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Capitolo II L’ambito di applicabilità dell’amministrazione straordinaria: statica

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Capitolo II

L’ambito

di

applicabilità

dell’amministrazione

straordinaria: statica

SOMMARIO: 2.1. L’art. 1 nel decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26 e l’art. 1 nella legge 3 aprile 1979, n. 95- 2.2. Il presupposto soggettivo nella legge n. 95 del 1979- 2.3. Il presupposto oggettivo nella legge n. 95 del 1979- 2.4. Modificazioni legislative intervenute in seguito alla legge di conversione sui presupposti di ammissibilità- 2.5. L’art. 1 nel decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, natura e finalità dell’amministrazione straordinaria- 2.6. Il presupposto oggettivo della procedura disciplinata dal decreto legislativo n. 270/1999: lo stato di insolvenza “reversibile”- 2.7. L’art. 2 nel decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, imprese soggette all’amministrazione straordinaria- 2.8. L’impresa, anche individuale, come soggetto della procedura- 2.9. I presupposti soggettivi nel decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270: il primo presupposto “dimensionale”, il numero dei lavoratori subordinati- 2.10. Il secondo presupposto: la misura dell’indebitamento dell’impresa- 2.11. L’art. 27 nel decreto legislativo 8 luglio 1999 n. 270, condizioni per l’ammissione alla procedura- 2.12. Il Programma di cessione dei complessi aziendali- 2.13. Il Programma di ristrutturazione- 2.14. L’art. 1 nel decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito nella legge 18 febbraio 2004, n. 39, c.d. legge Marzano- 2.15. Applicabilità della procedura all’imprenditore individuale- 2.16. Lo stato di insolvenza reversibile- 2.17. I requisiti dimensionali presuntivi della rilevanza sociale del dissesto: l’impresa di grandissime dimensioni- 2.18. La soglia minima dei cinquecento dipendenti- 2.19. L’indebitamento complessivo non inferiore a trecento milioni di euro- 2.20. Prime evidenze empiriche sulle modalità di svolgimento della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza dal 1999 al 2008.

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2.1. L’art. 1 nel decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26 e l’art. 1 nella

legge 3 aprile 1979, n. 95

DECRETO-LEGGE 30 gennaio 1979, n. 26

Provvedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Art. 1.

Società soggette e norme applicabili

Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata sono soggette a procedura di amministrazione straordinaria, con esclusione del fallimento, qualora abbiano una esposizione debitoria, verso aziende o istituti di credito per operazioni a medio e lungo termine, superiore a cinque volte il capitale versato e aventi miliardi di lire, derivante per almeno il quindici per cento da finanziamenti agevolati.

La procedura è disposta con decreto del Ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro, quando sia stato accertato giudizialmente, ai sensi degli art. 5 e 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, lo stato di insolvenza della società.

La procedura si attua ad opera di uno o tre commissari sotto la vigilanza del Ministro dell’industria, del commercio, dell’artigianato ed è disciplinata, in quanto non diversamente stabilito con il presente decreto-legge, dagli articoli 197 e seguenti del regio decreto che ordina la liquidazione coatta amministrativa.

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LEGGE 3 aprile 1979, n. 95.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, concernente provvedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Art. 1. – ( Imprese soggette all’amministrazione straordinaria e norme applicabili). – Le imprese di cui al primo comma dell’art. 1 della legge fallimentare, approvata con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono soggette a procedura di amministrazione straordinaria, con esclusione del fallimento, qualora abbiano una esposizione debitoria, verso istituti o aziende di credito o istituti di previdenza e di assistenza sociale, superiore a cinque volte il capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio approvato nonché a venti miliardi di lire, di cui almeno uno per i finanziamenti agevolati.

Quando sia stato accertato giudiziariamente, ai sensi degli articoli 5 e 195 della legge fallimentare, d’ufficio o ad iniziativa dei soggetti indicati dall’articolo 6 della predetta legge, lo stato di insolvenza dell’impresa ovvero l’omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione, il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato dispone con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, la procedura di amministrazione straordinaria. La procedura si attua ad opera di uno o tre commissari sotto la vigilanza del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato ed è disciplinata, in quanto non diversamente stabilito con il presente decreto-legge, dagli articoli 195 e seguenti e dell’art. 237 della legge fallimentare. La revoca del commissario è disposta su parere conforme del Comitato dei Ministri per il coordinamento della politica industriale ( CIPI). Del comitato di sorveglianza devono far parte, a

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seconda che sia composto da tre o da cinque membri, uno o due dei creditori chirografari, scelti tra persone particolarmente esperte nel ramo di attività esercitato dall’impresa. A tutti gli effetti stabiliti dalla legge fallimentare, il provvedimento di cui al comma precedente è equiparato al decreto che ordina la liquidazione coatta amministrativa.

I due articoli sopra citati corrispondono rispettivamente al primo articolo del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26 ed al primo articolo contenuto nella legge di conversione, la legge 3 aprile 1979 n. 95, che si occupano dei presupposti e quindi dell’ambito di applicabilità dell’amministrazione straordinaria.1

Quando si parla di presupposti per l’accesso alla procedura di amministrazione straordinaria, si fa riferimento sia al presupposto soggettivo sia al presupposto oggettivo.

2.2. Il presupposto soggettivo nella legge n. 95 del 1979

Iniziando dal presupposto soggettivo, questo, nell’ambito di un procedimento concorsuale, può coincidere con l’individuazione delle caratteristiche soggettive di chi è assoggettabile al procedimento stesso.

Emerge che il presupposto soggettivo, indicato nell’art. 1 del d.l. 30 gennaio 1979 n. 26, fa esclusivo riferimento alle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata; l’art. 1 della legge di conversione muta, invece, tale situazione, facendo espresso riferimento alle imprese di cui al comma 1° dell’art. 1 della legge

1 ANGELO BONSIGNORI, L’amministrazione straordinaria delle grandi

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fallimentare e quindi gli imprenditori commerciali e le società commerciali, esclusi i piccoli imprenditori e gli enti pubblici.

Rispetto al decreto legge, sembra che la legge di conversione ampli l’ambito soggettivo di applicazione della amministrazione straordinaria; in realtà questo ampliamento è solo apparente.

L’art 1, comma 1°, della legge fallimentare concerne tutti gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, non soltanto le società di capitali, ma anche quelle di persone ed anche le imprese individuali. Per poter accedere all’amministrazione straordinaria, le imprese devono però rispondere ai requisiti di cui al comma 1° dello stesso art. 1 della legge 3 aprile 1979, n. 95.

Il comma 1° dell’art. 1 del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26 differisce dal comma 1° dell’art. 1 della legge di conversione, anche e soprattutto per le dimensioni quantitative dell’impresa assoggettabile ad amministrazione straordinaria; infatti nel decreto legge si stabilisce che sia necessaria una esposizione debitoria , verso aziende e istituti di credito, superiore a cinque volte il capitale versato e a venti miliardi di lire, derivante per almeno il quindici per cento dai finanziamenti agevolati.

Nell’art. 1, comma 1°, della legge di conversione, la fattispecie viene ampliata, in quanto possono: a) essere creditori anche gli istituti di previdenza e di assistenza sociale; b) le operazioni di indebitamento risultare pure a breve termine; c) le proporzioni fra i crediti agevolati e quelli ordinari scendere al cinque per cento e, infine d)i crediti devono essere complessivamente superiori cinque volte non tanto al capitale versato, quanto piuttosto a ciò che ancora esiste di quel che è stato effettivamente versato.

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Riguardo all’ambito soggettivo dell’amministrazione straordinaria, quindi, il riferimento al capitale versato, come risulta dall’ultimo bilancio approvato, e esistente, dimostra che soltanto gli imprenditori collettivi, tenuti all’approvazione del bilancio, sono assoggettabili al procedimento in esame. Quindi, malgrado la modifica del comma 1° del testo in esame, appunto nel passaggio da decreto legge alla legge di conversione , l’ambito soggettivo del procedimento è rimasto ristretto alle società di capitali.

E’ opportuno sottolineare che già nella rubrica del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, può trarsi un debole indizio a favore dell’assoggettabilità a amministrazione straordinaria delle sole società di capitali, in quanto la rubrica stessa si riferisce ai procedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle “grandi” imprese in crisi; a tale rubrica si affianca anche la relazione che ricollega il nuovo procedimento alle “grandi imprese rilevanti, a causa delle loro stesse dimensioni, rispetto all’interesse pubblico dell’economia generale, del credito e della produzione”.

Si tratta di un dato economico-quantitativo, e non giuridico-qualitativo, comunque non soltanto nel decreto-legge viene usata la terminologia societaria, ma nella legge di conversione il termine “società” in amministrazione straordinaria viene adoperato per ben cinque volte, ad indicare che i redattori della legge di conversione, nonostante il mutamento di direzione dell’art. 1, comma1°, sono dell’avviso che il campo di applicazione del procedimento sia ristretto alle società.

A favore di questa tesi, si può addurre la dizione dell’art. 6-ter, comma 1°, legge 3 aprile 1979, n. 95, secondo la quale le disposizioni in oggetto si applicano sino all’entrata in vigore di una nuova legge di

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riforma del regime delle società. Si tratta di una caducazione automatica delle norme in esame.

La conferma della fondatezza di questa tesi può trarsi anche dalle difficoltà nelle quali si dibattono i sostenitori dell’avversa opinione che tentano di conciliare la dizione legislativa, che fa riferimento al capitale versato e esistente secondo l’ultimo bilancio approvato, con la struttura dell’impresa individuale.

Infine, occorre apportare un’ulteriore restrizione all’ambito soggettivo in questione: le società di capitali che sono sottoponibili ad amministrazione straordinaria, devono avere come oggetto un’attività industriale. Ciò risulta sia dalla relazione, dove si lamenta che cresca “a dismisura l’indebitamento di taluni settori industriali”, sia da precise disposizioni di legge. Significativo è l’art. 2, comma 2°, in cui, disciplinandosi il contenuto del programma, si stabilisce che deve essere elaborato un piano di risanamento coerente con gli indirizzi della politica industriale, con indicazione specifica degli impianti da riattivare e di quelli da completare, nonché degli impianti o complessi aziendali da trasferire e degli eventuali nuovi assetti aziendali, nell’art. 2-bis, comma 1°, viene ipotizzata la garanzia dello Stato, per la riattivazione e il completamento di impianti, immobili e attrezzature industriali.

Per concludere, soggetti passivi dell’amministrazione straordinaria sono le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, aventi per oggetto un’attività industriale, con un’esposizione debitoria verso istituti ed aziende di credito, sia verso istituti di previdenza e di assistenza sociale, di un ammontare complessivo superiore a cinque volte il capitale versato e esistente dopo l’ultimo

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bilancio, e comunque a venti miliardi di lire, purché almeno uno sia stato mutuato in base alle norme sui finanziamenti agevolati.

2.3. Il presupposto oggettivo nella legge n.95 del 1979

All’esame del presupposto soggettivo dell’amministrazione straordinaria, segue l’esame del presupposto oggettivo. Per quanto concerne quest’ultimo presupposto, il parametro preso in considerazione è l’esposizione debitoria qualificata, da intendere come il complesso delle situazioni giuridiche passive, facenti capo alla società di debiti nascenti da rapporti ancora in fieri, verso istituti o aziende di credito o istituti di previdenza e di assistenza sociale.

Presupposto questo che non è soltanto qualitativo, ma esige altresì un parametro quantitativo ( esposizione superiore a cinque volte il capitale versato e esistente secondo l’ultimo bilancio approvato e comunque superiore a venti miliardi di lire), connesso a un’ulteriore valutazione qualitativa e quantitativa, nel senso che almeno un miliardo deve essere erogato per finanziamenti agevolati.2

Nel testo originario dell’art. 1, comma 1°, del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, nell’ambito del presupposto oggettivo rientra anche lo stato di insolvenza , da accertarsi preliminarmente a norma degli artt. 5 e 195 della legge fallimentare, nel passaggio, poi, dal decreto alla legge di conversione, oltre a modificazioni relative alla legittimazione attiva all’accertamento stesso, si aggiunge un’alternativa, oggetto dell’accertamento stesso potrebbe anche essere l’omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione.

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Le due situazione giuridiche, stato di insolvenza e mancato pagamento di tre mensilità di retribuzione, non si equivalgono. La prima consiste nell’incapacità economica dell’imprenditore di adempiere regolarmente, che si manifesta in inadempimenti e altri fatti esteriori, mentre l’omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione rappresenta uno di questi fatti esteriori, anche se dei più significativi. Nonostante le critiche avanzate per questa inopportuna equiparazione tra entità giuridiche disomogenee, ai fini dell’apertura dell’amministrazione straordinaria, è indubbia l’equiparazione dell’insolvenza con la serie di inadempimenti, rappresentata dall’omesso pagamento di tre mensilità di retribuzioni. Ciò significa che, in luogo di accertare lo stato di insolvenza, il tribunale fallimentare potrebbe limitarsi alla dichiarazione di tali inadempimenti, risultando così facilitata l’apertura dell’amministrazione straordinaria. Una società di notevoli dimensioni che non paga tre mensilità ai propri impiegati e operai, non può non trovarsi in stato di decozione.

2.4. Modifiche legislative intervenute in seguito alla legge di

conversione sui presupposti di ammissibilità della procedura

In seguito alla conversione del decreto-legge in legge, vengono apportate alla legge Prodi diverse modifiche, alcune delle quali vanno anche ad incidere sull’ambito di applicabilità della procedura di amministrazione straordinaria.3

3 MASSIMO BIANCA, La dichiarazione dello stato di insolvenza

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Una prima serie di novelle è ispirata dalla volontà di sottrarre al fallimento, tramite ricorso all’amministrazione straordinaria, anche imprese per le quali difetta qualcuno dei presupposti di ammissibilità contemplati dall’art. 1 della legge 3 aprile 1979, n. 95.

E’ questo il caso della modifica introdotta per tramite della legge 13 agosto 1980, n. 445, nota come legge Genghini, dal nome dell’impresa che per prima usufruisce del provvedimento di modifica. Difettando, per tale società, il presupposto del precedente ottenimento di finanziamenti agevolati, essenziale ai fini dell’applicabilità della procedura, si stabilisce, tramite interpretazione autentica, che il requisito debba comunque ritenersi assolto anche per le società che controllano da almeno un anno altre società in relazione ai finanziamenti agevolati ottenuti da queste ultime.

La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un provvedimento ad personam, privo dei connotati di generalità ed astrattezza.

In aggiunta a questa, il legislatore interviene ancora sui presupposti di ammissibilità alla procedura, operando delle sostanziali modifiche. Con la legge 31 marzo 1982, n. 119, il legislatore proroga i termini di durata della procedura, stabilisce che il limite dimensionale relativo all’esposizione debitoria delle imprese di cui al primo comma del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, verso aziende di credito, istituti speciali di credito, istituti di previdenza e assistenza sociale sia non inferiore a trentacinque miliardi di lire e superiore a cinque volte il capitale versato e risultante dall’ultimo bilancio approvato, dispone, inoltre, che tale limite dimensionale sia aggiornato al 30 aprile di ciascuno anno con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. Infine interviene, ancora una volta, significativamente sullo stesso articolo 1, introducendo tra i presupposti di ammissione

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anche quello della presenza di un numero minimo di dipendenti, il che vale a superare le molte critiche in precedenza avanzate dalla dottrina, propensa a ritenere scarsamente qualificante il solo livello di indebitamento.4 L’introduzione di questa ulteriore condizione ha come obiettivo quello di dare una dimensione sociale o di portata sociale al provvedimento dispositivo dell’amministrazione straordinaria ma anche per creare un ulteriore sbarramento alla imprevista ondata di richieste di ammissione alla procedura in esame, ondata cagionata oltre che dalla difficoltà economico-finanziaria in cui versano le imprese italiane, anche dalla scoperta che l’amministrazione straordinaria può essere utilizzata come lo strumento legale per riversare sullo Stato l’enorme fardello dei complessi problemi che vanno ad incidere sulla grande impresa.5

Con la legge 19 dicembre 1983, n. 696, il legislatore interviene nuovamente sul problema dell’indebitamento qualificato, abrogando l’art. 1 nella parte in cui prevede che questo sia caratterizzato dalla presenza di debiti derivanti, almeno nella misura di un miliardo, da finanziamenti assistiti dal contributo dello Stato.6

Tra le successive modifiche, sempre con riferimento ai presupposti di ammissibilità, merita segnalare quella apportata tramite la legge 3

4 La legge riserva l’applicazione della procedura alle sole imprese che abbiano da

almeno un anno, un numero minimo di addetti non inferiore a trecento. Il termine “addetti”, utilizzato dal legislatore, è un termine equivoco rispetto, per esempio al termine “dipendenti”, in tale categoria possono farsi agevolmente rientrare gli agenti, i lavoratori a domicilio e qualunque altro soggetto che collabori ed operi per l’impresa in crisi.

5BARTOLOMEO QUATRARO, L’amministrazione straordinaria delle grandi

imprese in crisi, cit., 14 e ss.

6 Con il D.M 16 aprile 1985 viene aggiornato il limite dell’esposizione debitoria

necessaria per accedere alla procedura di amministrazione straordinaria. Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato decreta che il limite dimensionale dell’esposizione debitoria è elevato a lire 50,321 miliardi.

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novembre 1987, n. 452 che, con riguardo all’indebitamento qualificato, equipara a quello già inizialmente previsto anche i debiti verso società per azioni a prevalente partecipazione pubblica, derivanti da finanziamenti contratti in base alle previsioni dei piani aziendali approvati dal CIPI nell’ambito di leggi di ristrutturazione aziendale.7

7 Art. 1 della legge 3 aprile 1979, n. 95 coordinato con le successive modifiche

intervenute: le imprese di cui al primo comma dell’art. 1 del R. D. 16 marzo 1942, n. 267, sulla disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, sono soggette alla procedura di amministrazione straordinaria, con esclusione del fallimento, qualora abbiano, da almeno un anno, un numero di addetti, compresi quelli ammessi alla cassa integrazione guadagni, non inferiore a trecento, e presentino un’esposizione debitoria verso aziende di credito, istituti speciali di credito, istituti di previdenza e assistenza sociale non inferiore a 51.321 milioni di lire (così come modificato con D.M 16 aprile 1985) e superiore a cinque volte il capitale versato e risultante dall’ultimo bilancio approvato. Il limite dimensionale dell’esposizione debitoria è aggiornato al 30 aprile di ciascun anno con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, utilizzando il deflattore degli investimenti lordi riportato nella relazione generale della situazione economica del paese.

Quando sia stato accertato giudiziariamente, ai sensi degli artt. 5 e 195 della legge fallimentare, d’ufficio o ad iniziativa dei soggetti indicati dall’art. 6 della predetta legge lo stato d’insolvenza dell’impresa ovvero l’omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione, il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato dispone con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, la procedura di amministrazione straordinaria. La procedura si attua ad opera di uno o tre commissari sotto la vigilanza del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato ed è disciplinata, in quanto non diversamente stabilito con il presente decreto-legge degli artt. 195 e segg. E dall’art. 237 della legge fallimentare. La revoca del commissario è disposta su parere conforme del Comitato dei Ministri per il coordinamento della politica industriale (CIPI). Del Comitato di sorveglianza devono far parte, a seconda che sia composto da tre o cinque membri, uno o due creditori chirografari, scelti tra le persone particolarmente esperte nel ramo d’attività esercitata dall’impresa. A tutti gli effetti stabiliti dalla legge fallimentare, il provvedimento di cui al comma precedente è equiparato al decreto che ordina la liquidazione coatta amministrativa.

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2.5. L’art. 1 nel decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, natura e

finalità dell’amministrazione straordinaria

DECRETO LEGISLATIVO 8 LUGLIO 1999, N. 270

Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza

Art. 1

Natura e finalità dell’amministrazione straordinaria

L’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

Il primo articolo del decreto legislativo n. 270/1999, con il quale è stato riformato l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, si preoccupa di rendere espliciti le finalità e il campo di operatività della nuova procedura in conformità al principio direttivo contenuto nell’art.1, comma 2, lett. a) della legge delega 10 luglio 1998, n. 274.

La rilevanza di questa norma specifica è resa esplicita da un passaggio della Relazione al decreto legislativo n. 270/1999, in cui si sottolinea che le “disposizioni generali” contenute nei primi due articoli del decreto sono state attentamente ponderate in vista della loro destinazione a fungere “da chiave di lettura dell’intero corpus normativo”.8

8 A cura di ANGELO CASTAGNOLA e ROBERTO SACCHI, La nuova

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La nuova amministrazione straordinaria, pur essendo qualificata anch’essa nell’art. 1 come procedura concorsuale, dovrebbe affiancare le procedure già contemplate nella legge fallimentare del 1942 in un’ottica diversa dalla finalità precipua di questa di eliminare dal mercato le imprese decotte.

Il fine primario perseguito è individuato in quello di salvaguardare, di fronte a dissesti particolarmente allarmanti sul piano delle ricadute socio-economiche, il bene impresa quale entità oggettiva distinta dall’imprenditore nella sua duplice valenza di fonte unitaria di produzione e di fattore di mantenimento dell’occupazione.

Tale finalità conservativa come precisa lo stesso art. 1, viene perseguita attraverso la prosecuzione, riattivazione, o riconversione delle attività imprenditoriali.

Il legislatore del decreto legislativo n. 270/1999 si preoccupa quindi della conservazione dell’unità imprenditoriale, sia sotto il profilo dell’organizzazione dei beni sia sotto il profilo dell’organizzazione delle persone, in ragione dell’esigenza di tutelare i vari interessi ad essa connessi; obiettivo che può essere raggiunto o mediante il risanamento dell’impresa o attraverso il mutamento dell’azienda e degli altri rapporti inerenti all’impresa.

L’obiettivo della prosecuzione e della salvaguardia dell’impresa, la sua “oggettivazione”, per cui essa può avere una sorte indipendente da quella dell’imprenditore, vengono considerati come il punto di arrivo di un processo evolutivo a seguito del quale dal 1942 ad oggi la concezione dell’impresa si sarebbe “socializzata”: gli interessi dei creditori non hanno più rilevanza esclusiva o anche solo primaria e insolvenza, commentario al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, Giappichelli Editore, Torino, 1

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neppure l’imprenditore può avere un potere dispositivo sulle sorti della sua impresa, poiché altri importanti interessi (specialmente dei lavoratori) gravitano sull’impresa, specie di grandi dimensioni, giustificando nuovi equilibri fra gli interessi in conflitto.

2.6. Il presupposto oggettivo della procedura disciplinata dal decreto

legislativo n. 270/1999: lo stato di insolvenza “reversibile”

La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese ( D.lgs. 8 luglio 1999, n. 270) ha rimesso in discussione la valenza di uno dei concetti chiave del sistema delle procedure concorsuali, in quanto descrittivo del fenomeno patologico che esse sono chiamate a fronteggiare e, dunque , della loro stessa ratio essendi: quello espresso cioè dalla tradizionale formula dello “stato di insolvenza”. Il legislatore rivolgendo, in via esclusiva, le sue cure alle grandi imprese in stato di insolvenza, eleva tale stato a presupposto oggettivo della procedura ( art. 3 D.lgs. 270/1999) senza più affiancarvi l’omesso pagamento di almeno tre mensilità di retribuzione, come faceva invece l’art. 1 della vecchia legge. In questo modo sembra che il legislatore voglia attuare una reductio ad unitatem dell’ordinamento di settore, nel segno dell’allineamento alle regole generali.

In mancanza di diversa definizione, lo stato di insolvenza rilevante ai fini dell’amministrazione straordinaria sembrerebbe destinato ad identificarsi con la nozione di insolvenza emergente dall’art. 5 della legge fallimentare del 1942, quindi nell’incapacità non transeunte dell’imprenditore di far fronte, tempestivamente e con mezzi normali,

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alle proprie obbligazioni, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento della propria attività.9 Adottando tale definizione di insolvenza, come emerge dall’art. 5 della legge fallimentare del 1942 10 , si configura una palese contraddizione con il contesto normativo delineato dal decreto legislativo 270/1999, soprattutto rispetto all’attuazione dell’indirizzo del risanamento dell’impresa, che si prefigge l’obiettivo del ritorno in bonis della medesima. Per questa ragione, molti commentatori suggeriscono di interpretare il requisito dell’insolvenza in termini diversi rispetto a quelli indicati nella legge fallimentare.11

Due dati strutturali, tra loro correlati, orienterebbero l’interprete verso tale direzione.

Il primo è rappresentato dalla diversità di “protagonisti” delle procedure poste a confronto ( fallimento e amministrazione straordinaria). La disciplina del fallimento ha come esclusivo destinatario l’imprenditore e ciò in coerenza con l’impostazione del coevo codice civile del 1942, è l’imprenditore-proprietario, non l’impresa, che fallisce.

Radicalmente diverso lo scenario nell’amministrazione straordinaria, la nuova disciplina introdotta dal decreto legislativo 270/1999 ha infatti operato, nel dualismo imprenditore/impresa, una netta scelta di campo a favore della seconda, considerata come entità autonoma e distinta dal soggetto che la gestisce. L’obiettivo emerge dall’ overture del citato decreto legislativo, la cui norma d’esordio definisce

9 VALERIO NAPOLEONI, Lo stato d’insolvenza nell’amministrazione

straordinaria, Fallimento, 2002, 1105

10 Stato di crisi irreversibile

11 A cura di ANGELO CASTAGNOLA e ROBERTO SACCHI, La nuova

disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, cit., 5

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l’amministrazione straordinaria quale procedura concorsuale preordinata alla conservazione del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

Il secondo dato strutturale attiene all’esigenza di coordinare la nozione dell’insolvenza con l’ulteriore e speciale presupposto oggettivo che determina in concreto l’accesso all’amministrazione straordinaria, escludendo l’alternativa fallimentare. Lo stato di insolvenza dell’imprese avente i prescritti requisiti dimensionali costituisce difatti presupposto dell’amministrazione straordinaria , ma soltanto nella fase preliminare “di osservazione” culmina la scelta del tribunale fra amministrazione straordinaria o fallimento, valutando se sussistono o meno “ concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali ( art. 27, primo comma), quindi sarebbe opportuno poter parlare di insolvenza “recuperabile” o “reversibile” , coincidente con la “difficoltà temporanea” unita a manifestazione esteriori tipiche dell’insolvenza.12

Secondo la tesi più radicale, lo stato di insolvenza di cui nella nuova legge, dal momento che non è più riferito all’imprenditore ma all’ “impresa”, non si radica né postula inadempimenti verso terzi o altre manifestazioni esteriori della crisi economica dell’impresa,

12 Tribunale di Torre Annunziata, 14 novembre 2001, con sentenza in data 19

settembre 2001 viene dichiarato lo stato di insolvenza della s.p.a. Ilva Pali Dalmine. In data 20 ottobre 2001 il commissario giudiziale prof. Giovanni Fiori, deposita la relazione ex art. 28, d.lgs. n. 270/1999. Dalla relazione emerge che sussistono concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico, in quanto le cause della crisi non attengono né al mercato, né ad un irrecuperabile deterioramento della struttura aziendale; l’insolvenza è ad uno stadio non molto avanzato quindi non ha irrecuperabilmente compromesso gli equilibri patrimoniali, la capacità di penetrazione commerciale dell’azienda ha ampi spazi di miglioramento.

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identificandosi tout court con la stessa “crisi” , ossia con uno squilibrio funzionale atto a produrre costantemente perdite.13

Altri, invece, sostengono che si assiste ad una riconsiderazione della nozione fallimentare dello stato di insolvenza. Secondo la dottrina più recente essa si identifica con il “ non essere più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”: in pratica si tratta di una “impotenza” del debitore a far fronte alla responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c., la quale risulti essersi protratta per un tempo ragionevolmente significativo.

Questo, però, non postula necessariamente un giudizio di irreversibilità di tale situazione.

2.7. L’art. 2 nel decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, imprese

soggette all’amministrazione straordinaria

DECRETO LEGISLATIVO 8 LUGLIO 1999, N. 270

Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza

Art. 2

Imprese soggette all’amministrazione straordinaria

Possono essere ammesse all’amministrazione straordinaria, alle condizioni e nelle forme previste dal presente decreto, le imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento che congiuntamente i seguenti requisiti:

13 Non più quindi patologia nel rapporto tra debitori e creditori, ma patologia del

funzionamento stesso dell’impresa: dunque, “crisi dell’impresa”. Sebbene il legislatore del ’99 ha apparentemente mantenuto la stessa locuzione (insolvenza) della vecchia legge, in realtà il significato dello stesso vocabolo deve essere considerato diverso nelle due leggi.

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a) un numero di lavoratori subordinati , compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno;

b) debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio.

L’articolo a commento si preoccupa di specificare il campo applicativo principale della nuova amministrazione straordinaria dal punto di vista soggettivo, che il precedente articolo 1 individua solo genericamente nella “grande impresa commerciale” insolvente.

2.8. L’impresa, anche individuale, come soggetto della procedura

La prima parte dell’art. 2 recita che “possono essere ammesse” alla procedura “nelle forme” e purché sussistano le condizioni previste dal decreto ( art. 3 e art. 27 ) solo le imprese soggette alle disposizioni sul fallimento.

Il riferimento all’impresa come soggetto della procedura solleva alcuni problemi interpretativi. Nel nostro ordinamento sono compresenti più nozioni di impresa. In particolare all’impresa “unisoggettiva” si affianca l’impresa “unidirezionale”, coincidente con quel raggruppamento di più soggetti “produttori” che possa considerarsi unitario dal punto di vista economico. Sembra che la legge sull’amministrazione straordinaria voglia fare riferimento a tale ultimo tipo di impresa, sicuramente per estendere l’ambito applicativo della nuova procedura.

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Facendo, però, coincidere il campo applicativo principale della procedura con “le imprese soggette alle disposizioni sul fallimento” si vuole chiaramente fare riferimento al concetto di “impresa” intesa come “unisoggettiva” e non “uniderezionale”.

Si delinea, inoltre, un ulteriore problema interpretativo: soggetto delle norme della nuova procedura di amministrazione straordinaria è “l’imprenditore”, come nel fallimento o nelle altre procedure minori regolamentate dalla legge fallimentare, o “l’impresa”, intesa come organismo stabilmente preordinato all’attività di produzione o di scambio i beni e servizi e nel contempo di essere centro di imputazione dei rapporti giuridici?

La rilevanza pratica della questione nasce dal fatto che nella prima parte dell’art. 2 figura l’inciso “anche individuale”, suggerito primariamente dall’esigenza di eliminare ogni dubbio interpretativo sull’applicabilità della normativa all’impresa individuale, dubbio che invece era sorto relativamente alla previgente legge n. 95/1979.

I termini “impresa” ed “imprenditore”, ove utilizzati nel decreto senza ulteriore specificazione”, sono comprensivi anche dell’impresa e dell’imprenditore costituiti in forma societaria.

Il riferimento soggettivo alle imprese soggette alle disposizioni del fallimento consente di applicare la procedura di amministrazione straordinaria, qualora ci siano i presupposti, anche agli imprenditori esercenti attività commerciale ai sensi dell’art. 2195 c.c., con esclusione degli enti pubblici e dei piccoli imprenditori.

Sono, invece, escluse dall’amministrazione straordinaria, in ragione del combinato disposto fra la locuzione normativa in esame e l’art. 2, comma 2, legge fallimentare, le imprese soggette esclusivamente a liquidazione coatta amministrativa, quali le banche e le assicurazioni.

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Il rapporto tra amministrazione straordinaria e procedura fallimentare è definibile nei termini di esclusività reciproca ma nel contempo anche di alternatività. Il fatto che l’art. 2 esordisca con l’utilizzo della locuzione “possono essere ammesse” non vuol dire che le imprese ivi individuate rimangano assoggettabili alla procedura fallimentare. La potenzialità dell’ammissione alla nuova procedura di amministrazione straordinaria si correla con la ricorrenza degli altri requisiti previsti dal decreto.

Più ampliamente l’alternatività fra le due procedure si manifesta nel fatto che nella fase istruttoria che segue alla dichiarazione dello stato di insolvenza, si può transitare da una procedura ad un’altra senza limiti e ad iniziativa di parte, in conformità ai requisiti che vengano accertati. Inoltre, aperta la procedura di amministrazione straordinaria , nel corso e al termine dell’esecuzione del programma, vi può essere sempre conversione della stessa in fallimento qualora la finalità conservativa non appaia più realizzabile.14

2.9. I presupposti soggettivi nel decreto legislativo 8 luglio 1999, n.

270: il primo presupposto “dimensionale”, il numero dei lavoratori subordinati

Guardando alla seconda parte dell’art. 2, possono accedere alla nuova procedura solo le imprese soggette alle disposizioni sul fallimento le quali siano convenzionalmente “grandi” per il fatto di presentare congiuntamente due requisiti dimensionali, descritti rispettivamente

14 A cura di ANGELO CASTAGNOLA e ROBERTO SACCHI, La nuova

disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, cit., 19 e ss.

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nella lettera a) e b) della disposizione. Il concorso dei due requisiti determina una selezione delle imprese che possono accedere alla procedura di amministrazione straordinaria.

Il primo requisito attiene al numero dei lavoratori che si trovano alle dipendenze dell’impresa che non deve essere inferiore alle duecento unità “da almeno un anno” rispetto al momento della declaratoria giudiziale dello stato di insolvenza15. In tal modo il legislatore ha voluto evitare assunzioni di personale dell’ultimo momento , finalizzate esclusivamente all’accesso alla procedura. Devono, inoltre, essere computati anche i lavoratori subordinati già ammessi alla Cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, i quali devono essere considerati , a tutti gli effetti , dipendenti della società. Proprio sotto il profilo temporale, si pone un delicato problema nell’ipotesi in cui, nell’ultimo anno, ci siano state fusioni o incorporazioni. La giurisprudenza di merito ha sostenuto la necessità di computare anche i lavoratori pervenuti in seguito a tali operazioni.16

Il legislatore fa poi riferimento ai “lavoratori subordinati” in luogo che agli “addetti” come nell’art. 1 , comma 1, della precedente legge n. 95 del 1979, che tra l’altro prescriveva il più elevato limite di trecento unità. In tal modo il legislatore della riforma ha avvertito l’esigenza di offrire un parametro soggettivo preciso ed inequivoco che non lasci alcun margine per generalizzazioni ed interpretazioni estensive. Devono, infatti, essere esclusi dal computo tutti quei soggetti che, anche se in concreto operanti all’interno dell’impresa, non siano legati

15 Questa condizione di ammissibilità è riferita alla struttura dell’impresa e

sottende lo scopo di riservare la procedura speciale alle sole imprese insolventi di grandi proporzioni, la cui insolvenza possa provocare gravi ripercussioni sul mercato e sul mondo del lavoro.

16 PIETRO PAOLO FERRARO, Il requisito occupazionale nell’amministrazione

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da un rapporto di lavoro subordinato. Dovranno rimanere esclusi i lavoratori avviati dalle agenzie di lavoro interinale. Nel caso di imprese individuali, non potranno essere computati i dipendenti che in concreto siano addetti a mansioni estranee all’attività imprenditoriale, in ragione del fatto che viene attribuita assoluta centralità all’impresa, intesa come attività svolta per mezzo dell’organizzazione a ciò deputata, e non all’imprenditore.17

2.10. Il secondo presupposto: la misura dell’indebitamento

dell’impresa

Il secondo requisito, di carattere patrimoniale, prescritto dall’art. 2 affinché l’impresa possa essere ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria attiene al livello di indebitamento inerente all’impresa stessa che deve essere non inferiore ai due terzi “tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio”. Risulta evidente l’abbandono del concetto di “esposizione debitoria qualificata”, rintracciabile, invece, nella legge Prodi che consentiva l’accesso all’amministrazione straordinaria alle sole imprese caratterizzate da un forte indebitamento verso determinati soggetti, tra cui lo Stato.

Relativamente a questo nuovo requisito è stata avanzata una serie di critiche , espresse soprattutto da parte delle dottrina.

In primo luogo, si evidenzia l’assenza di una reale capacità selettiva nei livelli dimensionali delle imprese, dato che i rapporti indicati nella

17 MASSIMO BIANCA, La dichiarazione dello stato di insolvenza

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norma potrebbero essere presenti anche nelle imprese di modeste dimensioni.

In secondo luogo, sotto il profilo aziendalistico, un indebitamento pari a due terzi dell’attivo ed a due terzi dei ricavi, per quanto sintomatico di un certo squilibrio, può presente anche in imprese che non sono insolventi.

In terzo luogo, emerge l’assoluta illogicità di un criterio che esclude dall’ammissione alla procedura quelle imprese che, benché insolventi, abbiano un indebitamento complessivo inferiore, in termini percentuali, ai due terzi delle ricordate poste attive, sono proprio tali ultime imprese che potrebbero meglio realizzare i piani di riequilibrio economico.

Deve, però, essere apprezzato il richiamo operato dal legislatore all’indebitamento “complessivo” che comporta il definitivo abbandono di ogni diversa qualificazione soggettiva e pone sullo stesso piano tutti i debiti, a prescindere dalla loro scadenza.

La norma non richiede, quindi, un indebitamento qualificato, però non è chiaro se nel caso delle imprese individuali debbano computarsi anche i debiti strettamente personali. Dalla Relazione governativa, emerge chiaramente che i debiti sono solo quelli dell’impresa e non genericamente quelli dell’imprenditore, quindi nell’ambito di un’impresa individuale non entrano nel conto le passività extra-aziendali del suo titolare.

Un’altra innovazione rispetto alla legge Prodi è rappresentata dalla definitiva eliminazione di qualsiasi diretto richiamo al bilancio, limitandosi a richiedere che i parametri emergano sulla base dei risultati dell’ultimo esercizio.

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In concreto, mentre per il singolo imprenditore si farà riferimento alle risultanze del libro degli inventari, nel caso delle società saranno i dati del bilancio, complessivamente inteso, a fungere da indice rilevatore. L’eventuale mancanza di tali documenti non pregiudica l’ammissione alla procedura, in tali casi è sufficiente la redazione di una situazione patrimoniale aggiornata.

Venendo ai parametri percentuali, l’indebitamento deve essere rispettivamente pari ai due terzi delle singole poste attive di riferimento e non, quindi, alla loro sommatoria.18

2.11. L’art. 27 nel decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270,

condizioni per l’ammissione alla procedura

DECRETO LEGISLATIVO 8 LUGLIO 1999, N. 270

Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza

Art. 27

Condizioni per l’ammissione alla procedura

1. Le imprese dichiarate insolventi a norma dell’articolo 3 sono ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali.

2. Tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa:

a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non

18 MASSIMO BIANCA, La dichiarazione dello stato di insolvenza

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superiore ad un anno ( “programma di cessione dei complessi aziendali”);

b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ( “programma di ristrutturazione”).

b bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione dei complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell’esercizio dell’impresa di durata non superiore ad un anno ( programma di cessione dei complessi di beni e contratti)

L’articolo a commento è norma chiave dell’istituto dell’amministrazione straordinaria nella legge Prodi-bis in quanto ne qualifica le finalità e ne indica le vie alternative attraverso le quali può essere perseguito il recupero dell’equilibrio economico dell’impresa. Introduce la principale novità rispetto alla vecchia amministrazione straordinaria. I requisiti oggettivi ( i.e., la condizione di insolvenza), soggettivi e dimensionali non sono da soli sufficienti per l’ammissione alla nuova procedura, occorre che siano accompagnati da un requisito “qualitativo”, indicato nel comma 1 della disposizione: l’impresa, dichiarata insolvente, deve presentare “concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali”. La fissazione di questo requisito, qualitativamente selettivo, è stata salutata con favore dalla maggior parte dei commentatori, dato che esso si prospetta quanto mai opportuno nell’interesse dei creditori, ma anche nell’ottica di una migliore politica dell’occupazione, dato che in una prospettiva di lungo termine è sconveniente, anche sotto questo

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profilo, mantenere in vita imprese che non possono più recuperare la loro efficienza produttiva.

La selezione qualitativa rappresenta senza dubbio un progresso rispetto all’automatismo con cui si accedeva alla vecchia procedura; in questo modo vengono ridotti i margini di discrezionalità dell’autorità chiamata a decidere sull’ammissione alla procedura.

La valutazione di questo requisito da parte del Tribunale deve avvenire solo dopo la relazione del commissario giudiziale, comunque a seguito degli adempimenti e nei tempi prescritti dagli articoli 28-30: dunque non può essere anticipata al momento della dichiarazione dello stato di insolvenza. L’ammissione alla procedura avviene, quindi, solo all’esito del periodo di osservazione che prende le mosse dalla sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza. L’indagine circa la sussistenza di questo importante requisito deve vertere sulla genesi della crisi, sulle ragioni, sulla sua natura finanziaria o economica, sulla sua reversibilità e sulle concrete prospettive di risanamento. L’indagine è focalizzata sull’impresa e sulle sue oggettive prospettive e non sull’imprenditore, la cui figura rimane del tutto marginale.19

L’accertamento del presupposto del “riequilibrio potenziale” deve essere accompagnato dalla stima che tale risultato possa essere realizzato specificamente attraverso uno dei due indirizzi alternativi descritti nel comma 2 dell’art. 27.

La relazione ministeriale al d.lgs. n. 270/1999 definisce le prospettive di recupero dell’equilibrio economico come le potenzialità effettive di ripristino di un rapporto non deficitario tra costi e ricavi. La risanabilità dell’impresa è l’elemento qualificante

19 ALBERTO MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare,

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dell’amministrazione straordinaria che la differenzia dalle altre procedure concorsuali.

2.12. Il programma di cessione dei complessi aziendali

L’indirizzo della cessione dei complessi aziendali identifica una subprocedura di amministrazione straordinaria “con finalità liquidatoria” .

In sé, l’alienazione dei complessi aziendali ( ed il mantenimento dei rapporti di lavoro) è compatibile, qualora sia praticabile, anche nell’ambito delle procedure a finalità prettamente liquidatoria.

Nell’amministrazione straordinaria la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa in attesa di poter procedere alla cessione dei complessi aziendali ad altro imprenditore è contemplata in ogni caso, anche qualora non corrisponda all’interesse dei creditori al miglior realizzo, in nome dell’interesse collettivistico al mantenimento in vita del patrimonio produttivo.

La cessione dei complessi aziendali , seppure non permetta di sanare per integrum le passività precedentemente accumulate, realizza, però, il presupposto del riequilibrio economico consentendo di ripristinare de futuro l’equilibrio tra costi e ricavi in capo all’impresa, intesa questa volta come organizzazione, che alla fine muta semplicemente titolarità grazie al fatto che viene impedita la dissoluzione nel corso della procedura. La cessione dei complessi aziendali deve eseguirsi nell’ottica della finalità conservativa della procedura e deve avvenire mediante la prosecuzione dell’impresa per il tempo necessario al perfezionamento della cessione, con il limite temporale di un anno, prorogabile solo in caso di imminente conclusione dell’operazione.

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La cessione non deve necessariamente riguardare la totalità del complesso aziendale ma può escludere rami d’azienda “minori” o complessi di beni che possono essere dismessi o ceduti a parte.

Nella sostanza, la prognosi relativa a questo indirizzo postula semplicemente la verifica in positivo della sussistenza sul mercato di potenziali acquirenti dei complessi aziendali i quali siano dotati di sufficiente capacità imprenditoriale e disponibilità finanziarie, da essere il grado di fornire le garanzie necessarie di affidabilità nella prosecuzione dell’esercizio dell’impresa e di mantenimento dei livelli occupazionali richieste dall’art. 63, commi 2 e 3, del decreto. Ai sensi dell’ultima parte dell’art. 56, comma 2, nel programma di cessione devono essere indicate le previsioni in ordine alla soddisfazione dei creditori , ma tali previsioni non rivestono valore impegnativo.

In definitiva , l’indirizzo della cessione, essendo l’unico seriamente prospettabile qualora la crisi non sia meramente finanziaria, bensì anche economica, ossia una situazione in cui appare improbabile il recupero della solvibilità dell’imprenditore, è destinato a diventare l’indirizzo ordinario della procedura.

Per quanto riguarda poi le società operanti nei servizi pubblici essenziali, queste hanno subito autonoma regolamentazione con il decreto Alitalia ( d.l. 134/2008 convertito con modifica l. n. 166/2008) con l’inserimento della norma della lettera b bis), che prevede l’opzione della cessione dei complessi di beni e contratti sulla base di un programma che preveda una prosecuzione dell’attività d’impresa di durata non superiore ad un anno. Questo tertium genus che consente la cessione anche dei beni e dei contratti non pare comunque

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differenziarsi dall’ipotesi sub lettera a) che prevede la cessione dei complessi aziendali, di cui fanno parte anche i contratti. 20

2.13. Il programma di ristrutturazione

L’ indirizzo della ristrutturazione dell’impresa identifica una subprocedura di amministrazione straordinaria “con finalità di risanamento” pieno, ossia di riconduzione in bonis dell’impresa stessa. Trattasi di indirizzo alternativo a quello della cessione del complesso aziendale ed è certamente di più difficile realizzazione in quanto postula tempi più lunghi e una diversa impostazione dell’attività che va condotta nell’ottica del risanamento e non della cessione/dismissione dei beni. E’ assai più complesso come procedimento rispetto al programma di cessione in quanto richiede una gestione imprenditoriale che sappia essere virtuosa e capace di ricondurre al riequilibrio economico.

La disciplina dell’amministrazione straordinaria con indirizzo di ristrutturazione dell’impresa presenta alcuni profili di coincidenza con quella dell’amministrazione controllata ed altri profili di distacco. Il secondo comma, lett. b) della disposizione a commento , descrive la modalità alternativa del “riequilibrio economico” ( legittimante l’ammissione alla procedura): l’effettiva ristrutturazione economico-finanziaria dell’impresa intesa come “soggetto” debitore.

In questa prospettiva si deve poter stimare a priori che la diligente attuazione di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni, possa condurre a ripristinare in via definitivo l’equilibrio fra

20 ALBERTO MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare,

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costi e ricavi, si deve, cioè, prospettare un recupero da parte dell’impresa e dell’imprenditore della capacità di soddisfare regolarmente anche le obbligazioni pregresse, in pratica il sostanziale ritorno in bonis dell’impresa.

I tipi di interventi immaginabili per giungere a questo risultato sono di vario genere. In primis, la concessione della garanzia statale ex art. 2-bis della legge n. 95 del 1979 e finanziamenti o altre agevolazioni pubbliche da rendersi noti ai sensi dell’art. 56, comma 1, lett. d), del decreto.

Rispetto alle imprese sociali è possibile ipotizzare, come esplicitato dall’art. 56, comma 3, del decreto, la ricapitalizzazione dell’impresa e /o il mutamento degli assetti imprenditoriali.21

Ai sensi dell’art. 56, comma 3, seconda parte del decreto, il programma di ristrutturazione deve sempre esprimersi su i tempi e le modalità di soddisfazione dei creditori, anche sulla base di piani di modifica convenzionale delle scadenze dei debiti o di definizione mediante concordato. Il recupero della solvibilità dell’imprenditore può avvenire anche attraverso soluzioni negoziali, a carattere dilatorio o remissorio, che però postulano il consenso di tutti i creditori. Anche nell’ambito dell’indirizzo di risanamento può inoltre farsi luogo alla liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa.

21 A cura di ANGELO CASTAGNOLA e ROBERTO SACCHI, La nuova

disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, cit., 170 e ss.

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2.14. L’art. 1 nel decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito

nella legge 18 febbraio 2004, n. 39, c.d. legge Marzano

Art. 1

Requisiti per l’ammissione. 1. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle imprese soggette alle disposizioni sul fallimento in stato di insolvenza che intendono avvalersi della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria di cui all’art. 27, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, di seguito denominato: “decreto legislativo n. 270”, purché abbiano, singolarmente o, come gruppo di imprese costituito da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti:

a) lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno;

b) debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.”

Ad aggravare la disorganicità della regolamentazione delle procedure concorsuali, è valsa l’emanazione di diversi provvedimenti legislativi mediante decreto legge con cui in un primo tempo si è inteso regolare il dissesto del gruppo Parmalat e successivamente si è finito con l’estenderne la regolamentazione a tutte le imprese che abbiano determinati parametri quantitativi. Il decreto legge 29 novembre 2004, n. 281, convertito in legge 28 gennaio 2005, n. 6 ha sancito l’applicabilità di tale complessa normativa a tutte le imprese singole o facenti parte di un gruppo che abbiano cinquecento dipendenti, compresi quelli ammessi alla cassa integrazione guadagni, e debiti,

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inclusi quelli derivanti dalle garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.

Tale nuova procedura è stata emanata per regolare l’insolvenza delle grandi imprese, rispetto al decreto legislativo 270/1999 che continua a disciplinare l’insolvenza delle medie imprese; inoltre con la nuova normativa si vorrebbero limitare i poteri dell’autorità giudiziaria, ampliando al contempo quelli del Ministro delle attività produttive.22

2.15. Applicabilità della procedura all’imprenditore individuale

L’articolo a commento dispone l’applicazione dell’amministrazione speciale alle sole imprese soggette al fallimento. Occorre chiedersi se la procedura sia o meno applicabile anche all’imprenditore individuale. Nella disposizione in esame è infatti venuto meno il riferimento al carattere individuale del tipo di impresa sottoposta alla procedura; tale riferimento era stato, invece, opportunamente inserito nella corrispondente disposizione dell’amministrazione straordinaria comune ( art. 2 d.lgs. n. 270/1999).

Il ripristinato silenzio del legislatore non esclude che la procedura di amministrazione straordinaria speciale possa essere applicata anche all’impresa individuale.

In virtù dell’introdotta nozione di “impresa di gruppo”, è stato correttamente osservato come il legislatore del ’99 abbia predisposto una regolamentazione del fenomeno che prescinde dalla struttura formale delle entità in cui esso si articola, collocando il gruppo nella

22 GIOVANNI LO CASCIO, L’espansione dell’amministrazione straordinaria,

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più ampia area del diritto dell’impresa, anziché nel più limitato ambito del diritto delle società.

Dall’applicazione di tale disciplina si ricava l’assoggettabilità dell’impresa individuale all’amministrazione straordinaria speciale. Se un’impresa individuale insolvente, sprovvista dei requisiti dimensionali per l’ammissione autonoma può essere indirettamente ammessa all’amministrazione straordinaria speciale per effetto dell’apertura di una procedura madre, sembra discriminatorio affermare che la medesima procedura non possa essere applicata in via diretta a un’impresa parimenti individuale che sia provvista dei relativi requisiti dimensionali.

In conclusione, ai fini della sottoponibilità dell’impresa all’amministrazione speciale sembra preferibile un’interpretazione che, fatti salvi i limiti dimensionali, individua l’impresa in termini equivalenti a quelli indicati dalla disposizione introduttiva del fallimento . A seguito della riforma delle procedure concorsuali, il nuovo testo dell’art. 1 legge fallimentare estende espressamente il fallimento agli imprenditori non piccoli che esercitano un’attività commerciale anche in forma individuale.

Deve quindi ritenersi ammessa alla procedura l’impresa di grandissime dimensioni, altrimenti soggetta al fallimento, indipendentemente dal modello organizzativo con cui essa è esercitata.23

23 A cura di ANGELO CASTAGNOLA e ROBERTO SACCHI, La legge

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2.16. Il presupposto oggettivo della procedura: lo stato di insolvenza

reversibile

Il presupposto oggettivo della procedura è lo stato di insolvenza. Considerate le compresenti finalità conservative, siano esse strumentali o preminenti al soddisfacimento dei creditori, è pertanto riproposta la questione dell’ammissibilità logico-giuridica di uno stato di insolvenza di tipo reversibile.

Al riguardo, ferme le riserve derivanti da una più ampia considerazione degli effetti sistematici della riforma fallimentare, può essere presa in considerazione la soluzione che afferma l’opportunità di assegnare al presupposto oggettivo della procedura il medesimo significato che ad esso è riconosciuto nel fallimento. Anche nell’amministrazione straordinaria speciale, infatti, un unico accertamento dell’insolvenza può dar luogo, a seconda del tipo di evoluzione della procedura, alla ristrutturazione dell’impresa, alla cessione dei complessi aziendali o al fallimento. Indipendentemente dall’interpretazione della fase di avvio , e, quindi dalla configurabilità di un obbligo di accertamento circa la reversibilità dell’insolvenza già in sede di ammissione alla procedura, è comunque certo che, in caso di mancata autorizzazione del programma di ristrutturazione, ove non sia possibile avviare il programma di cessione dei complessi aziendali, il Tribunale dichiara direttamente il fallimento senza promuovere un nuovo e specifico accertamento dell’insolvenza.

La mancata previsione di un autonomo accertamento dello stato di insolvenza, in caso di conversione della procedura in fallimento, nonché la retrodatazione della decorrenza del periodo sospetto per l’esercizio delle azioni revocatorie dalla data del decreto di

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ammissione della procedura ( art. 6, comma 1-ter), rende comunque preferibile l’opinione di chi non rinviene sostanziali differenze tra il concetto di insolvenza, quale presupposto della procedura fallimentare, e lo stato di insolvenza che funge da elemento oggettivo anche per l’apertura della amministrazione straordinaria speciale24.

2.17. I requisiti dimensionali presuntivi della rilevanza sociale del

dissesto: l’impresa di grandissime dimensioni

Anche nell’amministrazione straordinaria speciale, i requisiti dimensionali hanno la funzione di indicare la rilevanza sociale del dissesto da cui sono fatte dipendere quelle esigenze di tutela della conservazione dell’impresa che la procedura persegue in termini strumentali o preminenti al soddisfacimento dei creditori.

L’intenzione del legislatore è quella che l’impresa debba essere di grandissime dimensioni, questo, da un lato, accentua e moltiplica i profili di disparità, dall’altro, sia poco coerente rispetto agli stessi scopi che una tale scelta normativa si prefigge. In primo luogo, infatti, è stato introdotto un ulteriore motivo di discriminazione tra imprese parimenti meritevoli di liquidazione o conservazione e tra i rispettivi creditori. Inoltre, è difficile comprendere il motivo per cui, quali che siano gli interessi o i valori protetti dalla conservazione dell’impresa, essi assumono giuridico rilievo nell’impresa di grandi o grandissime dimensioni, sia essa unidirezionale o di gruppo e non nella impresa autonoma di dimensioni inferiori.

24 ALBERTO MAFFEI ALBERTI, Commentario breve della legge

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Ai fini dell’ammissione alla procedura madre, l’impresa deve essere individuata nella sua dimensione unidirezionale o di gruppo, sia il computo dei dipendenti, sia il valore dell’indebitamento devono essere calcolati cumulativamente per tutte le imprese, collettive ed individuali, che sono integrate nel processo produttivo dell’impresa di gruppo.

Infine, sul piano della disciplina, è necessario fare una distinzione relativamente all’ambito entro cui deve essere condotto l’accertamento dei c.d. requisiti dimensionali.

La soluzione preferibile è quella che riferisce all’imprenditore l’accertamento del presupposto oggettivo dell’insolvenza e limita al patrimonio dell’impresa l’accertamento di entrambi i requisiti dimensionali.

2.18. La soglia minima dei cinquecento dipendenti

Il requisito relativo al numero dei dipendenti, necessario per accedere alla procedura di amministrazione straordinaria, per effetto delle modificazioni legislative apportate in occasione dell’insolvenza del gruppo Volare ( decreto-legge 29 novembre 2004, n. 281), è stato fissato a cinquecento dipendenti che devono essere presenti da almeno un anno. Nella nuova disciplina è stato mantenuto il solo riferimento ai lavoratori subordinati , inclusi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni che già nel d.lgs. 270/1999 ha sostituito il più ampio riferimento agli “addetti” di cui alla l. n. 95 del 1979.

Il termine a ritroso per il computo del periodo annuale decorre dalla data del decreto ministeriale di ammissione alla procedura ( art. 2 d.l. n. 347/2003), tale requisito deve quindi essere accertato dal Ministro

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che provvede sull’istanza di ammissione immediata alla procedura valutati i requisiti di cui all’art. 1.

Sotto altro punto di vista, invece, la formulazione della norma, secondo cui il numero dei dipendenti deve sussistere “da almeno un anno”, ripropone la questione del computo dei dipendenti nel periodo rilevante. Si tratta di stabilire se la soglia minima dei dipendenti debba sussistere alla data in cui è compiuto tale accertamento e per l’intero arco dell’anno anteriore o se invece la soglia debba essere solamente riferita al dato medio del numero dei lavoratori alle dipendenze dell’impresa in tale ultimo anno. Sul punto sono emerse diverse incertezze e diverse interpretazioni. L’interpretazione che, però, viene presa in considerazione è sicuramente quella più rigorosa, secondo la quale il mantenimento della soglia minima dei dipendenti deve essere computato lungo l’intero arco temporale dell’ultimo anno. Questa tesi è sostenuta non solo dalla lettura formale della norma ma anche dall’esigenza di impedire eventuali condotte opportunistiche del debitore; questi infatti potrebbe aumentare il numero dei dipendenti nella prossimità della crisi per garantirsi l’accesso alla procedura conservativa.

Infine, tra le prime applicazioni dell’amministrazione straordinaria comune merita di essere segnalato un precedente giurisprudenziale relativo all’individuazione del criterio di calcolo dei lavoratori a tempo parziale che sembra potenzialmente applicabile anche alla procedura di amministrazione straordinaria speciale. In applicazione del criterio previsto dall’art. 6 d.lgs. 61/2000, i lavoratori a tempo parziale sono computati nel numero complessivo dei dipendenti in proporzione all’orario svolto, rapportato al tempo pieno con

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