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CAPITOLO 3. Il progetto architettonico

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3. Il progetto architettonico

3.1 Quadro territoriale e scelte progettuali

La realizzazione del progetto della nuova scuola elementare di Fornaci di Barga si è basata su due aspetti ritenuti determinanti: il contesto urbano in cui si doveva inserire l’edificio e il benessere degli utenti. L’area di intervento, di circa 7000 mq di superficie, situata alla periferia nord di Fornaci di Barga è circondata su due lati nord-est, nord-ovest; da abitazioni; a sud-ovest si trova la scuola elementare ed il rimanente lato sud-est risulta tuttora non edificato ma è prevista la realizzazione di strutture adibite ad attività commerciali. Le costruzioni sono per lo più villette unifamiliari, bifamiliari, piccoli condomini e villette a schiera tutte di recente realizzazione con sistema costruttivo in cemento armato o muratura portante, di varie altezze, con copertura a capanna o a padiglione. Il lotto è separato dalle abitazioni da via Duccio Galimberti (in direzione nord-ovest) e dalla traversa di via Galimberti (in direzione nord-est). Nella zona è presente un solo parcheggio pubblico che risulta essere di modeste dimensioni e sono assenti percorsi pedonali. Oltre alla realizzazione della scuola elementare, al momento attuale, non sono previsti altri interventi per la realizzazione di nuovi parcheggi e percorsi pedonali. Dal punto di vista geomorfologico l’area di intervento non presenta particolari problematiche tali da influenzare le scelte costruttive o tipologiche. Le condizioni ambientali sopra descritte hanno contribuito nella scelta progettuale di impostare sostanzialmente una scuola chiusa e compatta verso il limite esterno, ma aperta nella parte affacciata all’interno del lotto, di basso impatto ambientale la cui struttura risultasse il più possibile integrata con gli edifici circostanti.

3.2 Aspetti tipologici e distributivi

L’edificio scolastico in progetto ha forma di U, l’impianto planimetrico è articolato in tre corpi: corpo aule, corpo aule e locali per il personale, corpo palestra e mense.

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142 L’articolazione dei volumi edilizi e l’orientamento consentono di sfruttare luce e calore, garantendo al fronte sud, sud-est un maggior irraggiamento. L’ingresso principale dotato di bussola, costituito da ampie vetrate e protetto da una tettoia, situato centralmente, immette in un grande atrio che divide funzionalmente la scuola in due parti e rappresenta il locale attorno al quale si sviluppa l’intero edificio. L’atrio separa le aule didattiche, le aule per l’attività interciclo e le aule speciali dagli atri locali della scuola (spazi per il personale, spazi per la mensa e spazi per l’educazione fisica) e costituisce il collegamento con il teatro posizionato esternamente rispetto al volume del corpo aule e locali per il personale. Sull’atrio si affaccia il locale per il personale non docente munito di uno sportello per la ricezione degli utenti esterni, e una sala di attesa adiacente alla sala professori.

Fig. 3.2.1: vista della scuola elementare

Il blocco delle aule è orientato prevalentemente a sud, sud-est per consentire lo sfruttamento passivo dell’energia solare garantendo un conseguente risparmio energetico; cinque aule sono poste una di fianco all’altra, le altre aule e le aule speciali sono unite a gruppi di tre e collegate mediante un corridoio centrale. Le aule speciali e un’aula didattica sono orientate a nord-ovest. I locali per il personale risultano orientati in parte a sud-est ed in parte a nord-ovest, separati da un corridoio che parte dall’atrio di ingresso e collega i vari locali con un atrio di dimensioni minori

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143 che ha la duplice funzione di spazio di attesa per l’ingresso alla palestra e alle mense e per l’ingresso secondario che permette di raggiungere il giardino della scuola. Il corridoio prosegue superando la palestra e le mense e collega la scuola elementare alla vicina scuola materna. I locali per l’educazione fisica e le mense sono stati opportunamente posizionati nelle vicinanze della scuola materna al fine di limitare i percorsi di percorrenza e per evitare intersezione di flussi fra gli alunni delle due scuole. Le mense, localizzate a ridosso della viabilità carrabile, hanno un accesso di servizio distinto, in posizione defilata rispetto all’ingresso principale e agli spazi scolastici. Le superfici interne intonacate di bianco, la pavimentazione chiara, le finiture e gli arredi (in legno) contribuiscono assieme alla luce naturale a restituire allo spazio un’atmosfera luminosa e confortevole. La scuola si caratterizza come un organismo architettonico omogeneo, non come una semplice somma di spazi e funzioni, al fine di contribuire allo sviluppo della sensibilità e alla crescita degli alunni. L’organizzazione interna ed esterna è stata progettata cercando di favorire una percezione chiara e fluida degli spazi. L’edificio scolastico è accessibile direttamente da via Galimberti, sul fronte stradale sono previste due aree per la sosta dei veicoli e una mini rotonda carrabile a senso unico di marcia che permette di lasciare gli alunni in uno spazio protetto collegato con un ingresso pedonale alla scuola. La rotonda è percorribile anche da scuolabus di dimensioni medio-piccole, mentre è prevista una apposita zona per la sosta di autobus di dimensioni maggiori. I percorsi pedonali sono facilmente individuabili essendo realizzati con materiali differenti rispetto alla pavimentazione carrabile. Sono previste delle rampe di accesso dell’edificio la cui pendenza non supera, come previsto dalla normativa D.M. 14/12/1989, il valore dell’8%. Per il personale docente ed amministrativo è previsto un accesso carrabile sul lato nord-est dell’area dalla traversa di via Galimberti; tale accesso immette in un parcheggio collegato alla scuola tramite percorso pedonale. Le aree verdi previste sono state disposte in modo da creare degli spazi unitari e articolati per masse arboree nono specifiche, in stretto rapporto con i corpi di fabbrica e le relative visuali, tese all’integrazione ed armonizzazione dell’opera nel paesaggio circostante. Il progetto prevede ampie fasce verdi al cospetto degli edifici, con piantumazione di numerose alberature, soprattutto sui lati sud e sud-est al confine dell’area, in maniera tale da ricomporre e riqualificare la copertura vegetale ed effettuare un efficace drenaggio delle acque superficiali. E’ prevista la realizzazione di ambiti didattici nel giardino dedicati allo svolgimento delle attività all’aperto attrezzati con specifiche

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144 attrezzature ludico-didattiche e a seconda dei casi dotati di opportuna pavimentazione. Viene di seguito riportata una descrizione dettagliata degli ambienti che costituiscono l’edificio scolastico.

Le aule didattiche

Le aule didattiche rappresentano il luogo principale della scuola, al cui interno si svolge la maggior parte della vita scolastica degli alunni. Sono previste otto aule di dimensioni 5.70 m x 7.60 m per una superficie di 43.32 mq con un’altezza di 3.00 m. Le aule sono state dimensionate per contenere fino ad un massimo di 24 alunni facendo riferimento agli indici standard di superficie contenuti nel D.M. 18/12/1975 che prevedono per questo tipo di locale un valore di 1.80 m2/alunno. Cinque aule sono orientate a sud-ovest, due a sud-est (quindi verso l’interno dell’area) ed una a nord-ovest (verso via Galimberti); l’orientamento è stato determinato cercando di garantire le condizioni migliori per quanto riguarda il comfort ambientale sia nei mesi freddi che in quelli caldi, ma anche per cercare il più possibile di isolare tali locali dalle prospicienti vie di comunicazione e abitazioni.

Fig. 3.2.2: blocco delle aule didattiche

Per proteggere le aule nel periodo estivo dal maggior apporto solare si è previsto un porticato di larghezza pari a 2.50 m. I locali sono dotati di ampie vetrate e porte finestre che consentono il collegamento diretto con il giardino creando così un forte e costante contatto con l’esterno. Gli elementi vetrati apribili permettono di regolare le condizioni termoigrometriche interne e schermature mobili moderano

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145 opportunamente l’ingresso della luce naturale. Per ogni alula è prevista l’attrezzatura necessaria allo svolgimento dell’attività didattica: sedie e banchi per gli alunni, cattedra e sedia per gli insegnanti, lavagna, armadietto contenente materiale didattico. Sono previste anche tre aule speciali: un’aula per l’insegnamento dell’informatica opportunamente attrezzata, un’aula per l’insegnamento della musica ed un’aula di supporto. Queste aule specializzate non sono previste dalla normativa, ma sono state specificamente richieste dall’amministrazione comunale in accordo con l’attuale direzione scolastica. Le dimensioni di questi locali sono uguali alle aule precedenti e sono orientate a nord-ovest. L’aula di supporto è posizionate vicino alla sala per gli insegnanti come richiesto dalla direzione scolastica.

Aule per l’attività interciclo

Questi locali costituiscono una sorta di ampliamento dell’aula al cui interno si svolgono attività complementari a quelle didattiche per lo più di gruppo. Sono previste due aule per l’attività interciclo, una di dimensioni 5.70 x 7.60 m con 3 m di altezza, l’altra di dimensioni 7.60 x 8.60 m con un’altezza di 3.50 m rispettivamente di 43.32 mq e 65.32 mq per un totale di 108.68 mq. In queste aule sono previste attività meno impegnative ludiche ed artistiche ritenute particolarmente importanti soprattutto per la formazione degli alunni del primo ciclo all’interno di una scuola a tempo pieno.

Teatro

Su richiesta specifica della direzione scolastica, la nuova scuola è dotata di uno spazio polivalente per attività didattiche, ludiche, rappresentazioni teatrali ed assemblee.

Fig. 3.2.3: vista del teatro

Il locale ha dimensioni 13.50 m x 13.20 m per un totale di 178.20 mq con un’altezza media (coincidendo il soffitto con la copertura a capanna) di 3.50 m. Per assicurare

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146 al teatro una indipendenza sia funzionale che acustica dagli altri spazi della scuola il locale è stato collocato esternamente rispetto al volume dell’edificio, in posizione centrale, ma a questo collegato attraverso l’atrio da cui vi si accede.

Locali per la mensa e locali a servizio delle mense

Sono previsti due locali separati per la mensa della scuola elementare e della vicina scuola materna. I locali sono adiacenti e posizionati all’estremità sud-ovest dell’edificio in prossimità della scuola materna. La mensa per la scuola elementare ha una superficie di 227.52 mq e può contenere fino ad un massimo di 180 alunni; la mensa per la scuola materna ha superficie di 117.60 mq e può contenere 90 alunni, l’altezza media dei locali (coincidendo il soffitto con la copertura a capanna) è di 3.90 m. Il dimensionamento è stato realizzato tenendo conto di un unico turno di refezione per entrambe le mense. La preparazione dei cibi non avviene all’interno della scuola, ma tale attività viene svolta da una ditta esterna, pertanto è stato previsto un apposito locale per il carico e scarico dei generi alimentari e delle merci necessarie alla ristorazione degli utenti; il locale cucina quindi è stato opportunamente dimensionato considerando la necessità di utilizzare questo locale solo per piccole preparazioni. La cucina è dotata di dispense e frigorifero per la conservazione degli alimenti. Inoltre è previsto un locale per il lavaggio delle stoviglie fornito di lavastoviglie professionale adeguata. A servizio delle mense sono previsti sei servizi igienici di cui due di dimensioni tali da garantire il pieno utilizzo da parte di persone disabili.

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147 La palestra e gli spogliatoi

La palestra ha una superficie di 372 mq con un’altezza media di 6.50 m, tale dimensione permette di ospitare un campo regolamentare e di basket oltre che l’installazione di tutte le attrezzature necessarie quali: pedane di salita, quadri svedesi, ecc. Il locale è stato dimensionato tenendo conto che sarà utilizzato da più classi contemporaneamente ed eventualmente anche per attività (per lo più ludiche) dai bambini della scuola materna. Pertanto si è leggermente sovradimensionato il locale in modo da permettere la fruizione da parte di utenti che svolgono attività differenti. L’illuminazione naturale è garantita da aperture finestrate opportunamente dimensionate, protette da frangisole per limitare l’insolazione nel periodo estivo essendo la palestra orientata a sud, sud-est. A servizio della palestra è previsto un magazzino di dimensioni atte a contenere l’attrezzatura necessaria.

Gli spogliatoi per gli alunni hanno dimensioni 5.60 m x 7.40 m per una superficie di 41.44 mq e sono dotati di due servizi igienici di cui uno per disabili, di tre docce, di panche e armadietti. È previsto poi uno spogliatoio per gli insegnanti di dimensioni 5.60 m x 3.20 m completo di servizio igienico e doccia.

Fig. 3.2.5: vista della palestra

Locali per il personale

I locali per il personale sono: la stanza per i bidelli, la sala professori, l’ufficio amministrativo, l’archivio e la biblioteca (ad uso esclusivo del personale docente). Tranne la biblioteca, che ha dimensioni 8.60 m x 7.60 m, e la stanza per i bidelli, cha ha dimensioni 5.70 m x 4.50 m, i locali hanno le stesse dimensioni delle aule didattiche. La sala professori è organizzata in modo da avere uno spazio per il ricevimento dei genitori degli alunni, per i quali è prevista una sala di attesa collegata

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148 alla sala professori, ed uno spazio per le riunioni del personale docente. L’ufficio non ha accesso diretto per il pubblico in quanto non è previsto servizio di segreteria. Il locale per i bidelli invece presenta uno sportello per poter fornire indicazioni e ricevere visitatori esterni. Nella biblioteca l’individuazione di aree per la consultazione e la lettura è stata realizzata tramite gli arredi Essenzialmente la biblioteca è costituita da uno spazio destinato ai cataloghi e alle bibliografie arredato con classificatori e tavoli per la consultazione, posti per la consultazione individuale di testi, scaffali per libri in modo da essere facilmente accessibili, spazi per la consultazione multimediale.

Servizi igienici

Sono presenti tre zone bagni: i locali per i servizi igienici degli alunni situati tra le aule didattiche e le aule speciali, i servizi igienici per il personale, situati tra i locali per il personale e i servizi igienici a servizio delle mense. La zona bagni per gli alunni prevede dieci unità igieniche (cinque per sesso) di cui due di dimensioni utili per la fruizione da parte di persone disabili. I locali sono forniti di cinque lavabi ed il ricambio d’aria è assicurato tramite ventilazione forzata. I servizi igienici per il personale prevedono due unità igieniche per sesso di cui una per disabili, una zona spogliatoio ed una doccia (per unità). Per questi bagni così come per quelli a servizio della mensa è previsto un ricambio d’aria con ventilazione meccanica. Per entrambe le tre zone bagni è previsto un rivestimento in gres porcellanato fino ad un’altezza di 2.00 m.

Locali di servizio

I locali con funzione di magazzino e ripostiglio sono disposte in varie zone dell’edificio. Un magazzino a servizio del teatro è posizionato accanto ad esso ed alla sala per i bidelli ed ha una superficie di 18.20 mq; è presente un grande deposito di 21.20 mq per la conservazione di materiale vario tra cui gli elaborati degli alunni; un magazzino a servizio della palestra descritto precedentemente, due ripostigli uno situato nei servizi igienici (9.90 mq) che contiene il materiale per eseguire la pulizia delle varie superfici, ed uno situato accanto alla sala professori (10.36 mq). Inoltre è previsto un locale contenete i contatori degli impianti tecnologici.

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149 Locali tecnici

Il locale tecnico dove sono contenuti gli apparati per il riscaldamento nel periodo invernale, per il raffrescamento nel periodo estivo e per la ventilazione forzata è situato esternamente all’edificio scolastico a ridosso della recinzione esterna.

Ogni impianto è dotato di un dispositivo di comando manuale, situato in un punto facilmente accessibile, per l'arresto dei ventilatori in caso di incendio. Gli impianti elettrici del complesso scolastico devono essere realizzati in conformità ai disposti di cui alla legge del 1º marzo 1968, n° 186. La scuola è munita di interruttore generale, posto in posizione segnalata, che permette di togliere tensione all'impianto elettrico dell'attività; l’interruttore è munito di comando di sgancio a distanza, posto nelle vicinanze dell'ingresso o in posizione presidiata. La scuola è dotata di un impianto di sicurezza alimentato da apposita sorgente, distinta da quella ordinaria. L'impianto elettrico di sicurezza deve alimentare le seguenti utilizzazioni, strettamente connesse con la sicurezza delle persone:

1) illuminazione di sicurezza, compresa quella indicante i passaggi, le uscite ed i percorsi delle vie di esodo che garantisca un livello di illuminazione non inferiore a 5 lux;

2) impianto di diffusione sonora e/o impianto di allarme.

Nessun'altra apparecchiatura può essere collegata all'impianto elettrico di sicurezza. L'alimentazione dell'impianto di sicurezza deve potersi inserire anche con comando a mano posto in posizione conosciuta dal personale. L'autonomia della sorgente di sicurezza non deve essere inferiore ai 30'. Sono ammesse singole lampade o gruppi di lampade con alimentazione autonoma. Il dispositivo di carica degli accumulatori, qualora impiegati, deve essere di tipo automatico e tale da consentire la ricarica completa entro 12 ore. Le scuole devono essere munite di un sistema di allarme in grado di avvertire gli alunni ed il personale presenti in caso di pericolo. Il sistema di allarme deve avere caratteristiche atte a segnalare il pericolo a tutti gli occupanti il complesso scolastico ed il suo comando deve essere posto in locale costantemente presidiato durante il funzionamento della scuola. Il sistema di allarme può essere costituito, per le scuole di tipo 0-1-2, dallo stesso impianto a campanelli usato normalmente per la scuola, purché venga convenuto un particolare suono. La scuola è dotata di una rete idranti costituita da una rete di tubazioni realizzata preferibilmente ad anello ed almeno una colonna montante; da essa deve essere

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150 derivato almeno un idrante con attacco UNI 45 a disposizione per eventuale collegamento di tubazione flessibile o attacco per naspo. La tubazione flessibile deve essere costituita da un tratto di tubo, di tipo approvato, con caratteristiche di lunghezza tali da consentire di raggiungere col getto ogni punto dell'area protetta. Il naspo deve essere corredato di tubazione semirigida con diametro minimo di 25 mm e anch'esso di lunghezza idonea a consentire di raggiungere col getto ogni punto dell'area protetta. Tale idrante deve essere installato nel locale filtro, qualora la scala sia a prova di fumo interna. Al piede di ogni colonna montante, per edifici con oltre 3 piani fuori terra, deve essere installato un idoneo attacco di mandata per autopompa. L'impianto deve essere dimensionato per garantire una portata minima di 360 l/min per ogni colonna montante e, nel caso di più colonne, il funzionamento contemporaneo di almeno 2 colonne. L'alimentazione idrica deve essere in grado di assicurare l'erogazione ai 3 idranti idraulicamente più sfavoriti, di 120 l/min cad., con una pressione residua al bocchello di 1,5 bar per un tempo di almeno 60 min.

Qualora l'acquedotto non garantisca le condizioni di cui al punto precedente dovrà essere installata una idonea riserva idrica alimentata da acquedotto pubblico e/o da altre fonti. Tale riserva deve essere costantemente garantita. Le elettropompe di alimentazione della rete antincendio devono essere alimentate elettricamente da una propria linea preferenziale. Devono essere installati estintori portatili di capacità estinguente non inferiore 13 A, 89 B, C di tipo approvato dal Ministero dell'interno in ragione di almeno un estintore per ogni 200 m2 di pavimento o frazione di detta superficie, con un minimo di due estintori per piano. Limitatamente agli ambienti o locali il cui carico d'incendio superi i 30 kg/m2, deve essere installato un impianto di rivelazione automatica d'incendio, se fuori terra, o un impianto di estinzione ad attivazione automatica, se interrato. Si applicano le vigenti disposizioni sulla segnaletica di sicurezza, espressamente finalizzata alla sicurezza antincendi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 524.

3.3 Aspetti tecnici dell’edificio.

La struttura portante dell’intero edificio è stata pensata in cemento armato con fondazioni a trave rovescia, lo schema strutturale è impostato su un modulo di 6.00 m la cui ripetitività mira a semplificarne la realizzazione che avverrà in più fasi. Per

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151 quanto riguarda la copertura dell’edificio sono previsti diversi tipi di copertura. Le aule didattiche e speciali, un’aula per l’attività interciclo, i locali per il personale, l’atrio presentano un solaio alleggerito (in PSE) che costituisce il soffitto e copertura con falde inclinate (pendenza del 12%) a capanna realizzata con lo stesso tipo di solaio alleggerito, con un sistema di copertura ventilato e rivestimento esterno in rame. I solai sono sorretti da travi in cemento armato poggianti su pilastri quadrati di dimensioni 0.30 x 0.30 m. La realizzazione di un solaio intermedio, per questi locali, è stata dettata da motivi impiantistici e per diminuire la tramittanza termica L’aula interciclo di dimensioni maggiori, i servizi igienici degli alunni, la biblioteca e l’atrio a servizio dell’uscita sul giardino presentano un’altezza maggiore rispetto agli altri locali (3.50 m) e copertura piana con rivestimento esterno in rame. I locali relativi alle mense, il teatro, la palestra e gli spogliatoi hanno copertura a capanna realizzato con lo stesso sistema costruttivo descritto per le aule didattiche ma non presentano un solaio intermedio che funge da soffitto; in questi ambienti la copertura (pendenza 12%) a falde coincide con il soffitto. Inoltre i solai di copertura in questo caso sono sorretti da travi di legno lamellare (la cui vista risulta particolarmente gradevole) poggianti su pilastri in cemento armato di dimensioni 0.30 x 0.50 m. Gli orizzontamenti hanno tutti uno spessore di 20 + 4 cm. Le pareti perimetrali sono realizzate mediante un sistema a cappotto con uno spessore di 40 cm, mentre le partizioni interne prefabbricate (30 cm di spessore) sono realizzate con lastre di cartongesso, con interposto uno strato di isolante, fissate alla struttura portante costituita da profilati in acciaio zincato. Questa partizione è stata scelta per l’elevato potere fonoisolante che è in grado di garantire. Per quanto riguarda i serramenti è stata scelta una tipologia di superficie vetrata ad isolamento termico rinforzato.

I materiali utilizzati

Pareti esterne con isolamento a cappotto

L’isolamento termico dei fabbricati dall’esterno, comunemente detto “ a cappotto”, ha avuto le sue prime applicazioni alcuni decenni fa e ancora oggi costituisce uno dei sistemi di isolamento più efficaci sia per interventi sul nuovo che sull’esistente. Dal punto di vista tecnologico, esso comporta l’applicazione di un rivestimento isolante sulla parte esterna delle pareti dell’edificio, così da correggere i ponti termici e ridurre

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152 gli effetti indotti nelle strutture e nei paramenti murari dalle variazioni rapide o notevoli della temperatura esterna. Inoltre, comportando un intervento dall’esterno, evita disagi agli occupanti delle abitazioni in cui è richiesto l’intervento. Nel dettaglio, la tecnica consiste nella preparazione preventiva delle superfici esterne dei manufatti, nell’applicazione su di esse tramite incollaggio, dei pannelli isolanti di natura, consistenza e spessore ritenuti più idonei, nella rifinitura con intonaco rasante a due strati da applicare “bagnato su bagnato” o in tempi immediatamente successivi l’uno dall’altro, con interposta rete in fibra di vetro di vario tipo, ed infine con trattamento superficiale di finitura. Infine, il sistema consente di resistere ad urti anche di una certa intensità (prova al perfotest), e di intervenire facilmente, qualora si verificassero danni che vanno ad interessare anche il coibente (mediante massellatura e ripristino dell’intonaco esterno).

I tempi di ritorno dell'investimento sostenuto per la realizzazione di un intervento a cappotto variano molto da caso a caso, in funzione dello stato di conservazione delle pareti esterne, della presenza di aggetti, soglie, finestre, ecc. Il costo medio indicativo di tale intervento si aggira intorno a 40-60 euro/mq (detraibili secondo le specifiche previste dalla Legge Finanziaria) e i benefici ottenibili dipendono dal grado di isolamento raggiunto grazie al cappotto. Con un buon intervento i costi di riscaldamento possono essere abbattuti anche fino al 60-70%.

La Legge Finanziaria 2008 prevede, fino al 2010, la detraibilità del 55% per le spese di riqualificazione dell'involucro esistente, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro (corrispondente a una spesa massima di 109.090,90 euro). Le detrazioni fiscali possono essere ripartite in quote annuali uguali da tre a dieci anni, a scelta del contribuente. Questo aspetto contribuisce a ridurre ulteriormente i tempi di ritorno dell'investimento, rendendo tale intervento assolutamente vantaggioso anche in termini finanziari. Gli interventi ammissibili sono quelli che comportano una riduzione della trasmittanza termica U degli elementi opachi costituenti l’involucro edilizio, comprensivi delle opere provvisionali ed accessorie, attraverso:

• fornitura e messa in opera di materiale coibente per il miglioramento delle caratteristiche termiche delle strutture esistenti;

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153 • fornitura e messa in opera di materiali ordinari, anche necessari alla realizzazione

di ulteriori strutture murarie a ridosso di quelle preesistenti, per il miglioramento delle caratteristiche termiche delle strutture esistenti;

• demolizione e ricostruzione dell’elemento costruttivo.

Possono usufruire della detrazione:

• le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni;

• i contribuenti che conseguono reddito d’impresa (persone fisiche, società di persone, società di capitali);

• le associazioni tra professionisti;

• gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale.

Per ottenere le agevolazioni previste dalla Finanziaria 2008 è necessario: che la trasmittanza delle strutture opache verticali ottenuta con gli interventi di riqualificazione sia minore di 0,34 W/m2K.

Fig.3.3.1: esempio di isolamento a cappotto

I vantaggi principali dell’isolamento a cappotto sono:

• isolamento continuo e uniforme, che consente l’eliminazione totale dei “ponti termici” ovvero quei punti che favoriscono la dispersione del calore. Si possono così conseguire un maggiore risparmio energetico (legato anche alla maggiore capacità dell’edificio di trattenere Il calore), un maggiore comfort termico e

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154 l’eliminazione di muffe sulle superfici interne delle abitazioni, originate dalla condensa in corrispondenza dei ponti termici;

• protegge le pareti esterne dagli agenti atmosferici;

• rende stabili le condizioni termo-igrometriche della struttura degli edifici;

• consente di ridurre lo spessore delle pareti perimetrali con il conseguente aumento delle aree abitative;

• migliora il volano termico delle pareti perimetrali.

Nel caso dl interventi di ripristino, Il sistema a cappotto comporta una serie di vantaggi non indifferenti, dal lato organizzativo e del risparmio:

• non richiede l’allontanamento degli inquilini durante l’esecuzione dei lavori; • rallenta il processo di degrado degli edifici offrendo una protezione totale; • risolve il problema delle crepe e delle infiltrazioni di acqua meteorica;

• permette la realizzazione, in un’unica fase, dell’isolamento e della finitura con evidenti risparmi.

Posa in opera

1. prima di procedere alla posa in opera è indispensabile accertarsi che Il sottofondo sia compatto, pulito e sgrassato, non trasudi umidità o sia ricoperto da un velo d’acqua;

2. se si è in presenza di un supporto liscio stendere la malta adesiva su tutto il pannello; nel caso di supporto costituito da mattoni o blocchi occorre stenderla a punti o a cordoli;

3. posare e far aderire alla parete il pannello con la malta, accertandosi che le giunture siano livellate. La posa dei pannelli avviene dal basso verso l’alto.Vengono posti ben accostati e a giunti verticali sfalsati, evitando che la malta adesiva penetri nei giunti;

4. in aggiunta, ma non in alternativa all’incollaggio, fissare i pannelli meccanicamente con appositi tasselli costituiti da un disco e da una gamba. Il disco ha lo scopo di pressare per punzonamento l’isolante contro il supporto. Ogni tassello viene inserito in vicinanza degli angoli dei singoli pannelli, quattro per ogni pannello;

5. subito dopo la posa dei pannelli, sì devono applicare gli elementi di rinforzo in corrispondenza degli spigoli. Vengono incollati con della malta adesiva, premendoli contro gli spigoli;

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155 6. applicato un primo stato di rasatura fresca si stende la rete in fibra di vetro,

eliminando sacche d’aria e pieghe. Durante la posa della rete, non si deve asportare materiale di rasatura, ma ridisporlo immediatamente sulla rete; le estremità della rete devono essere sovrapposte per evitare discontinuità nell’armatura. La sovrapposizione deve essere di almeno 8/10 cm e in prossimità degli angoli applicare una fascia di rete di rinforzo di circa 10 x 30 cm annegandola completamente nella rasatura;

7. prima della posa del rivestimento finale, se richiesto si applica uno strato di primer, la cui funzione è quella di garantire una perfetta adesione del rivestimento di finitura allo strato sottile di rasatura precedentemente realizzato;

8. accertarsi che la rete sia completamente nascosta sotto la rasatura, che a mano a mano deve essere ridistribuita in modo uniforme stendendo una seconda mano; 9. lo strato di rasatura è il prodotto che deve proteggere il pannello isolante dagli

agenti atmosferici, e assieme alla rete dl armatura, deve realizzare uno strato monolitico per resistere alle azioni meccaniche che agiscono sul sistema (urti, vento, movimenti di origine termica);

10. quando lo strato dì rasatura è completamente asciutto si inizia ad applicare Il rivestimento dl finitura che ha il ruolo di proteggere gli strati sottostanti dalle intemperie e dalle radiazioni solari. Deve possedere una buona elasticità alle sollecitazioni meccaniche. Deve essere sufficientemente permeabile al vapore d’acqua per non ostacolarne la migrazione, ma contemporaneamente impermeabile all’acqua per non far bagnare dalla pioggia dl stravento le pareti esterne. SI usa In genere una particolare pittura a base sintetica e/o minerale che si può realizzare con vane finiture speciali (rustico, rasato, graffiato, spugnato o spruzzato).

Le vetrate ad isolamento termoacustico

Le finestre saranno realizzate con un telaio in PVC e da una vetrata isolante sgg CLIMAPLUS SILENCE, ad isolamento termico rinforzato (itr) che al contempo offre ottime prestazioni di isolamento acustico. La vetrata esterna di sgg CLIMAPLUS SILENCE è un vetro stratificato di sicurezza che si compone di due lastre di vetro assemblate tra loro mediante intercalari in polivinilbutirrale fonoassorbente (PVB); gli intercalari contengono al loro interno il disidratante e costituiscono il supporto per il

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156 mastice butilico e garantiscono da un lato la massima attenuazione del rumore e dall’altra una perfetta adesione delle schegge di vetro in caso di rottura. Normalmente il distanziatore, di materiale non permeabile al vapore d’acqua, è cavo e di colore grigio chiaro. Tuttavia, per assolvere specifiche esigenze estetiche, può avere differenti colorazioni. Il disidratante ha due funzioni; la prima è di assorbire selettivamente l’umidità ambientale contenuta nell’intercapedine al momento della sigillatura finale della vetrata isolante, la seconda di eliminare quella minima quantità di umidità che, nel tempo, tende ad entrare, attraverso il sigillante, all’interno della vetrata. Questo accade perché il vetrocamera è un sistema chiuso, che contiene aria secca, dove il sigillante sotto l’azione degli agenti atmosferici non è in grado di assicurare l’assoluta ermeticità all’aria naturale esterna umida. Il disidratante è l’unico elemento della vetrata isolante che, essendo contenuto all’interno del distanziatore, risulta invisibile e quindi non controllabile, sebbene la vita della vetrata dipenda in modo sostanziale da esso (sarà tanto più lunga quanto maggiore è la sua quantità e migliore la sua qualità). Quando il disidratante si esaurisce e, quindi, non è più in grado di eliminare l’ulteriore umidità che entra all’interno dell’intercapedine, compare sui vetri la condensa.

L’isolamento termico rinforzato viene conseguito con l’impiego di vetrate isolanti evolute i cui componenti hanno subito un processo tecnologico in grado di interferire favorevolmente sulla frazione convettiva e radiativa del flusso termico. Il punto di maggiore resistenza e di più facile intercettazione del flusso risulta essere l’intercapedine ovvero lo spazio racchiuso tra le lastre che viene riempito con gas speciali dalle caratteristiche di conducibilità termica molto ridotte (kripton, xenon, esafluoruro di zolfo). Inoltre la lastra di vetro interna risulta rivestita di un deposito trasparente a base d’argento in grado di riflettere la radiazione termica, ma che non Interferiscono sulla radiazione solare, garantendo gli apporti energetici solari.

Tre volte più efficiente di una vetrata isolante tradizionale, la sua applicazione offre numerosi vantaggi, quali:

• considerevoli risparmi sull’energia per il riscaldamento; • maggior comfort abitativo nelle zone adiacenti le finestre;

• riduzione considerevole del fenomeno della condensa sul vetro interno; • protezione dell’ambiente.

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157 Le vetrate isolanti oggi CLIMAPLUS apportano un migliore comfort:

1. diminuzione dell’effetto parete fredda. La temperatura della lastra interna di una vetrata isolante sgg CLIMAPLUS con sgg PLANITHERM FUTUR N, alla presenza di una temperatura atmosferica esterna di 0°C ed interna di 20°C, sarà di 15°C superiore a quella che si avrebbe con un semplice vetro monolitico. In questo modo è possibile sfruttare totalmente la superficie abitabile;

2. riduzione della possibile formazione della condensa. L’avvicinamento della temperatura del vetro interno a quella ambientale riduce considerevolmente il rischio di formazione di condensa;

3. attenuazione degli effetti del vento. Con un vento di 90 km/h, si otterrà un valore U pari a: 7,1 W/(m2K) per un vetro semplice monolitico (contro 5,8 in assenza di vento); 3,3 W/(m2K) per una vetrata isolante tradizionale (contro 3,0 in assenza di vento); 1,1 W/(m2 K) per la vetrata isolante SGG CLIMAPLUS PLANITHERM FUTUR N

I risultati sopra riportati evidenziano che le vetrate isolanti a bassissima trasmittanza (fino a U = 1,1) mantengono sempre, in qualsiasi condizione atmosferica, le proprie prestazioni e quindi si rivelano particolarmente importanti per le zone climatiche soggette a forti venti: media ed alta montagna, zone costiere e particolarmente per superfici vetrate anche di grandi dimensioni.

Il legno lamellare

La tecnica del legno lamellare consente di realizzare elementi strutturali anche di notevole impegno, tramite l’incollaggio per sovrapposizione di lamelle di legno scelto, essiccato e opportunamente sagomato. Tra le peculiarità del legno lamellare vanno anche evidenziati alcuni aspetti legati all’ambiente e alla sua tutela. Il legno lamellare, infatti, è un materiale naturale e una risorsa rinnovabile, richiede un basso contenuto di energia durante la fase di produzione ed è biodegradabile oltre che facilmente riciclabile.

1. Materiale naturale e risorsa rinnovabile: perché la coltivazione della materia prima (legno di abete e di larice) aiuta il nostro pianeta. Infatti, per uso industriale, il

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158 legname viene sottoposto a segagione prima dell’invecchiamento e sono proprio le piante giovani quelle che trasformano più anidride carbonica in ossigeno.

2. Basso contenuto di energia di produzione perché, a confronto con materiali metallici, plastici o cementizi, gli elementi strutturali in legno richiedono poca energia primaria per essere prodotti (assumendo come unità di misura le MJ/ton: il valore per le strutture in legno è 1, per il cemento armato 4, per i laterizi 6, per il vetro 24, per l’acciaio 60, per l’alluminio 250, per il titanio 800 e per le fibre composite 4.000). 3. Biodegradabile e riciclabile: nel ciclo completo di vita di una costruzione, lo smaltimento di una struttura in legno costituisce un onere minore rispetto ad altre tecnologie costruttive, se non addirittura una risorsa, laddove è possibile riutilizzarlo o riciclarlo in altre forme.

4. Leggero, perché il suo peso specifico è inferiore ai 500 chilogrammi al metro cubo, contro, ad esempio, i 2.000-2.500 del cemento armato e i 7.800 dell’acciaio.

5. Resistente, perché l’efficienza prestazionale del legno lamellare ai fini strutturali ha qualità simili a quelle dell’acciaio. L’efficienza prestazionale può essere definita come il rapporto tra il modulo di elasticità E e un parametro di resistenza f (es. resistenza a compressione).

6. Economico, perché il suo ciclo di produzione ottimizza l’uso di una risorsa naturale di per sé povera, offrendo elementi altrimenti non utilizzabili in natura e limitati solo dalle dimensioni di trasporto. Il legno lamellare, però, è anche affidabile, innovativo e di aspetto gradevole.

7. Affidabile, perché l’intero processo produttivo segue una prassi normata e continuamente monitorata. Il risultato finale è un prodotto dalle prestazioni definite e certificate.

8. Innovativo, perché le tecniche di progettazione, lavorazione, assemblaggio e giunzione sono in continua evoluzione e offrono sempre nuove possibilità sia in termini di fattibilità che di contenimento dei costi.

9. Di aspetto gradevole, perché il materiale viene selezionato anche sotto l’aspetto estetico per essere presentato, in tutta la sua naturalezza, compatto e privo di difetti. Tra i suoi vantaggi possiamo annoverare il fatto che sia

• un buon isolante termico, elettrico ed acustico;

• un materiale igroscopico, in grado quindi di assorbire le variazioni di umidità dell’ambiente;

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159 • un materiale organico, composto da circa il 50% di carbonio, dal 42% di ossigeno,

dal 6% di idrogeno, 1% di azoto e 1% di elementi diversi. Il processo tecnologico consiste nelle seguenti fasi:

Le caratteristiche tecniche del prodotto finito dipendono dal materiale di base. E’ ovvio che per ottenere risultati attendibili, occorre partire da una materia prima avente caratteristiche il più omogenee e uniformi possibile. Qualsiasi tipo di legname può essere potenzialmente utilizzato per tale tecnologia, anche se scelte tecnico-economiche indirizzano, di fatto, l’industria produttrice all’uso di legnami facilmente reperibili, incollabili e meno costosi, compatibilmente ai requisiti richiesti. In Europa si utilizza quindi quasi esclusivamente l’abete rosso, per lavorazioni speciali talvolta il pino silvestre, il larice e il rovere. Le essenze legnose vengono suddivise, per il legno lamellare, in due categorie o classi, che ne individuano la qualità e le caratteristiche fisico-meccaniche e che condizionano i valori delle corrispondenti tensioni massime ammissibili: Ia categoria legno scelto senza traccia di putredine o danni di insetti, inclinazione massima della direzione delle fibre rispetto alla direzione della tavola non superiore al 10%, nodi sani, non raggruppati, con diametro massimo pari a 30 mm, peso specifico non superiore a 500 Kg/mc (al 20% di umidità) e spessore medio annuo di crescita del tronco non superiore a 3 mm; IIa categoria legno scelto con criteri meno rigidi, tuttavia senza traccia di putredine o danni di insetti, ma con tolleranze maggiori di diametro dei nodi (fino a 40 mm), inclinazione di fibre (fino al 12%), pesi specifici non inferiori a 400 Kg/m3 (al 20% di umidità) e spessore medio annuo di crescita non superiore a 4 mm

La normativa DIN, mentre non fissa la lunghezza minima delle assi, ne limita invece lo spessore e la sezione trasversale e precisamente:

a) l’area della sezione trasversale massima non deve superare 60 cm2 (per legni di conifera), 50 cm2 (per legni di latifoglia);

b) la massima larghezza consentita è pari a 25 cm per la singola lamella con uno

spessore non superiore a 30 mm, anche se può essere aumentato fino a 40 mm in elementi costruttivi diritti, i quali non siano esposti a variazioni climatiche rilevanti. Nella pratica costruttiva le lamelle hanno uno spessore finito intorno ai 33 mm e una larghezza pari a quella della sezione trasversale dell’elemento strutturale,

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160 normalmente variabile fra 10 e 22 cm, con variazioni modulari di 2 cm e lunghezza delle lamelle di 400-500 cm. Nelle travi curve, per limitare le tensioni di curvatura che possono nascere in direzione sia parallela sia normale alle fibre, il raggio di curvatura degli elementi strutturali in lamellare deve essere pari almeno a 200 volte lo spessore delle singole lamelle.

L’essicazione è l’operazione tesa a ottenere quel grado di umidità del legno compatibile col tipo di colla e, soprattutto, confacente alla destinazione delle strutture. Generalmente essa deve essere compresa fra il 7 e il 16%. Fra due lamelle successive però la differenza di umidità non deve superare il 4%. Gli impianti per la produzione del lamellare dispongono di essiccatoi. Il legname è messo nelle celle di essiccazione e portato al grado di umidità necessario alla lavorazione ed alla resistenza richiesta. Dopo l’essicazione, poiché il tasso di umidità non è regolare all’interno di una stessa lamella, essendo più basso in periferia che al centro, le lamelle vengono lasciate riposare per due, tre giorni all’interno dello stabilimento prima di essere portate alla linea di lavorazione. Prima della giuntatura le tavole subiscono un controllo dell’umidità e della difettosità, più o meno automatizzato a seconda dell’azienda, il quale porta all’eliminazione dei difetti più gravi e delle eventuali sacche di umidità. La verifica dell’umidità avviene sulle lamelle prima della loro intestazione per mezzo di test selezionatore tipo passa-non passa. Se l’umidità rilevata nelle lamelle è compresa fra i limiti prefissati, un segnale verde consente il proseguimento delle operazioni, altrimenti il segnale rosso lo arresta fino alla rimozione del pezzo fuori controllo. Le condizioni ambientali, invece, sono costantemente registrate su apposite carte che segnalano eventuali anomalie, evidenziando i valori che superano i limiti inferiori e superiori delle bande di controllo. Queste verifiche interessano tutto il reparto dove si svolgono le lavorazioni, che si succedono a cascata, dal deposito delle lamelle, alla loro intestazione, piallatura, incollaggio, sovrapposizione e pressaggio. Contemporaneamente al controllo dell’umidità delle lamelle, viene effettuato quello visivo degli eventuali difetti del legno, come per esempio l’eccessivo numero di nodi, imbarcamenti, inclinazione delle fibre, cipollature, ecc. e vengono tagliate le estremità delle assi, eliminando screpolature e fessurazioni di testa. Questa fase deve essere affidata a maestranze qualificate e responsabili. Per realizzare

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161 elementi strutturali di lunghezza maggiore della singola tavola o asse sono necessari giunzioni di testa. Di solito le giunzioni trasversali correnti fra le varie lamelle vengono effettuate con giunti detti a pettine o a dita, e vengono opportunamente sfalsate al fine di non indebolire una stessa sezione trasversale o una zona dell’elemento strutturale. Questo tipo di giunto è oramai nella prassi considerato come il più vantaggioso, in quanto consente di ottenere un’ampia superficie di incollaggio, una volta realizzata l’unione è autoserrante, e ha bassi sfridi rispetto ad altri tipi di giunzioni quale ad esempio il bisello, detto anche a becco di flauto. Successivamente alla fresatura si ha l’incollaggio di testa delle tavole, effettuato da apposite macchine che applicano forze di compressione variabili in relazione alla lunghezza dei denti dei giunti.

Le tavole così composte vengono piallate, in modo da offrire superfici piane in vista dell’incollaggio delle facce delle tavole per la successiva formazione della trave. Questo tipo di operazione, unitamente alla calibratura attraverso la quale si ottengono tavole di spessore costante, evita l’instaurarsi di tensioni che possono dare luogo alla formazione di cretti durante la pressatura. Inoltre la piallatura consente di ottenere superfici lisce, requisito molto importante in fase di incollaggio. Le colle e le operazioni di incollaggio costituiscono una fra le operazioni più importanti e delicate dal punto di vista operativo e tecnologico. Gli incollanti devono instaurare legami intermolecolari fra la colla stessa e le sostanze che costituiscono il legno, cioè le fibre di cellulosa e lignina, in modo da garantire, nel piano di incollaggio, lo stesso legame della corrispondente essenza legnosa. Le resistenze fisico-meccaniche del collante devono essere almeno eguali a quelle del legno, in modo che i piani di incollaggio non siano piani preferenziali di rottura. L’applicazione della colla sulle lamelle avviene automaticamente e il sistema attualmente più utilizzato è quello della cosiddetta “incollatrice a fili” che consente di ottenere la realizzazione di un piano di incollaggio con distribuzione abbastanza uniforme della colla.

Per realizzare l’incollaggio fra le lamelle bisogna sottoporre l’elemento strutturale a una pressione il più possibile uniforme; tale operazione viene effettuata in apposite presse. Le presse sono costituite da una struttura fissa sulla quale si fa agire un

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162 meccanismo di pressatura costituito normalmente da martinetti idraulici o pneumatici. L’operazione di posizionamento delle lamelle e di chiusura della pressa deve essere fatta il più rapidamente possibile, onde evitare che la colla cominci a indurire. Per la chiusura delle presse si procede dal centro verso le estremità. Le travi così realizzate rimangono in pressa per un periodo di 12 ore o più, secondo il tipo di colla, la temperatura e la forma della trave. La temperatura ambiente non deve comunque essere mai inferiore a 18° C. In caso di travi curve, si utilizza un’altra pressa dotata di guide mobili che vengono posizionate secondo una sagoma precedentemente disegnata sul suolo. Dalla descrizione delle fasi di produzione fin qui condotta si intuisce l’importanza del condizionamento dei locali di produzione; il legname non deve variare il proprio contenuto idrometrico durante la produzione delle travi poiché il processo chimico che sta alla base della polimerizzazione delle colle è fortemente influenzato dalle condizioni termoigrometriche dell’ambiente in cui esso avviene. Rimosse dalla pressa le travi sono lasciate 1-2 giorni a riposo all’interno dello stabilimento. Quindi fatte passare dentro una pialla fissa di forte capacità in modo da dare all’elemento lo spessore finito e rendere uniformi e lisce le superfici laterali. Nel reparto finitura la trave viene intestata realizzando le sagomature di progetto, i fori ed i tagli necessari per l’assemblaggio di elementi metallici.

L’ultima operazione in ordine di tempo consiste nell’applicazione di prodotti impregnanti tramite semplice spennellatura, sostanze cioè con funzione di preservare il legno da insetti, funghi, umidità e con un pigmento che conferisca alle travi il colore voluto. Tale operazione dovrebbe rientrare in seguito tra le operazioni di manutenzione ordinaria

Nel progetto in esame è previsto l’utilizzo di travi in legno lamellare BS DIELEN prodotte dalla ditta Kaufmann.

Essenza: abete rosso.

Qualità delle superfici: piallato A/A: a vista su entrambi i lati A/C a vista su un lato C/C: non a vista su entrambi i lati.

Trattamento delle superfici: non trattato. Su richiesta, impregnazione incolore. Lamelle: spessore delle lamelle: fino a 35 mm.

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163 Contenuto di umidità circa 10/12 % ± 2 % alla consegna.

Lunghezza massima: 18 m.

Comportamento da ritiro e dilatazione: ritiro e dilatazione per una variazione dell’umidità pari all’1%: lunghezza: da 0,01 a 0,02 % radiale: 0,19 % tangenziale: 0,34 %. In ragione del naturale e inevitabile comportamento di ritiro e dilatazione del legno, a seconda delle condizioni climatiche possono presentarsi delle fessurazioni Il prodotto non deve essere assolutamente esposto alle intemperie. Per evitare qualsiasi dilatazione in larghezza, ciascuna tavola deve essere fissata singolarmente Il prodotto è soggetto a un naturale comportamento di ritiro e dilatazione, che deve essere tenuto in considerazione nelle progettazioni di dettaglio (collegamenti, pareti, ecc.), soprattutto se l’impiego avviene in ambienti caratterizzati da elevati tassi di umidità.

Peso specifico apparente: abete rosso: peso sp. = ca. 450 kg/m3.

Comportamento al fuoco: ai sensi delle norme DIN 4102 e ÖNORM B 3800, i solai in BS Dielen, sulla base di una buona progettazione, raggiungono facilmente la resistenza al fuoco richiesta.

Classe di emissione: le colle impiegate presentano valori notevolmente al di sotto dei limiti prescritti all’ordinanza sulle sostanze pericolose.

La copertura in rame

Il manto di copertura dell’edificio è previsto in rame, utilizzando il sistema LARES PLUS. Il rame è un materiale che offre al progettista ed all’installatore una inesauribile gamma di soluzioni costruttive di elevato valore estetico ed ornamentale destinate a durare nel tempo; esso infatti con il trascorrere degli anni, non si deteriora ma anzi esalta con i toni bruni, che poi si trasformano nel caratteristico colore verde acqua marina, la sua bellezza naturale.

Il sistema LARES PLUS racchiude in un unico prodotto coibentazione e ventilazione essendo costituito da un modulo di copertura coibentato e ventilato con finitura in metallo, un canale di base composto da una sagoma in metallo e una in polistirene espanso sinterizzato e da fissaggi moduli di copertura e canali di base in acciaio AISI 304. L'elemento isolante e ventilante in polistirene espanso sinterizzato a 30 kg/m3 realizza un ottimo grado di isolamento termico ed acustico della copertura.

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164 I canali regolari e continui da gronda a colmo, alti 65 mm, assicurano inoltre un efficace raffrescamento degli ambienti sottotetto in estate.

Fig. 3.3.2: modulo LARES PLUS

Fig. 3.3.3: sezione longitudinale del modulo LARES PLUS

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165 La posa del canale di gronda si realizza con la metodologia classica. Non si presentano particolari differenze di posa se la grondaia ha sostegni esterni, tiranti interni o è incassata. La scossalina di partenza viene impiegata come raccordo tra la linea di partenza Lares ed il canale di gronda. La scossalina di partenza viene agganciata e fissata su staffe (o profilo angolare di partenza) in acciaio inox precedentemente poste in opera. La bocchetta del canale di base viene opportunamente lavorata in corrispondenza del canale di gronda per favorire lo smaltimento delle acque meteoriche e consentire successivamente il fissaggio della rete di ventilazione. Il PSE viene accoppiato al metallo sagomato del canale di base attraverso la sovrapposizione dello stesso. Particolare attenzione deve essere posta in corrispondenza dei giunti del polistirene, i quali non devono presentare fessure. In corrispondenza della linea di colmo, il metallo del canale di base deve essere opportunamente ripiegato su sé stesso allo scopo di evitare infiltrazioni d’acqua. Nel caso in cui si rendesse necessaria la sovrapposizione dei canali di base, è necessario sovrapporre il canale posto a monte al di sopra del canale posto a valle per una lunghezza di almeno 10 centimetri, realizzando un giunto di sigillatura. Il canale di base deve posto necessariamente lungo la direzione di massima pendenza del piano di posa. Il corretto interasse tra i canali di base, si ottiene mediante l’inserimento tra gli stessi dei moduli Lares. La rete di ventilazione sagomata e profilata in elementi di lunghezza di circa un metro, viene fissata alle stesse staffe di fissaggio della scossalina di gronda ed ai canali di base; essa costituisce un elemento di aggancio alla prima fila dei moduli Lares. I canali di base vengono fissati attraverso le costole laterali al piano di posa continuo sottostante, tramite idonei fissaggi forniti dalla casa costruttrice. I moduli posti lungo la fila di partenza vengono agganciati alla rete di ventilazione precedentemente fissata. I moduli Lares posti lungo la linea di partenza vengono agganciati alla rete di ventilazione precedentemente fissata e fissato posteriormente ai canali di base tramite due viti di cucitura in acciaio inox. Per i moduli successivi si ripete l’operazione di aggancio frontale sul modulo a valle e di aggancio posteriore ai canali di base. L’elemento porta barre paraneve viene fissato sul canale di base con viti o tasselli di idonea lunghezza e sormontato dal modulo Lares. Il colmo assieme alla rete di ventilazione, viene fissato su apposite staffe In questo modo viene garantita un’eccellente aerazione di colmo e sicurezza nei confronti delle infiltrazioni provenienti dagli agenti atmosferici.

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Fig. 3.3.5 – 3.3.6: aggancio della canala di scolo; inserimento dei moduli tra i canali di base

Per i dati tecnici relativi ai vari materiali utilizzati si rimanda all’appendice A.

Recupero delle acque piovane

E’ previsto un sistema per il riutilizzo dell’acqua piovana per usi esterni (annaffiatura delle aree verdi, lavaggio delle zone pavimentate) e per l’alimentazione delle cassette di scarico dei wc.

Le prescrizioni da osservare per la raccolta delle acque meteoriche sono le seguenti: 1. comparti di nuova edificazione: per l’urbanizzazione dei nuovi comparti edificatori,

i piani attuativi dovranno prevedere, quale opera di urbanizzazione primaria, la realizzazione di apposite cisterne di raccolta dell’acqua piovana, della relativa rete di distribuzione e dei conseguenti punti di presa per il successivo riutilizzo, da ubicarsi al di sotto della rete stradale, dei parcheggi pubblici o delle aree verdi e comunque in siti orograficamente idonei. La quantità di acqua che tali cisterne dovranno raccogliere dipenderà dalla massima superficie coperta dei fabbricati da realizzarsi nell’intero comparto e non dovrà essere inferiore a 50 l/m2;

2. comparti già edificati: l’acqua proveniente dalle coperture sarà convogliata in apposite condutture sottostanti la rete stradale, all’uopo predisposte in occasione dei rifacimenti di pavimentazione o di infrastrutture a rete, comprensive delle relative reti di distribuzione e dei conseguenti punti di presa.

In Italia non esiste una normativa unitaria che regolamenti la progettazione e l'installazione di sistemi di recupero e riutilizzo dell'acqua piovana. Si può fare riferimento alla normativa tedesca DIN 1989 “Impianti per l'utilizzo dell'acqua

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piovana”. La norma DIN 1989 è una norma completa sul tema del recupero e

riutilizzo dell'acqua piovana, ossia in un'unica elaborazione si segue lo sviluppo del sistema dal progetto alla posa in opera, definendo misure da mantenere e verifiche da eseguire e fornendo eventuali riferimenti normativi utili. La norma è suddivisa in quattro sezioni:

1. Progettazione, realizzazione, posa in opera e manutenzione 2. Filtri

3. Serbatoi per l'immagazzinamento dell'acqua piovana

4. Accessori per la conduzione ed il monitoraggio dell'impianto

I vantaggi derivanti dall'installazione di impianti di raccolta dell'acqua piovana sono: si evita il ripetersi di sovraccarichi della rete fognaria in caso di precipitazioni di forte intensità; aumenta l'efficienza dei depuratori (nei casi dove le reti fognarie bianca e nera non siano separate), sottraendo quote di liquido che, nel diluire i quantitativi di liquami da trattare, ridurrebbero l'efficacia della fase biologica di depurazione; si trattiene o disperde localmente l'eccesso d'acqua piovana che non viene assorbita dal terreno a livello urbano, risparmiando i potenziamenti delle reti pubbliche di raccolta.

Economicamente il vantaggio è evidente, trattandosi di una risorsa gratuita. L'acqua piovana, inoltre, non contiene calcare né cloro ed è ottima nei seguenti impieghi: per le pulizie, grazie all'impiego di acqua meno calcarea, si riduce l'impiego di detersivo; l'assenza di calcare mantiene pulite le parti interne degli elettrodomestici, diminuendo usura e consumo di elettricità; per gli scarichi del wc, dove non si ha la formazione di calcare; per il giardinaggio, l'assenza di cloro è benefica per la flora batterica del terreno e per le piante stesse.

Funzionamento dell’impianto di riciclo delle acque piovane.

L'acqua viene raccolta dallo scarico delle grondaie, direttamente o tramite una pompa immersa nel pozzetto di raccolta, e convogliata verso un filtro che ha la funzione di separare l'acqua dalla sporcizia più grossolana.

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168 L'acqua viene incanalata all'interno del serbatoio tramite una tubazione la cui parte finale è rivolta verso l'alto, allo scopo di non smuovere gli eventuali sedimenti sul fondo del serbatoio. L'aspirazione successiva dell'acqua all'interno del serbatoio, avviene a qualche centimetro sotto il livello dell'acqua tramite un tubo flessibile con galleggiante, posto all'interno del serbatoio in modo da pescare l'acqua più pulita.

Fig. 3.3.7: schema di impianto per il recupero delle acque piovane

Una centralina elettronica, controlla una pompa di mandata e l'intero sistema. La centralina ha inoltre il compito di comandare l'afflusso dell'acqua potabile quando si esaurisce la riserva d'acqua piovana nel serbatoio. Un altro modo semplicissimo di raccogliere l’acqua piovana per irrigare il giardino, è quello di inserire nel pluviale discendente, a circa 1,5 m da terra, una derivazione o travasatore, che può così deviare l’acqua in bidoni di plastica sottostanti. Le condizioni ideali per la conservazione dell'acqua sono: ambiente ossigenato, temperatura fresca e assenza di luce L'ossigeno favorisce la proliferazione di batteri utili che decompongono, mineralizzandola, la sedimentazione sul fondo del serbatoio, e mantenengono l'acqua più pura. L'assenza di luce inoltre non favorisce la formazione di alghe.

Componenti caratteristici di un impianto per il recupero dell'acqua piovana.

Deviatore. Il deviatore serve a separare le acque di prima pioggia (generalmente più

cariche di sostanze inquinanti) da quelle destinate allo stoccaggio. Spesso ha funzionamento manuale, e in pratica si tratta di un accessorio composto da un

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169 portello incernierato alla tubazione: in posizione verticale il portello non ostacola il normale deflusso dell’acqua piovana entro il pluviale, mentre quando viene abbassato la sua particolare conformazione ostruisce la sezione del pluviale provocando la fuoriuscita del liquido attraverso un’apertura. Il dispositivo può essere utilizzato sia a scopo di raccolta e stoccaggio, che a scopo di smaltimento.

Filtro: Il filtro serve ad evitare l’immissione nel serbatoio dei corpi estranei raccolti

dall’acqua piovana sul suo percorso. Può essere di diversi tipi:

• filtro integrato al pluviale. E' inserito sulla tubazione del pluviale mediante taglio e asportazione di un breve tratto dello stesso. E’ costituito da un involucro esterno e da un elemento di intercettazione interno, in genere una griglia metallica con fori di diametro anche ai 2 decimi di millimetro. La porzione d’acqua che penetra attraverso il filtro è inviata allo stoccaggio, mentre i residui solidi intercettati vengono convogliati dalla restante acqua verso il sistema di smaltimento.

• filtro centrifugo. E' generalmente interrato, ed è composto da una camera filtrante accessibile mediante un’apertura superiore dotata di coperchio. Sfrutta la velocità in ingresso dell’acqua, immessa tangenzialmente, separando i residui solidi una griglia periferica sulla quale viene diretto il liquido in entrata. La manutenzione del filtro si compie accedendo dal chiusino ed effettuando una pulizia o mediante spazzolatura, oppure estraendo il filtro e lavandolo con acqua corrente.

• filtro a camere. E’ un contenitore da interrare poco più grande di un comune pozzetto per pluviali dotato di coperchio per l’accesso. L’uso è limitato alla sola intercettazione di sporco grossolano (foglie, detriti e similari). L’interno del pozzetto è suddiviso in 2 o 3 camere, caricate con ghiaia di granulometria decrescente nel senso di scorrimento delle acque. Le sostanze sospese rimangono intrappolate nel materiale filtrante (che può essere anche racchiuso in involucri di tessuto-non tessuto). In caso di ostruzione del filtro o di afflussi eccessivi d’acqua un "troppo pieno" smaltisce l’eccesso di liquido. Le operazioni di manutenzione consistono nel lavaggio (o nella sostituzione) del materiale filtrante in acqua corrente.

• filtro autopulente. Provvede alla cattura del materiale indesiderato mediante filtri in tessuto e funziona a caduta.

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Serbatoio Il serbatoio rappresenta il cuore dell’intero sistema di recupero

dell’acqua piovana. La scelta del tipo da adottare dipende da vari fattori.

• posizione. La posizione influisce sul sistema di distribuzione (con o senza pompa) e sugli utilizzi (solo per annaffiature, etc.), sui costi di installazione e manutenzione, sulla forma e sui materiali impiegati. Il serbatoio può essere interrato o lasciato a vista. La sequenza di posa in opera prevede in caso di serbatoio interrato: 1) scavo (alla distanza di almeno un metro da murature e altre opere di fondazione). 2) formazione di un letto di sabbia, oppure di una soletta in calcestruzzo dello spessore minimo di 10 cm. (in caso di possibile presenza di acqua nel terreno, occorre ancorare il serbatoio ad una soletta di zavorra per evitare che questi possano "venire a galla" nel terreno, nel caso fosse semivuoto). 3) riempimento del serbatoio con acqua e contemporaneo riempimento con sabbia saturata d’acqua del volume di scavo residuo. 4) installazione delle tubazioni di collegamento con le altre componenti dell’impianto; 5) completamento dell’interramento e, nel caso la superficie della zona di interramento del serbatoio sia interessata dal transito di veicoli, realizzare una soletta in calcestruzzo per la ripartizione dei carichi.

• Capienza. Le dimensioni variano in genere da 1000 a 10.000 litri. Il dimensionamento è legato alla attenta valutazione delle caratteristiche ambientali (piovosità locale, dimensioni e tipo delle superfici di raccolta, ecc.) e alle prestazioni richieste (fabbisogno, etc.).

• Forma: Generalmente cilindrica con asse in senso orizzontale o verticale.

• Materiale. I serbatoi sono realizzati in materiali compatibili con le normative. Generalmente in vetroresina o in polietilene. La manutenzione necessaria, consiste nel controllo visivo e olfattivo dell’acqua accumulata e nel controllo della chiusura dei pozzetti di accesso. Va inoltre effettuata una pulizia interna almeno ogni 5/10 anni.

Tubo di immissione (tubo di calma). E' dotato di un raccordo terminale interno

inferiore curvato a 180°, che consente l’immissione dal basso delle acque piovane in modo da non creare turbolenze che potrebbero mettere in sospensione eventuali stratificazioni galleggianti in superficie oppure di sabbie e fanghi depositati sul fondo del serbatoio.

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Tubo di scarico. A forma di sifone, evita il riflusso di odori sgradevoli provenienti dal

sistema di smaltimento. E' a quota uguale o inferiore a quella di immissione. - Valvola di non ritorno. Evita la contaminazione delle acque stoccate nel serbatoio, impedendo il riflusso di acque provenienti dal sistema di smaltimento. Normalmente è corredata da filtro a grata che blocca l’accesso al serbatoio e alle altre componenti a monte di esso ad animali e insetti che potrebbero risalire dallo scarico.

Pannelli fotovoltaici

L’effetto fotovoltaico è il principio che sta alla base del funzionamento dei pannelli solari. Quando la radiazione solare (costituta da fotoni di diversa energia) investe una cella fotovoltaica, la parte di radiazione assorbita cede energia agli elettroni della cella (di materiale semiconduttore, generalmente silicio). In queste condizioni gli elettroni sono liberi di lasciare la loro posizione e si rendono disponibili per la conduzione. Le posizioni lasciate libere vengono dette lacune e vengono assimilate ad una corrente di cariche positive opposta a quella di cariche negative costituita dagli elettroni.

La tecnica più comune per creare un campo elettrico è quella conosciuta come “drogaggio”. Consiste nell’aggiungere al silicio, il materiale base per la realizzazione dei sistemi fotovoltaici, una piccola quantità di fosforo o arsenico ottenendo un semiconduttore di tipo “n”. Aggiungendo invece una piccola quantità di boro o gallio si ottiene un semiconduttore di tipo “p”. Quando due parti di silicio di tipo “n” e di tipo”p” sono messe in contatto, si forma un campo elettrico. La cella, unità fondamentale di un sistema fotovoltaico, da sola produce una potenza compresa tra 1 e 2 W (sfruttando una superficie di circa 100 cm2). Più celle vengono messe insieme per formare unità di maggiore potenza dette moduli. I moduli, hanno dimensioni variabili da 0,5 mq a 1,5 mq e raramente maggiori a causa delle grosse perdite di prestazione che l’intero modulo subisce all’ombreggiamento di una sua singola cella. La potenza più comune si aggira intorno ai 150 W a 24 V, raggiunti in genere impiegando 72 celle fotovoltaiche (per creare 1kWp servono 8 metri quadrati di moduli). La superficie occupata dai modelli commerciali si aggira in genere intorno ai 7,5 mq/kW, ovvero sono necessari 7,5 mq di superficie per ospitare pannelli per un totale nominale di 1000 W. Un mq di moduli fotovoltaico di silicio può produrre 0,3 - 0,4 Kwh al giorno in inverno e 0,6 -0,8 kWh in estate.

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172 Il Programma “Tetti Fotovoltaici” del Ministero dell’Ambiente finanzia al 70% il costo dell’impianto. Il costo dell’impianto sarà ammortizzato prima del 10° anno di utilizzo (intorno al 6°-7°-8° anno) e da allora in poi si avrà un continuo risparmio fino alla fine dell’impianto stesso (la vita è stimata in 30 anni, ma può durare oltre).

A titolo di esempio, consideriamo che, per una famiglia di 4 persone dell’Italia centrale (irraggiamento medio) il cui consumo annuo è di 2.500 kWh, ai costi di mercato attuali, la spesa per un impianto che soddisfi le relative esigenze è di circa 15.000 ¼ Iva esclusa. Un impianto da 1,5 Kw risparmierà in 30 anni l’emissione in atmosfera di 40 tonnellate di CO2 e farà risparmiare 14 tonnellate di combustibili fossili. Per la parte elettrica è necessario effettuare una verifica, con cadenza annuale, dell’isolamento dell’impianto verso terra, della continuità elettrica dei circuiti di stringa e del corretto funzionamento dell’inverter, che converte la corrente, continua così come prodotta dai pannelli, in alternata.

Con questo sistema, una scuola dell’Italia centrale potrebbe avere un ricavo annuo di circa ÚHXUR I vantaggi sono evidenti. Innanzi tutto si educano i ragazzi verso il rispetto dell’ambiente e l’utilizzo di energie pulite e rinnovabili, poi si avrebbe un guadagno finanziario non indifferente, azzerando i costi della bolletta elettrica e vendendo la parte di elettricità in eccesso al distributore locale.

Caratteristiche dell’impianto scelto

Il campo fotovoltaico è posizionato su parte della copertura orientata a sud, sud-est. I moduli fotovoltaici vengono disposti su più file, il tipo di modulo fotovoltaico scelto è il mod. PHOTOWATT PW1000 – M100 tipo standard con cornice di alluminio anodizzato composto da 72 celle in silicio policristallino connesse in serie. I moduli sono in numero di 80 con potenza nominale pari a 100 Wp cadauno, per una potenza complessiva di 8000 Wp.

Normativa di riferimento

Il progetto dovrà essere realizzato a regola d’arte in accordo con la normativa vigente ed in particolare:

CEI 0-2: Guida per la definizione della documentazione di progetto per gli impianti elettrici

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CEI 11-20 per impianti di produzione di energia elettrica e gruppi di continuità collegati a reti di I e II categoria

CEI 20-19 (1-13): Cavi isolati con gomma con tensione nominale non superiore a 450/750 V.

CEI 20-20 (1-13): Cavi isolati con polivinilcloruro con tensione nominale non superiore a 450/750 V

CEI 20-21: Calcolo delle portate dei cavi elettrici CEI 20-40: Guida per l’uso di cavi in bassa tensione

CEI 64 (fasc. S/423) : Impianti di terra negli edifici civili. Raccomandazioni per l’esecuzione

CEI 64-8 per gli impianti utilizzatori a tensione nominale non superiore a 1000 V in ca e a 1500 V in cc

CEI 81-1, CEI EN 62305: Protezione delle strutture contro i fulmini

CEI 82-25 per la guida alla realizzazione di sistemi di generazione fotovoltaica collegati alle reti elettriche di media e bassa tensione

CEI EN 50086-1, CEI EN 50086-2-2, CEI EN 50086-2-3: sistemi di tubi e accessori per le installazioni elettriche. parte 1: prescrizioni generali, per tubi rigidi, per tubi flessibili e accessori

CEI EN 50380 per i fogli informativi e i dati di targa dei moduli FV CEI EN 60099-4: Scaricatori ad ossido metallico

CEI EN 60439-1, CEI EN 60439-2, CEI EN 60439-3: apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per quadri BT ( Parte1 - 2 -3)

CEI EN 60529-1 per il grado di protezione degli involucri

CEI EN 60904-1 per i dispositivi fotovoltaici (Parte1: Misura delle caratteristiche fotovoltaiche tensionecorrente)

CEI EN 6089 : Caratteristica I-V di dispositivi fotovoltaici in silicio cristallino. procedure di riporto dei valori misurati in funzione di temperatura ed irraggiamento CEI EN 60904-2 per i dispositivi fotovoltaici (Parte 2: Prescrizione per le celle fotovoltaiche di riferimento)

CEI EN 60904-3 per dispositivi fotovoltaici (Parte 3: Principi di misura per sistemi fotovoltaici per uso terrestre e irraggiamento spettrale di riferimento

CEI EN 61173: Protezione contro le sovratensioni dei sistemi fotovoltaici per la produzione di energia. Guida

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174

CEI EN 61727 per sistemi fotovoltaici e loro caratteristiche di interfaccia di raccordo con la rete

CEI EN 61215 per moduli FV in silicio cristallino

Norme CEI/IEC ( in particolare le norme: EN 60439-1-2-3 per i quadri elettrici, CEI EN 60555-1 per i disturbi indotti sulla rete, CEI EN 61000-3-2 per la compatibilità elettromagnetica EMC e la limitazione delle emissioni in RF) per gli aspetti elettrici ed elettronici convenzionali

Norme UNI/ISO per le strutture meccaniche di supporto e di ancoraggio dei moduli fotovoltaici

Norme UNI 10349 e la collegata UNI 8477 per il dimensionamento del generatore fotovoltaico

DPR 547/55 e D.L. 626/94 e succ. mod. per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni sul lavoro

Figura

Fig. 3.2.1 : vista della scuola elementare
Fig. 3.2.2 : blocco delle aule didattiche
Fig. 3.2.3 : vista del teatro
Fig. 3.2.4 : i locali per la mensa ed il collegamento con la scuola materna
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Riferimenti

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