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Francesco Frosini e breve storia della Famiglia Francesco Frosini

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Academic year: 2021

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I Francesco Frosini e breve storia della Famiglia

Francesco Frosini1 nacque a Pistoia il 22 marzo 1654 dai nobili Donato e Maria Maddalena Nencini.

Dopo aver compiuto in patria i primi studi grammaticali e retorici, a diciotto anni entrò nel collegio "Ferdinando"2 di Pisa, dove approfondì la filosofia, la teologia e il diritto. Appena tre anni dopo, il 9 giugno 1675, si laureò in utroque iure nell'ateneo pisano sotto la guida di Orazio Marchetti. Fece parte dell'Accademia Fiorentina e, nel 1703, di quella della Crusca. Tornato a Pistoia, era intenzionato a trasferirsi a Roma per esercitarsi nella pratica forense e intraprendere la carriera legale. Sennonché, l'amicizia con il vescovo Gherardo Gherardi3 lo indusse a cambiare idea e a restare nella città natale, dove ricoprì l'ufficio di maestro di retorica nel collegio della Sapienza. Sempre per influsso del vescovo Gherardi, maturò nel Frosini la vocazione al sacerdozio. Circa due anni dopo, fu chiamato a ricoprire la carica di canonico penitenziere, allora eretta nella cattedrale e, alla morte del Gherardi, nel gennaio 1690, fu eletto vicario capitolare della diocesi di Pistoia.

Risalgono a questi anni giovanili alcune composizioni letterarie come il Discorso funebre in occasione della morte dell'eminent. Jacopo Rospigliosi… (Pistoia, 1684) e Il conte di Bacheville F.B. Bassani; risalente al 1700 l’opuscolo di epigrammi intitolato Gesù Crocifisso. Di particolare importanza tra i suoi scritti l’opera S. Ranieri esposto alla pubblica venerazione da un suo devoto (Lucca, 1717)

Rieletto vicario capitolare di Pistoia il 24 gennaio 1701 fu nominato, su proposta del granduca Cosimo III, vescovo di Pistoia e Prato e venne consacrato a Roma il 13 febbraio seguente. Sempre per interessamento del granduca, il Frosini venne trasferito alla sede arcivescovile di Pisa il 2 ottobre 1702.

Le linee direttive dell'azione pastorale furono espresse nella Relatio ad limina del 1705. Creò molte congregazioni spirituali, a cui i sacerdoti dovevano partecipare almeno una volta alla settimana, inoltre impose loro la partecipazione agli esercizi spirituali e riorganizzò il seminario diocesano.

Esercitò una forte opera di mediazione nella questione giurisdizionale che opponeva la carica di arcivescovo all'Ordine dei Cavalieri di S. Stefano. Dedicò notevole cura al patrimonio della mensa vescovile e al palazzo arcivescovile, cominciando la costruzione della nuova sede presso il monastero di S. Matteo a proprie spese.

1

Notizie sul FROSINI ricavate da Carlo Fantappiè, Frosini, Francesco, Dizionario Biografico degli italiani, v. 50, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma, 1998, p. 609-611; Nicola Zucchelli, Cronotassi dei Vescovi e Arcivescovi di Pisa, in Pisa, dalla Tip. Arciv. Orsolini-Prosperi.

2

Sara Bronzini, L'inventario dell'anno 1744 della Biblioteca del Collegio Ferdinando di Pisa, Tesi di Laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali, a.a. 2005/2006, relatore Cristina Moro; Giuliana Volpi Rosselli, Il corpo studentesco, i collegi, le accademie, Storia dell’Università di Pisa, Pisa, Pacini, 1993, p. 435-446.

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Gherardo Gherardi (1628-1690). Si veda anche Francesco Frosini, Vita di Monsignor Gherardo Gherardi …

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II

Notevoli le iniziative rivolte a disciplinare il clero e rendere più solide le normative nate durante il Concilio di Trento, tra cui la celebrazione di tre Sinodi diocesani, i cui atti saranno ristampati per lungo tempo come esempi da seguire per molte altri diocesi oltre che per organicità della trattazione e per la rigorosa fondazione teologica e canonistica della disposizione sinodale.

Di seguito alcune disposizioni4 che scaturirono in quelle occasioni:

- I sacerdoti devono essere attivi nell’educazione della popolazione alla dottrina cristiana e devono sottrarre gli uomini dalla perdizione.

- Parroci e rettori che tengono prediche non devono leggere le storie apocrife e le dottrine ritenute malsane.

- I pastori devono sorvegliare i Giudei e istruirli nel caso vogliano abbracciare la fede cattolica.

- Le messe devono essere celebrate in orari che agevolino la partecipazione dei parrocchiani e non sovrapporsi a quelle celebrate in chiese e oratori confinati.

- Nessun sacerdote può assolvere il penitente senza l’autorizzazione dell’Arcivescovo o del suo Vicario.

Il Frosini confutò le teorie gianseniste e fu tra i primi vescovi toscani ad accettare la bolla Unigenitus .

Nonostante gli impegni pastorali continuò a tenere viva la propria vena letteraria con la composizione di tre scritti a carattere prevalentemente agiografico e nel frattempo venne nominato Protettore dell’Università di Pisa.

Negli ultimi anni della sua vita, egli si trovò coinvolto in un contrasto che lo portò a difendere l'immunità ecclesiastica di un soldato spagnolo che a Pisa aveva disertato fondandosi sul fatto che questi era chierico, subendo numerose obiezioni avanzate da Bernardo Tanucci, professore di diritto civile in quell'università. Probabilmente fu questo motivo ad indurlo a chiedere, ma invano, le dimissioni dalla cattedra episcopale al papa e al granduca. Appena un anno dopo, il 22 novembre 1733, morì a Pisa.

Poco prima della morte fece rogare presso il notaio Benedetto Braccesi il proprio testamento5 datato 3 luglio 1733, in cui manifestò la volontà di lasciare la propria biblioteca al Seminario e il Palazzo Mediceo alla Mensa, con l’obbligo di versare periodicamente una congrua somma a mantenimento della biblioteca.

L’interesse del Frosini per l’arte (fu collezionista di quadri) e la cultura è evidente già dalle voci di spesa per la biblioteca che vengono registrate dal luglio 1729, protraendosi fino all’ottobre del 1733 e che riguardano la costruzione di nuove librerie eseguite dal falegname Giuseppe Bonelli e che andranno disperse durante lo smantellamento della biblioteca negli anni Sessanta del ‘900.

4

Notizie ricavate da Luciano Martini, Visite pastorali di Monsignor Francesco Frosini (1702-1733), tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Storia, a.a. 1984-1985, relatore Reginald Gregoire, p. 15-17.

5

Si veda Maria De Vizia Guerriero, Per la storia della Bibliotheca Cathariniana di Pisa: uno studio sulle fonti d’archivio, tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea Specialistica in Scienze del libro, della biblioteca e dell’archivio, a.a. 2008/2009, relatore Cristina Moro, p. 74-80

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III

L’albero genealogico della famiglia Frosini 6 è particolarmente ramificato e quindi di difficile ricostruzione, in quanto i discendenti si stabilirono in numerose città toscane e non solo, tra cui Pisa, Pistoia e Livorno, giungendo fino a Modena.

Il capostipite sembrerebbe essere tale Frosino, vissuto intorno alla metà del XIII secolo, che secondo notizie tramandate da un discendente avrebbe posseduto un castello nella zona di Siena, che a seguito dell’invasione di Federico II sarebbe stato distrutto, costringendolo ad emigrare prima sull’isola d’Elba e poi a Pisa, dove avviò l’attività di mercante di seta. In breve tempo ottenne varie cariche pubbliche, che ne dimostrano una completa integrazione nel tessuto cittadino, come quella di consigliere dell’Arte dei Mercanti della seta e della lana e quella ancor più rilevante di Console del Mare nel 1308. Il figlio Piero seguì le orme del padre; chiamò il proprio figlio Frosino come il nonno e da un documento del 1350 risulta che l’imperatore lo elevò al rango di conte del Sacro Romano Impero, con la possibilità di trasferire il titolo al primogenito maschio. Il conte sposò Giovanna di Simone Puccini da cui nacquero Iacopo, Piero e Brettone. Saranno proprio i discendenti di Iacopo a dar vita al ramo pistoiese della famiglia che è quello che interessa questa trattazione.

Il prestigio della famiglia si consolidò grazie alle oculate unioni matrimoniali dei primogeniti con giovani di antiche ed influenti casate.

Un’ulteriore ramificazione nella genealogia si ebbe alla fine del ‘500 con Francesco, figlio di Paolo (discendente diretto di Piero), che decise di trasferirsi a Livorno, fondando un ramo cadetto, che ebbe un ruolo di rilievo nella vita cittadina e che poté vantare ben quattro laureati nello Studio pisano7 in tre generazioni.

Il XVII secolo sarà il periodo di maggior ascesa sociale, in quanto nel ramo pisano molti ricopriranno il ruolo priore e ci saranno nove laureati, soprattutto in utroque iure. Sarà la figura di Vincenzo di Giovanni Battista (primogenito di Paolo) a dare lustro alla famiglia come professore di Istituzioni civili nello Studio pisano, ma soprattutto grazie alla folta discendenza, nove figli maschi, tra cui Michelangelo, che ebbe anch’egli nove figli, di cui tre intrapresero per volere del padre la carriera ecclesiastica.

Attraverso questa breve ricostruzione si intuisce come i discendenti dei mercanti avessero abbandonato completamente questa professione per condurre una vita modellata sulla rendita fondiaria e su professioni adatte alla casata nobiliare.

Vincenzo di Michelangelo fu il primo a godere dell’ammissione all’Ordine di Santo Stefano8 grazie ad una commenda di patronato fondata dallo zio Frosino, il quale lasciò al nipote una cospicua eredità derivante da un fidecommesso in suo favore; sistema seguito anche

6

Notizie ricavate dall’articolo di Diletta Della Latta, I Frosini. Storia di una famiglia pisana dal XIII al XIX secolo, “Bollettino Storico Pisano”, 73, 2004, p. 307-342.

7

Per la storia dello Studio Pisano si veda Commissione rettorale per la storia dell’Università di Pisa, Storia dell’Università

di Pisa, Pisa, Plus, 2000.

8

Per l’organizzazione interna dell’Ordine di Santo Stefano si veda Gino Guarnieri, L’Ordine di Santo Stefano, Pisa, Tipografia Giardini, 1965-1966; Danilo Barsanti, Organi di governo, dignitari e impiegati dell’Ordine di S. Stefano dal

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IV

da altri membri della famiglia per mantenere la ricchezza famigliare nelle mani del primogenito.

L’ascesa della famiglia raggiunse il massimo livello durante il Settecento con un altro Vincenzo il quale non condivideva la politica famigliare di destinare i figli cadetti alla vita religiosa, in quanto il suo patrimonio era così consistente da poter essere equamente diviso tra i figli. Il primogenito Michelangelo fu anch’egli beneficiario di un fedecommesso da parte dello zio canonico Iacopo Antonio, che aveva lasciato l’eredità ai propri fratelli Clemente e Costantino con il vincolo di creare un maggiorasco in favore della discendenza maschile e legittima del fratello Vincenzo.

Nella seconda metà del Settecento si formò un ramo cadetto pisano dalla scelta di Ranieri, fratello di Vincenzo di non seguire la carriera religiosa destinata appunto ai figli cadetti,ma di contrarre matrimonio, da cui nacquero tre figli. Il primogenito Giuseppe Mariano divenne nel 1784 il primo amministratore della Segreteria del Regio Diritto della diocesi pisana (organo creato dal granduca Pietro Leopoldo per gestire il patrimonio ecclesiastico).

E’ necessario ricordare anche il ramo modenese della famiglia originato dal Alessandro, l’ultimo dei quattro figli di Vincenzo (nipote del Vincenzo capostipite del ramo pisano), riuscì ad entrare nell’Ordine di Santo Stefano a soli quattordici anni. Subito venne chiamato dal priore di Modena e si trasferì così nella città emiliana, dove venne accolto alla corte estense come maggiordomo del duca; intorno al 1737. Due anni dopo viene inserito nei ranghi nobiliari della città di Ferrara e nel 1742 in quelli di Reggio. Nel 1765 ottenne anche la cittadinanza nobile di Modena.

Nonostante la completa assimilazione nel tessuto cittadino della zona di adozione Alessandro mantenne sempre intensi rapporti con Pisa, dove i suoi fratelli continuavano a vivere. Morì nel 1773 e l’anno successivo con la morte di Vincenzo di Michelangelo si estinse il ramo pisano principale, per questo motivo saranno i discendenti di Alessandro a rappresentare la linea principale del casato.

Lo stemma della famiglia (in foto)9 Frosini si presenta bipartito: nel primo campo in nero troviamo una fascia scaccata di rosso e argento, nel secondo campo in argento tre scaglioni di rosso, il tutto caricato di una fascia d’oro che presenta tre rose bottonate d’argento. Due putti reggono il blasone.

L’argento unito al nero simboleggia umiltà e temperanza, ma anche imprese belliche, la parte a scacchi richiama, infatti il campo di battaglia e la strategia bellica. Lo scaglione (Λ) rappresenta il sostegno dei tetti della chiesa e sta quindi ad indicare una famiglia che difende la Chiesa, ma anche il fondatore e protettore della famiglia o il forte sostenitore (in numero di tre come questo caso). Le tre rose si riferiscono ai privilegi ottenuti oppure ai figli.

9

Notizie sullo stemma della famiglia Frosini ricavate da Waldo Dolfi, Arcivescovi di Pisa. I loro stemmi e il Palazzo, due vol., Pisa, 2000, p. 343-358.

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V

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VI Analisi delle notazioni di possesso

I volumi superstiti appartenuti alla biblioteca Frosini e conservati in Catheriniana sono stati individuati attraverso l’analisi delle notazioni di possesso, presenti su ciascun volume, che quasi sempre si trovano sul frontespizio o sulle parti preliminari e presentano una forma diversa per ciascun componente della famiglia. Non essendo stato ritrovato un albero genealogico di questa parte della famiglia, in alcuni casi tali notazioni si sono rivelate molto utili ai fini di una ricostruzione ipotetica della collocazione temporale di alcuni possessori.

Tutti i volumi inseriti in questo catalogo presentano l’ex libris calcografico che attesta l’appartenenza al Seminario, che venne apposto probabilmente a seguito dell’acquisizione del patrimonio librario subito dopo la soppressione del convento pisano avvenuta nel 178410; inoltre su ciascun volume inserito nel catalogo informatizzato è presente anche il timbro della biblioteca.

Esempio di ex libris della BSAP

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Notizia ricavata da Cristina Moro, Custodi di un antico sapere. Le edizioni del XV secolo della Biblioteca Cathariniana

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VII

Esempio di timbro della Biblioteca Cathariniana

Il caso di Francesco, nonostante l’importante carica assunta, non è per nulla limpido, in quanto non tutti i volumi a lui appartenuti presentano notazioni vergate dalla stessa mano; grazie al ritrovamento presso l’Archivio Arcivescovile della firma dell’Arcivescovo11 è stato possibile riconoscere con quasi assoluta certezza le opere che sono state annotate personalmente dal F. Il maggior numero di notazioni sono di mano del Frosini, ed in tutte si ritrova la formula minima: “Francisci Frosini Can(onici) Penit(entiarii)”, che poteva poi essere incrementata dall’aggiunta di altre specificazioni come: “Cath(edralis) Pist(oriensis)”, ed in alcuni casi anche della carica prima di Vescovo di Pistoia e Prato e poi di Arcivescovo di Pisa, come nel caso del volume F-22-10 (in foto), in cui risulta evidente come l’ultima parte della notazione sia stata apposta successivamente con altro inchiostro. Questa particolarità si ritrova anche in altri volumi, dove troviamo a volte anche l’indicazione iuris utriusque doctor (IVD), come ad esempio sul volume M06/037 (in foto); numerosi sono questi casi in cui ad una precedente nota, che solitamente presenta solo il nome e l’indicazione di provenienza, vengono aggiunte tutte le cariche assunte dal Frosini di propria mano12, il che dimostra l’interesse a sottolineare il proprio ruolo istituzionale, già a partire dalle cariche più “modeste”, come quella di canonico penitenziere.

Per quanto riguarda la lingua utilizzata per le notazioni, la maggior parte si presentato in lingua latina; troviamo la lingua italiana solo nei volumi annotati da altre mani o dove si utilizza il carattere maiuscolo, piuttosto che il minuscolo normalmente utilizzato da Francesco.

Durante il lavoro di analisi dei volumi è stato ritrovato una sorta di “catalogo” sotto forma di rubrica alfabetica, purtroppo piuttosto deteriorata. Si tratta di un elenco di opere stilato in maniera veloce da almeno due mani diverse, il quale non presenta alcun frontespizio,

11

ASDP, Archivio Arcivescovile, Atti Straordinari 51/1, periodo 1707-1727. 12

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quindi non si è certi del suo collegamento con la raccolta del Frosini, anche se la maggior parte dei volumi presenti nel catalogo di questa tesi trova corrispondenza in questo manoscritto. La compilazione si presenta come un elenco, ma all’interno delle sezioni corrispondenti a ciascuna lettera non vi è un ordine rigorosamente alfabetico, quindi è chiaro che siamo di fronte ad un quaderno su cui venivano annotati i volumi mano mano che entravano a far parte della biblioteca, il che dimostra una raccolta in continua evoluzione; ciò nonostante ciascun volume viene accuratamente descritto con indicati i dati di pubblicazione, il formato, il numero dei volumi, ed infine corredato da un’indicazione in forma abbreviata dell’argomento trattato all’interno dell’opera. Se questo fosse veramente collegabile al F. ne risulterebbe una biblioteca molto ampia in origine, che avrebbe subito gravissime perdite nel corso degl’anni.

Esempio di notazione di mano di Francesco Frosini in cui vengono dichiarate tutte le cariche assunte dal personaggio dal volume F-22-10 (scheda n.21)

Esempio di notazione con aggiunta successiva di mano di Francesco dal volume M06/037 (scheda n. 54)

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IX

L’osservazione delle legature di questi volumi non ha rilevato grosse particolarità, in quanto tutte le opere sono legate in pergamena; la maggior parte presenta una legatura in cartone rigido ricoperto di pergamena , resa necessaria dal grande formato dei volumi, che richiedono una maggiore robustezza. Per i formati in 4° sono state predilette le legature di tipo semirigido o floscio, mentre abbiamo un solo caso di legatura in piena pelle con tracce di incisioni oro (volume G-20-6), che potrebbe indicare che l’opera è giunta al F. presentando già questo tipo di legatura, soprattutto se si tiene conto dell’aspetto piuttosto deteriorato e della mancata uniformità rispetto alle altre legature. Vi è poi una legatura in pergamena incisa in oro appartenente ad un’opera che è stata donata personalmente dall’autore, Giovanni Battista Casotti, all’Arcivescovo, e che evidentemente presentava già questo tipo di manifattura quando è stata ricevuta (volume D07/003). In generale si può affermare,che, eccetto alcuni casi, tutte le legature sono integre, ciò dimostra l’interesse per lo stato di conservazione delle opere, già a partire da quando erano parte della raccolta originale del F.

Per quanto riguarda le notazioni di possesso degl’altri esponenti della famiglia, anche in questi casi si presentano quasi sempre sul frontespizio del volume, in modo da essere immediatamente leggibili.

Di seguito un’analisi delle notazioni per ciascuno dei possessori.

Il caso di Giuseppe si presenta come piuttosto problematico da decifrare, in quanto non è possibile affermare con certezza quale sia la sua mano; si potrebbe ipotizzare che sia riconducibile a G. la notazione in cui si definisce iuris utriusque doctor (IVD), la quale compare in tre volumi (due sono parte della stessa opera), come ad esempio al volume G14/003.

Si ritrova su alcune opere una data indicativa del periodo in cui visse il possessore, in quanto è riscontrabile una datazione precisa con giorno,mese ed anno, anche se quasi sicuramente non vergata di propria mano: precisamente sul volume F10/034 (in foto), su cui troviamo la datazione “nonis aprilis anno Sal.MDCXXXII” [nove aprile dell’anno del Salvatore 1632] e sul volume F02/027, su cui si trova la datazione “XV kalendas octobris a.d. MDCXXXII” [15 ottobre anno Domini 1632]; è proprio grazie alla notazione che vediamo in foto che è possibile dire che non si tratta della mano di G., in quanto la parola latina “munus” indica un passaggio da un precedente possessore a Giuseppe.

Interessante è la presenza su due volumi, ad esempio il volume G08/011 (in foto) del motto “Sol di lor vista al mio stato soccorro”, il quale, da un’analisi paleografica, si potrebbe ricondurre alla stessa mano del volume G14/003 (in foto), ed è quindi ipotizzabile che sia stato proprio G. ad esprimere con questa breve frase il proprio amore per il libri, che gli hanno permesso di allargare le proprie conoscenze fino a diventare Dottore.

I dubbi sull’autenticità della mano derivano anche dall’utilizzo reiterato del nome Giuseppe nella forma latina “Joseph”, invece di “Josephi”, che fa supporre un livello culturale più

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basso rispetto a quello del Frosini, come si può notare ad esempio nel volume L-16-3 (in foto), il quale presenta inoltre una formula “et amicorum” di mano completamente diversa. Per quanto riguarda le legature la maggior parte dei volumi presenta una legatura in pergamena, che può essere floscia o in cartone rivestito con l’indicazione del nome dell’autore e titolo manoscritti sul dorso: le legature in pergamena floscia sono attribuite a volumi di medio formato come 4° e 8°, mentre le rig ide con nervi in rilievo sono destinate per lo più a formati in folio, i quali necessitano di maggior resistenza. Abbiamo poi due opere in pergamena semirigida ed infine cinque esemplari che si differenziano, in quanto presentano legature rigide con piatti rivestiti in carta semplice o decorata, ed un tassello in pelle su cui sono incisi in oro autore e titolo.

Esempio di nota datata dal volume F10/034 (scheda n. 61)

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Esempio di notazione con indicazione del titolo accademico (IVD) dal volume G14/003 (scheda n. 73)

Nota con formula “e de suoi amici” di mano diversa dal volume L-16-3 (scheda n.48)

Nel caso di Coriolano si può notare come egli tenga in maniera particolare a sottolineare in quasi tutte le notazioni il proprie cariche ecclesiastiche:

• Canonico, indicato in un solo volume (A-19i-5);

• Priore di S. Giovanni Evangelista Fuorcivitas13

, che risulta in sei volumi

• Canonico Penitenziere presso la Cattedrale di Pistoia, ricavato da altri cinque volumi, come ad esempio il volume C-15-10 (in foto).

Le sue si presentano come notazioni piuttosto complete, mentre raramente troviamo solo il nome e cognome, in tre casi su quattro quando viene utilizzato l’italiano come lingua di annotazione; in un solo caso accanto al nome abbiamo la sola provenienza dalla città di Pistoia.

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Per la storia della chiesa di S. Giovanni Evangelista si veda: Comitato Diocesano per i festeggiamenti del decennio episcopale di S.E. Rev.ma Mons. Mario Longo Dorni, Chiese romaniche e moderne in Pistoia e diocesi, Pistoia, 1964, p. 43-47; Alberto Chiappelli, Pistoia, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1924, p. 19-54; Giuseppe Tigri, Pistoia e il suo

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XII

Per quanto riguarda, appunto, la lingua utilizzata siamo di fronte ad un maggior uso del latino, precisamente in dodici occorrenze, mentre l’italiano viene utilizzato per altre sette annotazioni; nella totalità due annotazioni differenti si trovano su di un unico volume.

Le notazioni più interessanti sono sicuramente quella da cui si ricava con certezza la mano del possessore, in quanto egli afferma che il volume gli è stato donato da Innocenzo Ippoliti (volume A14/011, in foto) e quella in cui il precedente possessore Battista Ianda dichiara di aver venduto l’opera a C. (volume C-11-4, in foto)

Infine vi è un caso particolare in cui il nome è di una mano completamente diversa da quella presunta di C. e si tratta del volume F11/020 (in foto).

Per quanto riguarda le legature, anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad una maggioranza di manufatti in pergamena, soprattutto floscia o di tipo semirigido con autore e titolo manoscritti sul dorso, scelta dettata presumibilmente dal formato piuttosto piccolo dei volumi (quasi tutti in 8°).

Esempio di notazione di Coriolano Frosini dal volume C-15-10 (scheda n.95)

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Notazione di vendita del volume a C. da parte di B. Ianda dal volume C-11-4 (scheda n. 68)

Notazione di mano diversa da quella di Coriolano dal volume F11/020 (scheda n. 47)

Nel caso di Alessandro troviamo sempre notazioni con la formula “ex libris”, tranne per il volume G08/006, in cui vi è solo il nome e cognome in latino inserito in cartiglio bianco all’interno di una vignetta xilografica al volumeG08/006 ( in foto), probabilmente destinata ad essere personalizzata con il nome del proprietario dell’esemplare; tutte le indicazioni di possesso sono in lingua latina.

Importante ai fini della collocazione temporale del possessore il volume E08/018 (in foto), nel quale A. dichiara, in lingua italiana, la data precisa in cui ha celebrato la prima messa (23 settembre 1612) ed inoltre fornisce qualche indicazione genealogica arrivando fino al proprio trisavolo Baldassarre; inoltre si definisce “studente” sembrerebbe “in Pisa”, ma non

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vi è certezza su questa parte della notazione, in quanto dall’analisi dell’inchiostro è chiaro che sia stata aggiunta in seguito e da altra mano. Con lo stesso inchiostro è avvenuta anche la correzione del cognome, che è stato sovrascritto, probabilmente perché illeggibile a causa dell’inchiostro ormai sbiadito.

L’interesse per questa notazione risiede anche nella possibilità di identificare con certezza la mano del possessore, e verificare così che tutte le notazioni mss. sono attribuibili ad A.; sul volume, nella parte bassa del frontespizio è comunque presente anche la formula latina con “ex libris”.

Per quanto riguarda l’indicazione della carica ecclesiastica, a differenza di Coriolano, Alessandro non sottolinea mai quest’aspetto; egli si limita ad arricchire le proprie notazioni in rari casi con la provenienza dalla città di Pistoia (su due volumi) e in tre occasioni con fregi mss. che vanno a decorare la nota.

Piuttosto frequente è la presenza accanto al nome di un indicazione di prezzo espressa con la dicitura “pauli …”, come ad esempio al volume B13/011(in foto), in cui troviamo “pauli 412”; da questo elemento si può ipotizzare un acquisizione da parte di A.

Per quanto riguarda le legature troviamo, in numero pari, sia esempi di pergamena floscia, concentrata su volumi di formato medio o piccolo, che legature rigide, in pergamena e in carta decorata solitamente con il giglio fiorentino e tassello in pelle con autore e titolo incisi in oro, per le opere di grande formato.

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Esempio di notazione ricorrente di Alessandro Frosini con fregio dal volume B13/011 (scheda n.62)

Nota in cui Alessandro dichiara la data della celebrazione della prima messa da volume E08/018 (scheda n. 33)

Nel caso di Pietro abbiamo una certa uniformità nella modalità di apposizione delle notazioni; troviamo, infatti, sempre la stessa mano e sempre l’utilizzo della lingua italiana, tranne in un caso, nel quale viene usata la formula “ex libris” e quindi il latino. Per quanto riguarda l’indicazione di provenienza dalla città di Pistoia, questa si ritrova solo in due occasioni, mentre l’interesse del possessore è rivolto soprattutto a sottolineare il proprio titolo nobiliare di “Conte” come al volume E01/059 (in foto). Tale opera è interessante

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anche dal punto di vista della collocazione temporale del personaggio, in quanto essendo un dono dell’autore (come indicato nella notazione) ed essendo il volume stampato nel 1704 è evidente come P. sia vissuto agli inizi del ‘700; lo conferma anche l’analisi paleografica della mano, che è databile tra fine XVII ed inizio XVIII secolo.

Le legature sono in maggioranza di tipo semirigido con autore e titolo manoscritti sul dorso, in quanto siamo di fronte a volumi di formato in 4°, i quali non necessitano di manifatture eccessivamente resistenti.

Dichiarazione di dono da parte dell’Autore, di mano di Pietro dal volume E01/059 (scheda n. 58)

Per quanto riguarda Tommaso abbiamo a disposizione un numero esiguo di opere, ed è quindi piuttosto difficile fare considerazioni approfondite sulla modalità di apposizione delle notazioni. Possiamo notare come tre volumi su quattro, di cui due sono parti di una stessa opera, presentino notazioni della stessa mano, anche se non uniforme è la lingua utilizzata, infatti abbiamo sia l’italiano che il latino come al volume E12/021 (in foto); il quarto esemplare (volume H04/003, in foto) presenta, invece, una notazione completamente diversa dal punto di vista della mano, che ad un’analisi paleografica più approfondita sembrerebbe coeva alla pubblicazione dell’opera, quindi XVI secolo, e potrebbe far supporre la presenza di un omonimo di T. vissuto in epoca precedente.

I tipi di legatura sono piuttosto vari, nonostante il numero ridotto dei volumi, in quanto troviamo due legature in pergamena, floscia e semirigida, ed una in carta semplice.

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Esempio di notazione di Tommaso dal volume E12/021 (scheda n. 66)

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XVIII

La presente raccolta di opere nasce probabilmente come biblioteca nobiliare di famiglia, passando poi nelle mani dell’Arcivescovo e solo successivamente diviene parte della biblioteca del seminario; questi numerosi passaggi sono dimostrati dalla presenza su alcuni volumi di notazioni, che segnalano la compresenza di due o più proprietà all’interno della stessa famiglia. Precisamente sono presenti quindici volumi con queste caratteristiche, sulla maggior parte dei quali (undici volumi) compare Francesco fra i due o più possessori14. Tutti gli altri volumi che presentano più notazioni sono da considerarsi parte della raccolta dell’Arcivescovo anche nel caso in cui non presentino espressamente la nota di possesso di Francesco, in quanto tutti sono poi confluiti nella biblioteca di famiglia. La maggioranza di queste opere (cinque volumi) risulta essere stata di proprietà di Giuseppe oltre che di Francesco, mentre le restanti sono appartenute prima ad Alessandro, Coriolano e Tommaso, ed una ha avuto ben due possessori escluso il più illustre, cioè Coriolano e Pietro, come si più vedere dal volume D13/007 (in foto). Abbiamo poi cinque opere su cui compaiono solo altri esponenti della famiglia, ma non Francesco: Giuseppe e Tommaso; Coriolano e Giuseppe; Pietro e Alessandro; Alessandro e Giuseppe al volume E13/016 (in foto); infine vi è un volume che ha fatto parte della biblioteca di altri due membri della Famiglia Frosini che compaiono soltanto su questo esemplare: che sono “sor” Maria Rosa Eletta e Giovanni.

Molto più interessante ai fini dell’analisi dei vari passaggi di proprietà è la frequenza di volumi che hanno avuto anche proprietari al di fuori della famiglia Frosini; si tratta di ventuno opere15, le quali recano la firma di personaggi come Stefano Nutini al volume G11/006 (in foto) e Giovanni Pinamonti16 al volume H13/042 (in foto), i quali ricorrono rispettivamente due e tre volte accompagnati alla nota di possesso di Francesco e Giuseppe Frosini. Particolarmente rilevanti sono i volumi appartenuti a Girolamo Baldinotti17 al volume F01/042 (in foto) e Bonifacio Vannozzi18: i primi sono poi passati nelle mani di Giuseppe (due opere su tre) e Coriolano, mentre i secondi (tre opere) hanno come altro possessore solo Giuseppe, come al volume I06/026 (in foto), il che potrebbe indicare un acquisizione in blocco da parte di Giuseppe Frosini. La particolarità di questi ultimi esemplari sta nel fatto che ogni volume presenta oltre alla firma del Vannozzi anche un motto vergato dalla stessa mano, il quale recita: “M’è più caro morir che viver senza”.

14

Si vedano i vol.: F06/024, G08/006, F05/023, C-16-6, G04/002, F05/041, D03/048, E08/018, I04/027, E12/021, H11/024, E15/026, G12/016, D13/007, E13/016.

15

Si vedano i vol.: G08/011 (1-2), F06/024, F06/033, R-17-8, H13/042 (1), I-12-6, G11/006, F01/042 (1-2), I13/002, F-22-9, I06/026, F11/025, I08/011, L15/00F-22-9, E12/021 (2), C-11-4, G14/003, E15/026, C13/004, G12/016.

16

Giovanni Pietro Pinamonti, gesuita (1632-1703) 17

Girolamo Baldinotti (1559-1629) 18

(19)

XIX

Esempio di notazioni che dimostrano i vari passaggi di proprietà del v. D13/007 (scheda n.93)

(20)

XX

Esempio di notazione con la compresenza di F. Frosini e Stefano Nutini dal volume G11/006 (scheda n. 20)

Particolare di notazione con la compresenza di G. Frosini e Giovanni Pinamonti dal volume H13/042 (scheda n. 17)

Particolare di notazione con la compresenza di G. Frosini e Girolamo Baldinotti dal volume F01/042 (scheda n. 27)

(21)

XXI

Esempio di notazione con la compresenza di G.Frosini e Bonifacio Vannozzi dal volume I06/026 (scheda n. 37)

(22)

XXII Nota metodologica

Il seguente catalogo è nato da un progetto di tirocinio della durata di sei mesi presso la Biblioteca Cathariniana19 di Pisa, in cui si è cercato di ricostruire ciò che resta della raccolta libraria appartenuta all’Arcivescovo Frosini e ad alcuni esponenti della sua famiglia.

Il lavoro è iniziato con una prima ricognizione del catalogo informatizzato della biblioteca, nel quale risultavano già inseriti la maggior parte dei volumi. In seguito ho avviato un’ispezione del materiale ancora da catalogare per verificare la presenza di altre opere appartenute ai F., la quale ha richiesto un periodo piuttosto lungo dovuto alla necessità di analizzare ogni volume singolarmente per trovare la notazione di possesso e da cui sono risultate 26 opere, tra cui una in più volumi.

Come già enunciato nel paragrafo precedente, per questo ramo della famiglia non è stata fino ad ora ritrovata una genealogia completa ed attendibile, quindi è stato possibile ricostruire un probabile ordine cronologico dei possessori solo attraverso le date di edizione delle opere di loro proprietà; questa ipotesi presuppone che l’ultimo anno di edizione sia da considerare come “terminus ante quem” riferibile, non tanto all’anno di morte del possessore, quanto piuttosto alla cessazione di un processo di acquisizione di edizioni a stampa. Le edizioni sono riconducibili ad un arco cronologico che va dal 1506 al 1714; di seguito elencati i vari membri della famiglia e gli estremi cronologici delle edizioni:

- Alessandro, le cui edizioni vanno dal 1513 al 1627; - Tommaso, le cui edizioni vanno dal 1553 al 1628; - Giuseppe, le cui edizioni vanno dal 1506 al 1647; - Coriolano, le cui edizioni vanno dal 1556 al 1711; - Pietro, le cui edizioni vanno dal 1559 al 1704; - Francesco, le cui edizioni vanno dal 1543 al 1714; - Domenico, le cui edizioni vanno dal 1709 al 1806.

Esistono poi alcune edizioni che sono state tramandate tra membri della famiglia e hanno avuto quindi almeno due possessori, le quali vanno dal 1547 al 1625.

Il fondo è composto quasi esclusivamente da opere di argomento teologico e religioso; si va da opere maggiormente divulgative come le vite di alcuni santi a quelle dedicate allo

19

Per una breve storia della Biblioteca si veda l’introduzione al catalogo di Cristina Moro, Custodi di un antico sapere,

cit., p. 11-30; Ottavio Banti, La biblioteca e il Convento di S.Caterina in Pisa tra il XII e XIV secolo, attraverso la testimonianza della Chronica Antiqua, Pacini Editore, 1989. Per le fonti a stampa si veda: Nunzia Scognamiglio, Le fonti per la storia della Biblioteca Cateriniana di Pisa, tesi di laurea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in Scienze

dei Beni Culturali, a.a. 2004/2005, relatore Cristina Moro, p. 9-33; per le fonti inedite si veda M. De Vizia Guerriero, Per

(23)

XXIII

studio dei seminaristi (riconoscibili dalla forte usura dei materiali e dalle annotazioni su contro piatti e fogli di guardia). Sono presenti anche alcune opere filosofiche di autori quali Aristotele, Marsilio Ficino, Alessandro Piccolomini ecc., ma anche opere letterarie di autori classici come Ovidio e Tacito. Numerose anche le opere di argomento giuridico, considerando il fatto che molti esponenti della famiglia completarono gli studi in utroque iure.

Il panorama che si staglia è quindi piuttosto variegato, nonostante l’appartenenza di tutti i membri della famiglia Frosini (qui rappresentati) all’ambito ecclesiastico, e ciò dimostra gli interessi rivolti a vari aspetti del sapere, anche per le figure che non arrivarono mai a ricoprire alte cariche.

Per quanto riguarda l’Arcivescovo Francesco Frosini la raccolta comprende, oltre alle opere utili alla sua attività pastorale, varie discipline: dagli autori della latinità classica, fino ad arrivare alle trattazioni giuridiche, segno della sua formazione universitaria. Se si considera la rubrica manoscritta, di cui si è parlato nel paragrafo precedente, come catalogo della biblioteca originale, si può notare come il Frosini avesse un vero e proprio interesse a creare un raccolta che andasse al di là degli argomenti puramente teologici, ma che incamerasse tematiche utili ad ampliare le conoscenze di coloro che vi accedevano; ciò spiega anche il lascito testamentario alla biblioteca del Seminario, con lo scopo di rendere fruibile la propria raccolta.

Le centotre schede del catalogo sono ordinate alfabeticamente per autore o per titolo, nel caso di opere anonime, e numerate progressivamente. Ciascuna descrizione è suddivisa in due parti: una relativa ai dati di edizione, l’altra relativa alle caratteristiche dell’esemplare.

Le intestazioni sono in forma latina nel caso di autori classici latini e greci, mentre per gli autori moderni si è proceduto alla normalizzazione seguendo le indicazioni riportate sui vari repertori consultati.

Per quanto riguarda i dati di pubblicazione è stato seguito il criterio consueto, che prevede l’indicazione del luogo di stampa seguito dal nome del tipografo o editore ed infine l’anno di stampa; i dati relativi alla descrizione fisica riprendono anch’essi la forma più utilizzata, nella quale compaiono nell’ordine, la consistenza, l’eventuale presenza di illustrazioni ed infine il formato. Segue la descrizione della marca, se presente, e di altri elementi come iniziali decorate o vignette xilografiche. Questa sezione si conclude con i riferimenti alle fonti bibliografiche.

La sezione relativa ai dati di esemplare presenta, nell’ordine, le dimensioni del volume (altezza per larghezza) espresse in millimetri, la descrizione della legatura, l’indicazione di un’eventuale collocazione precedente (solo per i volumi già inseriti nel catalogo informatizzato), la presenza dell’ex libris della biblioteca e del timbro ed infine le indicazioni di possesso.

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XXIV

Le notazioni sono trascritte rispettando i criteri diplomatici, che prevedono lo scioglimento tra parentesi tonde () delle abbreviazioni, l’utilizzo delle parentesi quadre [] nel caso di integrazioni deducibili da supporto lacerato, e l’uso di puntini (…) quando parte del testo risulta illeggibile.

Segue il catalogo un’appendice dedicata ad uno degli esponenti della Famiglia Frosini vissuto successivamente a Francesco (per approfondimenti si veda p. 78). Per quanto riguarda gli indici abbiamo in ordine: l’indice delle intestazioni, l’indice dei tipografi ed editori, l’indice cronologico delle edizioni ed infine l’indice dei possessori; tutti gli indici in cui compaiono nomi di persona o ente sono ordinati alfabeticamente.

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