riduzione della spesa per garantire un dimezzamento del deficit solo nel 2013 (da 1.171 a 612 miliardi di dollari). In assenza di un accordo politico che sblocchi parte o la totalità delle misure previste dalla legislazione vigente, il CBO (Congressional Budget Office) stima che il 2013 sarebbe un anno di recessione per gli Stati Uniti (variazione negativa del PIL già nel 1° trimestre). Anche se riteniamo altamente improbabile che si concretizzi uno scenario estremo in cui o vengono attuate tutte le misure previste dalla legislazione vigente o non viene realizzato nessun taglio delle spese e/o aumento delle entrate, risulta difficile immaginare quali possano essere le soluzione intermedie. L’appuntamento elettorale dell’autunno, infatti, non fa altro che inasprire un dibattito, quello sulla definizione del budget e del limite legale del debito, che ha visto un confronto sempre più teso tra Repubblicani e Democratici. In un contesto di sempre maggiore incertezza, il nostro scenario centrale vede il raggiungimento di un accordo in extremis che dilazioni gran parte delle misure automatiche producendo una correzione di circa 200-220 miliardi di dollari (pari all’1,4% del PIL) nel 2013 e che introduca un blocco temporaneo della durata di sei mesi per i rialzi delle imposte. Nel complesso, la manovra da noi immaginata (molto meno ambiziosa di quella attualmente scontata dalla legislazione vigente) produrrebbe comunque un deciso rallentamento della crescita quantificato in 1,7 punti percentuali del PIL nel 2013 e in 2 punti percentuali nel biennio successivo. Pertanto, al momento, il possibile realizzarsi di uno shock fiscale in coincidenza con l’inizio del nuovo anno rappresenta il rischio più significativo per la congiuntura e le prospettive di crescita dell’economia statunitense.

Scenari fiscali e dirette conseguenze sull'economia statunitense Possibili scenari Valore tagli sull'a.f. 2013

(miliardi di dollari)

Valore tagli sull'a.f. 2013 (% del PIL)

Scenario economico per l'anno solare 2013 (variazione % annua

stimata per il PIL)

Legislazione vigente 607 4 0,5

Nostro scenario 210 1,4 1,8

Blocco di tutte le misure - - 4,4

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati CBO

In un contesto che assume sempre più i caratteri di un progressivo indebolimento della crescita economica, l’attenzione degli operatori di mercato si è spostata sulle ultime dichiarazioni di diversi esponenti della Fed. Infatti, i membri del FOMC, preso atto della debolezza dei dati macro e dei molteplici rischi per il ciclo (settore immobiliare, politica fiscale restrittiva e incertezza derivante da shock esterni), hanno mutato la propria posizione e dialettica mostrando una maggiore apertura verso misure di ulteriore stimolo. Ciò non significa necessariamente che la Fed deciderà di muoversi in tempi brevi: nonostante Bernanke e altri membri del Comitato abbiano riconosciuto che lo scenario rimanga di “crescita moderata” soggetta a “freni

…e i timori per il fiscal cliff

La Fed riconosce il

rallentamento e si prepara a intervenire

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 6

significativi”, non è detto che già a conclusione della riunione del mese di giugno venga decisa l’introduzione di ulteriori stimoli. Anche se Bernanke ha sottolineato come la Fed, qualora risultasse necessario intervenire, avrebbe a disposizione diverse opzioni tra le quali scegliere, ogni decisione rimarrà comunque soggetta ad un’attenta valutazione del ritmo a cui prosegue la crescita dell’economia. Secondo le nostre previsioni il FOMC, qualora le condizioni dovessero effettivamente peggiorare, potrebbe annunciare un nuovo programma di stimoli analogo all’Operation Twist per un valore complessivo di 100-200 miliardi e con scadenza a settembre.

Zona euro: la crisi arriva anche in Germania

Lo scenario per il ciclo economico europeo rimane ancora fortemente segnato dagli sviluppi della crisi del debito che, non solo continua a compromettere la stabilità ed il corretto funzionamento dei mercati finanziari, ma contribuisce a rallentare la crescita del PIL ed aggravare la recessione in gran parte dei Paesi europei. Al riguardo, anche se la prima lettura del dato sul PIL aggregato per la zona euro nel 1° trimestre del 2012 aveva indicato una variazione nulla su base trimestrale permettendo all’Europa di evitare la recessione tecnica a livello comunitario, il dettaglio della statistica, pubblicato solo nelle settimane successive, ha chiarito come questa variazione non fosse da interpretare con un’accezione estremamente positiva.

L’economia europea, infatti, ha potuto evitare la crescita negativa solo grazie alla forza relativa espressa dalla Germania. Non a caso, tra le varie componenti che contribuiscono alla creazione di ricchezza, la dinamica dei consumi è risultata stagnante e soprattutto la spesa in investimenti ha subito una contrazione più ampia delle attese a -1,4% t/t; così anche la spesa per costruzioni che si è ridotta dell’1,1%. Questi, dunque, paiono importanti elementi negativi destinati a riflettersi sull’evoluzione del ciclo nella parte restante dell’anno, tanto che anche le indagini qualitative e i sondaggi condotti presso consumatori e imprese europei indicano un peggioramento della congiuntura. In ultima istanza, l’unico elemento positivo che è intervenuto a sostegno della crescita, permettendo al PIL di non soccombere al crollo degli investimenti, è stata la dinamica delle esportazioni che, nel 1° trimestre, hanno fatto segnare un incremento dell’1,0%, ma non sembra destinata a replicare una performance altrettanto positiva nei mesi a venire.

Secondo le ultime rilevazioni, infatti, la buona tenuta delle esportazioni e la forza relativa del ciclo di crescita tedesco, che hanno riscattato le sorti della zona euro nel 1° trimestre, difficilmente potranno evitare un ritorno a tassi di crescita negativi nel 2° trimestre. I dati più recenti segnalano un drastico rallentamento anche per l’export tedesco che ad aprile si contrae dell’1,7% e registra così il primo calo da inizio anno. Nel complesso, il saldo della bilancia commerciale ha subito una decisa diminuzione a cavallo tra marzo e aprile, passando da un avanzo di 17,4 a uno di 14,4 milioni principalmente per effetto della crisi del debito che ha contribuito a deprimere la domanda proveniente dai Paesi europei, ad oggi i principali partner commerciali di Berlino. Pertanto, ci aspettiamo che il 2° trimestre veda un deciso rallentamento del ciclo europeo, che appare peraltro perfettamente coerente con i dati restituiti dalle indagini di fiducia.

Evitata la recessione solo nel 1°

trimestre, aumentano le attese di un rallentamento a causa di…

… rallentamento dell’export tedesco…

(7)

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 7

Valore delle esportazioni tedesche verso il resto del mondo e verso i paesi dell'UE27 (miliardi di euro)

35 40 45 50 55 60

40 50 60 70 80 90

gen-09 lug-09 gen-10 lug-10 gen-11 lug-11 gen-12

Exp verso UE27 (asse ds) Exp totali

Fonti: Bloomberg

Dal lato dei consumi, i dati sulle vendite al dettaglio e sulla fiducia hanno mostrato una dinamica particolarmente debole: mentre l’indice di fiducia relativo alla situazione economica attuale è crollato al minimo degli ultimi 2 anni e mezzo in maggio, le statistiche sulle vendite al dettaglio nel mese di aprile hanno segnalato una contrazione pari al 2,5% a/a, registrando così la variazione negativa più ampia dal settembre 2009. Il dettaglio delle vendite indica peraltro un parziale cambiamento rispetto ai mesi passati: il dato sui consumi non solo ha subito una frenata più accentuata che in passato, ma ha anche interessato un numero sempre maggiore di stati. Se si guarda alle statistiche nazionali, infatti, diversi paesi core in Europa sono passati dal registrare una crescita dei consumi al subire una contrazione: è questo il caso non solo di Francia e Danimarca (rispettivamente da +0,5% a -1,5% m/m e da +1,7% a -1,4% m/m) ma anche dell’Austria che registra un tasso negativo del 3,5% m/m ad aprile, dopo il +2,2% di marzo. Si conferma critica inoltre la situazione dei paesi periferici con il Portogallo che per il secondo mese consecutivo vede i consumi contrarsi del 2,1% m/m, mentre in Spagna lo stesso indice crolla dal -0,5% m/m precedente a -2,4% m/m. Crolla così in territorio negativo anche l’Irlanda che, dopo il +0,1% di marzo, subisce una contrazione dei consumi pari all’1,8% m/m. Infine, il dato più sorprendente è quello relativo alle vendite tedesche che, dopo aver messo a segno un importante recupero a marzo crescendo dell’1,6% su base mensile, vedono un brusco rallentamento della crescita pari ad punto percentuale e si fermano a +0,6% m/m. Nel complesso, dunque, quello che si delinea per l’Europa, come da attese, è un quadro in cui dalla domanda interna non arriva alcun sostengo decisivo alla crescita, che può quindi fare affidamento solo alla forza delle esportazioni verso l’estero, soprattutto se si considerano i flussi di vendita verso i paesi emergenti.

Segnali di un deciso rallentamento dei ciclo giungono anche dai settori produttivi con la produzione industriale aggregata nella zona euro che ad aprile si conferma in territorio negativo con una contrazione del 2,3% a/a. Ancora una volta, come nel caso dei consumi, il dato finale è frutto di un indebolimento generalizzato degli indici che non interessa solo i paesi periferici (indice italiano crollato a -9,2% a/a ai minimi da ottobre 2009) ma anche quelli core tra cui spicca la brusca variazione della produzione industriale tedesca che, dopo l’incremento dell’1,4% registrato a marzo, scende a -0,7% a/a in aprile. Il deterioramento delle statistiche reali è confermato anche dai livelli indicati nelle indagini di fiducia: i PMI europei, infatti, si collocano ormai ampiamente in area recessiva, con l’indice dei servizi che per la precisione si attesta a 46,7 punti in marzo, contro i 45,1 punti di quello manifatturiero, ormai al proprio minimo da luglio 2009. Se, oltre al dato puntuale, si guarda alla più recente evoluzione di questi indicatori prospettici, è immediato osservare come negli ultimi mesi si sia assistito ad un progressivo peggioramento nel tenore dei sondaggi presso i direttori degli acquisti delle imprese europee. Il deterioramento delle aspettative in merito all’andamento dell’attività produttiva

… debolezza dei consumi…

… brusco rallentamento dell’attività produttiva

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 8

inoltre non si è limitato a colpire gli indici dei paesi periferici, ma anche quelli degli stati core. Particolarmente significativa l’evoluzione seguita dagli indici PMI tedeschi, con il dato per il settore dei Servizi che, pur confermandosi in territorio espansivo (unico in Europa peraltro), ha evidenziato un deciso rallentamento da 52,2 a 51,8, mentre lo stesso indice per il settore Manifatturiero a maggio si è attestato a 45,2 in pieno territorio recessivo, sintomo che anche il settore produttivo tedesco sta subendo un deciso rallentamento a causa della crisi.

Lo scenario per il tasso d’inflazione in Europa ricalca in modo fedele le dinamiche che hanno interessato anche l’economia statunitense, con il CPI in maggio che registra un deciso riassorbimento sulla scia delle importanti flessioni vissute dai prezzi energetici e dei beni alimentari. Il dato aggregato a livello di zona euro, infatti, indica per maggio un rallentamento dell’inflazione headline da 2,6% a 2,4% a/a mentre i sotto-indici relativi ai prezzi energetici e a quelli alimentari hanno rispettivamente rallentato da 8,1% a 7,3% e da 2,7% a 2,3% a/a. In effetti, le quotazioni del petrolio hanno subito una flessione del 19% nell’ultimo bimestre mentre i prezzi dei beni alimentari a livello globale hanno conosciuto il più ampio calo degli ultimi due anni proprio in maggio. Non a caso ad evidenziare un’ampia flessione è solo l’indice generale, mentre il dato core rimane stabile in maggio con una crescita dell’1,6% su base annuale. Anche se l’indice dei prezzi si conferma ampiamente al di sopra del target indicato dalla BCE al 2%, sembra aver ormai intrapreso un trend di progressivo riassorbimento che dovrebbe rivelarsi perfettamente compatibile con le stime indicate dalla Banca centrale nel corso dell’ultima riunione di politica monetaria e che prevedono un’inflazione media pari al 2,4% per l’intero 2012 e all’1,6% per il 2013.

Inflazione nella zona euro: variazione delle componenti headline e core dell'indice CPI a/a (%)

-1 -0,5 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5

gen-09 lug-09 gen-10 lug-10 gen-11 lug-11 gen-12

Headline Core

Fonte: Bloomberg

In forma analoga a quanto visto gli Stati Uniti, anche in Europa la stance di politica monetaria nel corso dell’ultima riunione per la decisione dei tassi ha confermato le misure introdotte finora, anche se è emersa la disponibilità da parte dell’Autorità monetaria di intervenire con nuovi stimoli qualora la situazione del ciclo peggiorasse ulteriormente e le condizioni dei mercati finanziari peggiorassero. Seppur abbia riconosciuto il contesto di progressivo avvitamento della crisi del debito, a conclusione dell’ultima riunione, il governatore Draghi ha giustificato la decisone della BCE di non intervenire né sui tassi, né con nuove misure straordinarie sottolineando nuovamente il fatto che il compito di agire ora spetta ai governi nazionali. Draghi ha infatti ribadito il proprio invito ai leader politici affinché si impegnino a delineare una road map con un orizzonte di 5 o 10 anni che metta a tema il futuro dell’Unione Monetaria e discuta del raggiungimento di un maggior grado d’integrazione tra i suoi membri (per maggiori delucidazioni in merito si faccia riferimento alla sezione Titoli di Stato della presente pubblicazione). La posizione della BCE rimane quindi quella di un’Autorità monetaria attendista che, come emerso chiaramente nel corso della conferenza stampa, “tiene sotto controllo tutti gli

Deciso rallentamento dell’inflazione grazi a cali record nei prezzi energetici e alimentari

BCE, pronta a intervenire, rimane in attesa dell’azione dei governi

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 9

sviluppi ed è pronta ad intervenire”; in tal senso cruciali saranno da un lato l’esito delle elezioni in Grecia e dall’altro l’evoluzione della crisi del sistema bancario spagnolo, il tutto alla luce delle eventuali decisioni che dovessero emergere dal Consiglio Europeo di fine giugno.

Nella riunione di politica monetaria del mese di giugno, si è peraltro potuto notare un ammorbidimento delle posizioni della Banca centrale che, pur avendo inaspettatamente mantenuto stabili le previsioni di crescita, ha ammesso che i rischi sullo scenario rimangono elevati e verso il basso, mentre le pressioni inflazionistiche sembrano essersi in parte indebolite.

Non è un caso che per la prima volta da parecchio tempo il voto del comitato di politica monetaria per mantenere i tassi sull’attuale livello non sia stato unanime ma “pochissimi consiglieri” si siano espressi già in favore di un taglio del costo del denaro. Infine, la BCE ha deciso di garantire pieno sostegno al sistema finanziario prolungando per tutto il 2012 la validità delle operazioni illimitate di liquidità a tasso fisso che conduce in contropartita con le banche europee.

I rischi per lo scenario rimangono verso il basso

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 10 Titoli di stato: timori in attesa di una Road Map per l’euro

Timori sulle sorti dell’area euro e volatilità sui mercati finanziari si confermano i principali driver delle valutazioni sui titoli di stato. I focolai più importanti restano la Grecia, dove tra pochi giorni si terrà la seconda tornata elettorale, e la Spagna, che la scorsa settimana ha chiesto l’aiuto europeo per la ricapitalizzazione del proprio sistema bancario. Ma su tutto aleggia lo spettro di una crisi sistemica e la necessità di una risposta importante a livello europeo. Il timore prevalente sui mercati che s’inneschi l’effetto contagio è evidente dall’osservazione dei movimenti sui titoli italiani, ritenuti il prossimo anello debole della catena: i tassi sui BTP hanno subito negli ultimi giorni un’impennata, secondi solo alla Spagna, nonostante nelle ultime settimane non sembrano essere emerse notizie interne tali da variare lo scenario sull’economia o lo stato delle finanze domestico.

Un’Europa divisa in due: livello dei tassi e dei CDS

Tasso 2 anni (%) Tasso 10 anni (%) CDS (pb)

Germania 0,11 1,50 108

Finlandia 0,28 1,84 85

Olanda 0,36 2,02 125

Austria 0,55 2,41 186

Francia 0,58 2,73 206

Belgio 0,95 3,24 273

Italia 4,77 6,24 556

Spagna 5,08 6,94 609

Irlanda 6,68 7,36 682

Portogallo 9,08 10,69 1029

Nota: dati aggiornati al 14.06.2012, ore 13:00. Fonte:Bloomberg

L’euforia seguita alla richiesta di aiuti da parte della Spagna è durata poco più di mezza seduta, dopodiché, la reazione dei mercati alla richiesta di aiuto spagnolo è stata pesantemente negativa: come scritto, il timore sembra essere quello che si stia seguendo un copione già ipotizzato mesi fa e che il prossimo anello debole della catena sia l’Italia. Le speranze restano riposte nell’elaborazione di un piano organico di riforme in Europa (la cosiddetta roadmap) che coinvolgerebbero il settore bancario (Banking Union), la gestione dei bilanci nazionali (Fiscal Union), la politica economica, il welfare, la sicurezza e la politica estera. Il piano, predisposto dal presidente della BCE Draghi, dal presidente dell’Eurogruppo Junker, dal presidente della Commissione Europea Barroso e dal presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy, dovrebbe essere presentato sempre al meeting europeo di fine giugno e finalizzato entro la fine dell'anno.

La correlazione negativa tra titoli della periferia e titoli core è sempre più importante (se il primo comparto sale, il secondo scende e viceversa) e l’impennata dell’avversione al rischio dei giorni scorsi ha fortemente penalizzato Italia, Spagna e Irlanda, soprattutto sul segmento breve, segnale questo che i mercati danno maggiore rilievo al rischio paese piuttosto che al rischio tempo.

I mercati aspettano la Road Map per l’euro….

.. ma nel frattempo prevale l’effetto contagio

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 11

Ultimo mese: curve piatte e aumento del rischio paese per i periferici

-75 -25 25 75 125

Germania Finlandia Olanda Austria Francia Belgio Italia Spagna Irlanda Portogallo

Tasso 2 anni Tasso 10 anni

Fonte: variazioni in pb dei rendimenti sulla scadenze a 2 e 10 anni dal 14.05.2012 al 14.06.2012

La visibilità resta molto scarsa. I rischi sono elevati, ma riteniamo che alla fine prevarrà la via di una soluzione che preservi l’integrità dell’area euro, con maggiore flessibilità nel percorso di aggiustamento dei conti pubblici della Grecia e un significativo sostegno al sistema bancario spagnolo. In ogni caso, le prossime settimane saranno probabilmente intense e particolarmente volatili, ma nel complesso confermiamo la nostra visione Moderatamente Positiva sul mercato italiano e, per converso, Moderatamente Negativa sul debito core.

Spagna: ricapitalizzazione del sistema bancario

Dopo una rincorsa di indiscrezioni e smentite, sabato 9 giugno la Spagna ha chiesto formalmente aiuto all’Unione Europea per la ricapitalizzazione del proprio sistema bancario.

L’accordo – che prevedrebbe l’erogazione di 100 miliardi di euro - è in corso di formulazione e la visibilità sul pacchetto finale è al momento piuttosto scarsa, sia perché ancora non sono stati forniti dettagli tecnici, disponibili probabilmente entro fine mese, sia perché, nonostante le criticità diverse, le sorti del piano di aiuti alla Spagna sono comunque legate a filo doppio agli altri nodi da sciogliere sul tavolo europeo (si vedano sezioni successive).

Spread Bonos-Bund sulla scadenza decennale e costo della protezione dal rischio di insolvenza della Spagna

250 350 450 550 650

2 3 4 5 6

lug 11 set 11 nov 11 gen 12 mar 12 mag 12

Spread Bonos ‐ Bund a 10 anni CDS Spagna (scala ds)

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo su dati Bloomberg

In base alle informazioni disponibili, la Spagna ha chiesto un prestito per la ricapitalizzazione del proprio sistema bancario; si tratta di uno strumento differente dai prestiti già in essere per Grecia, Portogallo e Irlanda e previsto sia nelle modifiche al trattato del Fondo salva-Stati

Un nuovo strumento: prestito per la ricapitalizzazione del sistema bancario

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 12

temporaneo (EFSF) sia nel trattato del Fondo di Stabilità Permanente (ESM) che dovrebbe entrare in vigore dai primi di luglio.

Il prestito per la ricapitalizzazione del sistema bancario è appunto un finanziamento a un paese per coprire una specifica necessità, che presuppone determinati prerequisiti per lo Stato richiedente in termini di solidità delle finanze pubbliche e implica una minore cessione di autorità, in quanto a fronte di tale prestito le richieste degli organismi sovranazionali coinvolgono solo il settore bancario e/o i singoli istituti di credito e non la conduzione della politica fiscale o l’implementazione di determinate riforme strutturali.

Data la novità dello strumento, consideriamo nel dettaglio quali sono i prossimi passaggi per la Spagna secondo la procedura prevista dai trattai ESM/EFSF.

Prerequisiti. Come detto, il prestito per la ricapitalizzazione al sistema bancario può essere concesso sotto tre condizioni: (1) che la crisi del paese richiedente sia prevalentemente confinata al sistema bancario, (2) che il paese stesso dimostri di avere solidi parametri di finanza pubblica e (3) che sia in linea con gli impegni presi in sede europea in termini di Patto di Stabilità. Il quadro spagnolo mostra effettivamente le criticità concentrate nel sistema bancario e un debito pubblico, variabile chiave per la sostenibilità dei conti nel lungo periodo, allo stato attuale inferiore a quello della media europea. Il problema spagnolo è il deficit elevato e la difficoltà, data anche la recessione in atto, a rispettare il piano di rientro concordato con la Commissione Europea. D’altra parte, la Commissione Europea stessa ha concesso alla Spagna maggiore flessibilità sugli obiettivi fiscali per il 2012 e, pertanto, considerando le linee guida dei trattati EFSF e ESM, anche la terza condizione dovrebbe essere rispettata.

Fase 1. Il paese che richiede questa tipologia di prestito deve presentare all’Eurogruppo un elenco di istituti di credito ritenuti in difficoltà. In linea di principio le istituzioni coinvolte dovrebbero essere di rilevanza sistemica. Nel caso spagnolo gli istituti di credito più in difficoltà sono le piccole cajas, mentre i tre principali istituti di credito spagnoli sembrano essere meno in difficoltà; d’altra parte la stretta rete di interconnessione, che si è creata nel corso degli ultimi anni all’interno del sistema bancario e tra banche e Stato, dovrebbe lasciare pochi dubbi sul tema che la difficoltà delle banche spagnole sia di rilevanza per il sistema finanziario nel suo complesso.

Fase 2. Viene creato un gruppo di Autorità indipendenti con l’obiettivo di valutare che i prerequisiti siano stati rispettati non solo a livello di paese, ma anche a livello di istituzioni finanziarie indicate. Tali valutazioni riguardano (1) le motivazioni e il grado di distress finanziario delle banche coinvolte, (2) l’urgenza dell’intervento, (3) l’effettiva rilevanza sistemica, (4) il rispetto della “graduatoria” dei canali di finanziamento e (5) l’impatto del prestito sul bilancio pubblico. In particolare, il punto (4) prevede che l’ordine delle fonti di finanziamento sia prima il mercato, poi lo Stato e solo da ultimo il prestito via ESM/EFSF. Nel caso spagnolo le difficoltà a finanziarsi sul mercato dei capitali che ha incontrato Bankia (il quarto istituto di credito del Paese) nel corso degli ultimi mesi dovrebbero dimostrare la difficoltà a finanziarsi direttamente, mentre i tassi di interesse sul mercato secondario dei titoli di Stato dovrebbero confermare l’eccessiva onerosità per il Governo di Madrid a raccogliere da sé i 100 miliardi che sarebbero la cifra stimata come necessaria per la prevista ricapitalizzazione. Quanto al punto (5) la verifica è relativa al fatto che il debito pubblico (su cui il prestito va a gravare) venga ritenuto sostenibile anche dopo la concessione dello stesso. Le Autorità indipendenti a cui spettano tali valutazioni sono la Commissione Europea, la BCE e l’EBA. In questo strumento il contributo finanziario del FMI è nullo e il suo ruolo è marginale in quanto non è tra i prestatori di fondi.

La Spagna dovrebbe soddisfare i prerequisiti per il prestito

La Spagna presenta l’elenco degli istituti che ritiene debbano essere coinvolti

Una “seconda” Troika verifica l’effettiva necessità del prestito

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Fase 3. La determinazione dell’ammontare necessario per la ricapitalizzazione del sistema bancario verrà eseguita attraverso un esercizio di stress test condotto da un supervisore nazionale (in questo caso la Banca di Spagna), dall’EBA e da altri esperti internazionali. Qui si inserisce il Rapporto pubblicato dal FMI lo scorso 9 giugno “Spain Financial Stability Assessment” che fornisce le prime indicazioni circa le necessità di ricapitalizzazione. Il Fondo stima tra i 40 e gli 80 miliardi di euro i costi per il salvataggio delle banche spagnole: tali previsioni si basano su un doppio scenario, nel primo i 40 miliardi di euro coprirebbero le necessità di rifinanziamento di 10 banche, inclusa Bankia mentre nel secondo la cifra salirebbe a 80 miliardi di euro in caso di una dura recessione che costringerebbe Madrid a salvare l'intero sistema bancario. Alle considerazioni del FMI si uniranno le valutazioni già richieste dal Governo spagnolo agli istituti indipendenti Berger-Wyman che dovrebbero essere rese pubbliche il prossimo 21 giugno. Guardando le più recenti analisi di case di investimento, agenzie di rating e istituzioni private si nota come il range di necessità di ricapitalizzazione sia molto volatile, ma in media più elevato di quanto indicato nello studio del FMI. Ad esempio S&P e Fitch stimano una cifra intorno ai 100 miliardi euro, in linea con quanto indicato dal Governo spagnolo con l’apertura della procedura per il conseguimento del prestito, mentre altri arrivano, in caso di stress, anche a 120 mld di euro. D’altra parte, lo scenario del FMI si basa su previsioni, sia nello scenario base che conseguentemente nello scenario avverso, che con gli ultimi dati macroeconomici disponibili e la salita dei tassi degli ultimi giorni appaiono piuttosto ottimistiche.

Fase 4. Contestualmente alla determinazione dell’ammontare verranno aperti anche i negoziati tra Spagna e Commissione Europea per determinare le condizioni del prestito, di fatto un piano di ristrutturazione delle istituzioni finanziarie coinvolte che si devono impegnare a rispettare gli accordi presi. Non sono previste condizioni sulla conduzione della politica fiscale del paese o in termini di riforme strutturali, fatto salvo che il paese beneficiario del prestito continui a rispettare il Patto di Stabilità o gli accordi in deroga ad esse presi con le istituzioni europee (questo secondo caso è quello in cui rientra la Spagna). Le condizioni saranno incluse in un Memorandum of Understanding (come per i prestiti a Irlanda, Grecia e Portogallo). Infine, in termini strettamente tecnici, il prestito dovrebbe essere concesso a un tasso inferiore al tasso medio sullo stock di debito attuale (che nel caso spagnolo è di poco superiore al 4%) e avere una durata in linea o superiore alla durata media del debito, che sempre nel caso spagnolo è di poco più di 7 anni.

Fase 5. La decisione finale spetta all’Eurogruppo in base alla documentazione fornita dall’EFSF/ESM, mentre il successivo monitoraggio sul rispetto delle condizioni e la conseguente erogazione delle tranche del prestito sono di competenza della “seconda” Troika, composta dalla BCE, dalla Commissione Europea e dall’EBA (anche in questa fase il ruolo del FMI è decisamente marginale, rispetto al ruolo ben più determinante che il Fondo ha avuto nei prestiti già concessi).

Impatto sul debito del richiedente e degli altri paesi. Il prestito concesso viene veicolato attraverso le Autorità nazionali dello stato richiedente (nel caso spagnolo sarebbe attraverso il FROB), che resta il garante finale del prestito. Ovviamente l’ammontare del prestito va pertanto a gravare sullo stock di debito pubblico e sul rapporto debito PIL. Nel caso spagnolo, considerando la cifra indicativa di 100 miliardi di euro questo implicherebbe un aumento del rapporto debito/PIL di circa il 10% dall’attuale 70%. L’ammontare del debito è certamente una variabile cruciale: deve essere sufficientemente ampio da essere giudicato credibile dai mercati finanziari, ma non così elevato da rendere non sostenibile la traiettoria del rapporto debito pubblico/PIL, fattore che implicherebbe oltre a un’inevitabile reazione avversa dei mercati, anche la probabile necessità di un piano di aiuti completo (come quello concesso a Irlanda, Portogallo e Grecia) e un ulteriore declassamento del debito da parte delle agenzie di rating. Ricordiamo che con i downgrade dell’ultimo mese oggi la Spagna è valutata BBB+ da S&P, BBB da Fitch e Baa3, il livello più basso e il minimo per essere valutati Investment Grade, da Moody’s.

Necessari probabilmente circa 100 miliardi di euro per ricapitalizzare il sistema bancario

Le condizioni del prestito:

ristrutturazione del sistema bancario

La concessione del prestito e le successive review

L’ammontare del prestito grava sullo stock di debito pubblico del paese richiedente

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 14

Per quanto riguarda l’impatto del prestito sui paesi che lo concedono, è cruciale verificare se gli aiuti saranno dati via EFSF (il fondo temporaneo già operativo) o via ESM (Il fondo permanente che dovrebbe diventare operativo da inizio luglio ma per il quale non è ancora concluso il processo di ratifica in tutti i paesi firmatari). Il prestito via EFSF implica l’emissione di Bond EFSF che vengono contabilizzati pro-quota nel debito pubblico di tutti i paesi concedenti il prestito (peggiorando di fatto i parametri di finanza pubblica anche di paesi già non brillanti, come l’Italia), ma d’altra parte mantiene sullo stesso grado di seniority i titoli di Stato spagnoli già in circolazione, in quanto l’EFSF non è un creditore privilegiato. Per converso, il prestito via ESM implica garanzie da parte degli stati contribuenti che non impattano immediatamente sul debito pubblico degli stessi, d’altra parte l’ESM è creditore privilegiato e pertanto un prestito attraverso questo fondo implicherebbe di fatto una subordinazione per i Bonos emessi da Madrid.

Probabilmente, proprio la considerazione che tale prestito implica direttamente o un aggravamento dei parametri di finanza pubblica dei paesi creditori o una subordinazione dello stock di debito in circolazione del paese richiedente, unita ai più generali timori di effetto contagio, spiegano la reazione negativa dei mercati nelle sessioni successive alla richiesta del prestito.

Grecia: preview elettorale

A pochi giorni dalle elezioni la visibilità su quanto potrà accadere è piuttosto scarsa. Gli ultimi sondaggi (di fine maggio, in quanto dal 1° giugno potevano essere condotti ma non divulgati) indicano come i partiti estremisti e anti-piano di austerità stessero marginalmente perdendo popolarità a favore dei due partiti che hanno supportato gli accordi internazionali, ossia Pasok e Neo Democrazia. Comunque il risultato della prossima tornata elettorale è ben lungi dall’essere scontato, in quanto non è chiaro se questi due partiti otterranno voti sufficienti per ottenere una maggioranza in Parlamento.

Grecia: intenzioni di voto, in %, in base agli ultimi sondaggi

Data Fonte XA ANEL KKE SYRIZA DIMAR PASOK ND

06-mag Elezioni 7,0 10,6 8,5 16,8 6,1 13,2 21,5

10-mag Marc/Alpha 5,7 10,2 7,0 27,7 4,9 12,6 21,8

12-mag Kapa 5,8 8,4 6,5 20,5 5,0 12,2 20,6

14-mag Rass 3,8 7,8 4,8 20,5 6,2 11,8 21,8

17-mag Marc/Alpha 4,3 7,2 5,1 21,0 5,6 13,2 24,5

20-mag Metron 4,0 6,5 4,8 20,8 5,2 14,4 19,7

24-mag P ISSUE 4,0 8,0 5,0 30,0 6,5 15,5 26,0

25-mag Rass 3,8 5,8 4,8 21,4 6,2 13,1 23,6

25-mag Metron 4,9 7,2 5,2 27,2 6,2 14,8 27,0

26-mag Marc/Alpha 4,4 7,7 5,5 25,5 6,3 15,2 27,7

Fonte: varie testate giornalistiche

La campagna elettorale è stata impostata dai partiti contrari agli accordi presi con la Troika disgiungendo il tema dell’austerity dal tema dell’uscita dall’euro, che non vuole, almeno espressamente, alcuna forza politica. Neppure la base elettorale vuole abbandonare l’euro, come risulta dai molti sondaggi pubblicati nelle ultime settimane.

Ultimi sondaggi: la partita resta aperta

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 15

Grecia: schieramenti politici pro e contro il piano di austerità e pro e contro l’euro, in %

0 20 40 60 80 100

A favore del piano

A favore dell'euro

Contro il piano Contro l'euro

Fonte: Ministero degli Interni greco, Bank of America

D’altra parte è piuttosto probabile che non rispettare gli accordi siglati poco più di due mesi fa con le istituzioni sovranazionali implichi un’interruzione del flusso di aiuti e, come conseguenza ultima, un’uscita della Grecia dall’euro. Se passerà il concetto che rispettare gli accordi presi significa restare nell’euro (e viceversa) probabilmente una parte della base elettorale potrebbe rendere più coerenti le proprie decisioni di voto. In questo contesto giocherà probabilmente un ruolo determinante anche l’atteggiamento dei leader dell’Unione Europea: l’apertura a una revisione sostanziale degli accordi presi in marzo è molto improbabile, ma uno spostamento dell’attenzione dai numeri di bilancio all’implementazione delle riforme strutturali e la concessione di una marginale flessibilità nel sentiero di aggiustamento, dato il peggioramento delle condizioni congiunturali, non sono da escludere. Probabilmente subito dopo il risultato elettorale, soprattutto in caso di vittoria dei partiti contrari al piano sarà cruciale monitorare l’atteggiamento delle forze politiche europee.

A conferma dell’ipotesi che, di fatto, una rottura con la Troika implichi quasi necessariamente un’uscita dall’euro, il principale quotidiano greco ha pubblicato indiscrezioni secondo cui la Grecia avrebbe in cassa solo 2 miliardi di euro, sufficienti per pagare stipendi e pensioni fino al 20 luglio. Intanto stanno accelerando i deflussi dai depositi greci: secondo alcuni articoli di stampa i prelievi giornalieri sarebbero passati da una media di 100 milioni di euro al giorno a oltre 500 milioni.

Cipro: in lista d’attesa per la richiesta di aiuti n° 5

Anche Cipro sarebbe molto vicino alla richiesta di un programma di salvataggio, ancora una volta per i gravi problemi del settore Bancario, fortemente esposto alla crisi della Grecia. Non è ancora chiaro se la richiesta formale giungerà prima o dopo le elezioni elleniche del 17 giugno, mentre in termini di ammontare le risorse necessarie potrebbero essere decisamente limitate (in area 5 miliardi di euro). La richiesta d'aiuti seppur contenuta, alimenta comunque le tensioni in quanto é la dimostrazione che è in corso un effetto contagio della crisi europea. Non è chiaro quale sarà la tipologia di prestito che il Governo cipriota richiederà: essendo le criticità concentrate nel sistema bancario potrebbe richiedere l’applicazione dello stesso strumento che verrà utilizzato per la Spagna. Anche per Cipro la situazione finanziaria e le condizioni del proprio sistema bancario pesano sulla valutazione del Paese da parte delle agenzie di rating: il 13 giugno Moody's ha tagliato il merito di credito di Cipro portandolo a Ba3 da Ba1, mettendolo inoltre in revisione per un possibile ulteriore declassamento. L’agenzia di rating ha citato tra le motivazioni il peggioramento dell'ouklook economico del Paese legato all'aumento del rischio- Grecia, paese con cui Cipro ha forti interconnessioni finanziarie e commerciali. Con il downgrade la valutazione di Cipro si attesta per Moody’s tre gradini sotto il livello Investment

Il voto anti-austerity NON è un voto anti euro

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 16

Grade, due scalini superiore, ma ancora in area High Yield il giudizio di S&P (BB+), mentre il Paese è ancora in area Investment Grade per Fitch (BBB-).

Idee d’investimento

Sulla base dello scenario sopra descritto, forniamo una breve panoramica sui titoli – all’interno del settore dei governativi area euro e sovranazionali – che riteniamo possano avere nei prossimi mesi prospettive favorevoli, altri che potrebbero invece performare peggio relativamente al mercato, proponendo anche spunti per un’eventuale riallocazione di portafoglio (idee di switch).

Titoli con prospettive favorevoli. In chiave tattica, e soprattutto per portafogli prudenziali e con concentrazioni elevate, continuiamo a ritenere opportuna un’ampia diversificazione, ma nel complesso confermiamo come preferibile il posizionamento su titoli di stato di paesi dell’area euro non-core, come l’Italia. Anche nei momenti di tensione delle ultime settimane l’Italia è stata, in relativo, meno penalizzata degli altri paesi della periferia e riteniamo che questa sovraperformance possa mantenersi anche in futuro, nonostante la prevista volatilità sui mercati.

Selezione di titoli governativi e sovranazionali con prospettive favorevoli

Titolo Cedola Scadenza ISIN Tipo Rating CDS Prezzo Rend.

Scadenze 0-2 anni

BOT 20.12.2012 IT0004801558 ZC BBB+ 542 98,74 2,34

BOT 14.02.2013 IT0004794431 ZC BBB+ 542 98,00 -

Scadenze 2-5 anni

CCT BOT6M+30pb 01.03.2014 IT0004224041 TV BBB+ 542 95,32 -

CCTeu Euribor+80pb 15.12.2015 IT0004620305 TV BBB+ 542 88,20 5,36

CCT BOT6M+30pb 01.07.2016 IT0004518715 TV BBB+ 542 86,80 6,45

BTP 3,75 15.04.2016 IT0004712748 TF BBB+ 542 95,15 4,72

Scadenze 5-10 anni

BTP 4,00 01.02.2017 IT0004164775 TF BBB+ 542 94,70 4,83

BTP 4,25 01.09.2019 IT0004489610 TF BBB+ 542 91,27 5,24

Scadenze oltre 10 anni

BTP 5,00 01.09.2040 IT0004532559 TF BBB+ 542 83,22 5,62

Nota: i rendimenti sono espressi in percentuale, al netto della tassazione. Per i titoli a tasso variabile il rendimento a scadenza è un rendimento tendenziale calcolato unicamente sulla base della cedola in corso. TF=Tasso Fisso; TV=Tasso Variabile; TVI=Indicizzato inflazione; ZC=Zero Coupon. Dati aggiornati alle 10:30 del 15.06.2012. Fonte: EuroTLX e MOT; elaborazioni Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo

Titoli con prospettive non favorevoli. Parallelamente, all’interno del nostro scenario centrale, sconsigliamo un investimento in Bund, dimostratosi nelle ultime settimane asset risk-free per eccellenza ma che parte da livelli di rendimento molto bassi e che potrebbe, a nostro avviso, soffrire, anche se in tempi non strettissimi, nel caso di una stabilizzazione dei mercati e di una maggiore condivisione della politica fiscale e della gestione del debito a livello europeo.

Selezione di titoli governativi e sovranazionali con prospettive non favorevoli

Titolo Cedola Scadenza ISIN TipoRating CDS Prezzo Rend.

Scadenze 2-5 anni

Bund 2,50 27.02.2015 DE0001141562 TF AAA 105 106,35 -

Scadenze 5-10 anni

Bund 3,75 04.01.2019 DE0001135374 TF AAA 105 118,03 0,45

Bund 4,25 04.07.2018 DE0001135358 TF AAA 105 120,33 0,29

OAT 8,50 25.10.2019 FR0000570921 TF AA+ 198 143,00 1,18

OAT 4,25 25.10.2018 FR0010670737 TF AA+ 198 113,95 1,38

BEI 4,75 15.10.2017 XS0308505055 TF AAA NS 114,87 1,21

Scadenze oltre 10 anni

Bund 6,25 04.01.2024 DE0001134922 TF AAA 105 147,72 1,02

OAT 8,25 25.04.2022 FR0000571044 TF AA+ 198 146,24 1,48

BEI 4,50 15.10.2025 XS0427291751 TF AAA 105 115,82 2,47

Nota: i rendimenti e le cedole sono espressi in percentuale, al netto della tassazione. Per i titoli a tasso variabile il rendimento a

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 17

scadenza è un rendimento tendenziale calcolato unicamente sulla base della cedola in corso. TF=Tasso Fisso; TV=Tasso Variabile;

TVI=Indicizzato inflazione. Dati aggiornati alle ore 10:30 del 15.06.2012. Fonte: EuroTLX e MOT; elaborazioni Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo

Idee di switch Idee di switch

Titolo in vendita ISIN Prezzo Titolo in acquisto ISIN Prezzo Bund 2,5% 27.02.2015 DE0001141562 106,35 CCT 01.07.2016 IT0004518715 86,80 Bund 6,25% 04.01.2024 DE0001134922 147,72 BTP 4,25% 01.09.2019 IT0004489610 91,27 BEI 4,5% 15.10.2025 XS0427291751 115,82 BTP 5% 01.09.2040 IT0004532559 83,22 OAT 8,25% 25.04.2022 FR0000571044 146,24 BTP 4% 01.02.2017 IT0004164775 94,70 Bund 3,75% 04.01.2019 DE0001135374 118,03 BTP 3,75% 15.04.2016 IT0004712748 95,15 Nota: Per i titoli a tasso variabile il rendimento a scadenza è un rendimento tendenziale calcolato unicamente sulla base della cedola in corso. TF=Tasso Fisso; TV=Tasso Variabile; TVI=Indicizzato inflazione. Dati aggiornati alle 10:30 del 15.06.2012. Fonte: EuroTLX e MOT;

elaborazioni Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo

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Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 18 Obbligazioni Corporate: cresce il rischio sistemico, ma i corporate restano

un’alternativa interessante di diversificazione

Nel corso dell’ultimo mese la percezione, da parte dei mercati, di un rischio concreto di disgregazione dell’Unione Monetaria ha mantenuto su livelli molto elevati l’avversione al rischio e la ricerca di asset percepiti come difensivi.

Alle preoccupazioni sull’esito delle nuove elezioni in Grecia, de facto un referendum pro o contro la permanenza del Paese nell’area euro, si sono sovrapposti i timori sempre più pressanti sulla solidità del sistema bancario spagnolo. Gli sviluppi in Grecia e Spagna si sono poi inseriti in un quadro congiunturale difficile per l’Eurozona. Il rischio di un avvitamento recessivo derivante dall’impatto delle restrizioni fiscali simultanee in atto in diversi paesi dell’area è divenuto negli ultimi mesi più elevato. Lo stesso Governatore della BCE, nel corso della riunione di giugno, ha preso atto degli “accresciuti” rischi verso il basso per lo scenario macro lasciando aperta la porta a nuovi interventi espansivi.

Nella prima decade di giugno, a conclusione di una lunga serie di indiscrezioni, è giunta la notizia di una richiesta di aiuti da parte della Spagna (per un importo ancora da definire, fino a 100 miliardi di euro), finalizzata alla ricapitalizzazione del sistema bancario. L’eventualità che per le banche iberiche si potesse rendere necessario un intervento ufficiale dell’Unione Europea si era fatta più concreta dopo le sorprese, in negativo, scaturite dalla vicenda di Bankia. L’importo del salvataggio (19 miliardi di euro) era, infatti, risultato superiore alle stime iniziali insinuando correttamente il dubbio che non si trattasse di un caso isolato, ma piuttosto di una sorta di punta di un iceberg. Al momento di chiusura di questo documento la struttura del supporto è ancora da definire, anche se appare chiaro che si tratta di un intervento diverso rispetto a quelli già messi in campo per Grecia, Portogallo e Irlanda. Il prestito sarà erogato solo ed esclusivamente a favore delle banche; di conseguenza non determinerà alcun inasprimento della politica fiscale del Governo, ma porrà limiti e vincoli solo alle banche oggetto di aiuto finanziario.

L’accoglienza negativa dei mercati all’ufficializzazione della richiesta di aiuti degli Istituti iberici è da attribuire, a nostro giudizio, sia alla scarsa visibilità sulla struttura del pacchetto che soprattutto al fatto che si tratta comunque di un intervento di breve respiro. In assenza di una riposta strutturata e strutturale dell’Europa i mercati resteranno sotto forte pressione, con continua apertura di nuovi fronti di crisi.

Il ritorno totale sui bond corporate su base mensile e da inizio anno (ritorno totale in %)

4,4%

8,9%

5,9%

-1,0% -1,3% -0,3%

-4%

-2%

0%

2%

4%

6%

8%

10%

Investment Grade Liquid High Yield Liquid Financial Da inizio anno 1 mese

Nota: dati aggiornati al le chiusure di mercato del 14 giugno 2012. Fonte: Bloomberg

Avversione al rischio sempre molto elevata, Grecia, Spagna e dati macro i principali fattori di preoccupazione

La richiesta di ricapitalizzazione del sistema bancario

spagnolo…

..non convince i mercati

(19)

Intesa Sanpaolo – Servizio Studi e Ricerche 19

In tale contesto il mercato del credito ha attraversato fasi di grande volatilità e la performance mensile, valutata in termini di ritorno totale, risulta negativa per l’1% sui titoli Investment Grade (IG); i titoli High Yield (HY) hanno manifestato una debolezza un po’ più accentuata, anche se il ritorno totale da inizio anno resta ampiamente positivo su tutti i diversi sotto-comparti del credito. In generale i titoli Investment Grade vengono percepiti come relativamente difensivi e continuano ad essere utilizzati per la diversificazione dei portafogli dal rischio sovrano. Uno degli effetti del peggioramento dello scenario è proprio rappresentato da una crescente polarizzazione tra le performance dei diversi emittenti, con i nomi non finanziari, a rating elevato, facenti parti dell’Europa core che manifestano una tenuta decisamente migliore rispetto agli emittenti speculativi e, più in generale, rispetto agli issuer periferici (in particolare le banche).

Sempre su base mensile il premio al rischio è aumentato di oltre 15pb, mentre gli indici derivati di CDS - che sintetizzano il costo medio della protezione dal rischio di insolvenza- hanno registrato un generalizzato, anche se contenuto, allargamento.

Andamento cash e derivati: performance a 1 settimana e a 1 mese (pb)

-5,4 -3,3

-14,0

-30,0 -32,8

16,5 21,5 23,0

35,0

18,5

-40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40

Corporate

JPMorgan Itraxx Europe Itraxx Fin Sen Itraxx Fin Sub Itraxx Crossover Variaz. a 1 sett.

Variaz. a 1 mese

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo Credit Research su indici JP Morgan e Bloomberg. I valori correnti si intendono aggiornati all’ 11 giugno 2012.

Con riferimento ai titoli speculativi il riprezzamento delle ultime settimane è stato abbastanza marcato, sia sul mercato europeo che su quello americano. E’ inoltre interessante enfatizzare che l’ampiezza dell’allargamento è stata positivamente correlata con la classe di rating e ha penalizzato in maniera più pesante i rating intrinsecamente più rischiosi.

Andamento degli spread sul comparto dei titoli speculativi (pb)

ASW corrente Variaz. ASW a 1 mese Variaz. ASW da inizio anno

Euro HY 724 47 -97

Euro HY, rating BB 596 24 -91

Euro HY, rating B 945 118 -19

Euro HY, rating CCC e più bassi 1311 123 -326

US HY 100 Index 584 77 41

USA HY, rating BB 457 62 6

USA HY, rating B 625 83 -5

USA HY, rating CCC e più bassi 1014 99 -55

Nota: ASW = Asset Swap Spread; HY = High Yield (Alto Rendimento). Per ulteriori dettagli si veda il Glossario a fine pubblicazione.

Fonte: elaborazioni Intesa Sanpaolo Credit Research su indici Merrill Lynch

La dinamica del premio al rischio sui diversi settori ci fornisce alcune indicazioni interessanti. In primo luogo l’aumento del premio ha interessato tutti i principali settori dal momento che le motivazioni di tale riprezzamento sono un accresciuto rischio sistemico collegato alla continua apertura di nuovi fronti di crisi (sistema bancario spagnolo, rumors di possibili richieste di aiuti per le banche cipriote) e alla scarsa visibilità sulla possibile risposta dell’Europa a un effetto

Mercato del credito: discreta tenuta su IG, maggiore debolezza su HY e finanziari

Indici di CDS in generalizzato allargamento

I rating più rischiosi registrano la peggiore performance

Il riprezzamento del credito riflette un maggiore rischio sistemico

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