• Non ci sono risultati.

Commento alla traduzione Premessa

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Commento alla traduzione Premessa"

Copied!
20
0
0

Testo completo

(1)

126

Commento alla traduzione

Premessa

La traduzione, come è noto, non è una scienza esatta, ed è nota la similitudine che paragona il compito del traduttore al lavoro dell‟artigiano: in mancanza di regole assolute e universali che portino a una sola traduzione esatta, chi traduce si trova di volta in volta a dover scegliere la tecnica e gli strumenti appropriati al materiale che sta lavorando, quando non addirittura a dover fabbricare un nuovo strumento di lavoro.

La mia personale formazione alla traduzione, ricevuta in buona parte presso la Scuola per traduttori editoriali Tuttoeuropa di Torino, rende forse ancora più empirico l‟approccio al testo e all‟utilizzo delle tecniche traduttive, con tutte le lacune che la mancanza di un‟impostazione teorica di tipo accademico può comportare. Non è un segreto, infatti, che tra i limiti dell‟approccio editoriale alla traduzione di un testo letterario vi sia l‟accento posto sull‟esigenza di vendibilità del testo, nella misura in cui il libro, nel panorama odierno, viene sempre più considerato come prodotto anziché come opera intellettuale. Come è noto, molto spesso le conseguenze di tale mercificazione del «prodotto-libro» sulla traduzione si manifestano, a livello linguistico, nella perniciosa tendenza all‟omogeneizzazione e alla banalizzazione della lingua in nome del principio di ricevibilità e “masticabilità” del testo. Tale principio pone dunque l‟accento sul destinatario del testo, il lettore-consumatore, a discapito dell‟autore, del testo e del lettore stesso, al quale viene accordata sempre meno fiducia poiché ritenuto incapace di scegliere e apprezzare uno stile magari un po‟ostico ma originale, o di comprendere costrutti e termini inusuali senza l‟intervento del traduttore-divulgatore. Credo che sia da leggere in questo senso l‟appello di A. Berman a un‟«etica della traduzione» quando, pur nell‟irricevibilità delle sue affermazioni dal punto di vista pratico-metodologico (ma del resto Berman riconosce di non

(2)

127 proporre alcuna metodologia), egli denuncia, attraverso la descrizione delle sue «tendenze deformanti»13, i mali della cattiva traduzione e del cosiddetto «traduttese»: un monito dunque, più che una proposta, per il moderno traduttore che si trova a fare i conti con le esigenze del mercato editoriale.

Scegliendo di tradurre Les petites mécaniques ero consapevole della doppia difficoltà data dall‟affrontare, allo stesso tempo, un testo assai ricco dal punto di vista linguistico e intellettuale, e un autore conosciuto e affermato sul mercato del libro come Philippe Claudel. Del resto, proprio nel caso di Claudel e delle Petites mécaniques, i paradossi del mercato editoriale mi si sono resi evidenti quando, in occasione della presentazione dell‟ultimo libro di Claudel, Parfums, ho avuto l‟occasione di scambiare qualche parola con un membro della redazione di Ponte alle Grazie, editore di Claudel in Italia. Mi interessava sapere perché un libro di spessore e allo stesso tempo estremamente godibile come Les petites mécaniques non fosse stato pubblicato in Italia: la risposta, candida quanto sconcertante, è stata che non solo Les petites mécaniques, ma nessuna raccolta di racconti di Claudel è stata pubblicata da Ponte alla Grazie perché «i racconti in Italia vendono poco». Al di là delle possibili prospettive di pubblicazione, ho creduto di adempiere al mio «compito etico» gettandomi nell‟impresa – sicuramente ambiziosa – di tradurre questa raccolta che ho amato moltissimo, per la sola ragione che ritengo meriti di essere tradotta.

Quanto all‟«eticità» del mio approccio traduttivo, non credo che essa coincida con quanto integralisticamente prescritto da Berman, e mi si perdonerà allora la scelta più pragmatica del compromesso, che del resto è alla base dell‟idea stessa di traduzione. Così come, in generale, mi pare necessario venire a compromessi tra l‟istanza “etica” di rispetto del testo e le esigenze editoriali (dato che, realisticamente, perché l‟opera sia letta da qualcuno, occorre in primo luogo che essa venga pubblicata, e per essere

13 Si veda a questo proposito A. Berman, La traduzione e la lettera o l’albergo nella lontananza, Macerata, Quodlibet, 2003.

(3)

128 pubblicata occorre che ottenga l‟approvazione di un editore), bisogna anche tenere conto del fatto che, nella pratica della traduzione, è impensabile potersi attenere a una strategia univoca. Nell‟affrontare la traduzione de Les

petites mécaniques mi sono attenuta, a grandi linee, ai due approcci

fondamentali individuati da P. Newmark, l‟uno volto a riprodurre sul lettore un effetto il più possibile vicino a quello prodotto dal testo originale, e che si concentra dunque sul destinatario (traduzione comunicativa), e l‟altro volto a rendere l‟esatto significato contestuale dell‟originale, con tutta la fedeltà consentita dalle strutture semantiche e sintattiche dell‟originale, quindi maggiormente centrato sul rispetto della lettera del testo (traduzione

semantica). Tenendo presente che

Non esiste un unico metodo, comunicativo o semantico, per tradurre un testo: si tratta in effetti di due serie di metodi in larga misura sovrapposti. Una traduzione può essere più o meno semantica – più o meno comunicativa – persino una particolare sezione o periodo possono essere tradotti più comunicativamente o meno semanticamente14.

Avendo a che fare con un‟opera artistica, ho adottato come strategia dominante quella che privilegia l‟accuratezza della traduzione dal punto di vista semantico, cercando di astenermi il più possibile dall‟interferire con l‟autore tramite processi di elaborazione, e quindi di interpretazione, del testo: a patto però di sorvegliare sempre lo scarto inevitabile che, nel passaggio da una lingua all‟altra, viene prodotto a livello dell‟effetto sul lettore.

I limiti dell‟approccio semantico nella traduzione de Les petites

mécaniques sono costituiti, a mio parere, dalla difficoltà di conciliare il

(4)

129 rispetto di valore semantico e valore estetico, dato che alcuni passaggi, e talvolta interi racconti, come si vedrà nell‟analisi dello stile e della traduzione, possiedono inequivocabilmente le caratteristiche del testo poetico, e richiedono di conseguenza un‟attenta valutazione delle immagini e, soprattutto, dell‟aspetto fonico-ritmico. In diverse occasioni si è trattato così di scegliere, come spesso accade in traduzione, secondo il criterio del tutto empirico e soggettivo del „male minore‟, e cioè, in caso di conflitto tra fedeltà alla lettera del testo e fedeltà al tessuto ritmico e sonoro (allitterazioni, assonanze, rime…), di accettare la possibilità di un‟eventuale perdita, valutando di volta in volta cosa fosse „meno grave‟ sacrificare. È a questo punto, a mio avviso, che la teoria della traduzione e la metodologia incontrano i propri limiti, e al traduttore spetta il compito, non facile, di scegliere gli strumenti da esse forniti basando questa scelta essenzialmente sul proprio buon senso e sulla propria personale sensibilità. Con la consapevolezza che si tratta di scelte soggettive e, di conseguenza, sempre discutibili, provvisorie e, soprattutto, migliorabili.

(5)

130

La resa di una prosa poetica

La lingua di Claudel è marcatamente poetica, forse in maniera più evidente nei racconti „maggiori‟ della raccolta (Le voleur et le marchand,

Les confidents, L’autre, Tania Vläsi). Del resto, Claudel non nasconde

l‟influenza che il genere del poème en prose ha esercitato sulla scrittura de

Les petites mécaniques:

Baudelaire m‟a beaucoup marqué. […] Et Baudelaire a eu cette injonction fameuse: «Sois toujours poète, même en prose». Par ailleurs, le poème en prose est une sorte de bijou qui m‟a toujours fasciné, spécialement chez Aloysius Bertrand, qui a créé ce genre15.

Lo spessore poetico della lingua di Claudel si rivela innanzitutto in una forte dimensione visiva della scrittura, veicolata da un utilizzo costante di costrutti metaforici. Molto spesso si tratta di immagini fugaci, che sembrano comparire all‟interno della frase in maniera quasi accidentale:

De gros Européens mouillaient des vestons de coutil aux terrasses ombragées des cafés de l'avenue de France, en s'épongeant le front dans de grands nuages de coton blanc. (L‟autre, p. 105)

Un grand soleil couvrait la place. (Les mots des morts, p. 19)

Nel racconto Les confidents, permeato da un‟atmosfera onirica e incantata, il legame con la poesia è particolarmente forte, e il ricorso a procedimenti di avvicinamento semantico come la metafora e la sinestesia ˗ figura di stile peraltro particolarmente cara ai poeti simbolisti ˗ assai frequente :

Un soleil d‟une remarquable candeur illuminait le grand fracas de pierres. (p. 58)

15 Da «Interview de Philippe Claudel», in P. Claudel, Les confidents et autres nouvelles, op. cit., p. 123.

(6)

131 Beata Désidério sentait une douleur liquide couler le long de ses flancs […] (p. 68) In presenza di scelte stilistiche di questo tipo, la strategia traduttiva è stata quindi orientata a un massimo di aderenza alla lettera del testo francese, anche se, in alcuni casi, mi è parso opportuno attenuare leggermente l‟immagine di partenza:

Trois corbeaux s‟élancèrent de la flèche et chutèrent jusqu‟à la rosace. (Les

confidents, p. 57)

Trad.: Tre corvi si lanciarono da una guglia lasciandosi cadere fino al rosone.

L‟originalità della lingua di Claudel si esprime anche tramite l‟impiego di locuzioni „insolite‟ o di costrutti che presentano scarti minimi rispetto a forme lessicalizzate. Vediamo qualche esempio:

1) Frolon n‟insistait pas, mais ce «très loin» amenait dans son esprit des rêves aux tons de miel, confus et sublimes, qui le laissaient à demi chose. (L’autre, p. 97) 2) Ainsi l‟engagement entre les deux hommes fut-il conclu, sans autre complication ni bavardage d’oiseaux. (Le voleur et le marchand, p. 37)

Nel primo caso è stata operata una variazione originale dell‟espressione “être (tout) chose”, (il Petit Robert riporta la locuzione “ se sentir chose ” = “ éprouver un malaise difficile à analyser ”, il TLF informatisé riporta “ Être tout chose ” = “ Être décontenancé, mal à l'aise, pour une raison physique ou morale indéfinissable. Un air tout chose; rendre qqn tout

chose. Synon. désappointé, embarrassé, interdit, perplexe, souffrant, triste

”); nel secondo caso l‟autore crea una locuzione assai evocativa. Si tratta di costrutti che durante il lavoro di traduzione mi hanno spesso fatto esitare tra la scelta di una traduzione strettamente letterale e la possibilità di parafrasare leggermente il testo: nel primo caso una traduzione diretta era chiaramente impossibile, mancando in italiano una locuzione che traduca direttamente être (tout) chose, per cui la variazione personale operata da Claudel è andata completamente persa; nel secondo caso mi sono chiesta se

(7)

132 fosse il caso di tradurre alla lettera bavardage d’oiseaux, data anche la rilevanza dei termini bavard/bavardage all‟interno della raccolta. Alla fine mi è parso che il testo italiano non avrebbe guadagnato nulla da un eventuale chiacchierio di uccelli, poiché l‟espressione mi è sembrata eccessivamente stravagante e foneticamente meno accettabile. Ho scelto dunque di tradurre:

1) Frolon non insisteva, ma questo «molto lontano» generava nel suo animo sogni color miele, confusi e sublimi, che lo lasciavano stranito.

2) Così l‟accordo fra i due uomini fu concluso, senza ulteriori complicazioni e

senza tante chiacchiere.

Un altro motivo di esitazione è stato costituito dall‟espressione perdre

son regard, spesso utilizzata da Claudel:

[…] quand il allait sur le bastingage avant du navire perdre son regard dans l‟éblouissante clarté de l‟horizon. (L’autre, p. 97)

Trad. : […] quando andava sul parapetto anteriore della nave a perdere lo sguardo nell‟abbagliante chiarore dell‟orizzonte.

Le commissaire se leva avec précipitation, renversa à demi son verre d'absinthe sur son faux col crasseux, perdit son regard à la façon d‟un comédien du Français dans

un vieux calendrier accroché au mur, inspira une grande bouffée d'air, toussota, cracha dans un cendrier, leva la main droite vers le plafond, ferma les yeux, et déclama d'une voix ténébreuse : […] (L’autre, p. 101)

Nonostante questa locuzione sia piuttosto tipica dello stile personale di Claudel, nel secondo caso, data la lunghezza del periodo in cui essa è inserita, ho ritenuto opportuno tradurla con una locuzione italiana più corrente, al fine di non appesantire e complicare ulteriormente la frase :

Il commissario si alzò precipitatamente, si rovesciò metà del bicchiere d‟assenzio sul colletto sudicio, rivolse lo sguardo a un vecchio calendario appeso al muro, alla maniera di un attore della Comédie-Française, inspirò una grande boccata d‟aria,

(8)

133 tossicchiò, sputò in un posacenere, alzò la mano destra verso il soffitto, chiuse gli occhi e declamò con voce tenebrosa: […]

La traduzione delle ‘citazioni interne’

La scelta di una traduzione il più possibile aderente alla lettera del testo originale si è imposta anche per il fatto che, come ho cercato di mostrare nella parte dedicata all‟analisi dei temi, i racconti delle Petites mécaniques presentano una forte coesione tematica, e la saldatura tra una storia e l‟altra è spesso assicurata da una rete di richiami interni al testo. È difficile non notare, ad esempio, che la pervasività motivo della fuga, del vagabondaggio e dell‟emarginazione fa sì che i protagonisti di Les bandes, Le voleur et le

marchand, L’autre, Roman, siano parzialmente sovrapponibili: il

protagonista di Gueux e Les bandes potrebbe essere Colin le Bihot prima della „redenzione‟, così come il poeta di Roman ricorda da vicino Eugène Frolon una volta divenuto declamatore ambulante delle poesie di Rimbaud. È da notare soprattutto come la riproduzione di alcuni motivi e situazioni all‟interno del testo sia talvolta operata tramite la ripresa di immagini che ricorrono quasi identiche in racconti diversi e persino, a livello linguistico, tramite la ripetizione di locuzioni molto simili tra loro: la figura di Colin è anticipata nel racconto precedente, Les bandes, in cui il protagonista è un vagabondo che vive di crimini, tra i quali lo sciacallaggio dei villaggi devastati dalla guerra: «Quand les soldats refluaient des villages ravagés, c‟était notre heure» (p. 26). Ne Le voleur et le marchand ci viene comunicato, per mezzo della ripetizione dell‟immagine dei «villages ravagés», che anche Colin era solito dedicarsi, un tempo, alla stessa odiosa attività: «Les anciens pendards qui hantaient jadis en compagnie de Colin

les étuves et les villages ravagés par les reîtres de l'Espagnol […]» (p. 38).

Il protagonista di Roman scrive «adossé contre un mur toujours chaud» (p. 123), così come Frolon inizia la sua vita di vagabondo trascorrendo la sua

(9)

134 prima notte all‟addiaccio «contre un mur chaud peint d‟ocre et de marine» (p.106); entrambi, quando declamano le proprie poesie, ricevono in cambio qualche moneta, o degli sputi.

Il tema della fuga e della libertà, che, come abbiamo visto è centrale ne

L’autre, è anticipato e ampiamente sviluppato in Gueux, racconto che non a

caso precede direttamente L’autre, e, addirittura, il verso di Rimbaud tratto da Départ, che compare a p. 91, («Départ dans l’affection et le bruit

neufs!») è anticipato, quasi alla lettera, in un passaggio di Gueux: «Puis, le

départ, dans le bruit neuf» (p. 80). In presenza di tali „citazioni interne‟ è stato dunque necessario cercare un approccio traduttivo che rispettasse il più possibile la lettera del testo.

La versione italiana delle Illuminazioni

La scelta della versione italiana di riferimento per i versi delle

Illuminazioni presenti ne L’autre è stata orientata dalla medesima esigenza

di rispetto della lettera del testo. Se in un primo momento avevo scelto di servirmi dell‟autorevole traduzione delle Opere complete di Arthur Rimbaud nell‟edizione Einaudi-Gallimard, ho dovuto in seguito rivedere la mia decisione proprio a causa della citazione interna del verso di Départ citato sopra. L‟edizione Einaudi-Gallimard propone infatti la seguente traduzione: «Distacco nell‟affetto e nei rumori nuovi!»16. Ritenendo importante mantenere l‟esatta ripetizione del verso così come viene fatto da Claudel in Gueux ho dunque cercato una versione italiana che presentasse una traduzione più letterale di Départ, scegliendo infine la non meno autorevole traduzione realizzata da Ivos Margoni e Cesare Colletta per Rizzoli, che propongono «Partenza nell‟affetto e nel rumore nuovi!»17.

16 A. Rimbaud, Opere complete, a cura di A. Adam, Einaudi-Gallimard, 1992, p. 391,

corsivo mio.

(10)

135

L’importanza dell’effetto

Se finora ho messo in evidenza soprattutto le circostanze in cui ho cercato di garantire una forte aderenza all‟originale, in altri luoghi del testo ho invece ritenuto necessario intervenire concentrandomi sull‟effetto prodotto sul lettore, e avvicinarmi quindi maggiormente a quella che P. Newmark chiama traduzione comunicativa. È il caso, ad esempio, di alcuni dialoghi, per i quali la resa della dimensione „orale‟ e „spontanea‟ della lingua (tenendo presente che si tratta sempre e comunque di un‟oralità e di una spontaneità fittizie, poiché inserite in un testo scritto di letteratura) mi hanno spinta a staccarmi maggiormente dall‟originale per cercare soluzioni che in italiano riproducessero lo stesso effetto di oralità/spontaneità:

« Ton Colin est un sacré gaillard, lui disait-on, il réveillerait les morts ! «Pour sûr», répondait Cornélius […] (Le voleur et le marchand, p. 38)

Trad. : «Certo che è in gamba, quel Colin» gli dicevano «sarebbe capace di svegliare un morto!»

«Poco ma sicuro!», rispondeva Cornelius […]

Allo stesso modo, mi è parso necessario mantenere l‟effetto prodotto sul lettore dal testo di partenza nella traduzione dei versi di Nadaud recitati dal commissario ne L’autre:

Quand les ennuis tombent sur l’homme/Lui reste toujours une pomme… (p. 103)

In questo caso mi sono sentita libera di riscrivere i due versi cercando di mantenerne, grosso il modo, il senso, e di riprodurre l‟effetto comico- ridicolo:

(11)

136 Come sempre, la scelta di privilegiare la riproduzione dell‟effetto viene fatta a discapito dell‟accuratezza della traduzione a livello semantico e conduce a un‟inevitabile perdita: in questo caso si tratta dell‟immagine della mela, che nell‟intento originario dell‟autore contiene probabilmente un‟allusione scherzosa alla mela di Newton.

Traduzione di realia e termini specifici

Nei racconti di ambientazione medievale, Claudel ricorre spesso a termini assai specifici al contesto: se talvolta si tratta semplicemente di

realia che mancano di un traducente diretto, in altri casi ci troviamo a che

fare con termini il cui traducente è un termine più raro e/o opaco che in francese, e che rischiano quindi di „appesantire‟ la frase o di suscitare nel lettore un effetto di spaesamento che il testo di partenza non produce. Nel lavoro di traduzione ho dovuto quindi procedere di volta in volta alla semplificazione (ipotraduzione) o alla spiegazione (ipertraduzione) di alcuni termini:

1) Un soleil plein embrasait le torchis des maisons. (Le voleur et le marchand, p.42)

Trad. : Un gran sole infuocava le case in legno e terra.

Si noti come la spiegazione di torchis abbia portato alla perdita della metonimia presente nel testo francese.

2) Voss et son âne tournèrent l‟angle d‟une grosse maison à colombages […] (Les mots des morts, p. 18)

Trad.: Voss e il suo asino svoltarono all‟angolo di una grande casa a traliccio […] 3) […] l‟odeur acide des derniers regains […] (Le voleur et le marchand, p. 42) Trad. : l‟odore acido dell‟erba nuova

(12)

137 In questo caso, pur esistendo un traducente diretto di «regain» ( = “herbe qui repousse, dans une prairie naturelle ou artificielle après la première fauchaison”, it. «guaime»), ho scelto di parafrasare il termine, poiché «guaime», diversamente da «regain», è una parola estremamente rara e incomprensibile per il lettore che non sia esperto di agricoltura.

4) Les anciens pendards qui hantaient jadis en compagnie de Colin les étuves et les villages ravagés par les reîtres de l'Espagnol […] (Le voleur et le marchand, p. 38)

«Étuves» è un termine obsoleto che al plurale significa “ salle ou établissement de bains” (dal TLF Informatisé), e che ho scelto di tradurre con il termine più specifico «saune». L‟italiano «bagni», infatti, possiede una polisemia assente nel francese «étuves», poiché indica allo stesso tempo i locali in cui espletare i bisogni fisiologici e gli stabilimenti balneari, mentre «sauna», pur essendo più connotato geograficamente, dato che la tradizione della sauna è di origine finnica, mi sembra evocare meglio una situazione in cui le pratiche igieniche si coniugano a un momento di convivialità maschile informale.

Il termine «reître» possiede invece una connotazione specifica al contesto storico-geografico francese, poiché designava, originariamente, i cavalieri mercenari tedeschi al servizio della Francia tra il Trecento e il Quattrocento, e in seguito, per estensione, ha assunto il significato di

“Guerrier brutal et grossier; homme qui se complaît dans la violence et la

grossièreté” ; la sfumatura storica di «reître» è dunque assente nella traduzione italiana, necessariamente generalizzante, poiché l‟unica soluzione possibile è stata quella di tradurre con «mercenari» :

I vecchi furfanti che un tempo bazzicavano in compagnia di Colin le saune e i villaggi devastati dai mercenari spagnoli […]

(13)

138 5) Un altro termine piuttosto raro e „tecnico‟ di cui si serve Claudel è «poterne», che ricorre nel testo tre volte:

- a. Lorsqu'il eut passé la poterne, le silence demeura, lourd et épais comme une colle de peau. (Les mots des morts, p. 18)

- b. Des compagnons, j'en eus beaucoup et certains ont trop vite donné leur bonjour aux corneilles dans les branches des gibets qui trônent en majesté à une lieue des poternes. (Les bandes, p. 26)

- c. Il passa la poterne et traversa lentement le faubourg, la pipe à la main […] (Le voleur et le marchand, p. 42)

«Poterne» ( = “Porte dérobée permettant de sortir d'une forteresse”, Le

Petit Robert) possiede un traducente diretto in italiano, e per questo motivo avevo deciso in un primo momento di tradurre con «postierla» (= “Piccola apertura che nelle fortificazioni del passato era praticata in luogo nascosto e distante dalle porte principali per assicurare un passaggio di emergenza”, il Devoto-Oli), anche per mantenere la coloritura storica, trattandosi di tre racconti di ambientazione medievale. Tuttavia, non senza esitazione, in due casi su tre ho in seguito preferito parafrasare il sostantivo, ritenendo che con ogni probabilità Claudel si serve di questo termine così preciso per indicare genericamente una delle porte nelle mura della città, indipendentemente dal fatto che si tratti della porta principale o di un‟uscita secondaria. Così come per «guaimo» e «regain», mi è parso che «postierla» fosse più raro e opaco per il lettore italiano di quanto non lo sia «poterne» per il lettore francese. Ho quindi tradotto:

- b. Di compagni ne ho avuti tanti, e alcuni di loro sono andati troppo a salutare le cornacchie sui bracci delle forche che troneggiano maestosamente a una lega dalle

porte delle città.

(14)

139 Nel primo caso (a), ho scelto invece di servirmi del traducente diretto per non alterare eccessivamente il ritmo della frase, molto concisa nell‟originale, con un costrutto del tipo «quando ebbe varcato la porta della città» o «una volta varcata la porta della città» :

- a. Quando ebbe passato la postierla il silenzio persistette, pesante e denso come una colla di pelle.

La scelta di una traduzione non univoca per la resa di uno stesso termine, per quanto arbitraria, è stata fatta, in buona fede, nel tentativo di riconoscere e rispettare di volta in volta le « dominanti » del singolo passaggio preso in esame ; se nel primo caso, la posizione della frase all‟interno del testo (in un momento di suspence e forte tensione narrativa) mi ha spinto a voler mantenere la concisione e di conseguenza il ritmo dell‟originale, negli altri due casi ho preferito concentrarmi sull‟effetto – a mio parere leggermente sconcertante – che la parola «postierla» avrebbe esercitato sul lettore in momenti piuttosto neutri dal punto di vista dell‟andamento della narrazione e, nel caso di b), già „impreziositi‟ dalla presenza di un‟espressione originale (“dare il buongiorno alle cornacchie”).

6) Per quanto riguarda invece la traduzione dei termini specifici al contesto culturale francese, del resto non molto numerosi, ho cercato di renderli più comprensibili al lettore completandoli:

Son voyage […] s‟acheva devant le Vieux Port un jour gris d‟octobre […] (L’autre, p. 92)

Trad.: Il viaggio […] si concluse davanti al Vieux Port, il porto antico di

Marsiglia, in un plumbeo giorno d‟ottobre […]

[…] perdit son regard à la façon d‟un comédien du Français dans un vieux calendrier […] (L’autre, p. 101)

Trad.: rivolse lo sguardo a un vecchio calendario, […] alla maniera di un attore

(15)

140

Un ‘rompicapo’ traduttivo : Panoptique

Panoptique mi pare un buon esempio di come diversi livelli di difficoltà

traduttiva possano intersecarsi all‟interno dello stesso testo.

Possiamo innanzitutto notare come questo testo sia nettamente caratterizzato, a partire dalla prima frase, da un ritmo ternario che caratterizza tutto il racconto :

Nous som-mes dé-te-nus /dans un vas-te˯ é-di-fi /ce˯ aux mul-ti-ples en-trées. (6 sillabe) (6 sillabe) (6 sillabe)

Solamente questo primo periodo costituisce un vero e proprio verso, ma è comunque possibile rintracciare, altrove, periodi che presentano una ripartizione dei blocchi soggetto/verbo/complemento ugualmente scandita dal medesimo ritmo ternario :

Des grilles en forme de soupirail/amènent jusqu‟à nous/ des écharpes de jour. (6 sillabe) (6 sillabe)

Tombant des hauts plafonds de pierre,/ des chaînes se tissent /dans les gorges d‟antiques poulies.

e, in generale, una forte frequenza di brevi periodi costituiti da sei sillabe seguiti da periodi di sei o sette sillabe :

p. 73 Nous sommes dix ou dix milles. L‟édifice est immense.(6 sillabe+ 6 sillabe) p. 74 Nous sommes des milliers. Nous sommes deux ou trois. (6 sillabe + 6 sillabe) p. 76 Nous sommes quelques-uns. Nous sommes tout un peuple. (6 sillabe + 6 sillabe) È evidente che ci troviamo a che fare con un esempio di prosa poetica, la cui traduzione comporterà un‟immancabile perdita a livello fonico-ritmico – ciò che Berman chiamerebbe distruzione dei ritmi. Constatata l‟inesorabilità di tale perdita, l‟unico accorgimento che mi è sembrato poter

(16)

141 limitare la distruzione dei ritmi è stato quello di evitare assolutamente qualsiasi forma di allungamento/spiegazione.

Il problema ritmico e quello semantico si intersecano diabolicamente in

Panoptique, dal momento che già a partire dalla seconda frase troviamo il

termine «soupirail » : si tratta di un termine che non è specifico al contesto culturale, né appartiene al registro di un particolare dominio tecnico; semplicemente, abbiamo a che fare con una parola comune che designa un oggetto della realtà quotidiana (=“Ouverture pratiquée au bas d'un bâtiment pour donner de l'air et du jour aux pièces en sous-sol et aux caves”, Le Petit Robert) e che manca di un traducente diretto in italiano. « Soupirail » /« soupiraux » ricorre per ben quattro volte nell‟arco delle quattro pagine che compongono il testo di Panoptique. La traduzione della prima occorrenza è complicata dal fatto che « soupirail », qui, ha la funzione di determinante di « grilles », e che i due sostantivi» sono legati tra loro in modo non convenzionale dal punto di vista logico e semantico, dato non ci vengono presentate, come ci si potrebbe aspettare, delle « grilles » che coprono o chiudono un « soupirail », bensì « des grilles en forme de soupirail » :

Des grilles en forme de soupirail amènent jusqu‟à nous des écharpes de jour. (p.73) Cercando di rispettare le esigenze ritmiche della frase, oltretutto estremamente poetica anche dal punto di vista delle immagini, ho deciso di ridurre le « grilles en forme de soupirail » alle sole « grilles » (ipotraduzione), e di invertire completamente il periodo portando in primo piano la bella metafora delle «sciarpe di luce», attribuendole la funzione di soggetto a inizio frase, e lasciando in secondo piano, a fine frase e in posizione di complimento, il traducente di «grilles»:

(17)

142 L‟iconicità della parola «soupirail», etimologicamente legata a «soupirer», viene immancabilmente persa in italiano nel caso dell‟esempio appena citato, e nelle occorrenze successive, mi è parso che l‟unico traducente generico che potesse riprodurre, in minima parte, l‟effetto che il termine «soupirail» produce all‟interno della descrizione dell‟atmosfera opprimente del carcere fosse l‟italiano «aperture»:

Les effritements de jour versés par les soupiraux ne faiblissent jamais. (p. 74) Trad.: I frantumi di giorno versati dalle aperture non si affievoliscono mai.

Nous retrouvons le paysage familier de notre geôle, ses murs infinis, ses cintres, ses

soupiraux barrés […] (p. 75)

Trad.: Ritroviamo il paesaggio familiare della nostra prigione, i suoi muri infiniti, le sue centine, le sue aperture sbarrate […]

Parfois, en fixant les stries de lumière qui coulent des soupiraux […] (p. 76) Trad.: A volte, fissando le strie di luce che colano dalle aperture […]

Particolarità sintattiche de Les petites mécaniques

Dal punto di vista stilistico è ancora da notare che il periodare di Claudel, mediamente conciso nel testo delle Petites mécaniques, si sviluppa ipertroficamente in momenti-chiave della narrazione, dando luogo a periodi lunghi e complessi che richiedono di essere tradotti rispettando l‟«arborescenza sintattica» dell‟originale e prestando particolare attenzione al ritmo della frase. Si tratta infatti di scelte stilisticamente marcate, e ho tradotto questi passaggi cercando di „ricalcare‟ la sintassi del testo francese, nei limiti in cui le strutture sintattiche dell‟italiano lo permettono:

Le rêve en sa mémoire perdait de sa fraîcheur, mais non de sa force, et si la violence du songe demeurait, ainsi que les multiples détails de la scène comme par exemple les gestes des deux hommes, le bras nu de la femme au carrosse

(18)

143 poussiéreux, la jeune femme ne parvenait plus que très rarement, et à chaque fois avec une peine accrue et une intensité moindre, à éprouver la trouble émotion née de son rêve, ce vertige fébrile qui nouait et dénouait ses entrailles quand les chocs des coups résonnaient sur le pilier, et que l'église s'anéantissait tout entière. (Les

confidents, p. 60)

Trad. : Nella memoria il sogno perdeva di freschezza, ma non di forza, e se la violenza di questo permaneva, insieme ai molteplici dettagli della scena, come ad esempio i gesti dei due uomini o il braccio nudo della donna nella carrozza polverosa, la giovane donna riusciva ormai solo raramente, e ogni volta con maggior difficoltà e diminuita intensità, a provare la torbida emozione nata dal suo sogno, quella vertigine febbrile che annodava e slegava le sue viscere quando i colpi risuonavano sul pilastro e la chiesa si distruggeva interamente.

Come si può notare, la resa in italiano non solleva particolari problemi, poiché questi periodi, pur nella loro complessità, sono armoniosamente articolati dal punto di vista della logica e dell‟equilibrio tra le numerose subordinate che discendono „a cascata‟ dalla proposizione principale – nell‟esempio appena citato, la difficoltà è situata semmai a livello semantico, e proviene dalla quasi-sinonimia songe/rêve, di cui l‟italiano è privo, e dalla coppia antinomica nouer/dénouer.

Le sole variazioni sintattiche che sono state operate nel processo di traduzione sono dunque, come accennavo sopra, legate ai limiti della sintassi italiana, come nell‟esempio che segue:

Et cela recommença, recommença, un deuxième coup, puis un troisième, un quatrième, et tous les suivants, et pour chacun d'eux, le même trajet de l'onde qui menait aux entrailles, et livrait la comtesse à un trouble grandissant qui lui faisait oublier jusqu'au nom même de Dieu, sous l'exhortation des deux hommes, dont les

regards glissant entre les jours en amande des loups de velours paraissaient de fines lames de poignards. (Les confidents, p.67)

Trad.: E tutto questo ricominciò, un secondo colpo, poi un terzo, un quarto, e tutti i successivi, e a ogni colpo, lo stesso tragitto dell‟onda che arrivava alle viscere, e

(19)

144 lasciava la contessa in uno sconvolgimento crescente che le faceva dimenticare anche il nome di Dio, sotto l‟esortazione dei due uomini, i cui sguardi fuggivano

tra i fori a mandorla delle maschere di velluto come sottililame di pugnale.

Qui, l‟utilizzo del participio presente in francese ha imposto un cambiamento della frase in italiano, per cui, anziché sciogliere il participio in una relativa, ho risolto di attribuire al soggetto della relativa finale il verbo «glisser» anziché «paraître», e di tradurre la similitudine sostituendo al verbo che esprime la comparazione («paraître») la preposizione italiana «come».

In ultimo, vorrei concludere questa riflessione sulle particolarità sintattiche de Les petites mécaniques segnalando che: l‟originalità stilistica di questi periodi lunghi e complessi, tanto infrequenti per il francese letterario moderno che per l‟italiano, mi sembra riprodursi inalterata nel processo di traduzione, e l‟inevitabile allungamento grafico e fonologico causato dal passaggio da una lingua all‟altra, nonostante la complessità dei periodi, rimane tuttavia molto lieve; inoltre, la tendenza a utilizzare periodi lunghi in momenti significativi della narrazione si acuisce progressivamente verso la fine della raccolta e dà luogo a frasi sempre più estese che, in

Paliure e in Tania Vläsi, contengono, come nascosta tra le pieghe e le

digressioni delle varie subordinate, la chiave del racconto – il significato oscuro della parola «paliure», la rivelazione della morte di Tania – intensificando così l‟effetto di sorpresa dello scioglimento:

Car ces beaux piquants d'amour et de mal qui trônent sur le front blême du fils de Dieu, ces épines indifférentes que les peintres se plaisent à tresser au-dessus du visage de Gloire, de Souffrance et de Vie du Sauveur, comme pour lui donner la pâle dignité du plus humble des morts, sont les vives terminaisons d'un petit arbre de Judée, qui pousse à l'orée des déserts dans de pauvres sables, arbre malingre que les chèvres les plus affamées délaissent avec dédain, que le vent même évite de peur de s'y blesser et de perdre son chant, et que de savants botanistes, un jour, un jour très ancien, nommèrent du très doux terme de paliure, comme pour leur seul

(20)

145 plaisir. (Paliure, p.144)

Trad.: Poiché quei begli aculei d‟amore e di male che troneggiano sulla fronte livida del figlio di Dio, quelle spine indifferenti che i pittori amano intrecciare sul viso di Gloria, di Sofferenza, e di Vita del Salvatore, come a donargli la pallida dignità del più umile dei morti, sono le vive terminazioni di un alberello di Giudea, che cresce al limitare dei deserti su povere sabbie, albero gracile che le capre più affamate trascurano sdegnosamente, che persino il vento evita per paura di ferirsi e perdere il suo canto, e che alcuni dotti botanici, un giorno, un giorno lontanissimo, chiamarono con il dolce termine di paliuro, quasi per il loro unico diletto.

Tania se disait aussi que cette éternité de reproduction, dans laquelle elle jouait maintenant le premier rôle, n'était peut-être au fond qu'un préambule au paradis particulier dans lequel elle était entrée, une fois sa vaisselle faite, peu après treize heures, en ce mardi 4 avril 1959, alors qu'elle avait trente-six ans, que sa mère était morte depuis un an, et qu'elle ne supportait plus l'espèce humaine, cette immense ruche cruelle et dérisoire, oui, sans doute était-ce là, se disait-elle, une des salles d'attente de ce paradis placide qu'elle avait ce jour-là désiré, avant de se tirer une balle dans la tempe, et de s'effondrer, morte, sur le sol de son petit appartement, dont le linoléum vert avait les reflets de l'eau du grand bassin du parc Brodski où jadis, seule, toujours seule, elle aimait tant aller rêver.

(Tania Vläsi, p. 184)

Tania si diceva anche che quell‟eternità riproduttiva, in cui adesso aveva il ruolo principale, forse in fondo era solo un preambolo del peculiare paradiso nel quale era entrata, una volta lavati i piatti, quel martedì 4 aprile 1959, quando aveva trentasei anni, quando sua madre era morta da un anno e lei non sopportava più la razza umana, quell‟immenso formicaio crudele e ridicolo, sì, doveva essere senz‟altro quello, si diceva, una delle sale d‟attesa di quel paradiso placido che quel giorno aveva desiderato, prima di spararsi un colpo alla tempia, e di accasciarsi, morta, sul pavimento del suo appartamentino, il cui linoleum verde aveva i riflessi dell‟acqua della grande vasca del parco Brodski dove un tempo, sola, sempre sola, amava tanto andare a sognare.

Riferimenti

Documenti correlati

Indeed, many of the “new goods” which led to an increased labor supply depended on the availability of precious metals to be imported from Asia (Palma and Silva 2015).. The

Thus, the asymmetrical design of State aid procedures is problematic because it reduces the scope of the obligation of the Commission to move beyond the preliminary stage

Family planning services have been fundamental in order to slow population growth by improving reproductive health of women and men and enabling them to choose the

Objective: The RarERN Path methodology aims to create a single reference organisational model for patients’ care pathways which, if applied in different contexts, helps to ensure

La pubblicazione degli Atti della Giornata dedicata alla memoria del professor Renato Bordone costituisce il sentito e doveroso omaggio che l’Astigiano e la comunità degli studi

AECG: American European Consensus Group; ANA: antinuclear antibodies; ELISA: enzyme-linked immunosorbent assay; MSGB/FS: minor salivary gland biopsy focus score; NPV:

Tirando le fila si può dire che, a fronte di un silenzio pressoché assoluto della documentazione sulla rete viaria lunigianese altomedievale, gli atti del Codice Pelavicino

Moreover, the wavelet analysis: (i) was able to discriminate horizontal meandering and gravity waves, which simultaneously developed in the second part of the analysed period;