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LE NUOVE DIRETTIVE EUROPEE SUI CONTRATTI PUBBLICI: COME RECEPITE NEL D. LGS. 50 2016

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I LE NUOVE DIRETTIVE EUROPEE SUI CONTRATTI

PUBBLICI:

COME RECEPITE NEL D. LGS. 50 2016

INTRODUZIONE p. III

CAPITOLO I

L’EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA SUI CONTRATTI PUBBLICI

1. La disciplina dei contratti pubblici: dalle origini alla

legge Merloni p. 1

2. Gli elementi salienti delle direttive del 2004 p. 4

3. La codificazione dei contratti pubblici: il d.lgs. 12 aprile

2006, n. 163 p. 10

3.1. Profili di criticità della disciplina p. 15

CAPITOLO II

RECEPIMENTO DELLE NUOVE DIRETTIVE EUROPEE ED EFFETTI NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO NAZIONALE

1. Le nuove direttive europee: caratteristiche, tratti distintivi

e finalità p. 17

2. Le caratteristiche del nuovo codice: semplificazione e

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3. Luci e ombre della nuova disciplina p. 48

4. D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50: un codice al passo con i

tempi? p. 55

CAPITOLO III

LA DISCIPLINA CHE REGOLA I CONTRATTI PUBBLICI ALLA LUCE DELLE NUOVE DIRETTIVE EUROPEE

1. Attività contrattuale della P.A. p. 60

2. Tipologia di contratti p. 65

3. Appalti e concessioni p. 71

4. Le novità nell’ambito delle procedure di gara p. 76

5. Procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici p. 91

6. L’offerta economicamente più vantaggiosa p. 102

7. I partenariati: iter procedurale, caratteristiche e finalità p. 106

8. L’esecuzione del contratto e la possibilità di rinegoziare p. 113

9. I casi di modifica previsti dalle nuove direttive europee p. 119

CAPITOLO IV

LA NUOVA DISCIPLINA SULLE CONCESSIONI

1. Il principio di libertà di amministrazione p. 128

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3. Ambito di applicazione e fattispecie escluse p. 140

4. La definizione di rischio operativo p. 146

5. I contratti misti p. 151

6. Durata dei contratti di concessione p. 156

7. Aggiudicazione dei contratti di concessione: principi

generali e garanzie procedurali p. 159

8. Criteri di aggiudicazione p. 164

9. La modifica delle concessioni durante il periodo di validità p. 168

CONCLUSIONI p. 176

BIBLIOGRAFIA p. 180

INTRODUZIONE

Con il presente lavoro di tesi si cercherà di analizzare l’impatto che hanno avuto le recenti modifiche in tema di contratti pubblici all’interno del nostro ordinamento nazionale in seguito al recepimento delle direttive europee del 2014 e al conseguente rinnovato codice dei contratti pubblici.

La materia dei contratti pubblici riveste un ruolo essenziale per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese, interessando, infatti, un settore economico rappresentante una parte rilevante del PIL ed è stata

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oggetto, a partire dagli anni ’70, di un progressivo processo di integrazione europea.

Nella prima parte del lavoro si cercherà, quindi, di inquadrare in generale la materia partendo da un breve excursus normativo per comprendere come il nostro ordinamento si sia lentamente adeguato ai vari interventi derivanti dalle diverse direttive comunitarie succedutesi nel tempo e l’impatto che queste hanno avuto nei riguardi della materia in questione.

Un breve cenno verrà fatto alla legge Merloni con la quale viene recepita la direttiva 93/37/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993. La direttiva si poneva l’importante obiettivo di armonizzare le normative degli Stati membri esaltando al massimo i principi della trasparenza, della concorrenza, della massima pubblicità negli affidamenti.

Sarà ancora l’eurolegislazione a portare al superamento di tale legge in seguito al recepimento delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE che andavano a coordinare, rispettivamente, le procedure di appalto nei c.d. settori speciali e le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e all’emanazione del primo Codice appalti di cui al D.lgs. 163/2006, il quale rappresentò il primo tentativo di unificare,

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in un unico testo, la disciplina su lavori servizi e forniture e un veicolo normativo per la modernizzazione del sistema dei contratti, portando avanti il compimento di un cammino del Legislatore italiano verso l’adeguamento armonico alle previsioni comunitarie sugli appalti pubblici e cercando di porre rimedio alle problematiche causate da una materia eccessivamente frammentata.

Il panorama normativo italiano, tuttavia, presentava forti criticità, in quanto risultava caratterizzato dalla complessità, scarsa chiarezza e, in taluni casi, lacunosità della normativa. A ciò si aggiungeva che, nonostante la presenza di un articolato codice dei contratti pubblici, le continue modifiche apportate allo stesso tramite decreti legge, convertiti in legge, che spesso avevano riguardato modifiche ed integrazioni anche rilevanti, portarono ad una disciplina complessa e articolata causa di eccessive incertezze e difficoltà applicative.

Si ricorda inoltre che, proprio nella materia degli appalti, si riscontrava la formazione di un ampio contenzioso in sede giurisdizionale amministrativa con un aumento consistente dei ricorsi proposti dinanzi a diversi organi della giustizia amministrativa, sia in primo grado dinanzi ai tribunali amministrativi regionali, sia in grado di appello dinanzi al Consiglio di Stato.

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Su una disciplina dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture tutt’altro che soddisfacente intervengono così le nuove direttive europee del 2014, destinate a lasciare un profondo impatto sulla legislazione italiana nel senso della modernità, della semplificazione, della trasparenza e della legalità.

Le direttive 2014 recepite poi nel D.lgs. 50/2016 saranno oggetto di trattazione nella seconda parte del lavoro, dove si cercherà di approfondire le novità e gli istituti più rilevanti introdotti dalla nuova disciplina.

Il 28 marzo 2014 sono state, infatti, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea le tre direttive che riformano il settore degli appalti e delle concessioni: la direttiva 2014/25/UE sugli appalti nei cosiddetti settori speciali (acqua, energia, trasporti, e servizi postali), la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici nei settori ordinari, la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione.

Le nuove direttive, pur fissando un insieme di regole comuni, consentono ai paesi dell’Unione di dotarsi di ulteriori strumenti volti, da un lato, a favorire una maggiore apertura alla concorrenza nel settore dei contratti pubblici, dall’altro, a far si che le amministrazioni

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aggiudicatrici dispongano di una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei modelli più adeguati a soddisfare le proprie, specifiche esigenze.

Proprio per il fatto di attribuire alle amministrazioni una notevole autonomia nella scelta delle procedure finalizzate all’affidamento degli appalti pubblici e delle concessioni, il pacchetto direttive 2014 costituisce un approccio di settore assai diverso dal contesto italiano previgente, nel quale, mediante una regolamentazione molto puntuale, si è sempre voluto limitare la discrezionalità delle stazioni appaltanti, soprattutto nell’intento di prevenire fenomeni di corruzione o di infiltrazioni criminali.

Tuttavia una siffatta impostazione ha prodotto fino ad oggi notevoli incentivi al contenzioso, senza ottenere risultati significativi in termini di efficacia ed efficienza. Assai spesso, l’aggiudicazione e l’esecuzione dei contratti è stata rallentata da controversie originate dal presunto, mancato rispetto di questioni meramente formali, che, il più delle volte, non vanno ad incidere effettivamente sugli aspetti sostanziali dell’affidamento, con grave danno anche per la finanza pubblica.

Il legislatore europeo ha l’obiettivo di allargare e privilegiare nuove modalità per l’affidamento degli appalti, come la procedura competitiva con negoziazione, che affianca il dialogo competitivo e i

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partenariati per l’innovazione, si prevede inoltre una maggiore possibilità di accesso al mercato per le PMI, l’introduzione del documento di gara unico europeo, norme più stringenti in materia di subappalto e la prevalenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Si impone così, anche al nostro Legislatore, un cambiamento di regolazione della materia.

In recepimento delle direttive, è stato adottato il D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che a quasi dieci anni dalla sua esistenza va ad abrogare il primo Codice unico dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

In quest’ottica, l’attuazione delle nuove direttive ha rappresentato un’opportunità per superare i limiti della previgente disciplina. Tra i numerosi principi guida della riforma, quello che potrebbe avere l’impatto più significativo è il cosiddetto divieto di gold plating in virtù del quale non potranno essere introdotti o mantenuti livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle tre direttive.

Proprio la riduzione del numero complessivo di articoli di cui si compone il d.lgs. 50/2016 sembra muoversi in questa direzione. Infatti dai circa 600 articoli della vecchia sovrastruttura legislativa primaria e secondaria tra Codice del 2006 e Regolamento del 2010, si giunge oggi ad una struttura codicistica più snella di 220 articoli.

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In via generale, il D.lgs. n. 50/2016 opta per una rinnovata ordinarizzazione delle procedure di affidamento: ossia per una consistente riduzione delle possibilità per le stazioni appaltanti di accedere a deroghe sulle procedure ordinarie. La previsione di poche procedure costituisce certamente una novità da accogliere positivamente; ma ciò non tanto perché l’introduzione di procedure derogatorie a quelle ordinarie costituisce in se una violazione della disciplina comunitaria, bensì perché in sede applicativa diventa più agevole la formazione di prassi procedurali standard la cui costante e ripetuta applicazione possa favorire la dimestichezza e la familiarità delle stazioni appaltanti e dei singoli operatori economici con le disposizioni che ne regolano il funzionamento.

Come più volte sostenuto in passato, occorre evitare che una visione patologica del settore della contrattualistica pubblica ingessi ulteriormente le procedure di affidamento. Una maggiore discrezionalità nel sotto soglia, purché responsabilmente esercitato, è un buon segnale per i mercati. Al contrario, devono essere incrementati i controlli per evitare che gli abusi si verifichino o che una volta verificati questi possano essere individuati sanzionati e corretti. Ciò può avvenire garantendo una più ampia giustiziabilità delle scelte derogatorie delle stazioni appaltanti.

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Le innovazioni del nuovo codice sono numerose:

dall’aggregazione delle stazioni appaltanti, alla riqualificazione dell’offerta attraverso criteri reputazionali per le imprese e la limitazione dell’avvalimento, il favor per il criterio costo-qualità con conseguente depotenziamento del massimo ribasso, lo sviluppo di gare telematiche, la centralità del progetto esecutivo, l’incremento del partenariato pubblico-privato e della disciplina delle concessioni, tutto sotto il forte presidio dell’Autorità anticorruzione.

Grazie alla nuova disciplina si tende, dunque, ad una valorizzazione della semplificazione normativa, fine la cui realizzazione postula l’attribuzione alle stazioni appaltanti di ampi spazi di discrezionalità, di apprezzamento e di valutazione.

Nella parte finale dell’elaborato andremo invece a trattare la disciplina delle concessioni, la quale rappresenta una delle principali novità (forse la principale) del pacchetto normativo 2014. La nuova disciplina regola organicamente un settore che finora era solo parzialmente disciplinato a livello comunitario.

Infatti, mancando una normativa ad hoc, l’aggiudicazione delle concessioni dei lavori pubblici era soggetta alle norme di base della direttiva 2004/18/CE, mentre per l’aggiudicazione delle concessioni di servizi con interesse trasfrontaliero vi era un vero e proprio vuoto

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giuridico al quale si cercava di porre rimedio mediante l’applicazione dei principi contenuti nei Trattati (libera circolazione delle merci, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi) e dei principi che ne derivano come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza.

Per fare chiarezza il legislatore comunitario è giustamente partito dalla definizione di concessione, che non riscontriamo in nessuna precedente direttiva, dove ci si limitava a definire la concessione con dei semplici rimandi all’appalto.

Viene, dunque, introdotta una definizione più precisa dei contratti di concessione e lo si fa in particolare con riferimento al concetto di rischio operativo sostanziale, riuscendo così ad eliminare ogni dubbio circa la differenza con l’appalto, sulla natura e sul rischio che il concessionario accetta di assumere.

Vengono previsti, inoltre, requisiti concreti e più dettagliati applicabili alle diverse fasi del processo di aggiudicazione delle concessioni e una più puntuale disciplina riguardante la durata limitata delle stesse.

Per la prima volta, l’affidamento in concessione di servizi da parte di amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori è oggetto

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di un’articolata disciplina normativa, in linea con quella per gli affidamenti nei settori ordinari.

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