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A. Vallorani - Bâtiment III: il palazzo neosiriano di Hama

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI ROMA « LA SAPIENZA »

DIPARTIMENTO DI SCIENZE STORICHE ARCHEOLOGICHE E ANTROPOLOGICHE DELL’ANTICHITÀ SEZIONE VICINO ORIENTE

VICINO ORIENTE

XIV - 2008

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I-00185 Roma - Via Palestro, 63

Comitato Scientifico: M.G. Amadasi, A. Archi, M. Liverani, P. Matthiae, L. Nigro, L. Sist Capo-Redattore: I. Brancoli Verger

Redazione: L. Romano

SOMMARIO

A. Vacca - Rappresentazioni di edifici sacri nella glittica dei periodi di Uruk, Jemdet

Nasr e Protodinastico I 3

L. Romano - La corona del dio. Nota sull’iconografia divina nel Protodinastico 41

M. Sala - Il Temple en L a Biblo 59

M. D’Andrea - Trickle Painted Ware: an Early Bronze IV Specialized Pottery

Production in Palestine and Transjordan 85

A. Iob - Forme, colori, funzione dei collari usekh: confronto tra immagine e modello

reale 105

D. Nadali - La Stele di Daduša come documento storico dell’età paleobabilonese.

Immagini e iscrizione a confronto. 129

L. Peyronel - Guerre e alleanze in epoca paleobabilonese: il peso di Inibšina, figlia di

Daduša di Ešnunna 147

G. Pedrucci - Kubaba: presenze anatoliche e antecedenti siriani 161 S. Festuccia - Le forme da fusione della Città Bassa Settentrionale di Tell Mardikh-Ebla 181 L. Mori - Osservazioni sulla tipologia delle strade dai testi di Emar 205 A. Vallorani - Bâtiment III: il palazzo neosiriano di Hama 219 M.G. Amadasi Guzzo - J.-Á. Zamora Lopez - Un ostracon phénicien de Tavira

(Portugal) 231

M. L’Erario - Un Osco a Solunto. Una nota sul cosiddetto «oscillum» di Solunto 241 M.G. Amadasi Guzzo - Su due dediche neopuniche da Henchir Ghayadha 249 F. Bron - L’inscription néo-punique de Cherchell, NP 130 257 D. Piacentini - Una bilingue greco-palmirena dal Negev: una nuova interpretazione 263

NOTE, DISCUSSIONI E RECENSIONI

L. Nigro - L’unzione del re? nota su un passabriglie protodinastico al Museo del

Louvre 273

L. Romano - Recensione al volume: Margueron, J.-Cl., Mari. Métropole de l’Euphrate

au IIIe et au debut du IIe millénaire av. J.-C., Paris 2004 279

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[Vicino Oriente XIV (2008), pp. 219-229]

BÂTIMENT III: IL PALAZZO NEOSIRIANO DI HAMA

Ada Vallorani - Roma

Being known as one of the monumental buildings forming the acropolis mound of Hamath, the Bâtiment III has been considered since its discovery as a temple. The remarks which enable this traditional presentation do not bind the building’s interpretation which can be stated safely as secular judging from the planimetry employed and presented as palatine thanks to typological comparisons.

The renewed analysis introduced in the present paper combined to its critical interpretation provide the means for the correct understanding of the structure and enable to recognize its peculiarities as the same distinctive traits, though at an early stage, of the khilani. Hamath’s building allows to better outline the evolution of this architectonic typology within the period directly preceding its canonization. The Bâtiment III supplies us with the link between the embryonic specimen of Alalakh VII and the typical formulations of Zincirli, showing to what extent the neosyrian centre of Hamath participates actively to the configuration of a truly Syrian secular typology which in the 9th century BC is still under elaboration.

1.INTRODUZIONE

Esplorato dalla missione danese attiva sul sito di Hamath negli anni Trenta e Quaranta, il Bâtiment III viene presentato come edificio templare. Il presente contributo intende pertanto rivelare, attraverso un attento riesame dei resti archeologici, l’effettiva natura di tale impianto architettonico evidenziandone le peculiarità e rintracciando grazie a questi tratti distintivi la reale tipologia architettonica di appartenenza del Bâtiment III. In questo modo sarà altresì possibile dimostrare come, contrariamente all’opinione tradizionale, Hamath, sede di un centro di cultura siriana fin dal II millennio e oltre, partecipi attivamente alla configurazione di una tipologia secolare prettamente siriana che nel IX secolo a.C. è ancora in fase di elaborazione.

Situato lungo il pendio orientale della cittadella, direttamente a nord del grande portale d’accesso al Quartier Royal, il Bâtiment III circoscrive insieme agli altri edifici dell’acropoli di Hamath un ampio spazio pavimentato denominato Place Centrale, punto nevralgico della circolazione urbana (fig. 1)1. Pur discostato dall’orientamento seguito dagli altri edifici del centro monumentale, il Bâtiment III risulta parte integrante del progetto di sistemazione del IX secolo a.C. come confermato dall’esistenza di un sistema di misurazione interno all’acropoli,

1 Per le pubblicazioni di scavo si rimanda ai volumi di H. Ingholt (1934; 1940), E. Fugmann (1958) e P.J. Riis - M.-L. Buhl (1990); l’unico studio sulla fase E del sito è da attribuire a A. de Maigret (1979).

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rintracciato dagli archeologi danesi, che vede convergere gli assi d’ingresso dei singoli edifici in un punto preciso interno alla Place Centrale la cui distanza presa perpendicolarmente alla facciata di ogni edificio è pari a 1, 2, 3, e 5 volte la distanza misurata dal prospetto del Bâtiment II. La posizione fortemente disassata del Bâtiment III rispetto alle altre fabbriche architettoniche viene ricondotta dagli archeologi responsabili dello scavo all’impostazione dell’edificio al di sopra di una struttura più antica. I resti strutturali ascrivibili a tale preesistenza appaiono, tuttavia, alquanto scarni e assai disordinati, tanto da conseguire una pianificazione solo se analizzati in relazione alla fabbrica architettonica più recente2. Inoltre, un’analisi congiunta dei resti attribuiti ai due livelli archeologici F1 ed E dimostra come l’unica parte effettivamente ricalcata dal Bâtiment III sia il segmento di una struttura muraria utilizzato come fondazione per il muro che divide i vani A e B.

L’impianto, orientato secondo i punti cardinali, presenta ambienti affiancati su tre file parallele disposte ortogonalmente rispetto alla facciata dell’edificio. Il sistema di circolazione interno alla fabbrica architettonica prevede un percorso rettilineo che collega l’esterno con l’ambiente B; questo, munito di varchi su ogni lato, immette nei vani limitrofi e raggiungerebbe tramite uno stretto corridoio, completamente ricostruito dagli archeologi responsabili dello scavo, la parte settentrionale dell’impianto accessibile indipendentemente dai vani E e C. Tale planimetria, così come il sistema di circolazione che la attraversa, rimarranno inalterati durante l’intera vita dell’edificio dalla sua prima edificazione (Sol I) attraverso isolate ristrutturazioni (Sol II) fino alla distruzione dell’impianto a seguito dell’incendio che ha segnato la fine dell’intero sito neosiriano.

2.ANALISI STRUTTURALE

Le vestigia del Bâtiment III compongono il settore sud-occidentale di un complesso di più ampia metratura le cui regioni orientali e settentrionali sono andate perse al momento dell’edificazione della città ellenistica nel II secolo a.C. (figg. 2-3).

Il prospetto in cui si apre l’ingresso all’edificio presenta uno zoccolo in pietra a sostegno dell’alzato in mattoni crudi la cui tessitura era verosimilmente rafforzata da blocchi in pietra posti agli angoli esterni3 e protetta in facciata da un paramento in ortostati4. Se nella prima fase dell’edificio il tratto di zoccolo in corrispondenza del varco di entrata doveva costituire il secondo di due gradini che collegavano il piano della Place Centrale al Bâtiment III, il medesimo strato di intonaco, applicato come unico rivestimento a parete di facciata, zoccolo e rampa di accesso all’edificio, testimonia la persistenza dello zoccolo anche nella seconda fase di occupazione in un momento in cui il primo dei due gradini di accesso alla fabbrica viene obliterato

2 Non a caso gli archeologi danesi presentano i resti ascrivibili al livello F1 in stretta connessione a quelli del più tardo Bâtiment III, sovrapponendo addirittura graficamente la planimetria del livello E alle strutture rinvenute nel livello F1 (Fugmann 1958, 144, fig. 175).

3 V. blocchi rinvenuti in situ nell’angolo sud-est dell’edificio (Fugmann 1958, 178).

4 Il rivestimento in ortostati è indicato da tre lastre ortostatiche ancora in loco (Fugmann 1958, 178).

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Bâtiment III: il Palazzo neosiriano di Hama

dall’innalzamento della superficie esterna al complesso e soppiantato da una rampa che raggiunge direttamente lo zoccolo esterno dell’edificio.

La posizione dell’entrata risulta decentrata sia rispetto alla facciata dell’edificio il cui prospetto doveva verosimilmente proseguire verso nord, sia rispetto al vano in cui immette. L’ingresso pavimentato in lastre di basalto è delimitato da due stipiti figurati in forma di leone e doveva essere governato da una porta a doppio battente che si apriva verso l’interno del vano A5. L’atrio A testimonia un preciso allestimento delle pareti interne del vano che prevede un rivestimento della parte inferiore in lastre ortostatiche di basalto, rinvenute in situ lungo le pareti est e ovest, unito a un rivestimento in legno della sezione superiore, testimoniato da consistenti tracce di bruciato all’interno dello strato di riempimento del vano e dall’arretramento della parete rispetto al filo esterno delle lastre basaltiche. Nel muro orientale si apre un passaggio verso il maggiore ambiente B allestito con stipiti e lastre di soglia: dei due stipiti rimane in loco solo quello sud che, anche se molto danneggiato, presenta chiare tracce di una lavorazione a rilievo che disegna i contorni di una figura leonina accosciata rivolta verso l’interno del vano; invece, delle due grandi lastre in basalto, quella est è una stele riutilizzata (6B599).

Il passaggio così definito non era governato da una porta, dando, quindi, libero accesso al grande ambiente B che, con varchi più o meno estesi indicati su ciascun lato, risulta come il più permeabile dell’intero impianto. L’ampia metratura dell’ambiente B, che esula dalla portata massima coperta da solai semplici, unita all’assenza di evidenze che testimoniano l’originaria esistenza di sostegni, induce a ricostruire l’ambiente come spazio a cielo aperto. Il contestuale rinvenimento del tracciato di un canale di scolo che proviene dall’ambiente B, dove è celato dalla pavimentazione del Sol II, e attraversa il vano A per poi proseguire all’esterno dell’edificio, non può che rafforzare l’interpretazione dell’ambiente B come spazio a cielo aperto.

Se il collegamento attraverso passaggi ordinari è testimoniato per i lati ovest6, sud7 ed est8, la natura del limite settentrionale della corte determina un collegamento particolare verso l’ambiente E. La demarcazione fra i due spazi è indicata da un

5 V. pietra di ralla rinvenuta in situ presso lo stipite sud (Fugmann 1958, 179).

6 Qui un varco dotato di lastre di soglia e stipiti connette l’ambiente B all’atrio A (Fugmann 1958, 181).

7 La prosecuzione del piano pavimentale dell’ambiente B oltre il limite meridionale dello stesso indica la presenza di un’apertura verso il vano D (Fugmann 1958, 183).

8 Gli archeologi riportano l’evidenza di pietre dai profili regolari allineate in modo tale da delimitare un passaggio verso la regione orientale dell’edificio (Fugmann 1958, 183). Tale rinvenimento non indicherebbe solo l’effettiva prosecuzione del complesso verso est, testimoniata dal rinvenimento in questa zona di un lacerto di pavimentazione, ma anche la posizione e lo spessore del muro orientale dell’ambiente B. L’unico dato contrastante è la differenza di quota di questi elementi (pietre di stipite e piano pavimentale) rispetto allo spiccato più elevato della parte occidentale del complesso, che indicherebbe l’identificazione delle pietre con il basamento degli stipiti piuttosto che con gli stipiti stessi.

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allineamento di pietre di medie e grandi dimensioni con andamento est-ovest la cui tessitura non è completa, presentando due interruzioni nella parte centrale. Tale allineamento di pietre è da interpretare come la pedata di un gradino che collega i due ambienti B ed E. Lo strappo nella zona centrale del gradino divide la struttura in due segmenti. I segmenti del gradino, privati di una giunzione interna sono connessi a parti strutturali ascritte alle due diverse fasi di occupazione dell’edificio; se la pedata del tratto ovest è in quota con il filo inferiore del paramento in ortostati del muro ovest (Sol II), la pedata del tratto est poggia, invece, sulla stessa fondazione su cui è impostato il muro est del vano E, il cui paramento in ortostati, in fase con il Sol I, è obliterato nella sua parte inferiore dal Sol II. Tale divisione è resa più netta dalla differente tessitura dei due tratti est e ovest, differenza che ha indotto gli archeologi responsabili dello scavo a interpretare solo il maggiore tratto ovest come gradino, delimitato verso est da un muro costituito dal segmento est dello stesso gradino.

Come ulteriore riprova della distinzione fra i due segmenti del gradino gli archeologi sottolineano come solo il tratto ovest sia rivestito dal piano pavimentale del Sol II, tacendo sul rapporto di tale piano con il tratto est del gradino. Gli archeologi asseriscono, inoltre, che il tratto ovest è impostato al di sopra del piano pavimentale del Sol I, mentre il lacerto di pavimentazione del Sol I rinvenuto lungo il fianco meridionale del tratto est continua sul suo spessore9.

Questi dati non sembrano a nostro avviso implicare l’assegnazione dei due tratti a due fasi diverse: se, infatti, l’impostazione del tratto ovest al di sopra del Sol I manca di qualunque documentazione, l’eventualità che il Sol I rivestisse il segmento est non esclude un trattamento analogo per il segmento ovest (obliterato dal Sol I), né contraddice un successivo rivestimento del tratto est durante la fase Sol II. I dati sono, piuttosto, da prendere unitamente per ricondurre la costruzione del gradino allo stadio iniziale dell’edificio, che in entrambe le sue fasi di occupazione (Sol I e II) viene rivestito dal piano pavimentale steso unitamente sugli ambienti E e B. Inoltre, sebbene l’organizzazione dei blocchi di pietra in questione possa ricordare il modo di costruzione del basamento di un muro con blocchi maggiori ai lati e pietre minori nel corpo della struttura e il loro allineamento formi un fronte ovest che richiama la sistemazione del lato di un passaggio, la quota di questo limitato insieme di pietre discosta di soli tre centimetri dallo spiccato del gradino testimoniato a ovest, uno scarto del tutto accettabile per considerare le pietre parte di un unico gradino. Tale ricostruzione è inoltre rafforzata dalla proposta avanzata dagli stessi archeologi danesi di posizionare la lastra in basalto con sagoma circolare a rilievo (6A346), rinvenuta presso l’ingresso dell’edificio, a colmare lo strappo nella tessitura del gradino; la colonna, la cui base si incastra perfettamente nella cavità situata all’interno del

9 Se questo rispecchiasse la verità, allora la quota del lacerto di pavimentazione rappresentato sulla pianta della fase F (Fugmann 1958, 144, fig. 175) in corrispondenza del tratto ovest del gradino del Bâtiment III sarebbe errata; altrimenti questa pavimentazione dovrebbe essere cancellata dalla pianta e ascritta al Sol I, che, però, non risulterebbe più rivestire lo spessore del tratto ovest del gradino.

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Bâtiment III: il Palazzo neosiriano di Hama

gradino che collega i vani B ed E, risulta in posizione centrale solo nel caso in cui il gradino occupi l’intera estensione est-ovest del vano E.

Un unico piano pavimentale riveste la superficie della corte B, proseguendo oltre il gradino all’interno dell’ambiente E, il cui limite nord è indicato solamente da una lastra di soglia, a testimonianza di un varco verso l’ala settentrionale dell’edificio, e non dall’allineamento di pietre riprodotto erroneamente sulla pianta dell’edificio che è invece pertinente alla fase F10.

Un passaggio aperto nel muro ovest immette nell’adiacente vano C, il cui lato maggiore è affiancato al perimetro esterno dell’edificio. La struttura del muro orientale del vano è rafforzata da un pilastro centrale in mattoni crudi. Lo stesso muro crea, in corrispondenza dell’accesso al vano, una nicchia che doveva ospitare i due battenti della porta; in contrasto con l’usuale rivestimento in intonaco delle pareti interne al vano, la larghezza della nicchia è rivestita, come nell’atrio A, da ortostati sormontati da assi lignee. La luce del varco è indicata da un lacerto di pavimentazione e da una singola pietra di soglia che ne definiscono un’ampiezza di 1,10 m. Gli archeologi danesi ricostruiscono un secondo varco nell’angolo nord-est del vano, punto in cui il muro è assente per 0,80 m e dove è stata rinvenuta una lastra di soglia centrata rispetto allo spessore del muro nord11. Originariamente il vano era pavimentato da un battuto di terra ricoperto da uno strato di intonaco;

successivamente (Sol II) venne costruita una pedana a forma di “L” che, accostata al muro ovest, giungeva fino al limite meridionale della nicchia di entrata, occupando così gran parte dell’ambiente. Sempre in battuto rivestito da intonaco, la pedana innalza il piano di spiccato di 0,35-0,50 m. In questo spessore sono praticati cinque incavi circolari, il cui fondo è rincalzato da lastre in calcare a superficie liscia

10 All’interno del Bâtiment III questo allineamento non è solo coperto in parte dalla soglia basaltica, ma forma anche un angolo all’interno del vano E; nella fase F lo stesso allineamento si trova invece connesso al proprio piano pavimentale (Fugmann 1958, 144, fig. 175). Erronea è da considerare anche la riproduzione della concentrazione di pietre direttamente a sud-ovest dell’allineamento appena analizzato che, in quanto obliterata dal Sol II, non dovrebbe essere segnata sulla pianta dell’edificio. Tali imprecisioni suggeriscono di dubitare della pertinenza alla fase E anche del tino in basalto posto nella zona orientale del vano.

11 La ricostruzione data dagli archeologi non appare troppo convincente. Supposto che il rinvenimento di una lastra messa di piatto suggerisca sicuramente un varco, questo si ritroverebbe costretto nell’angolo nord-est del vano, privo di spallette laterali. Anche se posti nell’angolo del vano, infatti, i passaggi sono sempre distaccati di almeno una decina di centimetri dal muro che segue l’asse del passaggio. Lo stato di rinvenimento del limite est del muro settentrionale, inoltre, induce a pensare che tale muro proseguisse verso est. Il muro est, invece, conserva a nord solo la cortina interna:

questa, strappata in corrispondenza con il filo interno del muro nord, permette di ricostruire una nicchia di introduzione al passaggio, nicchia che pur permettendo la ricostruzione di una spalletta, renderebbe il varco asimmetrico, vista l’impossibilità di ricostruirne una analoga a ovest. Gli unici elementi che sostengono la ricostruzione di un passaggio in questo preciso punto sono la quota di spiccato della lastra che differisce di un solo centimetro dalla soglia dell’ingresso al vano e il suo posizionamento al centro dello spessore del muro settentrionale. Il varco connetterebbe il vano C con un ambiente (F) la cui presenza è testimoniata solo da un piccolo lacerto di battuto intonacato (Fugmann 1958, 187).

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incassate nel precedente piano pavimentale. Tale rinforzo, unito al rinvenimento di carbone nel riempimento degli incavi, permette con qualche certezza di proporvi il posizionamento di colonne lignee. I primi quattro incavi da sud sembrano seguire l’asse centrale dell’ingresso al vano; al loro centro è uno spazio, largo 1,20 m, la cui superficie è leggermente rialzata rispetto alla pedana, forse come base per un oggetto.

Lungo il perimetro meridionale dell’edificio è da segnalare, come ultimo, l’ambiente D, diviso dalla corte da un muro di cui rimane solo la fondazione, in cui si apre un varco all’interno del quale prosegue il battuto intonacato del vano B.

Approssimativamente lungo l’asse centrale longitudinale del vano è da notare un allineamento di singole pietre interpretate come basi per colonne lignee.

4.DATAZIONE

Gli archeologi danesi ordinano il Bâtiment III all’interno della fase E (IX-VIII secolo a.C.) riconducendo la costruzione al regno del sovrano E-tas (900 a.C.) e ascrivendo il restauro al sovrano Eni-ilu (743-732 a.C.). L’attribuzione della fabbrica architettonica alla fase E è comprovata dalla datazione alla seconda metà del IX secolo a.C. degli stipiti leonini impiegati, come di norma negli edifici secolari della cittadella di Hamath, nella costruzione dell’ingresso all’edificio e dal rinvenimento di un sigillo in fritta al di sotto della lastra di soglia nell’angolo nord-ovest dell’ambiente E, attribuito al IX-VIII secolo a.C. Il lotto di tavolette12 rinvenuto sparso all’interno dell’edificio precisa la sua datazione al IX secolo a.C.13.

5.INTERPRETAZIONE

L’edificio è stato interpretato dagli archeologi responsabili dello scavo come tempio, individuandovi la fabbrica sacra eretta da Urkhilina in onore di Pakhalati, la Ba’alat di Hama (cfr. iscrizione de “la pierre de Hama” n. 4). Tale identificazione sarebbe a loro avviso confermata dalla conservazione della disposizione dei vani attraverso le fasi F ed E e dal piccolo archivio che comprende inni a Ea, Shamash e Marduk, testi rituali e medicinali, ma anche una lettera di tipo civile. Per quanto concerne la sua posizione originaria, la pietra inscritta (“pierre de Hama” n. 4) viene indicata dagli archeologi danesi come stipite settentrionale della porta est della corte B, mentre le sue dimensioni corrispondono a quelle degli ortostati impiegati all’interno dell’edificio; la pietra n. 5, che menziona Tarhunzas sarebbe stata utilizzata, invece, come stipite meridionale dello stesso varco. A riprova del carattere cultuale della fabbrica vengono menzionati anche due pilastrini (h. 0,30 m ca.) in mattoni cotti lucidati rinvenuti sulla Place Centrale ai due lati dell’entrata a 1 m dalla facciata dell’edificio e distanziati 5 m l’uno dall’atro. I pilastrini presentano iscrizioni

12 Le tavolette comprendono: 2 testi epistolari, 4 testi epico-mitici, 4 testi magico-rituali, 4 testi incerti.

13 Il lotto di tavolette viene datato al IX secolo a.C. dalla missiva dell’840 a.C. inviata da Marduk- apla-usur di Suhu a Rudamu, da identificare con Uratamis, sovrano di Hamath (Riis - Buhl 1990, 257-264).

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Bâtiment III: il Palazzo neosiriano di Hama

aramaiche che comprendono formule invocative (iscrizioni apportate su due dei dieci mattoni del pilastro nord e su tre dei sei mattoni del pilastro sud) e vengono interpretati da H. Ingholt come basi di colonna poste presso l’entrata del tempio e da P.J. Riis come tavole votive o offertorie (visto il rinvenimento di una coppa sul blocco settentrionale); solo E. Fugmann propone che, malgrado il diverso orientamento, facciano parte del rialzamento del lastricato della Place Centrale (Sol II). Altri elementi portati dagli archeologi responsabili dello scavo a conferma dell’interpretazione dell’edificio con una struttura templare sono il confronto, a nostro avviso non calzante, con lo schema planimetrico del tempio di Assureshishi ad Assur e il reperimento all’interno del Bâtiment III di una stele figurata il cui luogo di rinvenimento non rispecchia la posizione primaria, ma è piuttosto da intendersi come destinazione secondaria. La stele (6B599)14, danneggiata dal fuoco, porta visibili tracce di usura. È opinione degli archeologi che la stele, qui impiegata come lastra di soglia, fosse precedentemente collocata all’interno della struttura del periodo F.

L’iscrizione del X-IX secolo a.C. comprende la dedica di un sovrano locale a una divinità, forse Tarhunzas, dio della tempesta, menzionato più avanti nel testo, mentre la figurazione presenta una scena di banchetto in posizione cuspidale e una figura mitica in posizione araldica (aquila bicefala) in primo piano. L’analisi antiquaria e iconografica effettuata da F. Pinnock15 dimostra l’appartenenza della stele alla cultura artistica della Siria interna del periodo paleosiriano (2000/1900-1650/1600 a.C.) e la inquadra all’interno della produzione del periodo H di Hama. Se il carattere funerario della stele rende possibile la sua originaria collocazione all’interno di un tempio (cfr. Ebla, Tempio P2), questo non impone certamente il suo reimpiego come lastra di soglia in una struttura dello stesso genere.

Le considerazioni per cui l’edificio viene tradizionalmente presentato come tempio non ne vincolano a nostro avviso l’interpretazione, che, invece, può essere indicata in modo sicuro, come secolare dal tipo di planimetria impiegata e in questo ambito precisata come palatina grazie a confronti di carattere tipologico. La corretta valutazione delle evidenze archeologiche, comprovata dall’analisi strutturale appena avanzata, restituisce la reale conformazione della fabbrica architettonica (fig. 3) il cui fulcro, composto dall’unione degli spazi B ed E, fornisce in quanto tratto peculiare la chiave di lettura per la giusta comprensione dell’intero edificio. Uno dei confronti più calzanti è quello con il palazzo di Alalakh VII16 che permette di introdurre il Bâtiment III all’interno dell’evoluzione di una nota tipologia palatina, originata nell’entroterra siriano e portata nell’età del Ferro alla sua massima espressione: il khilani17. L’edificio di Hamath consente di meglio delineare l’evoluzione della

14 Fugmann 1958, 182, fig. 229; Riis - Buhl 1990, 56-59.

15 Pinnock 1992.

16 Woolley 1955, 92-93, 99-101.

17 Per le problematiche fondamentali legate al khilani si rimanda alle analisi svolte da eminenti studiosi, in particolare: Frankfort 1952, Margueron 1979, Matthiae 2002 e da ultimo Sinopoli 2005.

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tipologia architettonica nel periodo che precede direttamente la sua canonizzazione neosiriana fornendo il tramite fra l’esempio embrionale di Alalakh VII e le formulazioni tipiche di Zincirli. Il Bâtiment III risulta accessibile dalla Place Centrale tramite un piccolo atrio che immette direttamente in quello che possiamo definire il settore centrale della fabbrica, composto dagli ambienti B ed E. Il particolare tipo di collegamento fra i due vani, non connessi da un passaggio regolare ma da un ampio varco esteso sull’intero ingombro dei due ambienti, rivela la stretta connessione fra i due vani, in realtà parte di uno spazio unico. L’importanza di tale spazio sembra sottolineata non solo dall’ampia metratura di entrambi gli ambienti, ma anche dalla presenza, come proposto dagli archeologi, di una colonna che mette in risalto il collegamento tra i due vani. La conformazione dei resti del Bâtiment III è del tutto paragonabile al settore ufficiale del palazzo di Yarim-Lim di Alalakh di cui seguirebbe non solo l’articolazione tripartita, ma anche la posizione rialzata rispetto all’esterno (fig. 4).

Conformemente alla fabbrica di Tell Atchana anche il settore centrale del Bâtiment III è composto da due ambienti collegati da un ampio varco porticato, e anche in questo caso tale zona è messa in diretto contatto con l’esterno tramite un piccolo vestibolo latitudinale. Mentre nel palazzo di Yarim-Lim i due ambienti sono ancora separabili in due vani distinti come testimoniato dalla presenza di tre fori presso l’ampio passaggio colonnato per l’alloggiamento dei cardini e del paletto di chiusura di una porta18, nel Bâtiment III, che si presenta certo come un esemplare più evoluto all’interno della formulazione del khilani neosiriano, la possibilità di una disgiunzione sembra essere stata abbandonata a favore di un’aumentata monumentalità dello spazio19. Ulteriore indizio dello stretto legame fra le due fabbriche è il rivestimento in ortostati della parte inferiore delle pareti di atrio e parte settentrionale dello spazio centrale, rinvenuto in entrambe le strutture rispettivamente nei vani 7 e 5 del palazzo di Alalakh20 e nei vani A ed E dell’edificio di Hama21. La conforme disposizione planimetrica delle due fabbriche architettoniche, unita all’impiego di allestimenti architettonici del tutto analoghi, permette a nostro avviso di prendere il settore centrale del palazzo di Alalakh VII come esempio per la ricostruzione delle vestigia del Bâtiment III che, grazie al confronto con il palazzo di Yarim-Lim, possono essere identificate come il quartiere di rappresentanza dell’edificio di Hama. Il Bâtiment III sembrerebbe, quindi, derivare la propria concezione planimetrica dal palazzo di Alalakh VII e costituirebbe, dunque, una tappa nell’evoluzione del khilani neosiriano dai dispositivi di ricevimento

18 Woolley 1955, 100.

19 Gli archeologi danesi non vi registrano il rinvenimento di ralle.

Woolley 1955, 100-101.

Fugmann 1958.

20 21

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Bâtiment III: il Palazzo neosiriano di Hama

paleosiriani22; se la posizione all’interno della cittadella di Hamath denota il carattere ufficiale dell’edificio, la sua planimetria manifesta la natura secolare di un’importante fabbrica palatina la cui essenza è rimasta a lungo incompresa.

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1

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Bâtiment III: il Palazzo neosiriano di Hama

Fig. 1. Place Centrale (rielaborazione sulla base di Fugmann 1958, 151, fig. 185, 192, fig.

244).

Fig. 2. Bâtiment III (da Fugmann 1958, 173, fig. 213).

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Fig. 4. Confronto: Bâtiment III di Hamath (rielaborazione sulla base di Fugmann 1958, 173, fig.

213) - Palazzo di Alalakh VII (da Woolley 1955, 115, fig. 35).

Fig. 3. Bâtiment III (rielaborazione sulla base di Fugmann 1958, 173, fig. 213).

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