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TEOFILO DI ANTIOCHIA BASILIO IL GRANDE. Ad Autolico, 1,2. Omelia «Fa` attenzione a te stesso», 5

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TEOFILO DI ANTIOCHIA

Ad Autolico, 1,2

Se tu dicessi: «Mostrami il tuo Dio»; io ti direi: «Mostrami il tuo uomo e io ti mostrerò il mio Dio».

Mostra quindi se gli occhi della tua mente vedono e se le orecchie del tuo cuore odono.

Infatti, come gli occhi corporei percepiscono gli oggetti che si muovono su questa terra, notando le differenze fra una cosa e l`altra, la luce e le tenebre, il bianco e il nero, il brutto e il bello, il simmetrico e l`asimmetrico, il proporzionato e il deforme (e analogamente si deve dire a proposito di quanto è udito dalle orecchie: suoni acuti o gravi o armoniosi), non diversamente le orecchie del cuore e gli occhi della mente possono vedere Dio. Infatti, Dio può essere visto soltanto da coloro che sono in grado di vederlo, da coloro, cioè, che hanno gli occhi dello spirito ben aperti.

Infatti, sebbene tutti abbiano gli occhi, quelli di talune persone sono talora avvolti dall`oscurità e perciò incapaci di contemplare la luce del sole. Se i ciechi non sono in grado di vedere nulla, non per questo la luce del sole non risplende: la causa è da ravvisarsi unicamente nella loro cecità. Allo stesso modo, anche gli occhi del tuo spirito sono accecati dai tuoi peccati e dalle cattive azioni che commetti.

L`anima dell`uomo dev`essere pura come uno specchio terso. Una volta formatasi la ruggine sullo specchio, il volto dell`uomo non può più riflettervisi: similmente, l`uomo offuscato dal peccato non può vedere Dio.

Mostra allora te stesso: se non sei adultero o libertino, ladro o brigante o saccheggiatore, sodomita o insolente o maldicente o collerico; fa` vedere se non sei invidioso o arrogante o superbo, violento o avaro o ribelle verso i tuoi genitori; se non sei venditore dei tuoi figli. Infatti Dio non si manifesta a coloro che si comportano in questo modo, se non si siano dapprima purificati da ogni macchia.

Tutte queste cose portano le tenebre dentro di te, come quando sopraggiunge l`albugine nei tuoi occhi rendendoli incapaci di fissare la luce del sole. Allo stesso modo, anche i tuoi peccati diffondono intorno a te l`oscurità in maniera che tu non possa più riconoscere Dio.

BASILIO IL GRANDE

Omelia «Fa` attenzione a te stesso», 5

Dal momento che per ciascuno di noi è più facile curiosare nelle cose altrui, piuttosto che valutare quelle proprie, Iddio, affinché questo non accada a noi, ci dice: «Smetti di scrutare il male di chiunque altro;

guardati dal perder tempo a considerare e a ricercare il male altrui, ma bada, invece, a te stesso; rivolgi, cioè, gli occhi della tua anima a scrutare te stesso».

Non pochi, infatti, in conformità alle parole del Signore (cf. Mt 7,3), notano la pagliuzza nell`occhio del fratello, ma non vedono la trave nel loro stesso occhio. Non smettere, dunque, di scrutare te stesso, affinché la tua vita proceda in maniera adeguata e conveniente. Non osservare, poi, quanto accade intorno a te, onde rinvenire qualche occasione di rimprovero in qualcuno, imitando quell`arrogante fariseo che, standosene in piedi, giustificava se stesso e aveva in disprezzo il pubblicano (cf. Lc 18,11).

Non tralasciare di investigare te stesso, onde scoprire se tu abbia peccato con il pensiero o con la lingua o se con le opere delle mani sia stato da te commesso qualcosa di temerario. Se troverai, infatti, che nella tua vita ti sei discostato molte volte dalla giusta via (e lo troverai, giacché sei uomo), pronuncia allora le parole del pubblicano: O Dio, sii propizio a me peccatore (Lc 18,13).

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PSEUDO-MACARIO

Omelie spirituali, 43,7

Come l`occhio, pur essendo il più piccolo di tutti gli organi, e anche la pupilla, che è piccolissima, è un grande vaso (infatti essa vede contemporaneamente il cielo, gli astri, il sole, la luna, le città e le altre cose del creato) e allo stesso modo come le cose che vengono guardate in un unico e medesimo istante, ricevono forma e immagine nella piccola pupilla dell`occhio; ebbene, non diversamente si comporta la mente nei confronti del cuore. Quest`ultimo, infatti, è come un piccolissimo vaso; eppure lì vi sono draghi, leoni, bestie velenose, tutti i tesori dei vizi; lì si trovano anche vie aspre e scabrose, precipizi.

D`altronde, però, lì c`è anche Dio, gli angeli, la vita e il regno, la luce e gli apostoli, i tesori della grazia.

tutte le cose, insomma. Come quando, infatti, estendendosi la nebbia su tutta la terra, gli uomini non si vedono fra loro; allo stesso modo le tenebre di questo secolo sono distese su ogni creatura e su ogni natura umana dal tempo della caduta. Circondati dal buio, sono nella notte e passano la vita in luoghi spaventosi. E come quando in una casa c`è una grande quantità di fumo, così accade anche quando il peccato si insedia e serpeggia, con i suoi pensieri osceni, insieme all`infinita moltitudine dei demoni, nelle meditazioni del cuore.

Omelie spirituali, 4,2-5

Il corpo ha l`occhio per guida e l`occhio stesso, da parte sua, vedendo tutto il corpo, lo conduce per la via giusta. Ordina un po` a qualcuno di transitare per luoghi impervi, spinosi e fangosi, dove si sprigioni il fuoco, dove vi siano piantate delle spade, dove si spalanchino precipizi e scorrano acque abbondanti. Ed ecco che costui, agile, solerte e tranquillo, avendo l`occhio come guida, prestando la massima attenzione, attraversa quegli aspri siti, trattenendo da ogni parte, con le mani e i piedi, la sua tunica, affinché non sia strappata dai cespugli e dalle spine o non sia macchiata dal fango né lacerata da spada. E l`occhio, luce del corpo, lo dirige tutto, affinché non cada per i precipizi o non venga sommerso dalle acque né incontri veruna difficoltà. In tal modo quella persona, svelta e prudente, procedendo con la sua veste tirata su e con l`attenzione sommamente desta, guidata dall`occhio per la giusta strada, non soltanto conserva se stessa illesa, ma anche la sua tunica rimarrà integra, non essendo stata né bruciata né strappata. Se poi qualcuno impacciato, lento, neghittoso, pigro e indolente passasse per quei medesimi luoghi, la sua tunica, rimanendo sciolta, verrebbe strappata dai cespugli e dalle spine o bruciata dal fuoco, dal momento ch`egli non la tratterrebbe accortamente; ovvero, ancora, essa verrebbe lacerata dalle spade infisse o macchiata dal fango. Per dirla in breve, questa persona sciuperebbe assai presto quella sua veste nuova ed elegante; e ciò a causa della sua negligenza, della sua indolenza e della sua pigrizia. Anzi, se prestasse ancor minore attenzione con il suo occhio, cadrebbe in un precipizio o verrebbe sommersa dalle acque.

Allo stesso modo anche l`anima, la quale indossa la tunica del corpo come una bella veste, è fornita della facoltà del discernimento, e questa la guida e la dirige quand`essa, insieme con il corpo passa attraverso i boschi e le spine della vita, il fango, il fuoco, i precipizi: cioè le passioni, i piaceri, e le altre assurdità di questo secolo. Ovunque l`anima deve contenere e sorvegliare, con sobrietà e forza e diligenza e attenzione, se stessa e la tunica del corpo, affinché non si laceri fra i cespugli e le spine del mondo, quali le sollecitudini, gli affari e le preoccupazioni terrene, oppure non venga bruciato dal fuoco della concupiscenza. L`anima, come provvista di un occhio, lo rivolge altrove per non vedere l`oscenità;

similmente anche controlla le orecchie, affinché non ascoltino le denigrazioni; la lingua, poi, perché non proferisca vanità; le mani e i piedi li distoglie dalle azioni disoneste. Essa, infatti, ha la volontà di distogliere e richiamare le membra del corpo da spettacoli immorali, dall`ascolto di ciò che è cattivo e inverecondo, dai discorsi poco decenti, dalle preoccupazioni mondane e perverse...

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In tal modo l`anima, lottando e soffrendo, con diligenza e attenzione trattiene in ogni modo le membra dalla malizia; le preserva da ogni lacerazione, da ogni bruciatura e da ogni macchia; serba intatta e magnifica la tunica del corpo. Essa stessa infine, dotata della virtù di conoscere, comprendere e discernere, sarà preservata dalla potenza del Signore, che la conserva racchiusa in se stessa e la sottrae a ogni concupiscenza mondana. In tal modo, l`aiuto di Dio ottiene che realmente l`anima venga custodita da quei mali che prima abbiamo enumerato. Infatti, quando il Signore vede qualcuno distogliersi troppo pigramente dai piaceri della vita, dalle distrazioni e dalle cure materiali, dai vincoli terreni e dalle occupazioni dei vani pensieri; egli, allora, gli fornisce uno speciale soccorso della propria grazia: così quell`anima, resistendo fortemente, attraversa integra questo mondo perverso. In tal modo, avendo ben conservato se stessa e la veste del suo corpo, essa consegue la lode celeste da parte di Dio e dei suoi angeli; e ciò poiché l`anima, per quanto fu in lei, allontanatasi da ogni concupiscenza mondana, e soccorsa dall`aiuto divino, ha compiuto felicemente la sua corsa nello stadio di questo mondo.

Se qualcuno, invece, pigro e accidioso, non procede accortamente in questa vita e deliberatamente non si astiene da ogni passione terrena, e non ricerca solo il Signore in ogni desiderio, si trova allora intralciato dalle spine e dai boschi di questo mondo, la veste del corpo è bruciata dal fuoco della concupiscenza e macchiata dal fango dei piaceri. L`anima vigliacca, così, nel giorno del giudizio viene rimproverata per non aver saputo conservare immacolata la propria veste, corrompendola con le fallacie di questo secolo: essa verrà, perciò, estromessa dal regno. Infatti, che cosa farà Dio a colui che

spontaneamente abbia abbandonato se stesso al mondo e vada errando, ingannato dai piaceri o sedotto dalle occupazioni terrene? Il Signore, invece, presta soccorso a colui il quale, avendo avversato i piaceri materiali e tutti i costumi dianzi descritti, diriga i suoi pensieri costantemente verso di lui con tutta la forza e, rinnegando se stesso, ricerchi ardentemente soltanto il Signore. Questi custodisce chi si astiene dalle insidie e dalle catene della selva di questo mondo, chi con timore e tremore opera la sua salvezza (Fil 1,12) e passi prudentemente attraverso le insidie, le catene e le concupiscenze di questo secolo, ricercando l`aiuto del Signore e sperando di salvarsi in virtù della grazia della sua misericordia.

PSEUDO-DIONIGI AREOPAGITA

I nomi divini, 4,4-6

Le cose invisibili di Dio, essendo riconoscibili nelle sue opere, possono essere contemplate dalle creature del mondo: sia la sua eterna potenza che la divinità (Rm 1,20). Ora dobbiamo celebrare il nome del bene che proviene dalla luce intellettuale e dire che colui che è buono viene definito come luce intellettuale poiché riempie ogni mente sovraceleste di luce intellettuale. Scaccia ogni ignoranza eogni errore da tutti gli spiriti nei quali è diffusa, tutti rende partecipi della luce santa, purifica e libera gli occhi del loro intelletto dall`oscurità dell`ignoranza, diradando le tenebre fitte e pesanti.

Dapprima diffonde un mediocre splendore; poi, quando gli occhi, assuefattisi a quella luce, ne desiderano ancora di più, allora si dona maggiormente e rifulge di un chiarore più abbagliante.

E` detto perciò luce intellettuale quel Bene che è al di sopra di ogni luce, fonte di raggi luminosi che inondano ogni mente sul mondo e intorno al mondo e nel mondo, rinnovando tutte le loro facoltà di comprensione. Esso è al di sopra di tutte le cose e ha ogni potere di illuminare, come il principe della luce, raccogliendo in sé e dirigendo e coordinando unitariamente tutte le cose fornite di mente e di ragione.

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Dirige, infatti, coloro che errano per ignoranza, coordinando e perfezionando le illuminazioni e le cose illuminate, convertendole, infine, a ciò che veramente è, dopo averle fatte ricredere da molte false opinioni. Così facendo, le diverse immagini o, per dir meglio, fantasie, le raccoglie in un`unica vera e pura e semplice conoscenza, riempiendole di un`unica luce unificatrice.

SAN GREGORIO DI NISSA

Omelia 5; PG 44, 683-686

Se l'anima solleverà gli occhi verso il suo capo, che è Cristo, come dichiara Paolo, dovrà ritenersi felice per la potenziata acutezza della sua vista, perché terrà fissi gli occhi là dove non vi è l'oscurità del male.

Il grande apostolo Paolo, e altri grandi come lui, avevano «gli occhi in fronte» e così pure tutti coloro che vivono, che si muovono e sono in Cristo.

Colui che si trova nella luce non vede tenebre, così colui che ha il suo occhio fisso in Cristo, non può contemplare che splendore. Con l'espressione «occhi in fronte», dunque, intendiamo la mira puntata sul principio di tutto, su Cristo, virtù assoluta e perfetta in ogni sua parte, e quindi sulla verità, sulla giustizia, sull'integrità; su ogni forma di bene. Il saggio dunque ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio (Qo 2, 14). Chi non pone la lucerna sul candelabro, ma sotto il letto, fa sì che per lui la luce divenga tenebra. Quanti si dilettano di realtà perenni e di valori autentici sono ritenuti sciocchi da chi non ha la vera sapienza. E` in questo senso che Paolo si diceva stolto per Cristo. Egli nella sua santità e sapienza non si occupava di nessuna di quelle vanità, da cui noi spesso siamo posseduti interamente. Dice infatti:

Noi stolti a causa di Cristo (1 Cor 4, 10) come per dire: Noi siamo ciechi di fronte a tutte quelle cose che riguardano la caducità della vita, perché fissiamo l'occhio verso le cose di lassù. Per questo egli era un senza tetto, non aveva una sua mensa, era povero, errabondo, nudo, provato dalla fame e dalla sete.

Chi non lo avrebbe ritenuto un miserabile, vedendolo in catene, percosso o oltraggiato? Egli era un naufrago trascinato dai flutti in alto mare e portato da un luogo all'altro, incatenato. Però, benché apparisse tale agli uomini, non distolse mai i suoi occhi da Cristo, ma li tenne sempre rivolti al capo dicendo: «Chi ci separerà dalla carità che è in Cristo Gesù? Forse la tribolazione, l'angoscia, la

persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?» (cfr. Rm 8, 35). Vale a dire: Chi mi strapperà gli occhi dalla testa? Chi mi costringerà a guardare ciò che è vile e spregevole?

Anche a noi comanda di fare altrettanto quando prescrive di gustare le cose di lassù (cfr. Col 3, 1-2) cioè di tenere gli occhi sul capo, vale a dire su Cristo.

SAN CIRILLO DI GERUSALEMME

Catechesi battesimale, 9,1-3

E` veramente impossibile riconoscere Dio con gli occhi della carne dal momento che ciò che è incorporeo non può essere percepito dallo sguardo materiale. D`altronde è proprio l`unigenito Figlio di Dio a

confermarcelo dicendo: Nessuno ha mai visto Dio (Gv 1,18). E allora, anche se qualcuno comprende quanto si legge in Ezechiele nel senso che il profeta abbia quasi veduto Iddio, ascolti bene ciò che afferma la Scrittura. Il profeta vide una somiglianza della gloria del Signore (Ez 2,1): non il Signore in persona, ma unicamente una «somiglianza della sua gloria», quindi neppure la sua vera gloria com`è in realtà.

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Eppure, benché avesse contemplato soltanto una parvenza della gloria divina, e nemmeno la gloria vera, il profeta stramazzò a terra per lo sgomento. Perciò, se il trovarsi di fronte ad una semplice somiglianza della gloria di Dio atterriva e sconcertava a quel modo persino i profeti, quando qualcuno ardisse fissare il proprio sguardo su Dio stesso, perderebbe la vita. E` la Scrittura stessa a testimoniarcelo: Nessuno vedrà il mio volto, e continuerà a vivere (Es 33,20).

Per questo motivo Dio, nella sua infinita bontà, ha disteso il cielo come un velo che nascondesse la sua divinità, perché noi non morissimo. Non è una mia opinione questa, ma è il profeta stesso ad affermare: Se spalancassi i cieli, il timore di te s`impadronirebbe dei monti fino a farli scomparire (Is 64,1). Perché allora ti meraviglia il fatto che Ezechiele stesso, nel contemplare una semplice parvenza della gloria divina, cadde al suolo?

Quando il servo di Dio Gabriele apparve a Daniele, costui ne rimase subito sconcertato e, a una simile vista, stramazzò anch`egli a terra. Né il profeta osò rispondere, fino a quando l`angelo non

trasformò il proprio aspetto in quello di un figlio d`uomo (cf. Dn 8,17; 10,15-16). Se la vista di Gabriele faceva tremare i profeti, nel caso in cui Dio in persona si fosse mostrato nella sua essenza, non sarebbero forse tutti morti?

Non è quindi concesso a occhi corporei di contemplare la natura divina; dalle opere divine siamo tuttavia in grado di farci un`idea della sua potenza, secondo quanto afferma lo stesso Salomone: Infatti dalla grandiosità e bellezza delle creature è dato riconoscere, con le dovute proporzioni, il loro creatore (Sap 13,5). D`altronde, egli non afferma che dalle creature si perviene senz`altro ad un`adeguata comprensione del loro creatore, ma aggiunge anzi «con le dovute proporzioni». E allora, tanto più maestoso apparirà a ciascuno Dio, quanto più sublime sarà stata la contemplazione delle creature raggiunta dall`uomo. Quando, infatti, costui avrà elevato la propria anima sulle vette più alte della contemplazione, egli si formerà altresì intorno a Dio una conoscenza più profonda.

Vuoi sapere che non è possibile conoscere l`essenza di Dio? Lo affermano i tre fanciulli che nella fornace lodano Dio: Benedetto sei tu che scruti gli abissi, sedendo sui cherubini (Dn 3,55). Dimmi un po` come sono fatti i cherubini; e soltanto allora, provati a discernere colui che siede sopra di loro. Il profeta Ezechiele, per quanto possibile, abbozzò una loro descrizione, dicendo: Quattro volti ciascuno;

uno d`uomo, un altro di leone, un terzo d`aquila, l`ultimo di vitello (Ez 1,6); e sei ali ciascuno (Is 6,2); e occhi dappertutto (Ap 7,8); e sotto ognuno di loro una ruota divisa in quattro parti (Ez 10,12). Pur tuttavia, nonostante questa descrizione profetica, non siamo ancora in grado di farcene un`idea esatta. Se, infatti, non ci sentiamo capaci di discernere il trono, che il profeta ha appena descritto, come potremo mai comprendere colui che vi siede sopra, I`invisibile e ineffabile Iddio?

E` davvero impossibile capire bene che cosa sia Dio. Quando osserviamo le sue opere, però, ci è possibile innalzare a lui delle lodi.

Catechesi battesimale, 6,2

L`intelligenza è in grado di comprendere assai rapidamente; la lingua invece ha bisogno delle parole e di molte espressioni intermediarie del linguaggio. Anche l`occhio percepisce simultaneamente, in un solo istante, un`immensa estensione di stelle. Ma se uno poi vuole spiegarle una per una, che cosa sia Lucifero, che cosa sia Vespero e così dicendo per tutte le altre, allora ha bisogno di parecchie parole. Allo stesso modo, anche il pensiero è capace di abbracciare in un attimo tutta la terra, il mare e l`universo intero.

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D`altra parte, ancora una volta, ciò che il pensiero concepisce in un solo istante, può essere poi espresso soltanto con molte parole.

L`esempio che abbiamo appena illustrato è significativo, ma ancora troppo debole e non del tutto efficace. Infatti, quando noi parliamo di Dio, non diciamo tutto ciò che ci sarebbe da dire, perché questo può essere noto soltanto a lui. Noi affermiamo invece, nei nostri discorsi su Dio, unicamente quanto la nostra natura umana è in grado di comprendere su ciò che lo riguarda, quanto, cioè, la nostra limitatezza può giungere a sostenere.

Noi non possiamo spiegare che cosa è Dio. Confessiamolo candidamente: noi non lo conosciamo.

Riconoscere la propria ignoranza delle cose che riguardano Dio, questa sì che è una dimostrazione di grande sapienza !

Catechesi 16, sullo Spirito Santo

«L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4, 14).

Nuova specie di acqua che vive e zampilla, ma zampilla solo per chi ne è degno. Per quale motivo la grazia dello Spirito è chiamata acqua? Certamente perché tutto ha bisogno dell'acqua. L'acqua è generatrice delle erbe e degli animali.

L'acqua della pioggia discende dal cielo. Scende sempre allo stesso modo e forma, ma produce effetti multiformi. Altro è l'effetto prodotto nella palma, altro nella vite e così in tutte le cose, pur essendo sempre di un'unica natura e non potendo essere diversa da se stessa. La pioggia infatti non discende diversa, non cambia se stessa, ma si adatta alle esigenze degli esseri che la ricevono e diventa per ognuno di essi quel dono provvidenziale di cui abbisognano.

Allo stesso modo anche lo Spirito Santo, pur essendo unico e di una sola forma e indivisibile, distribuisce ad ognuno la grazia come vuole. E come un albero inaridito, ricevendo l'acqua, torna a germogliare, così l'anima peccatrice, resa degna del dono dello Spirito Santo attraverso la penitenza, porta grappoli di giustizia.

Lo Spirito appartiene ad un'unica sostanza, però, per disposizione divina e per i meriti di Cristo, opera effetti molteplici. Infatti si serve della lingua di uno per la sapienza. Illumina la mente di un altro con la profezia. A uno conferisce il potere di scacciare i demoni, a un altro largisce il dono di interpretare le divine Scritture. Rafforza la temperanza di questo, mentre a quello insegna la misericordia. Ispira a un fedele la pratica del digiuno, ad altri forme ascetiche differenti.

C'è chi da lui apprende la saggezza nelle cose temporali e chi perfino riceve da lui la forza di accettare il martirio. Nell'uno lo Spirito produce un effetto, nell'altro ne produce uno diverso, pur rimanendo sempre uguale a se stesso. Si verifica così quanto sta scritto: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune» (1 Cor 12, 7).

Mite e lieve il suo avvento, fragrante e soave la sua presenza, leggerissimo il suo giogo. Il suo arrivo è preceduto dai raggi splendenti della luce e della scienza. Giunge come fratello e protettore. Viene infatti a salvare, a sanare, a insegnare, a esortare, a rafforzare e a consolare. Anzitutto illumina la mente di colui che lo riceve e poi, per mezzo di questi, anche degli altri. E come colui che prima si trovava nelle tenebre, all'apparire improvviso del sole riceve la luce nell'occhio del corpo e ciò che prima non vedeva, vede ora chiaramente, così anche colui che è stato ritenuto degno del dono dello Spirito Santo, viene illuminato nell'anima e, elevato al di sopra dell'uomo, vede cose che prima non conosceva.

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7 Catechesi I, 1

Desideravo da tempo, o veri e amati figli della chiesa, di parlarvi di questi misteri spirituali e celesti. Ma ben sapendo che l’occhio ha più credibilità dell’orecchio, ho atteso la presente circostanza.

SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

Omelia 6, sulla preghiera

La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire

continuamente, notte e giorno.

Omelie sulle statue, 11,3

Ammiro un artista, non tanto quando realizza una bella statua d`oro, ma soprattutto quando sia capace di plasmare dall`argilla gocciolante, con la sua perizia, una figura mirabile e incredibilmente bella. Nel primo caso, infatti, anche la materia procura qualcosa a colui che la plasma; nel secondo, invece, si tratta di una pura dimostrazione d`arte. Ma, se tu vuoi apprendere quanto sia grande la sapienza di colui che ci ha creato, pensa che cosa provenga dal fango: che cosa se non il mattone e il coccio? Ma Dio, ottimo artista, dalla medesima materia donde provengono anche il coccio e il mattone, ha potuto fare l`occhio, talmente bello che tutti coloro che lo vedono rimangono stupiti, inserendo altresì in esso una forza tanto grande da contemplare l`immane altitudine dell`aere e, con l`aiuto della piccolissima pupilla, abbracciare corpi tanto grandi, e monti e abissi e colli e mari e cielo.

Non mi parlare, perciò, delle lacrime e delle cisposità: ciò accade, infatti, a causa del tuo peccato. Ma pensa piuttosto alla bellezza dell`occhio e alla sua capacità di vedere; al modo come, percorrendo la grande estensione dello spazio, non si stanchi né si affatichi. Mentre i piedi, infatti, dopo aver camminato per un poco, si affaticano e si stancano, l`occhio, invece, scorrendo un`altitudine così grande e una larghezza così estesa, non avverte alcuna menomazione. Esso è per noi, infatti, il più necessario di tutte le membra; per questo Iddio non permise che fosse indebolito dalla fatica, in maniera che il suo servizio per noi fosse libero e senza impedimento alcuno.

Ma chi potrebbe descrivere a parole tutta la virtù di questo membro? E che cosa dovrei dire intorno alla pupilla e alla sua facoltà visiva? Se infatti avrai esaminato semplicemente le palpebre dell`occhio, che sembrano costituire il più misero di tutti gli organi, anche in esse scorgerai la grande sapienza di Dio creatore. Così come nel grano, infatti, le reste, alla maniera di certe lance, respingono gli uccelli, non consentendo loro di insidiare il frutto e di distruggere la parte inferiore, più tenera; allo stesso modo anche negli occhi, i peli delle palpebre sono come certe ariste e certe lance, respingendo dagli occhi la polvere e le pagliuzze e tutte le altre cose che possano danneggiarli e non consentendo che gli occhi corrano alcun pericolo.

Osserva poi anche nelle sopracciglia un`altra sapienza non inferiore alla prima. Chi, infatti, non stupirebbe della loro stessa posizione? Non sono state collocate oltre misura, in maniera da ottenebrare gli occhi, né risiedono più all`esterno di quanto sia necessario; sporgono, invece, al di sopra come la grondaia

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di una casa, accogliendo il sudore che cola dal capo e non permettendo che rechi nocumento agli occhi.

Per questo vi sono stati messi anche i peli, che raccolgono con la loro densità le cose che fluiscono in basso, proteggendo diligentemente gli occhi e recando loro una notevole bellezza. Né ciò soltanto uno potrebbe ammirare, ma anche un`altra cosa non meno sensazionale di questa. Per quale motivo, infatti, domando, i capelli del capo crescono e vengono tagliati, mentre i peli delle sopracciglia no? Ciò, infatti, ci è stato fatto giustamente e non a caso, affinché quelli, scendendo giù, non ottenebrassero gli occhi (il che sono costretti a sopportare i vecchi in età avanzata).

Commento al Vangelo di san Matteo, 16,6-7

Coloro, poi, che prendono in esame l`antica legge che dice: «occhio per occhio, dente per dente», subito si ribellano a queste parole e si chiedono come può essere buono colui che questo ordina. Che cosa risponderemo, se non che questa affermazione ha un elevatissimo contenuto di benevolenza? Il legislatore non spingeva, infatti, a strapparsi a vicenda gli occhi, ma mirava a impedire di compiere azioni simili nei confronti altrui, nel timore di subire dagli altri l`identico danno. Quando minacciò ai niniviti la

catastrofica distruzione della loro città, non fu perché volesse eliminarli (se avesse deciso di rovinarli, avrebbe dovuto tacere). Egli voleva soltanto spaventarli per spingerli a rendersi migliori e, in tal modo, placare la sua collera verso di essi. Nello stesso senso, qui, minacciando lo stesso supplizio a coloro che temerariamente recano danno agli occhi del prossimo, vuole frenare, col timore di questa minaccia, quelli che non vogliono, con un buon proposito personale, astenersi da simili atti di crudeltà. Bisogna davvero aver perduto ogni coscienza ed essere in preda a una estrema follia, per sostenere che è crudele impedire l`omicidio e l`adulterio. Quanto a me, sono così lontano dal trovare crudeltà in questa legge, che sarei portato a considerare ingiusti, secondo lo stesso giudizio umano, i precetti che fossero contrari a questo.

Tu dici che Dio è crudele perché ha ordinato di strappare occhio per occhio, e io ribatto che, se Dio non avesse formulato questo precetto, molti affermerebbero quanto tu sostieni.

Supponiamo, infatti, che tutta l`antica legge sia abrogata e che nessuno abbia più da temere le pene e le condanne previste da essa, ma che sia lecito a tutti i malvagi, omicidi, adulteri, ladri, spergiuri e parricidi soddisfare le loro passioni e comportarsi come vogliono, sciolti completamente da ogni legame:

non è forse vero che ogni cosa sarebbe sottosopra e cadrebbe nel più grave caos, che tutte le città, le piazze, le case, la terra, il mare e tutto il mondo sarebbero pieni d`innumerevoli delitti e di ogni sorta di stragi? E` chiaro a tutti. Se a stento si trattengono gli uomini di cattiva volontà, quando le leggi sono in vigore e spaventano, minacciando le loro pene, che cosa potrebbe impedire al male di dilagare, se anche questa garanzia venisse eliminata? Quale pestilenziale violenza si scatenerebbe allora contro la vita umana. E non soltanto sarebbe crudele permettere ai malvagi di compiere ciò che vogliono: altrettanto crudele sarebbe trascurare, lasciandoli senza aiuto, chi, senza aver commesso alcuna colpa, fosse stato ingiustamente offeso. Ditemi, se qualcuno riunisse quanti più uomini scellerati possibile e, fornendoli di armi, ordinasse loro di circondare tutta la città e di uccidere quanti incontreranno, potrebbe forse attuare qualcosa di più barbaro al paragone? E se un altro, invece, arrestasse questi assassini che quel folle ha armato e con veemenza li gettasse in carcere, dopo aver strappato dalle mani di questi senza legge i disgraziati che stavano per essere uccisi, quest`uomo potrebbe forse compiere qualcosa di più benefico per l`umanità? Trasferite questi esempi e applicate questi ragionamenti alla legge. Colui che comanda di strappare occhio per occhio, trattiene la violenza dei malvagi con la forte catena del timore ed è pertanto simile a quell`uomo che arresta la furia degli assassini armati di spade; mentre colui che non stabilisce alcuna pena, con tale licenza, pone terribili armi in mano agli scellerati e imita colui che arma di spade i criminali e li manda in giro per tutta la città.

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Riconoscete, dunque, come non di crudeltà, ma di grande benevolenza siano pieni i precetti

dell`antica legge. Se voi, perciò, dite che il legislatore è duro e severo, ebbene, io vi chiedo che cosa è più duro e difficile: il non uccidere, o il non adirarsi? Chi è più severo, colui che punisce l`omicidio o colui che vendica anche la più piccola offesa che noi possiamo fare adirandoci? Chi è più severo, colui che condanna l`adulterio solo dopo che è stato commesso, oppure colui che condanna anche il desiderio cattivo e lo punisce con il supplizio eterno? Vedete dunque che il ragionamento di costoro va a cadere in quello opposto. E il Dio dell`antica legge, ch`essi dicono crudele, apparirà dolce e moderato; mentre il Dio della nuova legge, che essi definiscono buono, finirà coll`apparire alla loro stoltezza severo e insopportabile.

Quanto a noi proclamiamo fermamente che unico e uguale è l`autore del Vecchio e del Nuovo Testamento, il quale ha formulato le leggi secondo le necessità e il vantaggio degli uomini e ha adattato alla diversità dei tempi le norme delle due leggi. I precetti dell`antica legge non hanno niente di crudele, né quelli della nuova hanno niente di troppo severo o di insopportabile, ma tutti provengono da una sola e identica provvidenza.

Divina Liturgia

O Signore, amico degli uomini, fa risplendere nei nostri cuori la pura luce della tua divina conoscenza, e apri gli occhi della nostra mente all’intelligenza dei tuoi insegnamenti evangelici. Infondi in noi il timore dei tuoi santi comandamenti, affinché, calpestati i desideri carnali, noi trascorriamo una vita spirituale, meditando ed operando tutto ciò che sia di tuo gradimento. Poiché Tu sei la luce delle anime e dei corpi nostri, o Cristo Dio, e noi rendiamo gloria a Te insieme con il tuo eterno Padre ed il tuo Spirito

santissimo, buono e vivificante, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

SANT’ATANASIO

De Incarnatione

Come chi vuoi vedere la luce del sole dee nettarsi l'occhio, così chi vuol come prendere il senso de' sapienti di Dio dee purificar l'anima.

Discorso contro i pagani

Dio non fu visto se non quando assunse la natura umana, mentre Dio, cioè il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, secondo la sostanza della sua divinità è assolutamente invisibile, e si può conoscere solo con l'anima e con lo spirito.

II corpo mortale è retto dall'anima immortale

Come mai, dal momento che il corpo è naturalmente mortale, l'uomo ragiona sull'immortalità e desidera sovente di morire per la virtù? Od ancora, come mai, dal momento che il corpo è effimero, l'uomo si rappresenta le realtà eterne, al punto da disprezzare le cose presenti e rivolgere il suo desiderio verso le altre? Il corpo non saprebbe, da solo, ragionare in tal modo su se stesso né su ciò che è estraneo a lui: esso infatti, è mortale ed effimero. Bisogna dunque, necessariamente, che vi sia qualche altra cosa che ragioni su ciò che è opposto al corpo e contrario alla sua natura. Che cos'è questa, ancora una volta, se non

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l'anima razionale ed immortale? Ed essa non è esterna al corpo, ma gli è interna, come il musicista che, con la sua lira, faccia ascoltare i migliori suoni. Come mai, ancora, l'occhio, essendo naturalmente fatto per vedere, e l'orecchio per ascoltare, si distolgono da queste funzioni qui e preferiscono quelle là? Che cos'è che distoglie l'occhio dal vedere? O che impedisce all'orecchio di ascoltare, dal momento ch'esso è naturalmente fatto per intendere? Ed il gusto, naturalmente fatto per gustare, che cos'è che sovente lo arresta nel suo slancio naturale? La mano, naturalmente fatta per agire, chi le impedisce di toccare tale oggetto? L'odorato, fatto per sentire gli odori, chi lo distoglie dal percepirli? Chi agisce cosí al contrario delle proprietà naturali dei corpi? Come mai il corpo si lascia distogliere dalla sua natura e condurre secondo l'avviso di un altro e dirigere da un suo cenno? Tutto ciò mostra che solo l'anima razionale guida il corpo. Il corpo non è punto fatto per muoversi da solo, ma esso si lascia condurre e guidare da un altro, come il cavallo non si attacca da solo, ma si lascia dirigere da colui che l'ha ammaestrato. Vi sono anche delle leggi presso gli uomini, per indurli a compiere il bene e ad evitare il male; ma gli esseri senza ragione non possono né ragionare né discernere il male, poiché sono estranei alla razionalità ed alla riflessione logica. Cosí gli uomini possiedono un'anima razionale; penso di averlo dimostrato da quanto è stato detto.

Che l'anima sia anche immortale, l'insegnamento ecclesiastico non può ignorarlo, per trovarvi un argomento capace di rifiutare l'idolatria. Si perverrà più vicino a questa nozione, se si parte dalla

conoscenza del corpo e dalla sua differenza con l'anima. Se il nostro ragionamento ha mostrato ch'essa è diversa dal corpo, e se il corpo è naturalmente mortale, ne segue necessariamente che l'anima è

immortale, poiché è differente dal corpo. Inoltre se, come abbiamo dimostrato, è l'anima che trasforma il corpo, senza essere lei stessa trasformata da altri, ne segue che l'anima si trasforma da se stessa e che, dopoché il corpo sia stato posto sulla terra, essa continua ancora a trasformarsi da se stessa. Infatti non è l'anima che si trasforma, ma è quand'essa si separa dal corpo che prende a trasformare il corpo stesso. Se dunque essa fosse mutata dal corpo, ne seguirebbe che, allontanandosi il motore, essa morirebbe; se, invece, è l'anima che muta il corpo, a più forte ragione essa si muta anche da se stessa. E se ciò è vero, necessariamente, altresí, essa vive dopo la morte del corpo. Infatti il movimento dell'anima non è cosa diversa dalla sua vita medesima, allo stesso modo come noi diciamo che il corpo vive quando è in movimento, e che per esso è la morte quando cessi di muoversi. Lo si vedrà ancor più chiaramente a partire dall'attività dell'anima nel corpo. Quando l'anima è venuta nel corpo e gli si è legata, essa non è ristretta e misurata dalla piccolezza del corpo, ma assai spesso, quando questo è disteso nel suo letto, immobile e come addormentato nella morte, l'anima, secondo la sua propria virtù, è sveglia e si eleva al di sopra della natura del corpo, come se essa se ne andasse lontano da lui: restando, invece, nel profondo del corpo, essa si rappresenta e contempla gli esseri sovraterrestri. In tal modo, sovente essa incontra persino coloro che sono al di sopra dei corpi terreni, i santi e gli angeli, andandosene verso di loro e confidando nella purezza dello spirito. Come dunque, a maggior ragione, una volta distaccata dal corpo quando lo vorrà Dio che l'aveva legata ad esso, non avrà essa una conoscenza più chiara dell'immortalità? Se quando essa era legata al corpo, viveva una vita estranea al corpo, a maggior ragione, dopo la morte di quello, essa vivrà e non cesserà di vivere, poiché Dio l'ha cosí creata per mezzo del suo Verbo, il nostro Signore Gesù Cristo. E' perché l'anima pensa e riflette sulle cose immortali ed eterne, che anch'essa è eterna. Allo stesso modo come il corpo, essendo mortale, i suoi sensi contemplano cose mortali; parimenti l'anima, contemplando realtà immortali e ragionando su di esse, deve necessariamente essere immortale e vivere eternamente. I pensieri e le considerazioni sull'immortalità non la lasciano mai, ma dimorano in essa come un focolaio che assicura l'immortalità. E' per questo che l'anima ha il pensiero della contemplazione di Dio e si traccia da sola la sua propria strada. Non è dall'esterno, ma da se stessa che l'anima riceve la conoscenza e la comprensione del Verbo divino.

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SANT’AMBROGIO

Gesù può essere visto con gli occhi dell'anima, non con quelli del corpo.

I Giudei non lo videro perché il loro cuore stolto era accecato.

(AMBROS., Comm. in Ev. Lc. 1, 1, 5)

SAN GIROLAMO

Gli occhi del corpo non possono vedere la divinità non solo del Padre, ma neppure del Figlio, né dello Spirito Santo, che nella Trinità formano un'unica natura, ma lo possono bensì gli occhi dell'anima, dei quali il Salvatore in persona disse: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

(Mt 5, 8; HIERON., Comm. in Is. 3, 1).

ORIGENE D’ALESSANDRIA

Commento dal Cantico dei cantici

L'occhio corporeo, che esercita la vista, se non lo impedisce nessuno ostacolo, perfettamente e senza errore coglie colori grandezze qualità nei corpi. Ma se la vista sarà impedita dalla caligine o da qualche infermità e giudicherà che una cosa sia rossa invece che bianche, verde invece che nera, diritta mentre è curva e contorta, certamente il giudizio della mente sarà turbato e giudicherà una cosa per l’altra.

Analogamente, se la vista interiore non sarà stata esercitata dalla istruzione e dall’operosità affinché impari con molta perizia a distinguere il bene dal male, ma la impediranno ignoranza e incapacità come la caligine sugli occhi e sopravverrà anche, come ai malati di vista, qualche debolezza dovuta alla

malvagità, essa non potrà in nessun modo imparare a distinguere fra il bene e il male e così avverrà che faccia il male e disprezzi il bene invece del male.

SANT’AGOSTINO

Discorsi, 136/C, 1-3.5

Le opere proprie di Cristo Signore, quelle che allora egli compì nei corpi, compie ora nei cuori. Sebbene non cessi affatto di operare anche in molti corpi, tuttavia nei cuori la sua azione è superiore. Se

indubbiamente è gran cosa la vista della luce del cielo, quanto è più grande vedere la luce di Dio! A questo fine infatti sono risanati gli occhi del cuore, a questo vengono aperti, a questo sono purificati, affinché vedano la luce, che è Dio. Infatti Dio è luce, afferma la Scrittura, e in lui non ci sono tenebre (1Gv 1, 5); e il Signore nel Vangelo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt 5, 8). Perciò noi che restiamo ammirati che questo cieco ora vede, con tutte le nostre forze, di cui Dio stesso ci fa dono, perseveriamo nella preghiera affinché i nostri cuori siano risanati ed anche purificati. A che giova infatti essere stati resi mondi dai peccati nel fonte battesimale e subito dopo tornare a macchiarsi con perfidi costumi?

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Discorsi, 241,2-3

Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell`aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l`ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte.

Interroga le fiere che si muovono nell`acqua, che camminano sulla terra, che volano nell`aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole... chi l`ha creata, se non la bellezza immutabile?

Nell`uomo stesso infine - per poter scoprire e riconoscere Dio, il creatore di tutto l`universo - nell`uomo stesso, dico, dunque, sono stati interrogati i due: l`anima e il corpo. Gli inquirenti hanno interrogato ciò che essi stessi portavano: vedevano il corpo, ma non vedevano l`anima. Vedevano attraverso gli occhi, ma dentro c`era chi guardava quasi da due finestre. E se questo inquilino se n`è andato, la casa è crollata: se n`è andata via la guida, e ciò che è guidato cade, e proprio perché cade si dice che è «deceduto». Non sono illesi i suoi occhi? Eppure anche se sono aperti non vedono nulla. Ecco le orecchie, ma colei che udiva se n`è andata; resta la lingua come strumento, ma il musicista che la suonava non c`è più. Gli inquirenti hanno dunque interrogato questi due: il corpo, che si vede, e l`anima, che non si vede; e hanno trovato che ciò che non si vede è meglio di ciò che si vede: meglio è l`anima che si nasconde; da meno è la carne che è visibile.

Hanno visto l`uno e l`altra; li hanno interrogati, li hanno fatti oggetto di ricerca e hanno trovato che l`uno e l`altra nell`uomo sono mutevoli. Mutevole è il corpo per l`età, perché si deteriora, perché si alimenta, perché cresce e si disfa, perché vive e muore. Allora si sono rivolti all`anima, che concepivano come qualcosa di meglio e avevano ammirato come qualcosa di invisibile; ma scopersero che anch`essa è mutevole; ora vuole e ora non vuole; ora sa e ora non sa; ora ricorda e ora dimentica; ora teme e ora osa;

ora si dedica alla saggezza, ora si abbandona alla stoltezza. Hanno visto dunque che è mutevole e perciò sono andati al di là di essa stessa: hanno cercato così qualcosa di immutabile. E in questo modo sono giunti a riconoscere Dio.

La città di Dio, 12,1

I desideri tanto opposti degli angeli buoni e di quelli cattivi derivano non da principi diversi delle loro nature - non è lecito metterlo in dubbio, dato che Dio, creatore buono e santo, autore di ogni sostanza ha creato gli uni e gli altri - ma dalle loro volontà e dalle loro brame. Gli uni infatti restarono costantemente nel bene comune a tutti, che per loro è Dio, e nella sua eternità, verità e carità; gli altri, invece, attratti dalla propria prestanza, quasi pensando di essere essi stessi il loro bene, si allontanarono dal Bene

beatifico superiore, a tutti comune, rivolgendosi al proprio bene particolare. Ritenendo, così, per altissima eternità la propria boriosa presunzione, per certissima verità l`inganno fallace, e per amore disinteressato e generale la ricerca egoistica di sé, divennero superbi, fallaci, invidiosi. La causa della beatitudine dei primi è perciò l`unione a Dio; si comprende perciò come per i secondi il contrario sia causa della loro infelicità: la separazione da Dio. Perciò se ci si chiede perché i primi siano beati, si risponde giustamente:

perché sono uniti a Dio; e se ci si chiede perché i secondi siano infelici, la risposta retta è: perché non sono uniti a Dio. Non esiste per la creatura, dotata d`intelletto e di ragione, un bene che la renda beata all`infuori di Dio. Così, quantunque non tutte le creature possano essere beate (è un dono questo che non possono raggiungere le bestie, le piante, le pietre e le cose del genere), quella tuttavia che lo può, non lo può da se stessa, perché è stata creata dal nulla; lo può invece da colui, dal quale è stata creata. Raggiunto, dunque, Costui, è beata; perdutolo, invece, è misera. Ma colui che è beato non per il bene altrui, ma per il proprio stesso bene, non può mai essere misero, perché non può perdere se stesso.

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Diciamo dunque che non vi è bene immutabile se non l`unico, vero e beato Iddio; mentre le cose che egli creò sono certo buone, perché vengono da lui, ma sono mutabili, perché non sono state fatte di lui, ma dal nulla. Quantunque le creature ragionevoli non siano beni sommi - per loro infatti Bene sommo è Dio - sono tuttavia grandi, perché, pur essendo beni mutabili, è loro concesso, per raggiungere la beatitudine di aderire al Bene immutabile, fino a tal punto che esso è il loro bene, e senza di lui sono necessariamente misere. Ma non per questo le altre creature dell`universo sono migliori, per il fatto, cioè, che non possono essere, come quelle, misere: non possiamo dire che le altre membra del nostro corpo siano migliori degli occhi, per il fatto che non possono essere cieche. Come è migliore la natura

dell`essere senziente, anche quando soffre, di quella della pietra, che in nessun modo può soffrire così la natura razionale, anche se misera, è più eccellente di quella che è priva di ragione e senso, e non può perciò cadere nella miseria. Stando così le cose, per questa natura, creata tanto eccellente che, per quanto mutabile, unendosi al Bene immutabile, cioè al sommo Iddio, raggiunge la beatitudine e non soddisfa i propri bisogni se non con questa beatitudine, perché nulla è sufficiente a riempirla se non Dio, per questa natura, dunque, non aderire a lui è un vizio. Ogni vizio poi nuoce alla natura, e per questo è contro la natura.

In tal modo - se non aderisce a Dio - essa differisce dalla natura che a lui si unisce, non perché così creata, ma per vizio: e tuttavia anche questo vizio mostra quanto grande e quanto lodevole sia una tale natura. Essa è certo da lodare, anche se il suo vizio giustamente si biasima; ed è ben giusto biasimare il vizio che corrompe una natura tanto degna di lode. Così, dicendo che la cecità è un vizio degli occhi, si mostra che alla natura degli occhi compete la vista, e quando si dice che la sordità è un vizio delle orecchie, si afferma che alla loro natura compete l`udito; se dunque si dice che l`allontanamento da Dio è il vizio della creatura angelica, si proclama con tutta chiarezza che a una tale natura si addice l`unione a Dio. Chi può degnamente raffigurarsi o esprimere che gran lode sia aderire a Dio, tanto da vivere di lui, di conoscere, di lui godere, e fruire di un tanto Bene senza morte, senza errore e senza molestia alcuna? E da ciò si conclude che, essendo ogni vizio nocivo alla natura, il vizio degli angeli cattivi, che li tiene separati da Dio, è una testimonianza eloquente della bontà della loro natura, creata per Dio, e il cui sommo male consiste nel non essere uniti con lui.

Commento al Vangelo di san Giovanni, 18,11

Quando, dopo esserci esercitati in sante meditazioni e pensieri di salvezza di nuovo cadiamo, per il nostro stesso peso, negli abituali pensieri terreni, assomigliamo allora a quei malati d`occhi, che vengono posti d`improvviso dinanzi a una lampada. Essi non avevano in precedenza la vista perfetta; poi hanno cominciato, piano piano, a recuperarla grazie alle cure dei medici. Questi, per provare la bontà delle loro cure, cercano di mostrare loro ciò che essi desiderano vedere, ma senza risultato, perché sono come ciechi: a mano a mano che la loro vista si rafforza li mettono davanti alla luce. Ma appena essi l`hanno fissata ne restano come abbagliati, e debbono dire al medico: ho visto, ma non posso continuare a guardare. Che fa il medico? Ricomincia la stessa cura, applica del collirio per stimolare nel malato il desiderio di vedere ciò che ha visto, ma non ha potuto continuare a vedere, e perché proprio da questo desiderio sia curato pienamente; che se per fargli ricuperare la vista adopera metodi energici di cura, li sopporti pazientemente fino a poter dire, mosso dal desiderio della luce: Ma quando, finalmente, potrò vedere con occhio fermo questa luce sulla quale i miei occhi ammalati non sono riusciti a fermarsi? Egli allora prega il medico, lo spinge ad affrettare la guarigione.

Fratelli, se voi avete provato qualcosa di simile nei vostri cuori, se in qualche modo avete elevato il vostro intimo per vedere il Verbo, e, abbagliati dalla sua luce, siete ripiombati nei comuni pensieri mortali, pregate il medico che vi dia un collirio efficace, e cioè i precetti della giustizia. C`è, infatti, ciò che desideri vedere; ma tu non hai i mezzi per vederlo. Prima non credevi che esistesse ciò che vuoi

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vedere: ma ora, sotto la guida della ragione, ti sei sì avvicinato, hai visto, ma sei rimasto abbagliato e sei fuggito. Sai con certezza che esiste ciò che desideri vedere: ma anche che non sei ancora in grado di fissarvi lo sguardo. Dunque, curati. Cos`è, in realtà, quello di cui il collirio è il simbolo? Non mentire, non essere spergiuro, non essere adultero, non rubare, non ingannare. Ti eri abituato a queste cose e provi dolore a staccartene: tutto ciò punge, ma risana. Ora ti voglio parlare più apertamente a mio e a tuo timore: se cesserai la cura e rinunzierai a divenire capace di godere di questa luce, di godere cioè della completa guarigione degli occhi, significa che amerai le tenebre; e amando le tenebre, nelle tenebre rimarrai. Restando nelle tenebre, finirai con l`essere gettato in quelle tenebre che stanno fuori dove ci saranno soltanto lacrime e stridore di denti (Mt 22,13). Se non può niente su di te l`amore della luce, che almeno faccia qualcosa la paura del dolore.

Le Lettere, II, 137,8 (a Volusiano)

Dio è grande non per la mole, ma per la potenza; egli che con la sua saggezza ha dotato le formichette e le minuscole api di un senso più fine di quello che hanno gli asini e i cammelli; egli che da un piccolissimo granello crea l`albero del fico tanto grande, mentre da semi molto più grossi nascono molte piante di gran lunga più piccole; egli che ha dotato la pupilla sì piccola di tanta acutezza che, sprigionandosi attraverso gli occhi, in un battibaleno percorre quasi mezza volta celeste; egli che da un punto, e quasi dal centro del cervello diffonde, distribuendoli in cinque direzioni, tutti i sensi; egli infine che, per mezzo del cuore, un organo così piccolo, dispensa per tutte le parti del corpo il moto vitale, facendoci vedere con questi mezzi, e con altri simili, effetti potenti da cause piccolissime, egli che non è piccolo nelle cose che ci sembrano piccole.

Ottantatre questioni diverse

Quando la vista degli occhi è difettosa non avverte la presenza di ciò che non riesce a vedere - infatti l’immagine presente delle cose sta invano davanti agli occhi, se gli occhi mancano d’integrità - così anche Dio, che non è mai assente, è presente invano agli spiriti corrotti: la cecità dello spirito non lo può vedere.

MESROP ARMENO

Secondo discorso

Perfetto è il Padre nella persona e nella potenza, nella sapienza e nella saggezza, nella creazione e nella bontà; ha una sua essenza del tutto increata. Perfetto è il Figlio nella persona e nella potenza, nella sapienza e nella saggezza, nella creazione e nella bontà; ha una sua essenza che è in tutto priva di inizio.

Perfetto è anche lo Spirito Santo nella persona e nella potenza, nella sapienza e nella saggezza, nella creazione e nella bontà; e anch`egli ha una sua essenza priva di ogni inizio. Unica è la natura della divinità, e immutabile la sua essenza; unica è la creazione e unica è la bontà; unica la sovranità e unica la potenza; e in nessun senso vi è una crescita o un ampliamento di magnificenza nella Trinità increata.

Essa è la sorgente di ogni bene e da lei provengono tutti i benefici della creazione su tutte le creature.

Essa ordina, salva e cura, con la sua beneficenza, ciò che è visibile e ciò che è invisibile, per mezzo dello Spirito e della vera dottrina; essa conduce nel regno della sua magnificenza quelli che in lei credono e che raggiungono la santità nel timor di Dio, con santi pensieri e fede non finta, come sta scritto.

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Così abbiamo accolto la parola della fede; e così voi avete creduto alla santissima Trinità: a Dio creatore e al Signore, origine di tutto, e alla grazia vivificante. Essa, con la sua luce vivifica e col suo santo amore ci fa eredi del suo regno ineffabile; essa ci esorta a pensare ai beni promessi e indescrivibili, preparati per coloro che in lei sperano con fede e amore. La carità del Creatore si è data alla creazione, a plasmare tutte le creature, visibili e invisibili, non perché la sua divinità ne avesse bisogno, ma per manifestare così la sua magnificenza, che vien riconosciuta nelle creature, che viene vista dagli angeli e dagli uomini. Come egli nulla prende dai viventi, ma dà loro la vita, come la luce nulla guadagna

dall`occhio, perché questo viene da essa illuminato e non vede da solo; così il Signore vivifica e illumina le sue creature pensanti e ragionevoli, e distribuisce loro grazie, come vuole. Vi sono infatti varie

dispensazioni di grazie, ma unico e identico è Dio, che attua tutto in tutti. All`angelo e all`uomo egli ha donato la libera volontà per onore, perché così essi glorifichino Iddio misericordioso che li ha chiamati dal nulla alla vita, e nella sacra Scrittura egli ha insegnato loro le doti della vera religiosità, perché possano fuggire il male, operare il bene e rinnovarsi di splendore in splendore.

L`amore di Dio per noi si è mostrato creando, a nostro vantaggio, il cielo e la terra con le creature che vi abitano; con questa sua somma attenzione per noi egli ha dimostrato la bontà del suo amore.

Perciò anche le creature devono avvicinarsi a Dio in vero amore, con fede, con speranza e

nell`osservanza dei suoi comandamenti: egli, per questo, le ricompenserà. Se, infatti, noi lo ringraziamo in tutto per la sua attenzione benefica, noi riconosciamo la verità e ci dichiariamo suoi, restando sempre a lui obbedienti, anche nella prova che ci viene dalla sua volontà; nell`ansia e nella pace uniti sempre all`amore che è presso Dio, in tutta santità nello spirito e nella carne, lo ripeto, per sempre. E non daremo mai il nome di creatore alle creature, distorcendo la verità nella falsità, ma resteremo in amicizia e in un servizio di amore, puro, immacolato e incensurato, per sempre. Tutte queste disposizioni, rette e giuste, del Creatore resteranno valide per le creature, per sempre... Dice il Signore: Chi osserva i miei

comandamenti è uno che mi ama; e chi mi ama, sarà amato dal Padre mio, e noi verremo e abiteremo presso di lui (Gv 14,21.23). Di quale amore indicibile siamo stati onorati!

Badiamo, dunque, di non mostrarci cattivi di fronte a Dio, per non decadere dalla vita eterna, che egli ha promesso ai santi. I giusti infatti erediteranno la bontà, i peccatori soffriranno i castighi. Dice la sacra Scrittura: Quelli che si lasciano condurre dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio; quelli invece che vivono secondo la carne, non possono piacere a Dio (Rm 8,8.14). Solo per una vita simile, per tale elevatezza di spirito, noi tutti potremo godere le gioie celesti. Com`è incomparabilmente grande, com`è elevata e inestimabile questa vita eterna! E` indescrivibile. Dallo Spirito Santo, dall`amore del Creatore è stato preparato - e non può esser udito né compreso - ciò che egli ha stabilito per coloro che lo amano.

Costoro, infatti, dal suo amore vivificante otterranno i beni che sono al di sopra di ogni intelletto e di ogni potenza celeste; egli li sazierà nelle sedi immortali. Ma vi è anche una distinzione in queste abitazioni eterne, in base alla dignità. Felicità imperscrutabile!

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