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strative degli Stati membri relative, nel primo caso (direttiva 4 giugno 1973,

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(1)

comunque da queste diverse, e che tale divieto d'imporre restrizioni non contemplate dalla direttiva si applica tanto ai prodotti posti direttamente in

commercio sul mercato nazionale

quanto ai prodotti importati.

3. La direttiva n. 73/173 deve interpre­

tarsi nel senso ch'essa non consente che disposizioni nazionali impongano l'indicazione, sui contenitori, della pre­

senza di componenti dei prodotti in questione in termini che vadano oltre quelli stabiliti dalla direttiva di cui trat­

tasi.

4. Allorché, in applicazione dell'art. 100 del Trattato, direttive comunitarie di­

spongono l'armonizzazione dei prov­

vedimenti necessari per garantire la tu­

tela della salute animale ed umana e

approntano procedure comunitarie di controllo della loro osservanza, il ri­

corso all'art. 36 perde la sua giustifica­

zione e i controlli appropriati devono essere allora effettuati ed i provvedi­

menti di tutela adottati nel quadro in­

dicato dalla direttiva d'armonizza­

zione.

5. Ne consegue che le disposizioni nazio­

nali che vanno oltre quelle contenute

nella direttiva n. 73/173 sono compati­

bili col diritto comunitario soltanto qualora siano state adottate secondo il procedimento e nelle forme di cui al­

l'art. 9 della suddetta direttiva.

6. Qualora uno Stato membro abbia in­

trodotto le disposizioni di una diret­

tiva nel proprio ordinamento interno prima della fine del periodo stabilito dalla direttiva stessa, tale circostanza non può produrre effetti nei confronti di altri Stati membri.

7. Poiché le direttive, per natura, impon­

gono obblighi soltanto agli Stati mem­

bri, il singolo non può far valere il principio del «legittimo affidamento»

prima della scadenza del termine stabi­

lito per la loro attuazione.

8. La direttiva del Consiglio delle Comu­

nità europee 7 novembre 1977, n.

77/728, in particolare l'art. 9, non può produrre, nei confronti del sin­

golo che si sia conformato alle disposi­

zioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento impartito allo Stato membro, alcun ef­

fetto che possa essere preso in conside­

razione dai giudici nazionali.

Nel procedimento 148/78,

avente ad oggetto la domanda di pronunzia pregiudiziale proposta alla

Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato CEE, dalla Pretura di Milano, nel

procedimento penale dinanzi ad essa pendente a carico di

TULLIO RATTI, domiciliato in Milano,

domanda vertente sull'interpretazione di due direttive del Consiglio concer­

nenti il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e ammini­

strative degli Stati membri relative, nel primo caso (direttiva 4 giugno 1973,

n. 73/173/CEE, GU n. L 189, pag. 7), alla classificazione, all'imballaggio e

all'etichettatura dei preparati pericolosi (solventi) e, nel secondo caso (diret-

(2)

tiva 7 novembre 1977, n. 77/728/CEE, GU n. L 303, pag. 23), alla classifica­

zione, all'imballaggio e all'etichettatura di pitture, vernici, inchiostri da stampa, adesivi ed affini,

LA CORTE

composta dai signori: J. Mertens de Wilmars, presidente di Sezione, presi­

dente f. f.; Mackenzie Stuart, presidente di Sezione; P. Pescatore, M. Søren­

sen, A. O'Keeffe, G. Bosco e A. Touffait, giudici;

avvocato generale: G. Reischl;

cancelliere: A. Van Houtte,

ha pronunziato la seguente

SENTENZA

In fatto

I fatti che hanno dato origine alla contro­

versia, le varie fasi del procedimento e le osservazioni presentate in forza dell'art.

20 del protocollo sullo Statuto (CEE) della Corte di giustizia si possono riassu­

mere come segue:

I — Gli antefatti e il procedi­

mento

In base a risoluzione del suo consiglio di amministrazione, la ditta SILVAM di Se­

nago (Milano), di cui il sig. Ratti è il le­

gale rappresentante, procedeva all'imbal­

laggio dei propri prodotti solventi appo­

nendo sui contenitori degli stessi l'etichet­

tatura prevista dalla direttiva del Consi­

glio 4 giugno 1973, n. 73/173/CEE.

Essa decideva inoltre di applicare alle proprie vernici la direttiva del Consiglio 7 novembre 1977, n. 77/728/CEE,

Ora, queste due direttive non sono state ancora «recepite» nell'ordinamento giuri­

dico italiano : in Italia è tuttora vigente la legge 5 marzo 1963, n. 245 (Gazzetta uf­

ficiale, pag. 1451), che si applica tanto ai

solventi quanto alle vernici.

Detta legge è, al tempo stesso, più severa (in quanto impone in tutti i casi l'obbligo di indicare la percentuale di benzolo, to­

luolo e xilolo consenuta nel solvente o nella vernice) e meno rigorosa (in quanto non impone l'obbligo di segnalare tutti i componenti considerati tossici, corrosivi,

(3)

irritanti, combustibili o facilmente infiam­

mabili) delle due direttive sopra richia­

mate, il che presenta inconvenienti tanto per i prodotti fabbricati in Italia quanto per i prodotti importati.

Il sig. Ratti è imputato dinanzi alla Pre­

tura di Milano, V sezione penale, per contravvenzione alla legge n. 245.

Ritenendo che la causa solleva problemi d'interpretazione del diritto comunitario, la Pretura di Milano ha sottoposto a que­

sta Corte le seguenti questioni pregiudi­

ziali:

«a) Se la direttiva del Consiglio delle Co­

munità europee n 173/73 del 4 giu­

gno 1973, ed in particolare l'art. 8 della medesima, rappresenti una norma direttamente applicabile con l'attribuzione ai singoli di diritti sog­

gettivi tutelabili dinanzi ai giudici na­

zionali;

b) se sia consentito, nonostante la dispo­

sizione di cui al citato articolo, di­

sporre nella legislazione nazionale vincoli e limiti più precisi e detta­

gliati, o comunque diversi, rispetto a quelli indicati nella direttiva e se cioè possa eventualmente ritenersi di osta­

colo alla libera circolazione ed allo scambio delle merci e dei prodotti og­

getto della direttiva stessa (vale a dire solventi), avendosi in tal modo una incidenza diretta sulla instaura­

zione e sul funzionamento del mer­

cato comune, atteso l'obbligo impo­

sto dalla legislazione nazionale di ap­

porre sui contenitori indicazioni non richieste dalla direttiva;

c) se, in particolare, l'imposizione di in­

dicare sul recipiente posto in vendita la presenza di benzolo, toluolo e xi­

lolo nel solvente o nel prodotto, con la specificazione della percentuale complessiva di essi e, separatamente, del solo benzolo, in base all'art. 8 della legge 5 marzo 1963, n. 245, possa rivelarsi incompatibile con la direttiva citata sia per il fatto stesso dell'obbligatorietà dell'indicazione (la cui inosservanza comporta san­

zioni penali), sia per le modalità im­

poste per l'assolvimento dell'obbligo stesso, tenuto conto anche della gene­

rale ratio che sembra ispirare la diret­

tiva medesima;

d) se le disposizioni nazionali richia­

mate, applicabili indistintamente a tutti i prodotti presenti sul mercato interno rappresentino comunque un ostacolo, un divieto o una limita­

zione allo scambio ed alla libera cir­

colazione degli stessi, anche se det­

tate al fine di assicurare una mag­

giore tutela per la incolumità fisica degli utilizzatori dei prodotti in que­

stione (è certamente copiosa la lette­

ratura scientifica che, almeno a par­

tire dagli anni sessanta, ha posto l'ac­

cento sulla pericolosità di sostanze quali il benzolo, il toluolo e lo xi­

lolo, specie per i lavoratori, che spesso possono essere costretti ad usare solventi con elevatissime per­

centuali di essi senza neppure sa­

perlo, ma non solo per essi, dato che ogni consumatore, che impieghi una vernice contenente dette sostanze, può andare incontro a gravi rischi per la sua salute);

e) se la direttiva del Consiglio delle Co­

munità europee n. 728/77 del 7 no­

vembre 1977, ed in particolare l'art.

(4)

9 di essa, sia immediatamente e diret­

tamente applicabile, in riferimento agli obblighi negativi imposti fin

dalla data di notifica della direttiva medesima agli Stati membri ed alla ipotesi che il singolo, fondandosi su un legittimo affidamento, si sia con­

formato alle disposizioni della diret­

tiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento previsto per

lo Stato membro».

L'ordinanza di rinvio, datata 8 maggio 1978, è pervenuta in cancelleria il 21 giu­

gno successivo. L'imputato nella causa principale, il Consiglio e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte, in forza dell'art. 20 del protocollo sullo Sta­

tuto (CEE) della Corte di giustizia.

Su relazione del giudice relatore, sentito l'avvocato generale, la Corte ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria.

II — Le osservazioni presentate in forza dell'art. 20 del pro­

tocollo sullo Statuto (CEE) della Corte di giustizia

A — Osservazioni dell'imputato nella causaprincipale

Il sig. Ratti osserva anzitutto che «le leggi interne della Repubblica italiana prevedono sanzioni penali in paradossale contrasto con la normativa comunitaria, sia per quanto riguarda i prodotti sol­

venti che le vernici» e prende quindi in esame quello che egli considera come il questito principale, riguardante «l'effica­

cia che le due direttive di cui sopra pos­

sono avere nell'ordinamento del singolo Stato membro».

Per rispondere a tale quesito, egli ri­

chiama in primo luogo la «costante giuri­

sprudenza» della Corte (sentenze 4. 12.

1964, causa 41/74, Van Duyn, Racc.

1974, pag. 1337, e 1°. 2. 1977, causa 51/76, Verbond van Nederlandse Onder­

nemingen, Race. 1977, pag. 113, e altre), secondo la quale la direttiva avrebbe «effi­

cacia immediata» quando impone obbli­

ghi dettagliati e completi, così da non la­

sciare allo Stato membro alcun potere di­

screzionale.

Egli dimostra poi che le due direttive hanno «efficacia immediata». L'art. 8 della direttiva in materia di solventi, os­

serva l'imputato nella causa principale, impone obblighi precisi e dettagliati, che gli Stati membri non possono che ripro­

durre così come sono: sono specificati, addirittura, la grandezza, il colore, la forma e la posizione dell'etichetta. La stessa osservazione viene fatta per quanto riguarda l'art. 9 della direttiva

concernente le vernici.

In quest'ultimo caso sorge però il pro­

blema del termine: gli Stati membri di­

spongono infatti di un termine di 24 mesi per dare attuazione alla direttiva, che avrebbe dovuto essere applicata solo dal

novembre 1979. Si potrebbe quindi soste­

nere che per le vernici si applicava an­

cora all'epoca dei fatti, la legge. n. 245.

L'imputato nella causa principale consi­

dera tuttavia opportuno indagare per

quali motivi il legislatore comunitario im­

ponga un siffatto termine. L'esistenza di quest'ultimo è giustificata unicamente da semplici motivi economici: smaltimento delle scorte esistenti, necessità di nuove analisi, nuove etichette, ecc. Esso ri­

guarda, perciò, soltanto obblighi di fare;

per contro, il motivo della dilazione non sussiste per quanto concerne l'obbligo di

(5)

cui all'art. 9 della direttiva, obbligo nega­

tivo, che non necessita di alcuna dila­

zione, tanto più che le espressioni e i sim­

boli da usare sulle etichette sono già con­

templati, nell'ordinamento interno, dal D.M. 17 dicembre 1977 (Gazzetta uffi­

ciale, suppl. n. 30 del 31 gennaio 1978).

Inoltre, l'imputato nella causa principale denuncia «l'assurdità» di una situazione in cui «il produttore di uno Stato mem­

bro che ha già recepito la direttiva non possa esportare in un altro Stato membro il proprio prodotto etichettato secondo la direttiva stessa in quanto quello Stato non [vi] si è ancora conformato», il che costituisce, a suo avviso, «violazione dei principi fondamentali in tema di libera circolazione delle merci nell'ambito della Comunità».

Infine, l'imputato nella causa principale considera che, se la sua tesi non corri­

spondesse alla «retta interpretazione delle norme in esame, ci si troverebbe di fronte alla necessità di dover ritenere che il termine di due anni concesso per adem­

piere non è un termine per l'adempi­

mento, ma un termine prima della sca­

denza del quale non è possibile adem­

piere oppure prima della scadenza del quale è possibile proibire l'adempi­

mento».

B — Osservazioni del Consiglio

Nell'introduzione della propria memoria, il Consiglio insiste sulla peculiarità della tecnica legislativa molto spesso usata nelle direttive intese al ravvicinamento delle legislazioni, e soprattutto sull'impor­

tanza del termine entro il quale gli Stati membri devono conformarsi alle direttive stesse. Su questo punto, il Consiglio os­

serva che «è soltanto alla scadenza di tale termine che l'uniformità delle norme tecniche applicabili ai prodotti di cui trat­

tasi deve essere necessariamente garantita in tutto il mercato comune, in virtù della

direttiva».

Il Consiglio riassume in due questioni principali le cinque questioni formulate dal giudice proponente.

1°) «Condizioni in cui le direttive di cui trattasi possono produrre effetti di­

retti»

Su questo punto, il Consiglio ritiene che la giurisprudenza della Corte sia già ab­

bastanza chiara. Esso rileva unicamente una certa improprietà della terminologia usata nell'ordinanza di rinvio, in cui la Pretura di Milano parla di «applicabilità diretta», mentre, nella giurisprudenza della Corte è stata elaborata la nozione di «effetti diretti». Secondo il Consiglio, la Corte ha affermato unicamente che, in certi casi, «in cui l'obbligo imposto dalla direttiva allo Stato membro è perfetto,

vale a dire non è condizionato né so­

speso al decorso di un termine», i privati possono far valere l'efficacia diretta del­

l'atto.

Quanto alla natura degli obblighi di cui trattasi nella fattispecie," il Consiglio so­

stiene che l'obbligo di proibire che siano messi in commercio prodotti non rispon­

denti alle norme della direttiva è natural­

mente un obbligo di fare; lo stesso deve però dirsi dell'obbligo di consentire che vengano messi in commercio prodotti ri­

spondenti alle norme della direttiva, dato che, per adempierlo, lo Stato membro è tenuto a modificare il proprio diritto in­

terno.

2°) «Momento da cui tali effetti si pro­

durrebbero»

Il primo argomento svolto dal Consiglio per sostenere che non è evidente l'effica­

cia diretta degli atti in questione è quello secondo cui lo Stato membro dispone «di un margine discrezionale per lo meno quanto alla data in cui, entro i limiti del

(6)

termine impostogli, si conforma alla diret­

tiva».

Il Consiglio prosegue osservando che la Corte, anche qualora, in determinate cir­

costanze, riconosca efficacia diretta a certe disposizioni contenute in direttive,

«non potrebbe tuttavia riconoscere a dei privati il diritto di avvalersi di un obbligo imposto da una direttiva ad uno Stato membro,prima che la Commissione o gli

altri Stati membri siano abilitati ad avva­

lersene in virtù dell'art. 169 e dell'art.

170 del Trattato». Prima della scadenza del termine, l'inadempimento è impossi­

bile.

Infine, quanto agli argomenti svolti nella memoria difensiva depositata presso la Pretura di Milano (punti 2, 3, 4), il Con­

siglio non disconosce che la circostanza che le direttive in questione riguardano tutti gli Stati membri possa influire sull'in­

terpretazione che la Corte potrebbe es­

sere indotta a dare alle direttive stesse.

Non gli consta, tuttavia, che tale circo­

stanza sia stata finora considerata dalla Corte come un criterio per il riconosci­

mento di effetti diretti e, comunque sia, non vede come essa possa avere la conse­

guenza di rendere vano il termine con­

cesso allo Stato membro per conformarsi ad una data direttiva. Basandosi sulla giu­

risprudenza della Corte (sentenza 6 otto­

bre 1970, causa 9/10, Franz Grad, Racc.

1970, pag. 825), il Consiglio conclude

nel senso che «un divieto contenuto in un atto rivolto agli Stati membri produce effetti solo dal momento in cui il sistema comune dev'essere applicato nell'insieme del mercato comune, quando l'obiettivo perseguito sia di garantire l'applicazione di tale sistema comune». Ora, l'obiettivo cui tendono le due direttive in questione è per l'appunto quello di garantire tale applicazione, al più tardi allo scadere del

termine.

Il Consiglio sostiene che la questione for­

mulata sub e) dal giudice nazionale va ri­

solta negativamente, in quanto l'art. 9

della direttiva 728/77 non può avere effi­

cacia diretta prima della scadenza del ter­

mine stabilito all'art. 12 della stessa, e che «questa risposta si applica anche alla direttiva n. 173/73/CEE».

C — Osservazioni della Commissione

Dopo aver ricordato i fatti e constatato che la legge italiana n. 245 stabilisce re­

quisiti che sono, al tempo stesso, meno severi e più rigorosi di quelli fissati dalle due direttive, la Commissione prende in esame le cinque questioni formulate dal giudice a quo.

Prima questione

La Commissione sottolinea l'improprietà di linguaggio che si riscontra nell'ordi­

nanza di rinvio: l'espressione «diretta­

mente applicabile» non può essere usata con riferimento alle direttive, atti per i quali si può richiamare unicamente la no­

zione, elaborata dalla Corte, di «efficacia diretta». La Commissione ricorda i tre cri­

teri necessari per riconoscere l'efficacia diretta delle disposizioni di una direttiva:

— imposizione di un obbligo chiaro e preciso, — non subordinata a condizioni,

— senza alcun margine discrezionale per lo Stato membro. Esaminata, articolo per articolo, la direttiva 173/73/CEE, la Commissione «ritiene, … che gli artt. 2, 4, 5, 6 …, nonché l'art. 8 in relazione a dette disposizioni, sono dotati di effica­

cia diretta e possono quindi essere fatti valere davanti alla giurisdizione nazio­

nale competente».

Seconda questione

Alla luce della soluzione prospettata per la prima questione, risulta che «uno Stato membro non può disporre nella propria legislazione nazionale requisiti

(7)

più gravosi … [di] quelli previsti dalla di­

rettiva» e che tale divieto vale tanto per i prodotti posti direttamente in commercio sul mercato nazionale, quanto per i pro­

dotti importati. «Per questi ultimi, inol­

tre, è indubbio che l'imposizione di requi­

siti diversi da quelli contemplati dalle di­

rettive sarebbe una violazione del princi­

pio di libera circolazione delle merci, sta­

bilite dall'art. 30 del Trattato».

Terza questione

Alla Commissione sembra chiaro che l'art. 8 della legge italiana n. 245, il quale impone «in ogni caso» l'indicazione della presenza e della percentuale di toluolo, xilolo e benzolo, pone vincoli diversi da quelli contemplati dalla direttiva.

Quarta questione

La Commissione sostiene che le disposi­

zioni della legge italiana «costituiscono delle misure equivalenti a delle restrizioni quantitative alle importazioni, ai sensi dell'art. 30 del Trattato». Né ci si può ba­

sare sull'art. 36 per ammettere deroghe

ad un provvedimento di armonizzazione in un settore determinato. L'unica possibi­

lità consiste nel «ricorso, in via provviso­

ria e sotto il controllo della Commis­

sione, alla clausola di salvaguardia previ­

sta all'art. 9 della direttiva».

Quinta questione

La Commissione osserva anzitutto che agli artt. 3, 5, 6, 7 e 9 della direttiva 77/728/CEE deve riconoscersi «efficacia diretta». Per la soluzione del problema del termine, essa ritiene tuttavia oppor­

tuno determinare «il momento in cui na­

sce l'obbligo dello Stato membro, in virtù

di una direttiva». Prima della scadenza del termine di 24 mesi stabilito dall'art.

12 della direttiva non si può, infatti, con­

figurare un obbligo dello Stato membro.

Né può essere richiamato nella fattispe­

cie, come risulta dalla giurisprudenza della Corte (sentenza 9/70, Franz Grad, loc. cit.), l'art. 191 del Trattato.

La Commissione prosegue il suo ragiona­

mento, richiamando una regola generale di ermeneutica: «l'efficacia diretta di una direttiva è una situazione relativamente eccezionale», che non può essere oggetto d'interpretazione estensiva, e ciò trova conferma anche nell'art. 189 del Trat­

tato.

Opponendosi all'argomento svolto dalla difesa dell'imputato nella causa princi­

pale, secondo cui l'art. 9 imporrebbe un obbligo di non fare, la Commissione so­

stiene che detto articolo non fa che «rias­

sumere descrittivamente» la direttiva e va perciò considerato come una norma che impone un «obbligo positivo di adottare le necessarie disposizioni interne di ade­

guamento». Quest'obbligo nasce evidente­

mente solo alla scadenza del termine di 24 mesi.

Quanto alla considerazione fatta dal giu­

dice nazionale, il quale «si riferisce a un possibile legittimo affidamento del sin­

golo che si sia conformato, prima della scadenza del termine, alle disposizioni della direttiva», la Commissione non la ri­

tiene pertinente, in quanto l'obbligo non è imposto ai singoli, ma solo agli Stati.

Soltanto in caso di inadempimento dello Stato, i singoli possono vantare diritti nei confronti di quest'ultimo.

Secondo la Commissione, l'art. 30 non può trovare applicazione neppure nel caso dei prodotti importati: in tal caso, ci si trova di fronte ad un problema di suc­

cessione di due normative nazionali in

(8)

materia, con la conseguente necessità di determinare la data ultima in cui detta successione deve aver luogo. A parere della Commissione, la normativa ante­

riore dovrebbe restare valida «fino alla scadenza del termine concesso allo Stato

per modificare la sua legislazione».

Concludendo, la Commissione propone di risolvere nel seguente modo le que­

stioni formulate dalla Pretura di Milano:

«a) Gli artt. 2, 4, 5, 6 della direttiva del Consiglio 173/73, nonché l'art. 8 in relazione alle suddette disposizioni, sono provviste di efficacia diretta;

b) non è consentito disporre nella legi­

slazione nazionale vincoli e limiti più precisi e dettagliati, e comunque di­

versi, rispetto a quelli indicati nella direttiva suddetta; per i prodotti im­

portati da altri Stati membri detti vin­

coli costituirebbero inoltre un osta­

colo alla libera circolazione delle merci;

c) l'imposizione da parte della legisla­

zione di uno Stato membro di indi­

care sul recipiente di un solvente la

presenza di benzolo, toluolo, xilolo,

con la specificazione della percen­

tuale complessiva di essi e, separata­

mente del solo benzolo, è incompati­

bile con la direttiva citata;

d) il fine di assicurare una maggiore tu­

tela dell'incolumità fisica degli utiliz­

zatori dei prodotti in questione non permette agli Stati membri di im­

porre requisiti diversi da quelli previ­

sti dalla direttiva in questione;

e) gli artt. 3, 5, 6, 7 della direttiva del Consiglio 77/728, nonché l'art. 9 in relazione alle suddette disposizioni, sono provvisti di efficacia diretta:

tale efficacia si produce alla sca­

denza del termine indicato all'art.

12, vale a dire al 9. 11. 1979».

Ili — La fase orale del procedi­

mento

Il sig. Ratti, imputato nella causa princi­

pale (rappresentato dall'avv. De Falco), il Consiglio (rappresentato dal suo consi­

gliere giuridico sig. Fornassier) e la Com­

missione (rappresentata dal suo consi­

gliere giuridico sig. Alessi) hanno presen­

tato osservazioni orali nell'udienza del 25 gennaio 1979.

Ad una domanda della Corte, il sig. Ratti ha risposto che sarebbe praticamente im­

possibile esportare i prodotti SILVAM ap­

ponendo sugli imballaggi etichette con­

formi alla legge italiana.

L'avvocato generale ha presentato le sue conclusioni nell'udienza del 20 febbraio 1979.

In diritto

1 Con ordinanza 8 maggio 1978, pervenuta in cancelleria il 21 giugno succes­

sivo, la Pretura penale di Milano ha sottoposto a questa Corte, in forza del-

(9)

l'art. 177 del Trattato CEE, varie questioni pregiudiziali vertenti sull'interpre­

tazione di due direttive del Consiglio concernenti il ravvicinamento delle di­

sposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri rela­

tive, nel primo caso (direttiva 4 giugno 1973, n. 73/173/CEE, GU n. L 189, pag. 7), alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati

pericolosi (solventi) e, nel secondo caso (direttiva 7 novembre 1977,

77/728/CEE, GU n. L 303, pag. 23), alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura di pitture, vernici, inchiostri da stampa, adesivi ed affini;

2 le suddette questioni sono state sollevate nell'ambito di un procedimento pe­

nale a carico del responsabile di un'impresa produttrice di solventi e vernici,

imputato di contravvenzione a talune disposizioni della legge italiana 5 marzo 1963, n. 245 (GURI n. 77, del 21. 3. 1963, pag. 1451), le quali

impongono, ai fabbricanti di prodotti contenenti benzolo, toluolo e xilolo, l'obbligo di apporre sui contenitori di tali prodotti un'etichetta che indichi, oltre alla presenza di dette sostanze, la loro percentuale complessiva e, sepa­

ratamente, quella del solo benzolo;

3 all'epoca dei fatti, questa normativa avrebbe dovuto esser stata adeguata, per quanto riguarda i solventi, a quanto disposto dalla direttiva 4 giugno 1973, n.

73/173, cui gli Stati membri dovevano dare attuazione nell'ordinamento in­

terno al più tardi entro l'8 dicembre 1974, obbligo che non era stato adem­

piuto dal Governo italiano;

4 l'adeguamento avrebbe dovuto avere l'effetto di abrogare la disposizione legi­

slativa italiana della cui violazione si fa carico all'imputato nella causa princi­

pale ed avrebbe conseguentemente modificato i presupposti per l'irrogazione delle sanzioni penali stabilite dalla legge in questione;

5 quanto all'imballaggio e all'etichettatura delle vernici, il Consiglio aveva ema­

nato, all'epoca dei fatti controversi, la direttiva 7 novembre 1977, n. 77/728, ma, a norma dell'art. 12 di questo testo, gli Stati membri dispongono di un termine che verrà a scadere solo il 9 novembre 1979 per adottare le disposi­

zioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarvisi;

6 anche in questo caso, l'introduzione nell'ordinamento interno italiano delle disposizioni della direttiva avrà necessariamente l'effetto di abrogare le dispo­

sizioni legislative italiane sulla cui inosservanza si fonda il procedimento pen­

dente a carico dell'imputato;

(10)

7 sia nel caso dei solventi, sia in quello delle vernici di produzione della sua impresa, questi si è conformato, per quanto riguarda l'imballaggio e l'etichet­

tatura, da un lato, alle disposizioni della direttiva n. 73/173 (solventi) che il Governo italiano aveva omesso di recepire nell'ordinamento interno e, dall'al­

tro, alle disposizioni della direttiva n. 77/728 (vernici), cui gli Stati membri

dovranno aver dato attuazione entro il 9 novembre 1979;

8 la soluzione delle questioni sottoposte a questa Corte, le prime quattro delle quali riguardano la direttiva n. 73/173 e la quinta la direttiva n. 77/728, deve consentire al giudice nazionale di stabilire se le sanzioni penali comminate dalla legge italiana n. 245 per il caso di trasgressione delle sue disposizioni possano essere applicate nella fattispecie.

A — Sull'interpretazione della direttiva n. 73/173

9 Questa direttiva è stata adottata in forza dell'art. 100 del Trattato, nonché della direttiva del Consiglio 27 giugno 1967 (GU n. 196, del 16. 8. 1967, pag.

1), modificata con la direttiva 21 maggio 1973 (GU n. L 167, del 25. 6. 1973, pag. 1), relative alle sostanze pericolose, al fine di garantire il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati mem­

bri in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura dei preparati

pericolosi (solventi);

10 la sua adozione è apparsa necessaria in quanto le sostanze e i preparati peri­

colosi costituiscono oggetto, nei vari Stati membri, di normative che presen­

tano notevoli differenze, soprattutto relativamente all'etichettatura, all'imbal­

laggio e alla classificazione secondo il grado di pericolosità dei suddetti pro­

dotti;

11 tali divergenze costituivano un ostacolo per gli scambi e per la libera circola­

zione dei prodotti ed avevano diretta incidenza sull'instaurazione e sul fun­

zionamento del mercato comune dei preparati pericolosi come i solventi, pro­

dotti frequentemente usati tanto nelle attività industriali, agricole ed artigia­

nali quanto nel governo della casa;

12 per giungere all'eliminazione di tali divergenze, la direttiva contiene un certo numero di disposizioni riguardanti espressamente la classificazione, l'imbal­

laggio, l'etichettatura dei prodotti in questione (art. 2, nn. 1, 2 e 3, artt. 4, 5

e 6);

(11)

13 quanto all'art. 8, specialmente preso in considerazione dal giudice nazionale e secondo cui gli Stati membri non possono vietare, limitare o ostacolare, per motivi di classificazione, d'imballaggio o di etichettatura, il commercio dei preparati pericolosi che soddisfino le condizioni poste dalla direttiva, esso

non ha valore autonomo, non essendo altro che il necessario complemento

delle disposizioni sostanziali contenute negli articoli sopra richiamati, quanto alla libera circolazione dei prodotti di cui trattasi.

14 Gli Stati membri dovevano dare attuazione alla direttiva n. 73/173, secondo l'art. 11 della stessa, entro un termine di 18 mesi a decorrere dalla sua noti­

fica;

15 la notifica è stata fatta a tutti gli Stati membri l'8 giugno 1973;

16 il termine di 18 mesi è venuto a scadere l'8 dicembre 1974 e, al momento dei fatti di cui è causa, le disposizioni della direttiva non erano state recepite nell'ordinamento interno italiano;

17 stando così le cose, il giudice nazionale, constatando un «evidente contrasto

tra la normativa comunitaria e il diritto interno italiano», si è chiesto «quale

dei due debba avere, per il caso di specie, la prevalenza» ed ha sottoposto a questa Corte una prima questione del seguente tenore:

«Se la direttiva del Consiglio delle Comunità europee n. 173/73 del 4 giugno 1973, ed in particolare l'art. 8 della medesima, rappresenti una norma diretta­

mente applicabile con l'attribuzione ai singoli di diritti soggettivi tutelabili dinanzi ai giudici nazionali».

18 Detta questione solleva il problema generale della natura giuridica delle di­

sposizioni di una direttiva adottata in forza dell'art. 189 del Trattato;

19 in proposito questa Corte ha già affermato, in una costante giurisprudenza, e

da ultimo nella sentenza 1° febbraio 1977 (causa 51/76, Nederlandse Onder­

nemingen, Racc. pag. 126), che «se è vero che i regolamenti, in forza dell'art.

189, sono direttamente applicabili e quindi atti, per natura, a produrre effetti

diretti, da ciò non si può inferire che le altre categorie di atti contemplate dal

suddetto articolo non possano mai produrre effetti analoghi»;

(12)

20 sarebbe incompatibile con l'efficacia vincolante che l'art. 189 riconosce alla direttiva l'escludere, in linea di principio, che l'obbligo da essa imposto possa esser fatto valere dalle persone interessate;

21 particolarmente nei casi in cui le autorità comunitarie abbiano, mediante di­

rettiva, imposto agli Stati membri di adottare un determinato comporta­

mento, l'effetto utile dell'atto sarebbe attenuto se agli amministrati fosse pre­

cluso di valersene in giudizio ed ai giudici nazionali di prenderlo in conside­

razione in quanto elemento del diritto comunitario;

22 di conseguenza lo Stato membro che non abbia adottato, entro i termini, i provvedimenti d'attuazione imposti dalla direttiva non può opporre ai singoli l'inadempimento, da parte sua, degli obblighi derivanti dalla direttiva stessa;

23 ne consegue che il giudice nazionale cui il singolo amministrato che si sia conformato alle disposizioni di una direttiva chieda di disapplicare una norma interna incomptibile con detta direttiva non recepita nell'ordinamento interno dello Stato inadempiente deve accogliere tale richiesta, se l'obbligo di cui trattasi è incondizionato e sufficientemente preciso;

24 la prima questione va quindi risolta nel senso che, dopo la scadenza del ter­

mine stabilito per l'attuazione di una direttiva, gli Stati membri non possono

applicare la propria normativa nazionale non ancora adeguata a quest'ultima

— neppure se vengano contemplate sanzioni penali — a chi si sia confor­

mato alle disposizioni della direttiva stessa.

25 Con la seconda questione, il giudice nazionale chiede in sostanza se lo Stato destinatario della direttiva sui solventi, dando attuazione alle disposizioni di questa nel proprio ordinamento interno, possa stabilire «vincoli e limiti più precisi e dettagliati, o comunque diversi», in particolare imponendo l'obbligo di apporre sui contenitori indicazioni non richieste dalla direttiva.

26 Dal combinato disposto degli artt. 3 e 8 della diretta n. 73/173 risulta che possono esser messi in commercio soltanto solventi conformi «alle disposi­

zioni della presente direttiva e del suo allegato» e che gli Stati membri non hanno la facoltà di mantenere in vigore, parallelamente alla disciplina contem­

plata dalla suddetta direttiva per le importazioni, una disciplina diversa per il

mercato interno;

(13)

27 perciò, dal sistema della direttiva n. 73/173 si desume che gli Stati membri non possono stabilire, nella propria legislazione nazionale, per quanto ri­

guarda la classificazione, l'imballaggio e l'etichettatura dei solventi, condi­

zioni più restrittive, né più precise di quelle della direttiva di cui trattasi, o comunque da queste diverse, e che tale divieto d'imporre restrizioni non con­

template dalla direttiva si applica tanto ai prodotti posti direttamente in com­

mercio sul mercato nazionale quanto ai prodotti importati;

28 è in tal senso che va risolta la seconda questione formulata dal giudice propo­

nente.

29 Con la terza questione, il giudice nazionale chiede se l'obbligo di indicare, sul recipiente posto in vendita, la presenza di benzolo, toluolo e xilolo nel solvente, con la specificazione della percentuale complessiva di tali sostanze e, separatamente, di quella del solo benzolo, obbligo imposto dall'art. 8 della legge 5 marzo 1963, n. 245, possa rivelarsi incompatibile con la direttiva di

cui trattasi.

30 L'art. 8 della legge italiana 5 marzo 1963, n. 245 impone l'obbligo, «quando [i] solventi … contengano benzolo, toluolo o xilolo, di apporre sui recipienti posti in vendita una etichetta, la quale indichi la presenza di dette sostanze nel solvente …, la percentuale complessiva di esse e, separatamente, la per­

centuale del benzolo .:.»

31 D'altra parte, l'art. 5 della direttiva n. 73/173 impone, in tutti i casi, l'indica­

zione sull'imballaggio — in modo leggibile e indelebile — della presenza di

sostanze considerate tossiche ai sensi dell'art. 2, come il benzolo, nonché l'indicazione, ma solo in determinati casi, delle sostanze considerate nocive, come il toluolo e lo xilolo in concentrazione superiore al 5 %;

32 non è invece prescritta alcuna indicazione per quanto riguarda la percen­

tuale, separata o complessiva, di dette sostanze;

33 la questione formulata dal giudice nazionale va quindi risolta dichiarando che la direttiva n. 73/173 deve interpretarsi nel senso ch'essa non consente che disposizioni nazionali impongano l'indicazione, sui contenitori, della pre­

senza di componenti dei prodotti in questione in termini che vadano oltre

quelli stabiliti dalla direttiva di cui trattasi.

(14)

34 La quarta questione è redatta nei seguenti termini:

«Se le disposizioni nazionali richiamate, applicabili indistintamente a tutti i prodotti presenti sul mercato interno rappresentino comunque un ostacolo, un divieto o un limitazione allo scambio ed alla libera circolazione degli stessi, anche se dettate al fine di assicurare una maggiore tutela per la incolu­

mità fisica degli utilizzatori dei prodotti in questione»;

35 essa si riferisce all'art. 36 del Trattato, che ammette deroghe al principio della libera circolazione delle merci, in quanto esse siano giustificate da mo­

tivi di pubblica sicurezza o di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali.

36 Allorché, in applicazione dell'art. 100 del Trattato, direttive comunitarie di­

spongono l'armonizzazione dei provvedimenti necessari per garantire la tu­

tela della salute animale ed umana e approntano procedure comunitarie di controllo della loro osservanza, il ricorso all'art. 36 perde la sua giustifica­

zione e i controlli appropriati vanno allora effettuati ed i provvedimenti di

tutela adottati secondo lo schema tracciato dalla direttiva d'armonizzazione.

37 La direttiva n. 73/173 ha stabilito che, se uno Stato membro constata che un

preparato pericoloso, quantunque conforme alle disposizioni della direttiva stessa, può mettere in pericolo la sicurezza o la salute, detto Stato potrà applicare, in via provvisoria e sotto il controllo della Commissione, la clau­

sola di salvaguardia di cui all'art. 9 della direttiva, secondo il procedimento e

nelle forme di cui allo stesso articolo.

38 ne consegue che le disposizioni nazionali che vanno oltre quelle contenute nella direttiva n. 73/173 sono compatibili col diritto comunitario soltanto qualora siano state adottate secondo il procedimento e nelle forme di cui

all'art. 9 della suddetta direttiva.

B — Sull'interpretazione della direttiva n. 77/728

39 Con la quinta questione, il giudice nazionale chiede «se la direttiva del Consi­

glio delle Comunità europee n. 728/77 del 7 novembre 1977, ed in partico­

lare l'art. 9 di essa, sia immediatamente e direttamente applicabile, in riferi-

(15)

mento agli obblighi negativi imposti fin dalla data di notifica della direttiva medesima agli Stati membri ed alla ipotesi che il singolo, fondandosi su un legittimo affidamento, si sia conformato alle disposizioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento previsto per lo Stato mem­

bro».

40 Questa direttiva ha oggetto analogo a quello della direttiva n. 73/173, in quanto contempla una disciplina simile a quella dei solventi per i preparati che contengono sostanze pericolose destinati ad essere usati sotto forma di pitture, vernici, inchiostri da stampa, adesivi e affini.

41 A norma del suo art. 12, gli Stati membri devono darle attuazione entro un

termine di 24 mesi a decorrere dalla notifica, che è stata fatta il 9 novembre 1977;

42 detto termine, quindi, non è ancora scaduto e gli Stati destinatari dispon­

gono di un periodo di tempo che va fino al 9 novembre 1979 per recepire le disposizioni della direttiva n. 77/728 nel proprio ordinamento interno;

43 ne consegue che, per le ragioni esposte nel motivare la soluzione data alla prima questione del giudice nazionale, soltanto alla scadenza del periodo sta­

bilito e in caso d'inadempimento da parte dello Stato membro la direttiva — in particolare in suo art. 9 — potrà produrre gli effetti indicati relativamente alla prima questione;

44 fino a quel momento, gli Stati membri restano liberi nel disciplinare la mate­

ria;

45 qualora uno Stato membro abbia introdotto le disposizioni di una direttiva nel proprio ordinamento interno prima della fine del periodo stabilito dalla direttiva stessa, tale circostanza non può produrre effetti nei confronti di altri

Stati membri.

46 Infine, poiché le direttive, per natura, impongono obblighi soltanto agli Stati membri, il singolo non può far valere il principio del «legittimo affidamento»

prima della scadenza del termine stabilito per la loro attuazione;

(16)

47 la quinta questione va quindi risolta nel senso che la direttiva del Consiglio delle Comunità europee 7 novembre 1977, n. 77/728, in particolare l'art. 9, non può produrre, nei confronti del singolo che si sia conformato alle disposi­

zioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento impartito allo Stato membro, alcun effetto che possa essere preso in conside­

razione dai giudici nazionali.

Sulle spese

48 Le spese sostenute dal Consiglio e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione;

49 nei confronti dell'imputato nella causa principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunziandosi sulle questioni sottopostele dalla Pretura penale di Milano con ordinanza 8 maggio 1978, dichiara:

1° Dopo la scadenza del termine stabilito per l'attuazione di una diret­

tiva, gli Stati membri non possono applicare la propria normativa na­

zionale non ancora adeguata a quest'ultima — neppure se vengano contemplate sanzioni penali — a chi si sia conformato alle disposi­

zioni della direttiva stessa.

2° Dal sistema della direttiva n.

73/173

si desume che gli Stati membri non possono stabilire, nella propria legislazione nazionale, per quanto

riguarda la classificazione, l'imballaggio e l'etichettatura dei solventi, condizioni più restrittive, né più precise di quelle della direttiva di cui trattasi, o comunque da queste diverse, e che tale divieto d'imporre restrizioni non contemplate dalla direttiva si applica tanto ai prodotti posti direttamente in commercio sul mercato nazionale quanto ai pro­

dotti importati.

1646

(17)

3° La direttiva n. 73/173 deve interpretarsi nel senso ch'essa non con­

sente che disposizioni nazionali impongano l'indicazione, sui conteni­

tori, della presenza di componenti dei prodotti di questione in ter­

mine che vadano oltre quelli stabiliti dalla direttiva di cui trattasi.

4° Le disposizioni nazionali che vanno oltre quelle contenute nella diret­

tiva n. 73/173 sono compatibili col diritto comunitario soltanto qua­

lora siano state adottate secondo il procedimento e nelle forme di cui

all'art. 9 della suddetta direttiva.

5° La direttiva del Consiglio delle Comunità europee 7 novembre 1977, n. 77/728, in particolare l'art. 9, non può produrre, nei confronti del singolo che si sia conformato alle disposizioni della direttiva stessa prima della scadenza del termine di adeguamento impartito allo Stato membro, alcun effetto che possa essere preso in considerazione dai

giudici nazionali.

Mertens de Wilmars Mackenzie Stuart Pescatore

Sørensen O'Keeffe Bosco Touffait

Così deciso e pronunziato a Lussemburgo, il 5 aprile 1979.

Il cancelliere A. Van Houtte

Per il presidente,

J. Mertens de Wilmars

Presidente della Prima Sezione

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE GERHARD REISCHL

DEL 20 FEBBRAIO 1979<appnote>1</appnote>

Signor Presidente, signori Giudici,

la domanda di pronunzia pregiudiziale sulla quale devo oggi esprimere il mio pa­

rere verte su due direttive del Consiglio intese all'eliminazione degli ostacoli deri­

vanti, per gli scambi intracomunitari, dalla diversità di certe norme tecniche na­

zionali. Si tratta della direttiva 4 giugno

1 — Traduzioni dal tedesco.

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