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CONSULENZA FISCALE, SOCIETARIA, CONTABILE E DEL LAVORO

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Academic year: 2022

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Commercialisti

Cugnasco dr. Massimo m.cugnasco@studiocugnasco.it Coccarelli dr. Fernando f.coccarelli@studiocugnasco.it Collino rag. Giovanni g.collino@studiocugnasco.it Martini rag. Cristina c.martini@studiocugnasco.it Tealdi dr. Alberto a.tealdi@studiocugnasco.it Luciano dr. Davide d.luciano@studiocugnasco.it Cugnasco dr. Marianna mar.cugnasco@studiocugnasco.it

Segreteria segreteria@studiocugnasco.it Magliano Silvana

Garino Marisa Tardivo Elisa

Consulenti del lavoro

Bongiovanni rag. Monica m.bongiovanni@studiocugnasco.it

Ufficio Contabilità contabilita@studiocugnasco.it Giordano Chiara

Giordano Angela Bruno Massimo Cavallera Nicolas

Ufficio consulenza del lavoro paghe@studiocugnasco.it Bottasso Elisabeth

Dao Ormena Daniela

Collaboratori esterni

Ribero rag. Patrizia info@studiocugnasco.it

Strutture controllate ge.co@studiocugnasco.it Ge.co. Gestione e Controllo S.r.l.

Società fiduciaria - Trustee

Strutture collegate E.D.I. Revisione Società di revisione contabile

Rapporti Internazionali EURODEFI Italia GEIE

CONSULENZA FISCALE, SOCIETARIA, CONTABILE E DEL LAVORO

Notiziario n. 12 Dicembre 2011

Luigi Sostegni, “E’ di nuovo Natale”

Lo Studio rimarrà chiuso dal 2 all’8 gennaio

.

Buon Natale e felice Anno Nuovo!

L’opera pittorica riprodotta é parte di una serie di dodici rappresentazioni di scorci cuneesi che accompagnano il Notiziario 2011.

Appositamente realizzate dall’artista Luigi Sostegni, che ringraziamo, esse sono destinate alla fruizione dei nostri Clienti e Lettori.

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Indice

Temi del mese

Comunicazione “clienti e fornitori”: alcuni chiarimenti...

Intervento della Corte di Giustizia CE in merito al diritto di usufruire delle ferie...

Tributi

L’acconto Iva 2011...

Divieto dell’uso del contante per trasferimenti di importi uguali o superiori a 1.000 euro...

Provvedimenti della manovra straordinaria con effetti immediati: incentivi alle imprese...

Rinvio del termine di comunicazione dell’indirizzo PEC al 31.12.2011...

Imposta di bollo sulle attività finanziarie...

Riduzione degli acconti Irpef 2011...

La mancata esibizione della fattura non preclude la detrazione...

Valenza probatoria dei messaggi di posta elettronica...

La disciplina fiscale del recesso è influenzata dalla riforma della tassazione delle rendite finanziarie...

Prelevamenti finanziari non giustificati dai conti bancari dei professionisti...

Presunzione di società di comodo: applicazione ed esclusione...

Diniego del rimborso Iva per le migliorie su immobili di terzi...

Classificazione del rischio di evasione sulla base dell’incoerenza redditometrica...

Inattendibilità delle scritture contabili...

Diritto commerciale, bilancio, contabilità e varie

Conseguenze della mancata adozione dei modelli di organizzazione e gestione ex. D.Lgs. n. 231/2001..

Novità in merito alle forme societarie per i professionisti...

Facoltà per i revisori legali di avvalersi dell’attività di ausiliari...

Trust e attività fiduciaria

Il contratto di affidamento fiduciario: analogie e differenze con il trust...

Finanziamenti e contributi

Incentivi per contratti di apprendistato...

Agevolazioni per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nel settore agro-alimentare...

Contributi ai consorzi agro-alimentari e turistico-alberghieri per la promozione...

Consulenza del lavoro

Aliquote contributive applicabili dal 2012...

Riforma del sistema pensionistico...

Lavori usuranti...

Richiesta di incentivi per l’assunzione di lavoratori disoccupati o iscritti nelle liste di mobilità...

Comunicato stampa Inps: novità acquisto/riscossione voucher...

Coefficiente di rivalutazione del TFR...

Scadenziario

Mese di dicembre...

Pag.

3 6 8 8 8 9 9 9 10 10 10 11 11 11 12 12 12 12 13 13 14 14 15 15 16 16 16 16 17 18 Numeri utili

Cambio €/$ (4) 1,2993

Rivalutazione TFR (5) 3,332442 %

Indice ISTAT (6) 3,2 %

Aliquote Irpef (1) - fino a 15.000,00

- oltre 15.000,00 fino a 28.000,00 - oltre 28.000,00 fino a 55.000,00 - oltre 55.000,00 fino a 75.000,00 - oltre 75.000,00

23 % 27 % 38 % 41 % 43 %

Aliquota Ires (2) 27,5 % Tassi Banca Centrale Europea (7) - Tasso di sconto

- Tasso di deposito

1,25 % 0,50 %

Aliquota Irap (2) 3,9 %

Saggio di interesse legale (3) 1,5 %

Tassi Euribor (8) - 6 mesi - 12 mesi

1,692 % 2,033 % (1) A decorrere dall’1.01.2007

(2) A decorrere dall’1.01.2008 (3) A decorrere dall’1.01.2011 (4) Rilevazione alla data del 14.12.2011 (5) Vedi pagina 17

(6) Variazione % del mese di ottobre 2011 sul mese di ottobre 2010 (7) A decorrere dal 13.04.2011

(8) Aggiornati alla data del 14.12.2011, valuta del 16.12.2011, base 365

Link utili

Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.it

Ministero delle Finanze www.finanze.it

Enea (pratiche 55%) www.enea.it

Camera di commercio di Cuneo www.cn.camcom.it

Catasto

www.agenziaterritorio.it Comune di Cuneo www.comune.cuneo.it

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Temi del mese

Comunicazione “clienti e fornitori”: alcuni chiarimenti

Come già noto a tutti i soggetti interessati, il prossimo 31 dicembre scade il termine per l’invio della comunicazione prevista dal DL 78/2010 e regolamentata dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 22.10.2010, relativa alle operazioni Iva di importo non inferiore ad Euro 3.600 al lordo dell’Iva (in via transitoria, per le operazioni relative all’anno 2010, la soglia è di Euro 25.000, ma nel presente approfondimento si farà riferimento al limite previsto per l’adempimento a regime).

La finalità della norma, oltre a contrastare i fenomeni di frode e di evasione fiscale, è soprattutto quella di evidenziare “spese e consumi di particolare rilevanza utili alla individuazione della capacità contributiva, in specie ai fini dell’accertamento sintetico”.

Lo scorso 11 ottobre l’Agenzia delle Entrate ha emanato un documento contenente alcune risposte ai quesiti pervenuti nel corso degli incontri con le Associazioni di categoria, fornendo ulteriori chiarimenti rispetto alla circolare 24/E del 30.05.2011. Tuttavia le esemplificazioni evidenziate dall’Amministrazione non risultano esaustive per ricomprendere e chiarire le innumerevoli casistiche che caratterizzano l’operatività dei soggetti interessati. L’estremo grado di incertezza che grava su tutti gli operatori addetti alla comunicazione in oggetto non è pertanto stato tuttora eliminato. Auspicando un intervento prossimo del legislatore od ulteriori, rilevanti, chiarimenti da parte dell’Amministrazione, ci si trova pertanto a dover adempiere all’obbligo in commento nel miglior modo possibile, attesi i pochi “strumenti” fornitici fino a questo momento, confidando in ogni caso nella valenza dello Statuto del Contribuente, che dovrebbe tutelare i contribuenti che operano nell’incertezza dell’interpretazione della norma. A tal fine si ricorda che è possibile – entro i 30 giorni successivi all’invio della comunicazione – presentare una nuova comunicazione rettificativa (sostitutiva/integrativa) della precedente. Scaduto il suddetto termine è possibile regolarizzare la violazione tramite l’istituto del ravvedimento operoso. In caso di omessa comunicazione, ovvero di comunicazione con dati incompleti o non veritieri, è applicabile la sanzione da Euro 258 a 2.065, prevista dall’art. 11, c. 1, DLgs 471/97. Con riferimento a tale disposizione sanzionatoria si ritiene utile ragionare in termini di “falsità dei dati”: pertanto se, erroneamente, vengono comunicati dei dati in più rispetto a quelli considerati “corretti”

dall’Amministrazione, si può sostenere (sempre con l’ausilio dello Statuto del Contribuente) che gli stessi sottendono ad operazioni effettivamente realizzate e non sono pertanto falsi, ma tutt’al più ridondanti.

Con il presente contributo ci prestiamo quindi a ricordare brevemente le linee principali dell’adempimento (essendo già state evidenziate nei notiziari precedenti) ed a commentare alcuni dei “casi particolari”

richiamati dall’Agenzia delle Entrate.

Soggetti obbligati e operazioni oggetto della comunicazione

La comunicazione in oggetto (chiamata, per semplicità, “clienti e fornitori”) deve essere presentata dai soggetti passivi ai fini Iva che effettuano operazioni rilevanti ai fini Iva.

L’adempimento è previsto anche per i soggetti in contabilità semplificata, gli enti non commerciali (limitatamente alle operazioni effettuate nell’esercizio di attività commerciali o agricole), i soggetti non residenti con stabile organizzazione in Italia o ivi identificati per mezzo di un rappresentante fiscale, i curatori fallimentari o i commissari liquidatori per conto della società fallita o in liquidazione, i soggetti che hanno optato per la dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti ai sensi dell’art. 36-bis del DPR 633/72, i soggetti che applicano il regime fiscale agevolato per le nuove iniziative produttive di cui alla L.

388/2000. Sono invece esclusi i contribuenti minimi, in quanto esonerati, in via generalizzata, dagli obblighi Iva. Ciò non esclude ovviamente la comunicazione da parte di soggetti obbligati con riferimento ad operazioni effettuate nei confronti degli stessi minimi. Sono altresì escluse le Amministrazioni pubbliche.

Le operazioni oggetto della comunicazione sono quelle per le quali sussistono i presupposti impositivi dell’Iva. Devono pertanto essere comunicate:

- le operazioni imponibili;

- le operazioni non imponibili rappresentate dalle cessioni e prestazioni poste in essere nei confronti degli esportatori abituali, nonché le operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione ed i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali;

- le operazioni esenti art. 10 DPR 633/72;

- le operazioni soggette al regime speciale del margine, limitatamente alla base imponibile;

- le operazioni soggette a reverse charge;

- le cessioni gratuite di beni che formano oggetto dell’attività d’impresa;

- l’autoconsumo e la destinazione di beni a finalità estranee all’impresa.

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Temi del mese

Per l’esercizio 2010 vanno comunicate solo le operazioni soggette a fatturazione (sia con riferimento a soggetti con partita Iva, che a soggetti privati). A partire dall’1.07.2011 diventano oggetto di comunicazione anche le operazioni non fatturate, effettuate, con emissione di scontrino o ricevuta, nei confronti di soggetti privati.

I dati da indicare nella comunicazione sono i seguenti:

- data dell’operazione (data di registrazione dell’operazione ovvero, in assenza dell’obbligo di registrazione, data di effettuazione dell’operazione) e numero della fattura;

- anno di riferimento;

- partita Iva o, in mancanza, codice fiscale del cedente/prestatore e del cessionario/committente;

- per i soggetti non residenti, privi di codice fiscale, i dati anagrafici, la residenza ed il domicilio fiscale (per le persone fisiche), ovvero la denominazione la ragione sociale ed il domicilio fiscale (per le persone giuridiche);

- i corrispettivi dovuti e l’importo dell’Iva (ovvero la specificazione che l’operazione è non imponibile o esente);

- i corrispettivi comprensivi dell’Iva se si tratta di operazioni per le quali non è obbligatoria l’emissione della fattura (a regime dall’1.07.2011);

- modalità di pagamento (importo non frazionato, frazionato, corrispettivi periodici);

- se trattasi di cessione/prestazione resa o acquisto/prestazione ricevuta.

Note di variazione

Con riferimento ai dati da indicare nella comunicazione la circolare 24/E/2011 ha precisato che occorre tenere conto anche delle note di variazione (in aumento o in diminuzione) di cui all’art. 26 del DPR 633/72.

Le note di credito o debito emesse nello stesso anno di registrazione della fattura originaria, o nell’anno successivo, ma anteriormente al termine per la presentazione della comunicazione, vanno a ridurre/aumentare l’importo originario, che va pertanto comunicato solo se, al netto della variazione, supera il limite stabilito. Quelle emesse invece successivamente alla presentazione della comunicazione vanno comunicate per il solo importo della variazione, se la stessa incide sul superamento del limite complessivo.

Ad esempio una fattura emessa nel 2011, per Euro 2.490 più Iva, non è rilevante ai fini della comunicazione da presentare il 30.04.2012. Se il 10.07.2012 viene emessa una nota di debito per Euro 520 più Iva, nella comunicazione da effettuare il 30.04.2013 andrà evidenziato l’importo di Euro 520, perché ha contribuito al superamento del limite. Si prenda invece in esame, ad esempio, una fattura di acconto di Euro 5.000 più Iva, emessa il 10.05.2011: essa sarà oggetto di comunicazione il 30.04.2012. In data 10.06.2012 viene emessa la fattura a saldo per Euro 2.000 più Iva e una nota di credito a storno totale della stessa fattura di saldo e a storno parziale della fattura di acconto per Euro 500 più Iva. In tal caso nella comunicazione da presentare entro il 30.04.2013 dovrà essere comunicata la sola nota di variazione riferita alla fattura di acconto del 2011, per Euro 500 più Iva.

Se le note di variazione risultano invece “generiche”, ovvero non collegabili a specifiche operazioni, le stesse non devono influenzare l’obbligo di comunicazione delle operazioni originarie.

Casi particolari

Per i contratti di appalto, fornitura, somministrazione ed altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici (locazione, noleggio, concessione, ecc...) la comunicazione è obbligatoria solo se i corrispettivi dovuti nell’intero anno solare sono d’importo complessivo non inferiore ad Euro 3.000 netti.

A tal proposito la circolare 24/E/2011 ha precisato che l’operazione si considera unitaria anche se il pagamento avviene in anni diversi. In altre parole qualora il corrispettivo contrattualmente stabilito annualmente per un contratto di locazione sia pari ad Euro 5.000, anche se nell’anno di riferimento sono stati fatturati canoni in misura inferiore alla soglia (ad esempio Euro 2.500), detti corrispettivi fatturati nel 2011 andranno comunicati, indicando come data dell’operazione la data di registrazione dell’ultima fattura e come modalità di pagamento la dicitura “corrispettivi periodici”.

Per quanto riguarda le altre tipologie di contratto, ad esempio la compravendita, il superamento della soglia deve essere invece sempre collegato alla singola operazione. Anche in tal caso però l’operazione resta unitaria se il pagamento, regolato mediante acconto e saldo, sia effettuato in due anni diversi (andrà comunicato in un anno l’acconto e nell’altro il saldo, se la somma dei due supera la soglia limite). In tal caso si indicherà come modalità di pagamento “importo frazionato”.

Per i contratti tra loro collegati occorre considerare, ai fini del calcolo del limite di Euro 3.000, l’ammontare complessivo dei corrispettivi previsti per tutti i contratti. Per tali fattispecie non occorre fare

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Temi del mese

riferimento all’anno solare. Per esempio in caso di stipula di due contratti collegati di importo pari ad Euro 2.000 ciascuno, stipulati in due anni solari diversi, la soglia di Euro 3.000 risulta superata, in quanto la stessa va verificata con riferimento al valore complessivo di entrambi (Euro 4.000). I due contratti saranno oggetto di comunicazione in due anni diversi, indicando come modalità di pagamento “importo frazionato”.

L’Agenzia delle Entrate non ha purtroppo fornito alcuna esemplificazione per permettere di comprendere quali siano i contratti da considerare “collegati”. L’unica nozione cui fare riferimento per valutare se ci si trovi davanti una casistica simile è stata fornita, per il passato, da sentenze della Corte di Cassazione la quale ha definito il “collegamento negoziale” come un nesso che implica che le parti perseguano un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto, bensì mediante una pluralità coordinata di contratti; tale collegamento può riguardare sia l’elemento oggettivo che quello soggettivo. Di conseguenza, ai fini dell’obbligo in commento, il collegamento negoziale rileva quando, dalla pluralità dei contratti, emerge – nei confronti dello stesso contribuente – un corrispettivo superiore rispetto alla soglia.

Operazioni escluse dalla base imponibile

Le spese anticipate in nome e per conto di terzi, in quanto escluse dalla base imponibile Iva ex art. 15, c. 1, n. 3 , DPR 633/72, non rientrano nell’obbligo di comunicazione. Analoga esclusione dall’obbligo vale per i beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono; anche se è previsto l’obbligo di emissione della fattura ai sensi dell’art. 21, c. 2, lett. c), DPR 633/72, il loro “valore normale” non concorre a formare la base imponibile, purché siano rispettate le condizioni richieste dall’art. 15.

Operazioni senza corrispettivo

Le operazioni prive di corrispettivo, se rilevanti ai fini Iva, vanno comunicate. In tal caso per verificare il raggiungimento della soglia occorre fare riferimento al “valore normale” o al prezzo di acquisto o di costo.

Rientrano nel novero delle operazioni in commento le cessioni gratuite di beni che formano oggetto dell’attività d’impresa, la destinazione di beni a finalità extraimprenditoriali, l’autoconsumo di beni da parte dell’imprenditore o del professionista e la destinazione di beni a finalità extraprofessionali.

Per le cessioni gratuite di beni, per le quali il cedente abbia emesso autofattura, l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che nel campo “codice fiscale” della controparte occorre indicare la partita Iva del cedente.

Fatture cointestate

Nell’ipotesi in cui una fattura risulti cointestata (si pensi alla classica parcella del Notaio agli eredi oppure ad alcune fatture nel settore dell’edilizia) l’operazione va comunicata per ognuno dei cointestatari. La verifica del superamento della soglia va eseguita con riferimento all’importo totale della fattura e nel caso in cui la quota parte dell’importo relativa a ciascuno dei cointestatari sia inferiore al limite dei 3.000 euro, la modalità di pagamento da indicare è “importo frazionato”.

Operazioni escluse dalla comunicazione

L’obbligo di comunicazione non si applica alle operazioni non rilevanti ai fini Iva, per difetto di almeno uno dei presupposti del tributo (oggettivo, soggettivo e territoriale), di cui all’art. 1 del DPR 633/72. Oltre alle operazioni “fuori campo”, sono pertanto escluse le importazioni, le esportazioni dirette di cui all’art.

8, c. 1, lett. a) e b) del DPR 633/72 (l’obbligo sussiste per le c.d. triangolazioni comunitarie mentre è escluso per le triangolazioni all’esportazione), le operazioni intracomunitarie oggetto di dichiarazione ai fini Intrastat, le operazioni c.d. black list, i passaggi interni di beni tra rami d’azienda (documentati da fattura), nonché tutte le operazioni già oggetto di comunicazione obbligatoria all’Anagrafe tributaria ai sensi dell’art. 7 del DPR 605/73 (ad esempio contratti di energia, acqua, gas, telefonia, assicurazione, leasing, compravendita immobiliare, ecc..).

Si ricorda che a regime, ovvero a decorrere dalle operazioni effettuate dall’1.07.2011, sono escluse dalla comunicazione anche le operazioni poste in essere nei confronti di contribuenti non soggetti passivi Iva, qualora il pagamento del corrispettivo sia avvenuto mediante carte di credito, di debito o prepagate, emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione di cui all’art. 7, c. 6, DPR 605/73.

Modalità di trasmissione della comunicazione

L’elenco “clienti e fornitori” deve essere presentato – per via telematica – utilizzando il servizio Entratel o Internet (Fisconline). La prova della trasmissione è rappresentata dalla ricevuta (resa disponibile, per via telematica, entro cinque giorni lavorativi) contenuta in un file munito del codice di autenticazione al servizio.

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Temi del mese

Intervento della Corte di Giustizia CE in merito al diritto di usufruire delle ferie

La Corte di Giustizia CE, con la sentenza relativa alla causa C-214/10, ha preso in esame il principio relativo al diritto, in capo al lavoratore, alle ferie annuali alla luce di quanto disposto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dalle singole discipline contenute nei contratti collettivi di lavoro.

Il caso di specie tratta di un lavoratore dipendente che, a seguito di infarto, era stato dichiarato dapprima disabile grave e successivamente inabile al lavoro. L’evento clinico si era manifestato nel gennaio 2002 e, con decorrenza da ottobre 2003, aveva comportato il riconoscimento al soggetto di un trattamento legato al suo stato di invalidità totale fino al 31 agosto 2008, momento a decorrere dal quale era cessato il rapporto di lavoro con l’azienda. Nel mese di marzo 2009 il lavoratore aveva deciso di adire la giustizia ordinaria del suo Stato di appartenenza (Germania), al fine di vedersi riconosciute le somme, a titolo di indennità sostitutiva, dei periodi di ferie annuali retribuiti e non goduti per gli anni 2006, 2007 e 2008.

Il giudice di primo grado aveva accolto la richiesta nel limite massimo di 20 giorni all’anno, come disposto dal diritto UE, con l’aggiunta di 5 giorni all’anno in relazione allo stato di disabilità grave del soggetto richiedente. A fronte dell’appello da parte del datore di lavoro, il giudice di appello, nel riconoscere nuovamente il diritto del prestatore, ne limitava tuttavia la misura escludendo il riconoscimento per l’anno 2006, alla luce del contratto collettivo di riferimento il quale dispone:“Il diritto alle ferie si estingue tre mesi dopo la fine dell’anno civile, a meno che esso sia stato fatto valere senza esito oppure che le ferie non siano state godute per ragioni di servizio. Nel caso in cui le ferie non siano state godute a causa di malattia, il diritto ad esse si estingue dodici mesi dopo la fine del periodo di cui al n. 2.”

Tuttavia, nel ridurre la pretesa, il giudice di appello decideva di rinviare la questione alla giurisdizione comunitaria, al fine di verificare la legittimità della disposizione nazionale in applicazione della quale debba considerarsi perso il diritto alle ferie retribuite a seguito del decorso del tempo, ciò configurando un possibile contrasto con la disciplina comunitaria. Per poter meglio comprendere il sopra menzionato contrasto, si riportano di seguito le parti di interesse delle disposizioni citate, rispettivamente l’art. 7, n. 3, del Bundesurlaubsgesetze (BUrlG) e l’art. 7, n. 1, della Direttiva 2003/88 CE: “Le ferie devono essere concesse e godute nell’anno in corso. Un riporto delle ferie all’anno successivo è ammissibile solo qualora sussistano rilevanti ragioni legate alla gestione dell’impresa o alla persona del lavoratore. In caso di riporto, le ferie devono essere concesse e godute nei primi tre mesi dell’anno successivo.”

“Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro.L’art. 17 della direttiva 2003/88 prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. L’art. 7 della direttiva non rientra tra le disposizioni alle quali è consentito derogare.”

Conseguentemente alle perplessità manifestate dal giudice nazionale, la Corte UE veniva investita di due questioni pregiudiziali:

- se l’art. 7, n. 1, della Direttiva 2003/88 fosse in contrasto con norme e/o prassi nazionali, per le quali il diritto a ferie minime retribuite si estingue per decorrenza del periodo di riferimento e/o di riporto, anche nel caso di inabilità al lavoro per un periodo più lungo;

- in caso di soluzione negativa, se la possibilità di riporto dovesse sussistere per un periodo non inferiore ai 18 mesi.

In relazione alla normativa, o meglio, alle normative di riferimento, è opportuno fornire di seguito un quadro di quanto contenuto: nel diritto interno tedesco; nel contratto collettivo applicato nel caso di specie; nella Convezione dell’Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL) 24.06.1970; nella Direttiva 2003/88 CE.

Diritto interno tedesco: l’art. 3, n. 1, del Burlg, dispone che “Le ferie hanno una durata minima di 24 giorni lavorativi l’anno”. L’art. 7, nn. 3 e 4, prescrive che le medesime "devono essere concesse e godute nell’anno in corso. Un riporto delle ferie all’anno successivo è ammissibile solo qualora sussistano rilevanti ragioni legate alla gestione dell’impresa o alla persona del lavoratore. In caso di riporto, le ferie devono essere concesse e godute nei primi tre mesi dell’anno successivo. Qualora le ferie non possano essere più concesse, integralmente o in parte, a causa della cessazione del rapporto di lavoro, sarà versata un’indennità sostitutiva”. L’art. 13 stabilisce che i contratti collettivi possono derogare a talune disposizioni di tale legge, compreso l’art. 7, n. 3, qualora tali deroghe non comportino un danno per il lavoratore.

Contratto collettivo applicato (EMTV): l’art. 11 dell’EMTV del 18.12.2003 dispone che “Il personale dipendente ha diritto, in ogni anno di riferimento, a ferie retribuite, secondo quanto stabilito dalle

(7)

Temi del mese

disposizioni che seguono. L’anno di riferimento è l’anno civile. Il diritto alle ferie si estingue tre mesi dopo la fine dell’anno civile, a meno che esso sia stato fatto valere senza esito oppure che le ferie non siano state godute per ragioni di servizio. Nel caso in cui le ferie non siano state godute a causa di malattia, il diritto ad esse si estingue dodici mesi dopo la fine del periodo di cui al n. 2. Un’indennità sostitutiva delle ferie non godute è ammissibile solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro o di apprendistato”.

Convezione OIL 24 giugno 1970: prevede che “La parte ininterrotta di congedo annuale pagato menzionata al paragrafo 2 dell’articolo 8 della presente convenzione dovrà essere accordata e usufruita entro il termine di un anno al massimo, e il resto del congedo annuale pagato entro il termine di diciotto mesi, al massimo, a partire dalla fine dell’anno che dà diritto al congedo.”

Direttiva 2003/88 CE: l’art. 7 statuisce che “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro.” L’art. 17 prevede inoltre che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima, ma il summenzionato art. 7 non rientra tra le disposizioni alle quali è consentito derogare.

Ai fini della risoluzione del caso concreto, la Grande Sezione della Corte di Giustizia CE, si è dunque trovata a dover valutare e raccordare le disposizioni normative sopra citate, non solo secondo una gerarchia, ma cercando altresì in tutti i modi di fornire una linea interpretativa che evitasse trattamenti discordanti.

Il problema da definire era rappresentato dalla valutazione di legittimità di una norma nazionale che pone un limite temporale al diritto di 4 settimane di ferie espresso dall’art. 7 della Direttiva 2003/88 CE. La Corte di Giustizia ha effettuato un’analisi in relazione alle finalità per cui si è giunti ad imporre un periodo minimo di ferie annuali retribuite a favore dei lavoratori dipendenti, per mezzo di una legge.

Già in passato diverse sentenze CE avevano chiarito il principio in base al quale un periodo di riporto delle ferie annuali rappresenta già di per sé uno strumento volto a garantire la possibilità di fruire effettivamente del riposo anche oltre il termine dell’anno civile e che l’eventuale scelta da parte delle diverse discipline nazionali, in relazione ad un’eventuale decadenza dal diritto in caso di scadenza del periodo di riporto, non entra in alcun modo in contrapposizione con la disciplina comunitaria. Tuttavia quest’ultima ritiene che debba rappresentare un caso eccezionale l’eventuale mancata fruizione nei termini di riporto per ragioni legate all’impossibilità del prestatore. Alla luce di quanto sopra si comprende che la malattia debba essere considerata una di quelle circostanze in cui non vi è stata la possibilità per il lavoratore di fruire del periodo di ferie retribuite.

La Corte ha fatto un ulteriore passo avanti, sottolineando che il diritto alle ferie risulta essenzialmente collegato a due finalità:

- consentire al lavoratore di riposarsi a fronte della prestazione svolta;

- beneficiare di un periodo di distensione e ricreazione.

Il giudice comunitario ha preso le mosse proprio dall’analisi dei due punti sopra esposti, per considerare legittima la scelta legislativa nazionale. Nello specifico è stato sottolineato che, per quanto sia vero che anche in presenza di lavoratore inabile ben possono essere presenti entrambe le finalità sopra indicate, qualora il periodo di riporto superi un certo limite verrà a mancare il fine di “riposo”, rimanendo attuale solo quello relativo alla “ricreazione e distensione”.

Stabilita la legittimità della previsione contrattuale che comporta le decadenza dal diritto alle ferie retribuite, il giudice si è occupato anche di verificare quale limite temporale debba considerarsi congruo per considerare, appunto decaduto il diritto. A tali fini è stato ritenuto che il periodo stabilito dal contratto collettivo del caso esaminato, pari a 15 mesi, essendo superiore al periodo di riferimento per il godimento delle ferie, nonché al minimo di 12 mesi imposti dall’art. 9, n. 1, della Convenzione OIL, fosse da considerare lecito e garantista nei confronti del prestatore.

In relazione alla decisione della Corte UE, si ritiene opportuno contestualizzare l’intervento europeo alla situazione attualmente presente nella normativa italiana. Nel nostro Paese non vi sono attualmente regole, normative o contrattuali, in tema di diritto alle ferie che stabiliscano un periodo di “riporto”, ossia un periodo oltre il quale il diritto alle ferie retribuite si estingue. In particolare si ritiene che la disciplina italiana, di fronte ad un caso analogo a quello oggetto di esame, riconoscerebbe interamente il diritto, con conseguente monetizzazione dei periodi non fruiti a causa della sospensione dell’attività lavorativa. L’innovazione dell’intervento comunitario sta nella ammissibilità di discipline nazionali che introducano una data di scadenza del diritto in esame e visto il periodo storico di continui cambiamenti che stiamo vivendo, un intervento in tal senso del legislatore italiano non troverebbe probabilmente alcun ostacolo formale.

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Tributi

L’acconto Iva 2011

Entro il 27.12.2011 i soggetti tenuti alla liquidazione ed al versamento dell’Iva, sia mensile che trimestrale, devono provvedere al versamento dell’acconto Iva 2011. In via generale l’adempimento interessa tutti i contribuenti titolari di partita Iva, qualunque sia la forma giuridica, che svolgono attività d’impresa, arte o professione.

Sono esclusi coloro che:

- hanno iniziato l’attività nel corso dell’anno 2011;

- hanno cessato l’attività nel corrente anno: anteriormente all’1.12.2011, se contribuenti mensili, oppure prima dell’1.10.2011, se contribuenti trimestrali;

- effettuano esclusivamente operazioni esenti o non imponibili ai fini Iva;

- sono in regime speciale agricolo;

- usufruiscono dei regimi fiscali agevolati (nuove iniziative produttive, contribuenti minimi e attività marginali);

- esercitano attività di intrattenimento (art. 74, c. 6, DPR 633/72);

- prevedono di avere una liquidazione annuale 2011 a credito;

- hanno evidenziato un credito nel mese di dicembre 2010 ovvero nel quarto trimestre 2010.

L’acconto Iva può essere determinato applicando alternativamente tre diversi metodi:

- “metodo storico”: la determinazione dell’ammontare è pari all’88% del versamento effettuato per l’ultimo periodo, trimestrale o mensile, del 2010;

- “metodo previsionale”: consente di calcolare l’acconto sulla base della stima delle operazioni che verranno effettuate fino alla chiusura del periodo di riferimento. Sarà necessario tenere conto di tutte le fatture attive ancora da emettere e delle fatture passive ancora da ricevere e sul risultato così ottenuto dovrà essere calcolato l’88%. Tale metodo è consigliato solo se si ha un sufficiente margine di sicurezza, in quanto si potrebbe incorrere nella sanzione amministrativa per versamento insufficiente;

- “metodo analitico o della pre-liquidazione”: prevede il calcolo dell’acconto nella misura del 100% della liquidazione trimestrale o mensile al 20 dicembre 2011, effettuata tenendo conto delle operazioni attive e passive ancora in sospeso alla predetta data ed eseguita con le stesse modalità delle liquidazioni ordinarie.

In tal caso è necessario tener conto delle operazioni per le quali si siano verificati i presupposti che determinano il momento impositivo (consegna e spedizione, corrispettivi, emissione di fatture).

L’acconto, come sopra determinato, non deve essere versato se l’importo è inferiore ad euro 103,29; non può essere rateizzato e dovrà essere versato entro il 27.12.2011 utilizzando il modello F24, indicando come codice tributo 6013 per i contribuenti mensili e 6035 per i contribuenti trimestrali. Per questi ultimi non è dovuta la maggiorazione a titolo di interessi dell’1%.

Divieto dell’uso del contante per trasferimenti di importi uguali o superiori a 1.000 euro

Il DL 201/2011 ha abbassato ulteriormente la soglia per il trasferimento del denaro contante e dei titoli al portatore, con decorrenza dal 6 dicembre u.s., da euro 2.500 ad euro 1.000. Tale limitazione, contenuta nell’art. 49 del DLgs. 231/2007, emanata con l’obiettivo di contrastare il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite, comporta che non possano essere effettuati trasferimenti di contante e titoli al portatore (assegni senza la clausola di non trasferibilità, libretti di risparmio al portatore, certificati di deposito al portatore ecc...), tra soggetti diversi, per importi superiori ad euro 999,99. Il divieto vige anche qualora ci si trovi di fronte ad un pagamento frazionato. Il DLgs 231/2007 definisce frazionata un’operazione unitaria sotto il profilo economico, ma compiuta in momenti diversi solamente con lo scopo di aggirare la norma che limita il trasferimento del contante. Di norma viene intesa come tale l’operazione posta in essere attraverso più operazioni,singolarmente inferiori al limite in oggetto, effettuate in un circoscritto periodo di tempo individuabile, in linea di massima, in 7 giorni. I libretti di risparmio al portatore, così come previsto dall’art.

12 del DL 201/2011, dovranno essere ricondotti sotto la soglia dei 1.000 euro entro il 31 dicembre p.v. Si precisa che la norma è riferita al trasferimento tra soggetti diversi; pertanto il prelevamento od il versamento di denaro contante presso gli sportelli bancari o postali non configura alcuna violazione.

Provvedimenti della manovra straordinaria con effetti immediati: incentivi alle imprese

La recente manovra ha previsto un incentivo alle imprese che decidono di rafforzare il proprio patrimonio mediante la detassazione di una parte del reddito imponibile. E’ un’agevolazione che può produrre effetti

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Tributi

immediati perchè consiste nell’esclusione dalla base imponibile, già nei calcoli del reddito 2011, di un importo commisurato agli incrementi, quali conferimenti in denaro (rapportati al periodo) e accantonamenti di utili a riserve (che rilevano per l’intera annualità), rispetto a quelli esistenti al 31.12.2010.

L’aliquota di riferimento è attualmente fissata al 3%. Pertanto, per esemplificare, ogni 1.000 euro di capitale investito in azienda generano una riduzione dell’imponibile da detassare di 30 euro con un risparmio di imposta di 8,25 euro.

Rinvio del termine di comunicazione dell’indirizzo PEC al 31.12.2011

Di fronte alle numerose segnalazioni, da parte dei soggetti gestori del sistema PEC, di non riuscire a far fronte alle molte richieste di nuovi indirizzi PEC concentratesi in prossimità della scadenza del termine del 29.11.2011, il Ministero dello Sviluppo economico ha invitato le Camere di Commercio a non applicare alcuna sanzione alle imprese che adempiono all’obbligo menzionato successivamente a tale data. Si tratterebbe infatti di una situazione di oggettiva difficoltà, generalizzata e comunque transitoria, che determina l’impossibilità di individuare l’elemento soggettivo, dolo o colpa, il quale è presupposto necessario per l’assoggettamento alla sanzione amministrativa (art. 3 della L. 689/81).

Il Ministero ha pertanto rilevato l’opportunità, “almeno fino all’inizio del nuovo anno”, di valutare come

“corretto adempimento” anche quello tardivo effettuato entro tale data.

In sostanza la comunicazione della PEC che avverrà dopo il 29.11.2011, ma entro il 31.12.2011, non sarà soggetta a sanzioni.

In linea generale in caso di omessa o tardiva comunicazione della PEC al Registro delle Imprese si applica, in capo al legale rappresentante dell’impresa, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 2630 cod. civ. per le omesse comunicazioni, nei termini prescritti, al Registro delle Imprese (circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 3645/C del 3.11.2011).

Per effetto della L. 11.11.2011 n. 180 (Statuto delle imprese), entrata in vigore il 15.11.2011:

- tale sanzione è ora prevista nella misura da 103,00 a 1.032,00 euro (prima da 206,00 a 2.065,00 euro);

- se la comunicazione avviene nei 30 giorni successivi alla scadenza del termine prescritto la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo.

Imposta di bollo sulle attività finanziarie

A partire dall’1.01.2012 si applicherà la nuova imposta di bollo sui titoli e sugli strumenti finanziari prevista dall’art. 13, c. 2-ter, della Tariffa allegata al DPR 642/72, così come modificato dall’art. 19 del DL 201/2011. La nuova imposta di bollo sostituisce il cosiddetto “super bollo” sui depositi titoli introdotto solo qualche mese fa dal DL 98/2011. L’imposta in oggetto si applicherà alla comunicazioni relative ai prodotti ed agli strumenti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari. La nuova norma, rispetto a quanto previsto nel DL 201/2011, ha un campo di applicazione più ampio in quanto colpisce anche i prodotti finanziari non soggetti ad obbligo di deposito quindi, ad esempio, le polizze vita ed i fondi comuni di investimento. L’imposta dovrà essere pagata in misura proporzionale con aliquota dello 0,1% per il 2012 e dello 0,15 a partire dal periodo di imposta 2013. La base imponibile sarà data dal valore di mercato dello strumento finanziario o, in mancanza di quest’ultimo, dal valore nominale o di rimborso ed in ogni caso l’imposta sarà dovuta nella misura minima pari ad euro 34,20 e nella misura massima pari ad euro 1.200. Saranno esclusi dall’imposta in esame gli estratti di conto corrente, che continueranno ad assolvere la vigente imposta di bollo.

Riduzione degli acconti Irpef 2011

A ridosso della scadenza per il versamento del secondo acconto Irpef, scaduto il 30 novembre scorso, il DPCM 21.11.2011, pubblicato sulla G.U. 25.11.2011 n. 275, ha ridotto dal 99% all’82% la percentuale di computo dell’acconto Irpef per il 2011. Successivamente, con il comunicato stampa diffuso il 25.11.2011, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la suddetta riduzione di 17 punti percentuali si applica anche al versamento degli acconti della “cedolare secca sugli affitti” e dell’imposta sostitutiva dovuta dai

“contribuenti minimi”.

Numerosi sono i contribuenti che avevano già provveduto ad effettuare il versamento senza tenere conto della suddetta riduzione, per questi è riconosciuto un credito d’imposta in misura corrispondente al maggior acconto versato da utilizzare in compensazione nel modello F24 secondo le consuete modalità.

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Tributi

La mancata esibizione della fattura non preclude la detrazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24912 del 25.11.2011, ha stabilito un principio opposto a quello che aveva sostenuto non molto tempo prima (sentenza n. 13943 del 24.06.2011) in merito alla detraibilità dell’Iva in mancanza della fattura di acquisto. Precedentemente infatti, con riferimento alle fatture d’acquisto conservate in fotocopia, la Corte aveva sostenuto che, in assenza della fattura originale, spettasse al contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza di una causa di forza maggiore determinante per la perdita del documento.

Con la recente sentenza la Cassazione ha invece affermato che il diritto alla detrazione può essere esercitato se il cessionario/committente, che non sia in possesso della relativa fattura, è in grado di dimostrare di avere versato l’imposta assolta sull’acquisto posto in essere.

Secondo tale interpretazione gli obblighi di tenuta, conservazione e registrazione delle fatture secondo le modalità previste dall’art. 25 del DPR 633/72 non costituiscono condizione essenziale per l’esercizio della detrazione. Si tratta peraltro di un principio già sancito dalla Corte di Giustizia UE, in base al quale gli Stati membri possono introdurre delle formalità e degli obblighi in materia di Iva, applicando delle sanzioni amministrative in caso di violazione degli stessi, ma non possono negare la detrazione dell’imposta per la sola mancata osservazione delle predette formalità. Ciò nel rispetto del principio di neutralità fiscale, secondo cui la detrazione dell’imposta deve essere accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti (cfr.

cause Corte UE C-95/07, C-96/07, C-392/09, C-385/09).

Valenza probatoria dei messaggi di posta elettronica

Con l’introduzione obbligatoria dell’indirizzo di posta elettronica certificata da parte delle imprese, è necessario, da parte di quest’ultime, non sottovalutare la valenza probatoria che i messaggi e-mail, acquisiti in fase di attività investigativa, rivestono sia a fini amministrativi che penali. Tale attenzione deve essere estesa anche ai messaggi di posta elettronica aziendale interna ed ordinaria, non solo a quelli certificati.

Ferme restando tutte le prerogative in materia di riservatezza che la disciplina sulla privacy ed alcune carte costituzionali ed internazionali riconoscono a tutte le comunicazioni interpersonali è necessario dunque attrezzarsi per una corretta gestione dei messaggi di posta elettronica. Considerato l’evolversi delle nuove tecnologie, le informazioni desunte dalla casella postale elettronica dell’impresa sono considerate rilevanti ai fini investigativi. Già nel 2008 la Guardia di Finanza, con la circolare n. 1, aveva dettato le istruzioni operative per l’attività di verifica, specificando che le e-mail, sia in arrivo che in uscita, sia interne che esterne, potevano essere acquisite e repertate per le loro indagini. Sarebbe pertanto buona cosa stilare una policy aziendale di gestione e conservazione delle e-mail, comprensiva dei profili relativi alle modalità d’uso, all’archiviazione ed alla riservatezza dei contenuti, anche in vista dei messaggi circolanti sull’indirizzo PEC. Entro il mese di gennaio 2012 la DigitPA (ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione) dovrebbe emanare le regole tecniche per l’individuazione delle caratteristiche volte a soddisfare il requisito della forma scritta per le e-mail, in modo che ad esse possa essere attribuito un vero valore probatorio.

La disciplina fiscale del recesso è influenzata dalla riforma della tassazione delle rendite finanziarie La disciplina fiscale del recesso del socio persona fisica da una società di capitali deve essere coordinata con l’applicazione della nuova aliquota del 20% che, a partire dall’1.01.2012, si applicherà ai redditi di capitale ed ai redditi diversi di natura finanziaria (art. 2, c. 6, del DL 13.08.2011 n. 138, conv. L. 148/2011).

Prima di tutto occorre tenere presente che la liquidazione delle quote del socio recedente può avvenire in due modi: la società provvede a liquidare la quota del socio (c.d. recesso tipico) ovvero la partecipazione del recedente viene acquistata da soggetti terzi (c.d. recesso atipico). Fiscalmente gli effetti conseguenti alla scelta dell’operazione sono differenti, infatti:

- nel recesso “tipico”, trattandosi di un reddito di capitale, rileva il criterio di cassa. Pertanto, laddove l’atto di recesso dovesse essere perfezionato nel corso del 2011 ed il pagamento avvenisse nel corso del 2012, la ritenuta applicabile sarebbe pari al 20%;

- nel recesso “atipico”, invece, per verificare il regime fiscale applicabile all’operazione, rileva la data in cui si realizza il reddito che si correla al perfezionamento del trasferimento del pacchetto partecipativo.

Per questa via, quindi, la cessione del pacchetto non qualificato effettuata nel corso del 2011 ed i cui corrispettivi sono incassati dal 2012, continuerà a scontare il prelievo del 12,50%.

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Tributi

Prelevamenti finanziari non giustificati dai conti bancari dei professionisti

Un ulteriore “giro di vite” alla problematica in oggetto, sulla quale ci siamo espressi più di una volta su queste pagine, è stato dato da una recente ordinanza della Corte Costituzionale (la n. 318 del 21 novembre scorso) con la quale è stata dichiarata la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, secondo periodo, del DPR 600/73 (così come modificato dall’art. 1, comma 402, della L. 311/2004) relativo alle presunzioni derivanti dalle movimentazioni bancarie per i professionisti.

Per meglio comprendere i termini della questione si ricorda che l’attuale formulazione del citato art. 32, comma 1, secondo periodo, del DPR 600/73 prevede che i prelevamenti dal conto bancario di un professionista, che non trovino riscontro in una specifica documentazione di spesa, sono automaticamente presunti come ricavi. Tale presunzione – che agli occhi di chi scrive appare vistosamente iniqua in quanto parte dal presupposto che un costo sostenuto da un professionista abbia la stessa valenza di un acquisto (presunto in nero) di un commerciante e cioè produca automaticamente una vendita (anch’essa non dichiarata) di pari importo – è stata introdotta con la legge n. 311 del 2004, entrata in vigore nel 2005, ma con effetto anche per gli anni precedenti. La Commissione Tributaria Provinciale di Pescara ha sollevato questioni di illegittimità costituzionale in merito alla retroattività di detta presunzione sostenendo che fosse lesiva del diritto alla difesa, ma l’esito è stato negativo, come visto. Appare pertanto, sempre di più, come da varie angolature e da vari soggetti vi sia un atteggiamento sempre più restrittivo e, vorremmo aggiungere, vessatorio nei confronti dei lavoratori autonomi. Non resta che prenderne atto ed evitare, fin dall’origine, di eseguire prelievi dai conti bancari se degli stessi non è possibile fornire una dettagliata e totale giustificazione.

Presunzione di società di comodo: applicazione ed esclusione

Il recente DL 138/2011, già convertito in Legge, prevede, a decorrere dal periodo d’imposta 2012, un aumento dell’aliquota IRES dal 27,50% al 38% da applicare sull’ammontare del reddito minimo da dichiarare qualora una società sia classificata, ai fini fiscali, “di comodo”. Sono definite tali le società che non conseguono – sulla base di definite percentuali applicate agli assets di bilancio – un determinato ammontare minimo di ricavi secondo il c.d. “test di operatività”. Anche le società che per tre periodi consecutivi dichiarano una perdita fiscale, nonché le società che per due periodi su tre dichiarano una perdita fiscale ed in quello restante dichiarano un reddito minimo rispetto a quello presunto dal predetto test di operatività, si presumono non operative a decorrere dal quarto periodo d’imposta successivo al verificarsi di dette condizioni. La presunzione in oggetto non opera nel momento in cui la società può beneficiare, nel quarto periodo d’imposta, di una delle cause di esclusione dalla disciplina (ad esempio congruità e coerenza agli studi di settore). La società di comodo può inoltre sfuggire dall’imposizione fiscale maggiorata ottenendo dall’Agenzia delle Entrate apposito provvedimento di disapplicazione dalla disciplina a seguito di presentazione, da parte della società medesima, di motivata istanza di disapplicazione; nonché sciogliendo la società o trasformandola in società semplice (ossia in società priva di attività d’impresa). Per quanto riguarda i riflessi di tale normativa sull’Irap è previsto il pagamento dell’imposta sul predetto reddito minimo aumentato di tutti i costi relativi al personale dipendente, ai Co.Co.Co, alle prestazioni di lavoro occasionale ed agli interessi passivi. Per quanto concerne l’Iva la normativa precedente al DL 138/2011 già prevedeva per le società di comodo il divieto di richiesta di rimborso del credito Iva, il divieto della relativa compensazione con altri tributi e, nel caso di mancato superamento del “test di operatività” per tre periodi consecutivi, il divieto di riporto del credito Iva sui successivi periodi di imposta.

Diniego del rimborso Iva per le migliorie su immobili di terzi

Le spese relative all’installazione di impianti di riscaldamento e di rilevazione dei fumi su di un immobile in leasing sono da iscriversi nella voce “altre immobilizzazioni immateriali” come spese di miglioramento su immobili di terzi deducibili in ragione della durata residua del contratto. Sulla base di tale assunto la Commissione Tributaria Regionale di Milano ha negato il rimborso dell’Iva relativa a tali interventi in quanto, non trattandosi di immobilizzazioni materiali, non si verificano i presupposti di cui all’art. 30, c. 3, lett. c), DPR 633/72. L’Agenzia delle Entrate già in passato (Risoluzione 179/E/2005) aveva negato il rimborso Iva nel caso di spese di miglioramento, ampliamento e trasformazione su immobile concesso in comodato in quanto le predette opere non possono essere iscritte in bilancio come beni ammortizzabili propri del soggetto che le ha effettuate.

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Tributi

Classificazione del rischio di evasione sulla base dell’incoerenza redditometrica

L’Agenzia delle Entrate, lo scorso 25.10.2011, ha diffuso una prima documentazione del paniere dei beni e servizi che formeranno il nuovo redditometro. Tale strumento dovrebbe essere utilizzato, oltre che per permettere al contribuente di valutare la propria posizione ed eventualmente adeguarsi, anche per potenziare l’analisi del rischio di evasione da parte degli uffici finanziari. Infatti, in caso di incoerenza redditometrica, il contribuente che, pur consapevole della situazione, non modifica il comportamento dichiarativo, potrebbe essere selezionato per ulteriori controlli. Questi ultimi saranno calibrati in funzione del rischio di evasione, che sarà graduato come segue:

- rischio “basso”, caratterizzato da scostamento basso e quindi da nessuna selezione;

- rischio “medio”, caratterizzato da scostamento elevato, nonché dalla presenza di indicatori specifici di conferma, dal quale deriverà la selezione per l’invio del questionario e successivo contraddittorio;

- rischio “alto”, caratterizzato da scostamento molto elevato nonché dalla presenza di indicatori specifici di conferma, dal quale deriverà la selezione per controlli ordinari approfonditi.

Inattendibilità delle scritture contabili

La recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, n. 324/02/2011, stabilisce che l’accertamento induttivo dei ricavi di cui all’art. 39 del DPR 600/73, non può essere automaticamente eseguito nel caso in cui la presunta inattendibilità delle scritture contabili derivi unicamente da una “gestione aziendale antieconomica”. Da tale sentenza è emerso pertanto che la semplice chiusura in perdita di un esercizio non può da sola costituire prova di tenuta inattendibile delle scritture contabili, ma è da considerare un mero indizio che richiede un ulteriore e più approfondito esame contabile dal quale ottenere altri elementi probatori di inattendibilità. Di conseguenza, il soggetto verificatore, solo all’avvenuta constatazione di tali ulteriori elementi probatori può emettere l’accertamento induttivo di maggiori ricavi.

Diritto commerciale, bilancio, contabilità e varie

Conseguenze della mancata adozione dei modelli di organizzazione e gestione ex DLgs n. 231/2001 Anche l’Istituto di Ricerca del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti è intervenuto, con una circolare del 10.11.2011, in materia di obbligo od opportunità di “adozione dei modelli di organizzazione e gestione ex DLgs n. 231/2001.”

Secondo l’autorevole Istituto non sembra potersi ravvisare in capo all’ente un vero e proprio obbligo giuridico di adozione del modello organizzativo. Tuttavia è evidente che gli amministratori, ai quali spetta il compito di vigilare sul generale andamento della gestione, sono responsabili se non hanno adempiuto a quest’ultimo obbligo o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non ne hanno impedito il compimento o quanto meno eliminato o attenuato le conseguenze dannose (art. 2392, c. 2, cod. civ.).

Impedire il compimento di reati dannosi per l’ente rientra pertanto certamente nel novero degli adempimenti legati a detto obbligo. Di conseguenza l’adozione del modello in questione si presenta più come un onere che come una facoltà e la responsabilità di matrice civilistica dell’amministratore scaturisce non tanto dall’omessa adozione del modello organizzativo e di gestione, quanto piuttosto dall’omessa valutazione in merito all’opportunità di prevenire i reati contemplati dal DLgs 231/2001 attraverso l’elaborazione di detto modello. Tuttavia non è sufficiente adottare un modello che si possa definire “standard” (molti studi legali stanno proponendo tali tipi di modello a prezzi contenuti); infatti, affinché un modello possa essere ritenuto valido per consentire all’ente l’esenzione da responsabilità, lo stesso deve essere non solo idoneo, efficace ed adeguato, ma anche “specifico” (ossia aderente alle peculiarità strutturali dell’ente che lo adotti) e

“dinamico” (cioè con un costante aggiornamento legato all’evolversi e modificarsi sia della struttura che del rischio di commissione di illeciti).

Novità in merito alle forme societarie per i professionisti

A partire dal prossimo gennaio il professionista potrà scegliere di esercitare la propria attività professionale, regolamentata dall’Ordine di appartenenza, anche mediante una società di capitali. La legge di stabilità (art.

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Diritto commerciale, bilancio, contabilità e varie

10, c. 3, della L. 183/2011) ha infatti previsto che i professionisti possano costituire ed utilizzare uno qualunque dei modelli societari “regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile”. Tra questi vi sono anche le società a responsabilità limitata e le società per azioni unipersonali o uninominali. In questo modo dovrebbe essere possibile limitare al capitale sociale versato la responsabilità relativa ai danni derivanti da errori effettuati nello svolgimento di attività non riservate.

L’atto costitutivo della società tra professionisti deve prevedere l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci. Oltre che dei professionisti, iscritti ad Ordini, Albi e Collegi, è inoltre consentita l’ammissione di altri soggetti, in qualità di soci di capitale.

I professionisti soci sono comunque tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio Ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulta iscritta.

Facoltà per i revisori legali di avvalersi dell’attività di ausiliari

Il Tribunale di Udine, con sentenza depositata il 17 marzo 2011, ha esteso la portata dell’articolo 2403-bis cod. civ., in materia di Collegio Sindacale, anche all’attività di controllo contabile. Il menzionato art. 2403- bis (Poteri del Collegio Sindacale), al comma 4 prevede che nell’espletamento di specifiche operazioni di ispezione e di controllo i Sindaci, sotto la propria responsabilità ed a proprie spese, possono avvalersi di propri dipendenti ed ausiliari che non si trovino in una delle condizioni (di incompatibilità) previste dall’art.

2399. Il Tribunale di Udine, per analogia, ritiene applicabile tale facoltà anche all’incaricato del controllo contabile (sia esso effettuato dallo stesso Collegio Sindacale, sia esso demandato ad un Revisore legale) in quanto, ritengono i Giudici: “(...) è pacifico che anche l’attività di controllo contabile, pur non più affidata ad un organo interno della società, rimanga una attività assimilabile a quella del Collegio Sindacale (...) quindi la possibilità di avvalersi di propri collaboratori trova pertanto sicuramente applicazione anche nel controllo contabile”. La predetta sentenza ha inoltre precisato che non risulta necessario il consenso da parte del cliente in quanto a questi è consentito di dissentire (in forma esplicita) e qualora non lo faccia non può, a posteriori, invocare la mancanza del consenso. Viste le conclusioni tratte dal Tribunale di Udine, anche per l’utilizzo di ausiliari nell’attività di revisione legale bisognerà adottare quanto previsto al paragrafo 2.2. delle norme di comportamento del Collegio Sindacale. Vale a dire che l’incarico affidato all’ausiliario andrà formalizzato, il costo dovrà essere a carico del Revisore e non potrà gravare sulla società e l’attività dell’ausiliario dovrà rimanere confinata alla fase istruttoria del controllo senza poteri di giudizio e di iniziativa. Inoltre, così come previsto dall’ultimo comma dell’art. 2403-bis cod. civ., l’organo amministrativo della società potrà vietare agli ausiliari l’accesso a determinate informazioni riservate.

Trust e attività fiduciaria

Il contratto di affidamento fiduciario: analogie e differenze con il trust

Il contratto di affidamento fiduciario è stato introdotto dalla legge 1.03.2010, n. 43, della Repubblica di San Marino e si pone come prima risposta civilistica alternativa all’utilizzo del trust, che è uno strumento del diritto comune.

L’affidamento fiduciario è un contratto, convenuto tra affidante ed affidatario (terminologia differente da fiduciante e fiduciario, tipici del negozio fiduciario presente nel nostro ordinamento), per la determinazione di un “programma che destina taluni beni ed i loro frutti a favore di uno o più beneficiari, parti o meno del contratto, entro un termine non eccedente i novanta anni”.

Il contratto in oggetto rispecchia strettamente lo strumento del trust, in quanto si configura la nozione di

“patrimonio affidato” in analogia con il “fondo in trust”.

Analogamente sussistono diverse somiglianze tra i due strumenti in quanto, ad esempio, in entrambi i casi il patrimonio risulta segregato e non si confonde con i beni dell’affidatario o del trustee; inoltre il contratto di affidamento fiduciario non è soggetto a risoluzione, allo stesso modo del trust. Anche con riferimento alla responsabilità dell’affidatario verso i terzi la legge sammarinese segue la legislazione del trust, limitando detta responsabilità al solo patrimonio affidato (l’affidatario risponde personalmente quando abbia contratto senza menzionare la propria qualità). La legge in oggetto, non potendosi avvalere dei meccanismi della Common Law, si ispira pertanto alle regole civilistiche stabilite per il rappresentante che contrae: l’affidatario deve pertanto giustificare i propri poteri e consegnare alla controparte copia delle rilevanti disposizioni del contratto di affidamento fiduciario.

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Trust e attività fiduciaria

Il complessivo effetto delle disposizioni del contratto in commento è pertanto assimilabile quasi interamente a quello ottenibile dall’adozione del trust, con la differenza che il primo richiama precisi riferimenti concettuali di diritto civile. La collocazione di tale strumento nel contesto contrattuale ha inoltre consentito di prevedere la possibile presenza di beneficiari quali parti del contratto, a differenza di quanto concesso dal trust. Peraltro, con riferimento ai beneficiari, la legge in commento segue il diritto del trust, ma con alcune limitazioni allo scopo di prevenire possibili abusi. A tal fine è previsto che almeno un beneficiario debba essere espressamente indicato nel contratto, il quale deve altresì determinare almeno la metodologia di individuazione degli altri beneficiari non espressamente indicati, a differenza di quanto previsto per i trust c.d. “discrezionali”, in cui il trustee gode appunto di piena discrezionalità nel nominare i beneficiari all’interno di categorie prefissate dal disponente. Al trust si ispira anche la disposizione relativa al comportamento che deve adottare l’affidatario nello svolgimento del proprio incarico, utilizzando tuttavia una terminologia civilistica di “correttezza e buona fede”.

Resta infine da valutare se l’affidamento fiduciario sammarinese debba essere sottoposto alle regole stabilite dalla Convenzione dell’Aja sui trust o alle norme relative alle obbligazioni contrattuali stabilite dalla Convenzione di Roma, ora sostituita dal Regolamento CE 595/2088. Autorevole dottrina ritiene che occorra guardare alla Convezione dell’Aja per il riconoscimento di un contratto di affidamento fiduciario; tuttavia gli effetti segregativi di detto contratto non hanno necessità di un supporto normativo per essere inquadrati nelle norme civilistiche del diritto italiano. Pertanto in caso di conflitto la Convenzione dell’Aja designerà la legge italiana sia per quanto riguarda il contratto di affidamento fiduciario, sia in caso di applicazione del trust, qualora i medesimi siano regolati dalla legge sammarinese ed il patrimonio affidato si trovi in Italia.

Finanziamenti e contributi

Incentivi per contratti di apprendistato

Fino al 31.12.2012 sarà possibile inoltrare ad Italia Lavoro SpA, esclusivamente in via telematica al sito http://amva.italialavoro.it, la richiesta di incentivi destinati alle aziende che assumono apprendisti o l’hanno fatto a partire dal 30.11.2011. Lo ha previsto l’avviso pubblicato lo scorso 11.11.2011 dall’organismo tecnico del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, finalizzato ad incentivare l’utilizzo del contratto di apprendistato sull’intero territorio nazionale con l’assegnazione, alle imprese beneficiarie, di un contributo di euro 5.500,00 per ogni lavoratore assunto con contratto di apprendistato per la qualifica professionale, oppure di euro 4.700,00 se l’assunzione avviene con contratto di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere. I datori di lavoro che possono beneficiare di tali incentivi devono possedere determinati requisiti come ad esempio essere in regola con l’applicazione del CCNL di riferimento, con la normativa in materia di sicurezza del lavoro, con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, con il versamento degli obblighi contributivi ed assicurativi. Invece i lavoratori assunti devono possedere il requisito di lavoratori “svantaggiati” (ad esempio soggetti che non hanno un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi o che non possiedono un diploma di scuola media superiore o professionale), oppure non devono aver avuto rapporti di lavoro negli ultimi 12 mesi con il datore di lavoro beneficiario, cessati per cause diverse dalla scadenza naturale dei contratti.

Agevolazioni per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nel settore agro-alimentare

A seguito della pubblicazione del bando sul bollettino ufficiale della Regione Piemonte si sono aperti i termini per la presentazione delle domande di ammissione al contributo per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nel settore agro-alimentare, previsto dalla Misura 1.2.4 Azione 1, limitatamente alle seguenti “sfide”, previste dall’art. 16 bis del Reg. (CE) n. 1698/2005:

- cambiamenti climatici (miglioramento dell’efficienza energetica): progetti volti a introdurre nuove tecnologie finalizzate a risparmiare energia, anche con riferimento al recupero del calore prodotto dai processi di lavorazione;

- energie rinnovabili (produzione di energia rinnovabile da biomasse agricole ed agroalimentari): progetti per introdurre sistemi innovativi per la produzione di energia utilizzando biomasse derivanti da prodotti (in quantità limitata) o scarti vegetali, effluenti zootecnici, sottoprodotti di origine agroalimentare;

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Finanziamenti e contributi

- innovazione connessa al settore lattiero-caseario: progetti finalizzati ad introdurre sistemi innovativi per l’incremento di valore aggiunto dei prodotti lattiero-caseari, nonché al miglioramento dei processi di produzione ed alla riduzione dei costi di trasformazione, con l’applicazione di nuove tecnologie.

Possono presentare domanda di ammissione al contributo previsto, le seguenti Forme Organizzate di Cooperazione costituite allo scopo di progettare, sviluppare e realizzare nuovi prodotti, processi e tecnologie nel settore agro-alimentare:

- Associazioni Temporanee di Scopo (ATS);

- associazioni;

- soggetti convenzionati.

Le intensità di aiuto sono le seguenti:

- 80% per le spese relative alla realizzazione, alla formalizzazione ed alla gestione delle forme organizzate di cooperazione (ATS, associazioni, convenzioni);

- 80% per le spese di progettazione e/o di brevettazione di nuovi prodotti, processi e tecnologie;

- 25% per le spese per la realizzazione di progetti di sviluppo precompetitivo o sperimentale di nuovi prodotti, processi e tecnologie.

La trasmissione telematica delle domande di aiuto deve avvenire, a pena di irricevibilità, entro e non oltre le ore 12:00 del 12 gennaio 2012.

Contributi ai consorzi agro-alimentari e turistico-alberghieri per la promozione

Il Ministero dello Sviluppo Economico ha definito le modalità per la presentazione dei programmi promozionali per il 2012 da parte dei consorzi agroalimentari, turistico-alberghieri ed agro-ittico-turistici multiregionali a valere sulla legge 394/81 art. 10, nonché le modalità per la successiva rendicontazione.

I consorzi possono presentare il programma delle attività promozionali 2012 entro il 30 dicembre 2011 al seguente indirizzo: Ministero dello Sviluppo Economico, Dipartimento per l’Impresa e l’Internazionalizzazione - Direzione Generale per le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli scambi - Div. VIII - Viale Boston 25 - 00144 Roma.

Per l’anno 2012 il Programma Promozionale potrà avere ad oggetto un numero massimo di 3 tipologie di progetti e per ciascuna tipologia un numero massimo di 3 azioni.

Le tipologie di progetti finanziabili sono i seguenti:

- partecipazione a fiere estere;

- partecipazione a fiere internazionali in Italia riconosciute come tali in base al calendario pubblicato dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, consultabile al sito www.regioni.it;

- campagna pubblicitaria su stampa estera, pubblicità in lingua estera (riviste, radio, televisione e web);

- workshop, conferenze, videoconferenze, incontri promozionali rivolti ad operatori esteri;

- missioni di operatori esteri in Italia;

- solo per i consorzi di nuova costituzione: apertura di un nuovo sito internet predisposto anche in lingua estera;

- solo per i consorzi di nuova costituzione: realizzazione e promozione del marchio consortile.

Le domande per la liquidazione dei contributi relativi ai programmi da svolgersi nel 2012 devono invece essere presentate al Ministero, al medesimo indirizzo di cui sopra, entro il 31 marzo 2013.

Consulenza del lavoro

Aliquote contributive applicabili dal 2012

Si comunica che, con effetto dal 1° gennaio 2012, la legge di stabilità 2012 ha stabilito un innalzamento delle aliquote contributive per gli iscritti alla Gestione separata Inps.

In relazione ai soggetti iscritti solo alla Gestione separata Inps e non pensionati l’aliquota previdenziale sarà la seguente:

- 27% fino al previsto massimale;

- 0,72% come contributo assistenziale fino al previsto massimale.

L’aliquota contributiva diventerà pertanto pari al 27,72%.

In relazione ai soggetti iscritti anche ad un’altra Gestione previdenziale obbligatoria o pensionati l’aliquota previdenziale diventerà:

Riferimenti

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