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l'a.g.o., previsto dall'art. 7, settimo comma, della legge n. 223 del 1991, non poteva riferirsi alla sola gestione dei lavoratori dipendenti,

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Prestazioni - Assicurazione contro la disoccupazione - Contributi e prestazioni - Indennità - In genere - Diritto alla c.d. mobilità lunga ex art. 7, settimo comma, legge n. 223 del 1991 - Requisito dell'anzianità contributiva di ventotto anni

nell'assicurazione generale obbligatoria - Computo di periodi contributivi relativi ad attività di lavoro autonomo - Ammissibilità - Fondamento - Ricongiunzione di tali periodi nella gestione dei lavoratori dipendenti - Necessità - Esclusione - Fattispecie.

Corte di Cassazione - 31.10.2002/20.1.2003, n. 771/03 - Pres. Mercurio - Rel.

Morcavallo - P.M. Gialanella (Conf.) - INPS (Avv.ti Picciotto, Fabiani, Gorga) - Paladini (Avv. Fabbri).

Ai fini del conseguimento del diritto alla cal. mobilita' lunga, di cui all'art. 7, settimo comma, della legge n. 223 del 1991, il requisito dell'anzianità contributiva di ventotto anni nell'assicurazione generale obbligatoria può essere raggiunto anche mediante il computo di periodi di contribuzione versata presso le gestioni speciali dei lavoratori autonomi, ben potendo il lavoratore - che abbia versato i contributi in parte nella gestione speciale e in parte in quella dei lavoratori dipendenti - raggiungere i trentacinque anni di contribuzione necessari per il pensionamento nella gestione speciale, previo cumulo "pro quota" dei contributi versati nelle due diverse gestioni, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 233 del 1990, senza necessità di dover domandare la ricongiunzione della posizione contributiva presso la gestione dei lavoratori dipendenti (nella specie, la SC., confermando la sentenza di merito che aveva

riconosciuto il diritto alla c.d. mobilità lunga mediante computo dei contributi versati nella gestione speciale degli artigiani, ha dato conto del contrasto di giurisprudenza esistente sulla questione e, nell'enunciare il principio di cui in massima, ha altresì rilevato come la sottrazione dei lavoratori all'onere della ricongiunzione sia coerente con la tendenza dell'ordinamento alla realizzazione di un sistema di "totalizzazione"

alternativo alla "ricongiunzione", alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 1999).

FATTO. - Con ricorso al Pretore di Lecce, in funzione di giudice del lavoro, depositato il 20 marzo 1997, Giuseppe Paladini, dipendente della ALCATEL S.p.A., chiedeva di condannare l'INPS a ripristinare l'erogazione in suo favore dell'indennità di mobilità lunga, prevista

dall'accordo sindacale stipulato con l'azienda in attuazione dell'art. 7 della legge n. 223 del 1991 ed ingiustamente sospesa dall'Istituto nel settembre 1996, nonché alla restituzione delle somme che lo stesso Istituto aveva illegittimamente preteso a titolo di ricongiunzione presso la gestione dei lavoratori dipendenti dei periodi contributivi di lavoro autonomo.

L'INPS, costituendosi in giudizio, resisteva alla domanda eccependo che il presupposto per ottenere la chiesta indennità era il possesso di ventotto anni di contributi presso l'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, per cui il Paladini, avendo versato i contributi in parte nella gestione dei lavoratori autonomi (artigiani) e in parte in quella dei lavoratori

dipendenti, avrebbe dovuto - per raggiungere i ventotto anni richiesti dalla legge - ricongiungere presso la gestione dei lavoratori dipendenti, ai sensi della legge n. 29 del 1979, i periodi

contributivi versati presso la gestione dei lavoratori autonomi.

Con sentenza del 20 maggio 1998, il Pretore accoglieva la domanda del lavoratore.

La decisione pretorile, appellata dall'INPS, veniva confermata dal Tribunale di Lecce con sentenza del 19 agosto 1999.

I giudici di appello osservavano che il requisito dei ventotto anni di contribuzione presso

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l'A.G.O., previsto dall'art. 7, settimo comma, della

legge n. 223 del 1991, non poteva riferirsi alla sola gestione dei lavoratori dipendenti, secondo la tesi restrittiva dell'Istituto, ostandovi sia il tenore letterale della norma, sia il principio

dell'unitarietà del sistema previdenziale dell'assicurazione generale obbligatoria (che non poteva essere scalfito dalla identificazione, in alcuni testi legislativi, dell'A.G.O. con la gestione dei lavoratori dipendenti): non poteva trovare applicazione la disciplina sulla ricongiunzione, di cui alla legge n. 29 del 1979, essendo invece rilevante, ai fini in esame, la durata della complessiva vita lavorativa del dipendente licenziato, a prescindere dalla gestione presso cui erano stati versati i contributi.

Per la cassazione di tale decisione ricorre l'INPS deducendo un unico motivo di impugnazione.

Il lavoratore resiste con controricorso.

DIRITTO. - Con l'unico motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art.

7, settimo comma, della legge n. 223 del 1991, l'INPS deduce che il principio del cumulo

automatico delle contribuzioni opera solo con riguardo al raggiungimento del diritto a pensione a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, ma non anche per 1'acquisìzione della pensione a carico della gestione dei lavoratori dipendenti, poiché in questo caso il lavoratore deve avvalersi della ricongiunzione (onerosa) dei periodi assicurativi, in linea con una

differenziazione dei diversi periodi conseguente al diverso peso economico della contribuzione nella gestione dei dipendenti, sensibilmente maggiore rispetto a quella prevista per le gestioni speciali: assume l'Istituto, al riguardo, l'irrilevanza del dato letterale, ossia il mero riferimento della disposizione in esame alla gestione generale obbligatoria, senza ulteriori specificazioni, che con tale dizione si intende in genere richiamare solo la disciplina dell'A.G.O. per i lavoratori dipendenti, come dimostrato da una vasta gamma di disposizioni legislative; d'altra parte, secondo l'Istituto ricorrente, la mobilità lunga, avendo il fine di offrire sostegno economico ai disoccupati ormai prossimi alla pensione di anzianità o di vecchiaia, funge sostanzialmente da prepensionamento (mascherato da un trattamento di disoccupazione), per il quale la legge

richiede alcuni requisiti minimi riguardo all'età ed alla contribuzione; in definitiva, riferire il periodo di contribuzione richiesto dalla legge a qualsiasi tipo di contribuzione obbligatoria, compresa

quella dei lavoratori autonomi, vorrebbe dire affermare in via generale un indiscriminato cumulo automatico dei diversi periodi contributivi, non giustificato da un preventivo riscatto di detti periodi nell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti.

Il motivo non è fondato.

La legge 23 luglio 1991 n. 223, all'interno del suo Capo secondo (recante norme in materia di mobilità), prevede, all'art. 7, commi sesto e settimo, che, per i lavoratori occupati in aree sfavorite (aree del Mezzogiorno, zone ad elevata disoccupazione, regioni interessate dagli

interventi dei fondi strutturali della Comunità Europea) ed aventi particolari condizioni di età e di anzianità di lavoro, l'indennità di mobilità (avente ordinariamente una durata limitata, fino ad un massimo di quarantotto mesi) spetti fino alla data di maturazione del diritto a pensionamento di vecchiaia o di anzianità (ai cui fini i periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti utili mediante versamento di contribuzione figurativa).

si tratta della cal. mobilità lunga (nel senso che la durata della prestazione è, in tali ipotesi, prolungata fino al pensionamento), ad efficacia originariamente limitata nel tempo, ma poi variamente prorogata (v. art. 6 legge n. 236 del 1993, legge n. 451 del 1994, art. 81 legge n.

448 del 1998) ed infine destinata a favorire piani di gestione delle eccedenze di personale (art. 3 legge n. 229 del 1997).

Per quanto riguarda il prolungamento della mobilità in attesa della maturazione della pensione di anzianità, i predetti requisiti di età e di anzianità di lavoro sono specificamente indicati nell'art. 7, settimo comma: la mobilità lunga è riconosciuta ai lavoratori che, al momento della cessazione

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del rapporto, abbiano compiuto un'età inferiore di non più di dieci anni rispetto a quella prevista dalla legge per il pensionamento di vecchiaia e possano far valere, nell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, un'anzianità contributiva non inferiore a ventotto anni.

La questione che si pone nella controversia in esame riguarda l'interpretazione di tale disposizione in relazione al requisito dell'anzianità contributiva, dal momento che l'Istituto - essendo incontestato il requisito dell'età - riconosce il diritto alla prestazione ai soli lavoratori che siano in possesso di ventotto anni di contribuzione presso l'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti, mediante versamento di tutta tale contribuzione nella relativa gestione (cal. gestione ordinaria), ovvero mediante ricongiunzione presso

quest'ultima, ai sensi della legge 7 febbraio 1979 n. 29, degli eventuali periodi contributivi maturati nella gestione dei lavoratori autonomi, mentre contesta la sussistenza del medesimo diritto riguardo a quei lavoratori che, come l'intimato, posseggano, all'atto del licenziamento, ventotto anni di contributi in parte nella gestione dei lavoratori autonomi ed in parte in quella dei lavoratori dipendenti, senza avere richiesto la ricongiunzione, presso quest'ultima gestione, dei precedenti periodi contributivi concernenti la pregressa attività di lavoro autonomo.

Riguardo a tale questione si riscontrano due diversi orientamenti di questa Corte, originati da divergenti interpretazioni della disposizione in esame.

Con una prima sentenza, n. 8890 del 2002, si è ritenuto che, ai fini dell'indicato diritto alla mobilità lunga, il requisito dell'anzianità contributiva di ventotto anni debba essere valutato con esclusivo riferimento alla gestione ordinaria dell'assicurazione obbligatoria I.V.S. per i lavoratori dipendenti, sul presupposto che nelle varie leggi previdenziali l'espressione "assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti" è sempre riferita a fattispecie interessanti esclusivamente gli assicurati iscritti alla gestione dei lavoratori dipendenti e che, d'altronde, l'istituto della mobilità lunga è previsto dalla legge in favore di lavoratori iscritti nella gestione ordinaria; consegue da tale interpretazione che i lavoratori interessati debbano far valere i ventotto anni nella gestione ordinaria, con ciò intendendosi, peraltro, che in caso di contributi versati in gestioni diverse i medesimi lavoratori possano presentare la domanda di ricongiunzione anche successivamente alla data del licenziamento.

Con una seconda sentenza, n. 16169 del 2002, si è invece ritenuto che la predetta espressione

"assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti", contenuta senza altre aggiunte nel settimo comma dell'art. 7, si riferisca anche alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi e non solo a quella ordinaria dei lavoratori dipendenti, con la conseguenza che il

lavoratore che abbia maturato i ventotto anni di contribuzione nelle due diverse gestioni ha diritto alla mobilità lunga, potendo egli raggiungere i trentacinque anni di contribuzione - necessari per il pensionamento nella gestione speciale - previo cumulo pro quota dei contributi versati nelle due diverse gestioni, ai sensi dell'art. 16 legge n. 233 del 1990.

Ritiene il Collegio di condividere il secondo di detti orientamenti, sulla base delle seguenti considerazioni.

Il dato testuale della disposizione in esame, che si riferisce, senza ulteriori specificazioni, all'"assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti", appare avvalorato, nell'ambito dei concorrenti criteri interpretativi di cui all'art. 12 delle preleggi, da ulteriori elementi di tipo sistematico, idonei a palesare l'intentio legis.

Assumono rilievo, ai fini in esame, le previsioni normative in virtù delle quali il lavoratore che abbia versato i contributi in gestioni diverse può conseguire la pensione o presso la gestione ordinaria, mediante il meccanismo della ricongiunzione di cui alla legge 7 febbraio 1979 n. 29, o presso la gestione speciale, avvalendosi in tal caso del diverso meccanismo previsto dalla legge 2 agosto 1990 n. 233 di riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi.

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Ed infatti l'art. 16 di quest'ultima legge, la cui previsione discende da principi generali già dettati nelle precedenti disposizioni di estensione dell'A.G.O. agli artigiani e ai commercianti (v., rispettivamente, art. 9 legge 4 luglio 1959 n. 463 e art. 20 legge 22 luglio 1966 n. 613),

determina l'importo della pensione (anche di anzianità) conseguita dal lavoratore autonomo, che vanti periodi assicurativi in gestioni diverse (speciale più ordinaria oppure speciale più speciale) e intenda liquidare la pensione in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con il cumulo dei contributi versati nelle medesime gestioni o in quella ordinaria, stabilendo che tale importo venga ottenuto mediante la somma delle quote di pensione calcolate secondo norme e periodi contributivi di ciascuna gestione e che gli oneri relativi alle predette quote siano a carico delle rispettive gestioni assicurative.

In virtù di tale disciplina, dunque, esiste per il lavoratore assicurato in più gestioni la possibilità di conseguire (attraverso il computo unitario dei vari spezzoni contributivi: c.d. totalizzazione) un trattamento pensionistico frazionato tra i vari regimi (c.d. pro rata) e liquidato presso una delle gestioni speciali, salva restando per lo stesso assicurato la diversa possibilità di conseguire la pensione presso la gestione ordinaria avvalendosi del meccanismo della ricongiunzione, così come esplicitamente previsto dal comma terzo del predetto art. 16 legge n. 233 del 1990.

Mette conto rilevare, al riguardo, che il sistema, così delineato, della considerazione unitaria dei periodi assicurativi maturati in regimi diversi (totalizzazione) non si pone propriamente come un'eccezione ad una regola generale di effettivo trasferimento di contributi da un regime assicurativo ad un altro di finale confluenza, con il calcolo dell'intero trattamento secondo la disciplina propria del regime di destinazione (ricongiunzione), ma si ascrive, piuttosto, ad una precisa esigenza sistematica, rinvenibile sia nell'ordinamento comunitario (v. art. 51 Trattato CE, art. 15 Regolamento CE n. 574 del 1972), sia nell'ordinamento interno (v. art. 71 legge n. 388 del 2000), e sottolineata altresì dalla Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 61 del 1999, ha dichiarato l'illegittimità, in relazione agii art. 2, 3 e 38 della Costituzione, della mancata

previsione, in favore dei lavoratori assicurati, di un regime generale di totalizzazione, alternativo a quello della ricongiunzione (riguardo alla comune funzione unificante di tali meccanismi, in un sistema tuttora improntato alla pluralità dei regimi previdenziali, cfr. Cass. n. 16302 del 2002).

Così individuata la possibilità del lavoratore in mobilità lunga di conseguire la pensione presso una gestione speciale, è evidente che una limitazione del diritto, nel senso del suo

condizionamento alla ricongiunzione presso la gestione ordinaria, sarebbe del tutto incompatibile con il sistema così delineato, poiché trasformerebbe una mera facoltà in un onere e finirebbe con il vanificare la stessa ratio del prolungamento della mobilità, che (con riguardo alla legge n.

223 del 1991) s'identifica con l'esigenza di consentire l'acquisizione della pensione al lavoratore licenziato che è prossimo alla maturazione del diritto, a prescindere dalla gestione presso cui la pensione può essere conseguita.

Un tale condizionamento, poi, neanche sembra poter discendere dalla riferibilità dell'espressione

"assicurazione generale obbligatoria" alla sola gestione dei lavoratori dipendenti, poiché, com'è dimostrato dal testo di disposizioni particolarmente rilevanti nella fattispecie, quali lo stesso art.

16 legge n. 233 del 1990, sopra esaminato, nonché l'art. 1 della citata legge n. 29 del 1979, quando il legislatore ha inteso riferire l'assicurazione generale obbligatoria ai soli dipendenti, lo ha fatto in modo esplicito, a meno che dalla materia, dalla collocazione e dalle finalità della disposizione regolatrice non possa evincersi che il richiamo vale solo per i lavoratori dipendenti.

Né, infine, una siffatta limitazione si sottrarrebbe a dubbi di illegittimità costituzionale, in relazione all'art. 3 della Costituzione, posto che in tal caso la diversità di fatto (differente gestione di

riferimento), del tutto esterna al contenuto del diritto, non varrebbe a giustificare la disparità di trattamento giuridico fra i lavoratori interessati, in un ambito di unitarietà della tutela previdenziale obbligatoria (seppur attuata mediante distinte gestioni) e di identità dei presupposti contributivi

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per il conseguimento della pensione (arg. ex art. 22 legge n. 153 del 1969, art. 1, comma sesto, legge n. 335 del 1995): e, d'altra parte, la previsione di un onere di ricongiunzione presso la gestione dei lavoratori dipendenti (con il conseguente aggravio economico necessario a

compensare la diversa entità delle contribuzioni versate nelle differenti gestioni: v. art. 1, terzo comma, legge n. 29 del 1979), senza possibilità di avvalersi, invece, dei singoli frammenti assicurativi, determinerebbe quella necessitata onerosità che, come s'è visto, la Corte costituzionale ha già ritenuto illegittima (cfr. sentenza n. 61 del 1999 cit.).

Così stando le cose, è evidente, nella fattispecie in esame, che il lavoratore, avendo maturato, alla data del licenziamento, i ventotto anni di contribuzione nelle due diverse gestioni, ha diritto, così come riconosciuto dal Tribunale, alla predetta mobilità lunga, che permette allo stesso lavoratore il raggiungimento dei trentacinque anni di contribuzione (mediante computo dei

contributi figurativi relativi al periodo in mobilità, ai sensi del nono comma dello stesso art. 7) e il conseguimento della pensione di anzianità dalla gestione speciale, previo cumulo dei contributi versati nelle due diverse gestioni e senza onere di domandare la ricongiunzione della posizione contributiva presso la gestione dei lavoratori dipendenti (non ponendosi, quindi, l'ulteriore questione se la domanda di ricongiunzione debba o meno preesistere alla data del

licenziamento).

Ne deriva, conclusivamente, che il ricorso dell'INPS deve essere rigettato.

(Omissis)

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