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4. MODELLI DI TIPO STAZIONARIO

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Academic year: 2021

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4. MODELLI DI TIPO STAZIONARIO

La prima famiglia di modelli di simulazione della dispersione degli inquinanti in aria che viene presa in considerazione è quella dei modelli stazionari. Tali modelli, nonostante la diversità formale ed anche sostanziale che li caratterizza, hanno come comune denominatore il fatto che operano per stati quasi-stazionari, cioè ipotizzano che l’evoluzione temporale del fenomeno di dispersione sia costituita da una sequenza continua e discreta di scenari temporali di durata sufficiente a rendere rappresentativa la stima del valor medio della concentrazione (in pratica 15’÷60’) durante i quali:

• il tasso di emissione delle varie sorgenti resta costante,

• le variabili meteorologiche e micrometeorologiche restano costanti nel tempo e non variano in orizzontale, pur potendo variare con la quota,

• le sostanze emesse non presentano reazioni chimiche di ordine superiore al primo.

In sostanza, tali ipotesi semplificative non sono molto differenti da quelle che hanno condotto alla soluzione di base plume dell’equazione euleriana del trasporto e della diffusione di un inquinante passivo. Proprio per le semplici ipotesi su cui si basano, tali modelli richiedono ben poche informazioni per funzionare, sono concettualmente molto semplici, il loro uso richiede un’esperienza modellistica limitata e strumenti di calcolo facilmente disponibili e proprio per questo sono gli strumenti adatti per stime di prima approssimazione. Da qui la loro celebrità che ha portato a un loro uso intensivo, spesso scorretto perché al di fuori del loro reale campo di applicazione. In questo capitolo verranno presentate con tutti i dettagli possibili i due appartenenti principali di questa famiglia di modelli, con lo scopo di chiarire le loro particolarità, i loro limiti e per consentire ai modellisti una loro corretta e moderna implementazione.

4.1 IL MODELLO GAUSSIANO PLUME

Il modello Gaussiano Stazionario Plume (a pennacchio) è, in assoluto, il modello di simulazione della dispersione degli inquinanti in atmosfera più semplice e più usato nella pratica corrente, soprattutto per calcoli approssimati e di tipo ingegneristico. E’ stato il primo ad essere usato negli Stati Uniti per prevedere l’impatto delle sorgenti inquinanti sulla Qualità dell’Aria e, per lungo tempo, ha costituito lo strumento progettuale più utilizzato nella pianificazione ambientale del territorio. La sua semplicità, la sua facilità di programmazione e la sua intrinseca capacità ad estendere il proprio ambito di previsione interiorizzando descrizioni semiempiriche di fenomeni fisici anche molto complessi, ne fanno ancora oggi uno strumento di analisi molto utile, soprattutto quando le informazioni meteorologiche disponibili sono poco abbondanti.

I suoi fondamenti teorici possono essere ritrovati, almeno formalmente, sia nell'approccio Euleriano sia in quello Lagrangiano, tuttavia, come sarà più chiaro nel seguito, essi fanno solo da ossatura ad un edifico modellistico che, alla fine, è prevalentemente di tipo semiempirico. In effetti la soluzione stazionaria dell'equazione base dell'approccio Euleriano relativa ad una emissione di tipo puntuale e con tasso di emissione stazionario porta, dopo l’adozione di un notevole numero di semplificazioni, alla relazione (3.12d), o meglio alla (3.14), che descrive una dispersione degli inquinanti nel PBL di tipo Gaussiano. Anche l'approccio Lagrangiano, quando prende in considerazione emissioni continue in un fluido con statistica gaussiana,

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omogenea e stazionaria, porta ad una relazione formalmente identica alla (3.12d) e quindi ancora una volta di tipo gaussiano. Queste deduzioni analitiche sono state ottenute risolvendo le equazioni base euleriana e lagrangiana in condizioni altamente idealizzate e quindi apparentemente molto lontane dalla realtà, tuttavia il fatto che un modello basato su tali considerazioni sia stato realizzato e usato, spesso con successo, sta a dimostrare che questo approccio in molte occasioni può essere considerato un’accettabile rappresentazione della realtà.

Vanno premesse, comunque, fin da subito, alcune considerazioni relative alla reale applicabilità di un tale modello. Perché il modello Gaussiano Plume possa fornire previsioni sufficientemente attendibile della distribuzione spazio-temporale della concentrazione degli inquinanti è necessario che:

• il territorio che si sta considerando sia privo di orografia significativa e sia morfologicamente uniforme (non ci devono essere grosse discontinuità nel tipo di suolo, cosa che avviene per esempio quando esiste un centro abitato di ragguardevoli dimensioni nel mezzo di una pianura a prevalente destinazione agricola);

• le sorgenti che emettono l’inquinante siano costituite da ciminiere sufficientemente elevate;

• tali sorgenti emettano con continuità inquinanti chimicamente non reattivi;

• le condizioni meteorologiche varino molto lentamente nello spazio e nel tempo;

• la turbolenza del PBL sia sufficientemente lontana dalla convettività.

Tali limitazioni potrebbero sembrare particolarmente restrittive e, a prima vista, il modello Gaussiano Plume parrebbe totalmente inapplicabile nelle situazioni reali. Viceversa il suo lungo utilizzo ha mostrato che, se si accetta un certo grado di approssimazione, le previsioni che esso fornisce possono costituire un’utile base conoscitiva per una prima comprensione dei fenomeni in atto.

4.1.1 Formulazione base del Modello Gaussiano Plume

Al Capitolo precedente è stata dedotta la formulazione base del Modello Gaussiano Plume a partire sia dall'approccio Euleriano che da quello Lagrangiano. Maggiori dettagli su ciò possono essere trovati in Rote(1980). E’ tuttavia interessante notare come tale formulazione possa anche essere derivata in maniera del tutto semiempirica. Si immagini di essere in condizioni praticamente stazionarie, cioè in situazioni in cui le condizioni atmosferiche non varino apprezzabilmente nel tempo sia per quanto riguarda le variabili medie (come per esempio la velocità e la direzione del vento) sia per quanto riguarda la turbolenza del PBL. Si ipotizzi, inoltre, di considerare un territorio completamente piatto, senza ostruzioni di alcun genere e senza discontinuità (in cui, per esempio, non esista un’interfaccia terra-acqua, in cui il suolo sia sempre dello stesso tipo, ecc.) Si consideri poi una ciminiera elevata (tipicamente alta un centinaio di metri) che emetta con continuità un generico inquinante chimicamente non reattivo con un tasso di emissione Q (g⋅s-1) costante nel tempo. E’ la situazione tipica delle ciminiere di alcune centrali termoelettriche o degli impianti di termoutilizzazione dei rifiuti solidi urbani.

Immaginiamo inoltre di realizzare una fotografia che evidenzi la forma del pennacchio di fumo che esce da essa. Tale fotografia, se fatta di prima mattina o al tramonto, in una giornata con vento abbastanza teso, sarà sicuramente molto simile a quanto illustrato in Fig.4.1.

(3)

Fig.4.1: Rappresentazione schematica di un pennacchio emesso da una ciminiera.

Se si considera con attenzione tale fotografia (o la Fig.4.1) si vede facilmente come il pennacchio di fumo (plume) possa essere suddiviso in tre zone distinte:

• Zona 1 (zona ascensionale): si nota come il plume di fumo (denso e quindi facilmente visibile) parta verticale dalla bocca del camino e progressivamente si pieghi nella direzione sottovento fino a livellare orizzontalmente il proprio baricentro. Questa fase ascensionale termina normalmente ad una distanza sottovento molto vicina alla ciminiera (tipicamente 100÷300 m), a seconda delle condizioni meteorologiche presenti nella zona. Se si indica con h l’altezza fisica della ciminiera (rispetto al suolo) e con hm la quota di livellamento raggiunta dal baricentro del pennacchio, col termine plume rise si intende la differenza:

∆h h= mh [4.1]

• Zona 2 (zona di trasporto senza interazione col suolo): una volta raggiunta la quota hm, il pennacchio si allarga (più o meno, a seconda della turbolenza atmosferica) senza che la sua parte visibile (che comincia comunque ad essere meno densa) raggiunga il suolo. In questa zona l'interazione tra plume e suolo è trascurabile ed il plume, in pratica, è libero di espandersi nello spazio in modo indisturbato, pilotato solo dalla turbolenza atmosferica.

• Zona 3 (zona di interazione col suolo): in questa zona il bordo inferiore del plume raggiunge il suolo. A questo punto avviene un fenomeno di riflessione (parziale o totale) del plume a causa di questa frontiera solida. Questa zona è la meno definita ed anche la meno visibile visto che il plume ormai ha raggiunto un elevato grado di miscelazione con l’aria circostante e quindi i fumi sono meno densi e meno visibili.

Cominciamo a considerare la Zona 2, cioè quella in cui il plume si disperde indisturbato nell’aria. A questo punto la fotografia di Fig.4.1 non è più sufficiente; è infatti necessario usare un metodo di indagine più raffinato. In questi ultimi decenni è stato messo a punto un sistema di misura remote sensing che emette un raggio Laser di opportune lunghezze d’onda e che è in grado di misurare la concentrazione di un dato inquinante (in genere particolato solido o biossido di zolfo) lungo il cammino ottico del raggio. Strumenti di questo genere vanno sotto il

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nome generico di LIDAR o DIAL. Se si manovra tale sensore in maniera opportuna, è possibile analizzare un intero piano perpendicolare al baricentro del pennacchio (naturalmente entro la Zona 2). Immaginiamo di fare questo tipo di analisi relativamente al piano A di Fig.4.1. Le isolinee di concentrazione del generico inquinante considerato (per fissare le idee immaginiamo che si tratti di SO2) saranno distribuite come presentato in Fig.4.2. Tali isolinee si presentano approssimativamente concentriche, evidenziando un baricentro a concentrazione elevata ed una diminuzione netta della concentrazione man mano ci si allontana da esso.

Fig.4.2: Isolinee di concentrazione rilevate nel piano A della Fig.4.1.

Le isolinee non sono un modo semplice per leggere questa evidenza sperimentale. Conviene disegnare (Fig.4.3a) l’andamento della concentrazione rilevata lungo la linea B che interseca il baricentro ed è orizzontale rispetto al suolo, e l’analoga concentrazione relativa alla linea C (Fig.4.3b), sempre intersecante il baricentro, ma questa volta verticale rispetto al suolo. I due andamenti della concentrazione non sono concettualmente molto differenti:

• entrambi sono rappresentabili da funzioni matematiche il cui massimo coincide col baricentro del plume,

• entrambi diminuiscono rapidamente e simmetricamente all’allontanarsi dal pennacchio stesso, senza però arrivare ad annullarsi chiaramente.

Fig. 4.3: andamento orizzontale e verticale della concentrazione normalizzata.

a)

b)

y

Concentrazione z

Concentrazione

x = 0 x

hm

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Fig.4.4: sistema di coordinate cartesiane per un Modello Gaussiano Plume (Dobbins, 1979).

Gli elementi fin qui raccolti consentono di iniziare la costruzione di un modello semiempirico della dispersione degli inquinanti in questa zona del plume. Per prima cosa definiamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale la cui origine sia localizzata in corrispondenza della base della ciminiera, con l’asse x diretto parallelamente al baricentro del plume (e quindi lungo la direzione del vento medio), l’asse y orizzontale e perpendicolare rispetto al precedente e l’asse z verticale, positivo verso l’alto (Fig.4.4). Ogni punto dello spazio risulta quindi individuato biunivocamente da una terna di coordinate cui sarà associata una concentrazione dell’inquinante considerato (normalmente espressa in g⋅m-3 o meglio in µg⋅m-3).

Costruire un modello significa individuare una relazione matematica che consenta di esprimere la concentrazione di inquinante rilevabile in un punto nello spazio in funzione del tasso di emissione della sorgente e delle condizioni meteorologiche e micrometeorologiche del PBL..

Sulla base di tutto ciò, risulta naturale immaginare di descrivere matematicamente la concentrazione in un punto qualsiasi del plume (limitatamente a questa zona) come il prodotto tra una funzione della coordinata y ed un’altra della coordinata z nel modo seguente:

(

x y z

)

K fy fz

C , , = [4.2]

dove le funzioni fy e fz sono l’espressione matematica delle funzioni a campana disegnate nelle Figg.4.3a e 4.3b, normalizzate rispetto al valore massimo assunto e K è un’opportuna costante di cui ci occuperemo in seguito. In realtà questo modello è valido, a rigore, solo per i punti dello spazio appartenenti al piano A, visto che le due funzioni sono state individuate in tale piano.

Tuttavia se ripetessimo lo stesso esperimento con il LIDAR per altri piani perpendicolari al baricentro, ma sempre entro la Zona 2, otterremmo funzioni analoghe, con l’unica differenza legata al maggiore o minore allargamento di questa campana. Queste due funzioni descrivono quindi il grado di dispersione laterale e verticale che il plume subisce. Dalle evidenze sperimentali si possono trarre le considerazioni seguenti:

• fra tutte le possibili funzioni matematiche con cui potrebbero essere espresse fy e fz è necessario individuare funzioni a campana che abbiano caratteristiche simili a quanto evidenziato nelle Fig.4.3. Una possibile scelta è costituita dalla famiglia delle funzioni

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gaussiane (spesso usate nella statistica) visto che esse sono unimodali, simmetriche e tendenti a zero quando la variabile indipendente tende a più o meno infinito;

• le deviazioni standard che caratterizzano tali distribuzioni dipendono dalla distanza sottovento x e dalla stabilità atmosferica (cioè dalla turbolenza atmosferica).

Pertanto, a questo punto, la (4.2) può essere riscritta in maniera più completa nel modo seguente:

( )

= 2

2 2

2

exp 2 2

1 exp 2

2 ) 1

, , (

z m y z

y

h y z

K z y x

C πσ σ πσ σ [4.3]

Per individuare il valore numerico della costante K è opportuno fare questo ragionamento. Si consideri una porzione dS del piano A di dimensioni dydz. Il flusso di inquinante, cioè la quantità di inquinante che transita attraverso la superficie dS nell’unità di tempo, risulta pari a:

(

x y z

)

U dy dz

C

dΦ= , , [4.4a]

dove U è la velocità media del vento. Il principio di conservazione della massa richiede che il flusso di inquinante che attraversa l’intera sezione A sia pari alla quantità di inquinante che esce dalla bocca del camino nell’unità di tempo, quindi, se si indica con Q l’emission rate (cioè la quantità di inquinante emesso nell'unità di tempo, espresso in g⋅s-1) si ha che:

=

A

dydz U z y x C

Q ( , , ) [4.4b]

dove, in pratica, U è il valore della velocità del vento alla quota del baricentro del pennacchio pesata in modo da tener conto della sua variazione con la quota. Ricordando che:

+∞

=

α

α dx π

e x2 [4.4c]

si giunge alla relazione finale seguente:

U Q

K= [4.4d]

In conclusione, il modello semplificato che descrive la dispersione di un plume sulla Zona 2 è dato dalla relazione :

( )

= 2

2 2

2

exp 2 exp 2

) 2 , , (

z m y

z y

h z y

U z Q

y x

C πσ σ σ σ [4.5]

Questa è la forma base del Modello Gaussiano Stazionario Plume senza riflessione che altro non è che l’equazione (3.14) già incontrata al Capitolo precedente.

Come si modifica il modello proposto quando si considera la Zona 3?

Il modello descritto dalla (4.5) per la Zona 2 ha un'importanza più teorica che pratica visto che tale zona è poco estesa, in genere, e di difficile determinazione. Molto più estesa è la Zona 3,

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cioè quella in cui il plume si è talmente allargato, sia in senso orizzontale che in senso verticale, da interagire col suolo e con la parte alta del PBL. Quello che si vede nella Zona 3 è che :

• il pennacchio viene riflesso dal suolo,

• il pennacchio viene riflesso dalla sommità del PBL (altezza di rimescolamento).

Nella realtà, l'interazione del plume con queste due barriere è molto complessa. Il suolo è una barriera rigida e determina effettivamente una riflessione del plume, più o meno totale a seconda della natura dell'inquinante considerato e della superficie con cui viene in contatto. Alcuni inquinanti non vengono trattenuti dal suolo e quindi l'interazione del plume può essere considerata una vera e propria riflessione totale. Altri inquinanti, invece, una volta raggiunto il suolo, vengono coinvolti in una serie di interazioni col suolo stesso e con gli elementi biologici presenti, cosa che determina un loro allontanamento dal pennacchio. In tal caso si può parlare di riflessione parziale. Rimandando al Capitolo 15 che tratterà estesamente del fenomeno delle deposizioni, nel seguito si considereranno solo riflessioni totali.

Fig.4.5: le riflessioni multiple di un plume stazionario (US-EPA,1995).

Quando invece il pennacchio raggiunge la parte alta del PBL, si trova nella zona di entrainment, dove i vortici turbolenti hanno esaurito la loro forza ascensionale, dove hanno luogo infiltrazioni di aria dell'atmosfera libera e dove parte dell'aria del PBL fugge nell'atmosfera libera. E' intuitivo pensare che la sommità del PBL costituisca per il plume una barriera non molto dissimile da una barriera rigida, anche se non è da escludere una sua parziale penetrazione verso l'atmosfera libera. Per il momento immaginiamo che di fatto la sommità del PBL sia vista

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dal plume come una barriera rigida perfettamente riflettente secondo un meccanismo di riflessione di tipo ottico. La riflessione totale di un pennacchio sia al suolo che alla sommità del PBL può essere quindi simulata al pari della riflessione di un fascio di luce che si rifletta tra due specchi paralleli. Il complesso fenomeno di riflessioni multiple è illustrato in Fig.4.5.

Semplici considerazioni analitiche, basate su un’analogia ottica, hanno portato alla relazione seguente (Modello a Riflessioni Multiple o delle immagini):

( )

z

y z

y

y f U

z Q y x

C

= 22

exp 2 , 2

, πσ σ σ [4.6a]

dove

± ±

= 







+ +

+





+

=

,....

2 , 1 , 0

2

2 2

2 exp 1 2

2 exp 1

j z

m i z

m i z

h jz z h

jz f z

σ

σ [4.6b]

Questa relazione costituisce il Modello Gaussiano Stazionario completo e generale per descrivere la dispersione degli inquinanti e con esso è possibile calcolare la concentrazione di inquinante in ogni punto dello spazio sottovento alla sorgente puntuale considerata.

La serie di infiniti termini presenti nella (4.6b) tiene conto degli effetti di restrizione verticale subiti dal plume. Dal punto di vista computazionale la (4.6b) è molto critica, anche perché la sua convergenza spesso è molto lenta e quindi non è sempre immediato individuare a quale termine troncarla, pur mantenendo l’errore a livelli prefissati. E' stata proposto un metodo efficiente (Yamartino, 1977) che consente di esprimere in maniera chiusa il termine (4.6b). In pratica si ha che:

• per σz/zi ≤ 0.63, di tutti i termini della sommatoria presente nella (4.6b) si mantengono solo quelli aventi j = 0, ±1;

• per 0.63 ≤ σz/zi ≤ 1.08 la (4.6b) è approssimata dalla relazione seguente:

( ) [ (

i

) (

m i

) ]

i z

z z z h z

f zπσ β β β π π

cos cos

2 1

2 1 2 2

+

+

= [4.6c]

dove:





=

2

2 exp 1

i z

z

β πσ [4.6d]

• per σz/zi >1.08, la (4.6b) viene approssimata da:

i z

z z

f = 2πσ [4.6e]

Questo metodo approssima la serie infinita con un errore inferiore al 1.3%.

Prima di continuare vale la pena fare un’ulteriore osservazione. Quando ci si allontana notevolmente dalla sorgente, l’insieme delle riflessioni multiple del plume col suolo e con l’altezza di rimescolamento produce di fatto un’omogeneizzazione verticale del plume stesso come indicato chiaramente dalla (4.6e). In Fig.4.6 è illustrata graficamente la dispersione del plume sia lungo la direzione trasversale al baricentro del pennacchio sia lungo la verticale: come

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si vede, la dispersione verticale risulta gaussiana nei pressi del punto di emissione e tende a distribuirsi sempre più uniforme sulla verticale man mano aumenta la distanza sottovento.

Fig.4.6: profilo di concentrazione del plume limitato verticalmente dall’altezza di rimescolamento.

Nelle applicazioni pratiche, normalmente ci si limita a determinare la concentrazione al suolo.

In questo caso la relazione precedente consente un gran numero di semplificazioni. Riveste un'importanza pratica notevole il caso in cui si considerino trascurabili tutte le riflessioni del pennacchio, tranne quella al suolo. In questo caso la relazione si semplifica nel modo seguente:

22 22

exp 2 exp 2

) 0 , , (

z m y

z y

y h U

y Q x

C πσ σ σ σ [4.7]

La (4.6) ed anche la (4.7) consentono la stima in un punto qualsiasi dello spazio della concentrazione che deriva dalla presenza di una sorgente puntiforme posta all'origine degli assi.

Quando però, come in quasi tutti i casi di interesse pratico, sono presenti nello stesso dominio di calcolo più sorgenti puntiformi, è necessario stabilire quale sia il loro effetto complessivo. Visto che nel modello gaussiano plume non si tiene conto di reazioni chimiche con cinetica superiore al primo ordine (più avanti si introdurrà anche l'effetto di semplici reazioni chimiche del primo ordine), vale la legge della sovrapposizione degli effetti secondo cui la concentrazione in un punto P dello spazio è data dalla somma dei contributi che ogni sorgente determina autonomamente in quel punto.

Dal punto di vista pratico, quando si devono considerare più sorgenti inquinanti distribuite irregolarmente su un territorio e differenti periodi temporali per i quali la direzione del vento varia, non è più possibile considerare un unico sistema di riferimento cartesiano. Di fatto il problema che ci si trova a considerare è il calcolo della concentrazione (normalmente al suolo) di un inquinante, causata dalla presenza di un certo numero di sorgenti emittenti, ai nodi di un reticolo regolare (dominio di calcolo) che risulta sovrapposto al territorio che si intende studiare. Tale reticolo necessariamente dovrà essere riferito ad un sistema fisso di assi cartesiani ortogonali (sistema geografico) le cui coordinate orizzontali siano (X,Y). Se in un dato periodo

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la direzione di provenienza del vento è pari a ϕ e se una generica sorgente puntuale si trova nel punto di coordinate (Xs,Ys), allora la distanza sottovento e la distanza trasversale a tale sorgente di un generico nodo della griglia di coordinate (X,Y) è data dalle relazioni seguenti:

(

X Xs

)

senϕ

(

Y Ys

)

cosϕ

x= [4.8a]

(

X X

)

ϕ

(

Y Y

)

senϕ

y= s cos s [4.8b]

Nella relazione gaussiana compare la velocità media del vento U e ciò evidenzia immediatamente il primo grande limite del Modello Gaussiano Plume. E' immediato constatare l'incapacità del modello a tener conto della variabilità del profilo verticale della velocità del vento, oltre che dell'eventuale variazione verticale della sua direzione di provenienza. Mentre su quest'ultimo punto poco si può fare e nella pratica si adotta la direzione che il vento assume o al suolo o ad una quota prossima a quella della caminiera (se è possibile misurarla o stimarla), per quanto riguarda la velocità del vento si può fare molto di più. In teoria si potrebbero impiegare le relazioni di Similarità sviluppate a questo scopo (si veda per questo quanto detto al Capitolo 3 ed in particolare la relazione di Similarità per il profilo verticale della velocità media del vento), ma molto spesso l'applicazione dei modelli di questo tipo avviene in situazioni in cui la conoscenza della turbolenza atmosferica è decisamente molto limitata e condensata nelle Categorie di Stabilità di Pasquill. In questi casi sono state sviluppate relazioni semiempiriche (US-EPA, 1987) che consentono di estrapolare la velocità del vento misurata ad una quota zr, alla quota del baricentro hm mediante una relazione di potenza del tipo:

(

m r

)

p

z h z

u

uhm = r [4.9]

dove p dipende dalla Categoria di Stabilità e dal tipo di territorio considerato. Normalmente si trattano due situazioni tipiche, la situazione rurale applicabile a territori privi di costruzioni civili e industriali, e la situazione urbana vera e propria. In questi due casi p dedotto sperimentalmente nelle varie situazioni di stabilità, è riportato in Tab.4.1 (Hanna e al., 1982).

Classe di Stabilità Situazione

Rurale Situazione Urbana

A 0.07 0.15

B 0.07 0.15

C 0.10 0.20

D 0.15 0.25

E 0.35 0.30

F 0.55 0.30

Tab.4.1: variazione del coefficiente p con la Classe di stabilità ed il tipo di suolo.

Perché la (4.6) o la (4.7) siano effettivamente usabili per il calcolo della concentrazione di inquinante al suolo dovuta ad una sorgente puntiforme è necessario esplicitare sia la forma funzionale delle deviazioni standard della dispersione in senso orizzontale e verticale, sia il metodo con cui valutare la quota di livellamento del pennacchio. Questi sono gli argomenti che ci accingiamo a trattare nei prossimi paragrafi.

4.1.2 I parametri di dispersione

Nel modello Gaussiano Plume l’effetto disperdente, condensato nelle due deviazioni standard che compaiono nelle (4.6) e (4.7), è dovuto alla turbolenza atmosferica, al galleggiamento

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(buoyancy) del plume (derivante dal fatto che il plume all’emissione possiede una spinta di galleggiamento propria dovuta alla differenza di temperatura con l’aria circostante) e ad alcuni effetti di scia indotti dalla presenza di costruzioni poste attorno al punto di emissione. Il definire questi due parametri nella maniera più realistica possibile consente naturalmente di ottenere simulazioni sempre più vicine alla realtà. La storia del modello Gaussiano Plume e della sperimentazione fatta negli ultimi decenni è stata molto spesso dedicata proprio a questo argomento.

In assenza di effetti di scia indotti dalla presenza di edifici vicini, argomento di cui ci si occuperà nel seguito, le deviazioni standard presenti nel modello Gaussiano possono essere considerate la combinazione di:

• un termine che tiene conto degli effetti di galleggiamento del pennacchio

• un termine determinato dalla turbolenza atmosferica.

In pratica si ha che:

2 2 2

2 2 2

zt zb z

yt yb y

σ σ σ

σ σ σ

+

= +

= [4.9]

dove il pedice t indica il termine derivante dall'azione della turbolenza atmosferica ed il pedice b sta ad indicare il termine che esprime l'effetto del galleggiamento del pennacchio.

4.1.2.1 Il termine derivante dal galleggiamento

La dispersione del pennacchio non è dovuta esclusivamente all’interazione con l’aria turbolenta del PBL, ma anche alla turbolenza che esso possiede all’emissione e all’incorporamento di aria ambiente (entrainment) derivante principalmente dalle differenti caratteristiche termiche e di movimento che esistono tra plume e PBL. Descrivere tutto ciò è veramente complesso, tuttavia, seguendo quanto proposto in Pasquill (1976), è possibile descrivere in termini semplificati tutto ciò. In effetti, detto h l'innalzamento del plume rispetto alla sommità della ciminiera ad una generica distanza sottovento x, si ha che la dispersione laterale e verticale dovuta al galleggiamento del pennacchio può essere descritta dalla relazione seguente:

5 . 3

zb h

yb =σ =

σ [4.10]

Come si nota immediatamente, tale termine non è assolutamente trascurabile quando si trattano camini caratterizzati da un elevato innalzamento del pennacchio.

4.1.2.2 Il termine derivante dalla turbolenza atmosferica

Il problema pratico che si presenta nella determinazione delle deviazioni standard orizzontale e verticale dovute alla turbolenza atmosferica sta nel definire quali misure meteorologiche debbano concorrere alla loro individuazione. E’ naturale che tali deviazioni standard siano funzione delle deviazioni standard delle componenti orizzontali (σv) e verticale (σw) del vento e questo lo afferma anche la Teoria Statistica di Taylor (Par. 3.3); il problema è che spesso si ipotizza che tali misure non siano in pratica disponibili, specialmente quando il modello Gaussiano viene impiegato per scopi progettuali. In tali situazioni, la meteorologia nota è veramente molto povera e quasi mai comprende la conoscenza della turbolenza del PBL.

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Proprio per questa ragione, nella definizione dei due parametri dispersivi, sono state adottate storicamente due metodologie differenti. La prima si riferisce alle situazioni in cui siano noti i principali parametri della turbolenza atmosferica, mentre la seconda si riferisce a tutte quelle situazioni in cui la conoscenza sullo stato della turbolenza del PBL sia condensata nelle sole Categorie di Stabilità Atmosferiche. Mentre la prima metodologia ha solidi fondamenti teorici, la seconda è completamente semiempirica.

Metodologia basata sui parametri di turbolenza atmosferica.

Il punto di partenza di questa metodologia è costituito dalle relazioni ottenute dalla Teoria Statistica di Taylor i cui dettagli sono stati presentati al Capitolo precedente. In pratica si ammette che esista una relazione funzionale tra σy e σz e le variabili seguenti:

le deviazioni standard σv e σw (la prima a σy e la seconda a σz);

il tempo di trasporto t dell’inquinante. In particolare, se si considera un punto ad una distanza sottovento x rispetto alla sorgente e se il vento medio risulta pari a U, il tempo di trasporto risulta pari a t=x/U;

il livello di turbolenza dell’atmosfera, espresso in generale mediante i tempi lagrangiani di scala TLy e TLz ed i parametri caratterizzanti la turbolenza dell’intero PBL.

In pratica si ha che (Irwin, 1979):

( )

Ly y v

y =σ tS t T

σ [4.11a]

( )

Lz z w

z =σ tS t T

σ [4.11b]

I problemi legati all’impiego pratico delle relazioni precedenti sono di due tipi.

Il primo problema è connesso con la presenza della deviazione standard della componente verticale e trasversale del vento. Le possibilità pratiche che si presentano sono o la loro determinazione sperimentale (per esempio impiegando il SODAR) o una loro stima basata sulla Teoria della Similarità, che richiede comunque la conoscenza dettagliata della forzante meccanica u*, della forzante convettiva H0 e dell’estensione verticale del PBL zi. A questo proposito possono essere impiegate le varie relazioni contenute nel Capitolo 2.

Il secondo problema sta nel dover definire la relazione funzionale per le Funzioni Universali Sy e Sz. Molto lavoro sperimentale è stato condotto per individuare tali rapporti funzionali, anche se finora non si è giunti a relazioni univoche. In linea di principio, esse dovrebbero dipendere da molti parametri tra cui:

• l’altezza di equilibrio del plume (hm),

• le caratteristiche del SL, sede delle principali forzanti della turbolenza atmosferica (z0, u*, L),

• le caratteristiche della turbolenza della parte centrale del PBL (f, zi, w*).

La Funzione Universale Sy

Dal lavoro di Irwin (1979) e Nieuwstandt (1980) è possibile ottenere le correlazioni seguenti:

[ ( ) ] [ ( ) ]

( )

[ ]



>

= +

+

=

= +

0 L 001 . 1 T 9

. 0 1

0 L 0013

. 0 1 5

. 2 T 1

1 1 -

3 1

* 1

- i 2 1

1

T t

L z z

u T

Sy t i i i [4.12a]

(13)

E’ interessante notare come tale correlazione sia in accordo con la Teoria Statistica di Taylor, dato che quanto t 0, σy risulta proporzionale a t, mentre quando t ∞ tende a t1/2. Va comunque notato che tale correlazione non tiene conto esplicitamente della quota di rilascio, come del resto, anche quella proposta da Draxler (1976):

( ) [ ]

( )

x

(

x

)

x m

S

m x

x x

S

y y

5 4 . 0

1 4 4548 . 0

10 per 10000

333 . 0

10 per 0308

. 0 1

>

=

+

=

[4.12b]

che è una delle più usate nelle applicazioni. Ne è stata proposta un’altra che tiene conto almeno dell’altezza del rilascio. La sua formulazione generale è

( )

=

[

1+0.9

( )

Ly 12

]

1

y t t T

S [4.13]

dove

Ly

T vale 300 s per sorgenti al suolo e 1000 per sorgenti elevate. Come risulta evidente, c’è una notevole incertezza nel valore di

Ly

T . Il valore attualmente consigliato per camini elevati (Hanna, 1986) risulta pari a 15000 secondi. Sono stati condotti, comunque, anche studi per determinare leggi in cui fossero esplicitate queste dipendenze. Un tentativo di sintesi, soprattutto nelle situazioni convettive, è riportato in Briggs (1985)

Una filosofia apparentemente differente è quella adottata da un gruppo di ricercatori danesi (Berkowicz e al., 1985). Essi, pur adottando la (4.11a), hanno introdotto direttamente ed esplicitamente le relazioni di Similarità che descrivono la deviazione standard della componente trasversale del vento, ipotizzata costante con la quota. Il risultato ottenuto è la relazione seguente che fornisce direttamente la stima adeguata per σy sia in condizioni convettive che in condizioni stabili (in cui la velocità convettiva di scala w* risulta nulla):

2 1 2

*

* 2

*

) ( 9 . 0 1

25 .

0 



+

+

= u

U z w x t w

i

σy [4.14]

Essa suggerisce che due sono i contributi alla dispersione laterale del plume. Il primo è un contributo convettivo (dipendente dalla velocità convettiva di scala w*), che deriva dall'effetto rimescolante dei grandi vortici convettivi presenti nell’intero PBL, ed il secondo è un contributo meccanico (dipendente da u*), sempre presente e dovuto allo shear. Quando la convettività cessa, come accade nelle ore notturne, cessa anche lo sviluppo di vortici di grandi dimensioni ed il conseguente contributo convettivo alla σy e resta incontrastato il solo contributo meccanico.

La Funzione Universale Sz

Tale Funzione Universale dovrebbe rendere conto di due distinti regimi fluidodinamici del PBL:

il regime convettivo ed il regime stabile. Mentre nel primo caso dovrebbe rappresentare l’azione disperdente operata dai grandi vortici turbolenti che spazzano l’intero ML, nel secondo dovrebbe descrivere la turbolenza meccanica, tipica di queste situazioni. E’ evidente la difficoltà operativa nell’individuare relazioni analitiche per Sz, soprattutto a causa della relativa scarsità di dati sperimentali disponibili. Irwin (1979, 1983) e Nieuwstadt (1980) sulla base di alcuni dati sperimentali disponibili, ha proposto la relazione seguente:

( ) [ ( ) ]

( ) [

11 00..9459

(

500100

)

0.806

]

1 per per LL><00

2 1 1

+

= +

=

t t

S

t t

S

z

z [4.15a]

(14)

Questo tipo di parametrizzazione ovviamente non tiene conto dei molti parametri che dovrebbero comparire nella Sz. Una formulazione potenzialmente più realistica è data da:

( )

=

[

1+0.5 Lz

]

12

z t t T

S [4.15b]

in cui il tempo lagrangiano di scala assume forme differenti a seconda del regime di turbolenza del PBL e della quota di livellamento del plume. Si ha infatti che:

nelle situazioni stabili (L>0): Venkatram e al. (1984) ipotizzarono una proporzionalità tra il Tempo di Scala Lagrangiano e la deviazione standard della componente verticale della velocità del vento secondo la relazione seguente:

w

L l

Tz = σ [4.16a]

dove l è una lunghezza caratteristica (mixing length) che assume due valori limite:

z l

N

ls =0.27σw n =0.36 [4.16b]

dove:

2 1

= dz d T

N g θ

[4.16c]

Sulla base di ciò, si ipotizza che, in generale, la mixing length possa essere espressa in funzione dei suoi due valori limite, mediante la relazione:

n

s l

l

l 1 1

1 = + [4.16d]

Un altro schema proposto per la stima del Tempo Lagrangiano di Scala è il seguente (Hanna e Chang, 1991):

- quando L≤ 10 m

( )

[ ]

12

dove /

54 .

0 s s g T d dz

TLz = = θ [4.17a]

- quando 10≤ ≤L hm:





+









=

10 54

. 0 10 10 2

2 1

m m m

w m

L h

L h s h

L T h

z σ [4.17b]

• nelle situazioni convettive (L<0) il tempo lagrangiano di scala dipende, tra l’altro, dalla quota di rilascio del plume (hm) e dall’altezza del PBL (zi) nel modo seguente:

- se hm≤| | L

( )

[

0.55 0.38 | |

]

4 .

0 h h L

TL m w m

z = σ [4.18a]

- se | |L h< m≤ : zi

(

z

) (

e hm zi e hm zi

)

T = 0.6 σ 1 5 0.0003 8 [4.18b]

(15)

- se hm> : zi

( ) ( )

[ ]

12

54 .

0 g T d dz

TLz = θ [4.18c]

Questa formulazione è molto usata e rappresenta, probabilmente, il modo migliore, anche se più laborioso, per esprimere il Tempo Lagrangiano di Scala Verticale.

Una metodologia all’apparenza molto diversa è stata adottata dal gruppo di ricerca danese che, prendendo sempre come riferimento di base la (4.11b) ed esprimendo con relazioni di Similarità la deviazione standard della componente verticale del vento (che questa volta varia con la quota), è giunto ad esprimere direttamente la deviazione standard della dispersione sulla verticale senza passare esplicitamente dalla Teoria di Taylor. In pratica essi propongono la procedura seguente:

nelle situazioni convettive si ha che la deviazione standard verticale risulta determinata da due contributi, uno meccanico ed un altro convettivo, in modo tale che:

2 2 2

zc zm

z σ σ

σ = + [4.19a]

Il contributo convettivo è dato da:

- per hm≥ 0 1. : zi

2 2

33 *

. 0 w t

zc =

σ [4.19b]

- per hm< 0 1. : zi

( )

[ ]

[

m i i

]

zc i

zc

i zc m m

i zc

m zc i

m zc

z z

z h t

w

z h

h t

z w

h t

z h w

1 . 0 per 05 . 0 231

. 0 581 . 0

1 . 0 per

33

. 0 83

. 0

per 54

. 1

3 2 1 3 2

* 2

3 3 2 3

1

* 2

3 2 2 2

* 2

+

=

<

+

=

<

=

σ σ

σ σ

σ σ

[4.19c]

mentre il contributo meccanico è dato da:

[ ]

[

0.6

]

per / 1 exp

2 . 1

1 / per 6

. 0 exp 2

. 1

* 2

2

* 2

2

*

* 2

2

* 2

2

=

=

<

=

=

m zmu

zm

m m

zmu zm

h tu t

u

h tu h

u t t

u σ

σ σ

σ [4.19d]

nelle situazioni stabili il contributo convettivo è assente e la relazione proposta è la seguente:

(

tu L

)

zmu

z *

2

2 =σ 1+1.11

σ [4.19e]

Queste relazioni sono notevolmente più complesse rispetto a quelle presentate in precedenza, ma in esse sono presenti tutte le variabili che caratterizzano la dinamica sia del PBL che del plume. Va inoltre notato che in esse compare il tempo t che, nel caso stazionario che stiamo trattando, risulta pari a x/U.

Metodologia basata su relazioni semiempiriche.

Gran parte delle attività sperimentali promosse nell’ambito dello studio della dispersione degli inquinanti nel PBL sono state finalizzate all’ottenimento di dati utili alla formulazione di relazioni semiempiriche per descrivere le due deviazioni standard della dispersione in funzione

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