• Non ci sono risultati.

LIBERTY A MILANO. Il Liberty

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "LIBERTY A MILANO. Il Liberty"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

Il Liberty

Il Liberty è la denominazione che viene data in Italia all’Art Nouveay, facendo riferimento al nome dell'inglese Arthur Liberty, il quale aveva fondato dal 1875 a Londra una ditta che commerciava in oggetti di arredamento di alto livello qualitativo ma destinato ad un largo numero di acquirenti.

L'Art Nouveau è stata una filosofia e uno stile artistico che interessò le arti figurative, l'architettura e le arti applicate che ebbe origine e diffusione in Europa tra il 1890 e il primo decennio del Novecento (nacque in Belgio attorno al 1894).

Il movimento, conosciuto internazionalmente soprattutto con la denominazione francofona, assume localmente nomi diversi ma dal significato di fondo affine, tra i quali: Style Guimard, Style 1900 o Scuola di Nancy (Francia), Arte Modernista o Modernismo in Spagna, Modern Style in Gran Bretagna, Jugendstil (“Stile giovane”) in Germania, Nieuwe Kunst nei Paesi Bassi, Styl Młodej Polski (Stile di Giovane Polonia) in Polonia, Style sapin in Svizzera, Sezessionstil in Austria, Secesija in Serbia e Croazia, Modern in Russia.

In Italia si diffonderà inizialmente con la denominazione Stile Floreale ma, successivamente, sarà noto come Liberty, dal nome dei magazzini inglesi di Arthur Lasenby Liberty, che vendevano stampe e oggetti specializzati nella vendita di oggetti provenienti dall’Estremo Oriente: è infatti il gusto per una decorazione di tipo orientale, con stilemi floreali e naturalistici stilizzati, assieme a componenti misticiste e simboliste, la principale connotazione del nuovo stile.

In qualunque modo venga chiamata questa corrente artistica è simile in tutta l'Europa. La morbida linea curveggiante e simbolica, il decorativismo floreale fine a se stesso, la disposizione planimetrica, sono elementi comuni all'architettura, come alla pittura, alla scultura e alle arti minori.

LIBERTY A MILANO

Cosa:

visita guidata in esterno alla scoperta del Liberty

Dove:

Partenza dalla fermata Palestro della M1 – Lato Giardini Pubblici

Quando: sabato 25 settembre – 15:00

Costo:

socio, primo ospite e primi due figli fino a 14 anni € 4,00 – altri ospiti indicativamente € 15,00

Adesioni: entro venerdì 3 settembre.

(2)

L'Art Nouveau si configurò come stile ad ampio raggio, che abbracciava i più disparati campi: architettura, progettazione d'interni, gioielleria, design di mobili e tessuti, utensili e oggettistica, illuminazione, arte funeraria, eccetera.

Il movimento trae le sue origini dall'ideologia estetica anglosassone delle Arts and Crafts, che aveva posto l'accento sulla libera creazione dell'artigiano, come unica alternativa alla meccanizzazione e alla produzione in serie di oggetti di dubbio valore estetico.

L'Art Nouveau, rielaborando questi assunti, aprì la strada al moderno design e all'architettura moderna. Un punto importante per la diffusione di quest'arte fu l'Esposizione Universale svoltasi a Parigi nel 1900, nella quale il nuovo stile trionfò in ogni campo.

Il movimento si diffuse anche attraverso altri canali: la pubblicazione di nuove riviste, come L'art pour tous, e l'istituzione di scuole e laboratori artigianali.

Lo stile raggiunse probabilmente il suo apogeo durante l'Esposizione Internazionale d'Arte Decorativa Moderna di Torino nel 1902, in cui furono esposti i progetti di designer provenienti dai maggiori paesi europei, tra cui gli oggetti e le stampe dei famosi magazzini londinesi di Arthur Lasenby Liberty.

Il nuovo stile assume nelle cittadine o nelle metropoli di provincia un carattere di ribellione, provocatorio e antiaccademico. A Monaco, Darmstadt e Weimar in Germania le secessioni spesso assumono una sfumatura antiprussiana, in contrapposizione anche allo scenografico, pomposo e spesso di cattivo gusto stile “guglielmino”; a Bruxelles, dove si hanno le prime manifestazioni mature del nuovo movimento, soprattutto come esigenza di uscire dall'ombra della grande vicina Parigi.

Il caso di città come Nancy, Glasgow e Chicago è leggermente differente: sono infatti seconde città che ambiscono ad un ruolo più importante nel paese dal punto di vista economico ed industriale. Conosceranno infatti tutte e tre verso la fine del XIX secolo un intenso sviluppo e registreranno un vertiginoso aumento demografico. Stessa situazione per una città come Barcellona, a cui però si aggiunge il fattore nazionalistico che in un certo senso accomuna il modernismo catalano alle espressioni dello Jugendstil in Finlandia.

Comunque, anche se il movimento dell'Art Nouveau si pone in rottura con la tradizione, non sono estranei i motivi dell'arte tradizionale del posto, che verranno accolti più o meno ovunque, soprattutto a Barcellona, Monaco e in Finlandia.

L'Art Nouveau, comunque, non sarà estraneo alle grandi capitali come Praga, dove abbiamo la grande figura di Mucha, Parigi, dove avrà luogo l'Esposizione del 1900 e Guimard progetterà le stazioni della metropolitana, Berlino, dove nel 1898 nascerà la secessione attorno alla figura di Munch, e Vienna, dove gli artisti della secessione daranno un nuovo aspetto alla città.

La passeggiata

La passeggiata, della durata di due ore, si svolgerà nella zona di Porta Venezia, dove potremo ammirare alcuni dei gioielli del Liberty milanese.

La guida ci accompagnerà a passeggio anche nelle vie adiacenti a Corso Venezia (via Mozart, Via Cappuccini, via Vivaio), note come “il quadrilatero del silenzio”, dove rimarremo sorpresi da fenicotteri rosa, giardini silenziosi e maestosi fiori in ferro battuto.

Non mancheremo di ammirare alcuni dei più famosi palazzi in stile Liberty.

Il programma potrebbe subire variazioni e/o integrazioni.

(3)

Palazzo Castiglioni (Architetto G. Sommaruga – Corso Venezia 47/49 – 1901 – 1903)

È l’esempio più importante del Liberty milanese, firmato dal suo maggior esponente, Giuseppe Sommaruga (1 1 Luglio 1867), egregiamente coadiuvato da una nutrita équipe di artisti, costruttori e fornitori: i fratelli Galimberti (costruttori), lo sculture Ernesto Bazzaro (autore delle statue, poi rimosse, in facciata), Ambrogio Pirovano (artefice dei bassorilievi e dei cementi), la ditta Ghianda e Magnoni (per le decorazioni in ferro battuto) e

infine le ditte Porroni-Canzo e Corda e Malvestiti (rispettivamente per i marmi e per il ceppo).

Tutto l’insieme dell’edificio, realizzato per Ermenegildo Castiglioni e oggi sede dell’Unione commercianti, costituì un grosso avvenimento nella storia dell’architettura milanese: è un’armoniosa e sapiente fusione di elementi costruttivi e decorativi, di spaziature e tagli, di effetti chiaroscurali e di abili sottolineature.

L’asimmetria stessa della costruzione, impostata su uno zoccolo a bugnato rustico, è un ben congegnato artificio per conferire al severo impianto una nota di elegante originalità. E ammirevoli sono, per il risultato compositivo, le finestre nella loro inconsueta impostazione e nella verticalità del taglio, così come la ricca e varia plasticità delle decorazioni scultoree e i bellissimi ferri battuti progettati dallo stesso Sommaruga. L’interno, nonostante i parziali sventramenti di cui è stato fatto oggetto che impediscono di intendere l’idea architettonica che lo governava nel suo insieme, presenta ancora alcuni elementi originali. È ancora possibile, quindi, inoltrandosi nel vestibolo, gustare la genialità dei ferri battuti (nel cancello, nella ringhiera del salone, nel lucernario) che gareggiano con i migliori ferri disegnati dall’Art nouveau internazionale, e apprezzare la solennità sepolcrale dello scalone stesso, fiancheggiato da colonne in labradorite, e il ripetersi, all’interno, dei motivi ornamentali della facciata. Al piano nobile è conservata la “sala dei pavoni”, riccamente decorata a stucchi.

Le case Berri-Meregalli (Architetto G. U. Arata – Via Barozzi, Via Mozart, Vai Capuccini)

Giulio Ulisse Arata, nato a Piacenza nel 1881 e morto a Milano nel 1962, rappresenta la chiusura dell’esperienza liberty a Milano con due episodi molto significativi: la grande casa Felisari (1910) all'angolo tra via Settembrini 11 e via Boscovich 28, 30, 32 e le tre case Berri-Meregalli nell’isolato compreso tra via Serbelloni, via Cappuccini, via Barozzi e via Mozart.

Le due case su via Mozart 21 e via Barozzi 7 vengono

costruite tra il 1910 e il 12. La prima, decorata sulla facciata da affreschi di Pietro Adamo Rimoldi, non è firmata dall’Arata ma gli viene fondatamente attribuita. Entrambe fanno sfoggio di un sapiente uso della pietra e del cemento lavorato, specialità del nostro architetto e in genere dell’architettura liberty.

La casa su via Cappuccini 8 (1911-14) è il suo capolavoro per la ricchezza delle decorazioni e le volumetrie volutamente asimmetriche delle facciate. Siamo ormai quasi fuori dallo stile liberty, che si trasforma in uno stile misto tra tentazioni neobarocche e un incipiente razionalismo. In seguito il razionalismo verrà abbracciato con decisione dall’Arata fino alla sua opera più complessa che è il nuovo ospedale di Niguarda.

(4)

Gli artisti che hanno collaborato nella casa di via Cappuccini sono: Prandoni e Calegari per le sculture esterne, Pietro Adamo Rimoldi per gli affreschi, Angiolo d’Andrea per i mosaici esterni e nell’atrio, Alessandro Mazzucotelli per i ferri. Una stranissima scultura di Adolfo Wildt aggiunge mistero al tenebroso ingresso.

Palazzo Sola Busca (Architetto Aldo Andreani - Via Serbelloni 10-12 – 1924-1927)

Il palazzo fu costruito su un lotto triangolare tra il 1924 e il 1927 su progetto di Aldo Andreani. L'ingresso principale è la parte più decorata del palazzo, in cui si fa ricorso a decorazioni monumentali come timpani, volute e balconi riccamente decorati.

Il pian terreno del palazzo è decorato con un bugnato rustico e con finestre decorate da imponenti serraglie: i piani superiori non appartenenti all'ingresso sono decorati con finestre con semplici modanature rettilinee.

Molto caratteristico è il citofono dell'ingresso secondario in via Serbelloni 10, non più funzionante, dalle forme di un orecchio, opera dello scultore Adolfo Wildt (1868-1931) che lo realizzò in bronzo nel 1927; Wildt era già soprannominato l’oregiàt (l'orecchiaio) per l'alto numero di orecchi che aveva scolpito nella sua carriera ("ne avrò fatti più di mille", diceva lo scultore) e il palazzo venne

ribattezzato dai milanesi la Ca' dell'orègia, la casa dell'orecchio.

Palazzo Fidia (Architetto Aldo Andreani - Via Melegari 3, angolo via Mozart – 1929 - 1932)

Palazzo Fidia è forse la massima rappresentazione artistica dell'architetto mantovano Aldo Andreani. L'edificio occupa un vertice dell'isolato triangolare, rivelando nella sagoma le connessioni con gli altri fabbricati che costituiscono parte dell'originario piano di edificazione dell'area.

Ha pianta a V appena pronunciata e le sue facciate presentano una notevole caratterizzazione, espressione della originalità e creatività dell'architetto nella sorprendente composizione di superfici arretrate e di aggetti, di finestre di ogni foggia immaginabile e di bow-window tondi, di cornici, ghiere e dentellature. Le superfici sono rivestite con tipici materiali lombardi, il mattone, soprattutto, posato con

differenti tessiture, ed il ceppo nelle varietà cromatiche disponibili, ai quali sono aggiunte intense colorazioni con la pittura delle parti intonacate. Emergono un po' ovunque archetti e archi a vento, nicchie e pensiline, timpani e balaustre, pigne e pinnacoli; appena un po' di quiete soltanto verso l'interno del lotto, dove la facciata dell'edificio si fa concava.

Il vertice del palazzo coincide con il monumentale portale d'ingresso, incorniciato e preceduto da una scalea mistilinea. L'atrio rivela la notevole cura dei dettagli, sia nella scelta dei marmi, che nella composizione degli intarsi a pavimento e delle nicchie a parete; fa bella mostra di sé il pregevole scalone in marmo dalle sinuose linee elicoidali.

Non il solo edificio a rappresentare l'eclettismo in città, certo la mescolanza di forme, materiali e richiami stilistici ne fanno un esempio di originalità ed estro artistico in netto contrasto con la cultura del tempo.

(5)

Casa Tensi (Architetto Ernesto Pirovano – Via Vivaio 4 – 1907 - 1909)

Edificio realizzato fra il 1907 ed il 1909 su progetto dell'arch. Ernesto Pirovano, noto esponente dell'eclettismo italiano.

Caratterizzato da lievi decorazioni e bow-windows, sembra più appartenenre ad un gusto Jugendstil che Liberty milanese.

Infatti alcuni critici paragonano, in questo caso, Pirovano a Victor Horta.

In questa casa si nota il vero senso del liberty: la leggerezza. Non si ha più il mattone cupo dell’edificio precedente, gli angoli devono essere il meno possibili spigolosi, le decorazioni sono geometriche e floreali. Anche le finestre non hanno angoli, sono tutte morbide, stondate.

Casa Campanini (Architetto Alfredo Campanini – Via Bellini 11 – 1904 - 1906)

Il palazzo, edificato tra il 1904 e il 1906 dall'architetto Alfredo Campanini per diventare la sua residenza, assieme a Palazzo Castiglioni costituisce uno dei migliori esempi del liberty milanese.

Di immediato impatto sono le belle cariatidi che accompagnano l'ingresso, realizzate in cemento dallo scultore Michele Vedani: benché esse rappresentino un chiaro omaggio alle monumentali cariatidi del Sommaruga poste in origine all'ingresso di Palazzo Castiglioni, queste sculture esprimono una propria intima melanconia.

Il notevole cancello d'ingresso, in ferro battuto, disegnato dallo stesso Campanini[1] e realizzato dal Mazzucotelli, riprende i motivi floreali tipici della decorazione liberty.

La stessa eleganza formale si ritrova nei ferri battuti all'interno del palazzo e nella gabbia dell'ascensore.

Il palazzo nel suo insieme, rispetto al più monumentale Palazzo Castiglioni, assume forme meno maestose, ma più attente alla vita quotidiana.

All'interno del palazzo si può notare la moltitudine di vetri policromi, fregi e affreschi tipici del gusto liberty;

ancora conservati sono gli arredi originali e le ceramiche. Degni di nota sono anche il soffitto del porticato del cortile, in cui il tema floreale viene interpretato mediante disegni di mazzi di ciliegie rosse, e il lampadario in ferro battuto.

Allontanandosi dal palazzo, si può osservare meglio il disegno dei comignoli sul tetto, simili a pinnacoli di sabbia[1].

(6)

Casa Galimberti (Architetto Giovan Battista Bossi - Via Malpighi 3 – 1902-1905)

Progettato dall'architetto Giovanni Battista Bossi (1864- 1924) nel 1903-1905 su incarico dei fratelli Galimberti, è ritenuto uno dei pezzi più brillanti del Liberty milanese grazie al rivestimento di gran parte della facciata esterna con piastrelle figurate in ceramica, ferri battuti e motivi floreali in cemento, tutti disegnati da Bossi.

I fratelli Galimberti costruirono negli stessi anni Casa Campanini (1904-1906), uno degli edifici più

rappresentativi del Liberty milanese, su progetto di Alfredo Campanini (1873-1926).

L’edificio fu costruito in una parte dell’area occupata dalla Società Anonima degli Omnibus (S.A.O), fondata nel 1861 per gestire il trasporto pubblico di Milano con tram a cavallo e che ebbe la concessione anche dell’ippovia ferrata Milano-Monza, inaugurata l’8 luglio 1876 dal principe Umberto di Savoia.

Nel 1900 il Comune decise di indire una gara per un servizio di tram elettrici, vinta dalla Edison, la S.A.O. arrivò seconda con la tecnologia Westinghouse. La rimessa di via Sirtori che ospitava 280 cavalli, fu dismessa, il terreno venduto a privati e gli edifici demoliti tranne 3 scuderie da 54 cavalli, ancora visibili in via Sirtori 32 (società Roland Berger) e 24 (negozio di abbigliamento Nervesa). Fu aperta via Malpighi e costruiti nuovi edifici lungo la via.

L'edificio, sottoposto a vincolo monumentale nel 1965, è formato da due parti non perpendicolari tra loro all’angolo di via Malpighi con via Sirtori, lunghi rispettivamente 32 e 33 metri. Sotto l’angolo del palazzo passa la Roggia Gerenzana, che porta acque

pulite dalla Martesana a Rogoredo per irrigare i terreni agricoli dei Conti Brivio Sforza. Un tratto ancora scoperto lungo 20 metri è visibile nel cortile dell’edificio di via Spallanzani 10 (Unes). La roggia dava acqua alle scuderie della S.A.O.

La struttura è composta da murature portanti in mattoni. Il solaio tra cantina e

piano terra è in cemento armato. Il basamento della facciata è quasi tutto in ceppo gentile della cave di Brembate e Trezzo, fornito dalla ditta Corda e Malvestiti di Vaprio d’Adda.

Le balaustre del primo piano sono interamente in cemento, quelle del secondo hanno gli angoli in cemento e la parte centrale in ferro battuto, dal terzo piano in poi le balaustre sono interamente in ferro battuto.

La ricca decorazione in ceramica ricopre quasi tutta la facciata per circa 170 m² ed è eseguita in ceramica dipinta a fuoco su motivi disegnati dall’architetto Bossi.

(7)

La tecnica della pittura a fuoco su ceramica consiste nel dipingere sul prodotto già cotto e verniciato e richiede un’ulteriore cottura del pezzo.

Le ceramiche sono opera della Società Ceramica Lombarda “Ing. A. Bertoni & C.” e le pitture sono state eseguite dal Sig. Pinzauti per la parte ornamentale e dal Sig. Umberto Brambilla per le figure. Al primo piano sono raffigurate delle formose figure femminili mentre negli altri piani vi sono motivi floreali.

Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso un sapiente restauro dell'androne d'ingresso e del vano scala, ha riportato in luce la decorazione interna che, a partire dal vano portineria richiama i motivi floreali presenti nelle facciate esterne.

Casa Guazzoni (Architetto Giovan Battista Bossi - Via Malpighi 12 – 1903-06)

Fu progettato dall’architetto Giovanni Battista Bossi (1864-1924) nel 1904-1906 su incarico del Cav. Giacomo Guazzoni, di professione capomastro. Guazzoni fu anche l’esecutore delle opere.

L’edificio fu costruito in una parte dell’area occupata dalla Società Anonima degli Omnibus (S.A.O), fondata nel 1861 per gestire il trasporto pubblico di Milano con tram a cavallo e che ebbe la concessione anche dell’ippovia

ferrata Milano-Monza, inaugurata l’8 luglio 1876 dal futuro re Umberto.

La facciata è stata pulita e restaurata nel 1982 sotto la direzione dell’architetto Hybsch dalla Ditta Alvini Restauri. Le decorazioni dell’androne e delle scale sotto state restaurate dalla Ditta R.A. dell'architetto Piero Arosio nel 1997.

In seguito a restauri effettuati a parziale carico dello Stato l’appartamento di angolo al secondo piano è visitabile la prima domenica del mese dalle 9 alle 13 previo appuntamento telefonico al n. 348-7306402. Sono stati restaurate tutte le decorazione dei soffitti.

L’edificio si compone di un corpo doppio a forma di “L” su un lotto trapezoidale ed è situato all’angolo tra via Malpighi e via Melzo. La struttura è composta da murature portanti in mattoni. Il solaio tra cantina e piano terra è in cemento armato.

A differenza della Casa Galimberti, qui l'effetto cromatico, che è più esatto chiamare chiaroscurale, è ottenuto tramite l'impiego di materiali diversi: cemento e ferro costituiscono al tempo stesso struttura e decorazione.

Anche in questo caso i balconi e le aperture delle finestre si vanno alleggerendo verso l'alto, così come il rivestimento decorativo, più marcato al piano terreno e primo, si va semplificando verso i piani alti: il fitto intreccio di putti e ghirlande, scolpiti in cemento sui contorni delle finestre e sulle balaustre dei balconi del primo piano, si snellisce nelle trame vibranti e incisive dei ferri battuti sovrastanti.

(8)

La composizione architettonica e decorativa risulta felicissima ed estremamente proporzionata nei suoi elementi.

Sono state perse le decorazioni pittoriche nella fascia tra il secondo e il terzo piano.

Il passo carraio contiene un pregevole cancello di ferro battuto e degli affreschi con putti e fiori ritrovati nel restauro del 1997, probabilmente dell'acquarellista Paolo Sala. I ferri battuti sono probabilmente di Alessandro Mazzucotelli.

Nell'ingresso davanti alla portineria sono stati ritrovati nel 1997 dei dipinti di un lago con piante acquatiche.

Il corpo scale è esagonale, con ringhiera in ferro battuto e gradini di marmo a sbalzo. È stato restaurato nel 1997 lo zoccolo marmorizzato e le decorazioni floreali sul soffitto e sui lati. Le decorazioni riprendono il disegno del ferro battuto e seguono l'andamento delle porte di ingresso agli appartamenti.

Ex Cinema Dumont (Via Frisi 8-9 angolo via Malpighi e via Melzo – 1909)

Nel 1908 i fratelli Galli, proprietari dell'area, iniziano la costruzione di un Cinematografo in via Paolo Frisi 8. La numerazione della strada endeva allora il primo tratto di via Melzo. Poi divenne via Frisi 2. Il cinema fu completato nel 1910, data a cui risale l'autorizzazione all'apertura. Era uno dei primi cinematografi di Milano costruiti appositamente per questa destinazione. Gli

autori del progetto sono gli architetti F. Tettamanzi e G.Mainetti, con studio in via Filodrammatici 3. Il progetto è conservato presso il fondo “Ornato Fabbriche” dell'Archivio Storico Civico al Castello Sforzesco di Milano. Nel progetto vi sono le facciate su via Melzo, Frisi e d'angolo, la pianta, la sezione interna.

Lo stile liberty riprende quello seguito dall'architetto G. B.

Bossi che aveva costruito nel 1905 i palazzi di via Malpighi 12 (Casa Guazzoni), dall'altra parte di via Melzo, e di via Malpighi 3 (Casa Galimberti).

Il cinematografo era costituito da una sala d'aspetto in 5 campate, di una sala cinematografica in 14 campate, di una bouffetteria (bar) in 1 campata e di una cabina di proiezione al primo piano. La decorazione della facciata principale corrisponde fedelmente al progetto mentre la facciata su via Melzo non fu decorata. Sul frontespizio vi era la scritta “CINEMATOGRAFO”, poi cancellata.

Lo spazio occupato dalla Biblioteca Venezia corrisponde all'atrio del cinema mentre la sala, il cortile su via Melzo ed una attigua costruzione su due piani dove abitava la famiglia Galli sono stati demoliti e sostituiti dall'attuale parcheggio multipiano.

Le colonnine centrali della biblioteca sono originali. Sulla parete di fondo si aprivano tre porte di ingresso alla sala. Dove c'è ora l'ingresso del parcheggio c'era un cancello di accesso ad un piccolo cortile. Il cinematografo assunse il nome di Cinema Dumont e fu utilizzato fino al 1932. Inizialmente era un cinema di buon livello, poi decadde progressivamente. Sul libro I Cinematografi di Milano di Alberto Lorenzi (Mursia, 1970) si può leggere una bella descrizione del pubblico del Dumont negli ultimi anni.

Riferimenti

Documenti correlati

L’idea lanciata pru- dentemente alcuni anni or sono da Silvia Lusuardi Siena (e ribadita con maggiori argo- menti in questi atti) di guardare al periodo goto, trova un vigoroso

This special issue focuses on some of the issues arising in Europe as member states and the EU Commission, Council and European Parliament have struggled with a welter of

Numerose furono le nuove opere a carattere pubblico, sia con l’apertura di strade a Kathmandu o la creazione di ampi spazi per manifestazioni, il restauro dei grandi opere, come i

Della estesa proprietà facevano parte cinque distinti palazzi: il palazzo Florio-Fitalia (fu la residenza di Ignazio jr. e della moglie, Franca Jacona di San Giuliano, la celebre

Si passa poi al caso generale giungendo ad enunciate condizioni sufficienti per poter rieonovce~'e la nctt~ttra del moto del sistema.. Shrine si studiano: in

“Per sensazioni ed immagini lontane, di quando ci sono venuto per la prima volta verso il 1930, spesso riesco ad estrarre dal bellissimo caos che è Palermo una città

Kurssal Diana 1908 Viale Piave Zona Porta Venezia Già Bagni Diana, poi ristrutturato negli anni Venti.

È a partire dal 1912 che cominciano a sorgere una serie di villini per le “gioie della villeggiatura”, su progetto dell’architetto belga Lucien Françoise e di