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Quartiere Barriera di Milano: emiferia fragile

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Academic year: 2022

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Caritas Italiana – La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane – Il Mulino, Bologna 2007

TORINO

Quartiere Barriera di Milano: emiferia fragile

Non periferia nel senso classico, ma zona intermedia della città, strattonata tra spinte di sviluppo contrapposte, Barriera appare oggi fragile e disorientata. Le Olimpiadi invernali 2006, superando il clima di sfiducia dopo il declino industriale, hanno prodotto uno spirito di coesione che si è esteso anche alle periferie, sebbene già dalla metà degli anni ’90 Torino avesse avviato numerosi progetti di riqualificazione, accumulando conoscenze e pratiche, che la collocano ora all’avanguardia a livello europeo, e facendo sì che nessuno dei suoi territori sia oggi in stato di abbandono.

Emerge, piuttosto, la questione delle emiferie, parti di città poste a corona attorno al centro. Non così centrali da attrarre investimenti, ma neppure così degradate, queste aree assistono passivamente al cambiamento, mentre necessiterebbero di interventi di micro- chirurgia e nuovi modi di interpretare la partecipazione. Quattro sottozone molto diverse tra loro creano un quartiere dai tanti volti, una complessità esaltata dalla perdita della centralità della fabbrica e dell’identità ad essa legata. Usato dai diversi gruppi secondo tempi e modi difformi, con la costruzione di margini simbolici che contribuiscono a sfilacciarlo, il territorio è ancor più frammentato dalle trasformazioni nella mobilità cittadina, che lo tagliano, attraversandolo, e dell’arrivo silenzioso di sempre nuovi immigrati che qui mettono radici.

Immigrazione, alta disoccupazione, insuccesso scolastico e bassa scolarità, elevato grado di dipendenza dai Servizi Sociali, moltiplicarsi di situazione di povertà, di disagio mentale, delle dipendenze sono tutti sintomi di un tessuto sociale indebolito. Dietro l’apparente tranquillità si coglie una tensione latente ma in qualche modo già palpabile. Le stesse istituzioni temono di perdere il controllo. Si spiega così l’ansia rispetto alla sicurezza: la rapida sostituzione della popolazione, lo spaccio e la microcriminalità, i minori che delinquono, il degrado ambientale ed edilizio spaventano, gli unici luoghi sicuri sono centri commerciali e oratori.

Barriera si sta ridisegnando in modo complesso dentro a una trasformazione di portata globale: il problema è riuscire a ricollocare il quartiere dentro questo sviluppo. Ora che le fabbriche sono chiuse, Barriera non può più svolgere quella funzione sociale e produttiva.

Quale il suo destino? L’illeggibilità del mutamento e l’incertezza che ne consegue trovano involontario riscontro anche nella sua opacità nell’immaginario torinese: mentre si rifiuta l’appellativo di periferici, la stampa descrive il quartiere con le tradizionali categorie del disagio e della fragilità. La buona tradizione amministrativa, la fitta presenza della società civile, una Chiesa radicata sono risorse importanti ma disorientate, mentre vengono meno i canali di rappresentanza sociale e cresce la divaricazione tra le prospettive degli operatori e quelle dei residenti: la sfida è ricomporre i diversi livelli di comprensione e sfruttare le nuove opportunità che i nuovi arrivati possono rappresentare, per rendere il quartiere più interessante, senza perdere le sue radici di socialità, solidarietà, senso della dimensione pubblica.

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