• Non ci sono risultati.

Società Italiana Tossicodipendenze SITD Paolo Jarre Linee programmatiche per la Presidenza *

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Società Italiana Tossicodipendenze SITD Paolo Jarre Linee programmatiche per la Presidenza *"

Copied!
11
0
0

Testo completo

(1)

Società Italiana Tossicodipendenze – SITD – Paolo Jarre Linee programmatiche per la Presidenza 2014 – 2017 1.0*

PREMESSA Alcuni anni orsono, durante il primo triennio di Presidenza di Gian Paolo Guelfi – avevamo appena concluso il Congresso di Torino “Addiction, una normale malattia” - proposi, insieme ad altri, di sostituire la T della nostra sigla con una D, per Dipendenze.

Gian Paolo ed altri mi dissero che pur non rappresentando ormai “le tossicodipendenze”

propriamente dette che una parte via via minoritaria del grande mare delle “addiction” in cui ci eravamo spinti oltre le Colonne d'Ercole, il nome della Società si era radicato ormai come una sorta di marchio, di logo e non doveva esser cambiato.

Accolsi l'argomentazione e da allora in poi mi convinsi che la nostra Società avrebbe dovuto essere trattata come una vecchia vela d'epoca alla quale nessun nuovo armatore si sarebbe mai sognato di cambiare il nome; ma si sarebbe occupato di curarne attentamente la manutenzione, il restauro, di far tornare a luccicare legni ed ottoni, di farla tornare a navigare fieramente.

Questo è lo spirito con cui propongo la mia candidatura; il pieno e convinto rispetto della storia della Società ma anche la ricerca di nuove sfide che la facciano uscire da una dimensione un po' solipsistica e la aprano al confronto con le altre organizzazioni di settore, con la cosiddetta società civile e, ineludibile interlocuzione, con il mondo delle decisioni politiche.

Ho ritenuto opportuno sviluppare in questo documento alcuni elementi di valore e suggerire alcuni spunti di metodo, oltre a presentare il mio punto di vista su aspetti a mio giudizio cruciali del nostro specifico ambito di studio e lavoro.

I contenuti più specifici, l'articolazione e lo sviluppo di un piano di lavoro concreto non possono che essere dettagliati successivamente dal Consiglio Direttivo, con il contributo di tutti i Soci.

Come la penso: vi racconto alcune cose importanti per me, ma potete saltare alle linee di indirizzo...

Drug, set and setting

Da molti anni ritengo che i disturbi additivi globalmenete intesi, per come li abbiamo

conosciuti in questi ultimi 30 anni, rappresentino in buona parte un “incidente storico”, determinato dal convergere di molti differenti elementi; sicuramente il rapporto tra una persona e il suo oggetto del desiderio e l'inclinazione più o meno ripida verso l'incontrollabilità del consumo, ma il tutto va inscritto in un contesto (per usare una parola oramai usurata) fatto di norme sociali, regole, leggi, precetti religiosi e così via. Si tratta della celebre triade “Drug, set and setting” di Norman Zinberg nella quale per set si intende principalmente il mindset, per setting il social setting.

Credo che una Società Scientifica al passo coi tempi nel campo delle addiction non possa limitarsi a scotomizzare molecole e personalità ma debba per forza inscrivere questa relazione biunivoca in una cornice sociale (in senso lato) che influenza fortemente il fenomeno.

Ed occuparsene per contribuire, nel suo piccolo, a modificarla.

Salute e malattia come costrutto esplicativo e sociale

Mirko Grmek, studioso della storia delle malattie, della medicina e della salute alla voce

“Malattia e salute” dell'Enciclopedia della Scienza e della Tecnica Treccani 2007 dice “.. ....Il

* NB Questa è la versione iniziale; dopo commenti, suggerimenti, proposte emendative il 4 novembre pubblicherò la versione finale

(2)

concetto di malattia non è socialmente neutro: esso implica un giudizio non soltanto di ordine scientifico, ma anche di ordine morale ed estetico... Si dice anche che la malattia sia la

perturbazione dei processi normali all'interno di un organismo, lo svolgimento anormale delle funzioni vitali. Il difetto di una definizione di questo tipo consiste nell'indeterminatezza del concetto di normalità ... Comunque sia, è difficile e talvolta addirittura impossibile fissare il punto in cui le variazioni fisiologiche divengono cambiamenti patologici” .

Il cut off, come le soglie per l'anidride solforosa, è spesso scelto per via politica.

Attenzione alla medicalizzazione della fisiologia

Molti di noi, dei più vecchi intendo, furono fortemente influenzati negli anni della propria formazione dal lavoro di Ivan Illich, filosofo e sociologo (e non solo) austriaco che ha vissuto e lavorato a lungo in America centrale, il cui titolo completo era Nemesi medica - L'espropriazione della salute. Si parlava in questo volume, oramai di quasi 40 anni fa, di iatrogenesi clinica, sociale e culturale e di medicalizzazione della vita. La riflessione è sicuramente molto datata ma io credo che nel nostro ambito meriti ancora di esser ricordata; noi ci occupiamo di consumi voluttuari che diventano patologia in parte per l'effetto – dose dipendente o tutto-nulla che sia - di “veleni”

sull'organismo ma anche per come quei consumi sono interpretati, normati e repressi dalla società, perché è “l'atmosfera” in cui quei fenomeni si manifestano che è avvelenata.

E una classe di operatori della salute che non sia consapevole di ciò rischia di contribuire a patologizzare la devianza - se non addirittura l'originalità- anche per contribuire, volontariamente o meno che sia, ad espandere il mercato della salute..

Le diverse scienze raccontano “punti di vista”, la visione stereoscopica è la migliore; e' la relazione la più potente medicina (o il peggior veleno)

Io, medico, non credo che la scienza medicina – in particolare nel nostro settore - ne “sappia di più” o la “sappia più giusta” della psicologia, della pedagogia, della sociologia e così via; essa racconta con elementi tangibili e con descrizioni digitali quel che altre scienze descrivono in modo analogico, narrativo e con dati intangibili. Non è che siccome l'effetto di una data molecola su un certo recettore è dimostrabile con metodo empirico ciò rende “superiore” in senso lato, perché

“evidence based”, la scienza in cui si inscrive la sperimentazione.

Oramai sappiamo, anche in termini molecolari, come lo strumento intangibile per

antonomasia, la parola, abbia effetti biologicamente dimostrabili (ricordiamo Carlo Levi, “Le parole sono pietre”...); e conosciamo da tempo ormai l'effetto placebo. E' verosimile che il complesso di Edipo abbia il suo substrato molecolare.

Ciò non vuol dire che il dimostrato e il non dimostrato (soprattutto se perché non ancora dimostrabile) stiano sullo stesso piano su versante dell'utilizzabilità concreta (anche per motivi di semplice rendicontabilità costo/efficacia) ma che nella lettura dei fenomeni e nel trattamento l'integrazione (come anche dimostrato...) tra biologico e psicosociopedagogico è un fattore di qualità. Ad esempio il modello dell'apprendimento sociale e quello neurobiologico possono tranquillamente coesistere in una lettura non scolastica del fenomeno e delle singole situazioni.

In una recentissima monografia pubblicata su Addiction * due ricercatori del CASAA, William Miller e Theresa Moyers dicono “Increased expectations for the use of evidence-based methods in addiction treatment have fueled a debate regarding the relative importance of ‘specific’

versus ‘common’ factors in treatment outcome … relational factors such as empathy, which are often described as common, non-specific factors, should not be dismissed as ‘common’ because they vary substantially across providers and it is unclear how common they actually are...”.

In questa luce la banalizzazione, proposta da alcuni, in ispecie tra coloro che non svolgono concreta gestione clinica dei casi, del ruolo delle professioni sanitarie non mediche e delle figure tecniche (assistenti sociali) come figure ancillari si pone al di fuori di una prospettiva culturale e professionale seria e moderna.

* Addiction 2014 Jul 27. The forest and the trees: relational and specific factors in addiction treatment Miller WR, Moyers TB

(3)

Il paradigma malattia come strumento di difesa

Molte delle associazioni dei consumatori di droghe esistenti in giro per il mondo, così come anche alcuni dei consumatori che nel nostro paese hanno più riflettuto sulle proprie vicissitudini rifiutano sdegnosamente il paradigma “malattia” applicato ai consumi più o meno problematici di oggetti additivi.. Forse in parte ciò è spiegabile con motivi di orgoglio, forse un po’ di ideologismo, ma è difficile contestare, almeno per alcuni consumi (paradossalmente l’eroina più della cannabis!) che, di per sé, non comporterebbero, in un mondo in cui l’accesso al consumo stesso non fosse ostacolato dalla legge e/o dalle norme non giuridiche, null’altra conseguenza se non lo sviluppo di una dipendenza (che non è la malattia!!), che vi possa essere anche un forte anelito di libertà individuale.

C'è sicuramente la sofferenza, ed è questa che ci interessa come clinici e ricercatori; sia laddove sia determinata dall'effetto diretto di quegli oggetti consumati – e qui interviene la buona pratica clinica – sia dove sia determinata dal sistema di regole della società – e qui interviene un sano lavoro di advocacy”.

Il paradigma “malattia” potrebbe allora essere considerato un assunto provvisorio, meglio del “vizio” o del “crimine”, meno della “libera scelta”, come un approdo “di fortuna”, un ridosso in questi tempi tempestosi che in tema di libertà puzzano molto di nuovo medioevo.

SETTE LINEE D'INDIRIZZO

(a) Per una Società aperta a tutte le forme di addiction, un fenomeno clinico unitario Mi capita spesso di sostenere che nell'universo delle addiction i più vecchi di noi sono entrati dalla porta di servizio; anzi addirittura dal buco della serratura della porta di servizio. Un fenomeno specifico, storico, di un'epoca precisa: l'allarme sociale per il consumo di un certo tipo di sostanze considerate droghe da parte di una parte della popolazione giovanile (ricordiamo “il disagio giovanile”) di una parte del mondo. Poi man mano che sono progredite le conoscenze sul versante neurobiologico e si sono consolidate le esperienze cliniche si è progressivamente fatta luce sulla dimensione unitaria del fenomeno addiction, con il fattore craving a tenere insieme appetiti esagerati nei confronti di sostanze psicoattive legali e illegali, comportamenti innati ed appresi.

Dimensione unitaria che si riverbera sulla forte comorbilità / poliabuso tra i diversi comportamenti additivi e sulla frequente successione del loro comparire nelle differenti “carriere additive”.

Sinora la nostra Società ha fatto fatica a star dietro a questa nuova visione spesso

privilegiando la focalizzazione, in sede congressuale e formativa, sui disturbi da uso di oppiacei (attualmente nettamente minoritari nei casi incidenti nei Servizi italiani), al più aggiungendo qua e là i disturbi da abuso / dipendenza da alcol e da uso di cocaina..

Occorre adeguare le nostre iniziative a questa visione più ampia, dando spazio da un lato alle iniziative di “irredentismo culturale” volte a tracciare i nuovi confini del nostro studiare ed operare - Addiction and related disorders -, dall'altro promuovendo il fiorire di momenti di confronto ed approfondimento sui cosiddetti”nuovi” comportamenti di addiction.

Da questo può discendere l'opportunità, pur mantenendo, come argomentato in premessa, il nome storico di battesimo di aggiungergliene un secondo, separato da un trattino: SITD – ADC Società Italiana TossicoDipendenze e Addiction e Disturbi Correlati.

(b) Per una Società curiosa ed attiva a 360°, verso tutt'e quattro i “pilastri”

Tutti quanti conosciamo la cosiddetta strategia dei “quattro pilastri” che informa dal 1994 le politiche europee sulle droghe (riduzione dell'offerta, prevenzione, cura e riabilitazione e riduzione del danno); tutti e 4 i pilastri hanno correlati tecnico-scientifici meritevoli delle attenzioni di una Società scientifica come la nostra anche se, come appare ovvio e naturale, la base societaria

costituita da operatori sanitari si trova più a proprio agio nello studiare e confrontarsi sui temi della cura e, in minor misura di riabilitazione e prevenzione.

Occorre però a mio giudizio presidiare anche gli altri fronti, cercando di espandere la nostra

(4)

base societaria tra gli studiosi e gli operatori che si occupano di riduzione dell'offerta e politiche di contrasto al traffico da un lato e dall'altro coloro che riflettono, approfondiscono e si “sporcano le mani” con la riduzione del danno.

(c ) Per una Società amica del Sistema esistente dei servizi, ma non troppo …

L'articolazione italiana dei Servizi pubblici e del privato sociale non ha eguali nel resto del mondo, sia come capillarità dell'offerta che come qualità media delle prestazioni rese. Ciò è stato possibile grazie a diversi fattori tra i quali è stata decisiva l'autonomia organizzativa – Strutture Complesse, Dipartimenti a sé stanti - e disciplinare (in particolare dalla salute mentale).

Interesse della Società scientifica di riferimento deve essere la salvaguardia di tale patrimonio, non tanto in termini sindacali o corporativi, quanto di corpus dottrinario oramai consolidato con confini via via più nitidi.

Ciò non vuol dire negare l'appartenenza dei disturbi additivi al più ampio campo dei disturbi della salute mentale (anche se in verità il NIDA parla di “brain” e non di “mental” disease, in ciò forse preconizzando un futuro più ampio ricongiungimento su base molecolare tra i fratelli separati, neurologia e psichiatria...) ma rifiutare riannessioni che, in nome della comune appartenenza alla sfera della “mente”, mirano invece a ridurre al minimo la specificità e l'originalità del percorso fatto dalla medicina dell'addiction in Italia negli ultimi 40 anni.

Non sono per la cristallizzazione dell'esistente, ma ritengo indispensabile da un lato dare valore alla identità e alla capacità delle organizzazioni attuali, ma nello stesso tempo non supportare ipotesi e soluzioni autoreferenziali e asfittiche.

Occorrerà quindi anche operare nelle opportune sedi accademiche e non per consolidare la strada che porta alla definizione di una disciplina accademica specifica, la medicina dell'addiction e, per quanto attiene le altre professioni, studiare l'implementazione di profili formativi specifici riconosciuti sul piano accademico.

Addiction Medicine: the birth of a new discipline O'Connor PG, Sokol RJ, D'Onofrio G JAMA internal medicine, 2014 Sep; (E1-2)

(d) Per una Società con un sano rapporto dialettico e di collaborazione con il privato sociale di settore

I rapporti della nostra Società con il privato sociale sono stati altalenanti, con un'alternanza di periodi di buona collaborazione – alcuni autorevoli esponenti hanno ricoperto ruoli importanti in seno alla Società e svolto relazioni significative ai nostri Congressi – ed altri da “separati in casa”.

Occorre ricordare come gran parte del know how sulla residenzialità terapeutica e una consistente porzione di quello sulle pratiche di riduzione del danno siano patrimonio prevalente delle realtà del privato sociale ed un Società che guardi ed operi a 360° non possa rinunciare a includerlo tra i propri oggetti di studio e approfondimento.

Ricordo che la visione di una contrapposizione tra privato sociale e servizi pubblici a

“togliersi il pane di bocca” a vicenda appartiene all'archeologia dei luoghi comuni e solo chi effettivamente non sta a contatto con il fronteggiamento del fenomeno può ancora ritenerla autentica.

(e) Per una Società che si rapporti in modo autonomo e trasparente con il mondo dell'industria farmaceutica

La nostra Società, un po' per virtù un po' per debolezza organizzativa, si è spesso

caratterizzata nel panorama nazionale come quella più indipendente dalle pressioni dell'industria farmaceutica e frequentemente è riuscita a svolgere il proprio ruolo e a mettere in campo le proprie iniziative congressuali, anche laddove venivano utilizzati contributi privati delle case

farmaceutiche, in modo indipendente dai desiderata promozionali dell'industria.

Ciò si è tradotto quasi sempre nel dover “tirar la cinghia”, molto più di altri.

Non sempre quest'attitudine ha però avuto un corretto corrispettivo in termine di trasparenza.

Bisogna proseguire sulla linea tracciata, non cadendo in un pauperismo demagogico, ma

(5)

provando a negoziare con le industrie farmaceutiche di settore contributi annuali “a prescindere”, slegati dalla effettuazione di specifiche iniziative più o meno esplicitamente promozionali di questo o quel prodotto; e laddove queste siano ineludibili che siano ben delimitate come “spazi

pubblicitari”.

Tutti i componenti del Direttivo, compreso il Presidente, dovranno sottoscrivere all'atto dell'insediamento di non avere alcun conflitto d'interesse, direttamente o tramite terzi, determinato da cointeressenze con case farmaceutiche produttrici di farmaci in uso nella clinica dell'addiction.

Eventuali variazioni della condizione soggettiva di assenza di conflitto dovranno essere esplicitate e autorizzate dal Consiglio direttivo

(f) Per una Società senza peli sulla lingua nel confronto con la politica, per promuovere policies evidence based

Il nostro amico Robert Newman diceva, quasi 30 anni fa: “There are times when

researchers have a responsibility to involve themselves in the political process to try to directly influence policy implementation. In such instances, the familiar, perhaps more comfortable, role of the scientist must be supplemented by political activism to avoid research becoming a rationale for withholding help and to ensure its appropriate role in influencing policy. **

Io credo che questo in Italia si uno di quei “times” di cui parlava Newman. La legislazione vigente, vecchia ormai di quasi 30 anni, riflette sempre più pesantemente lo scollamento dalla realtà presente, sia rispetto ai progressi conoscitivi in ambito tecnico-scientifico che all'evoluzione del fenomeno. Mantiene l'impronta paternalistico-punizionista della traduzione italiana della war on drugs reaganiana e limita il proprio campo d'azione ai consumi di droghe illegali e, limitatamente ai programmi alternativi alla pena, di alcol. Nulla recepisce dell'approccio di riduzione del danno e limitazione dei rischi.

Tutti i tentativi che sono stati portati per modificarne l'impianto non sono andati a buon fine e l'unico risultato congruo con un approccio più ragionevole risale ormai ad oltre 20 anni orsono con il recepimento legislativo dell'esito del referendum del 1993 (eliminazione della configurazione di illecito penale del consumo e del famigerato DMS 445 limitante le terapie con oppioagonisti).

L'inserimento nei LEA dei comportamenti di addiction (per ora il solo gambling) fatica a diventare operativa.

La cabina di regia a livello governativo cambia a seconda delle maggioranze ed ha spesso un'interlocuzione conflittuale con i livelli regionali; le legislazioni regionali a loro volta sono molto differenti le une dalle altre e si traducono in un'esigibilità delle cure estremamente diversificata.

Una Società scientifica forte deve attivarsi per diventare interlocuzione stabile – ancorché scomoda - della politica nazionale e regionale.

** Newman, R. G., & Peyser, N. (1987). Methadone treatment: Experiment and experience.

Journal of Psychoactive Drugs, 23(2), 115-121.

(g) Per una Società che ascolti chi “disturba il manovratore” ….

Non è patrimonio del nostro paese il rapporto dialettico tra erogatori di servizi nel campo dei disturbi ‘addictivi’ e consumatori organizzati. Il difetto sta su entrambi i fronti; da un lato troppo spesso tra i ricercatori ed i clinici c'è un approccio che vede il cliente/utente come oggetto del proprio lavoro e non come soggetto in grado di determinare le proprie scelte e i propri obiettivi, dall'altro gli “users” italiani non posseggono la cultura partecipativa dei loro cugini del centro e del nord Europa. Ciò pur ricordando le rilevanti esperienze diffuse su tutto il territorio nazionale di utilizzo nella gestione di importanti servizi, non solo nella riduzione del danno, dei cosiddetti

“operatori pari”.

Ritengo che sarebbe oltremodo opportuno che SITD promuova la costituzione di luoghi e momenti di confronto stabile dove approfondire tematiche di carattere generale inerenti obiettivi della ricerca, modalità di funzionamento dei servizi e stili relazionali degli operatori.

(6)

E 10 COSE DA FARE (1) Creiamo una Banca dati dei saperi dei Soci

Le conoscenze teoriche e le esperienze pratiche della platea dei soci della SITD sono, a livello societario, una miniera largamente inesplorata e inutilizzata.

Se fossimo in grado di fotografare la sommatoria delle ricerche piccole e grandi, precliniche, cliniche, controllate o naturalistiche e le decine di migliaia di anni cumulativi di esperienza ci renderemmo conto che molto poco dei nostri saperi è attualmente condiviso e sfruttato a fini sociali.

Immagino nei primi mesi della Presidenza, di implementare una sistematica intervista o contatto con i soci che permetta un'accurata ricognizione di ciò che sanno rispetto al nostro campo di interesse, sia che esso derivi da ricerche formali che da esperienze professionali.

Da quest'inchiesta immagino la possibilità di istituire una sorta di catalogo permanente, utilizzabile sia internamente per organizzare momenti di confronto che esternamente per ricerche multicentriche. Questo data base deve anche essere uno strumento utilizzabile per l'organizzazione dei Congressi.

Chiederei inoltre tutti i soci di mettere a disposizione degli iscritti tutta la propria produzione letteraria scientifica, facilmente accessibile sul sito della Società.

(2) Mettiamo in mostra i preziosi di famiglia

Tra i nostri associati ve ne sono alcuni i cui studi e le cui esperienze hanno un rilievo particolare, di caratura internazionale, SITD da questo punto di vista è probabilmente la Società di settore con una dote più significativa in Italia; alcuni tra i più significativi studiosi dei meccanismi neurobiologici dell'addiction, alcuni tra gli operatori storici dei servizi, ormai con oltre 30 anni di esperienza professionale ed alcuni degli operatori che con più costanza pubblicano articoli di buona qualità su riviste internazionali peer reviewed.

I preziosi di famiglia vanno indossati, con orgoglio, nelle occasioni giuste e comunque sempre, in modo costante ed anche un po' rituale, nell'ambito dei Congressi nazionali e nelle altre occasioni di rilievo significativo; la mia impressione è che spesso il loro utilizzo sia stato un po' casuale, che ogni tanto ci si sia dimenticati di alcuni di loro.

Come in un concerto, fatto come si deve, di una vecchia band di successo alcuni pezzi storici non possono mancare mai.

(3) Lavoriamo per un accesso facilitato alla letteratura scientifica

Dovrà essere approntata la possibilità per i Soci di avere full access alla letteratura scientifica di settore ed alle principali riviste scientifiche nelle discipline di nostra competenza attraverso specifici accordi con le biblioteche scientifiche nazionali e con le Biblioteche virtuale per la salute, sul modello, ad esempio, della Regione Piemonte, dove tutti gli operatori del SSR possono accedere gratuitamente alle principali riviste mediche generaliste (BMJ, JAMA, Lancet; NEJM ecc..), a tutta la letteratura free access in modo facilitato e possono richiedere di reperire

gratuitamente specifici articoli nella rete di biblioteche scientifiche collegate.

Dovrà essere mantenuta e rinforzata la collaborazione con la Cochrane, in particolare in considerazione che il gruppo che si occupa specificamente di Droghe e alcol ha sede in Italia ed ha visto diversi suoi esponenti attivi nell'ambito della nostra Società.

(4) Cogliamo ogni occasione per promuovere la divulgazione scientifica, contro lo stigma

Nel nostro settore viviamo in gran parte in un'epoca che definirei “pre galileiana”; gran parte dell'opinione pubblica (come gran parte del mondo dei decisori politici) crede ancora che il sole giri intorno alla terra, cioè che l'uso problematico di droghe, l'alcolismo, il gambling, il fumo di tabacco e così via siano vizi più o meno benevolmente accetti e non l'espressione di uno stato di

compromissione della salute.

E' compito prioritario di una Società scientifica trasferire le evidenze disponibili non solo

(7)

nella pratica clinica ma anche nel sapere collettivo, per adeguare alla realtà il punto di vista della più parte possibile dei comuni cittadini.

Questo è il fronte più importante in chiave strategica del lavoro contro lo stigma.

Le occasioni possono essere le più svariate a partire da piccole iniziative in singoli quartieri a grandi manifestazioni; sia in pubblico, sia sfruttando la carta stampata (i periodici locali in particolare) che i media radiofonici, le TV, il web, i social network.

Ho esperienza specifica nell'uso della TV con collaborazioni con trasmissioni di divulgazione scientifica (SuperQuark, TG Leonardo....) e la mia opinione è che possa essere strutturata una serie di collaborazioni stabili.

Laddove, a livello locale, l'interlocuzione è stata attivata, ad esempio sui temi della riduzione del danno, non è stato difficile convincere ad esempio gli abitanti di alcuni quartieri di grandi città del vantaggio per l'intera collettività dell'erogazione di servizi specifici ai consumatori di droghe iniettive.

(5) Centriamo le iniziative congressuali sull'incrocio tra i bisogni di aggiornamento degli operatori, i saperi disponibili “in casa” e ciò che vogliamo dire alla politica e all'opinione pubblica. Divulghiamone gli atti

La mia impressione è che molte delle iniziative congressuali nazionali e regionali degli ultimi anni siano nate in modo un po' casuale a partire dall'idea di singoli sulla base di specifici interessi con progressive aggiunte ed aggiustamenti che non sempre hanno portato a risultati omogenei e di senso compiuto.

Credo che d'ora in poi sia necessario far riferimento a 4 punti di partenza stabili:

- il patrimonio conoscitivo della base societaria, integrato, dove utile e necessario, da studiosi qualificati esterni alla società;

- le necessità di aggiornamento della platea dei professionisti di settore cui ci indirizziamo;

- gli snodi critici di fase delle scelte politiche di settore in corso (ad esempio in questo periodo sono in discussione in Parlamento sia il recepimento della bocciatura della Fini-Giovanardi che il testo unificato sul gambling);

- la formazione permanente della pubblica opinione.

E' importante anche ritornare alla sana vecchia abitudine di pubblicare e divulgare gli atti in tempo da renderli effettivamente fruibili.

(6) Creiamo e proponiamo pacchetti per formazione itinerante “di qualità”

Basandosi sul patrimonio conoscitivo disponibile è possibile assemblare diversi pacchetti formativi specifici, multiprofessionali, “di SITD” spendibili sia come strumento di aggiornamento che di ritorno economico per la Società ed anche come occasione di proselitismo per nuove associazioni.

La natura itinerante è importante per moltiplicare, con un approccio ecologico, con minor spesa di energie, l'effetto.

(7) Recuperiamo i vecchi soci, attiviamo sezioni in tutte le Regioni

Il data base storico degli iscritti SITD “once in a life” è costituito da un numero di

professionisti tra 1000 e 2000; ciò vuol dire che la maggior parte di coloro che sono stati soci non lo sono più. Sicuramente ci sono quelli che si sono iscritti un'unica volta per ottenere magari un

vantaggio nell'iscrizione ad un convegno o per altri motivi contingenti, ma sicuramente ci sono diverse centinaia di ex soci che non lo sono più perché SITD non è stata in grado di soddisfare le loro aspettative.

E' mia intenzione tra i primi atti della nuova Presidenza, promuovere un'indagine (la più semplice e snella possibile, penso ad un questionario in parte postale e in parte telefonico) che vada a rilevare da un lato i motivi della disaffezione e dall'altro i possibili agganci per una nuova

fidelizzazione.

La politica di SITD non dovrà andar dietro pedissequamente alle esigenze “di mercato” ma

(8)

più attenzione alle necessità dei soci dovrà essere prestata.

Parimenti bisognerà lavorare per una diffusione sul territorio nazionale più omogenea e meno legata a motivi contingenti ed estemporanei sia che siano gli esiti di iniziative congressuali o la minore o maggiore intraprendenza di questa o quella sezione regionale.

(8) Ripristiniamo la Consulta delle società scientifiche e delle Associazioni professionali Ho Coordinato la Consulta per 3 anni e mezzo e, pur con la fatica che mi è costato

quest'impegno, ritengo ancora indispensabile che le principali Società ed associazioni del nostro settore si coordinino in particolare nell'interloquire con la politica.

Nel 2007 abbiamo anche tenuto a Roma presso l'Istituto Superiore di Sanità un'iniziativa Congressuale specifica “di Consulta” con la partecipazione di alcuni esponenti politici tra i quali gli allora Ministri della Solidarietà sociale e Sanità.

Non è pensabile che oggi ogni realtà associativa interagisca separatamente con questa o quella parte, sortendone spesso un quadro frammentario e parziale. Qualcuno anni fa rappresentò efficacemente questa situazione come quella dei 4 capponi di Renzo ne “I promessi sposi”.

Sicuramente la responsabilità principale del coma profondo in cui giace la Consulta e di chi non ha retto con sufficiente energia il coordinamento nel triennio 2008 – 2011 ma anche SITD non ha manifestato un interesse a mio giudizio sufficientemente alto a che l'esperienza riprendesse fiato.

(9) Implementiamo una politica più attiva e creativa delle entrate

Poco conosco in realtà il Bilancio attuale della nostra Società; ritengo che le entrate sinora siano state rappresentate da un discontinuo flusso di quote di iscrizione (azzardo, 10-15.000 euro all'anno) annuali, utili (improbabili) da iscrizioni ai Congressi nazionali e regionali e supporto di privati (Case farmaceutiche) per specifiche iniziative.

Ritengo, come detto sopra, si debba intervenire a razionalizzare, stabilizzare e rendere più trasparente l'interlocuzione con i privati portatori di interesse:

- Iscrizioni alla Società : le quote annue debbono essere maggiormente diversificate e deve esserci un sistema premiale per chi rinnova l'iscrizione nella prima parte dell'anno; deve essere maggiormente responsabilizzato in termini economici chi ha incarichi nazionali e regionali a partire dal Presidente per il quale propongo una quota d'iscrizione annua di 500 euro.

- Contributi delle case Farmaceutiche: come detto sopra propendo per un sistema che preveda l'erogazione da parte delle industrie di settore “al buio”, a prescindere dalla nostra compiacenza nel trattare benevolmente nelle nostre iniziative questo o quel prodotto. Nonn sarà facile ottenerlo ma ritengo la cosa molto importante.

- 5 per mille L'idea è di Luigi Stella nella sua presentazione, la condivido pienamente - Pacchetti formativi una buona gestione dei pacchetti formativi può tradursi in un costante flusso di entrate, specie per le iniziative di ambito regionale.

(10) Improntiamo all'economia la logistica del Direttivo

Tutti i professionisti impegnati nel Direttivo SITD Consulta hanno anche molteplici altri incarichi e agende cariche di impegni. E’ necessario attuare un calendario che venga incontro il più possibile alle difficoltà dei componenti sia in termini di sede (il più possibile baricentrica rispetto alle città di provenienza o stabilmente o con un criterio rotatorio; fissata nei luoghi dove

convergono i componenti che viaggiano, vale a dire aeroporti o stazioni ferroviarie), predefinito, pur con una ragionevole flessibilità, di anno in anno strutturando i punti salienti di eventi, impegni associativi, e necessità organizzative del direttivo attraverso la definizione del calendario sociale dell’anno successivo.

Propongo che vi siano, in linea di massima, 4 incontri “fisici” e 2 - 4 incontri telematici all'anno possibilmente organizzati tramite videoconferenza.

(9)

Chi sono

Sono nato nel 1954, come la Televisione in Italia ed il rock 'n roll nel mondo.

Ero di 3 kili, con 3 giri (ma mia madre man mano che invecchia aumenta...) di cordone ombelicale intorno al collo, forse per quello non ho mai sopportato le cravatte.

Mio padre – non c'è purtroppo più da molti anni - era professore di Gasdinamica al Politecnico di Torino, mia madre – ora ha quasi 90 anni - insegnante di francese e scrittrice.

Sono il secondo di 4, una posizione di mezzo, piuttosto comoda: ho 2 fratelli più giovani ed 1 sorella più grande, anch'essa medico.

Sono andato a scuola a 5 anni e ho fatto il ciclo delle scuole primarie alla scuola ebraica di Torino, anche se non sono ebreo (il padre di mia madre lo era); è andata così perché i miei genitori la ritenevano (allora) la a scuola più laica della città.

Ho fatto il liceo classico dove l'hanno fatto le mie zie e mio padre ma, come a lui, a me è sempre piaciuta più la matematica del greco.

A 18 anni volevo studiare Ingegneria navale ma poi mi sono iscritto a medicina come la metà della mia classe di liceo, perché c'era un debito sociale da saldare.

Laureatomi a 24 anni con una tesi sulle complicanze neurologiche del diabete, sono entrato a Medicina Interna al secondo tentativo (al primo sono arrivato 16° e ne prendevano 15...); ho incominciato a frequentare l'Università, facevo le notti al pancreas artificiale, era una macchina grande come un comò, piena di tubi che si intasavano tutti i momenti. Li ho scoperto la parola algoritmo, una delle poche cose buone che mi porto dietro da quell'esperienza, che via via mi è sembrata più inadatta a me; non sopportavo il clima, la competizione esasperata, il collega di specializzazione che si strappava le pagine di Diabetes prima che tu le potessi leggere …

Ho cominciato allora a fare guardie mediche, medicina generale, medicina scolastica.

Nel 1983 mi son trovato davanti al bivio della mia vita; mi hanno chiamato per un posto in Medicina Generale in un grande ospedale torinese (avevo vinto il concorso l'anno prima) e quasi contemporaneamente mi hanno proposto un incarico libero-professionale per 25 ore settimanali nell'allora neonato Centro per le Tossicodipendenze di Rivoli.

Presi, contro il parere di tutti, la strada sbagliata, l'Ospedale non mi piaceva proprio; oltre 30 anni dopo eccomi ancora qua, su quella stessa strada sbagliata.

Sbagliata ma mia, in neve fresca come si dice sulle mie montagne.

Ora ho 60 anni, un matrimonio concluso 10 anni fa alle spalle, due figli grandi: Alice, 26 anni, è a Londra e lavora come animatrice 3D di video e film, Giovanni, 24 anni, è ad Agape, fa l'operatore in un centro ecumenico della Tavola valdese.

Io vivo in una borgata di mezza montagna in cui siamo in 11, contando anche la mucca di Livio; con Marzia, la mia compagna e la piccola Linda, la nostra delizia di poco più di 1 anno.

Poi ci sono anche Olga, una vecchia Golden Retriever molto affettuosa e Nino, gatto cieco e grasso (qualcuno dice che non ci vede più dalla fame...).

Coltivo il mio orto e curo i miei alberi da frutta, spesso alzandomi all'alba prima del lavoro.

Le vacanze da qualche anno a questa parte le faccio, quando posso, su Marzapane, la barca a vela che con il mio socio Francesco abbiamo comprato nel 2007; il prossimo lavoro sarà,

quest'inverno, quello di mettere la rete sulle draglie, perché la piccola Linda ha incominciato a camminare.

La canzone che amo di più sin dalla mia adolescenza è la struggente versione di Joe Cocker a Woodstok nel 1969 di “With a little help from my friend” di Lennon McCartney.

Con un piccolo aiuto da parte dei miei amici.

Appunto.

(10)

La mia esperienza

Dal 1978 al 1983 attività ospedaliera, Scuola di specializzazione a Torino in Medicina Interna.

Dal 1981 al 1991 medico di base a Rivoli (To).

Dal 1983 inizio l'attività nel campo delle tossicodipendenze a Rivoli, presso il Servizio pubblico di assistenza medica e sociale.

Dal 1989 al 1995 e dal 2006 al 2007. sono consulente per le tossicodipendenze della Regione Piemonte

Psicoterapeuta famigliare, sistemico-relazionale dal 1991.

Dal 1991 sono Responsabile del Ser.T dell'U.S.L. 25 di Rivoli;

Dal 1995 la responsabilità si estende al territorio dell' A.S.L 5 (Collegno-Grugliasco; Rivoli e poi Alpignano; la valle di Susa).

Dal 1999 sono Direttore (Primario) di Struttura Complessa (l'Unità Operativa Complessa Servizio per le tossicodipendenze “Dora Riparia”).

Dal 1 dicembre 2001 sono Direttore del Dipartimento “Patologia delle dipendenze”

dell’ASL 5 del Piemonte, dal 1 gennaio 2008 ASL TO3

Nell'ambito dell'attività Ser.T. ho fondato, assieme ai miei collaboratori:

- nel 1993 la Comunità terapeutica specialistica pubblica "Lucignolo & Co." a Rivoli (residenziale dal 1994; attualmente, 20 posti, tratta disturbi additivi da alcool, cocaina e gioco d'azzardo patologico ed ha un modulo di residenzialità breve di riduzione del danno);

- nel 1996 l'Unità di Strada "Sottovento", operante nell'ambito della limitazione del danno nel territorio dell'A.S.L. 5 del Piemonte;

- nel 1998 il Centro Diurno diagnostico terapeutico "Altrove, verso l'indipendenza" a Grugliasco (dal 2010 “SpazioAltrove”; attualmente tratta disturbi additivi da cibo, sesso ed affetti nell'ambito del Programma “MenoMApiù”)

- nel 2002 l’Unità di Sopravvivenza notturna per tossicodipendenti attivi, 10 posti,

“Endurance” a Rivoli

- nel 2004 il Servizio per il Gioco d'Azzardo Patologico (nell'ambito del quale dal 2006 la CT breve simbolico esprienziale per giocatori “Sidecar”)

- nel 2007 il Drop In “PuntOFermo” a Collegno

Attualmente dirigo direttamente (SC Ser.T. “Dora Riparia”) 8 gruppi di lavoro (4 Strutture ambulatoriali a Collegno, Rivoli, Venaria e Val di Susa e le attività sovradistrettuali succitate) per complessive 80 unità di personale. Sono inoltre responsabile dipartimentale, come Direttore di Dipartimento, delle SC Ser.T. “Sangone” e “Pinerolo”

Sono socio ordinario, dalla sua fondazione nel 1991, della SITD (Società Italiana Tossicodipendenze), della quale sono stato per 7 anni consigliere nazionale e per la quale dal febbraio 2005 al settembre 2008 ho ricoperto il ruolo di Coordinatore nazionale della Consulta delle Società e delle Associazioni che rappresentano gli operatori professionali del campo dei comportamenti additivi.

Dall’ottobre 2006 al maggio 2008 sono stato Rappresentante delle Regioni nel Tavolo inter istituzionale sulle politiche comunitarie ed internazionali del Governo italiano nel campo delle droghe.

Dal dicembre 2006 al maggio 2008 sono stato Membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio droghe presso il Ministero della Solidarietà Sociale; nel biennio 2007- 2008 sono stato referente scientifico per la redazione della Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze.

Dal gennaio 2007 al dicembre 2009 sono stato Coordinatore dei Gruppi regionali del Piemonte sulla Riduzione del danno e sull’Accoglienza ambulatoriale

Dal 2008 al 2011 sono stato Responsabile scientifico del Progetto nazionale sul gioco d'azzardo “Il gioco è una cosa seria”.

(11)

Chi me lo fa fare?

Bella domanda, varrebbe la pena di chiedere “passiamo alla prossima!”. Provo a rispondere così: nel 1983 quando con un colpo di testa scelsi l'incertezza di un incarico precario in un settore strampalato al posto del certo posto da assistente di medicina in un Ospedale con la O maiuscola mio padre, con il quale c'era un dialogo molto rarefatto e sempre sui massimi sistemi, mi disse di stare attento a non sprecare il mio talento nel fare cose più adatte ad un prete che a un medico.

Molti allora (ed anche ancora adesso) ritenevano che le dipendenze avessero più a che fare con il lavoro quotidiano di un Don che di un Dott..

Il file rouge della mia storia professionale è stato proprio quello di tentare di mettere in luce la natura scientifica e professionale del lavoro di un medico, di un operatore della salute, nel mondo delle addiction.

Un medico della persona, da internista diventato esternista.

Presiedere la Società scientifica che nel mio paese per prima ha affermato con dignità ed orgoglio quello che avrei voluto dimostrare a mio padre sarebbe per me la vetta di questa bellissima e faticosa salita in neve fresca.

paolojarre, ottobre duemila14

Riferimenti

Documenti correlati

 Collaborare con operatori socio-sanitari, società scientifiche, organizzazioni civiche, Istituzioni e mondo dell’informazione per combattere lo stigma sociale, investendo in

Programma Scientifico - 27 Settembre 2017 MiCo MIlaNo CoNgreSSI. Programma Scientifico - 27 Settembre 2017 MiCo

Gli Standard Italiani per la Cura del Diabete AMD-SID (3) non menzionano in nessuna parte la fruttosamina, parametro che è invece menzionato dagli Standard di Cura del

Comparative role of intravitreal ranibizumab versus bevacizumab in choroidal neovascular membrane in age-related macular degeneration. Bevacizumab vs ranibizumab for

Questa enfasi sul tornare a desiderare può apparire una fuga in avanti rispetto all’andamento piatto della nostra cultura collettiva, rispetto ai duri problemi attuali della

10.10-10.40 30 Nuove prospettive genomiche nello studio di zone di ibridazione tra i principali vettori afrotropicali di malaria del complesso Anopheles gambiae. Pichler Verena

DAFNAE – Università Padova 14.40-14.50 10 Drosophila suzukii: origine, diffusione e. attuali linee

RIV. a due volte il più piccolo dei due vettori A e B, si può dire che il segnale di media frequenza è modulato con la frequenza differenza delle por- tanti