comunque da queste diverse, e che tale divieto d'imporre restrizioni non contemplate dalla direttiva si applica tanto ai prodotti posti direttamente in
commercio sul mercato nazionale
quanto ai prodotti importati.
3. La direttiva n. 73/173 deve interpre
tarsi nel senso ch'essa non consente che disposizioni nazionali impongano l'indicazione, sui contenitori, della pre
senza di componenti dei prodotti in questione in termini che vadano oltre quelli stabiliti dalla direttiva di cui trat
tasi.
4. Allorché, in applicazione dell'art. 100 del Trattato, direttive comunitarie di
spongono l'armonizzazione dei prov
vedimenti necessari per garantire la tu
tela della salute animale ed umana e
approntano procedure comunitarie di controllo della loro osservanza, il ri
corso all'art. 36 perde la sua giustifica
zione e i controlli appropriati devono essere allora effettuati ed i provvedi
menti di tutela adottati nel quadro in
dicato dalla direttiva d'armonizza
zione.
5. Ne consegue che le disposizioni nazio
nali che vanno oltre quelle contenute
nella direttiva n. 73/173 sono compati
bili col diritto comunitario soltanto qualora siano state adottate secondo il procedimento e nelle forme di cui al
l'art. 9 della suddetta direttiva.
6. Qualora uno Stato membro abbia in
trodotto le disposizioni di una diret
tiva nel proprio ordinamento interno prima della fine del periodo stabilito dalla direttiva stessa, tale circostanza non può produrre effetti nei confronti di altri Stati membri.
7. Poiché le direttive, per natura, impon
gono obblighi soltanto agli Stati mem
bri, il singolo non può far valere il principio del «legittimo affidamento»
prima della scadenza del termine stabi
lito per la loro attuazione.
8. La direttiva del Consiglio delle Comu
nità europee 7 novembre 1977, n.
77/728, in particolare l'art. 9, non può produrre, nei confronti del sin
golo che si sia conformato alle disposi
zioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento impartito allo Stato membro, alcun ef
fetto che possa essere preso in conside
razione dai giudici nazionali.
Nel procedimento 148/78,
avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale proposta alla
Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, dalla Pretura di Milano, nelprocedimento penale dinanzi ad essa pendente a carico di
TULLIO RATTI, domiciliato in Milano,
domanda vertente sull'interpretazione di due direttive del Consiglio concer
nenti il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e ammini
strative degli Stati membri relative, nel primo caso (direttiva 4 giugno 1973,
n. 73/173/CEE, GU n. L 189, pag. 7), alla classificazione, all'imballaggio e
all'etichettatura dei preparati pericolosi (solventi) e, nel secondo caso (diret-
tiva 7 novembre 1977, n. 77/728/CEE, GU n. L 303, pag. 23), alla classifica
zione, all'imballaggio e all'etichettatura di pitture, vernici, inchiostri da stampa, adesivi ed affini,
LA CORTE
composta dai signori: J. Mertens de Wilmars, presidente di Sezione, presi
dente f. f.; Mackenzie Stuart, presidente di Sezione; P. Pescatore, M. Søren
sen, A. O'Keeffe, G. Bosco e A. Touffait, giudici;
avvocato generale: G. Reischl;
cancelliere: A. Van Houtte,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
In fatto
I fatti che hanno dato origine alla contro
versia, le varie fasi del procedimento e le osservazioni presentate in forza dell'art.
20 del protocollo sullo Statuto (CEE) della Corte di giustizia si possono riassu
mere come segue:
I — Gli antefatti e il procedi
mento
In base a risoluzione del suo consiglio di amministrazione, la ditta SILVAM di Se
nago (Milano), di cui il sig. Ratti è il le
gale rappresentante, procedeva all'imbal
laggio dei propri prodotti solventi appo
nendo sui contenitori degli stessi l'etichet
tatura prevista dalla direttiva del Consi
glio 4 giugno 1973, n. 73/173/CEE.
Essa decideva inoltre di applicare alle proprie vernici la direttiva del Consiglio 7 novembre 1977, n. 77/728/CEE,
Ora, queste due direttive non sono state ancora «recepite» nell'ordinamento giuri
dico italiano : in Italia è tuttora vigente la legge 5 marzo 1963, n. 245 (Gazzetta uf
ficiale, pag. 1451), che si applica tanto ai
solventi quanto alle vernici.
Detta legge è, al tempo stesso, più severa (in quanto impone in tutti i casi l'obbligo di indicare la percentuale di benzolo, to
luolo e xilolo consenuta nel solvente o nella vernice) e meno rigorosa (in quanto non impone l'obbligo di segnalare tutti i componenti considerati tossici, corrosivi,
irritanti, combustibili o facilmente infiam
mabili) delle due direttive sopra richia
mate, il che presenta inconvenienti tanto per i prodotti fabbricati in Italia quanto per i prodotti importati.
Il sig. Ratti è imputato dinanzi alla Pre
tura di Milano, V sezione penale, per contravvenzione alla legge n. 245.
Ritenendo che la causa solleva problemi d'interpretazione del diritto comunitario, la Pretura di Milano ha sottoposto a que
sta Corte le seguenti questioni pregiudi
ziali:
«a) Se la direttiva del Consiglio delle Co
munità europee n 173/73 del 4 giu
gno 1973, ed in particolare l'art. 8 della medesima, rappresenti una norma direttamente applicabile con l'attribuzione ai singoli di diritti sog
gettivi tutelabili dinanzi ai giudici na
zionali;
b) se sia consentito, nonostante la dispo
sizione di cui al citato articolo, di
sporre nella legislazione nazionale vincoli e limiti più precisi e detta
gliati, o comunque diversi, rispetto a quelli indicati nella direttiva e se cioè possa eventualmente ritenersi di osta
colo alla libera circolazione ed allo scambio delle merci e dei prodotti og
getto della direttiva stessa (vale a dire solventi), avendosi in tal modo una incidenza diretta sulla instaura
zione e sul funzionamento del mer
cato comune, atteso l'obbligo impo
sto dalla legislazione nazionale di ap
porre sui contenitori indicazioni non richieste dalla direttiva;
c) se, in particolare, l'imposizione di in
dicare sul recipiente posto in vendita la presenza di benzolo, toluolo e xi
lolo nel solvente o nel prodotto, con la specificazione della percentuale complessiva di essi e, separatamente, del solo benzolo, in base all'art. 8 della legge 5 marzo 1963, n. 245, possa rivelarsi incompatibile con la direttiva citata sia per il fatto stesso dell'obbligatorietà dell'indicazione (la cui inosservanza comporta san
zioni penali), sia per le modalità im
poste per l'assolvimento dell'obbligo stesso, tenuto conto anche della gene
rale ratio che sembra ispirare la diret
tiva medesima;
d) se le disposizioni nazionali richia
mate, applicabili indistintamente a tutti i prodotti presenti sul mercato interno rappresentino comunque un ostacolo, un divieto o una limita
zione allo scambio ed alla libera cir
colazione degli stessi, anche se det
tate al fine di assicurare una mag
giore tutela per la incolumità fisica degli utilizzatori dei prodotti in que
stione (è certamente copiosa la lette
ratura scientifica che, almeno a par
tire dagli anni sessanta, ha posto l'ac
cento sulla pericolosità di sostanze quali il benzolo, il toluolo e lo xi
lolo, specie per i lavoratori, che spesso possono essere costretti ad usare solventi con elevatissime per
centuali di essi senza neppure sa
perlo, ma non solo per essi, dato che ogni consumatore, che impieghi una vernice contenente dette sostanze, può andare incontro a gravi rischi per la sua salute);
e) se la direttiva del Consiglio delle Co
munità europee n. 728/77 del 7 no
vembre 1977, ed in particolare l'art.
9 di essa, sia immediatamente e diret
tamente applicabile, in riferimento agli obblighi negativi imposti fin
dalla data di notifica della direttiva medesima agli Stati membri ed alla ipotesi che il singolo, fondandosi su un legittimo affidamento, si sia con
formato alle disposizioni della diret
tiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento previsto per
lo Stato membro».
L'ordinanza di rinvio, datata 8 maggio 1978, è pervenuta in cancelleria il 21 giu
gno successivo. L'imputato nella causa principale, il Consiglio e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte, in forza dell'art. 20 del protocollo sullo Sta
tuto (CEE) della Corte di giustizia.
Su relazione del giudice relatore, sentito l'avvocato generale, la Corte ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria.
II — Le osservazioni presentate in forza dell'art. 20 del pro
tocollo sullo Statuto (CEE) della Corte di giustizia
A — Osservazioni dell'imputato nella causaprincipale
Il sig. Ratti osserva anzitutto che «le leggi interne della Repubblica italiana prevedono sanzioni penali in paradossale contrasto con la normativa comunitaria, sia per quanto riguarda i prodotti sol
venti che le vernici» e prende quindi in esame quello che egli considera come il questito principale, riguardante «l'effica
cia che le due direttive di cui sopra pos
sono avere nell'ordinamento del singolo Stato membro».
Per rispondere a tale quesito, egli ri
chiama in primo luogo la «costante giuri
sprudenza» della Corte (sentenze 4. 12.
1964, causa 41/74, Van Duyn, Racc.
1974, pag. 1337, e 1°. 2. 1977, causa 51/76, Verbond van Nederlandse Onder
nemingen, Race. 1977, pag. 113, e altre), secondo la quale la direttiva avrebbe «effi
cacia immediata» quando impone obbli
ghi dettagliati e completi, così da non la
sciare allo Stato membro alcun potere di
screzionale.
Egli dimostra poi che le due direttive hanno «efficacia immediata». L'art. 8 della direttiva in materia di solventi, os
serva l'imputato nella causa principale, impone obblighi precisi e dettagliati, che gli Stati membri non possono che ripro
durre così come sono: sono specificati, addirittura, la grandezza, il colore, la forma e la posizione dell'etichetta. La stessa osservazione viene fatta per quanto riguarda l'art. 9 della direttiva
concernente le vernici.
In quest'ultimo caso sorge però il pro
blema del termine: gli Stati membri di
spongono infatti di un termine di 24 mesi per dare attuazione alla direttiva, che avrebbe dovuto essere applicata solo dal
novembre 1979. Si potrebbe quindi soste
nere che per le vernici si applicava an
cora all'epoca dei fatti, la legge. n. 245.
L'imputato nella causa principale consi
dera tuttavia opportuno indagare per
quali motivi il legislatore comunitario imponga un siffatto termine. L'esistenza di quest'ultimo è giustificata unicamente da semplici motivi economici: smaltimento delle scorte esistenti, necessità di nuove analisi, nuove etichette, ecc. Esso ri
guarda, perciò, soltanto obblighi di fare;
per contro, il motivo della dilazione non sussiste per quanto concerne l'obbligo di
cui all'art. 9 della direttiva, obbligo nega
tivo, che non necessita di alcuna dila
zione, tanto più che le espressioni e i sim
boli da usare sulle etichette sono già con
templati, nell'ordinamento interno, dal D.M. 17 dicembre 1977 (Gazzetta uffi
ciale, suppl. n. 30 del 31 gennaio 1978).
Inoltre, l'imputato nella causa principale denuncia «l'assurdità» di una situazione in cui «il produttore di uno Stato mem
bro che ha già recepito la direttiva non possa esportare in un altro Stato membro il proprio prodotto etichettato secondo la direttiva stessa in quanto quello Stato non [vi] si è ancora conformato», il che costituisce, a suo avviso, «violazione dei principi fondamentali in tema di libera circolazione delle merci nell'ambito della Comunità».
Infine, l'imputato nella causa principale considera che, se la sua tesi non corri
spondesse alla «retta interpretazione delle norme in esame, ci si troverebbe di fronte alla necessità di dover ritenere che il termine di due anni concesso per adem
piere non è un termine per l'adempi
mento, ma un termine prima della sca
denza del quale non è possibile adem
piere oppure prima della scadenza del quale è possibile proibire l'adempi
mento».
B — Osservazioni del Consiglio
Nell'introduzione della propria memoria, il Consiglio insiste sulla peculiarità della tecnica legislativa molto spesso usata nelle direttive intese al ravvicinamento delle legislazioni, e soprattutto sull'impor
tanza del termine entro il quale gli Stati membri devono conformarsi alle direttive stesse. Su questo punto, il Consiglio os
serva che «è soltanto alla scadenza di tale termine che l'uniformità delle norme tecniche applicabili ai prodotti di cui trat
tasi deve essere necessariamente garantita in tutto il mercato comune, in virtù della
direttiva».
Il Consiglio riassume in due questioni principali le cinque questioni formulate dal giudice proponente.
1°) «Condizioni in cui le direttive di cui trattasi possono produrre effetti di
retti»
Su questo punto, il Consiglio ritiene che la giurisprudenza della Corte sia già ab
bastanza chiara. Esso rileva unicamente una certa improprietà della terminologia usata nell'ordinanza di rinvio, in cui la Pretura di Milano parla di «applicabilità diretta», mentre, nella giurisprudenza della Corte è stata elaborata la nozione di «effetti diretti». Secondo il Consiglio, la Corte ha affermato unicamente che, in certi casi, «in cui l'obbligo imposto dalla direttiva allo Stato membro è perfetto,
vale a dire non è condizionato né so
speso al decorso di un termine», i privati possono far valere l'efficacia diretta del
l'atto.
Quanto alla natura degli obblighi di cui trattasi nella fattispecie," il Consiglio so
stiene che l'obbligo di proibire che siano messi in commercio prodotti non rispon
denti alle norme della direttiva è natural
mente un obbligo di fare; lo stesso deve però dirsi dell'obbligo di consentire che vengano messi in commercio prodotti ri
spondenti alle norme della direttiva, dato che, per adempierlo, lo Stato membro è tenuto a modificare il proprio diritto in
terno.
2°) «Momento da cui tali effetti si pro
durrebbero»
Il primo argomento svolto dal Consiglio per sostenere che non è evidente l'effica
cia diretta degli atti in questione è quello secondo cui lo Stato membro dispone «di un margine discrezionale per lo meno quanto alla data in cui, entro i limiti del
termine impostogli, si conforma alla diret
tiva».
Il Consiglio prosegue osservando che la Corte, anche qualora, in determinate cir
costanze, riconosca efficacia diretta a certe disposizioni contenute in direttive,
«non potrebbe tuttavia riconoscere a dei privati il diritto di avvalersi di un obbligo imposto da una direttiva ad uno Stato membro,prima che la Commissione o gli
altri Stati membri siano abilitati ad avva
lersene in virtù dell'art. 169 e dell'art.
170 del Trattato». Prima della scadenza del termine, l'inadempimento è impossi
bile.
Infine, quanto agli argomenti svolti nella memoria difensiva depositata presso la Pretura di Milano (punti 2, 3, 4), il Con
siglio non disconosce che la circostanza che le direttive in questione riguardano tutti gli Stati membri possa influire sull'in
terpretazione che la Corte potrebbe es
sere indotta a dare alle direttive stesse.
Non gli consta, tuttavia, che tale circo
stanza sia stata finora considerata dalla Corte come un criterio per il riconosci
mento di effetti diretti e, comunque sia, non vede come essa possa avere la conse
guenza di rendere vano il termine con
cesso allo Stato membro per conformarsi ad una data direttiva. Basandosi sulla giu
risprudenza della Corte (sentenza 6 otto
bre 1970, causa 9/10, Franz Grad, Racc.
1970, pag. 825), il Consiglio conclude
nel senso che «un divieto contenuto in un atto rivolto agli Stati membri produce effetti solo dal momento in cui il sistema comune dev'essere applicato nell'insieme del mercato comune, quando l'obiettivo perseguito sia di garantire l'applicazione di tale sistema comune». Ora, l'obiettivo cui tendono le due direttive in questione è per l'appunto quello di garantire tale applicazione, al più tardi allo scadere del
termine.
Il Consiglio sostiene che la questione for
mulata sub e) dal giudice nazionale va ri
solta negativamente, in quanto l'art. 9
della direttiva 728/77 non può avere effi
cacia diretta prima della scadenza del ter
mine stabilito all'art. 12 della stessa, e che «questa risposta si applica anche alla direttiva n. 173/73/CEE».
C — Osservazioni della Commissione
Dopo aver ricordato i fatti e constatato che la legge italiana n. 245 stabilisce re
quisiti che sono, al tempo stesso, meno severi e più rigorosi di quelli fissati dalle due direttive, la Commissione prende in esame le cinque questioni formulate dal giudice a quo.
Prima questione
La Commissione sottolinea l'improprietà di linguaggio che si riscontra nell'ordi
nanza di rinvio: l'espressione «diretta
mente applicabile» non può essere usata con riferimento alle direttive, atti per i quali si può richiamare unicamente la no
zione, elaborata dalla Corte, di «efficacia diretta». La Commissione ricorda i tre cri
teri necessari per riconoscere l'efficacia diretta delle disposizioni di una direttiva:
— imposizione di un obbligo chiaro e preciso, — non subordinata a condizioni,
— senza alcun margine discrezionale per lo Stato membro. Esaminata, articolo per articolo, la direttiva 173/73/CEE, la Commissione «ritiene, … che gli artt. 2, 4, 5, 6 …, nonché l'art. 8 in relazione a dette disposizioni, sono dotati di effica
cia diretta e possono quindi essere fatti valere davanti alla giurisdizione nazio
nale competente».
Seconda questione
Alla luce della soluzione prospettata per la prima questione, risulta che «uno Stato membro non può disporre nella propria legislazione nazionale requisiti
più gravosi … [di] quelli previsti dalla di
rettiva» e che tale divieto vale tanto per i prodotti posti direttamente in commercio sul mercato nazionale, quanto per i pro
dotti importati. «Per questi ultimi, inol
tre, è indubbio che l'imposizione di requi
siti diversi da quelli contemplati dalle di
rettive sarebbe una violazione del princi
pio di libera circolazione delle merci, sta
bilite dall'art. 30 del Trattato».
Terza questione
Alla Commissione sembra chiaro che l'art. 8 della legge italiana n. 245, il quale impone «in ogni caso» l'indicazione della presenza e della percentuale di toluolo, xilolo e benzolo, pone vincoli diversi da quelli contemplati dalla direttiva.
Quarta questione
La Commissione sostiene che le disposi
zioni della legge italiana «costituiscono delle misure equivalenti a delle restrizioni quantitative alle importazioni, ai sensi dell'art. 30 del Trattato». Né ci si può ba
sare sull'art. 36 per ammettere deroghe
ad un provvedimento di armonizzazione in un settore determinato. L'unica possibilità consiste nel «ricorso, in via provviso
ria e sotto il controllo della Commis
sione, alla clausola di salvaguardia previ
sta all'art. 9 della direttiva».
Quinta questione
La Commissione osserva anzitutto che agli artt. 3, 5, 6, 7 e 9 della direttiva 77/728/CEE deve riconoscersi «efficacia diretta». Per la soluzione del problema del termine, essa ritiene tuttavia oppor
tuno determinare «il momento in cui na
sce l'obbligo dello Stato membro, in virtù
di una direttiva». Prima della scadenza del termine di 24 mesi stabilito dall'art.
12 della direttiva non si può, infatti, con
figurare un obbligo dello Stato membro.
Né può essere richiamato nella fattispe
cie, come risulta dalla giurisprudenza della Corte (sentenza 9/70, Franz Grad, loc. cit.), l'art. 191 del Trattato.
La Commissione prosegue il suo ragiona
mento, richiamando una regola generale di ermeneutica: «l'efficacia diretta di una direttiva è una situazione relativamente eccezionale», che non può essere oggetto d'interpretazione estensiva, e ciò trova conferma anche nell'art. 189 del Trat
tato.
Opponendosi all'argomento svolto dalla difesa dell'imputato nella causa princi
pale, secondo cui l'art. 9 imporrebbe un obbligo di non fare, la Commissione so
stiene che detto articolo non fa che «rias
sumere descrittivamente» la direttiva e va perciò considerato come una norma che impone un «obbligo positivo di adottare le necessarie disposizioni interne di ade
guamento». Quest'obbligo nasce evidente
mente solo alla scadenza del termine di 24 mesi.
Quanto alla considerazione fatta dal giu
dice nazionale, il quale «si riferisce a un possibile legittimo affidamento del sin
golo che si sia conformato, prima della scadenza del termine, alle disposizioni della direttiva», la Commissione non la ri
tiene pertinente, in quanto l'obbligo non è imposto ai singoli, ma solo agli Stati.
Soltanto in caso di inadempimento dello Stato, i singoli possono vantare diritti nei confronti di quest'ultimo.
Secondo la Commissione, l'art. 30 non può trovare applicazione neppure nel caso dei prodotti importati: in tal caso, ci si trova di fronte ad un problema di suc
cessione di due normative nazionali in
materia, con la conseguente necessità di determinare la data ultima in cui detta successione deve aver luogo. A parere della Commissione, la normativa ante
riore dovrebbe restare valida «fino alla scadenza del termine concesso allo Stato
per modificare la sua legislazione».
Concludendo, la Commissione propone di risolvere nel seguente modo le que
stioni formulate dalla Pretura di Milano:
«a) Gli artt. 2, 4, 5, 6 della direttiva del Consiglio 173/73, nonché l'art. 8 in relazione alle suddette disposizioni, sono provviste di efficacia diretta;
b) non è consentito disporre nella legi
slazione nazionale vincoli e limiti più precisi e dettagliati, e comunque di
versi, rispetto a quelli indicati nella direttiva suddetta; per i prodotti im
portati da altri Stati membri detti vin
coli costituirebbero inoltre un osta
colo alla libera circolazione delle merci;
c) l'imposizione da parte della legisla
zione di uno Stato membro di indi
care sul recipiente di un solvente la
presenza di benzolo, toluolo, xilolo,
con la specificazione della percentuale complessiva di essi e, separata
mente del solo benzolo, è incompati
bile con la direttiva citata;
d) il fine di assicurare una maggiore tu
tela dell'incolumità fisica degli utiliz
zatori dei prodotti in questione non permette agli Stati membri di im
porre requisiti diversi da quelli previ
sti dalla direttiva in questione;
e) gli artt. 3, 5, 6, 7 della direttiva del Consiglio 77/728, nonché l'art. 9 in relazione alle suddette disposizioni, sono provvisti di efficacia diretta:
tale efficacia si produce alla sca
denza del termine indicato all'art.
12, vale a dire al 9. 11. 1979».
Ili — La fase orale del procedi
mento
Il sig. Ratti, imputato nella causa princi
pale (rappresentato dall'avv. De Falco), il Consiglio (rappresentato dal suo consi
gliere giuridico sig. Fornassier) e la Com
missione (rappresentata dal suo consi
gliere giuridico sig. Alessi) hanno presen
tato osservazioni orali nell'udienza del 25 gennaio 1979.
Ad una domanda della Corte, il sig. Ratti ha risposto che sarebbe praticamente im
possibile esportare i prodotti SILVAM ap
ponendo sugli imballaggi etichette con
formi alla legge italiana.
L'avvocato generale ha presentato le sue conclusioni nell'udienza del 20 febbraio 1979.
In diritto
1 Con ordinanza 8 maggio 1978, pervenuta in cancelleria il 21 giugno succes
sivo, la Pretura penale di Milano ha sottoposto a questa Corte, in forza del-
l'art. 177 del Trattato CEE, varie questioni pregiudiziali vertenti sull'interpre
tazione di due direttive del Consiglio concernenti il ravvicinamento delle di
sposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri rela
tive, nel primo caso (direttiva 4 giugno 1973, n. 73/173/CEE, GU n. L 189, pag. 7), alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati
pericolosi (solventi) e, nel secondo caso (direttiva 7 novembre 1977,77/728/CEE, GU n. L 303, pag. 23), alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura di pitture, vernici, inchiostri da stampa, adesivi ed affini;
2 le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento pe
nale a carico del responsabile di un'impresa produttrice di solventi e vernici,
imputato di contravvenzione a talune disposizioni della legge italiana 5 marzo 1963, n. 245 (GURI n. 77, del 21. 3. 1963, pag. 1451), le qualiimpongono, ai fabbricanti di prodotti contenenti benzolo, toluolo e xilolo, l'obbligo di apporre sui contenitori di tali prodotti un'etichetta che indichi, oltre alla presenza di dette sostanze, la loro percentuale complessiva e, sepa
ratamente, quella del solo benzolo;
3 all'epoca dei fatti, questa normativa avrebbe dovuto esser stata adeguata, per quanto riguarda i solventi, a quanto disposto dalla direttiva 4 giugno 1973, n.
73/173, cui gli Stati membri dovevano dare attuazione nell'ordinamento in
terno al più tardi entro l'8 dicembre 1974, obbligo che non era stato adem
piuto dal Governo italiano;
4 l'adeguamento avrebbe dovuto avere l'effetto di abrogare la disposizione legi
slativa italiana della cui violazione si fa carico all'imputato nella causa princi
pale ed avrebbe conseguentemente modificato i presupposti per l'irrogazione delle sanzioni penali stabilite dalla legge in questione;
5 quanto all'imballaggio e all'etichettatura delle vernici, il Consiglio aveva ema
nato, all'epoca dei fatti controversi, la direttiva 7 novembre 1977, n. 77/728, ma, a norma dell'art. 12 di questo testo, gli Stati membri dispongono di un termine che verrà a scadere solo il 9 novembre 1979 per adottare le disposi
zioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarvisi;
6 anche in questo caso, l'introduzione nell'ordinamento interno italiano delle disposizioni della direttiva avrà necessariamente l'effetto di abrogare le dispo
sizioni legislative italiane sulla cui inosservanza si fonda il procedimento pen
dente a carico dell'imputato;
7 sia nel caso dei solventi, sia in quello delle vernici di produzione della sua impresa, questi si è conformato, per quanto riguarda l'imballaggio e l'etichet
tatura, da un lato, alle disposizioni della direttiva n. 73/173 (solventi) che il Governo italiano aveva omesso di recepire nell'ordinamento interno e, dall'al
tro, alle disposizioni della direttiva n. 77/728 (vernici), cui gli Stati membri
dovranno aver dato attuazione entro il 9 novembre 1979;8 la soluzione delle questioni sottoposte a questa Corte, le prime quattro delle quali riguardano la direttiva n. 73/173 e la quinta la direttiva n. 77/728, deve consentire al giudice nazionale di stabilire se le sanzioni penali comminate dalla legge italiana n. 245 per il caso di trasgressione delle sue disposizioni possano essere applicate nella fattispecie.
A — Sull'interpretazione della direttiva n. 73/173
9 Questa direttiva è stata adottata in forza dell'art. 100 del Trattato, nonché della direttiva del Consiglio 27 giugno 1967 (GU n. 196, del 16. 8. 1967, pag.
1), modificata con la direttiva 21 maggio 1973 (GU n. L 167, del 25. 6. 1973, pag. 1), relative alle sostanze pericolose, al fine di garantire il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati mem
bri in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura dei preparati
pericolosi (solventi);10 la sua adozione è apparsa necessaria in quanto le sostanze e i preparati peri
colosi costituiscono oggetto, nei vari Stati membri, di normative che presen
tano notevoli differenze, soprattutto relativamente all'etichettatura, all'imbal
laggio e alla classificazione secondo il grado di pericolosità dei suddetti pro
dotti;
11 tali divergenze costituivano un ostacolo per gli scambi e per la libera circola
zione dei prodotti ed avevano diretta incidenza sull'instaurazione e sul fun
zionamento del mercato comune dei preparati pericolosi come i solventi, pro
dotti frequentemente usati tanto nelle attività industriali, agricole ed artigia
nali quanto nel governo della casa;
12 per giungere all'eliminazione di tali divergenze, la direttiva contiene un certo numero di disposizioni riguardanti espressamente la classificazione, l'imbal
laggio, l'etichettatura dei prodotti in questione (art. 2, nn. 1, 2 e 3, artt. 4, 5
e 6);13 quanto all'art. 8, specialmente preso in considerazione dal giudice nazionale e secondo cui gli Stati membri non possono vietare, limitare o ostacolare, per motivi di classificazione, d'imballaggio o di etichettatura, il commercio dei preparati pericolosi che soddisfino le condizioni poste dalla direttiva, esso
non ha valore autonomo, non essendo altro che il necessario complementodelle disposizioni sostanziali contenute negli articoli sopra richiamati, quanto alla libera circolazione dei prodotti di cui trattasi.
14 Gli Stati membri dovevano dare attuazione alla direttiva n. 73/173, secondo l'art. 11 della stessa, entro un termine di 18 mesi a decorrere dalla sua noti
fica;
15 la notifica è stata fatta a tutti gli Stati membri l'8 giugno 1973;
16 il termine di 18 mesi è venuto a scadere l'8 dicembre 1974 e, al momento dei fatti di cui è causa, le disposizioni della direttiva non erano state recepite nell'ordinamento interno italiano;
17 stando così le cose, il giudice nazionale, constatando un «evidente contrasto
tra la normativa comunitaria e il diritto interno italiano», si è chiesto «qualedei due debba avere, per il caso di specie, la prevalenza» ed ha sottoposto a questa Corte una prima questione del seguente tenore:
«Se la direttiva del Consiglio delle Comunità europee n. 173/73 del 4 giugno 1973, ed in particolare l'art. 8 della medesima, rappresenti una norma diretta
mente applicabile con l'attribuzione ai singoli di diritti soggettivi tutelabili dinanzi ai giudici nazionali».
18 Detta questione solleva il problema generale della natura giuridica delle di
sposizioni di una direttiva adottata in forza dell'art. 189 del Trattato;
19 in proposito questa Corte ha già affermato, in una costante giurisprudenza, e
da ultimo nella sentenza 1° febbraio 1977 (causa 51/76, Nederlandse Ondernemingen, Racc. pag. 126), che «se è vero che i regolamenti, in forza dell'art.
189, sono direttamente applicabili e quindi atti, per natura, a produrre effetti
diretti, da ciò non si può inferire che le altre categorie di atti contemplate dal
suddetto articolo non possano mai produrre effetti analoghi»;
20 sarebbe incompatibile con l'efficacia vincolante che l'art. 189 riconosce alla direttiva l'escludere, in linea di principio, che l'obbligo da essa imposto possa esser fatto valere dalle persone interessate;
21 particolarmente nei casi in cui le autorità comunitarie abbiano, mediante di
rettiva, imposto agli Stati membri di adottare un determinato comporta
mento, l'effetto utile dell'atto sarebbe attenuto se agli amministrati fosse pre
cluso di valersene in giudizio ed ai giudici nazionali di prenderlo in conside
razione in quanto elemento del diritto comunitario;
22 di conseguenza lo Stato membro che non abbia adottato, entro i termini, i provvedimenti d'attuazione imposti dalla direttiva non può opporre ai singoli l'inadempimento, da parte sua, degli obblighi derivanti dalla direttiva stessa;
23 ne consegue che il giudice nazionale cui il singolo amministrato che si sia conformato alle disposizioni di una direttiva chieda di disapplicare una norma interna incomptibile con detta direttiva non recepita nell'ordinamento interno dello Stato inadempiente deve accogliere tale richiesta, se l'obbligo di cui trattasi è incondizionato e sufficientemente preciso;
24 la prima questione va quindi risolta nel senso che, dopo la scadenza del ter
mine stabilito per l'attuazione di una direttiva, gli Stati membri non possono
applicare la propria normativa nazionale non ancora adeguata a quest'ultima— neppure se vengano contemplate sanzioni penali — a chi si sia confor
mato alle disposizioni della direttiva stessa.
25 Con la seconda questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se lo Stato destinatario della direttiva sui solventi, dando attuazione alle disposizioni di questa nel proprio ordinamento interno, possa stabilire «vincoli e limiti più precisi e dettagliati, o comunque diversi», in particolare imponendo l'obbligo di apporre sui contenitori indicazioni non richieste dalla direttiva.
26 Dal combinato disposto degli artt. 3 e 8 della diretta n. 73/173 risulta che possono esser messi in commercio soltanto solventi conformi «alle disposi
zioni della presente direttiva e del suo allegato» e che gli Stati membri non hanno la facoltà di mantenere in vigore, parallelamente alla disciplina contem
plata dalla suddetta direttiva per le importazioni, una disciplina diversa per il
mercato interno;27 perciò, dal sistema della direttiva n. 73/173 si desume che gli Stati membri non possono stabilire, nella propria legislazione nazionale, per quanto ri
guarda la classificazione, l'imballaggio e l'etichettatura dei solventi, condi
zioni più restrittive, né più precise di quelle della direttiva di cui trattasi, o comunque da queste diverse, e che tale divieto d'imporre restrizioni non con
template dalla direttiva si applica tanto ai prodotti posti direttamente in com
mercio sul mercato nazionale quanto ai prodotti importati;
28 è in tal senso che va risolta la seconda questione formulata dal giudice propo
nente.
29 Con la terza questione, il giudice nazionale chiede se l'obbligo di indicare, sul recipiente posto in vendita, la presenza di benzolo, toluolo e xilolo nel solvente, con la specificazione della percentuale complessiva di tali sostanze e, separatamente, di quella del solo benzolo, obbligo imposto dall'art. 8 della legge 5 marzo 1963, n. 245, possa rivelarsi incompatibile con la direttiva di
cui trattasi.
30 L'art. 8 della legge italiana 5 marzo 1963, n. 245 impone l'obbligo, «quando [i] solventi … contengano benzolo, toluolo o xilolo, di apporre sui recipienti posti in vendita una etichetta, la quale indichi la presenza di dette sostanze nel solvente …, la percentuale complessiva di esse e, separatamente, la per
centuale del benzolo .:.»
31 D'altra parte, l'art. 5 della direttiva n. 73/173 impone, in tutti i casi, l'indica
zione sull'imballaggio — in modo leggibile e indelebile — della presenza di
sostanze considerate tossiche ai sensi dell'art. 2, come il benzolo, nonché l'indicazione, ma solo in determinati casi, delle sostanze considerate nocive, come il toluolo e lo xilolo in concentrazione superiore al 5 %;
32 non è invece prescritta alcuna indicazione per quanto riguarda la percen
tuale, separata o complessiva, di dette sostanze;
33 la questione formulata dal giudice nazionale va quindi risolta dichiarando che la direttiva n. 73/173 deve interpretarsi nel senso ch'essa non consente che disposizioni nazionali impongano l'indicazione, sui contenitori, della pre
senza di componenti dei prodotti in questione in termini che vadano oltre
quelli stabiliti dalla direttiva di cui trattasi.34 La quarta questione è redatta nei seguenti termini:
«Se le disposizioni nazionali richiamate, applicabili indistintamente a tutti i prodotti presenti sul mercato interno rappresentino comunque un ostacolo, un divieto o un limitazione allo scambio ed alla libera circolazione degli stessi, anche se dettate al fine di assicurare una maggiore tutela per la incolu
mità fisica degli utilizzatori dei prodotti in questione»;
35 essa si riferisce all'art. 36 del Trattato, che ammette deroghe al principio della libera circolazione delle merci, in quanto esse siano giustificate da mo
tivi di pubblica sicurezza o di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali.
36 Allorché, in applicazione dell'art. 100 del Trattato, direttive comunitarie di
spongono l'armonizzazione dei provvedimenti necessari per garantire la tu
tela della salute animale ed umana e approntano procedure comunitarie di controllo della loro osservanza, il ricorso all'art. 36 perde la sua giustifica
zione e i controlli appropriati vanno allora effettuati ed i provvedimenti di
tutela adottati secondo lo schema tracciato dalla direttiva d'armonizzazione.37 La direttiva n. 73/173 ha stabilito che, se uno Stato membro constata che un
preparato pericoloso, quantunque conforme alle disposizioni della direttiva stessa, può mettere in pericolo la sicurezza o la salute, detto Stato potrà applicare, in via provvisoria e sotto il controllo della Commissione, la clau
sola di salvaguardia di cui all'art. 9 della direttiva, secondo il procedimento e
nelle forme di cui allo stesso articolo.
38 ne consegue che le disposizioni nazionali che vanno oltre quelle contenute nella direttiva n. 73/173 sono compatibili col diritto comunitario soltanto qualora siano state adottate secondo il procedimento e nelle forme di cui
all'art. 9 della suddetta direttiva.
B — Sull'interpretazione della direttiva n. 77/728
39 Con la quinta questione, il giudice nazionale chiede «se la direttiva del Consi
glio delle Comunità europee n. 728/77 del 7 novembre 1977, ed in partico
lare l'art. 9 di essa, sia immediatamente e direttamente applicabile, in riferi-
mento agli obblighi negativi imposti fin dalla data di notifica della direttiva medesima agli Stati membri ed alla ipotesi che il singolo, fondandosi su un legittimo affidamento, si sia conformato alle disposizioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento previsto per lo Stato mem
bro».
40 Questa direttiva ha oggetto analogo a quello della direttiva n. 73/173, in quanto contempla una disciplina simile a quella dei solventi per i preparati che contengono sostanze pericolose destinati ad essere usati sotto forma di pitture, vernici, inchiostri da stampa, adesivi e affini.
41 A norma del suo art. 12, gli Stati membri devono darle attuazione entro un
termine di 24 mesi a decorrere dalla notifica, che è stata fatta il 9 novembre 1977;42 detto termine, quindi, non è ancora scaduto e gli Stati destinatari dispon
gono di un periodo di tempo che va fino al 9 novembre 1979 per recepire le disposizioni della direttiva n. 77/728 nel proprio ordinamento interno;
43 ne consegue che, per le ragioni esposte nel motivare la soluzione data alla prima questione del giudice nazionale, soltanto alla scadenza del periodo sta
bilito e in caso d'inadempimento da parte dello Stato membro la direttiva — in particolare in suo art. 9 — potrà produrre gli effetti indicati relativamente alla prima questione;
44 fino a quel momento, gli Stati membri restano liberi nel disciplinare la mate
ria;
45 qualora uno Stato membro abbia introdotto le disposizioni di una direttiva nel proprio ordinamento interno prima della fine del periodo stabilito dalla direttiva stessa, tale circostanza non può produrre effetti nei confronti di altri
Stati membri.
46 Infine, poiché le direttive, per natura, impongono obblighi soltanto agli Stati membri, il singolo non può far valere il principio del «legittimo affidamento»
prima della scadenza del termine stabilito per la loro attuazione;
47 la quinta questione va quindi risolta nel senso che la direttiva del Consiglio delle Comunità europee 7 novembre 1977, n. 77/728, in particolare l'art. 9, non può produrre, nei confronti del singolo che si sia conformato alle disposi
zioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento impartito allo Stato membro, alcun effetto che possa essere preso in conside
razione dai giudici nazionali.
Sulle spese
48 Le spese sostenute dal Consiglio e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione;
49 nei confronti dell'imputato nella causa principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunziandosi sulle questioni sottopostele dalla Pretura penale di Milano con ordinanza 8 maggio 1978, dichiara:
1° Dopo la scadenza del termine stabilito per l'attuazione di una diret
tiva, gli Stati membri non possono applicare la propria normativa na
zionale non ancora adeguata a quest'ultima — neppure se vengano contemplate sanzioni penali — a chi si sia conformato alle disposi
zioni della direttiva stessa.
2° Dal sistema della direttiva n.
73/173
si desume che gli Stati membri non possono stabilire, nella propria legislazione nazionale, per quantoriguarda la classificazione, l'imballaggio e l'etichettatura dei solventi, condizioni più restrittive, né più precise di quelle della direttiva di cui trattasi, o comunque da queste diverse, e che tale divieto d'imporre restrizioni non contemplate dalla direttiva si applica tanto ai prodotti posti direttamente in commercio sul mercato nazionale quanto ai pro
dotti importati.
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3° La direttiva n. 73/173 deve interpretarsi nel senso ch'essa non con
sente che disposizioni nazionali impongano l'indicazione, sui conteni
tori, della presenza di componenti dei prodotti di questione in ter
mine che vadano oltre quelli stabiliti dalla direttiva di cui trattasi.
4° Le disposizioni nazionali che vanno oltre quelle contenute nella diret
tiva n. 73/173 sono compatibili col diritto comunitario soltanto qua
lora siano state adottate secondo il procedimento e nelle forme di cui
all'art. 9 della suddetta direttiva.
5° La direttiva del Consiglio delle Comunità europee 7 novembre 1977, n. 77/728, in particolare l'art. 9, non può produrre, nei confronti del singolo che si sia conformato alle disposizioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento impartito allo Stato membro, alcun effetto che possa essere preso in considerazione dai
giudici nazionali.Mertens de Wilmars Mackenzie Stuart Pescatore
Sørensen O'Keeffe Bosco Touffait
Così deciso e pronunziato a Lussemburgo, il 5 aprile 1979.
Il cancelliere A. Van Houtte
Per il presidente,
J. Mertens de Wilmars
Presidente della Prima Sezione
CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE GERHARD REISCHL
DEL 20 FEBBRAIO 1979<appnote>1</appnote>
Signor Presidente, signori Giudici,
la domanda di pronunzia pregiudiziale sulla quale devo oggi esprimere il mio pa
rere verte su due direttive del Consiglio intese all'eliminazione degli ostacoli deri
vanti, per gli scambi intracomunitari, dalla diversità di certe norme tecniche na
zionali. Si tratta della direttiva 4 giugno
1 — Traduzioni dal tedesco.