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Quesito del magistrato coordinatore dell'Ufficio di Sorveglianza di XXX

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OGGETTO: Pratica num. 40/VV/2018. Quesito del magistrato coordinatore dell'Ufficio di Sorveglianza di XXX.

(delibera 5 febbraio 2020) Il Consiglio

- vista la nota con cui il dott. XXX, magistrato coordinatore dell’Ufficio di sorveglianza di XXX, ha chiesto se negli Uffici di sorveglianza periferici, ai fini della partecipazione alla conferenza permanente di cui all’art. 3 DPR 133/2015 ed agli effetti dell’individuazione del datore di lavoro di cui all’art. 1 lett. g) del D.M. 12.2.2002, il capo dell’ufficio giudiziario sia da individuare nel Presidente del Tribunale di sorveglianza ovvero in un magistrato preposto all’ufficio periferico e, in tale ultimo caso, quali siano i criteri per la sua individuazione;

- visto il parere dell’Ufficio studi e documentazione del Consiglio n. 52/2015 del 2.3.2015;

- vista la nota datata 4.12.2018, con cui il Presidente del Tribunale di sorveglianza di XXX ha risposto alla richiesta della Settima commissione del 12.11.2018, volta a conoscere le competenze ed i poteri, eventualmente anche di spesa, dei magistrati coordinatori degli Uffici di sorveglianza del distretto1;

OSSERVA

Il magistrato coordinatore dell’Ufficio di sorveglianza di XXX, con nota datata 21 luglio 2017, ha rappresentato che il precedente Presidente del Tribunale di sorveglianza aveva rilasciato una delega ai magistrati preposti all’Ufficio di sorveglianza di XXX per la partecipazione alla Conferenza permanente presso il Tribunale di XXX, considerandola una competenza propria, mentre l’attuale Presidente non aveva conferito detta delega, ritenendo sussistente una competenza del magistrato coordinatore dell’ufficio locale. Ha, quindi, chiesto al Consiglio Superiore di precisare se negli uffici di sorveglianza periferici, ai fini della partecipazione alla conferenza permanente di cui all’art. 3 DPR 133/2015 ed agli effetti dell’individuazione del datore di lavoro ex art. 1 lett. g) D.M.

12.2.2002, il capo dell’ufficio giudiziario sia da individuare nel Presidente del Tribunale di sorveglianza ovvero in un magistrato preposto all’ufficio periferico e, in tale ultimo caso, quali siano i criteri per la sua individuazione.

Al fine di rispondere compiutamente al precisato quesito occorre in primo luogo chiarire, sul piano normativo, quali siano i rapporti tra gli uffici di sorveglianza ed i Tribunali di sorveglianza e, segnatamente, se spettino al magistrato addetto all’Ufficio di sorveglianza (o, in presenza di più magistrati ivi addetti, al coordinatore dell’Ufficio di sorveglianza) ovvero al Presidente del Tribunale di Sorveglianza tutti i compiti amministrativi 2, oltre che giudiziari, di competenza del dirigente dell’Ufficio.

1 Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di XXX ha allegato lo stralcio del progetto tabellare vigente, dal quale si evincono le competenze ed i poteri dei magistrati coordinatori degli uffici di sorveglianza di XXX e di XXX, che, in particolare, indicano con proprio provvedimento, sentito il responsabile della cancelleria, i criteri di organizzazione amministrativa dell’ufficio. Quanto al potere di spesa, il predetto Presidente ha precisato che gli uffici di sorveglianza del distretto sono titolari di capitolo di spesa per la gestione delle spese di ufficio; solo per quanto attiene le spese di carburante relative al mezzo di ufficio, esse, in caso di esaurimento dei fondi assegnati a tali uffici, vengono riassegnate, per le quote residue, ove vi sia ancora disponibilità dal Presidente del Tribunale di sorevglianza agli uffici che ne hanno bisogno.

2 Tra essi rientrano l’adozione di ordini di servizio per il personale amministrativo dell’ufficio; la gestione dei fondi annuali assegnati dal Ministero della Giustizia per le spese di ufficio, delle spese di giustizia e dei beni mobili;

l’esercizio del potere disciplinare nei confronti del direttore amministrativo dell’ufficio; la partecipazione alla

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Tra le norme di riferimento va sicuramente menzionato l’art. 68 della Legge 26 luglio 1975, n. 354 (cd. “Ordinamento penitenziario”), che, al comma 1, stabilisce che “Gli uffici di sorveglianza sono costituiti nelle sedi di cui alla tabella A allegata alla presente legge e hanno giurisdizione sulle circoscrizioni dei Tribunali in essa indicati”.

Ebbene, al di là della indiscussa autonomia degli uffici di sorveglianza rispetto all’Amministrazione penitenziaria in ragione della loro natura giurisdizionale 3, è del tutto pacifica la configurabilità dell’Ufficio di sorveglianza non quale sezione del Tribunale di sorveglianza, bensì come ufficio pienamente autonomo dal tribunale stesso.

In particolare, devono essere ricondotti alla reciproca autonomia i rapporti fra i vari uffici di sorveglianza, pur evidenziandosi che, all’interno di tali rapporti, sussiste un più stretto collegamento – sempre privo di ripercussioni con riguardo all’autonomia dei singoli uffici – tra gli uffici di sorveglianza afferenti allo stesso distretto di Corte di Appello.

Infatti, la parte iniziale del comma terzo dell’art. 70 testimonia come il Tribunale di Sorveglianza funzioni non come struttura con composizione permanentemente costituita, bensì come organo che si forma mediante la rotazione di tutti i magistrati di sorveglianza in servizio nel distretto.

In tale ottica si spiega il compito di coordinamento affidato al Presidente del Tribunale di Sorveglianza rispetto agli Uffici di sorveglianza ricompresi nell’ambito dello stesso distretto di Corte di appello, compito previsto e disciplinato dall’art. 70-bis, comma secondo, lett. b) ord.pen., secondo cui:

“Il Presidente del Tribunale, fermo l’espletamento delle funzioni di magistrato di sorveglianza nell’ufficio di appartenenza, provvede:

[…]

b) a coordinare, in via organizzativa, in funzione del disbrigo degli affari di competenza del Tribunale, l’attività degli uffici di sorveglianza compresi nella giurisdizione del Tribunale medesimo”.

Si tratta di un potere di coordinamento rispetto agli Uffici di sorveglianza del distretto finalizzato al disbrigo degli affari di competenza del Tribunale e, comunque, attinente alla relativa attività giudiziaria, potere che trova la sua ratio proprio nel fatto che i magistrati assegnati agli Uffici di sorveglianza vanno a comporre, quali giudici professionali, i collegi del Tribunale di Sorveglianza.

La funzione di giudice presso il Tribunale di sorveglianza è, infatti, un compito che si aggiunge a quello del magistrato di sorveglianza, atteso che, come sopra esposto, il Tribunale è composto dagli stessi magistrati di sorveglianza che operano nel distretto e uno dei suoi membri varia in virtù del meccanismo previsto dal secondo comma dell’art. 70 ord. pen.

Sempre nell’ottica di tale potere di coordinamento devono essere lette anche la lettera c) del citato art. 70-bis, comma secondo dell’ord. pen. (a mente del quale è il Presidente del Tribunale, “fermo l’espletamento delle funzioni di magistrato di sorveglianza nell’ufficio di appartenenza”, “a disporre le applicazioni dei magistrati e del personale ausiliario nell’ambito dei vari uffici di sorveglianza nei casi di assenza, impedimento o urgenti necessità di servizio”), nonché l’ultimo periodo dell’art. 68, comma 2 della Legge 26 luglio 1975, n. 354 (introdotto dal decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, secondo cui il personale amministrativo degli uffici di sorveglianza “non può essere destinato temporaneamente ad altri uffici del distretto giudiziario di appartenenza senza il nulla-osta del presidente del tribunale di sorveglianza”).

Deve essere invece esclusa, a fronte della riconosciuta autonomia dell’Ufficio di sorveglianza, ogni ulteriore e non prevista forma di intervento del Presidente del Tribunale negli Uffici di sorveglianza

Commissione manutenzione circondariale; l’autorizzazione delle ferie e dei congedi del personale amministrativo; la rappresentanza dell’ufficio nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari e così via.

3 Secondo Corte cost., 14-1-1986, n. 4, è infondata, in riferimento all’art. 102 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 70 in relazione all’art. 68, l. 26 luglio 1975, n. 354, dovendosi ritenere che tale normativa configuri la sezione di sorveglianza non come giudice speciale ma come organo specializzato appartenente alla giurisdizione ordinaria.

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del distretto per tutto ciò che attiene la organizzazione e la gestione degli uffici, nonché l’organizzazione stessa dei magistrati di sorveglianza dei singoli uffici.

Di non poco momento, ai fini che qui interessano, è anche il secondo comma dell’art. 70 ter ord.

pen., introdotto con legge 10 ottobre 1986, n. 663, secondo cui “per il funzionamento del Tribunale di sorveglianza nonché degli uffici di sorveglianza di cui all’articolo 68 si provvede con assegnazioni dirette di fondi e di attrezzature mediante prelievo delle somme necessarie dagli appositi capitoli del bilancio di previsione del Ministero della Giustizia”.

La disposizione - innovativa rispetto all’art. 68 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificato dall’art. 7 della legge 12 gennaio 1977, n. 14 - attesta, in un’ottica di razionalizzazione del sistema, la piena autonomia, quanto alla destinazione dei fondi e di attrezzature, del Tribunale di sorveglianza e degli Uffici di sorveglianza, che vengono individuati come soggetti distinti e, in quanto tali, direttamente e separatamente assegnatari delle dotazioni ministeriali e dei relativi fondi5.

Occorre infatti precisare come la descritta autonomia contabile non attribuisca al Tribunale di sorveglianza del distretto una veste di superiorità o di ascendenza nei rapporti con gli Uffici di sorveglianza del distretto, cui appartengono i magistrati di sorveglianza che compongono il Tribunale stesso.

Ciò in quanto il citato art. 70 ter, nel momento stesso in cui ha previsto un’assegnazione diretta di fondi e attrezzature per il Tribunale di sorveglianza, l’ha disposta anche per gli Uffici di sorveglianza (ovviamente anche se non sono sede del Tribunale di sorveglianza), così rimarcandone espressamente l’autonomia, da intendersi, a questi fini, come indipendenza gestionale, funzionale, economica.

Così ricostruito il quadro normativo, giova per altro verso evidenziare anche che il Consiglio Superiore ha già considerato il magistrato preposto all’Ufficio di sorveglianza come magistrato dirigente dell’ufficio stesso.

E invero, la delibera consiliare dell’8 maggio 2013, nel rispondere ad un quesito, ha sostenuto che

“in carenza della figura di dirigente amministrativo di seconda fascia le funzioni che il D. Lgs.

240/06 attribuisce al dirigente amministrativo devono essere svolte, fino alla rivisitazione della dotazione organica, dal magistrato preposto all’Ufficio di sorveglianza”. Tale risposta si pone in linea di continuità con quanto deliberato dal Consiglio il 25 gennaio 2007, allorché ha concluso che negli uffici giudiziari ove la dotazione organica non preveda una figura di dirigente amministrativo di cd. seconda fascia, le funzioni che il D. Lgs. n. 240/06 attribuisce al dirigente amministrativo (artt. 2 ,3 e 4) dovranno essere svolte dal magistrato dirigente dell’ufficio, che in tal modo concentra su di sé, temporaneamente, tutte le competenze dirigenziali dell’ufficio.

L’Ufficio non dipende quindi, anche per quanto attiene ai compiti amministrativi e gestionali, dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza, che, non essendo il magistrato dirigente dell’Ufficio di sorveglianza, non è chiamato a svolgere ed a concentrare su di sé tutte le competenze dirigenziali degli Uffici di sorveglianza del distretto.

Va, altresì, ricordato che la relazione della Commissione Mista per lo studio dei problemi della Magistratura di Sorveglianza 6, istituita con delibera dell’Assemblea plenaria del 4 maggio 2011, è giunta alle medesime conclusioni, laddove così si è espressa: “i magistrati “preposti” agli uffici di

4 L’art. 7, ultima parte della legge 12 gennaio 1977, n. 1 (“Modificazioni alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sull’ordinamento penitenziario, e all’articolo 385 del codice penale”) precisava come fosse l’Ufficio di sorveglianza che aveva sede nel capoluogo del distretto a provvedere anche alle spese relative al funzionamento della sezione di sorveglianza (corrispondente all’odierno “tribunale di sorveglianza” secondo l’art. 70-ter ord. pen.).

5 Si è osservato come tale dichiarata autonomia economica del Tribunale di sorveglianza rispetto all’Ufficio di sorveglianza, anche quando coincidente con la sede del Tribunale, trovi la sua ratio nella concreta modalità di funzionamento del Tribunale stesso: la gestione delle udienze camerali e tutta la attività inerente la registrazione, istruzione ed esecuzione dei provvedimenti adottati in camera di consiglio comportano inevitabilmente una gestione di mezzi e di personale, che rende necessaria una autonoma disponibilità economica funzionale all’erogazione del servizio.

6 Relazione della Commissione Mista per lo studio dei problemi della Magistratura di Sorveglianza, pagine 26-27.

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sorveglianza territoriali sono attualmente gravati da una rilevante molteplicità di compiti correlati sia alle funzioni inerenti alla direzione dell’ufficio giudiziario (con rappresentanza esterna del medesimo nei confronti dei soggetti terzi), sia afferenti all’espletamento – per così dire – “in supplenza” delle funzioni proprie del funzionario amministrativo dirigente di cancelleria …, figura professionale che – nella pianta organica dei suddetti uffici territoriali – non è quasi mai prevista”.

In definitiva, gli elementi innanzi evidenziati depongono tutti, concordemente, nel senso che, in ragione dell’autonomia – anche amministrativa e contabile - riconosciuta ai singoli Uffici di sorveglianza, appartenga alla competenza del magistrato addetto all’Ufficio di Sorveglianza e non già al Presidente del Tribunale di Sorveglianza lo svolgimento di tutti i compiti amministrativi, oltre che giudiziari, di spettanza del dirigente dell’ufficio, ivi compresi i poteri di spesa.

Alla luce della ricostruzione che precede può darsi risposta allo specifico quesito formulato dal magistrato coordinatore dell’Ufficio di sorveglianza di XXX e affermarsi quanto segue.

Allorché l’art. 3 del DPR 18 agosto 2015, n. 133 (“Regolamento sulle misure organizzative a livello centrale e periferico per l’attuazione delle disposizioni dei commi 527, 528, 529 e 530 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190”) stabilisce che “in ogni circondario opera la Conferenza permanente composta dai capi degli uffici giudiziari e dai dirigenti amministrativi” e laddove il D.M. 12.2.2002 (“Individuazione del datore di lavoro e vigilanza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro”), all’art. 1, prevede che, ai sensi del decreto legislativo 19.9.1994 n.

626, come modificato, “sono datori di lavoro: …. g) per gli uffici giudiziari, i rispettivi capi”, con riferimento agli Uffici di sorveglianza deve intendersi quale “capo dell’ufficio” non già il Presidente del tribunale di sorveglianza, bensì il magistrato preposto all’ufficio stesso, che, agendo in virtù di una competenza propria, non necessita di alcuna delega.

Vi è, infine, da precisare che, qualora presso un Ufficio di sorveglianza siano in servizio più magistrati, sarà necessario che le tabelle di organizzazione indichino (secondo criteri oggettivi e predeterminati) quale, tra questi, sia il magistrato coordinatore e, dunque, il “capo dell’ufficio”7. Tanto premesso,

delibera

di rispondere nei seguenti termini: negli Uffici di sorveglianza, ai fini della partecipazione alla conferenza permanente di cui all’art. 3 DPR 133/2015 ed agli effetti dell’individuazione del datore di lavoro di cui all’art. 1 lett. g) del D.M. 12.2.2002, il capo dell’ufficio giudiziario va individuato nel magistrato preposto all’ufficio periferico ovvero, laddove siano in servizio più magistrati, nel magistrato coordinatore dell’ufficio stesso, da individuare nel progetto tabellare."

7 Nelle vigenti tabelle dell’Ufficio di sorveglianza di XXX (ove sono in servizio tre magistrati) come in quelle dell’Ufficio di sorveglianza di XXX (ove sono presenti quattro magistrati) il progetto tabellare individua nominativamente il magistrato coordinatore, in quanto magistrato con maggiore anzianità di ruolo.

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