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LA PIANIFICAZIONE FORESTALEAI DIVERSI LIVELLI IN ITALIA

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– I.F.M. n. 2 anno 2008

SEBASTIANO CULLOTTA (*) - FEDERICO MAETZKE (*)

LA PIANIFICAZIONE FORESTALE AI DIVERSI LIVELLI IN ITALIA Parte II: La pianificazione territoriale e aziendale

Il lavoro prende in esame lo stato attuale della pianificazione forestale in Italia ai diversi livelli. Prendendo spunto dalle normative introdotte dalla Unione Europea, vengo- no esaminati gli strumenti a livello nazionale, regionale, sovraziendale e aziendale nonché i principali momenti della loro attuazione nelle diverse realtà. Si pone l’attenzione anche sulla necessità di piani a livello territoriale e sull’opportunità di adottare, per il livello azien- dale, uno strumento, il piano di gestione, che prenda in considerazione aspetti e valori d’uso della risorsa per un approccio volto all’applicazione della selvicoltura sistemica.

In questa II parte sono evidenziate le problematiche locali e il complesso degli stru- menti di pianificazione esistenti a livello territoriale ed aziendale, con il quadro attuale tra le realtà locali diverse.

Parole chiave: Gestione Forestale; Normativa Forestale; Piano Territoriale; Piani Aziendali;

Piani di Gestione; Piano di Assestamento Forestale.

Key words: Forest Management; Forest Laws; Territorial Forest Plan; Local Forest Plan;

Forest Management Plan.

1. P IANI F ORESTALI DI I NDIRIZZO T ERRITORIALE

Il Piano Forestale di Indirizzo Territoriale, indicato anche come Piano Forestale Territoriale (IPLA, 2004; B OVIO et al., 2004) riguarda quindi il livel- lo intermedio della pianificazione regionale, con lo scopo di redigere, per ambiti forestali sub-regionali omogenei, indirizzi e linee guida gestionali per la pianificazione delle risorse forestali in senso lato, sempre all’interno della concezione multifunzionale di tali beni. La GFS (gestione forestale sostenibi- le) e tutti gli sviluppi ed i dibattiti internazionali interessati (MCPFE, Forest Action Plan, ecc.), rappresentano la direzione principale su cui andare a rife- rire gli indirizzi forestali dell’ambito territoriale di analisi.

(*) Dipartimento di Colture Arboree, Università degli Studi di Palermo, viale delle Scienze 11,

90128 Palermo, Tel. 0917049024, Fax 0917049025, e-mail: cullotta@unipa.it

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ITALIA FORESTALE E MONTANA

Per comprenderne a pieno la valenza di interesse di un PFIT, è interes- sante la denominazione estesa proposta dall’IPLA (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente) (2004): Piano per la valorizzazione polifunzionale del patrimonio forestale e pastorale. Il PFIT è quindi uno strumento che, seppure focalizzato sull’oggetto sistema bosco, valorizza ed esamina anche le aree pre- forestali, i pascoli, gli ambienti naturali più importanti e strettamente legati al bosco; con livelli di approfondimento variabili a seconda del contesto territo- riale in cui si colloca.

L’importanza focale della pianificazione territoriale risiede nello stimola- re le amministrazioni locali di un dato territorio forestale individuato a creare una piattaforma di coesione rispetto ad un bene, la risorsa forestale, altrimen- ti visto e gestito in maniera assolutamente frammentato e indipendente da una univoca ed indispensabile strategia ambientale territoriale. Tutto ciò è possibile soltanto sotto una forte azione di partenariato di tutte le comunità che insistono su di un territorio.

Dal punto di vista legislativo e metodologico, questo livello di pianifica- zione territoriale/comprensoriale non ha ancora un quadro univoco e ben definito. Tra gli altri problemi, a livello di pianificazione territoriale, appare ancora un po’ confuso il concetto di «Ambito Territoriale» (o «Distretto»), delimitazione e vastità del territorio oggetto della pianificazione, soprattutto da un confronto tra il settore forestali e gli altri aspetti della pianificazione ter- ritoriale (ad esempio si confronti con la Pianificazione Paesaggistica Regiona- le – e.g. AA.VV., 1986) (cfr. Tab. 1).

Attualmente, a livello nazionale si è in fase di dibattito aperto, ed il Pro- getto di ricerca nazionale denominato RI.SELV.ITALIA (Programma comu- ne di Ricerca sulla Selvicoltura in Italia - Progetto finanziato dal Mi.P.A.F.) (B IANCHI , 2004), facendo proprie anche le esperienze definite a livello regio- nale in Piemonte, rappresenta uno dei momenti più attuali. In particolare, una delle diverse azioni di tale progetto (Sottoprogetto 4.2. - Sistema informa- tivo geografico di supporto per la gestione forestale, ha l’obiettivo fondamenta- le di sistematizzare e standardizzare le procedure per la pianificazione fore- stale a livello nazionale tramite la messa a punto di un sistema univoco per la raccolta ed elaborazione dei dati elementari al fine di avere informazioni con- frontabili nel tempo e nello spazio) (B IANCHI et al., 2006a e 2006b). Tale linea è volta a definire gli obiettivi e gli strumenti d’indagine che devono fondersi in un piano forestale di indirizzo territoriale, tramite un processo partecipati- vo importante e variegato, in cui si ha il coinvolgimento di tutti i soggetti ed attori interessati alla gestione del territorio.

B OVIO et al. (2004) identificano le seguenti fasi logiche per la realizzazio- ne delle corrispettive parti di un PFIT:

– acquisizione della visione concettuale di insieme del territorio entro il

quale comprendere il bosco;

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– inventari, indagini settoriali, zonizzazione del territorio (e.g. tipologie forestali);

– analisi multifunzionale delle coperture forestali;

– compartimentazione gestionale;

– linee guida di gestione forestale;

– previsione piano degli interventi.

Più articolata e dettagliata risulta la struttura di un PFIT proposta per la Regione Piemonte da IPLA (2004), le cui fasi costruttive (indagini cono- scitive, elaborazioni ed elaborati) sono direttamente relazionate a banche dati di un Sistema Informativo Forestale. In particolare viene evidenziata l’ampia valenza d’indagine della fase conoscitiva, analizzando aspetti fore- stali (inventario), patrimoniali, attività pastorali, sistemi di terre, dissesto, viabilità forestale, altri indagini settoriali (fauna, incendi, aspetti socio-eco- nomici e storici).

Nell’ultimo quindicennio è stata avvertita la necessità di una pianifica- zione forestale di questo livello, concretizzatasi con diverse spinte che è possibile osservare a livello regionale.

Al momento, infatti, la legislazione regionale in materia risulta molto articolata, poiché è il risultato delle tradizioni forestali di ogni regione, della sensibilità dei vari Consigli regionali in materia forestale, del diverso grado di autonomia legislativa e di altri fattori socio-economici tipici di ogni regione italiana. Il quadro di seguito riportato sintetizza i più importanti riferimenti legislativi attualmente presenti nelle diverse regioni in cui si sta sperimentando una pianificazione di livello territoriale, ed i relativi stru- menti di pianificazione forestale definiti (Tab. 1).

Ad oggi, la Regione Piemonte è l’unica regione italiana ad avere redat- to i PFIT per l’intero territorio regionale, suddividendolo in 47 unità omo- genee di territorio forestale, chiamate «Aree Forestali», utilizzando le norme tecniche elaborate dall’IPLA (2004).

Sulla stessa scia concettuale, molto recentemente la Regione Sardegna con la stesura del PFR (denominato «Piano Forestale Ambientale Regiona- le» – ha diviso l’intero territorio dell’isola in 25 «Distretti», quali aree terri- toriali omogenee su cui sviluppare i Piani Forestali Territoriali di Distretto (PFTD) allargando tra l’altro anche la valenza e l’importanza del settore forestale all’interno delle più ampie politiche ambientali, in forte sintonia con i processi internazionali) (R EGIONE A UTONOMA S ARDEGNA , 2007).

Dal lato opposto diverse regioni italiane non hanno ancora affrontato

il problema della pianificazione forestale a scala territoriale, altre lo hanno

appena iniziato. E’ il caso, ad esempio, della Regione Sicilia che ha attivato

molto recentemente degli studi sui principali e fondamentali punti tematici

del settore forestale, attualmente in corso (Progetto Assistenza Tecnica al

Dipartimento Foreste della Regione Siciliana per la definizione del Piano

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Tabella 1

– Quadro sulle norme di pianificazione forestale sub-regionale e territoriale nelle diverse regioni italiane in cui si sta sper imentando una pianificazione di livello territoriale. –

Regulatory reference frame of subregional/local forest management plan among Italian regions.

Regione Legislazione vigente Definizione e tipi di strumenti PFIT realizzati Note a livello sub-regionale e PFIT pilota Basilicata L.R. n.42/98 Piani di Assestamento Forestale P FIT «C.M. Collina L.R. n.11/04 Materana» in corso D.G.R. n. 2514/02 di realizzazione (*) Emilia-Romagna L.R. n.30/81 Piani di Assestamento Forestale diversi PFIT pilota Nessuna norma specifica emanata L.R. n.182/95 Piani di Coltura e Conservazione finanziati (*) sui PFIT . T u ttavia il nuovo L.R. n.353/00 PFR 2007-2013 (Nov . 2006) cita espressamente la necessità di realizzare dei «

Piani Forestali Territoriali d’Area vasta

». Lombardia L.R. n. 8/76 Piani di Assestamento Forestale. In fase di realizzazione L.R. n. 11/98 Piani generali di Indirizzo Forestale numerosi PFIT (

*)

L.R. n. 7/00 L.R. n. 27/04 Molise L.R. n. 15/03 Piani di Assestamento Forestale 2 PFIT : D.G.R. n. 1220/04 CM «Alto Molise» (2005) D.G.R. n. 57/05 CM «T rigno e medio Biferno» (2006) (*) Piemonte L.R. n. 63/78 Piani Forestali T erritoriali In tutto il territorio regionale L.R. n. 7/90 Piani di Assestamento Forestale L.R. 404/07 in corso di approvazione

(Segue)

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Segue Tabella 1

Regione Legislazione vigente Definizione e tipi di strumenti PFIT realizzati Note a livello sub-regionale e PFIT pilota Sardegna L.R. n.24/99 Piani di Assestamento Forestale Comune di Seneghe (*) Nessuna norma specifica emanata L.R. n.21/00 Piani di Gestione sui PFIT . T u ttavia il nuovo D.G.R. n.13-51/03 Piani di Coltura e Conservazione PFR (Gen. 2007) cita Decreto CFV A n.24/06 Piani di Rimboschimento espressamente la necessità di Determ. CFV A n.24/06 realizzare dei «

Piani Forestali Territoriali di Distretto

». Sicilia L.R. n. 16/96 Piani di Gestione Forestale sostenibile 2 PFIT pilota finanziati ed in fase di L.R. n. 14/06 (Piani di Assestamento Forestale) realizzazione (1- versante Nord-Occ. Dell’Etna; 2- R.N.O. «Monti di Palazzo Adriano e V alle del Sosio» T rentino-Alto Adige L.P . n. 48/78 Piani Forestali T erritoriali Montani P FIT Altopiano di Piné (*) L.P . n. 12/04 Piani di gestione Aziendale e Piani di intervento nei settori delle Foreste, della Conservazione della Natura e della Sistemazione dei Bacini Montani Umbria LR n. 28/01 Programmazione e pianificazione PFIT Comprensorio «Lago T rasimeno» (

*)

forestale a livello comprensoriale (*) Informazioni desunte da: Ferretti F .(2005). Ri.Selv .Italia. Sottoprogetto 4.2. - Sistemi informativi di supporto alla gestio ne forestale. Rapporto interno. C.R.A. - I.S.S. Firenze.

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Forestale Regionale) e che si concluderanno nel 2008, fra i quali la realizza- zione di due Piani Sovraziendali (rappresentativi di contesti territoriali molto diversi tra loro), al fine della definizione degli indirizzi e la stesura delle indicazioni per la redazione di tali strumenti (C ULLOTTA e M AETZKE , in stampa). Nella stessa fase di sperimentazione si trovano altre regioni quali Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia, Molise, Sardegna, Trentino- Alto Adige e Umbria (Tab. 1).

2. L A PIANIFICAZIONE FORESTALE AZIENDALE

Come già riportato, si tratta del livello gestionale che porta alla diretta applicazione pratica delle tecniche selvicolturali e gestionali a livello specifi- co del soprassuolo forestale (vedi Tab. 1, I Parte – C ULLOTTA e M AETZKE , 2008). I diversi strumenti di questo livello della pianificazione, generica- mente denominabili come Piani Forestali Aziendali, sono rappresentati dal Piano di Gestione Forestale, dal Piano di Assestamento Forestale, dal Piano di Riassetto Forestale e Piano di Riordino Forestale, o con indirizzi più specifici dal Piano Colturale Forestale e dal Piano o Progetto dei Tagli.

Anche nel caso della pianificazione di livello aziendale il quadro nazio- nale risulta particolarmente articolato e diversificato tra le varie regioni.

Ad esempio, la gestione operativa tramite l’assestamento è diffusa in diverse regioni dell’Italia Settentrionale di più lunga tradizione forestale come Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna ecc. (B OVIO , 1999; D EL F AVERO et al., 1999). Quest’ultima dal 1988 al 2004 ha finanziato e istruito 122 pratiche di piani di assestamen- to - comprensive di 8 piani sperimentali condotti sulle foreste demaniali regionali (R EGIONE E MILIA -R OMAGNA , 2004). Al 2004, 25 di questi piani avevano oltrepassato il periodo di validità (10 anni) e 18 di essi erano ogget- to di revisione; infine due piani, la cui revisione era stata approvata, aveva- no già sostituito il corrispondente primo impianto.

Altro esempio significativo è quello della regione Friuli-Venezia Giulia,

in cui la pianificazione forestale ha avuto inizio già a seguito dell’emanazio-

ne della legge del 1923, con le aree forestali del Cansiglio e di Tarvisio già

oggetto di pianificazione dalla fine del 1800. I primi piani delle proprietà

comunali, compilati a partire dal 1925, sono giunti oggi addirittura alla

sesta revisione (D EL F AVERO , 2000). A seguito poi di una visione multifun-

zionale delle risorse forestali e di una sempre più radicata applicazione

della selvicoltura naturalistica, nell’ultimo ventennio questa regione ha ulte-

riormente spinto verso un’intensa attività di pianificazione forestale, con

ben 98 piani di assestamento realizzati che vedono la quasi totalità della

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proprietà pubblica regionale assestata (dati riferiti all’anno 2000 – D EL

F AVERO , 2000). Diverse sono le tipologie di strumenti di pianificazione fore- stale aziendale definiti dalla Regione Friuli: i Piani Integrati Particolareggiati (S OLARI et al., 2000) e i Piani di Assestamento, oggi in un ottica moderna denominati Progetti di riqualificazione forestale e ambientale (dove oltre agli aspetti socio-economici legati alle utilizzazioni classiche si sommano quelli ambientali in senso lato).

Viceversa, l’assestamento forestale in Sicilia ha avuto poche e limitate applicazioni, nonostante sia stato recepito da tempo dalla legislazione regio- nale (LR 11/89, LR 16/96, per le aree protette LR 98/81 e LR 14/88): si contano solo tre piani economici redatti per i boschi dell’isola, peraltro datati e mai applicati o aggiornati alla loro scadenza: Bosco della Bellia (EN), Pineta di Linguaglossa (CT), Eucalitteti di Montagna di Ganzaria (EN). Ciò a causa della scarsa disponibilità di fondi e di inadeguata divul- gazione degli incentivi e soprattutto dell’utilità dello strumento in ambito privato e comunale, della difficoltà di redigere piani efficaci e gestire l’am- pio e diversificato patrimonio forestale (oltre 170.000 ettari coperti) da parte dell’Azienda Regionale delle Foreste Demaniali (ARFD) (la Sicilia è un esempio significativo: è la regione italiana con la più vasta superficie demaniale, direttamente gestita e di proprietà dell’ARFD, in cui ricadono circa 168.000 Ha di aree boscate – il 60% del totale dell’isola). A livello regionale si dispone oggi di una cartografia tematica che evidenzia tipologie forestali e grado di copertura, nonché di linee guida sperimentali particola- reggiate per alcuni complessi di rilevante importanza.

In assenza di adeguati strumenti di incentivazione, dati gli scarsi reddi- ti dell’attività selvicolturale in molte delle regioni italiane, questa realtà così diversificata sarebbe destinata a protrarsi. Tuttavia, le recenti disposizioni del Forest Action Plan arricchiscono gli strumenti comunitari di specifiche azioni volte a sostenere sia la divulgazione e le consulenze tecniche sia la redazione di piani forestali.

Per ridurre i costi, specie nei casi di limitate superfici, è di elevato inte- resse la possibilità di stimolare la gestione associata delle risorse forestali, favorendo, ad esempio, in sede di erogazione di contributi, i piani che si riferi- scono a un insieme sufficientemente ampio di proprietà forestali, incentivano le aggregazioni forestali quali strutture operative sul territorio: Consorzi Forestali, Proprietà collettive, Associazioni, Aree Forestali di un determinato comune, ecc. (e.g. in questa logica si inseriscono i Piani di riordino forestale e i Piani Integrati Particolareggiati - D EL F AVERO et al., 1988; S OLARI et al., 2000).

Ciò comporta la ricomposizione fondiaria di proprietà disperse e frammenta-

te che gli stessi professionisti potrebbero effettuare divenendo soggetti pro-

motori nei confronti dei piccoli proprietari, i quali sono spesso disinteressati

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alla gestione dei propri boschi (Fig. 1). Problematica questa importante ed attuale, come anche espressamente evidenziato dal recente documento sul

«Piano d’azione dell’UE per le foreste (Forest Action Plan: Azione «Migliora- re la competitività a lungo termine» – sottoazione «Promuovere la coopera- zione tra proprietari di boschi e potenziare l’istruzione e la formazione nel campo forestale») (C OMMISSIONE C OMUNITÀ E UROPEE , 2006).

In questo caso appare particolarmente utile la pianificazione sovrazien- dale, di livello comprensoriale, per inquadrare i problemi gestionali e pro- porre soluzioni su ampia scala.

Figura 1 – Mosaico paesaggistico caratterizzato da elevata presenza di proprietà forestali frammentate

(Provincia di Urbino) in cui l’incentivazione verso una pianificazione forestale aggregata rappresenta un passo fondamentale (Immagine Google Earth 2007).

– Landscape mosaic with a widespread fragmentation of forest property: as first the merging of

properties should be promoted for the effectiveness of forest management practices.

2.1 Il Piano di Gestione Forestale

La necessità di uno strumento pianificatorio più articolato, flessibile e

aperto del piano di assestamento è sentita da tempo, lo dimostra il fatto che

numerose regioni hanno adottato strumenti analoghi, variamente diversifi-

cati come più avanti esplicitato. Tuttavia, come osserva C IANCIO (2005) «La

gestione forestale non tende più a privilegiare una sola funzione, ma tende a

creare i presupposti per conseguire la resilienza del sistema biologico bosco

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e l’armonia tra processi evolutivi. Questo insieme di problemi sta all’origine della moderna pianificazione e della gestione forestale sostenibile». Pertan- to occorre uno strumento programmatorio di dettaglio che prenda in consi- derazione uno scenario più ampio.

Il piano di gestione forestale è lo strumento della politica dell’azienda forestale, sia pubblica sia privata. Il piano individua e coordina le linee opera- tive di gestione tecnica aziendale e detta gli indirizzi di conduzione ammini- strativa. Il piano di gestione in primo luogo integra la visione tecnica del Piano di Assestamento con una definizione ampia degli obiettivi a lungo, medio e breve termine, a livello di:

– valori d’uso delle risorse forestali, paesaggistiche, economiche, sociali;

– applicazione della selvicoltura sistemica;

– individuazione dei costi e delle possibilità finanziarie della gestione (fonti esterne e interne, possibilità d’integrazione delle risorse e dell’uso del bene).

L’adozione di un piano di gestione efficace è volta a superare le difficoltà che spesso ha trovato l’assestamento classico nella sua applicazione. I punti fondamentali di questo approccio sono:

– una programmazione a lungo termine della conduzione tecnica basata su obiettivi dettati dai valori di uso e dalla conoscenza delle aspettative sociali e della proprietà. Obiettivi ponderati e condivisi, invarianti nel tempo, in quanto basati sul concetto di bosco «bene comune», in cui la produzione di beni e servizi è solo una ricaduta della gestione e non l’oggetto principale di questa;

– l’adozione di scelte tecniche conformi a quanto esposto, dettagliate in forza di una capillare conoscenza del bosco in esame. Queste vengono dettate secondo le regole dell’assestamento, attraverso documenti tecnicamente chiari esposti in un piano sottoposto a regolari e continue revisioni, sono basate sul monitoraggio continuo e sulla verifica delle reazioni del bosco agli interventi realizzati;

– l’approvazione del piano che diviene strumento operativo non ulterior- mente gravato da impacci burocratici per le singole operazioni, ma presup- pone il controllo continuo nel tempo condiviso con l’autorità forestale;

– l’esecuzione continuativa degli interventi, flessibile e distribuita in modo capillare nella foresta;

– il controllo economico e finanziario costante della gestione, con registra- zione dei flussi economici e finanziari, previsione delle spese;

– la gestione delle risorse umane e della reale capacità di intervento degli operatori che lavorano sul luogo;

– la capacità di adeguarsi al mutare delle condizioni sociali e economiche

senza stravolgere gli obiettivi di fondo della gestione.

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Il piano di gestione costituisce quindi una evoluzione rispetto al piano di assestamento classico, in quanto prende in considerazione, oltre alle scel- te tecniche e al loro ordinamento, numerosi altri fattori, tra cui la gestione finanziaria dell’azienda. Pertanto comprende e supera il piano di assesta- mento, di cui può mantenere la struttura e contenere gli allegati, conservan- done pertanto la validità. In relazione alle tipologie forestali che gestisce, alla loro funzionalità biologica e al grado di efficienza delle formazioni, il piano di gestione può comprendere piani colturali, piani particolareggiati diversi, piani di imboschimento, piani infrastrutturali.

2.2 Il Piano di Riordino Forestale

I Piani di riordino forestale, definiti dalla Regione Veneto, si inserisco- no nell’ottica d’insieme ed aggregativa della pianificazione aziendale di pro- prietà forestali di un intero territorio comunale o rientranti in un Parco (D EL F AVERO et al., 1988), interessando l’intera sfera delle risorse silvo- pastorali. I Piani di Riordino nascono indipendentemente dalla volontà del proprietario e si configurano anche come uno strumento di ausilio al con- trollo. Uno strumento quest’ultimo che integra compiutamente la pianifica- zione regionale con i Piani di riassetto forestale della proprietà pubblica (S USMEL , 1978), altro strumento definito in Veneto che presuppone tuttavia la volontà esplicita del proprietario o gestore di un determinato fondo per la sua realizzazione.

Tali piani hanno una valenza in parte sovrapponibile anche ai Piani Integrati Particolareggiati definiti in Regione Friuli-Venezia Giulia, che, a differenza dei precedenti, sono volti ad interessare i proprietari privati che volontariamente, in modo singolo o associato, decidono di dotarsi di uno strumento di gestione (S OLARI et al., 2000).

Nell’impianto concettuale, i Piani di riordino forestale fanno necessa- riamente riferimento alle singole proprietà, collegando le informazioni rile- vate nella parte conoscitiva e le semplici prescrizioni formulate in quella normativa alla mappa catastale. La definizione della parte normativa proce- de sostanzialmente attraverso due fasi analitiche: una prima individuazione della supercategoria normativa

1

, seguita da una prescrizione standard che delinea le norme in merito a epoca e modalità con cui dovranno essere ese- guiti i tagli, per specifiche categorie compositivo-strutturali di soprassuoli forestali (D EL F AVERO et al., op.cit).

1

Le unità di inquadramento definite sono: A – Formazione soggetta a gestione speciale; B –

Formazione soggetta a progetto speciale di taglio; C – Neo-formazione; D – Formazione fuori gestio-

ne; E – Formazione governata a ceduo; F – Formazione non governata a ceduo.

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Nella procedura per l’esecuzione dei tagli e per l’utilizzazione dei boschi, questi piani comprendono al loro interno anche ulteriori eventuali strumenti normativi come il «Progetto di Taglio» o la «Dichiarazione di Taglio», da definire in relazione all’importanza dell’intervento (un progetto di taglio quando si supera una certa soglia di prelievo o estensione dell’in- tervento) ed alla supercategoria di soprassuolo interessata.

Con la stessa visione integrata si inseriscono i Progetti di riqualificazio- ne forestale e ambientale definiti in Regione Friuli-Venezia Giulia (S OLARI et al., op. cit). Tale progetto riassume in sé il concetto di intervento integrato ed organico in foresta, essendo un aggregato di più progetti così distinti in:

– Progetto di intervento colturale principale (rappresenta il Piano o Progetto dei Tagli);

– Progetti complementari (si indicano tutti i progetti allegati riferiti ad inter- venti che vengono realizzati in relazione o in funzione all’intervento col- turale principale).

Per quanto riguarda il Trentino, regione di antica tradizione forestale, la normativa riguardante la pianificazione forestale è attualmente in fase di revisione: si prospetta l’adozione di un livello intermedio di pianificazione forestale, riferito a comparti omogenei, al fine di ridurre i costi della pianifi- cazione e soddisfare le varie esigenze che gravano sui boschi (W OLYNSKI , 2005). La presenza di un livello intermedio sarà indirizzata a colmare la lacuna tra pianificazione urbanistica e pianificazione forestale, nonché a costituire il luogo della raccolta di dati inventariali di dettaglio.

Dal punto di vista della diffusione, siano essi Piani di Gestione Azien- dali oppure Piani di Gestione di livello un poco più ampio, per esempio Piani di Gestione di Aree Protette (AP) (vedi Fig. 1, Parte I – C ULLOTTA e M AETZKE , op. cit.), ancora molto deve essere fatto. Sul piano della pianifi- cazione e della gestione delle aree protette l’attuale quadro italiano non risulta incoraggiante. Gran parte dei territori protetti, infatti, non dispone di un piano di gestione delle risorse forestali o di strumenti pianificatori per una loro efficace conservazione (spesso neanche dello stesso Piano d’Asset- to dell’AP) (M ARCHETTI et al., 2005).

2.3 Il Piano di Assestamento Forestale

È lo strumento della gestione forestale operativa, volto ad applicare la selvicoltura nello spazio e nel tempo. È dunque uno strumento pianificato- rio elaborato a livello di azienda forestale che definisce la distribuzione tec- nico-applicativa spaziale e temporale dei concetti generali di gestione e dell’attività d’impresa nel medio periodo (da 10 a 20 anni).

Comporta una divisione funzionale della foresta che costituisce l’ossa-

tura su cui si articola l’esecuzione degli interventi.

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Il piano di assestamento forestale è un documento che assume in se valenze diverse sotto tre profili fondamentali:

– legale: già dalla legge del 1877, poi dalla legge forestale fondamentale n°

3267 del 1923 e dalle successive leggi regionali, assume forza e sostituisce localmente le P.M.P.F.;

– progettuale: comporta una fase di studio, di analisi dettagliata che richie- de competenze particolari e deve essere supportata da una conoscenza approfondita dell’oggetto di studio e delle problematiche connesse alle trasformazioni indotte da ogni azione proposta;

– esecutivo: costituisce non solo un insieme di norme ma anche una guida operativa per le opere previste.

Il piano di assestamento che a lungo, come accennato in precedenza, è stato l’unico strumento operativo, ha tuttora una valenza normativa chiara e formalizzata. Recepito nell’ambito degli strumenti di livello superiore, quali il piano di gestione, o coordinato nell’ambito dei piani sovraziendali, il piano di assestamento redatto conseguentemente alle linee guida particola- reggiate da essi individuate, costituisce il mezzo esecutivo che da forza alle scelte gestionali e le traduce in realtà.

2.4 Il Piano Colturale

Un piano incentrato sull’azione colturale, che prescinde da intenti e indirizzi produttivi o di uso della risorsa forestale. Definisce le operazioni colturali:

– per l’allevamento dei boschi giovani;

– per la riqualificazione funzionale – in termini di efficienza biologica – di complessi forestali degradati.

Si tratta dunque di una forma di piano particolareggiato volto al riequili-

brio delle formazioni e alla cura di realtà in fase di affermazione. Può essere lo

strumento più efficiente per la guida delle formazioni realizzate con ricorso

agli incentivi e al contributo pubblico, quali gli ampi rimboschimenti degli

anni ’60-’80 del secolo scorso realizzati in molte regioni del Mezzogiorno

(Fig. 2), che altrimenti abbandonati riducono le loro potenzialità e la loro

funzionalità ecologica, vanificando le ingenti risorse finanziare impiegate per

la loro realizzazione. Il piano colturale indica nel dettaglio a livello particella-

re le cure colturali, i rinfoltimenti e tutte le opere necessarie per l’affermazio-

ne dell’impianto e il passaggio di questo dalla fase di attecchimento a quella di

qualificazione. Un periodo in cui il momento colturale è fondamentale e risul-

ta decisivo, ad esempio nel caso dell’arboricoltura da legno di pregio, per la

riuscita economica dell’investimento. E parimenti decisivo nella riuscita degli

impianti a valenza naturalistica.

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2.5 Il Piano dei tagli

Il piano dei tagli è lo strumento minimale di gestione del bosco, volto a regolare la distribuzione e l’entità planimetrica dei tagli nel tempo: di norma è solo una delle componenti obbligatorie del piano di assestamento.

Tuttavia per i boschi cedui a regime, il basso valore unitario del prodotto legnoso e, tutto sommato, l’idea errata ma diffusa di una forma di governo povera e di scarso interesse colturale, ha comportato la consuetudine poi divenuta norma in molte regioni, di limitare a questo strumento minimale di gestione di ampie superfici così governate.

3. C ONCLUSIONI

La pianificazione forestale è una realtà in continua evoluzione che vede negli ultimi tempi cambiamenti sostanziali nel proprio quadro di rife- rimento. Un’evoluzione che trasforma un regime prima vincolistico in una opportunità per i diversi attori:

Figura 2 – Paesaggio forestale costituito da ampi rimboschimenti a conifere mediterranee particolar-

mente esigente di una pianificazione gestionale al fine di meglio indirizzare una evoluzione e conver- sione verso sistemi naturali ecologicamente più stabili e coerenti con le risorse ambientali (Monte Genuardo – Sicilia occ.).

– Forest landscape characterised by wide mediterranean conifers afforestation: it urgently needs

of effective planning tool in order to manage the renaturalisation processes (Mt Genuardo – W-Sicily).

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– di sviluppo di risorse alternative, per i proprietari, pubblici e privati. Un diverso approccio nella considerazione del bene comune «bosco» e l’op- portunità di valorizzarlo sotto aspetti diversi, rispetto alla sola funzione di produttore di beni materiali, si dovrebbero tradurre in una visione integrata dello sviluppo del territorio, sotto il profilo ricreativo e paesag- gistico, ad esempio favorendo un turismo didattico e naturalistico;

– di partecipazione ai processi decisionali, per le comunità che vivono nel territorio di cui il bosco è parte. Comunità che nel tempo hanno trovato nel bosco risorse e sviluppato tradizioni e conoscenze;

– di accesso a contribuzioni nel quadro dei nuovi indirizzi della PAC e dei diversi processi internazionali in genere, volti a stimolare lo sviluppo della montagna in un processo che può favorire la permanenza dell’uomo nel bosco, con un ruolo non più di sfruttamento ma di mutuo sostegno.

Il processo di evoluzione in atto è dunque la risposta a esigenze reali della società moderna, che ha riscoperto la sostanziale importanza del bosco e delle altre risorse forestali e la necessità di un diverso rapporto tra uomo e ambiente. Una società in cui vi è una crescente richiesta di salva- guardia delle risorse e sostenibilità del domani. E che dunque chiede stru- menti di gestione del territorio più efficienti, meno semplicistici e artificiosi.

Purtuttavia, si osserva che questa evoluzione di intenti e di indirizzi politici ha dato luogo a una ampia casistica di proposte e istituzioni di strumenti normativi e operativi, non ancora sufficientemente organizzati, conseguenti e strutturati fra loro. Anche perché alcuni di essi sono in fase sperimentale, come i piani sovraziendali, e non hanno ancora trovato una loro definzione soddisfacente né una effettiva valenza normativa e un’esatta dimensione ter- ritoriale.

Il complesso di strumenti deve quindi trovare un equilibrio e una dimensione omogenea. Dopo l’attuale fase di sviluppo e perfezionamento, occorre che i processi decisionali siano codificati e verificati. Si traducano in iter funzionali e consolidati, snelli e efficienti. E ciò dovrebbe essere coordinato a livello nazionale, tramite gli strumenti normativi e il Piano Forestale Nazionale.

Si osserva infatti che se da un lato nell’adeguamento alle norme comuni-

tarie occorre un nuovo Piano Forestale Nazionale effettivo e realistico, dal-

l’altro la struttura regionalistica e la diversità d’intendimenti tra queste realtà

locali rende il processo d’omogeneizzazione difficile e controverso. Che è

oggetto di un dibattito ancora lontano da trovare una definizione comune e

condivisa. Ne è un esempio immediato la pianificazione di livello regionale: il

Piano Forestale Regionale. Il quadro attuale sulla realizzazione dei PFR in

Italia risulta alquanto eterogeneo, sia perchè diverse regioni non si adeguaro-

no alle richieste/indicazioni del Piano Forestale Nazionale del 1988, sia per-

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ché altre ancora hanno dato peso maggiore e sviluppato una importante pia- nificazione di livello sub-regionale (e.g. Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Veneto).

Occorre comprendere che la pianificazione forestale, ai diversi livelli e particolarmente per le proprietà pubbliche, è un’opportunità per salvaguar- dare la naturale diversità delle specie e degli habitat forestali. La protezione e conservazione delle risorse naturali è infatti un compito specifico e impro- crastinabile dell’autorità pubblica: proteggere questo patrimonio e dare nel contempo, tramite la pianificazione e la sua applicazione nel tempo e nello spazio, un esempio reale agli operatori privati può essere efficace quanto e più che istituire vincoli e controllarne l’attuazione.

Lo sviluppo di piani di livello intermedio, quali quello regionale e sovraziendale in ambito pubblico è inoltre un’opportunità per ottimizzare i metodi di gestione delle aree protette esistenti e ove possibile ampliarle, in modo da includere in esse un ampio spettro di tipologie di boschi e soprat- tutto in modo da creare collegamenti che limitino i problemi legati all’at- tuale eccessiva frammentazione degli habitat: ciò in particolare per quelle regioni povere di superfici forestali.

Osservando soltanto il sistema delle aree protette, aree che per impor- tanza e valenza dovrebbero più urgentemente di altre dotarsi di una solida e costante pianificazione territoriale, i dati non parlano certo di una capilla- re e completa diffusione ed attuazione di strumenti di pianificazione. Ad oggi manca anche un quadro di sintesi nazionale su quante Aree Protette hanno un Piano di Gestione; è possibile avere un quadro generale soltanto per i Parchi Nazionali e Regionali, evidenziando per altro la carenza di Piani di Gestione operativi.

Va ribadito, inoltre, come la recente legislazione nazionale, facendo

proprie queste emergenze nel Decreto Ministeriale emesso il 16 giugno

2005 dal Ministero dell’Ambiente in materia di pianificazione forestale

(Linee guida di programmazione forestale), richiede espressamente di rende-

re facilmente accessibile lo stato della pianificazione forestale italiana attra-

verso siti Internet facilmente consultabili, redatti dalle regioni, in cui si

riporti un quadro annualmente aggiornato della pianificazione forestale a

livello regionale, sub-regionale ed aziendale. Questa è dunque la considera-

zione che più di altre fa riflettere, soprattutto pensando alla qualità della

conservazione e alla forte importanza di queste aree quali laboratori ideali

di buona pianificazione territoriale, esempi e guida per le pratiche gestiona-

li sostenibili che dovrebbero investire tutto il territorio, ed in particolare

quelli contraddistinti dalla presenza di boschi ed ambienti preforestali. Ben

venga dunque una maggiore attenzione ai valori più importanti e alla pre-

parazione di piani relativi di conservazione, preservazione, gestione e utiliz-

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zo se questa deve essere la base per nuove pratiche selvicolturali su basi naturali e coerenti con l’approccio ecosistemico invocato attualmente a livello internazionale per i sistemi forestali.

R INGRAZIAMENTI

Gli autori ringraziano il Prof. R. Del Favero per i materiali e le indica- zioni utili fornite in merito alla pianificazione forestale nelle regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Un ringraziamento particolare va anche al Prof.

G. Bovio per la lettura critica del manoscritto ed i suggerimenti forniti.

SUMMARY

Forest Management planning tools at different levels in Italy 2

nd

part: Forest planning at sub-regional and local levels

This paper examines the current situation of forest management tools and their application at different levels in Italy. Starting from EU regulations, Authors review the forest acts that promoted the National Forest Plan and the smaller scale levels, i.e. the regional and management plan level. The connection between forest plan and town plan are examined too, as far as connection and mutual relationships with other environmental and territorial management tools. A new proposal of integrated plan at local level is also presented for forest management, in order to satisfy the need of a new systematic holistic approach to the problem of the correct relationship between man and forest.

This second contribution deals with the subregional (territorial/local) state of the art of forest management plans in Italy, highlighting main differences among administrative regions.

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