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1. I L PROBLEMA DELLO SCATTERING ELETTROMAGNETICO

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1.

I

L PROBLEMA DELLO SCATTERING ELETTROMAGNETICO

Si supponga di avere un oggetto generico illuminato da un campo elettromagnetico incidente, caratterizzato dai vettori campo elettrico  e campo magnetico , come mostrato in fig. 1.1. Il campo incidente induce sull'oggetto una densità di corrente elettrica  ed una densità di corrente magnetica , che, a loro volta, producono un campo scatterato  ed  . Il problema dello scattering elettromagnetico consiste nel determinare, in modo esatto quando possibile, in modo approssimato nella maggior parte dei casi, il campo diffratto in ogni direzione.

Qui e nel prosieguo i campi elettromagnetici verranno considerati monocromatici, essendo la pulsazione dell'onda. Nella notazione fasoriale dei campi il termine dipendente dal tempo, , verrà sottinteso.

 

 , 

 , 

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I campi elettrico e magnetico scatterati sono soluzioni delle equazioni di Helmholtz vettoriali, che si ottengono a partire da quelle di Maxwell e dall'equazione di continuità della corrente [2]:

∇

+ =  −∇∇ ∙  + ∇ ×  (1.1)

∇

+ =  −∇∇ ∙  + ∇ ×  (1.2)

essendo  il numero d'onda.

Ci sono vari metodi per risolvere le equazioni di Helmholtz in uno spazio omogeneo ed infinito. Ad esempio, usando la teoria delle funzioni di Green [2, 3], si ottiene:

= #$% ∗  + #$%'∗  (1.3)

= #$) ∗  + #$)'∗  (1.4)

dove con #$ è stata indicata la funzione di Green diadica e con l'asterisco è stata indicata l'operazione di convoluzione nello spazio. Il primo pedice della funzione di Green indica se è quella valida per il campo elettrico (e) o per quello magnetico (h), mentre il secondo pedice se è quella relativa alla densità di corrente elettrica (j) o magnetica (m). Le espressioni delle funzioni di Green si ottengono a partire da quelle dei potenziali vettori elettrico e magnetico. Si ha [3]:

#$% = +∇∇ + k1 I$.# (1.5)

#$%'= −∇ × +0$#. (1.6)

#$) = ∇ × +0$#. (1.7)

#$%'= +∇∇ + k1 I$.# (1.8)

essendo 0$ la matrice identità e # la funzione di Green scalare, che, in uno spazio isotropo ed omogeneo, vale:

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5 # =49|: − : 4 5|7478|

;| (1.9)

dove : è il vettore posizione generico ed :; è il vettore posizione sull'oggetto su cui scorrono le correnti indotte.

1.1. La radar cross section

La radar cross section (RCS) rappresenta una grandezza scalare media che permette di caratterizzare efficacemente e sinteticamente le proprietà elettromagnetiche di scattering di un oggetto. Essa è definita come la superficie che intercetta una quantità di potenza che, se diffratta in maniera isotropica, produce al ricevitore una densità di potenza pari a quella scatterata dall'oggetto reale. In formule:

=(>, ?) = lim7→D49: |(>, ?)|

|(>, ?)| (1.10)

essendo (>, ?) gli angoli che individuano la direzione.

In regione di campo lontano, il campo scatterato può essere considerato con buona approssimazione localmente piano:

≅ ,G∙ ĤG+ ,J ∙ ĤJ (1.11)

e quindi può esser calcolata anche la componente > e ? della radar cross section. A loro volta, queste possono essere scritte in funzione delle correnti indotte sul bersaglio [3]: =G(>, ?) = 



49 KL+M;Ncos > cos ? + M;Rcos > sin ? − M;Tsin > − Nsin ?

+ Rcos ?) ∙ 4 5+NUVWX G YZV J[RUVWX G VWXJ[TUYZV G.\]^\_^\`^K 

(1.12)

=J(>, ?) =  

49 KL+−M;Nsin ? + M;Rcos ? + Ncos > cos ? − Rcos > sin ? + Tsin >) ∙ 4 5+NUVWX G YZV J[RUVWX G VWX J[TUYZV G.\]^\_^\`^K



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avendo supposto unitaria l'ampiezza del campo incidente. Nel caso in cui le correnti indotte siano confinate sulla superficie (ad esempio supponendo che il bersaglio sia un conduttore perfetto), gli integrali di volume delle (1.12) e (1.13) diventano integrali di superficie.

1.2. Calcolo delle correnti indotte

Per studiare le proprietà di scattering di un oggetto è fondamentale conoscere le correnti che vi sono indotte sopra da un'onda elettromagnetica che lo illumini; queste correnti possono esser impiegate per calcolare i campi diffratti attraverso le (1.3) - (1.4) oppure per valutare direttamente la radar cross section attraverso le (1.12) - (1.13).

Il calcolo delle correnti indotte può esser risolto analiticamente solo in un numero molto esiguo di casi ideali, come ad esempio quello di un'onda elettromagnetica che incida un piano infinito. Nella quasi totalità delle situazioni bisogna, invece, far ricorso a metodi numerici approssimati.

Una tecnica classica per il determinare le correnti indotte è il Metodo dei Momenti (MoM).

Si supponga, per semplicità di esposizione, che il bersaglio sia un conduttore elettrico perfetto (PEC): su di esso, quindi, verrà indotta solo una densità di corrente elettrica superficiale ( = 0).

Nello sviluppo del MoM [3], si parte dall'imporre le condizioni al contorno sulla superficie del bersaglio. Nel caso in esame, si deve imporre che la componente tangenziale del campo elettrico totale sia nulla sulla superficie:

,abc= − ,abc (1.14)

Esprimendo il campo elettrico scatterato tramite la (1.3), si ottiene un'equazione integrale che viene indicata come EFIE (electric field integral equation).

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7  ≅ d e (1.15)

Una procedura tipica è quella proposta da Rao, Wilton e Glisson in [4], che consiste nel suddividere la superficie del PEC in patches triangolari su cui sono definite le funzioni base . Si ha:

,abc= − ,abcfd eg (1.14)

Le incognite sono ora i coefficienti della combinazione lineare che approssima la densità di corrente.

Si applica infine il metodo di Galerkin per ottenere un problema completamente numerico: si definisce un prodotto interno

hi, jk = l i ∙ j∗ (1.15)

avendo indicato con l'asterisco in apice l'operazione di coniugazione complessa; si definiscono delle funzioni di testing m, che coincidono con le funzioni base prima introdotte, e si calcola il prodotto interno tra queste e le funzioni base, ottenendo:

h,abc, m5k = − h ,abcfd eg , m5k (1.16)

cioè, un sistema lineare del tipo:

M$ ∙ 0 = n (1.17) dove la matrice Z viene detta matrice delle impedenze, il vettore I è quello delle incognite, cioè e, ed il vettore V è quello dei termini noti.

Il MoM presenta il vantaggio di avere delle incognite solo sul bersaglio, è estremamente versatile nel trattare geometrie anche complesse e garantisce risultati accurati. Esso, tuttavia, ha il pesante vincolo di poter essere applicato solo a superfici elettricamente non molto grandi. Per avere una buona accuratezza dei risultati, infatti, il MoM richiede che la superficie su sui scorrono le correnti sia discretizzata con una passo che sia al più un decimo della lunghezza d'onda della radiazione incidente

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(o 10⁄ ). Questo porta ad un rapido aumento del numero delle incognite all'aumentare delle dimensioni elettriche del bersaglio: la matrice delle impedenze Z diventa molto grande e densamente popolata, il che richiede enormi quantità di memoria nei calcolatori e tempi di calcolo estremamente lunghi quando si deve risolvere il sistema di equazioni. Bersagli moderatamente grandi richiedono migliaia di funzioni base per essere simulati correttamente, e la memoria richiesta nei computer cresce come q(r) ed il tempo di elaborazione come q(rs) se N è il numero di incognite. E' evidente, quindi, che anche con la moderna disponibilità di potenza di calcolo il MoM può essere applicato, nella sua formulazione classica, solo a problemi di poche lunghezze d'onda.

In letteratura sono presenti numerosi lavori che cercano di aggirare questo limite del Metodo dei Momenti. Esempi possono essere quelli di impiegare una trasformata di Fourier precorretta o di usare funzioni di base di ordine maggiore, ad esempio che si basino su trasformate wavelet, o ancora di impiegare il fast multipole method (FMM) e la sua estensione, il multilevel fast multipole algorithm (MLFMA), per ottenere una matrice delle impedenze che sia sparsa, in modo da poter applicare solvers numerici adatti [5, 6, 7]. E tuttavia, questi algoritmi restano legati al vincolo sulla dimensione della discretizzazione delle superfici, che non deve superare i o 10⁄ per dimensione lineare, e quindi restano limitati a problemi di medie dimensioni.

Legati ad un approccio completamente diverso rispetto al MoM sono i metodi ad alta frequenza, o metodi asintotici. Essi prendono le basi dai concetti dell'Ottica Geometrica (GO) e sono particolarmente adatti a trattare geometrie molto estese ma, fondamentalmente, uniformi.

Le soluzioni asintotiche si basano su concetti derivati dai lavori di Poincaré e Sommerfeld [8], che permisero di stabilire un legame tra le equazioni di Maxwell ed i principi dell'ottica geometrica e dell'ottica a raggi. Un passo fondamentale per lo sviluppo delle tecniche asintotiche si è avuto con l'introduzione della Teoria

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9 Geometrica della Diffrazione (GTD) da parte di Keller [9]. Egli ha dimostrato che i campi diffratti, che non sono inclusi nel formalismo dell'ottica geometrica, possono esservi incorporati in maniera sistematica, attraverso una generalizzazione del principio di Fermat sulla propagazione della luce.

Riflessione e diffrazione della radiazione elettromagnetica avvengono quando si presenta un ostacolo lungo il cammino di propagazione del campo. Se le dimensioni dell'ostacolo sono molto grandi in termini di lunghezza d'onda, al limite infinite (da ciò il termine asintotico riferito a questi metodi numerici), i fenomeni di scattering appaiono localizzati in porzioni limitate dell'oggetto, come se fossero fenomeni locali. I cosiddetti centri di scattering sono punti di riflessione, zone d'ombra, vertici, spigoli, ecc. Per questo motivo, ad alte frequenza, i campi scatterati possono essere visti come l'aggregato di contributi distinti associati a raggi differenti.

La GTD permette di calcolare il campo diffratto da strutture canoniche, come un semipiano infinito o uno spigolo formato da due semipiani. Usando il concetto di localizzazione dei fenomeni di scattering, strutture generiche possono essere localmente approssimate con strutture canoniche e quindi è possibile calcolare i contributi locali da sommare poi insieme. E' evidente, allora, come questo metodo funzioni tanto meglio quanto più gli oggetti sono elettricamente grandi, in modo che siano tanto più corrette le approssimazioni geometriche che si fanno.

La teoria geometrica della diffrazione presenta dei limiti nella trattazione della propagazione elettromagnetica attraverso l'ottica a raggi: ad esempio nelle caustiche o lungo i confini tra zone illuminate e zone d'ombra, i risultati che ottiene non sono fisicamente accettabili. Questi limiti sono in parte superati da estensioni della teoria, come la Teoria Uniforme della Diffrazione [10].

Un approccio simile alla teoria geometrica della diffrazione è quello dell'Ottica Fisica (PO) e della Teoria Fisica della Diffrazione [11], che riprende il concetto di

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localizzazione dei fenomeni di scattering e offre ancora soluzioni a problemi canonici, partendo però partendo dalle condizioni al contorno imposte dalla fisica e dalle equazioni di Maxwell:

 = 2 tu ×  (1.18)

nel caso l'onda incida su un conduttore elettrico perfetto localmente piano.

Entrambi gli approcci si muovono da casi particolari, quelli canonici, a casi generali. Si tratta di un modo di procedere spesso non sistematico e l'estensione delle soluzioni particolari ai casi pratici talvolta può fallire. [8]

I metodi a bassa frequenza, su tutti il MoM, e quelli ad alta frequenza, hanno tutti i loro pregi e difetti. In letteratura sono presenti diversi tentativi di ibridazione dei due tipi di metodo, in modo da cercare di sfruttare al meglio i punti di forza degli algoritmi e di mitigarne le debolezze.

Un esempio di algoritmo di tipo GTD-MoM si trova in [12, 13]. Data la geometria dell'oggetto illuminato, la superficie viene discretizzata nei pressi di una discontinuità, come uno spigolo, secondo quanto richiesto dal Metodo dei Momenti; in questa zona vengono definite le tipiche funzioni base del MoM, come le funzioni rooftop descritte in [4]. Sulla restante superficie dell'oggetto, che si suppone essere uniforme, vengono

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11 applicati i risultati della GTD (fig. 1.2.)

Alle funzioni base così definite viene applicato un prodotto interno come (1.15), usando come funzioni di testing delle delta centrate sul centro delle patches (metodo del point matching). In questo modo si ottengono delle matrici di impedenza Z di dimensioni gestibili anche per superfici di grandi dimensioni.

Un approccio di questo tipo, sebbene consenta di trattare in qualche modo problemi in cui sono presenti diverse scale di lunghezze d'onda, non supera, tuttavia, molti dei limiti delle teorie geometriche della diffrazione, perché richiede comunque che si conoscano a priori risultati canonici da applicare ai casi specifici trattati.

Una soluzione ibrida più elegante è quella che lega l'ottica fisica (PO) con il MoM. In [14, 15], il bersaglio viene diviso in una o più "regioni MoM" e nelle restanti "regioni PO". Nelle prime, si applica la discretizzazione e si usano le funzioni base previste dal classico metodo dei momenti; anche nelle seconde si usano i parametri tipici de MoM in termini di discretizzazione e funzioni base, ma, essendo nota la densità di corrente dalla teoria dell'ottica fisica, sono noti anche i coefficienti dello sviluppo lineare della corrente rispetto alle funzioni base. Usando opportunamente le equazioni integrali del campo elettrico e del campo magnetico (1.3) - (1.4) ed il metodo di Galerkin, è possibile infine ricavare un sistema lineare di equazioni in cui le incognite sono soltanto quelle delle "regioni MoM".

Ulteriori passi avanti in questa direzione sono stati compiuti attraverso nuovi algoritmi di decomposizione del dominio rappresentato dal bersaglio in regioni nelle quali applicare tecniche MoM e risultati ottenuti dall' ottica fisica e dalla PTD [16], oppure introducendo metodi iterativi per affinare i risultati ottenuti da MoM e PO [17, 18, 19, 20]. Gli algoritmi iterativi consentono effettivamente di ridurre la necessità di memoria allocata nei computer, ma non risolvono il problema dei tempi di elaborazione

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che restano considerevolmente lunghi; i metodi iterativi, poi, devono essere valutati attentamente per evitare problemi di mancata convergenza.

Recentemente è stato ripreso in considerazione un approccio spettrale ai fenomeni di diffrazione. Tale approccio è stato presentato inizialmente in [21, 22] per superare alcuni limiti teorici e tecnici della GTD, nonché per offrire una nuova interpretazione dello scattering: la teoria è basata sul concetto che il campo diffratto è legato alla trasformata di Fourier della corrente indotta sul bersaglio e sul fatto che la descrizione tramite raggi del campo diffratto può esser derivata dalla rappresentazione spettrale attraverso una valutazione asintotica della forma integrale della rappresentazione stessa. E' da notare, infine, che spostando il dominio di azione da quello spaziale a quello trasformato, si ha in qualche modo una maggiore robustezza degli algoritmi nei confronti delle dimensioni elettriche del bersaglio.

Parallelamente, e talvolta insieme, a questa linea di analisi, un altro recente filone di ricerca sui cui si è molto lavorato è quello legato all'introduzione di funzioni base di ordine maggiore per descrivere le correnti indotte sul bersaglio, le cosiddette funzioni base caratteristiche (CBFs - characteristic basis functions).[23] Queste funzioni sono definite su domini del bersaglio più grandi, al limite sul bersaglio intero, rispetto a quelli delle funzioni convenzionali del MoM. Un esempio è in [24], in cui le CBFs sono ricavate da soluzioni asintotiche canoniche dei metodi ad alta frequenza e sono definite su porzioni molto grandi del bersaglio; lavorando in parte nel dominio spettrale ed in parte in quello spaziale ed imponendo la EFIE per le condizioni al contorno, è possibile calcolare la corrente indotta in modo molto preciso, impiegando un numero ridotto di CBFs e superando totalmente i problemi legati al calcolo e all'inversione della matrice di impedenza dei metodi di tipo MoM. Il limite principale dell'algoritmo in [24] è analogo a quello dei metodi ad alta frequenza: esso richiede la conoscenza a priori di soluzioni canoniche. Un ulteriore esempio di applicazione del concetto di

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13 CBFs è dato dal CBMoM [25], in cui le CBFs, ottenute da risultati di fisica ottica e definite su domini molto maggiori di quelli richiesti dalle funzioni base classiche, vengono combinate linearmente mediante un algoritmo simil-MoM: i risultati sono molto accurati e la matrice delle impedenze legata alle CBFs risulta più piccola, e quindi molto più maneggevole, di quella di un MoM tradizionale; le geometrie analizzabili risultano quindi più grandi.

Figura

Fig. 1.1. Scattering elettromagnetico
Fig. 1.2. Applicazione di un algoritmo misto GTD-MoM ad uno spigolo semiinfinito

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