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I test statistici

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Academic year: 2021

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Corrispondenza: Antonio Nicolucci, Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology, via Tiziano 2, 65124 Pescara - E-mail: nicolucci@coresearch.it

Parole chiave: analisi statistica, test parametrici, test non parametrici, distribuzione normale, analisi bivariate, analisi multivariate • Key words: statistical analysis, parametric tests, non-parametric tests, normal distribution, bivariate analyses, multivariate analyses

Pervenuto il 07-02-2018 • Accettato il 07-02-2018

Pillole di Statistica

Guida alla scelta dei test statistici

Selecting statistical tests

A. Nicolucci

Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology, Pescara

RIASSUNTO

In qualsiasi studio clinico, l’applicazione dei test statistici è necessaria per verificare se sia presente un’associazione fra alcune caratteristiche o se intervenendo, ad esem- pio con un trattamento, sia possibile modificare specifici parametri o modificare la storia naturale di una patologia. La scelta del test statistico più adeguato è fondamentale per massimizzare la probabilità di evidenziare un determinato effetto, qualora tale effetto sia effettivamente presente. Per orientarsi nella scelta, è innanzitutto necessario verificare la natura delle variabili analizzate (variabili continue, ordinali o nominali). Per le variabili continue, è inoltre necessario verificarne la distribuzione. In caso di variabili continue, normalmente distribuite, è da privilegiare la scelta di test parametrici (basati sui parametri media e deviazione standard). In tutte le altre circostanze, è preferibi- le utilizzare la famiglia dei test non parametrici (basati sui ranghi). I test non parametrici dovrebbero sempre essere utilizzati, a prescindere dal tipo di variabile, quando il numero di osservazioni è esiguo (abitualmente inferiore a 20). All’interno di ciascuna famiglia (test parametrici e non parametrici) la scelta del test più idoneo dovrà essere guidata dal tipo di quesito e dalla necessità di esplorare il rapporto fra due variabili (analisi bivariata) o fra più variabili (analisi multivariata). In conclusione, la qualità di qual- siasi progetto di ricerca può essere grandemente migliorata se si garantisce già in fase di pianificazione una coerenza fra il quesito di ricerca, le informazioni da raccogliere per rispondere al quesito, e le modalità con cui saranno analizzati i dati.

SUMMARY

In any clinical trial, statistical tests are fundamental to verify whether there is an association between specific characteristics or to assess whether an intervention could modify selected clinical parameters or the natural history of a disease. The choice of the appropriate statistical test is vital to maximize the probability of detecting a given effect, provided that effect really exists. The choice of the statistical test is influenced by the nature of the variables analyzed (continuous, ordinal, or nominal variables).

For continuous variables, their distribution should also be assessed. In the case of continuous, normally distributed variables, parametric tests should be applied (i.e. based on the mean and standard deviation). In all other instances, non-parametric tests (based on ranks) should be preferred. When the number of observations is small (usually fewer than 20), non-parametric tests should always be employed. Within each family of statistical tests, the choice of the most appropriate test is driven by the type of sci- entific question, as well as by the number of variables at issue (bivariate or multivariate analyses). In conclusion, the quality of any research program can be substantially improved by ensuring during the planning phase the coherence between the research question, the information to be collected to address the research question, and the modalities for analyzing the data.

I test statistici

In qualsiasi studio clinico è prevista la raccolta di dati, che vengono utilizzati per descrivere la popolazione in studio e per rispondere a uno o più quesiti di ricerca. Di solito, l’o- biettivo di uno studio è valutare se esista un’associazione fra alcune caratteristiche o se intervenendo, ad esempio con un trattamento, sia possibile modificare specifici para- metri o modificare la storia naturale di una patologia.

Ad esempio, si potrebbero raccogliere dati per indaga- re se esiste una correlazione fra livello di obesità e livel-

lo di controllo metabolico in una popolazione di soggetti affetti da diabete tipo 2, o per valutare se un intervento educativo rivolto a promuovere stili di vita più salutari sia in grado di ridurre i livelli di emoglobina glicosilata in soggetti con diabete tipo 1.

Per rispondere a questi quesiti, utilizziamo i test statisti- ci, che ci permetteranno di accettare o di rifiutare (con- futare) una ipotesi. Tutti i test statistici partono dall’ipo- tesi nulla che non esista una relazione fra le variabili in studio. Se ad esempio volessimo testare l’ipotesi che, fra i soggetti con diabete, il livello di controllo metabo-

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appropriato, che in questo caso è rappresentato dal test t di student per dati non appaiati, otterremo un valore di p pari a 0,009. Cosa ci suggerisce questo valore di p? Un valore di p di 0,009 sta a indicare che, rifiutando l’ipotesi nulla e affermando quindi che c’è una relazio- ne significativa fra BMI e livelli di HbA1c, abbiamo una probabilità di sbagliare inferiore all’1%. In altre parole, la probabilità che sia vera l’ipotesi nulla, e che non ci sia quindi relazione fra le due variabili, è inferiore all’1%.

Alla luce di questi risultati, possiamo essere ragionevol- mente sicuri di non sbagliare affermando che i livelli me- di di HbA1c sono significativamente più alti nelle persone con BMI > 30, rispetto a quelle con BMI compreso fra 25 e 27.

I tipi di variabile

Le informazioni raccolte nel corso di uno studio, e abi- tualmente riportate su un’apposita scheda raccolta dati, riguardano generalmente le caratteristiche socio-demo- grafiche e cliniche dei pazienti arruolati. Ognuna di que- ste caratteristiche (ad es. età, sesso, stadio di malattia ecc.) prende il nome di “variabile”. La scelta del test statistico più appropriato dipende dal tipo di variabile considerata.

Le variabili utilizzate nell’ambito di un qualsiasi studio possono essere di tre tipi: continue, ordinali, o nominali.

Le variabili continue possono assumere un numero in- finito di valori all’interno di un certo ambito. Inoltre, la distanza che c’è, ad esempio, fra 3 e 4, è la stessa esi- stente fra, ad esempio, 20 e 21. Questo vuol dire che se consideriamo il peso, tipica variabile continua, un sog- getto che pesa 80 kg avrà un peso che è effettivamente doppio rispetto a un soggetto che pesi 40 kg. Età, pres- sione arteriosa, glicemia, sono tutti esempi di variabili continue.

Le variabili ordinali si differenziano da quelle continue poiché possono assumere solo un numero finito di valori all’interno di uno specifico intervallo. Inoltre, pur essen- do i valori posti secondo un ordine predeterminato (ad es. uno scompenso cardiaco di classe IV è più grave di uno di classe III, che a sua volta è più grave di uno scompenso di classe II), non c’è equidistanza fra i valo- ri (non possiamo cioè affermare che uno scompenso di classe IV sia il doppio grave di uno di classe II o quattro volte più grave di uno scompenso di classe I). Gli stadi di malattia, o le misure di qualità di vita sono tipicamen- te variabili ordinali. Infine, le variabili nominali esprimono una qualità del tipo “tutto o nulla”, senza nessun ordine prestabilito. Ne sono un esempio il sesso, la razza, la presenza/assenza di una complicanza ecc.).

Per una variabile continua è poi necessario verificare se lico dipende dal livello di obesità espresso dall’indice

di massa corporea (BMI), l’ipotesi nulla di partenza sa- rebbe rappresentata da una completa assenza di cor- relazione fra controllo metabolico e BMI. Scopo del test statistico sarà quello di suggerirci se accettare questa ipotesi nulla, o se invece rifiutarla, accettando quindi l’ipotesi alternativa che ci sia un rapporto significativo fra controllo metabolico e livello di obesità. Tuttavia in qualsiasi studio, per grande che esso sia, il numero di pazienti arruolati costituirà sempre una piccola frazione di tutti gli individui affetti da quella specifica patologia.

Sebbene si assuma che il campione studiato sia rappre- sentativo della popolazione da cui esso deriva, a causa della variabilità biologica, ciò potrebbe non essere vero e le conclusioni a cui perveniamo analizzando il nostro campione potrebbero quindi essere erronee. Per tale ra- gione, i risultati di un test statistico sono sempre espres- si in termini probabilistici. In altre parole, nell’accettare o rifiutare l’ipotesi nulla possiamo commettere un errore;

se tuttavia la probabilità di commettere tale errore è mol- to bassa, allora potremo accettare con sufficiente fidu- cia le conclusioni a cui siamo arrivati.

Ma in base a quale regola decidiamo di accettare o di rifiutare l’ipotesi nulla? La decisione viene presa in ba- se al valore di p associato al nostro test statistico. Il va- lore di p sta a indicare la probabilità di commettere un errore rifiutando l’ipotesi nulla, e cioè la probabilità di sbagliare, affermando ad esempio che c’è una relazio- ne significativa fra controllo metabolico e obesità. Per convenzione, rifiutiamo l’ipotesi nulla e accettiamo di conseguenza l’ipotesi alternativa, tutte le volte che il va- lore di p è minore o uguale a 0,05. Un valore di p < 0,05 sta a indicare che abbiamo una probabilità di sbagliare minore del 5%, rifiutando l’ipotesi nulla e accettando l’i- potesi alternativa.

Tornando all’esempio del rapporto fra controllo metabo- lico (espresso dai livelli di HbA1c) e obesità, supponia- mo che i pazienti con BMI compreso fra 25 e 27 abbiano valori medi di HbA1c di 7,28 ± 1,7 (media ± deviazione standard), mentre fra i soggetti francamente obesi, con BMI > 30 il valore di HbA1c sia di 7,51 ± 1,6. La doman- da che ci poniamo è la seguente: i livelli di HbA1c so- no significativamente più elevati nelle persone obese?

In altre parole, esiste una relazione fra livelli di HbA1c e BMI? L’ipotesi nulla di partenza è che non ci sia relazio- ne fra le due variabili, e che quindi i livelli medi di HbA1c non differiscano in modo significativo nei due gruppi di pazienti, classificati in base al loro BMI. L’ipotesi alter- nativa è invece rappresentata dall’esistenza di una rela- zione fra le due variabili, e quindi di un controllo meta- bolico significativamente peggiore nelle persone obese (BMI > 30) rispetto alle altre. Applicando il test statistico

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il loro errore standard. Se il valore di skewness o di kur- tosis, diviso per il rispettivo errore standard, è maggiore di 2 o inferiore a -2, allora la distribuzione non può esse- re considerata normale. Un’ultima, rapida modalità per valutare se una distribuzione differisce in maniera signi- ficativa dalla normalità è rappresentata dall’applicazio- ne del test statistico di Kolmogorov-Smirnov. Tale test parte dall’ipotesi nulla che la distribuzione in esame non differisca da una distribuzione normale. Se l’applicazio- ne del test porta a un valore di p < 0,05, allora dovremo rifiutare l’ipotesi nulla, e affermare che la distribuzione in esame differisce significativamente da una distribu- zione normale.

Test parametrici e test non parametrici

Come già discusso in precedenza, saremo autorizzati a utilizzare un test parametrico, cioè basato sui parametri media e deviazione standard, solo nel caso in cui la va- riabile di interesse sia continua e normalmente distribu- ita. In tutti gli altri casi sono da preferire i test non para- metrici. Tali test si basano sui ranghi delle osservazioni, non sul loro reale valore. In altre parole, le osservazioni vengono messe in ordine crescente, e a ognuna si at- tribuisce un numero corrispondente alla posizione che quell’osservazione occupa nella graduatoria (rango). I test statistici non parametrici vengono quindi basati sul confronto fra le somme dei ranghi. Ad esempio, se di- sponiamo di 5 osservazioni per una variabile, i cui valori siano 11, 25, 3, 26 e 20, dovremo per prima cosa di- sporre questi numeri in ordine crescente. A questo pun- essa sia normalmente distribuita. Solo per questo tipo di

variabili sarà infatti possibile utilizzare i test statistici pa- rametrici, cioè basati sui parametri media e deviazione standard, mentre in tutti gli altri casi andranno utilizzati i test non parametrici.

La distribuzione normale

Le variabili continue, soprattutto nel caso di misure bio- logiche, assumono spesso una distribuzione caratte- ristica, graficamente simile a una campana rovescia- ta (Fig.  1). In altre parole, molte osservazioni cadono in un range di valori vicini alla media, mentre man ma- no che ci si allontana dalla media il numero di osser- vazioni diminuisce. Se pensiamo ad esempio all’altezza dei soggetti di una popolazione, molti soggetti avran- no un’altezza vicina a quella media di quella popola- zione, mentre man mano che ci si sposta verso valori di statura più elevati o più bassi si riduce il numero di soggetti. Tale distribuzione, detta normale o gaussiana, presenta alcune caratteristiche peculiari. In particola- re, il valore della media, della mediana e della moda coincidono. Inoltre il 68% delle osservazioni hanno un valore compreso fra la media  ±  una deviazione stan- dard (DS), il 95% entro la media ± 2 DS e il 99% entro la media ± 3 DS. Ma come facciamo a stabilire se una variabile continua è normalmente distribuita? In alcuni casi, è sufficiente una valutazione grafica. Se costruia- mo un istogramma dei dati ed è evidente che la distribu- zione di essi si allontana molto dall’aspetto a campana rovesciata, allora possiamo escludere la condizione di normalità. Più spesso tuttavia il semplice esame grafi- co non è sufficiente. Due indici numerici abitualmente riportati da tutti i software statistici riassumono in modo efficiente le informazioni che riguardano la distribuzione di una variabile continua: si tratta della skewness e della kurtosis. La skewness indica i livello di asimmetria del- la distribuzione. In caso di simmetria perfetta, il valore sarà pari a zero. Se il valore è positivo, allora la distri- buzione sarà asimmetrica verso destra, mentre in caso di valore negativo essa sarà asimmetrica verso sinistra (Fig. 2). La kurtosis indica invece se la distribuzione a campana è molto “stretta” o “slargata”. Se la distribu- zione è normale, la kurtosis sarà uguale a zero (95%

delle osservazioni contenute entro media  ±  2 DS). Se la kurtosis è negativa, allora la distribuzione è platicur- tica, cioè slargata, il che equivale a dire che meno del 95% delle osservazioni cadono entro media ± 2 DS. Al contrario, se la kurtosis è positiva, allora la distribuzione è leptocurtica, cioè “stretta” (oltre il 95% delle osserva- zioni cadrà entro media ± 2 DS). I più comuni package statistici riportano oltre al valore di skewness e kurtosis,

Figura 1. La distribuzione normale.

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be chiedere in quale errore si incorrerebbe se, in pre- senza di una variabile continua, si utilizzasse sempre un test parametrico, a prescindere dalla distribuzione della variabile o, al contrario, sempre un test non para- metrico. A questo proposito, è importante sottolineare che i test non parametrici sono tanto più potenti quanto più la distribuzione si discosta dalla normalità mentre, in presenza di una distribuzione normale, essi tendono a essere meno potenti dei test parametrici. Come conse- guenza, se utilizzassimo un test parametrico quando la distribuzione è chiaramente non-normale, o di converso utilizzassimo un test non parametrico in presenza di una distribuzione normale, potremmo correre il rischio di non evidenziare come statisticamente significative delle as- sociazioni che invece lo sono.

Va ricordato che in alcuni casi la trasformazione mate- matica di una variabile continua (ad es. trasformazione logaritmica, radice quadrata ecc.) può aiutare a ricon- durre la distribuzione a una normale. Ovviamente, dopo la trasformazione matematica dovremo sempre verifica- re che i requisiti di normalità siano stati raggiunti. Inoltre, la trasformazione matematica di una variabile la rende meno interpretabile dal punto di vista clinico.

Infine, per motivi pratici e per facilitare l’interpretazione to, assegneremo al valore più basso, cioè al 3, il valore

di 1, a quello successivo, cioè all’11, il valore di 2, e così via. I test statistici successivi saranno basati sui valori dei ranghi, e non su quelli originari.

Se più osservazioni hanno uno stesso valore, per l’attri- buzione del rango dovremo calcolare la media dei ran- ghi che avremmo attribuito a quei valori, se fossero stati fra di loro leggermente diversi. Ad esempio, se abbiamo i valori 3, 11, 20, 25 e 25, ai valori di 25 attribuiremo il rango 4,5 (media dei ranghi 4 e 5).

È importante sottolineare che i test non parametrici an- drebbero sempre utilizzati quando i valori a disposizio- ne sono pochi, e non è quindi possibile capire quale sia la distribuzione. Se ad esempio misuriamo il peso in 5 soggetti, sarà ben difficile capire se queste misure si di- stribuiscono in modo normale. Come regola generale, se il numero di osservazioni è inferiore a 20, non biso- gnerebbe mai usare un test parametrico. Questa rego- la è ampiamente disattesa nella ricerca di base, dove spesso, pur utilizzando un numero esiguo di animali da esperimento, vengono utilizzati i classici test parametri- ci (student t-test, ANOVA ecc.). Mentre non vi è alcun dubbio sulla necessità di dover utilizzare un test non pa- rametrico per le variabili nominali e ordinali, ci si potreb- Figura 2. Deviazioni dalla distribuzione normale.

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dei risultati, spesso variabili continue e ordinali possono essere trasformate in variabili categoriche. Ad esempio, invece di utilizzare il BMI come misura continua, si ten- de spesso a utilizzare classi prestabilite, che corrispon- dono alle categorie indicanti un peso nella norma, il so- vrappeso e l’obesità.

La scelta dei test statistici

Una volta stabilito se dovremo utilizzare un test para- metrico o non parametrico, il passo successivo per la scelta del test statistico più appropriato consisterà nell’i- dentificare il tipo di quesito a cui vogliamo rispondere.

Innanzitutto, se siamo interessati a esplorare il rappor- to fra due variabili dovremo scegliere un test statistico adatto a un’analisi bivariata. Ad esempio, potremmo es- sere interessati a capire se i valori di HbA1c (variabile dipendente) tendono ad aumentare con l’età (variabile indipendente) o se i livelli medi di BMI (variabile dipen- dente) siano significativamente diversi nei due sessi (va- riabile indipendente). Qualora fossimo invece interessati a capire come varia il valore di una variabile dipendente in relazione a più variabili indipendenti, allora dovremo utilizzare un’analisi multivariata. Ad esempio, potremmo chiederci se, a parità di una serie di caratteristiche dei pazienti (età, BMI, stato socio-economico, durata del diabete ecc.) l’effetto di un farmaco sui livelli di HbA1c

sia diverso nei maschi rispetto alle femmine. In questo caso metteremo in relazione una variabile dipendente (HbA1c) con una serie di variabili indipendenti simulta- neamente (età, BMI ecc.).

Per ogni tipo di quesito, sarà disponibile il test parame- trico o il suo corrispettivo non parametrico più adegua- to. Le Tabelle I e II riportano i test statistici parametrici e non parametrici di più comune impiego, in relazione al tipo di quesito.

Conclusioni

L’analisi dei risultati di uno studio rappresenta un aspet- to particolarmente delicato, che richiede una profonda conoscenza dei principi statistici di base. La disponibi- lità di package di facile accesso e “user friendly”, se da una parte rende più semplice l’esecuzione delle anali- si statistiche anche da parte di persone poco esperte, dall’altra pone il rischio di un uso acritico dello strumen- to, con elevata probabilità di commettere errori di analisi e di interpretazione dei risultati. L’applicazione del test statistico più adeguato è infatti fondamentale per evitare risultati falsi negativi, cioè concludere erroneamente che non ci sia associazione fra le variabili in studio. Questo renderebbe vano lo sforzo fatto per disegnare lo studio, condurlo nel modo più adeguato e portarlo a termine.

Questo articolo non ha la pretesa di entrare nel merito

Tabella I. Test statistici parametrici di più comune impiego, in base al tipo di quesito.

Tipo di quesito Test parametrico Variabile

dipendente Variabile

indipendente Esempio

Relazione fra due variabili

continue Regressione lineare Continua Continua Come variano i valori di HbA1c al varia- re dell’età?

Forza della correlazione

fra due variabili continue Coefficiente di corre-

lazione di Pearson Continua Continua Quanto è forte l’associazione fra valori di HbA1c e valori di BMI?

Confronto dei valori medi di una variabile continua fra due gruppi

Test t di student per

dati non appaiati Continua Categorica

a 2 livelli I valori di pressione sistolica sono diver- si fra maschi e femmine?

Confronto dei valori medi di una variabile continua misurata in un gruppo di soggetti in due occasioni diverse

Test t di student per

dati appaiati Continua Categorica

a 2 livelli Il peso corporeo in un gruppo di sog- getti si riduce 3 mesi dopo un intervento educativo sugli stili di vita?

Confronto dei valori medi di una variabile continua fra più di due gruppi

Analisi della varianza

(ANOVA) Continua Categorica a

più di 2 livelli I valori di colesterolo LDL differisco- no significativamente in relazione alla classe di BMI (< 25; 25-30; > 30)?

Associazione fra una va- riabile dipendente e due o più variabili indipendenti

Regressione lineare

multipla Continua Continue,

categoriche A parità di età e sesso, esiste un’asso- ciazione fra livelli di pressione arteriosa sistolica e BMI?

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ta di occorrenza, non sarà possibile applicare un’analisi per eventi tempo-dipendenti (ad es. curve di sopravvi- venza). La pianificazione dettagliata del piano di anali- si statistica (Quali variabili? Quali endpoint? Quali test statistici?) è inoltre fondamentale per evitare decisioni a posteriori, viziate dalla conoscenza dei dati e quindi suscettibili di bias.

In conclusione, la qualità di qualsiasi progetto di ricerca può essere grandemente migliorata se si garantisce già in fase di pianificazione una coerenza fra il quesito di ri- cerca, le informazioni da raccogliere per rispondere al quesito, e le modalità con cui saranno analizzati i dati.

A questo fine, il coinvolgimento di una persona esper- ta di statistica già nelle fasi di definizione dello studio è fondamentale e deve sempre essere contemplato, non importa quanto piccolo o grande sia lo studio che si in- tende condurre.

dei singoli test statistici e della loro interpretazione, ma piuttosto di fornire una guida generale all’uso corretto dei test. Avere un’idea chiara del quesito di ricerca, del- le informazioni da raccogliere e delle analisi necessarie è fondamentale fin dalla fase di pianificazione di qualsi- asi studio. Erroneamente, si tende a pensare che la sta- tistica entri in gioco solo dopo aver terminato la raccolta dei dati. Al contrario, è ampiamente riconosciuto che il piano statistico di analisi debba essere definito prima dell’inizio dello studio, coerentemente con il protocollo di ricerca. Questo eviterà che determinate informazio- ni vengano raccolte con un formato non idoneo all’a- nalisi statistica. Ad esempio, se l’informazione sull’età viene raccolta direttamente in classi, piuttosto che co- me variabile continua, non sarà più possibile utilizzare test parametrici sulla variabile età. Analogamente, se si raccolgono le informazioni sull’incidenza di nuovi eventi cardiovascolari, ma non si associa a ogni evento la da-

Tabella II. Test statistici non parametrici di più comune impiego, in base al tipo di quesito.

Test non

parametrico Variabile

dipendente Variabile indipendente Esempio Relazione fra due variabili cate-

goriche Chi quadrato Categorica Categorica La percentuale di fumatori è si-

gnificativamente diversa fra ma- schi e femmine?

Forza della correlazione fra due

variabili Rho di

Spearman, Tau-b di Kendall

Continua,

ordinale Continua, ordinale Quanto è forte l’associazione fra livelli di distress e valori di HbA1c?

Confronto dei valori di una va- riabile continua/ordinale fra due gruppi

Mann- Whitney

U-test

Continua,

ordinale Categorica a 2 livelli I livelli di depressione sono di- versi fra maschi e femmine?

Confronto dei valori di una varia- bile continua/ordinale misurata in un gruppo di soggetti in due oc- casioni diverse

Wilcoxon signed ranks

test

Continua,

ordinale Categorica a 2 livelli Il punteggio di una scala che mi- sura la paura per le ipoglicemie si riduce dopo un intervento edu- cativo mirato?

Confronto dei valori medi di una variabile continua/ordinale fra più di due gruppi

Kruskal-

Wallis test Continua,

ordinale Categorica a più di 2

livelli I valori di depressione differi- scono significativamente in re- lazione alla classe di BMI (< 25;

25-30; > 30)?

Associazione fra una variabile di- pendente e due o più variabili in- dipendenti

Regressione

logistica Categorica

a 2 livelli Continue, categoriche Quali fattori si associano al rischio di avere valori di HbA1c > 7%?

Confronto fra due o più gruppi dell’intervallo libero da uno spe- cifico evento

Curve di Kaplan-

Meier Logrank test

Dicotomica, tempo-di- pendente

Categorica L’incidenza di microalbuminuria nel corso di 5 anni differisce in base alle classi di HbA1c al base- line (ad es. < 7%; 7-8%; > 8,0%)?

Associazione fra due o più fattori di rischio e incidenza di uno spe- cifico evento

Modello

di Cox Dicotomica, tempo-di- pendente

Continue, categoriche Quali fattori si associano al ri- schio di sviluppare un infarto del miocardio nell’arco di tre anni?

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