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XXX del XXX, ha trasmesso il quesito avanzato da alcuni sostituti procuratori dell’ufficio, teso a conoscere “il carattere vincolante o meno del protocollo

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OGGETTO: Pratica num. 148/VV/2019 - Quesito di alcuni sostituti procuratori volto a conoscere il carattere vincolante o meno del protocollo - attuativo delle Linee guida in materia di trattazione dei procedimenti penali e di priorità - alla luce del provvedimento 13.12.2018 del Procuratore della Repubblica.

(delibera 21 dicembre 2021) Il Consiglio

premesso che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di XXX, con nota n. XXX del XXX, ha trasmesso il quesito avanzato da alcuni sostituti procuratori dell’ufficio, teso a conoscere

“il carattere vincolante o meno del protocollo” - attuativo delle Linee guida in materia di trattazione dei procedimenti penali e di priorità, sottoscritto il 6.12.2018 - “alla luce del provvedimento 13.12.2018 del Procuratore della Repubblica”;

considerato che con il citato protocollo, sottoscritto dal Procuratore e dal Presidente del tribunale di XXX, sono state individuate diverse ipotesi di c.d. “archiviazione processuale”, ossia quella per prossima prescrizione del reato, sia anteriormente all’esercizio dell’azione penale1 sia per i procedimenti a citazione diretta, da distinguersi tra procedimenti non prioritari per cui il PM ha già chiesto la fissazione della prima udienza alla data di entrata in vigore del protocollo e quelli, prioritari o non prioritari, per cui il PM, alla data di entrata in vigore, non ha ancora avanzato richiesta di fissazione della prima udienza 2;

rilevato che con il provvedimento 3.12.2018, il Procuratore di XXX ha richiamato l’attenzione dei magistrati dell’ufficio sugli “adempimenti pratici inerenti la fase dell’’archiviazione processuale’ e quella dibattimentale dei processi per citazione diretta nei quali il pubblico ministero non abbia ancora richiesto la data della prima udienza (archiviazione ove la data indicata non consenta un utile esercizio dell’azione penale, con contestuale revoca della richiesta della data di udienza)”, fornendo una serie di indicazioni ai magistrati e alle segreterie volte a favorire la fluida definizione dei procedimenti con richiesta di archiviazione c.d. processuale;

OSSERVA

1. I criteri di priorità: la recente produzione consiliare.

La Circolare sull’organizzazione degli uffici di Procura del 16.11.2017 (da ultimo modificata in data 16.12.2020) e le delibere del 9.7.2014 e dell’11.5.2016, in essa richiamate, disciplinano la possibilità per il dirigente dell’ufficio di procura del potere di individuare priorità ulteriori rispetto a quelle indicate all’art. 132 bis disp. att. c.p.p.

In particolare la Circolare sull’organizzazione degli uffici di Procura attualmente vigente (di seguito, Circolare), prevede:

1 Prevedendosi la richiesta di archiviazione, nei casi di reati non prioritari, quando la prescrizione maturi nei 24 mesi successivi alla data della richiesta di archiviazione per i delitti e nei 12 mesi per le contravvenzioni.

Nei casi di reati prioritari, quando la prescrizione maturi nei 12 mesi successivi alla data della richiesta di archiviazione per i delitti e nei 6 mesi per le contravvenzioni.

2 Prevedendosi, per i procedimenti, prioritari o non prioritari, per i quali il pubblico ministero, alla data di entrata in vigore del protocollo, non abbia ancora richiesto la fissazione della prima udienza che - dopo la richiesta di fissazione di udienza, da avanzarsi per gruppi omogenei di procedimenti (prioritari/non prioritari) – ove la data indicata dal Presidente della sezione non consenta un utile esercizio dell’azione penale (se il reato non prioritario si prescriva entro 24 mesi dall’emananda sentenza, ipotizzandosi una durata media dei processi di un anno e mezzo) – il PM richiederà l’archiviazione, revocando la richiesta di data udienza.

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- all’art. 3, intitolato “Ragionevole durata del processo e azione penale obbligatoria”, che: “1.

Allo scopo di garantire la ragionevole durata del processo, il Procuratore della Repubblica assicura un’attenta e particolareggiata analisi dei flussi e delle pendenze dei procedimenti ed il loro costante monitoraggio, anche avvalendosi della Commissione Flussi istituita presso il Consiglio giudiziario della Corte d’Appello, nonché dei dati acquisiti dai Presidenti dei Tribunali sul ricorso ai riti speciali e sugli esiti delle diverse tipologie di giudizio. 2. Il Procuratore della Repubblica, nel rispetto del principio di obbligatorietà dell’azione penale e dei parametri fissati dall’art. 132-bis disp. att. c.p.p. e delle altre disposizioni in materia, può elaborare criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti.

Indica i criteri prescelti al fine dell’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, tenendo conto della specifica realtà criminale e territoriale, nonché delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili. 3. Nell’elaborazione dei criteri di priorità, il Procuratore della Repubblica cura l’interlocuzione con il Presidente del tribunale ai fini della massima condivisione, ed opera sia tenendo conto delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti, sia osservando i principi enunciati nelle delibere consiliari del 9 luglio 2014 e dell’11 maggio 2016 in tema, rispettivamente, di “criteri di priorità nella trattazione degli affari penali” e di “linee guida in materia di criteri di priorità e gestione dei flussi di affari - rapporti fra uffici requirenti e uffici giudicanti”;

- all’art. 7 comma quinto, intitolato “Il progetto organizzativo”, che il progetto organizzativo contiene eventualmente i criteri di priorità nella trattazione degli affari.

Come detto, la Circolare contiene un espresso richiamo alle delibere del 9.7.2014 e dell’11.5.2016 in materia di priorità, prevedendo l’osservanza a cura del Procuratore dei principi ivi enunciati per l’elaborazione dei criteri di priorità.

In particolare con la delibera del 9 luglio del 2014, in tema di “Criteri di priorità nella trattazione degli affari penali”, è stata affermata:

- da un lato, l’impossibilità di autorizzare “di diritto (o tollerare di fatto), qualsivoglia accantonamento di procedimenti (così abbandonando intere categorie di reati ad un destino certo di estinzione per prescrizione)” e l’impraticabilità di “qualsiasi iniziativa organizzativa che produca un automatismo degli effetti estintivi per prescrizione”

conseguente ad un accantonamento di intere categorie di procedimenti;

- dall’altro lato, la necessità di “fornire una risposta trasparente a uno stato di necessità, per regolare situazioni che, siccome caratterizzate per tabulas da una oggettiva impossibilità di tempestiva trattazione di tutti i procedimenti penali pendenti, richiedono l’adozione di moduli organizzativi adeguati, al fine di evitare o la mera casualità nella trattazione degli affari (e quindi il rifiuto di ogni razionalizzazione del lavoro) oppure l’adozione di criteri di fatto disomogenei all’interno dello stesso ufficio, non verificabili e perciò più esposti ad abusi e strumentalizzazioni”.

Nel contemperamento tra le diverse esigenze con tale delibera:

i) è stata affermata la necessità della “preventiva verifica circa l’impossibilità di attivare strumenti organizzativi alternativi” 3, in linea con la ratio giustificatrice di una misura che, lungi dal poter divenire una fisiologica e stabile modalità di definizione degli affari, può trova il suo fondamento solo in un vero e proprio “stato di necessità” dell’ufficio;

ii) sono stati modulati i criteri di individuazione delle priorità ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 132 bis disp.att. c.p.p.; in particolare, sul presupposto di dover collocare il rischio della prescrizione su un piano paritario e non più preminente rispetto agli altri (come nella risoluzione del 13 novembre 2007), sono stati indicati quali ulteriori criteri

3 Sul punto la delibera indicata fa riferimento, a titolo meramente esemplificativo, ad eventuali coassegnazioni nell’ambito dell’ufficio ed al ricorso ad applicazioni dai Tribunali del distretto per concorrere all’attuazione di un ragionato piano di smaltimento.

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qualitativi di riferimento nella scelta delle priorità: la gravità e la concreta offensività del reato, la soggettività del reo, il possibile pregiudizio derivante dal ritardo per la formazione dei ruoli, l’interesse (anche civilistico) della parte offesa;

iii) allo scopo di evitare che l’individuazione di priorità ulteriori rispetto a quelli di legge fosse rimessa al singolo magistrato, è stata evidenziata la necessità che tale individuazione sia filtrata attraverso atti di indirizzo rimessi alla responsabilità del dirigente dell’ufficio, da adottarsi in primo luogo all’atto di formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici e infradistrettuali, da rinnovare annualmente, con le modifiche eventualmente rese necessarie dal mutamento della situazione degli uffici all’atto della predisposizione annuale del programma di gestione dei procedimenti penali; è stato altresì raccomandato che tali atti di indirizzo siano preceduti, ai fini del necessario coordinamento, dalla conferenza distrettuale, convocata dal Presidente della Corte di Appello e dal Procuratore Generale, con la partecipazione anche dei dirigenti amministrativi, di tutti gli uffici giudicanti e requirenti del distretto e dei presidenti degli ordini forensi territoriali o loro delegati, rimarcando l’imprescindibile necessità che il dirigente dell’ufficio giudicante, nella selezione dei criteri di priorità, effettui un opportuno concerto con il Procuratore della Repubblica, per le ricadute derivanti dalla selezione delle stesse sul principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale.

Con specifico riferimento all’individuazione dei criteri di priorità da parte degli uffici requirenti con tale delibera è stato affermato che “in assenza di un sistema di tipizzazione delle priorità legislativamente predeterminato, la individuazione di linee guida finalizzate a scongiurare l’insorgenza di ingiustificate disparità nel concreto esercizio dell’azione penale deve essere rimessa ai singoli dirigenti delle Procure della Repubblica, tenendo conto dei criteri adottati dai corrispondenti uffici giudicanti”.

Le suddette linee di indirizzo sono state ulteriormente sviluppate nella delibera dell’11 maggio 2016, contenente la risposta al quesito di un procuratore che chiedeva di conoscere se fosse conforme ai principi di efficienza e di buon andamento della scelta del dirigente dell’ufficio giudicante non evadere per lungo tempo (anche due anni) le richieste di fissazione delle udienze, per poi indicare date ad ulteriore distanza variabile (da uno o due anni) 4.

In detta delibera è stato ribadito che le misure organizzative in materia di priorità possono essere adottate ove costituiscano una soluzione necessitata e temporanea, trattandosi di uno dei moduli possibili per fare fronte all’impossibilità di fare fronte all’oggettiva impossibilità di trattare tutti i procedimenti penali pendenti.

Ricorrendo tali presupposti, è stato affermato che le scelte organizzative eventualmente adottate dai dirigenti degli uffici in materia di priorità “costituiscono una corretta risposta di efficienza,

4 In risposta poi allo specifico quesito posto, con riferimento all’aspetto di interesse, è stato risposto che:

“1) è preciso compito del Presidente del Tribunale e del Procuratore della Repubblica individuare, in applicazione dei descritti principi di coordinamento e leale collaborazione, i moduli attuativi delle priorità e della gestione dei flussi di affari, con il comune obiettivo di evitare determinazioni unilaterali, anche tenendo conto delle valutazioni compiute in sede di conferenza distrettuale.

2) in mancanza di modalità concertate fra gli uffici, anche sollecitate dal Presidente della Corte d’appello e dal Procuratore generale;

- il Procuratore della Repubblica, a fronte della constatazione della assenza di concerto e della concreta e diffusa impossibilità – per l’ingente mole dei carichi di lavoro – di definizione dei processi in fase dibattimentale nel termine prescrizionale, deve valutare ogni soluzione alternativa alla massiva richiesta di fissazione di udienza per tutte le tipologie di reati ex art. 550 c.p.p., che determinerebbe inevitabili criticità in termini di efficienza, efficacia e trasparenza del complessivo esercizio dell’ attività giudiziaria.

- non è in ogni caso conforme al sistema ordinamentale vigente che la Presidenza del Tribunale, a fronte di richieste di fissazione di udienze monocratiche formulate dalla Procura, le lasci inevase per un tempo superiore a quello che ragionevolmente necessita per i soli profili organizzativi di espletamento delle relative procedure

3) i provvedimenti in materia di priorità, degli uffici giudicanti e requirenti, anche laddove non assunti nelle forme tabellari, vanno adottati sentiti i magistrati dell’ufficio e trasmessi al Consiglio Superiore della Magistratura previo parere del Consiglio giudiziario”.

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razionalità, trasparenza ed efficacia della funzione giudiziaria, pienamente rispettosa dei relativi valori costituzionali ed attuativa del principio di obbligatorietà dell’azione penale alle condizioni date. Si tratta di una giusta risposta, poi, anche nell’ottica della tutela del singolo magistrato, al quale occorre fornire i criteri di priorità a fronte di un carico di lavoro spesso poco gestibile e magmatico, sproporzionato rispetto alle risorse ed alle esigibili risposte di giustizia che possono fornirsi all’utente, con conseguente esposizione alle valutazioni disciplinari e di professionalità. Il provvedimento del dirigente dell’ufficio in materia di “priorità” sarà strumento di orientamento del lavoro del singolo, del quale il Consiglio potrà tener conto sia in materia di valutazione di professionalità del singolo magistrato (con particolare riferimento al rapporto fra quantità e qualità degli affari trattati), che in occasione della conferma o della nuova nomina ad altro incarico del dirigente (con particolare riferimento alla natura ed alla efficacia delle disposizioni adottate)”.

Con particolare riferimento agli uffici requirenti è stato chiarito:

- che “così come i dirigenti degli uffici giudicanti, facendo leva sull’art. 132 bis disp. att. e sui poteri tabellari conferiti loro dal legislatore e dalla disciplina consiliare, hanno il diritto-dovere di organizzare i ruoli ed assegnare i processi nell’ambito di una programmazione del lavoro, che tenga conto delle esigenze organizzative e di efficienza dell’ufficio ed esoneri in certi limiti il singolo giudice da scelte di priorità personalizzate, è indubitabile che potere analogo, o addirittura maggiore per effetto della sottrazione delle scelte organizzative al controllo tabellare, risulti in capo al Procuratore della Repubblica, nell’ambito del potere-dovere di assicurare il corretto, puntuale e uniforme esercizio dell’azione penale” 5;

- che a ben vedere “scelte di priorità sono immanenti nel precipuo esplicarsi del potere di organizzazione del Procuratore della Repubblica, attraverso la discrezionale distribuzione delle risorse umane e tecnologiche, il concreto impiego della polizia giudiziaria, la declinazione del principio di semispecializzazione attraverso la creazione di gruppi di lavoro, l’emanazione di direttive in materia di protocolli investigativi, la creazione di strutture di trattazione centralizzata degli affari, l’indirizzo per l’utilizzazione massiva di riti alternativi come il decreto penale di condanna, e dunque a prescindere dalla eventuale enunciazione di un catalogo di reati prioritari, intesi in astratto o attraverso concorrenti metodi selettivi (es. valore economico del bene protetto, offensività in concreto ecc..)”.

Con specifico riguardo alla possibile ‘postergazione’ o ‘accantonamento’ dei procedimenti ed agli aspetti di possibile frizione di siffatte soluzioni con il principio di obbligatorietà dell’azione penale, è stato affermato che “una Procura non “selettiva”, in presenza di situazioni difficili come quelle descritte e note per molti uffici, riverserebbe una indistinta quantità di processi monocratici al Tribunale, imponendo una serie di adempimenti del tutto inutili nella misura in cui i processi una volta incardinati, subirebbero l’inevitabile ed auspicabile selezione per effetto di criteri di priorità fissati dal Presidente del Tribunale. E sarebbero, in ogni caso, esposti ad un notevole rischio di prescrizione che ne vanificherebbe ogni effetto di accertamento, sanzionatorio e general/special preventivo. La indiscriminata e soprattutto indistinta richiesta di fissazione di udienza per tutte le tipologie di reati ex art. 550 c.p.p., nella consapevolezza delle difficoltà del tribunale e di una sostanziale impossibilità di tempestiva definizione nel termine prescrizionale, pur non potendo ritenersi illegittima, manifesterebbe una significativa criticità organizzativa dell’Ufficio requirente sia in termini diretti di mancata selezione della prioritaria azione di contrasto alla criminalità, sia di vanificazione dello stesso esercizio dell’azione penale, operato senza la doverosa valutazione delle concrete conseguenze processuali, cui dovrebbe sempre tendere il responsabile esercizio del

5 Sempre con riferimento al potere dei dirigenti degli uffici requirenti di primo grado di adottare scelte in materia di priorità, è stato poi evidenziato come si ponesse anche l’esigenza di individuare, da parte della Procura Generale, criteri trasparenti e predeterminati per un corretto esercizio del potere di avocazione, che, “per l’entità dei procedimenti astrattamente rientrabili nell’ambito della previsione normativa, non potrà essere massivamente esercitata per la carenza di mezzi strutturale di tali uffici, per cui ne deriverà, anche in questo campo, un fisiologico potere di selezione che necessita della enunciazione di criteri di riferimento”.

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potere requirente. A ben valutare, infatti, gli effetti di un massivo trasferimento alla successiva fase - quella del giudizio – di <tutti> i fascicoli pendenti nella fase delle indagini preliminari, sarebbero per lo stato attuale della giustizia ed in mancanza di significative scelte di priorità del Tribunale, inevitabilmente quelli della ridotta definizione dei processi, anche di quelli che per Legge dovrebbero avere trattazione prioritaria”.

In quest’ottica sono state indicate come ‘un punto di equilibrio e razionale scelta organizzativa, le soluzioni che prevedono, previo concerto, una preventiva valutazione della effettiva capacità di trattazione degli affari monocratici in un anno da parte del Tribunale, con conseguente autolimitazione della Procura nella trattazione ed evasione dei reati a citazione diretta, previa valutazione delle priorità da assicurare in questo settore penale. In tal modo il Tribunale esercita una scelta di razionalità ed efficienza che comunica preventivamente alla Procura, la quale a sua volta potrà impiegare razionalmente le risorse e indirizzare le proprie scelte di organizzazione anche alla luce della concreta possibilità di trattazione dell’ufficio giudicante, con conseguente beneficio anche per la Corte d’appello. Soluzioni necessitate, si auspica temporanee, concertate e rispettose delle rispettive competenze, che evitano situazioni di conflitto e di stallo, e si rivelino idonee ad aumentare il grado di trasparenza dell’amministrazione della giustizia”.

Fatte tali premesse sul piano procedimentale è stata rimarcata “la necessità, ancora una volta, che le scelte siano concertate e caratterizzate da una razionalità complessiva che, del resto, non può non coinvolgere, in questo momento storico, le Corti di appello afflitte da notevoli arretrati e da carenze di organico consistenti. Si torna al metodo della concertazione e della collaborazione istituzionale fra gli uffici. Nel rispetto delle competenze di ciascuno e dei poteri autonomi nei rispettivi ambiti in materia di priorità e organizzazione e del lavoro”.

Sempre sul piano procedimentale è stato chiarito che i provvedimenti in materia di priorità possono essere inseriti in provvedimenti tipici (quali la tabella, il programma di gestione od il progetto organizzativo) ovvero in provvedimenti ad hoc; nel primo caso tali misure seguono il regime proprio dei provvedimenti in cui sono inseriti, mentre nel secondo caso debbono comunque essere

“il frutto di una scelta partecipata del dirigente dell’ufficio con i semidirettivi e con i magistrati dell’ufficio, attraverso l’indizione di riunioni e l’acquisizione di contributi nel merito delle scelte” e debbono essere in ogni caso trasmessi al Consiglio, previo parere del consiglio giudiziario, per la presa d’atto, con o senza rilievi.

Traendo le fila della suesposta elaborazione consiliare può in sintesi concludersi che le misure in materia di priorità, oltre ad essere facoltative in quanto integranti solo uno dei moduli organizzativi possibili, debbano rispondere ai seguenti principi: i) debbono integrare una soluzione necessitata, preceduta dalla verifica circa l’oggettiva impossibilità di trattazione di tutti i procedimenti penali pendenti e di attivazione di strumenti organizzativi alternativi; ii) debbono integrare una soluzione temporanea, dovendosi tenere conto, anche mediante periodici monitoraggi, degli eventuali mutamenti della situazione dell’ufficio; iii) debbono essere precedute, ai fini della individuazione delle priorità, da un indagine statistica condotta in termini non solo quantitativi ma, anche e soprattutto, qualitativi; iv) devono essere preceduti dalla conferenza distrettuale al fine di trovare la massima condivisione tra gli uffici coinvolti e devono inoltre essere in ogni caso adottati seguendo, all’interno dell’ufficio, un procedimento partecipato, destinato a concludersi con un provvedimento inserito o in altro provvedimento organizzativo tipico (di cui seguirà il regime ordinamentale) od in un provvedimento ad hoc (da trasmettere al Consiglio per la presa d’atto previo parere del consiglio giudiziario).

2. I poteri organizzativi del dirigente dell’ufficio requirente ed i protocolli in materia di priorità.

Le suesposte previsioni della Circolare, come intergrate dalle delibere del 2014 e del 2016, consentono di tracciare il nucleo essenziale del potere organizzativo del dirigente dell’ufficio requirente in materia di priorità.

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Il Procuratore, ove chiamato ad operare in un sistema che nel suo complesso sia impossibilitato a fronteggiare l’intera domanda di giustizia (considerata anche la situazione dell’ufficio giudicante e l’eventuale impossibilità di assicurare una definizione di tutti i giudizi in tempi ragionevoli e nel termine di prescrizione), può adottare soluzioni organizzative, incidenti sui tempi delle indagini e, correlativamente, dell’esercizio dell’azione penale, che prevedano una graduazione dei reati da perseguire, attribuendo precedenza alla trattazione di quelli ritenuti di maggiore rilevanza e postergando gli altri minusvalenti, senza, tuttavia, mai abdicare, neppure per questi ultimi, all’esercizio dell’azione penale.

In tal caso il Procuratore deve innanzitutto formulare un progetto di organizzazione dell’ufficio nel quale, previa ricognizione dei flussi6, del volume degli affari da trattare, delle risorse umane e di mezzi disponibili, nonché dell’impossibilità di attivare strumenti organizzativi alternativi, espliciti le ragioni per cui non è realisticamente possibile la persecuzione di tutti i reati, secondo l’oggettivo criterio cronologico dell’avvio delle indagini in base al momento dell’iscrizione della notizia di reato.

Il dirigente deve, quindi, motivatamente individuare i procedimenti cui riconoscere trattazione

“cronologicamente anticipata”: a tal fine terrà conto, innanzitutto, delle priorità indicate dall’art.

132 bis disp. att. c.p.p., che individua una gerarchia di urgenze costituente un imprescindibile criterio di riferimento anche nella scelta della tempistica di svolgimento delle attività requirenti;

inoltre, sulla scorta di una previa indagine statistica, potrà individuare gli ulteriori procedimenti (diversi da quelli elencati all’art. 132 bis cit.) necessitanti di una rapida definizione, indicando gli indici, anche qualitativi, in base ai quali tali ulteriori priorità sono state selezionate.

Va in ogni caso sottolineato, come già accennato, che le soluzioni organizzative adottate in tema di priorità devono rivestire il carattere di “soluzioni necessitate” e “temporanee”, sicché, per esempio, non potranno essere ritenuti conformi alla normativa secondaria moduli organizzativi destinati a rinnovarsi tacitamente, risolvendosi in misure non temporanee, ma tendenzialmente stabili.

E’ necessario, invero, che le iniziative intraprese siano effettivamente coerenti rispetto alle concrete condizioni degli uffici in un determinato momento e che vengano modificate e adeguate con il variare dei flussi, delle pendenze e delle sopravvenienze, da monitorare periodicamente.

A questi ben definiti poteri organizzativi del dirigente se ne affiancano altri, meno tipizzati, desumibili da alcuni passaggi delle citate delibere del 2014 e del 2016 7, dedicati all’adozione di moduli organizzativi concordati con i dirigenti degli uffici giudicanti, funzionali ad una gestione più efficiente e celere degli affari.

Nella risoluzione del 2016, a proposito della necessità di osservare, nelle scelte di priorità, il metodo della condivisione tra i dirigenti degli uffici giudicanti e degli uffici requirenti, ancor più esplicitamente è stato affermato come esso non debba ‘interessare solo la concertazione sul catalogo dei reati prioritari”, essendo opportuno che includa “anche e soprattutto, i moduli organizzativi per farvi fronte, nel rapporto per esempio, fra Procura e Ufficio GIP in relazione agli uffici centralizzati per la trattazione degli affari semplici, o fra procura e dibattimento in relazione alla semispecializzazione nella trattazione degli affari, come sperimentato con successo in alcuni uffici giudiziari le cui scelte vanno assurte a buone prassi da diffondere ed emulare”.

In un successivo passaggio della medesima delibera il Consiglio ha poi, con formula ancor più aperta, rimesso alla “piena discrezionalità dei dirigenti” la ricerca di ogni soluzione utile “ad una governance partecipata e condivisa dell’azione giudiziaria nel settore penale”; in questa prospettiva sono state indicate come iniziative virtuose la creazione di uffici centralizzati per l’evasione di affari omogenei (le richieste di decreti penali di condanna) o l’abbinamento, sulla base del criterio della specializzazione, dei P.M. alle sezioni dibattimentali, rimettendo ai vari attori

6 Potendosi avvalere, a tal fine, anche della competente Commissione istituita presso il Consiglio Giudiziario e dei dati forniti dal Presidente del Tribunale.

7 Che, come detto, sono state recepite nella Circolare tramite il rinvio contenuto all’art. 3 comma terzo.

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istituzionali l’individuazione di altri moduli idonei a favorire un’organizzazione delle attività degli uffici adeguata a dar corso ad un’azione giurisdizionale efficiente e celere.

Indicazioni di questa natura, da parte del dirigente degli uffici di procura, trovano fondamento nell’esigenza di assicurare uniformità ed omogeneità all’azione dell’ufficio, anche a garanzia dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Tanto per gli interventi in materia di priorità tanto per gli interventi volti ad individuare ulteriori moduli organizzativi dell’ufficio il dirigente, oltre a curare la previa concertazione con gli altri uffici mediante in sede di conferenza distrettuale, deve altresì curare la previa interlocuzione con i magistrati dell’ufficio e la partecipazione degli stessi al procedimento di elaborazione delle misure organizzative in esame.

Sarà in particolare necessario:

- nel caso di provvedimenti adottati con il (o recepiti nel) progetto organizzativo, seguire l’iter di cui all’art. 8 della Circolare, nonché, in caso di successiva modifica nell’arco del triennio di vigenza del progetto organizzativo, il procedimento di cui al secondo comma del medesimo art. 8;

- nel caso di provvedimenti ad hoc, adottare un metodo partecipato e condiviso, attraverso l’indizione di apposite riunioni e l’acquisizione di possibili contributi nel merito delle scelte, con successiva trasmissione al Consiglio del provvedimento adottato per la presa d’atto, con o senza rilievi, previo parere del Consiglio giudiziario.

E’ inoltre diffusa la prassi di formalizzare le intese raggiunte tra i dirigenti degli uffici requirenti e degli uffici giudicanti nell’individuazione delle priorità con l’adozione di protocolli.

Occorre premettere che, nella produzione consiliare in materia di priorità, non è presente il riferimento alla sottoscrizione di protocolli, mentre sono esplicitamente menzionati i verbali relativi ai lavori della conferenza distrettuale, precisando che essi devono essere allegati ai progetti organizzativi degli uffici o ai programmi di gestione (come indicato nella citata delibera del 9 luglio 2014).

Nondimeno, il dato formale appare irrilevante a fronte del fatto che il Consiglio, per l’individuazione delle priorità, ha raccomandato la massima condivisione delle scelte tra uffici, prevedendo espressamente all’art. 3, co. 3, della Circolare, che il dirigente dell’ufficio requirente elabori i criteri di priorità nel rispetto delle indicazioni emerse in sede di conferenza distrettuale, nonché dei principi enunciati nelle delibere del 2014 e del 2016, curando l’interlocuzione con il Presidente del Tribunale.

In dette delibere, come sopra già evidenziato, il Consiglio, ritenendo non adeguate alla complessità dei problemi determinazioni unilaterali dei dirigenti nel settore delle priorità, ha indicato nella conferenza distrettuale (cui partecipano i dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti, di primo e di secondo grado, i presidenti degli ordini forensi territoriali, i dirigenti amministrativi) il luogo della concertazione e del coordinamento, raccomandando poi al Procuratore della Repubblica e al Presidente del Tribunale di effettuare scelte organizzative condivise.

A fronte dell’assetto descritto, deve ritenersi che i protocolli recanti la formalizzazione delle intese raggiunte tra i dirigenti degli uffici dirimpettai in materia di priorità costituiscano una coerente attuazione del metodo della concertazione voluto dal Consiglio.

Circa i possibili contenuti dei protocolli, deve osservarsi che, in assenza di un’espressa definizione degli ambiti ricompresi nella concertazione in materia di priorità, è ragionevole ritenere che essi possano contenere tutte le intese rientranti nel perimetro dei poteri organizzativi propri dei dirigenti.

Dunque, i protocolli possono prevedere:

- l’individuazione di tipologie astratte dei procedimenti a trattazione prioritaria e dei procedimenti a trattazione postergati;

- ogni intervento relativo all’organizzazione delle attività degli uffici volto a rendere più celere e spedita la trattazione dei procedimenti (ad esempio, l’istituzione di strutture centralizzate, la concentrazione ad un’unica udienza dei procedimenti trattabili dai VPO o di quelli che seguono criteri di specializzazione);

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- l’indicazione, in termini generali, delle condizioni di applicazione di istituti processuali con efficacia deflattiva del carico giudiziario, purché le modalità applicative siano giuridicamente supportate, si pongano cioè nel solco della legalità (quali ad esempio, l’archiviazione per la particolare tenuità del fatto o la richiesta di emissione del decreto penale di condanna).

Di contro la modalità di definizione dei procedimenti per i quali sia imminente il termine di prescrizione, attraverso la richiesta di archiviazione per prossima prescrizione del reato, incide direttamente sul corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali e non può quindi che essere rimessa alla valutazione nel singolo procedimento da parte del pubblico ministero e del giudice, mentre non può essere oggetto né di concertazione tra i dirigenti degli uffici né di direttive da parte del dirigente ai magistrati dell’ufficio.

3. L’ampiezza dei poteri del dirigente in rapporto all’autonomia dei magistrati dell’ufficio.

Ove adottati nel rispetto dei principi sopra enunciati e del procedimento sopra delineato, i provvedimenti adottati dal dirigente in tema di priorità ulteriori rispetto a quelle legali costituiscono un necessario criterio di riferimento per i sostituti procuratori dell’ufficio nell’organizzazione degli affari, inteso come la necessità, nell’organizzazione dell’attività da parte del sostituto, di accordare priorità a tali tipologie di procedimenti, senza tuttavia comportare refluenze a carattere vincolante sulla definizione dei singoli procedimenti.

Resta infatti ferma la possibilità per il singolo sostituto di valutare, con prudente apprezzamento, se le peculiarità del caso concreto giustifichino la deroga a tale criterio di riferimento, informando nei casi più rilevanti il Procuratore della Repubblica nell’ambito dei rapporti di leale collaborazione con la dirigenza dell’ufficio.

Inoltre, come detto, il dirigente dell’ufficio requirente, nel perseguimento dell’obiettivo di garantire uniformità ed omogeneità all’azione complessiva dell’ufficio, può anche fornire ai magistrati dell’ufficio indicazioni generali circa gli astratti presupposti per l’applicazione di istituti processuali deflattivi, purché esse siano conformi alle condizioni richieste dalla legge per l’accesso agli stessi:

ove ricorra tale conformità e tali indicazioni generali siano adottate nel rispetto della sopra richiamata normazione secondaria, le stesse possono essere di orientamento nelle determinazioni da assumere nei casi singoli.

Analogamente le previsioni dei protocolli, nei soli limiti in cui contengono soluzioni rientranti nei poteri organizzativi del dirigente dell’uffici e siano recepite nel progetto organizzativo od in un provvedimento ad hoc (a loro volta adottati secondo l’iter procedimentale delineato al paragrafo che precede), sono efficaci nei confronti dei magistrati dell’ufficio requirente, come necessario criterio di rifermento, nella parte in cui indicano le priorità ulteriori rispetto a quelle legali, e come criteri di orientamento nella parte relativa alle altre soluzioni funzionali alla celere ed efficiente definizione dei procedimenti.

Eventuali contrasti tra il dirigente e il sostituto in relazione all’applicazione di tali indicazioni con riferimento a singoli procedimenti troveranno soluzione sulla base della necessaria interlocuzione che deve sempre precedere la revoca e la rinuncia all’assegnazione, secondo quanto previsto dagli artt. 15 e 16 della Circolare.

Viceversa, non possono avere alcuna efficacia nei confronti dei magistrati dell’ufficio indicazioni del dirigente, ancorché di carattere generale, che implichino il ricorso ad istituti processuali non previsti (od al di fuori dei casi in cui sono ammessi dalla legge) o che incidano direttamente sul corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali, rimesso alla valutazione nel singolo procedimento da parte del pubblico ministero e del giudice.

Per quanto concerne il caso in esame va, quindi, escluso che il dirigente dell’ufficio di procura possa imporre o anche solo indicare ai magistrati dell’ufficio forme definitorie dei procedimenti o altre soluzioni deflattive, implicanti il ricorso ad istituti processuali non previsti o fuori dai casi in cui essi sono ammessi.

Tanto premesso,

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delibera di rispondere al quesito nei termini seguenti:

a) nel rispetto dei sopra richiamati principi elaborati dalla normativa secondaria il dirigente dell’ufficio requirente, in materia di priorità, può individuare le tipologie di procedimenti a trattazione anticipata e quelle a trattazione postergata; può altresì fornire ai magistrati dell’ufficio indicazioni generali circa gli astratti presupposti per l’applicazione di istituti processuali deflattivi;

dette direttive costituiranno un necessario criterio di riferimento per i magistrati dell’ufficio relativamente all’indicazione dei procedimenti prioritari, ferma la possibilità per il singolo sostituto di valutare, con prudente apprezzamento, se le peculiarità del caso concreto giustifichino la deroga a tale criterio di riferimento, informando in tal caso il Procuratore della Repubblica nei casi più rilevanti, nell’ambito dei rapporti di leale collaborazione con la dirigenza dell’ufficio; per la residua parte varranno come criteri generali ed astratti di orientamento;

b) i protocolli tra dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti, contenenti la formalizzazione delle intese intervenute in materia di priorità, sono ammissibili e possono avere ad oggetto: 1) i criteri di priorità (in esse sempre incluse quelle indicate all’art. 132 bis cit.), intesi come graduazione temporale dell’ordine di trattazione dei procedimenti, con individuazione di quelli cui va attribuita precedenza e di quelli postergati; 2) altre soluzioni organizzative, funzionali alla celere ed efficiente definizione dei giudizi e dei procedimenti, compresa l’indicazione, nel rigoroso rispetto delle norme primarie, delle condizioni generali per il ricorso ad istituti deflattivi;

c) le previsioni dei protocolli, nei limiti in cui contengono soluzioni rientranti nei poteri organizzativi del dirigente dell’ufficio, ove recepite nel progetto organizzativo o in un atto ad hoc nel rispetto del relativo iter procedimentale, sono efficaci nei confronti dei magistrati dell’ufficio requirente come necessario criterio di riferimento, nella parte in cui indicano le priorità, ferma la possibilità per il singolo sostituto di valutare, con prudente apprezzamento, se le peculiarità del caso concreto giustifichino la deroga a tale criterio di riferimento, informando in tal caso il Procuratore della Repubblica nei casi più rilevanti, nell’ambito dei rapporti di leale collaborazione con la dirigenza dell’ufficio; per la residua parte varranno come criteri generali ed astratti di orientamento;

d) esula dai poteri del dirigente in materia di criteri di priorità e dall’ambito della possibile concertazione tra i dirigenti degli uffici l’indicazione di soluzioni processuali con diretta incidenza sul concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali sprovviste di adeguato supporto normativo di rango primario (quali, ad esempio, l’archiviazione c.d. processuale). "

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