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Analisi critica del quadro normativo sulle costruzioni storiche in muratura

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Capitolo 2

Analisi critica del quadro

normativo sulle costruzioni

storiche in muratura

2.1 Introduzione.

In Italia la normativa di riferimento per le costruzioni, sia quelle di nuova realizzazione sia quelle esistenti, è il Decreto del Ministero delle infrastrutture del

14 Gennaio 2008 - Nuove norme tecniche per le costruzioni, e la relativa Circolare 2 Febbraio 2009, n° 617 – Istruzioni per l’applicazione delle Nuove norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14 Gennaio 2008. Com’è

possibile leggere nel primo capitolo:

“Le presenti norme tecniche per le costruzioni definiscono i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e di stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità. Esse forniscono quindi i criteri generali di sicurezza, precisano

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le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, definiscono le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e, più in generale, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere. Circa le indicazioni applicative per l’ottenimento delle prescritte prestazioni, per quanto non espressamente specificato nel presente documento, ci si può riferire a normative di comprovata validità e ad altri documenti tecnici indicati nel capitolo 12. In particolare quelle fornite dagli Eurocodici con le relative Appendici Nazionali costituiscono indicazioni di comprovata validità e forniscono il sistematico supporto applicativo alla presenti norme”.

Il richiamo a normative di comprovata validità infatti, nel testo, è molto frequente.

Se, come suggerito dalla norma stessa andiamo a vedere ciò che è elencato al capitolo 12, possiamo notare che i riferimenti tecnici elencati sono molti. Infatti nella lista compaiono:

- Eurocodici strutturali pubblicati dal CEN, con le precisazioni pubblicate negli appendici nazionali o, in mancanza di esse, nella forma internazionale EN

- Norme UNI EN armonizzate i cui riferimenti siano pubblicati su Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea

- Norme per prove, materiali e prodotti pubblicate da UNI

Oltre alle norme sopracitate, e come asserito ancora dalla stessa norma “in

mancanza di specifiche indicazioni, a integrazione delle presenti norme e per quanto con esse non in contrasto, possono essere utilizzati i documenti di seguito indicati che costituiscono riferimenti di comprovata validità:

- Istruzioni del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici

- Linee guida del Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei lavori pubblici

- Linee guida per la valutazione e riduzione del rischi sismico del patrimonio culturale e successive modificazioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, come licenziate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e ss.mm.i

- Istruzioni e documenti tecnici del Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R) Possono essere utilizzati anche altri codici internazionali, purché sia dimostrato che garantiscano livelli di sicurezza non inferiori a quelli delle presenti norme tecniche”

Possiamo dunque immediatamente renderci conto che il campo normativo, in realtà, non è soltanto limitato ad un unico testo, ma distribuito fra una notevole quantità di codici, sia a livello europeo che nazionale, la cui consultazione rende senz’altro molto difficoltoso il lavoro che deve essere svolto dai progettisti. L’auspicio è quello di poter avere in futuro un documento che possa riunire in sé i punti principali dei vari testi sopra elencati, in modo da avere un unico strumento che sia più intuitivo e allo stesso tempo di più immediata applicazione.

Essendo questa tesi di laurea incentrata sul comportamento meccanico di costruzioni esistenti in muratura soggette ad azione sismica, in questo capitolo si intende ripercorrere la normativa nei suoi punti salienti, con particolare riguardo a tale tipologia costruttiva, ed analizzare, anche in maniera critica, sia i metodi di modellazione, che quelli di verifica, che il testo normativo prevede, mettendo anche in risalto le eventuali differenze operative da adottare in caso di costruzioni

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di nuova realizzazione e cercando di integrare il più possibile con quanto detto dagli Eurocodici strutturali, che essendo la normativa europea di riferimento, non possono essere non citati, soprattutto pensando ad un futuro prossimo, dove probabilmente i vari paesi membri dell’Unione, saranno accumunati da un’unica normativa generale.

2.2

La normativa italiana sulle costruzioni

esistenti in muratura.

Al capitolo 8 il D.M. 14 Gennaio 2008 definisce i criteri generali per la progettazione di interventi e la valutazione della sicurezza con riferimento alle costruzioni esistenti.

La norma definisce costruzione esistente “quella che abbia, alla data della redazione della valutazione della sicurezza e/o del progetto di intervento, la struttura completamente realizzata”.

Essa afferma che, nel processo di valutazione della sicurezza di una costruzione esistente, devono essere tenuti presenti i seguenti aspetti:

- La costruzione riflette o meno lo stato delle conoscenze al tempo della sua realizzazione

- Occorre tenere presente se vi sono insiti o meno difetti di impostazione e realizzazione

- La costruzione è stata soggetta ad azioni, anche eccezionali, i cui effetti non siano completamente manifesti

- Le strutture possono presentare o meno degrado e/o modificazioni significative rispetto alla situazione originaria

Rispetto alle costruzioni di nuova progettazione, per la quale la Normativa fornisce nei rispettivi capitoli, differenziando tra le varie tipologie strutturali, i diversi coefficienti parziali di sicurezza, sia per la valutazione delle azioni, che per la determinazione delle resistenze, nel caso delle costruzioni esistenti intervengono ulteriori coefficienti riduttivi, chiamati fattori di confidenza, i quali, funzionando alla stregua di ulteriori coefficienti parziali di sicurezza, riducono ulteriormente i valori delle resistenze di progetto, a seconda del livello di

conoscenza ottenuto durante la fase di indagine conoscitiva sulla struttura in

esame.

Tali livelli di conoscenza, come specificato dalla circolare di applicazione 2 febbraio 2009, n° 617 sono tre, indicati rispettivamente con le sigle LC1, LC2, LC3. Il livello di conoscenza LC3 è il massimo ottenibile. Esso viene raggiunto quando sulla struttura, oltre al rilievo geometrico siano state effettuate verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi e indagini in situ esaustive sulle proprietà dei materiali.

In questo caso però, la normativa fornisce indicazioni abbastanza generiche e del tutto discrezionali, su come capire e riuscire ad ottenere certi livelli di accuratezza nella fase preliminare di indagine conoscitiva della struttura. La prima

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distinzione importante che essa fa è nell’identificazione di tre gruppi necessari per descrivere la struttura nel suo complesso; rispettivamente:

- Rilievo geometrico - Dettagli costruttivi - Proprietà dei materiali

2.2.1 Il rilievo geometrico.

Il rilievo geometrico è il punto di partenza, dal quale è possibile ottenere indicazioni fondamentali.

Esso deve comprendere il rilievo piano per piano, di tutti gli elementi in muratura, comprese nicchie, cavità, spessore dei muri, spessore dei solai, tipologia della copertura, vani scala ecc.

La rappresentazione di tali elementi deve avvenire tramite disegni in pianta, prospetti e sezioni. Cosa da non tralasciare nella fase di rilievo è l’identificazione dettagliata del quadro fessurativo e deformativo presente, andando a classificare preferibilmente ciascuna lesione, quando possibile, secondo la tipologia di meccanismo associato. Questo è molto importante, soprattutto nelle successive fasi di diagnostiche e di decisione degli interventi da effettuare per il ripristino delle condizioni originarie.

Qui la norma è molto precisa nell’identificare verso quali elementi deve essere rivolto il rilievo geometrico, sottolineando che esso deve interessare “tutti” gli elementi, e specificando addirittura le diverse tipologie.

2.2.2 I dettagli costruttivi.

In merito ai dettagli costruttivi la norma elenca una serie di elementi considerati importanti da dover esaminare: collegamenti fra pareti verticali, collegamenti fra pareti e solai con eventuale presenza o meno di cordoli di piano, esistenza di architravi strutturalmente efficaci sopra le aperture, presenza di elementi strutturalmente resistenti atti ad eliminare spinte eventualmente presenti, presenza di elementi, anche non strutturali, ad elevata vulnerabilità, tipologia di muratura (un paramento, due o più paramenti, a sacco) e sue caratteristiche costruttive (eseguita in mattoni, pietra, con tessitura regolare o irregolare).

La distinzione indicata in relazione ai dettagli costruttivi è fra:

- Verifiche in situ limitate

- Verifiche in situ estese ed esaustive

Pur descrivendo su cosa sono basati i due diversi tipi di verifiche, la normativa si dimentica di indicare con precisione quando certe indagini possano considerarsi limitate, oppure quando di tipo esteso ed esaustivo, lasciando il tutto alla discrezionalità del progettista.

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Solo per le verifiche estese ed esaustive la norma indica che “l’esame dei punti

da a) ad f) è opportuno sia esteso in modo sistematico all’intero edificio”1, ma anche qui senza specificare cosa intenda proprio con il termine “sistematico”. Non si capisce infatti con quale criterio possa essere stabilita questa sistematicità nell’effettuazione delle verifiche sugli elementi anzi indicati.

2.2.3 Le proprietà dei materiali.

In merito alle proprietà meccaniche dei materiali, la norma effettua una classificazione in tre diversi livelli di indagine in relazione al livello di accuratezza raggiunto.

Le indagini in situ si distinguono, in ordine crescente, in:

- limitate; - estese; - esaustive.

Le prime servono come completamento delle informazioni che sono state reperite dalla letteratura o dalle regole in vigore all’epoca della costruzione. Sono essenzialmente fondate su esami di tipo visivo, effettuate rimuovendo lo strato di intonaco al fine della determinazione della dimensione, forma dei blocchi e tipologia di muratura. L’unica indicazione dettagliata inserita in questo paragrafo della norma riguarda le dimensioni dello strato di intonaco che deve essere rimosso per la valutazione della tessitura muraria, pari ad 1m x 1m eseguito “

preferibilmente” in corrispondenza degli angoli (con lo scopo di valutare anche il

grado di ammorsamento fra murature adiacenti).

Le seconde invece, le indagini in situ estese, coincidono con la stessa tipologia di quelle in situ limitate, ma con la differenza indicata in normativa che “sono effettuate in maniera estesa e sistematica, con saggi superficiali per ogni tipo di muratura presente”.

Tali prove non dovrebbero limitarsi alla sola indagine superficiale, ma dovrebbero aggiungere prove come endoscopie, carotaggi, caratterizzazione meccanica della malta e della muratura tramite l’impiego di martinetti piatti. Anche in relazione a tale tipologia di indagine, la norma usa gli aggettivi estesa e sistematica, senza fornire una quantificazione oggettiva del numero di indagini che devono essere fatte al fine di poter essere considerate estese. Si nota dunque che, persino in questo caso, la discrezionalità del progettista è determinante nella scelta del tipo e del numero delle prove.

Successivamente viene specificato che in tale in tipo di indagine, i saggi superficiali ed interni devono essere estesi “su ogni tipo di muratura presente” e che “è opportuna una prova per ogni tipo di muratura”.

Con il termine “tipo” la norma resta un po’ ambigua, lasciando ampia possibilità di interpretazione.

Ciò che viene più spontaneo pensare è che la norma si riferisca con “tipo” alla particolare tessitura della parete muraria. In questo modo però, soprattutto in

1

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presenza di paramenti murari intonacati, è necessario rimuovere completamente lo strato di intonaco che ricopre l’intera parete al fine di portare alla luce l’effettiva disposizione degli elementi resistenti, potendo identificare la tipologia di muratura, ma la normativa non indica ogni quanto effettuare saggi sulle murature, pur essendo dato noto che, soprattutto in presenza di costruzioni storiche, potremmo incappare molto facilmente in situazioni dove uno stesso setto murario è costituito da differenti tipologie costruttive (ad esempio muratura di pietra non squadrata, alternata a muratura in mattoni)

Nelle ultime righe del paragrafo la norma sostiene che “qualora esista una chiara, comprovata corrispondenza tipologica per materiali, pezzatura dei conci, dettagli costruttivi, in sostituzione delle prove sulla costruzione oggetto di studio, possono essere utilizzate prove eseguite su altre costruzioni presenti nella stessa zona. Le Regioni potranno, tenendo conto delle specificità costruttive del proprio territorio, definire zone omogenee a cui riferirsi a tal fine”.

Secondo questo modo di procedere, quanto appena affermato dalla norma non rispecchia affatto lo spirito con il quale devono essere fatte le indagini su di una specifica struttura, al fine di coglierne dettagliatamente le sue caratteristiche. Infatti, anche se l’intervento di progetto è effettuato in una zona caratterizzata da costruzioni risalenti allo stesso periodo storico, e magari realizzate con lo stesso tipo di materiali, quello che contraddistingue e che successivamente determina l’effettiva risposta strutturale della costruzione è il modo con cui essa è stata realizzata; cioè se è stata o meno rispettata la cosiddetta regola dell’arte. Questo è un aspetto di fondamentale importanza per le costruzioni storiche in muratura, nelle quali lo studio e la realizzazione meticolosa dei dettagli costruttivi, ha fatto la differenza tra costruzioni molto curate e costruzioni di scarsa qualità, che a differenza delle prime sono andate perdute nel tempo.

Essendo le murature storiche caratterizzate un grado di disomogeneità abbastanza elevato, è fatto noto che molte differenze nella tessitura muraria vengono rilevate già per gli elementi murari di uno stesso edificio, e non sia pertanto corretto poter confrontare elementi di muratura appartenenti a corpi strutturali totalmente estranei. Per tale motivo possiamo immediatamente renderci conto di come questa regola sia senz’altro dubbia. Questo modo di procedere come da normativa può senz’altro fornire delle indicazioni, ma di sicuro fortemente approssimate per la valutazione della sicurezza di una specifica costruzione.

Le indagini in situ esaustive consentono di approfondire ulteriormente il livello di conoscenza della struttura in esame, tramite l’esecuzione di prove su pannelli murari sia di tipo distruttivo che non, come ad esempio la prova di compressione diagonale o la prova Shepphard.

Anche in quest’ultimo caso, la norma asserisce che “in aggiunta alle verifiche visive, ai saggi interni ed alle prove di cui ai punti precedenti, si effettua una ulteriore serie di prove sperimentali che, per numero e qualità, siano tali da consentire di valutare le caratteristiche meccaniche della muratura”, ancora senza specificare quale deve essere il numero minimo affinché possa essere raggiunto tale livello di indagine e lasciando anche qui tutto alla discrezionalità del tecnico progettista.

L’indicazione precisa del numero di prove da effettuare, e su quali e quanti degli elementi murari indagare, dovrebbe essere una indicazione fondamentale presente in normativa, soprattutto per il fatto che l’assegnazione dei diversi fattori

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di confidenza è una operazione molto delicata. Essi infatti riducono fortemente le resistenze caratteristiche del materiale. Basti pensare che i livelli LC1 e LC2 riducono le resistenze della muratura rispettivamente del 26% e del 16.6%, valori di non poco conto.

Ad esempio, in merito alle costruzioni in acciaio ed in c.a. la normativa indica come identificare i vari tipi di verifica, limitata, estesa, esaustiva, fornendo delle tabelle2 dove vengono riportate indicazioni sia sulla quantità di elementi da indagare, sia sul numero e tipo di provini da sottoporre a prove sperimentali.

Un metodo molto semplice, che la normativa avrebbe potuto suggerire, poteva essere quello di indicare un numero ben preciso di saggi, o prove più in generale, da dover realizzare, ad esempio, ogni tot metri quadrati di superficie muraria, ed in più, indicare persino l’ubicazione di dove gli stessi saggi dovrebbero essere eseguiti, indicando ad esempio una certa distanza minima da rispettare tra il punto di indagine e il solaio o il pavimento, e tra lo stesso punto indagato e le pareti laterali.

Facendo in questo modo si avvierebbe un processo per il quale anche le prove su tali tipologie strutturali seguirebbero una certa standardizzazione dell’indagine, anche perché una certa discrezionalità individuale da parte del progettista è sempre giusta, ma è anche vero che spesso è possibile commettere anche grossi errori di valutazione.

Per tale motivo, se venisse indicato in maniera abbastanza restrittiva, un numero minimo di prove da fare, con l’indicazione sommaria di dove farle, i risultati finali sarebbero più omogenei ed anche immediatamente leggibili e controllabili anche da personale tecnico esterno.

2.2.4 Livelli di conoscenza e fattori di confidenza.

I livelli di conoscenza e i corrispondenti fattori di confidenza dipendono dalla qualità e dall’estensione delle indagini e dalle verifiche condotte sui materiali e sui dettagli costruttivi. Al paragrafo C8A.1.A.4 della circolare applicativa 2 febbraio 2009 n° 617 possiamo leggere:

- Il livello di conoscenza LC3 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo geometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi, indagini in situ esaustive sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1

- Il livello di conoscenza LC2 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo geometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi, indagini in situ estese sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,2

- Il livello di conoscenza LC1 si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo geometrico, verifiche in situ limitate sui dettagli costruttivi, indagini in situ

2

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limitate sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1,35

Una volta che è stato valutato il livello di conoscenza, la norma stessa fornisce dei criteri, differenziando fra le diverse tipologie murarie, che possono essere adottati per la determinazione dei parametri meccanici da usare nella progettazione, forniti in un’apposita tabella, identificata sulla circolare di applicazione delle NTC con la sigla C8A.2.1 e riportata per comodità nella successiva fig. 2.2.

Tale tabella elenca l’intervallo di resistenza tra un massimo e un minimo, che i valori di resistenza e le altre caratteristiche meccaniche, devono assumere per ciascuna categoria muraria elencata.

Noto il livello di conoscenza ottenuto dalla fase di indagine, la norma distingue i seguenti modi per la scelta delle resistenze e dei parametri meccanici:

Livello LC1 → Per le resistenze devono essere scelti i valori minimi riportati in tabella, mentre per i moduli elastici i valori medi degli intervalli. Questa indicazione appare ragionevole, in quanto essendo il livello LC1 il più penalizzante dei tre, e il cui ottenimento non prevede l’impiego di strumentazione atta ad estrapolare dati oggettivi, ma soltanto l’analisi visiva tramite semplice rimozione dell’intonaco, in tale caso è la norma stessa che dice quali sono i parametri meccanici medi per quel certo tipo di muratura da utilizzare.

Livello LC2 → Sia per le resistenze che per i moduli elastici devono essere presi i valori medi degli intervalli forniti in tabella. Già in questo caso si inizia a notare una prima contraddizione, in quanto per il raggiungimento di tale livello di conoscenza, è previsto l’impiego di strumentazione speciale come martinetti piatti, carotatori, dai quali è possibile valutare con i primi la resistenza della muratura, mentre con i secondi è possibile estrarre provini da sottoporre ad ulteriori prove di laboratorio per la caratterizzazione sia della malta che degli elementi resistenti. In questo modo noi avremmo già dei valori sperimentali della muratura in oggetto, i quali però vengono totalmente trascurati dalla normativa per la scelta dei valori delle resistenze da attribuire nel progetto. Verrebbe quasi da pensare che sia una cosa del tutto inutile dover fare prove di caratterizzazione di questo tipo, prove che essendo spesso realizzate da ditte esterne specializzate, presentano anche un onere abbastanza elevato per il Committente.

Livello LC3 → L’attribuzione delle resistenze e dei moduli elastici per tale livello di conoscenza è fatta distinguendo ulteriormente in tre casi a), b) e c) a seconda che siano disponibili rispettivamente nell’ordine tre, due o uno valori sperimentali di resistenza. Essendo questo i livello di conoscenza il più raffinato, contraddistinto da un

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FC=1, esso non riduce ulteriormente le resistenze caratteristiche della muratura, ed è caratterizzato dall’essere stato ottenuto tramite strumenti di indagine di qualsiasi tipo, anche attraverso prove di tipo distruttivo in situ. Sia per il caso a), b) e c), il valore dei moduli elastici è assegnato o come valore medio delle prove effettuate o come valore medio degli intervalli riportati in tabella. Intanto ci si accorge subito che per il caso c) non sarebbe possibile trovare un valore medio delle resistenze, in quanto caratterizzato da un unico dato, ed in più non si capisce l’utilità delle prove se la norma consente di trascurarle totalmente riferendosi invece ai soli valori tabellari (o l’uno o l’altro). L’assegnazione dei parametri di resistenza è differente per i tre casi menzionati: il caso a) dice di prendere come resistenza il valore medio dei risultati delle prove. Qui finalmente aver fatto le prove sembrerebbe avere un senso. Anche i casi b) e c), forniscono indicazioni su quali parametri di resistenza utilizzare, o tabellari o sperimentali a seconda del verificarsi o meno di determinate condizioni dettagliatamente descritte, ma almeno anche in questi casi si capisce che aver effettuato prove sperimentali ha comunque un senso.

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Fig. 2.1 Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti valori dei fattori di confidenza per edifici in muratura3.

3

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Fig. 2.2 Valori di riferimento dei parametri meccanici (minimi e massimi) e peso specifico medio per diverse tipologie di muratura riferiti alle seguenti condizioni: malta di caratteristiche scarse, muratura non consolidata, tessitura (nel caso di elementi regolari) a regola d’arte4

.

Nel caso di murature storiche, come detto dalla stessa circolare applicativa, “i

valori sono da riferirsi a condizioni di muratura con malta di scadenti caratteristiche, giunti non particolarmente sottili ed in assenza di ricorsi o listature che, con passo costante, regolarizzino la tessitura ed in particolare l’orizzontalità dei corsi. Inoltre si assume che, per le murature storiche, queste siano a paramenti scollegati, ovvero manchino sistematici elementi di connessione trasversale”.

Nel caso in cui ci ritrovassimo in presenza di murature che presentino caratteristiche migliori rispetto a quanto detto sopra, è la stessa normativa che fornisce una tabella di coefficienti correttivi, da applicare o alle resistenze della muratura, o ai moduli elastici E e G o ad entrambe le grandezze, a seconda della miglioria che presenta la muratura stessa rispetto alle condizioni standard. Tale tabella è riportata per comodità in fig. 2.3 .

4

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Fig. 2.3 Coefficienti correttivi dei parametri meccanici indicati in fig. 2.25

Oltre alla definizione dei livelli di conoscenza, la norma sottolinea come deve essere garantita la sicurezza e classifica, in aggiunta, le diverse tipologie di intervento che possono essere eseguite su strutture esistenti, ogni qualvolta ci troviamo in presenza di:

- Riduzione evidente della capacità resistente o deformativa della struttura o di alcune sue parti, significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, azioni eccezionali, situazioni di funzionamento anomalo, cedimenti significativi del terreno di fondazione.

- Gravi errori di progetto o di costruzione.

- Cambio di destinazione d’uso della costruzione o di parte di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d’uso della costruzione.

- Interventi non dichiaratamente strutturali che però interagiscono, anche solo in parte, con elementi aventi funzione strutturale.

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2.3

Classificazione delle tipologie di intervento

sulle costruzioni in muratura.

Le costruzioni devono essere sottoposte alla valutazione della sicurezza. Questa potrà essere eseguita soltanto in relazione al solo stato limite ultimo, in particolare nei confronti della condizione di stato limite ultimo di salvaguardia della vita umana o, in alternativa, alla condizione di collasso. Tra i vari interventi possibili su costruzioni esistenti la norma distingue in:

- adeguamento - miglioramento

- riparazione (o intervento locale)

Gli interventi dovranno essere principalmente finalizzati all’eliminazione o alla riduzione significativa di carenze gravi legate ad errori di progetto o di esecuzione, a degrado, a danni ecc, prevedendo successivamente il rafforzamento della struttura esistente, anche in relazione ad un mutato impegno strutturale.

2.3.1 Intervento di adeguamento.

La normativa, in merito a questa tipologia di intervento, afferma che si deve procedere alla valutazione della sicurezza e, qualora necessario, all’adeguamento della costruzione, a chiunque intenda:

sopraelevare la costruzione

ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla

costruzione

apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino

incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10%; resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione

effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione

mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente

Il progetto deve essere riferito all’intera costruzione e deve riportare le verifiche dell’intera struttura post intervento. Una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani, non è considerata sopraelevazione o ampliamento. In tal caso non è necessario procedere all’adeguamento, salvo che non ricorrano le condizioni di cui agli ultimi due punti6.

6

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In questo caso la valutazione della sicurezza è mirata a stabilire se la struttura è in grado di resistere alle combinazioni di progetto contenute nelle stesse NTC 2008, con il grado di sicurezza richiesto.

2.3.2 Intervento di miglioramento.

Questo tipo di intervento comprende quelle operazioni finalizzate ad accrescere la capacità resistente delle strutture esistenti. Rientrano in tale tipo di intervento, tutti quelli che non sono elencati nel punto relativo agli interventi di adeguamento. Anche in questo caso il progetto e la valutazione della sicurezza deve essere esteso a tutte le parti interessate dalle modifiche di comportamento, nonché alla struttura nel suo insieme7.

Come specificato nella circolare di applicazione 2 Febbraio 2009, n° 617, “in

caso di miglioramento sismico, la valutazione della sicurezza riguarderà, necessariamente, la struttura nel suo insieme, oltre che i possibili meccanismi locali”.

2.3.3 Intervento di riparazione o intervento locale.

Gli interventi di riparazione riguardano singole parti e/o elementi strutturali e interessano porzioni limitate della costruzione. Il progetto e la valutazione della sicurezza possono riferirsi alle sole zone interessate. Deve essere provato con apposita documentazione allegata che gli interventi effettuati non abbiano apportato modifiche importanti alla costruzione e che comunque, tali interventi abbiano apportato un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti8.

Entrambi gli interventi di adeguamento e miglioramento devono essere sottoposti a collaudo statico.

Concludendo questa parte relativa alle indagini conoscitive su strutture esistenti in muratura, possiamo senz’altro affermare che la normativa fornisce indicazioni abbastanza precise su quali devono essere i criteri da seguire per il raggiungimento di un determinato livello di approfondimento nell’analisi di edifici esistenti in muratura, pur lasciando al progettista ampia libertà discrezionale sulla tipologia di indagine da effettuare, e anche sul livello di approfondimento fino al quale spingersi.

Tale libertà di scelta può essere dovuta a differenti fattori, come ad esempio l’importanza della costruzione, la disponibilità più o meno consistente di risorse economiche (è noto infatti che il costo delle indagini, effettuate spesso da ditte specialistiche, aumenta considerevolmente con l’incrementare del livello di dettaglio ricercato), mancanza o meno di documentazione storica sull’edificio in questione. La norma viene incontro a tali carenze introducendo i fattori di

7

D.M. 14 Gennaio 2008, § 8.4.2 8

(15)

confidenza, i quali tenendo conto di diversi parametri, consentono di ridurre in qualche modo i rischi derivanti soprattutto dalla mancanza di dati necessari per la valutazione esatta della sicurezza.

2.4 Le verifiche sugli elementi strutturali in

muratura.

Il D.M. 14 gennaio 2008, subito all’inizio del capitolo 8, nella parte dove definisce i criteri generali in merito alle costruzioni esistenti, afferma quanto segue:

“Per quanto non diversamente specificato nel presente capitolo, le disposizioni di carattere generale contenute negli altri capitoli della presente norma costituiscono il riferimento anche per le costruzioni esistenti”

Continuando infatti nella lettura dello stesso capitolo, ci accorgiamo come la norma stessa non fornisca indicazioni di tipo operativo, ne tantomeno apposite formule di verifica degli elementi resistenti di costruzioni esistenti in muratura, ma si limiti soltanto a descrivere in maniera qualitativa alcuni aspetti di carattere più divulgativo che mirato invece ad indicazioni operative vere e proprie.

Per tale ragione, ad esempio per quanto concerne la verifica di pannelli di muratura, sia in relazione ad azioni nel piano che fuori piano, la norma rimanda ai metodi di verifica utilizzati per pannelli murari di nuova realizzazione, facendo un’unica distinzione in relazione alla determinazione della resistenza a taglio nel caso in cui abbiamo a che fare con “muratura irregolare o caratterizzata da blocchi

non particolarmente resistenti”.

Di seguito vengono riportate le espressioni fornite nelle NTC 2008 per la verifica di pannelli in muratura soggetti ad azioni di tipo sismico, con riferimento alle strutture di nuova costruzione.

2.4.1 Verifica a pressoflessione nel piano medio di un

pannello.

Il valore del momento resistente ultimo di un pannello di muratura soggetto a pressoflessione nel proprio piano è fornito dall’espressione riportata di seguito (NTC08 formula 7.8.2, Cap. 7, pag. 291):

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Mu momento corrispondente al collasso per pressoflessione;

l lunghezza complessiva della parete;

t spessore della zona compressa della parete;

s0 tensione normale media, riferita all’area totale della sezione (data dal rapporto tra il carico assiale P e l’area della sezione di muratura);

resistenza a compressione di calcolo della muratura.

La (1) è ottenuta imponendo l’equilibrio alla rotazione del pannello di muratura, nell’ipotesi che sulla base inferiore sia presente una distribuzione di tensioni normali di compressione di intensità costante (tipo stress-block) pari a 0.85 fd.

Fig. 2.2. Schema per la determinazione del momento resistente ultimo di un pannello murario soggetto a pressoflessione nel piano medio.

(17)

L’espressione precedente è originata dal seguente ragionamento: Momento resistente ultimo.

Sforzo di compressione sulla zona reagente della muratura.

Larghezza sella zona compressa.

Eccentricità della risultante delle tensioni di compressione rispetto alla mezzeria del pannello murari.

Sostituendo tale espressioni nella prima, e dopo alcuni passaggi, otteniamo:

Espressione del momento resistente ultimo.

2.4.2 Verifica a taglio di un pannello.

Il valore della resistenza a taglio per pannelli in muratura è valutata con la seguente espressione (NTC08 formula 7.8.3, Cap.7, pag. 306)

(2)

Lunghezza della parte compressa della parete. Spessore della parete.

Resistenza a taglio di progetto (la tensione normale media deve essere calcolata sulla parte compressa della parete). fvk è la resistenza caratteristica a taglio della muratura in presenza delle effettive tensioni di compressione e valutata con

, dove è la tensione normale media dovuta ai carichi verticali agenti sulla sezione di verifica.

(18)

L’espressione (2) fornisce il valore della resistenza a taglio del pannello murario in caso di rottura per semplice scorrimento e coincide con la formula per la valutazione delle forze resistenti in un sistema con attrito alla Coulomb. È da notare che tale formula è però indicata soprattutto per pannelli murari di recente e nuova costruzione, dove è possibile fare affidamento su una realizzazione compiuta e regola d’arte, cioè avendo posto i vari elementi resistenti in filari orizzontali, con sfalsamento successivo dei giunti verticali, interponendo tra gli elementi strati di malta di spessore e resistenza adeguata. Se queste condizioni sono soddisfatte allora è lecito ipotizzare un meccanismo di rottura per taglio del tipo descritto sopra.

Se al contrario il pannello murario è realizzato in maniera caotica, avendo impiegato blocchi resistenti di diversa natura e dimensione, posizionati in maniera disorganizzata, è stato riscontrato dall’analisi di pannelli murari di tale tipo sottoposti ad azione sismica, non una rottura per semplice scorrimento, bensì una rottura per fessurazione diagonale.

Nella circolare applicativa viene indicata una espressione da utilizzare nel caso in cui ci trovassimo di fronte a tale eventualità. La resistenza a taglio di calcolo per fessurazione diagonale è definita come (Formula 8.7.1.1, Cap. C8, pag. 293).

(3)

Lunghezza del pannello. Spessore del pannello.

Tensione normale media riferita all’area totale della sezione.

Resistenza a trazione per fessurazione diagonale.

Coefficiente correttivo legato alla distribuzione degli sforzi sulla sezione. Si può assumere pari a h/l, comunque non superiore a 1.5 e non inferiore a 1. H è l’altezza del pannello.

L’espressione (3) è nota in letteratura come formula di Turnsek-Cacovic ed è utilizzata per la valutazione della resistenza a taglio di pannelli soggetti a crisi per fessurazione diagonale.

Essa ipotizza che la rottura per taglio per fessurazione diagonale avvenga quando lo sforzo principale di trazione raggiunge il valore limite ftd, che viene

assunto come resistenza a trazione convenzionale della muratura. La sua deduzione deriva dai seguenti ragionamenti effettuati sul cerchio di Mohr.

(19)

Fig. 2.3 Cerchio di Mohr per la valutazione della resistenza a taglio per fessurazione diagonale.

Lo stato tensionale a metà altezza del setto murario è rappresentato dal seguente tensore del secondo ordine di Cauchy:

Sappiamo dalla scienza delle costruzioni, con riferimento alla teoria del cerchio di Mohr, che il raggio del cerchio è dato da:

Dove gli elementi indicati con e sono rispettivamente le componenti normali di tensione del tensore di Cauchy, mentre è la componente tangenziale della tensione. Nel nostro caso avremo che:

- - -

(20)

L’espressione del raggio del cerchio, con riferimento al particolare caso in studio diventa:

(4)

ma abbiamo anche:

(5)

Uguagliando le espressioni 4 e 5, e sviluppando i calcoli otteniamo:

→ (6)

Quella trovata sopra è l’espressione di una tensione media. La forza resistente a taglio per fessurazione diagonale è ottenuta moltiplicando l’espressione (6) per le dimensioni della sezione trasversale del setto murario t l . Nell’espressione di Turnsek-Cacovic compare a denominatore un coefficiente b, che come è stato visto tiene di conto della snellezza della parete.

La normativa italiana D.M. 14 Gennaio 2008 dice di assumere il coefficiente b pari al rapporto fra l’altezza H del pannello murario e la sua altezza L, limitandolo superiormente e inferiormente ai valori 1,5 e 1. In letteratura si trovano diversi criteri per l’assegnazione del coefficiente b, dei quali il più famoso è senz’altro quello proposto da Benedetti e Tomaževiè (1984), dove per , per e per .

Analizzando le espressioni fornite dalla normativa per la valutazione della resistenza a taglio di un pannello in muratura, e cioè l’espressione della resistenza a taglio per scorrimento alla Coulomb, e quella della resistenza a taglio per fessurazione diagonale si nota come vi siano delle incongruenze nelle due formule, non tanto nel metodo di impiego dell’una o dell’altra, ma quanto per il fatto che esse si basano su ipotesi totalmente contrastanti.

Infatti, mentre nell’espressione della resistenza a taglio per scivolamento, la forza resistente viene calcolata in corrispondenza della sola sezione compressa della parete, considerando di conseguenza nulla la resistenza a trazione della muratura, nel caso di rottura per fessurazione diagonale si fa invece affidamento sulla resistenza convenzionale a trazione della muratura ftd.

(21)

Nel caso di verifica a pressoflessione del pannello murario per azioni ortogonali al piano della parete, la formula di verifica da utilizzare è la stessa della verifica a pressoflessione nel piano, facendo attenzione a sostituire al posto della lunghezza l della parete il suo spessore, e viceversa.

Anche per la verifica degli elementi “fascia”, cioè gli elementi di collegamento orizzontale tra i maschi murari, la normativa interviene con formule di verifica sia per azioni di taglio che per pressoflessione nel piano. Tali formule però possono essere ritenute valide soltanto per costruzioni nuove o comunque di recente costruzione, in quanto è la norma stessa che prescrive la validità della applicabilità stessa di tali formule “in presenza di un cordolo di piano o di un architrave

resistente a flessione efficacemente ammorsato alle estremità”.

2.4.3 Verifica a Taglio per le fasce di piano.

Il valore della resistenza a taglio per gli elementi fascia è valutata con la seguente espressione (NTC08 formula 7.8.4, Cap. 7, pag. 306):

(7)

Nella quale le grandezze presenti assumono il seguente significato:

Altezza della sezione della trave. t Spessore della trave in muratura.

Resistenza di calcolo a taglio in assenza di

compressione; nel caso di analisi statica non lineare può essere posta pari al valore medio.

2.4.4 Verifica a pressoflessione per le fasce di piano.

Il valore della momento resistente ultimo per gli elementi fascia è valutata con la seguente espressione (NTC08 formula 7.8.5, Cap. 7, pag. 307):

(22)

Le grandezze presenti nella (8) assumono il seguente significato:

Massimo momento resistente.

Minimo valore fra la resistenza a trazione dell’elemento teso disposto orizzontalmente e il valore . Resistenza di calcolo a compressione della muratura in

direzione orizzontale (nel piano della parete). Nel caso di analisi statica non lineare può essere posta uguale al valore medio.

A tale meccanismo di pressoflessione è associata la seguente resistenza a taglio:

(9)

Dove l è la luce libera della trave in muratura. Il valore da utilizzare come resistenza a taglio per l’elemento di trave in muratura ordinaria è assunto pari al minimo fra Vt e Vp.

2.4.5 Osservazioni sui metodi di verifica della

resistenza di pannelli murari.

Per quanto riguarda le verifiche di resistenza dei pannelli murari di costruzioni esistenti, la norma italiana si limita a rimandare ai paragrafi che trattano lo stesso tema a proposito dei pannelli murari di nuova costruzione. Si assume, in altri termini, che il comportamento meccanico di pannelli in muratura di nuova realizzazione sia assimilabile a quello di pannelli appartenenti a costruzioni storiche risalenti a periodi caratterizzati da tecniche di costruzione nettamente differenti rispetto a quelle che si hanno a disposizione adesso.

La norma italiana, inoltre, distingue le verifiche da effettuare sugli elementi murari a seconda del tipo di azione che si considera (statica piuttosto che sismica). Con riferimento alle azioni non sismiche, si afferma che le verifiche nei confronti degli stati limite ultimi devono essere effettuate nei confronti dei seguenti tipi di sollecitazione:

(23)

- Pressoflessione per carichi laterali (resistenza e stabilità fuori dal piano) - Pressoflessione nel piano del muro

- Taglio per azioni nel piano nel muro - Carichi concentrati

- Flessione e taglio di travi di accoppiamento

Essa però non fornisce al progettista alcuna procedura e formula di verifica, limitandosi, molto sinteticamente, a indicare che le verifiche vanno condotte con riferimento a normative di comprovata validità e rimandando perciò, alla consultazione della norma europea.

Al contrario, la norma EN 1998 1-1 (Eurocodice strutturale n° 8, parte 1-1), in merito alle verifiche per la valutazione della sicurezza nei confronti dell’azione sismica di strutture in muratura portante, rimanda a ciò che è scritto nella parte prima dell’Eurocodice 6, dicendo “che per la verifica di sicurezza nei confronti del collasso, la resistenza di progetto di ogni elemento strutturale deve essere valutata in conformità alla norma EN 1996 1-1”. Il capitolo 4 della stessa norma fornisce le indicazioni per la progettazione della muratura. In questo modo, già subito nella parte dedicata alle murature in zona non sismica, l’Eurocodice prevede ogni forma di verifica degli elementi strutturali nei confronti delle diverse tipologie di azioni, non contemplando però la verifica nei confronti di azioni di pressoflessione nel piano. In questo modo, se non altro, il progettista si trova immediatamente di fronte un quadro molto più delineato e chiaro su quale deve essere il comportamento da tenere. Tale norma, a differenza del testo in vigore in Italia, riunisce i metodi di verifica per elementi strutturali nella parte 1-1 del dettato stesso, indipendentemente dal fatto che le azioni per le quali deve essere fatta la verifica siano o meno di origine sismica, includendo dunque anche i tipi di verifica indicati in EN 1998 1-1.

Una differenza sostanziale riscontrata confrontando le due normative, Eurocodice e NTC 2008, è nei riguardi della verifica allo stato limite ultimo per azioni di pressoflessione nel piano della parete e fuori piano. Ne l’EN 1996 1-1 ne l’EN 1998 1-1 forniscono indicazioni su come effettuare la verifica, a differenza delle NTC 2008 che al contrario indicano una espressione da usare in tale caso (vedi sopra).

(24)

2.5 Metodi per l’analisi di strutture in muratura.

Per quanto riguarda i possibili metodi di analisi strutturale che possono essere adottati nello studio del comportamento di costruzioni esistenti, la circolare di applicazione alle NTC 2008, al capitolo C8.7.1.4 prescrive che si può adottare uno dei metodi riportati nel capitolo 7.3 delle medesime NTC ed “in particolare,

per le costruzioni esistenti è possibile utilizzare l’analisi statica non lineare (pushover), assegnando come distribuzione principale e secondaria, rispettivamente, la prima distribuzione del gruppo 1 e la prima del gruppo 2 indipendentemente dalla massa partecipante sul primo modo”.

Tali metodi di analisi sono gli stessi utilizzati per strutture di nuova costruzione e diversa tipologia, come, ad esempio, strutture in acciaio o cemento armato. Di seguito sono riportati e descritti i vari metodi:

- Analisi statica lineare - Analisi dinamica lineare - Analisi statica non lineare - Analisi dinamica non lineare.

2.5.1 Analisi statica lineare.

Tale metodo di analisi è il più semplice che può essere fatto su una struttura al fine della valutazione del suo comportamento nei confronti dell’azione sismica. Essa è anche chiamata analisi statica equivalente in quanto le forze sismiche applicate alla costruzione agiscono in maniera statica e sono ottenute dall’ordinata dello spettro di progetto corrispondente al periodo T1 di vibrazione della struttura (periodo fondamentale di vibrazione).

Condizione necessaria affinché tale metodo possa essere applicato in maniera corretta è che il periodo del primo modo fondamentale di vibrare T1 non superi 2.5 TC o TD e che la costruzione sia regolare in altezza.

La forza da applicare a ciascuna massa della costruzione è data da (NTC08 formula7.3.6, Cap.7, pag. 255):

(10)

Nella quale le grandezze presenti assumono il seguente significato:

Fi Forza da applicare alla massa i-esima.

(25)

zi, zj Quote, rispetto al piano di fondazione, delle masse i e j. Sd(T1) Ordinata dello spettro di risposta di progetto.

W Peso complessivo della costruzione.

l Coefficiente pari a 0.85 se la costruzione ha almeno tre orizzontamenti e se T1< 2Tc, pari a 1 negli altri casi.

g Accelerazione di gravità.

La norma fornisce anche l’espressione per la valutazione approssimata del primo periodo di vibrazione per costruzioni civili, nel caso in cui esse non superino i 40 metri di altezza ed abbiano una massa approssimativamente distribuita in maniera uniforme in altezza. In tali casi possiamo assumere (NTC08 formula7.3.5, Cap. 7, pag. 254) :

(11)

Nella quale compaiono le seguenti grandezze:

C1 Coefficiente che per strutture in muratura vale 0.050. H Altezza della costruzione, in metri, dal piano di fondazione.

2.5.2 Analisi dinamica lineare.

L’analisi dinamica lineare, conosciuta anche col nome di Analisi modale con spettro di risposta è un tipo di analisi la cui esecuzione è suddivisa in tre fasi principali;

- determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale). - calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di

progetto, per ciascuno dei modi di vibrare individuati. - combinazione di questi effetti.

La normativa italiana impone di considerare tutti i modi con massa partecipante significativa, in particolare devono essere considerati tutti i modi con massa partecipante superiore al 5% ed un numero complessivo di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all’85%.

A tale riguardo l’Eurocodice 8 impone condizioni più restrittive sul numero di modi totali da considerare nell’analisi, spostando la percentuale di massa complessiva da considerare al 90%.

(26)

Una volta determinati gli effetti dovuti ai differenti modi di vibrazione, questi devono essere combinati fra se utilizzando una combinazione quadratica completa degli effetti relativi a ciascun modo (NTC08 formula 7.3.3, Cap. 7, pag. 254):

(12)

Nella quale le grandezze presenti assumono il seguente significato:

E Valore dell’effetto cercato.

Ei,Ej Valori degli effetti relativi ai modi i e j. ri,j Coefficiente di correlazione tra i modi i e j.

(13)

Coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j (NTC08 formula 7.3.4, Cap. 7, pag. 254).

Smorzamento viscoso dei modi i e j.

Rapporto tra l’inverso dei periodi di ciascuna coppia i-j di modi (bij = Tj/Ti).

2.5.3 Analisi statica non lineare.

L’analisi statica non lineare consiste, come specificato dallo stesso D.M. 14 Gennaio 2008, “nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e, per la direzione

considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite, ad ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante (taglio alla base) Fb.

In tali analisi le forze laterali vengono incrementate monotonamente ad ogni passo dell’analisi, al fine di determinare quella che è definita la curva di capacità della struttura, rappresentata da una curva sul piano dove sull’asse delle ascisse è riportato il taglio alla base, mentre sull’asse delle ordinate è riportato lo spostamento di un punto di controllo.

Tale tipo di analisi viene solitamente effettuata per i seguenti scopi:

(27)

- verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati con il fattore di struttura q

- come metodo di progetto di edifici di nuova costruzione al posto di analisi lineari

- come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti

la norma NTC 2008, sempre nello stesso capitolo riporta quali devono essere le distribuzioni di azioni che devono essere considerate per l’applicazione di questo metodo di analisi; essa identifica due gruppi di distribuzioni di azioni, denominati rispettivamente Gruppo 1 – distribuzioni principali e Gruppo 2 – distribuzioni

secondarie

2.5.4 Analisi dinamica non lineare.

L’analisi dinamica non lineare valuta invece la risposta sismica della costruzione tramite l’integrazione nel tempo delle equazioni del moto utilizzando un modello non lineare della struttura ed utilizzando come azione sismica degli accelerogrammi, rappresentanti il moto del terreno.

Questi descritti sopra sono i metodi fondamentali che possono essere utilizzati per l’analisi di strutture, sia di nuova costruzione che esistenti. Particolare attenzione però deve essere fatta nel caso delle costruzioni esistenti, ed in special modo con riferimento alle costruzioni storiche, per le quali una analisi di tipo globale come quelle indicate precedentemente può portare alla definizione di risultati errati e conseguentemente ad una distorsione dell’effettivo grado di sicurezza.

2.6 Analisi dei meccanismi locali di collasso.

Solitamente, in edifici esistenti in muratura, non sono i collassi di tipo globale ad interessare la struttura, ma al contrario collassi di tipo parziale, cioè collassi che interessano soltanto porzioni murarie limitate. Affinché tale tipo di verifica possa assumere significato, occorre che sia garantita una certa monoliticità della parete muraria, tale da impedire collassi puntuali per disgregazione della muratura.

Il metodo suggerito dalla circolare di applicazione alle NTC 2008 per la verifica di tale tipo di meccanismi, è quello dell’analisi limite, tramite l’applicazione del teorema cinematico. Il primo passo consiste nell’identificare un possibile meccanismo di collasso che interessi la parete e, conseguentemente, determinare l’azione orizzontale che attiva il meccanismo. Solitamente, i

(28)

meccanismi locali che si instaurano nelle pareti sono quasi sempre riferiti ad azioni agenti fuori dal piano, mentre quando abbiamo a che fare con sistemi ad arco, allora il collasso può avvenire anche nel piano.

Oltre a ciò, è possibile determinare anche l’andamento dell’azione orizzontale che la struttura è in grado di sopportare man mano che il meccanismo si evolve. Questo andamento è descritto da una curva che riporta l’andamento di un parametro a, in funzione dello spostamento di un punto di controllo; a è dato dal rapporto tra le forze orizzontali applicate e i pesi delle corrispondenti masse presenti. La curva deve proseguire fino all’annullamento delle capacità portanti della parete (a = 0)9.

Il metodo descritto dalla normativa è articolato nei seguenti passi:

- Individuazione nella parete della catena cinematica tramite l’identificazione di corpi rigidi, definiti da piani di frattura ipotizzabili per scarsa resistenza a trazione della muratura, che siano in grado di ruotare o scorrere fra loro ( tale situazione è indicata come meccanismo di danno e

collasso).

- Valutazione del moltiplicatore orizzontale dei carichi a0 che attiva il meccanismo (stato limite di danno).

- Valutazione dell’evoluzione del moltiplicatore a al crescere dello spostamento dk del punto di controllo. Solitamente tale punto viene scelto in corrispondenza del baricentro delle masse. L’analisi prosegue fino all’annullamento della forza sismica orizzontale.

- La curva ottenuta deve essere trasformata in curva di capacità, accelerazione spettrale - spostamento spettrale (a* - d*), con valutazione dello spostamento ultimo (stato limite ultimo).

- Verifiche di sicurezza per il controllo della compatibilità degli spostamenti10.

La normativa consente due tipi di analisi per lo studio dei meccanismi locali di collasso e cioè l’analisi cinematica lineare e l’analisi cinematica non lineare. Per entrambe le tipologie, le ipotesi che vengono messe alla base dei due procedimenti sono:

- Resistenza a trazione della muratura uguale a zero. - Assenza di scorrimento fra i blocchi.

- Resistenza infinita a compressione della muratura.

9

Circolare di applicazione 2 Febbraio 2009 n° 617. 10

(29)

La stessa norma indica di considerare ulteriori parametri affinché venga ottenuta una simulazione più realistica del comportamento della parete in esame. Per tale ragione, oltre alle caratteristiche precedentemente elencate, viene indicato di considerare anche:

- Gli scorrimenti fra i blocchi considerando la presenza dell’attrito. - Le connessioni tra le pareti, anche se di resistenza limitata. - La presenza o meno di catene metalliche.

- La limitata resistenza a compressione della muratura, con cerniere adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione.

(30)

2.6.1 Analisi cinematica lineare.

Tramite l’analisi cinematica lineare è possibile ottenere il moltiplicatore dei carichi a0 che porta all’attivazione del meccanismo prescelto. Alla catena cinematica prescelta devono essere applicate le seguenti forze:

- I pesi propri dei blocchi applicati nei loro baricentri. - I carichi verticali portati dai diversi blocchi.

- Un sistema di forze orizzontali proporzionali ai carichi verticali portati. - Eventuali forze esterne (tipo quelle trasmesse da catene metalliche).

- Eventuali forze interne (come le azioni legate all’ingranamento tra i conci murari).

Il procedimento inizia, una volta scelto il meccanismo di collasso, con l’assegnazione di una rotazione virtuale qk al generico blocco k, andando a determinare in funzione di questa gli spostamenti delle diverse forze applicate, nella direzione corrispondente. Il moltiplicatore a0 viene valutato applicando al sistema di forze e spostamenti il Principio dei Lavori Virtuali, uguagliando il lavoro delle forze esterne e interne applicate al sistema (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.1, Cap. C8, pag. 397):

(14)

Dove le grandezze presenti assumono il seguente significato:

- n = numero di tutte le forze peso applicate ai diversi blocchi della catena cinematica.

- m = numero delle forze peso non direttamente gravanti sui blocchi le cui masse, per effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica, in quanto non efficientemente trasmesse ad altre parti dell’edificio.

- o = numero delle forze esterne, non associate a masse, applicate ai diversi blocchi.

- = è la generica forza peso, non direttamente applicata sui blocchi, la cui massa, per effetto dell’azione sismica, genera una forza orizzontale sugli elementi della catena cinematica, in quanto non efficacemente trasmessa ad altre parti dell’edificio.

(31)

- = spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo peso , assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione sismica che attiva il meccanismo. - = spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione

dell’j-esimo peso , assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione sismica che attiva il meccanismo. - = spostamento virtuale verticale del punto di applicazione dell’i-esimo

peso , assunto positivo se verso l’alto.

- = forza esterna generica ( in valore assoluto), applicata al blocco. - = spostamento virtuale del punto dove è applicata la h-esima forza

esterna, nella direzione della stessa, di segno positivo se con verso discorde.

- = lavoro di eventuali forze interne.

2.6.2 Analisi cinematica non lineare.

2.6.2.1 Relazione tra il moltiplicatore a e lo spostamento.

La norma, al fine di determinare la capacità di spostamento della struttura fino al punto di collasso, relativamente al meccanismo ipotizzato, consente la determinazione del moltiplicatore a non solo per la configurazione iniziale, ma anche per le configurazioni variate della catena cinematica, tramite una analisi non lineare.

Sempre la norma, a tale riguardo, consente questa tipologia di analisi sia per via grafica che per via analitico - numerica. Nel primo caso deve essere individuata la geometria del sistema nelle diverse configurazioni, mentre nel secondo caso, considerando una successione di rotazioni virtuali, aggiornando progressivamente la geometria del sistema.

Nel caso in cui le azioni gravanti siano mantenute costanti con l’evolversi del cinematismo, la curva ottenuta seguirà un andamento pressoché lineare ed in tal caso, la norma richiede la valutazione del solo spostamento dk,0 per il quale si ha l’annullamento del moltiplicatore. In questo caso l’espressione assunta dalla curva diventa (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.2, Cap. C8, pag. 398):

(15)

Tale configurazione può essere ottenuta esprimendo la geometria in una generica configurazione variata che sia funzione della rotazione finita qk,o,

(32)

applicando il principio dei lavori virtuali avendo posto a = 0, e ricavando da tale equazione l’incognita qk,0.

Nel caso in cui venga messa in conto la variazione delle forze esterne con lo spostamento, la norma consente di considerare la curva lineare a tratti, valutata in corrispondenza degli spostamenti per cui si verificano alcuni eventi significativi, come ad esempio lo snervamento di una catena, la rottura della catena, la perdita dell’ammorsamento tra murature, ecc.

2.6.2.2 Valutazione della curva di capacità (oscillatore

equivalente).

Non appena nota la curva che descrive l’andamento del moltiplicatore orizzontale dei carichi a, in funzione dello spostamento dk del punto di controllo, deve essere definita la curva di capacità dell’oscillatore equivalente come relazione tra accelerazione a* e spostamento d*. La circolare di applicazione alle NTC indica la procedura da seguire per l’ottenimento di tale curva, che verrà di seguito riportato.

La massa partecipante al cinematismo definita come (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.3, Cap. C8, pag. 399):

(16)

Nella quale le grandezze presenti assumono il seguente significato:

n+m = Numero delle forze peso applicate le cui masse, per effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica.

dx,i = Spostamento virtuale orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo peso .

L’accelerazione spettrale di attivazione del meccanismo assume l’espressione seguente (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.4, Cap. C8, pag. 399)

: (17)

(33)

Le grandezze presenti nella (17) assumono il seguente significato:

g = Accelerazione di gravità.

e* = Frazione di massa partecipante della struttura.

FC = Fattore di confidenza. Nel caso in cui per la valutazione del moltiplicatore a non si tenga conto della resistenza a compressione della muratura, il fattore di confidenza da utilizzare dovrà essere quello relativo al livello di conoscenza LC1.

Lo spostamento spettrale dell’oscillatore equivalente è definito dalla seguente espressione (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.5, Cap. C8, pag. 399):

:

(18)

dx,k = spostamento virtuale orizzontale del punto k, assunto come riferimento per la determinazione dello spostamento dk.

Anche in questo caso, se le azioni presenti sono mantenute costanti, la curva presenterà un andamento pressoché lineare e la sua espressione può essere data nella forma (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.6, Cap. C8, pag. 400):

(19)

= Spostamento corrispondente allo spettrale equivalente corrispondente allo spostamento .

Se le forze esterne sono di entità variabile, anche in questo caso la curva sarà assunta lineare a tratti.

2.6.2.3 Verifiche di sicurezza.

Per i meccanismi locali di collasso, la normativa prevede due tipi di verifica nei confronti di due stati limite: quello di danno e quello di salvaguardia della vita.

(34)

Stato limite di danno.

La verifica di sicurezza nei confronti di questo stato limite è soddisfatta quando l’accelerazione spettrale di attivazione del meccanismo sia superiore all’accelerazione di picco della domanda sismica. A tale proposito la normativa differenzia due casi, a seconda che la parte di struttura da verificare sia sostanzialmente appoggiata a terra oppure posta ad una certa quota.

Nel caso in cui la verifica riguardi un elemento isolato o una porzione della costruzione sostanzialmente appoggiata a terra, si deve andare a confrontare l’accelerazione di attivazione del meccanismo con l’accelerazione al suolo, ossia con lo spettro elastico valutato per T = 0. L’accelerazione a0* corrispondente all’attivazione del meccanismo di danno è definita dalla seguente (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.7, Cap. C8, pag. 400):

(20)

Nella quale compaiono le seguenti grandezze: - : accelerazione orizzontale di riferimento.

- : coefficiente che tiene conto della topografia e della stratigrafia del sito.

Quando invece il meccanismo locale interessa una porzione della struttura posta ad una certa quota, occorre tenere presente che l’accelerazione alla quota considerata è generalmente amplificata rispetto a quella al suolo. Per tale motivo, in aggiunta al controllo descritto precedentemente occorre aggiunge l’ulteriore verifica (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.8, Cap. C8, pag. 401):

(21)

Nella (21) le grandezze presenti assumono il seguente significato:

- è lo spettro elastico, calcolato per il primo periodo proprio . - è il primo modo di vibrazione nella direzione considerata,

normalizzato ad uno in sommità dell’edificio. in via semplificativa può essere assunto pari a Z/H, dove H è l’altezza della struttura rispetto alla fondazione.

- Z è l’altezza, rispetto alla fondazione dell’edificio, del baricentro delle linee di vincolo tra i blocchi interessati dal meccanismo ed il resto della struttura

(35)

- è il corrispondente coefficiente di partecipazione modale (sempre in assenza di valutazioni più accurate, può essere assunto pari a 3N/(2N+1), dove N è il numero di piani dell’edificio.

A chiusura del capitolo relativo alla verifica allo stato limite di danno, la norma conclude con il seguente paragrafo: “Nel caso di meccanismi locali, lo stato limite di danno corrisponde all’insorgere di fessurazioni che non interessano l’intera struttura, ma soltanto una sua parte; pertanto nel caso di edifici esistenti in muratura, anche in considerazione delle giustificate esigenze di conservazione, pur essendo auspicabile il soddisfacimento di questo stato limite, la sua verifica non è richiesta”.

Stato limite di salvaguardia della vita.

Per tale tipo di verifica, la normativa dà la possibilità al progettista si seguire due metodi distinti, effettuando cioè una analisi cinematica lineare o una analisi cinematica non lineare.

Verifica semplificata con fattore di struttura (analisi cinematica

lineare).

Per tale tipo di verifica, il confronto che viene fatto è lo stesso visto per la verifica allo stato limite di danno, a patto di andare a dividere il secondo membro della disuguaglianza per il fattore di struttura q. Le espressioni di verifica sono:

(22)11

da usare nel caso in cui abbiamo a che fare con un elemento isolato o con una porzione di una costruzione sostanzialmente appoggiati a terra. Il fattore di struttura q può essere assunto pari a 2.

(23)12

da usare se il meccanismo locale interessa una porzione della costruzione posta ad una certa quota. In questo caso lo spettro di risposta è riferito ad una probabilità di superamento nel periodo di riferimento del 10%.

11 (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.9, Cap. C8, pag. 402) 12 (Circolare 2-02-2009 formula C8A.4.10, Cap. C8, pag. 402)

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