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Violenza sessuale: quando è meno grave?

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Violenza sessuale: quando è meno grave?

Autore: Paolo Remer | 06/10/2021

In quali casi i giudici riconoscono l’attenuante della tenuità del fatto, che porta a un grosso abbattimento di pena? Quali criteri applicano per escluderla?

La violenza sessuale è un reato tanto grave quanto odioso. È punito molto

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severamente: nella forma base la pena va da sei a dodici anni di reclusione, ma nei casi «di minore gravità» è diminuita fino a due terzi e quindi può scendere, teoricamente ma anche in pratica, fino a un minimo di due anni di carcere. Tutto ciò senza contare altre circostanze attenuanti, come quelle generiche, e gli ulteriori sconti nel caso in cui l’imputato scelga i riti speciali, come il patteggiamento o il giudizio abbreviato, che vengono chiamati anche “riti premiali”

perché comportano l’abbattimento della pena di un terzo secco (nell’abbreviato) o fino a un terzo (con il patteggiamento); tant’è che esistono alcune proposte di legge volte ad impedire queste possibilità per le violenze sessuali.

Tenuto conto di tutto ciò, diventa molto importante sapere quando la violenza sessuale è meno grave. Sia per gli imputati sia per vittime è utile conoscere come funziona il sistema giudiziario e come ragionano i giudici per irrogare la pena a coloro che vengono riconosciuti colpevoli di questo delitto, che lede profondamente chi lo subisce e può lasciare segni permanenti nella sua psiche; a volte, purtroppo, molto più duraturi degli anni di carcere che il reo dovrà scontare.

Violenza sessuale: quali sono i casi di minore gravità?

La norma penale incriminatrice della violenza sessuale [1] non definisce quali sono i «casi di minore gravità» che legittimano l’applicazione della circostanza attenuante di cui ci stiamo occupando: la diminuente che, come abbiamo visto, fa scendere fino a due terzi la pena per il delitto commesso. In assenza di una puntuale previsione legislativa, l’individuazione concreta di questi casi di minore gravità viene, quindi, rimessa al giudice penale, che dovrà stabilire di volta in volta quando riconoscerne la sussistenza e quando, invece, escluderla.

La giurisprudenza formatasi nei 25 anni di applicazione della nuova norma (in passato, prima del 1996, c’era la distinzione tra “violenza carnale” e “atti di libidine”, una sorta di violenza sessuale attenuata) ha fornito alcuni importanti criteri orientativi, che saranno i nostri punti di riferimento. Eccoli.

Innanzitutto, gli interpreti ormai concordano nel ritenere che si tratta di una circostanza attenuante ad effetto speciale e non di una fattispecie autonoma di reato: ciò significa che può essere “bilanciata”, cioè sottoposta a un giudizio di comparazione [2] con altre circostanze di segno opposto, come le aggravanti

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previste per le violenze su minori o con uso di droghe [3].

In secondo luogo, occorre sgombrare il campo da un facile equivoco: l’attenuante della minore gravità è applicabile anche ai casi di delitto consumato e non soltanto a quelli di reato tentato [4], che si ha quando l’azione non si compie o l’evento non si verifica, pur essendo stati gli atti «idonei e diretti in modo non equivoco» a commetterla. Perciò, non conta in modo precipuo, ai fini del riconoscimento di questa diminuente di pena, se vi sia stato un rapporto sessuale completo oppure no. Ad esempio, la giurisprudenza [5] l’ha riconosciuta anche in occasione del reato, consumato, di atti sessuali con minorenne [6].

Attenuante della minore gravità: quando viene riconosciuta?

Un punto fermo al quale è approdata la giurisprudenza è che anche nei casi di minore gravità c’è comunque una illecita lesione della libertà sessuale della vittima. Ciò avviene a causa del comportamento dell’agente che si introduce, senza aver ottenuto il consenso, nella sua sfera intima in vari modi, ma tutti costituenti reato: con violenza, minaccia, approfittamento delle sue condizioni di inferiorità o abuso di autorità.

Questo comporta che il giudice dovrà valutare, caso per caso, l’entità, le modalità, la persistenza e, dunque, la gravità dell’intrusione arbitraria che ha compresso l’autodeterminazione della persona offesa. La Corte di Cassazione ha affermato spesso [7] che per compiere questa «valutazione globale del fatto» occorre richiamarsi alla norma di legge [8] relativa alla “dosimetria” della pena per tutti i delitti, ossia la disposizione che indica i criteri da considerare per la corretta applicazione della sanzione detentiva.

I principali elementi da valutare in base a questa norma cardine sono:

la natura del fatto e le modalità dell’azione;

l’intensità del dolo;

il danno arrecato alla persona offesa.

Così, quanto più è alto il grado di coartazione della vittima, e più sono insidiosi i mezzi utilizzati e la pervicacia di chi li pone in essere, tanto minore sarà la

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possibilità di ottenere il riconoscimento della diminuente di pena che stiamo esaminando: chi compie uno stupro, o una qualsiasi altra violenza continuata e crudele, non potrà certo beneficiarne.

Violenza sessuale di minore gravità: casi concreti

La principale conseguenza di questa impostazione è che così la medesima condotta potrà essere valutata in modi diversi, in base ai rispettivi ruoli e alle situazioni poste in essere: ad esempio, un uomo che nel giro di pochi secondi bacia sulle labbra una donna adulta, le tocca il seno e le palpa i glutei, prima di essere respinto, probabilmente potrà beneficiare dell’attenuante in questione – che infatti la Cassazione ha talvolta riconosciuto [9] – a differenza di chi compie le stesse azioni ma nei confronti di una ragazza minorenne (che magari è una sua allieva o parente) e, dunque, si trova in una posizione di maggiore vulnerabilità e soggezione, subirà un maggior turbamento emotivo e, probabilmente, riporterà un danno psicologico in futuro.

L’attenuante della minore gravità può, comunque, essere riconosciuta, come ha affermato la Corte di Cassazione [10], anche in particolari casi di violenza sessuale su minorenne, quando l’azione era consistita in «leggeri toccamenti, di minima intrusività» e la vittima (una ragazza quattordicenne) aveva «intrapreso una relazione sessuale con l’imputato, liberamente accettata e voluta».

Attenuante della minore gravità: quando va esclusa?

L’attenuante della minore gravità viene sempre esclusa nei casi di violenza sessuale di gruppo, poiché la norma che prevede questo reato [11] non la richiama espressamente, ma riconosce un’altra diminuente di pena analoga, in favore del partecipante «la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato».

Le più recenti sentenze in materia assumono un orientamento in prevalenza restrittivo al riconoscimento dell’attenuante, soprattutto quando il fatto riguarda minorenni, e affermano che:

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è legittimo il diniego dell’attenuante del fatto di minore gravità «anche in caso di solo sopravvenuto dissenso della vittima», la quale inizialmente aveva prestato il consenso al rapporto sessuale, quando «per i mezzi, le modalità esecutive della condotta, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, e le caratteristiche psicologiche valutate in relazione all’età, si realizzi una significativa compromissione della libertà sessuale» [12];

nella violenza sessuale in danno di minorenne il fatto compiuto va correlato al «livello di sviluppo e di progressiva maturazione del minore», valutando «il danno arrecato anche in termini psichici» [13];

l’attenuante della minore gravità «è configurabile solamente quando non vi sia stata una intensa lesione del bene protetto, e cioè una significativa compromissione della libertà sessuale»; in questa prospettiva, le gravi conseguenze psicofisiche riportate dalla vittima impediscono di riconoscere la diminuente di pena [14];

le caratteristiche psicologiche del soggetto che ha subito violenza vanno

«valutate in relazione all’età, in modo da accertare che la libertà sessuale non sia stata compressa in maniera grave e che non sia stato arrecato alla vittima un danno grave, anche in termini psichici» (il caso riguardava una violenza sessuale reiteratamente commessa su un minorenne mentre dormiva) [15];

l’attenuante della minore gravità non può essere concessa in caso di condotte reiterate, poiché esse, a differenza di quelle occasionali e sporadiche, provocano «una maggiore compromissione del bene giuridico tutelato dalla norma» [16].

Anche l’ultima sentenza della Corte di Cassazione che si è pronunciata sul punto [17] afferma che per la graduazione della gravità del reato bisogna avere riguardo esclusivamente alla violenza subita dalla vittima: perciò, la Suprema Corte ha escluso l’attenuante in un caso in cui la persona offesa (si trattava di una moglie separata dal marito) aveva riportato un serio trauma psicologico in conseguenza della violenza subita.

Note

[1] Art. 609 bis Cod. pen. [2] Art. 69 Cod. pen. [3] Art. 609 ter Cod. pen. [4] Art.

56 Cod. pen. [5] Cass. sent. n. 16616/2015. [6] Art. 609 quater Cod. pen. [7] Cass.

sent. n.39445/2014, n. 23913/2014, n. 18662/2013. [8] Art. 133 Cod. pen. [9]

Cass. sent. n. 21336/2010. [10] Cass. sent. n. 29618/2011. [11] Art. 609 octies

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Cod. pen. [12] Cass. sent. n. 16440 del 22.01.2020. [13] Cass. sent. n. 5694 del 13.11.2019. [14] Cass. sent. n.5512 del 16.10.2019. [15] Cass. sent. n. 50336 del

10.10.2019. [16] Cass. sent. n. 15303 del 25.01.2021. [17] Cass. sent. n. 35969 del 04.10.2021.

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