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THE NON PATRIMONIAL DAMAGE IN THE FAMILY RELATIONSHIP AFTER THE PRONUNCIATIONS FROM THE UNITED SECTIONS OF THE COURT OF CASSATION ON NOVEMBER THE 11

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TAGETE 2-2009 Year XV

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THE NON PATRIMONIAL DAMAGE IN THE FAMILY RELATIONSHIP AFTER THE PRONUNCIATIONS FROM THE UNITED SECTIONS OF

THE COURT OF CASSATION ON NOVEMBER THE 11

TH

2008

IL DANNO NON PATRIMONIALE NELLE RELAZIONI FAMILIARI DOPO LE SENTENZE DELLA C.S.U. DELL’11 NOVEMBRE 2008

Avv. Giovanni Facci*

ABSTRACT

The 4 pronunciations from the United Sections of the Court of Cassation registered on November the 11th 2008, are one identical to the others and regulate the non patrimonial damage. In fact they state that the non patrimonial damage is unique and is not made up of 3 different damages (the biological, the moral and the existential). The biological damage, the moral damage and the existential damage become just a different way to describe the non patrimonial damage in order to consent to the judge to personalize the correct amount of the compensation. These remarks are important to understand if the violation of the family rights can be compensated any more.

* Foro di Bologna

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2 1. Premessa.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con quattro pronunce, di identico contenuto, depositate tutte l’11 novembre 2008 (1), hanno ridisegnato l’assetto del danno non patrimoniale, ricostruendo la fattispecie in modo unitario ed onnicomprensivo delle precedenti figure (biologico, esistenziale, morale), degradate adesso ad un livello meramente descrittivo. L’intervento si è reso necessario dopo che un efficace e scrupolosa ordinanza di rimessione della S.C. del febbraio 2008 (2) aveva evidenziato le incertezze che circondano il tema del danno non patrimoniale e per questo motivo aveva invitato le Sezioni unite a pronunciarsi su otto quesiti ben precisi; l’intento era quello di ottenere un intervento chiarificatore «intensamente auspicato in tutti gli ambienti (forensi, dottrinari, giurisprudenziali) degli attuali operatori del diritto», al fine di giungere ad una «definitiva risposta ai molteplici quesiti che il tema del danno non patrimoniale tuttora pone».

Con riguardo al c.d. danno esistenziale, l’intento chiarificatore è stato raggiunto: la rilettura del danno non patrimoniale operata ha negato decisamente autonoma rilevanza a tale figura.

(1) La sentenza di Cass. sez. un. 11 novembre 2008, n. 26972 è di contenuto identico ad altre tre sentenze, tutte depositate contestualmente.

(2) Cass. 25 febbraio 2008, n. 4712, in La responsabilità civile, 2008, 502, con nota di PARTISANI; in Foro it., 2008, 1447; in Danno e Resp., 2008, 553, con note di PONZANELLI e BONA

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3 Diventa, pertanto, opportuno verificare quali siano le conseguenze di siffatto arresto nell’ambito delle relazioni familiari. E’ noto, infatti, che il danno esistenziale, inteso come figura di danno cui ricondurre le conseguenze lesive della violazione di interessi di rango costituzionale, ha avuto un ruolo fondamentale ed imprescindibile per il definitivo riconoscimento dell’illecito endofamiliare (3); per questa ragione, si rende necessario accertare se, alla luce del nuovo assetto del danno non patrimoniale, unitariamente inteso, siano ancora risarcibili i pregiudizi derivanti dalla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio oppure dal rapporto di filiazione. Prima di procedere in tale indagine, appare utile soffermarsi sui passaggi principali delle recenti sentenze della C.s.u.

2. Il danno non patrimoniale ed i diritti inviolabili.

Le sentenze dell’11 novembre 2008 sono caratterizzate da una decisa volontà di

«contenere» il sistema di risarcimento del danno alla persona: per questo motivo il danno non patrimoniale viene ricostruito come categoria unitaria, tipica, in cui la

(3) Sul punto sia consentito il rinvio a FACCI, I nuovi danni nella famiglia che cambia, Milano, 2004, 5 ss.; al riguardo anche SPANGARO, La responsabilità per violazione dei doveri coniugali, in SESTA (a cura di), La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, 95.

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4 tutela risarcitoria al di fuori dei casi determinati dalla legge è concessa soltanto se si accerta la lesione di un «diritto inviolabile della persona».

L’idea di fondo che accompagna la ricostruzione unitaria, proposta dai giudici di legittimità, è di evitare una suddivisione del danno non patrimoniale in sottocategorie distinte ed autonome, variamente etichettate, in quanto ciò potrebbe dare luogo a duplicazioni di risarcimenti; così facendo, viene respinta la precedente impostazione fatta propria dalla Corte Cost. n. 223 del luglio 2003 (4), attraverso il richiamo al diritto vivente (in particolare alle sentenze di legittimità del 31 maggio 2003) (5), che – nel delineare un danno non patrimoniale, caratterizzato per la presenza, al suo interno di una «trilogia» (6) - presentava indubbiamente il rischio di una sovrapposizione tra le voci di danno (7).

(4) Corte cost. 11 luglio 2003, n. 233, in questa Resp. Civ. prev., 2003, 1036.

(5) Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, e Cass., 31 maggio 2003, n. 8828, in Danno e resp., 2003, p. 816, con note di BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate. La corte di cassazione e il danno alla persona; di PONZANELLI, Ricomposizione dell’universo non patrimoniale: le scelte della corte di cassazione; di PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, L’art. 2059 va in paradiso.

(6) Sulla «trilogia» che caratterizza il danno non patrimoniale, BUSNELLI, Chiaroscuri d’estate. La corte di cassazione e il danno alla persona, in Danno e resp., 2003, 829.

(7) Sui motivi del pericolo di sovrapposizione, sia consentito il rinvio a Facci, Verso un decalogo delle Sezioni Unite sul danno esistenziale?, in Resp. civ. prev., 2008, 1559.

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5 La ricostruzione del danno non patrimoniale, come categoria unitaria e tipica, è accompagnata dal convincimento dei giudici di legittimità che i «diritti inviolabili»

siano in grado di tutelare appieno la persona.

A prescindere dalle perplessità che suscita la «presunta» tipicità del danno non patrimoniale, considerando che la struttura aperta dell’art. 2 Cost. appare incompatibile con essa (8), è di tutta evidenza lo «strappo» con le sentenze del 31 maggio 2003 (9) e con la Corte Costituzionale n. 233 del 2003 (10), le quali non

(8) Di questo sembrano accorgersi anche le stesse sentenze del 11 novembre, al punto 2.14. allorquando sottolineano che “la tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell'apertura dell'art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana”.

(9) Uno dei passaggi di Cass. 31 maggio 2003, n. 8828, cit., è il seguente, § 4.8.: «E' conclusivamente il caso di chiarire che la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c.

va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato della poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare le lacune, secondo l'interpretazione ora superata della norma citata, nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale: quest'ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lezione di un interesse costituzionalmente protetto».

(10) Il passaggio di Corte Cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit., è il seguente, § 3.4.: «Giova al riguardo premettere - pur trattandosi di un profilo solo indirettamente collegato alla questione in esame - che può dirsi ormai superata la tradizionale affermazione secondo la quale il danno non patrimoniale riguardato dall'art. 2059 cod. civ. si identificherebbe con il cosiddetto danno morale soggettivo. In due recentissime pronunce (Cass., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828), che hanno l'indubbio pregio di ricondurre a razionalità e coerenza il tormentato capitolo della

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6 avevano mai fatto riferimento alcuno alla «lesione di un diritto inviolabile della persona», essendosi, invece, sempre espresse in termini di lesione di interessi di rango costituzionale, inerenti alla persona. Era, però, evidente l’indeterminatezza di un tale riferimento, considerando che le stesse pronunce del 2003 non chiarivano il contenuto dei valori della persona protetti dalla Costituzione, così che per qualsiasi conseguenza di carattere morale poteva astrattamente invocarsi la violazione dell’interesse all’integrità morale (11).

In tal modo, si erano agevolate ed incrementate pretese risarcitorie riguardanti i c.d.

danni bagattellari; in particolare, la giurisprudenza di merito (12) aveva attribuito

tutela risarcitoria del danno alla persona, viene, infatti, prospettata, con ricchezza di argomentazioni - nel quadro di un sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale - un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cod. civ., tesa a ricomprendere nell'astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d'animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell'interesse, costituzionalmente garantito, all'integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona».

(11) Al riguardo, ZIVIZ, E poi non rimase nessuno, in Resp. civ. prev., 2003, 709.

(12) Nel caso, ad esempio, di disagio o stress per contravvenzioni illegittime (G.d.P.

Bologna, 8 febbraio 2001, in Danno e resp., 2001, 981, con note di Bona e Castelnuovo), per sospensione dell'attività aeroportuale (G.d.P. Milano, 23 luglio 2002, in Gius, 2003, 235), per ritardata attivazione del servizio telefonico (G.d.P. Catanzaro, 23 novembre 2006, in La responsabilità Civile, 2007, 859; G.d.P. Verona, 16 marzo 2000, in Giur. it., 2001, 1159), per l'attivazione di servizi telefonici non richiesti (Trib. Genova, 24 novembre 2006, in Contratti, 2007, 354), per i disservizi della compagnia telefonica (G.d.P. Bologna, 7 settembre 2006, in La

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7 rilievo anche alle conseguenze di lesioni di dubbio riferimento a precisi valori costituzionali, riconoscendo la tutela risarcitoria anche ai meri disagi, ai turbamenti psichici ed agli stress, individuando nella lesione della serenità personale la violazione in sé di un bene costituzionalmente tutelato.

A questo proposito, le sentenze dell’11 novembre sono chiarissime: al di fuori dei casi determinati dalla legge la tutela risarcitoria è concessa soltanto «ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione» (§ 2. 7.).

Viene anche posta la distinzione tra i diritti inviolabili della persona, riconosciuti a livello costituzionale, la cui lesione legittima la riparazione di cui all’art. 2059 c.c. e responsabilità civile, 2006, 1050), per lo stress subito da un avvocato a causa del malfunzionamento del servizio di cancelleria (G.d.P. Napoli, 18 gennaio 2006, in La responsabilità civile, 2006, 376) o per aver conseguito un punteggio di laurea inferiore a quello sperato (Trib. Bologna, 20 gennaio 2003, in Danno e resp., 2003, 878), nel caso di alterazione della consuetudine concernente le modalità di pagamento e la generale prassi contrattuale di un imprenditore, causata da una banca che operi una restrizione al suo cliente senza giustificato motivo (Trib. Trieste 13 aprile 2007). Appare particolarmente significativa una pronuncia di merito, la quale, in una fattispecie di responsabilità del notaio, ha ammesso il danno non patrimoniale a seguito della scoperta di una avversa trascrizione potenzialmente lesiva dei propri acquisiti diritti dominicali. In particolare, si ritiene che l’attrice abbia subito la lesione di valori della persona costituzionalmente garantiti, tenuto conto della peculiarità della vicenda, dell’affidamento che la danneggiata aveva riposto nella libertà dell’immobile come garantito in sede notarile, del conseguente stress emotivo e psicologico sofferto per i potenziali effetti pregiudizievoli che la precedente trascrizione avrebbe potuto produrre sul diritto dominicale acquisito con indubbi sacrifici economici, della lungaggine della vicenda conclusasi soltanto con la cancellazione giudiziale della trascrizione avvenuta dopo due anni dalla triste scoperta (Trib.

Pescara 27 giugno 2005, in La responsabilità civile, 2006, 377).

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8 gli altri diritti, come quelli presi in considerazione dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, che pur essendo fondamentali, tuttavia, non soddisfano la riserva di legge dell’art. 2059 c.c.; a questi ultimi diritti, seppur fondamentali, «non spetta il rango di diritti costituzionalmente protetti, poiché la Convenzione, pur essendo dotata di una natura che la distingue dagli obblighi nascenti da altri Trattati internazionali, non assume, in forza dell’art. 11 Cost., il rango di fonte costituzionale, né può essere parificata, a tali fini, all’efficacia del diritto comunitario nell’ordinamento interno».

Da tale passaggio, appare evidente la volontà di evitare una proliferazione di diritti inviolabili della persona, in assenza di un preciso riferimento normativo nonché di impedire che diritti quali, ad esempio, la «proprietà» o la «sicurezza» (13), se lesi,

(13) Al riguardo, Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2008, n. 3284, riguardante il caso in cui l’istante lamentava la responsabilità della p.a., per aver posto un palo portante una lampada di illuminazione pubblica (lampione) nell'immediata vicinanza della facciata del palazzo nel quale abitava, a distanza tanto ravvicinata dal suo appartamento da renderne possibile l'accesso a qualunque malintenzionato, così pregiudicando il suo diritto «alla salute ed alla sicurezza della persona», tanto più in relazione ai possibili pericoli connessi alla sua qualità di magistrato. Nel caso di specie, si è affermato che lo stress psicologico da timore è solo una conseguenza della lesione di un possibile interesse protetto, il quale va tuttavia previamente individuato perché possa anche solo venire in considerazione il danno derivante dalla lesione dello stesso; e, per altro verso, che né la serenità né la sicurezza costituiscono, di per sè, diritti fondamentali di rango costituzionale inerenti alla persona, la cui lesione consente il ricorso alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale. In questo senso anche la C.s.u. dell’11 novembre 2008: «in tal senso, per difetto dell'ingiustizia costituzionalmente qualificata, è stato correttamente negato il risarcimento ad una persona che si affermava “stressata” per effetto dell'istallazione di un

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9 possano determinare una protezione senza limitazioni anche a livello non patrimoniale.

La determinazione di contenere il sistema di riparazione del danno non patrimoniale porta i giudici di legittimità ad individuare anche un limite ulteriore al risarcimento dei danni non patrimoniali conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili, che già era stato segnalato dalla dottrina (14) ed aveva avuto anche applicazione giurisprudenziale (15): il filtro selettivo della gravità della lesione e della serietà conseguenze. In tal modo, si rende necessario effettuare un bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello di tolleranza, così che il risarcimento del danno è dovuto solo nel caso in cui sia superata la soglia di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile.

lampione a ridosso del proprio appartamento per la compromissione della serenità e sicurezza, sul rilievo che i menzionati interessi non sono presidiati da diritti di rango costituzionale (sent. n.

3284/2008)» (3.9.).

(14) Sul criterio della «gravità dell’offesa», al fine di selezionare gli interessi non patrimoniali meritevoli di tutela risarcitoria, si veda NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996, 350; PONZANELLI, Art. 2059 c.c. tra esame di costituzionalità e valutazione di opportunità, in Danno e resp., 2002, 878; BARGELLI, Danno non patrimoniale ed interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059, in Resp. civ. prev., 2003, 702.

(15) In giurisprudenza, Trib. Bergamo, 26 febbraio 2003, in Resp. civ. prev., 2003, 179, con nota di NAVARRETTA, Il danno esistenziale risarcitoria ex art. 2059 c.c. e l’adeguamento della norma alla costituzione, ed in Danno e resp., 2003, 547, con nota di PONZANELLI, Non c’è bisogno del danno esistenziale.

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10 E’ anche indicato il parametro che il giudice deve seguire nell’effettuare il giudizio di bilanciamento: quello della «coscienza sociale» del particolare momento storico (16).

La chiusura nettissima ed indiscutibile nei confronti dei c.d. danni bagatellari è completata dalla circostanza che i giudici di legittimità non solo fissano i limiti alla risarcibilità del danno non patrimoniale, ma addirittura, temendo comportamenti elusivi soprattutto dei giudici di pace, «ammoniscono» espressamente questi ultimi al rispetto dei principi enunciati, anche nelle decisioni di equità, evidenziando come siffatti limiti costituiscano principio informatore della materia, con la conseguenza che in caso di violazione vi sarebbe censura della pronuncia per violazione di legge (17).

(16) Il passaggio è il seguente: «3.11. La gravità dell'offesa costituisce requisito ulteriore per l'ammissione a risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.). Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico (criterio sovente utilizzato in materia di lavoro, sent. n. 17208/2002; n. 9266/2005, o disciplinare, S.u. n. 16265/2002)».

(17) Il passaggio è il seguente: «3.12. I limiti fissati dall'art. 2059 c.c. non possono essere ignorati dal giudice di pace nelle cause di valore non superiore ad euro millecento, in cui decide secondo equità. La norma, nella lettura costituzionalmente orientata accolta da queste Sezioni unite, in quanto pone le regole generali della tutela risarcitoria non patrimoniale, costituisce

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11 3. L’arretramento della soglia di tutela della persona.

Non pare temerario poter affermare che le sentenze dell’11 novembre 2008 rappresentano uno dei rari precedenti, in cui la giurisprudenza delle Corti Superiori sembra arretrare la soglia di tutela della persona, rispetto a quello che ormai sembrava l’indirizzo prevalente del c.d. diritto vivente (18). E’ evidente, infatti, che la volontà di contenere il sistema di risarcimento del danno non patrimoniale finisce inevitabilmente per lasciare scoperti alcuni pregiudizi, che secondo il parametro della «coscienza sociale», appaiono certamente meritevoli di risarcimento, anche se non direttamente riconducibili alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili (basti pensare, ad esempio, all’uccisione dell’animale d’affezione di un soggetto debole oppure al comportamento vessatorio della p.a. nei confronti del cittadino (19)).

principio informatore della materia in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, che il giudice di pace, nelle questioni da decidere secondo equità, deve osservare (Corte cost. n.

206/2004)».

(18) Un precedente, altrettanto autorevole in tal senso - verso un arretramento della tutela della persona rispetto all’indirizzo dei giudici di merito - si può rinvenire nella sentenza della Corte Cost. n. 372 del 1994 (Corte Cost. 27 ottobre 1994, n. 372, in Assicurazioni, 1995, II, 49; in Giur. it., 1995, I, 406; in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 406) la quale non solo ha respinto la risarcibilità del danno biologico, iure ereditario, ai familiari in caso di morte immediata del de cuius ma ha anche «ancorato» il danno biologico alla malattia intesa in senso medico legale.

(19) Giudice Pace Bologna 8 febbraio 2001, in Arch. giur. circol. Sinistri, 2002, 226;

Giudice di Pace Cesena 23 maggio 2005, in La responsabilità civile, 2005, 856.

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12 Era inevitabile, però, che fosse posto un «argine» alla riparazione del danno non patrimoniale, al fine di impedire il riconoscimento di pregiudizi futili ed inconsistenti soprattutto davanti all’imminente – almeno al momento della decisione (20) - entrata in vigore dell’art. 140 bis Cod. Cons., il quale - aggiunto dall’art. 2, 446° co., l.

24.12.2007 (legge finanziaria 2008) – ha introdotto nel nostro ordinamento l’azione risarcitoria collettiva a tutela dei diritti dei consumatori ed utenti, danneggiati dal comportamento imprenditoriale illecito. Anche se il fine della disposizione è quello di realizzare un rafforzamento ed un innalzamento della protezione dei diritti dei consumatori, in conformità ai principi stabiliti dalla normativa comunitaria (21), sarebbero, però, ben prevedibili gli effetti deleteri di una tale azione per chi la subisce se i giudici di legittimità avessero finito per ammettere una riparazione indiscriminata del danno non patrimoniale, considerando che al consumatore od utente, per partecipare

(20) L’entrata in vigore, prevista per il gennaio 2009, è stata differita, con emendamento del Governo del 18 dicembre 2008, al luglio del 2009.

(21) In particolare, si vogliono evitare i costi processuali oltre che le difficoltà di ordine probatorio che particolari tipi di cause presentano, così che i singoli individui potrebbero essere scoraggiati dall’intraprendere azioni giudiziarie rispetto ad una controparte processuale dotata invece di una organizzazione ben più stabile ed efficiente; al riguardo, INZITARI, PICCININI, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, Padova, 2008, 212; PAURA, Diritti soggettivi e formazioni sociali. Le azioni collettive risarcitorie tra sussidiarietà e solidarietà, in Contratto e impresa, 2007, 1025.

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13 all’azione, è sufficiente presentare un atto di adesione espresso, anche nel giudizio di appello fino all’udienza di precisazione delle conclusioni (22).

A tal proposito, è significativo il caso del black out elettrico del 2003, in cui, secondo le stime citate da Ponzanelli (23), sono state avanzate ben oltre ventimila richieste di risarcimento del danno non patrimoniale nei confronti dell’Enel. Tale numero sarebbe aumentato in misura senza dubbio esponenziale se all’epoca dei fatti fosse stata già in vigore l’azione collettiva, con conseguenze facilmente immaginabili per l’«impresa» convenuta (24), in caso di accoglimento della domanda, nonostante la sentenza sia di mero accertamento (25).

In altre parole ciò che si vuole sostenere è che appariva necessario porre un limite alle richieste di risarcimento di pregiudizi futili ed inconsistenti, anche se spetterà alla giurisprudenza verificare se i limiti individuati dalle sentenze dell’11 novembre

(22) Sul meccanismo di c.d. di opt in, CONSOLO, È legge una disposizione sull’azione collettiva risarcitoria: si è scelta la via svedese dello “opt-in” anziché quella danese dello “opt- out” e il filtro (“L’inutil precauzione”), in Corr. Giur., 2008, 5; GIUSSANI, Controversie seriali e azione collettiva risarcitoria, in Riv. Dir. proc., 2008, 469.

(23) PONZANELLI, Le pericolose frontiere della responsabilità civile: il caso del black out elettrico, in Danno e resp., 2006, 56.

(24) Sull’impresa, quale parte contro cui è indirizzata l’azione collettiva, si segnala ALPA, L’azione collettiva risarcitoria. Alcune osservazioni di diritto sostanziale, in I contratti, 2008, 548;

PALMIERI, Campo di applicazione, legittimazione ad agire e vaglio di ammissibilità, in Foro it., 2008, fasc. VI.

(25) Sul punto RICCIO, L’azione collettiva risarcitoria non è, dunque, una class action, in Contratto e impresa, 2008, 526.

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14 consentano di tutelare in pieno la persona, tenuto conto che, come evidenziato anche dalla Corte Costituzionale n. 184 del 1986 (26), nel caso di lesione di un interesse di rango costituzionale, la riparazione mediante indennizzo costituisce la forma minima di tutela ed una tutela minima non è assoggettabile a specifici limiti, in quanto ciò si risolverebbe in un rifiuto di tutela nei casi esclusi.

4. I dubbi sorti dopo le sentenze dell’11 novembre 2008.

E’ indubbio che le sentenze della C.s.u. dell’11 novembre 2008 hanno fatto finalmente chiarezza con riguardo all’individuazione dei valori \ interessi costituzionali, la cui lesione legittima una richiesta di risarcimento. L’intento chiarificatore che aveva mosso l’ordinanza di rimessione (27), invece, viene profondamente deluso con riferimento al profilo della liquidazione del danno; anzi, i giudici di legittimità amplificano le incertezze già presenti, a seguito degli arresti di legittimità del 2003, in cui per evitare il rischio di sovrapposizioni si auspicava un uso accorto dei criteri di

(26) Corte Cost. 14 luglio 1986, n. 184, in Foro it., 1986, I, 2053; in Giust. civ., 1986, I, 2324; in Resp. civ. e prev. 1986, 52.

(27) Cass. 25 febbraio 2008, n. 4712, cit.

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15 liquidazione, da parte dei giudici di merito ed una liquidazione tendenzialmente unitaria (28).

Nelle sentenze dell’11 novembre, viene evidenziato che nell’ipotesi in cui l’illecito configuri reato, il danno morale se accompagnato da degenerazioni patologiche rientra nel danno biologico «del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente». Da tale passaggio (29), i giudici di legittimità arrivano alla conclusione che «determina una duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale», quest’ultimo inteso nella sua

«rinnovata configurazione», non più limitata al danno morale soggettivo transeunte.

In tal modo, ripudiata la liquidazione del danno morale in una frazione del danno biologico, si sostiene che il giudice dovrà procedere ad una «adeguata

(28) A tal proposito, Cass., 31 maggio 2003, n. 8827, secondo la quale «si risarciscono così – come si è detto sopra e solo nel caso di conseguenze pregiudizievoli derivanti, secondo i richiamati principi della regolarità causale, dalla lesione di interessi di rango costituzionale – danni diversi da quello biologico e da quello morale soggettivo, pur se anch’essi, come gli altri, di natura non patrimoniale. Il che non impedisce, proprio per questo e nell’ottica della concezione unitaria della persona, che la valutazione equitativo di tutti i danni non patrimoniali possa anche essere unica, senza una distinzione – bensì opportuna, ma non sempre indispensabile – tra quanto va riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo e quanto a titolo di ristoro dei pregiudizi ulteriori e diversi dalla mera sofferenza psichica, ovvero quanto deve essere liquidato a titolo di risarcimento del danno biologico in senso stretto (se una lesione dell’integrità psicofisica sia riscontrata) e quanto per il ristoro dei pregiudizi in parola; ovvero ancora, che la liquidazione del danno biologico, di quello morale soggettivo e degli ulteriori pregiudizi risarcibili sia espressa da un’unica somma di denaro, per la cui determinazione si sia tuttavia tenuto conto di tutte le proiezioni dannose del fatto lesivo».

(29) Anche se appare in contraddizione con quanto affermato in precedenza al § 2.10.

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16 personalizzazione» della liquidazione del danno biologico, se si avvale delle tabelle, valutando, nella loro effettiva consistenza, le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso.

La fase di personalizzazione del danno biologico non riguarda però solo la sofferenza del danneggiato, ma anche tutti i pregiudizi esistenziali, concernenti aspetti relazionali, che la menomazione ha comportato nella vita del danneggiato. Tali pregiudizi, infatti, rappresentano la componente dinamico relazionale del danno biologico, presa in considerazione sia dal co. III dell’art. 138, Cod. ass. (30), relativo al danno biologico per lesioni di non lieve entità, sia dal co. III, dell’art. 139 dello stesso Codice (31), relativo al danno biologico per lesioni di lieve entità.

Già prima delle sentenze dell’11 novembre, tuttavia, si dubitava che i rigidi parametri, indicati dall’art. 138 (la cui tabella comunque non è stata ancora emanata) e dall’art. 139, al fine di effettuare la personalizzazione del danno biologico, potessero

(30) Secondo l’art. 138, III co. d.lgs. 7.9.2005, n. 209: «Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, l’ammontare del danno determinato ai sensi della tabella unica nazionale può essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato».

(31) Secondo l’art. 139, III co. d.lgs. 7.9.2005, n. 209: «L'ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1 può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato».

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17 garantire un risarcimento integrale del pregiudizio subito (32). Adesso, tale sospetto viene ingigantito dall’ arresto dei giudici di legittimità, i quali fanno rientrare le sofferenze fisiche e psichiche nell’ambito dei già stretti e predeterminati limiti, fissati dal Codice delle Assicurazioni nel trenta per cento (art. 138) ed in un quinto (art. 139) del danno biologico.

Potrebbe sorgere il sospetto, pertanto, che le sentenze dell’11 novembre abbiano voluto introdurre un sistema «indennitario», negando di fatto il riconoscimento del danno morale, che nel sistema precedente rappresentava una voce importante del danno alla persona. Tale assunto, in ogni caso, sembra smentito dal rilievo che una siffatta decisione dovrebbe spettare al legislatore (33) ed, inoltre, sarebbe in contraddizione rispetto a quanto ribadito nella motivazione e cioè che «il risarcimento del danno alla

(32) Così, ad esempio, prendendo spunto da Cass. 2311 del 2007 (Cass. 2 febbraio 2007, n. 2311, in Giur. it., 2007, 2710), richiamata dall’ordinanza rimessione, in caso di lesioni che abbiano comportato la perdita della capacità sessuale, ben difficilmente potrà aversi un ristoro integrale del pregiudizio subito se la «personalizzazione» del danno biologico viene

«ingabbiata» entro rigidi schematismi; allo stesso modo, la medesima considerazione può essere svolta con riguardo alla liquidazione del danno biologico conseguente ad un pregiudizio estetico, anche lieve, in una persona particolarmente attenta all’aspetto esteriore (sul danno estetico come danno biologico, Cass. 8 giugno 2007, n. 13391, in Giust. civ. Mass., 2007, 6).

Al riguardo, anche CHINDEMI, Il risarcimento del danno non patrimoniale nel nuovo Codice delle assicurazioni: risarcimento o indennizzo, in Resp. civ. prev., 2006, 551

(33) Si potrebbe osservare che il Codice delle Assicurazioni non prevede il risarcimento del danno morale prendendo in considerazione soltanto quello biologico; tuttavia, all’epoca in cui è stato emanato, era indiscussa la risarcibilità del danno morale.

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18 persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio» (§

4.8.).

Appare più coerente ritenere che la tabella di cui all’art. 139 Cod. ass. e più in generale (tenuto conto che la tabella per le lesioni di non lieve entità non è stata ancora emanata) quelle normalmente utilizzate dai Tribunali non siano più attuali rispetto al danno non patrimoniale unitariamente inteso, in cui ciò che tradizionalmente era il danno morale soggettivo finisce, adesso, per rientrare «nel danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente».

Davanti a questa situazione di incertezza, si registrano già le risposte, inevitabilmente, contraddittorie della giurisprudenza; in particolare, si segnalano precedenti che – pur dando atto delle recenti sentenze – sembrano effettuare ancora una liquidazione autonoma delle varie voci di danno, nonostante la chiara intenzione dei giudici di legittimità di ricostruire in modo unitario ed onnicomprensivo il danno non patrimoniale (34). Altri, invece, alla luce dell’arresto dell’11 novembre, non liquidano più

(34) Al riguardo, Trib. Lecce, sez. Maglie 29 novembre 2008, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=44215&idstr=20, riguardante una fattispecie di danno da morte, in cui viene riconosciuto ai familiari il risarcimento del danno morale soggettivo e del danno esistenziale per la perdita del rapporto parentale, quest’ultimo liquidato in misura pari a poco più di un terzo rispetto al primo. In senso diverso, Cass. 28 novembre 2008, n. 28423.

Verso una liquidazione autonoma del danno morale rispetto al danno biologico pare orientata Cass. 12 dicembre 2008, n. 29121; allo stesso modo, si segnala Trib. Torino 27 novembre 2008, giudice Ciccarelli.

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19 il pregiudizio rappresentato dalla sofferenza morale, in mancanza di prova circa ulteriori elementi di soggettivizzazione del danno biologico (35). Altri, ancora, in modo più prudente, tendono a confermare il quantum che si sarebbe riconosciuto prima delle recenti pronunce, personalizzando il danno biologico, oltre che sotto l’aspetto dinamico relazionale, qualora vengano allegate e provate circostanze particolari e concrete, anche con riguardo alla sofferenza morale, da considerarsi provata in base a semplice inferenza presuntiva, tenuto conto di ciò che normalmente prova un soggetto che subisce una menomazione all’integrità psico-fisica (36); il corollario di tale convincente impostazione – in attesa degli auspicati chiarimenti – è che la limitazione di cui al III co.

dell'art.139, Cod. ass. (37), sia riferibile soltanto alla personalizzazione dell'aspetto dinamico relazionale del danno biologico e che, pertanto, non possa considerarsi comprensiva anche del pregiudizio morale, in quanto all’epoca in cui il legislatore aveva previsto tale limitazione era indiscussa la risarcibilità della sofferenza morale, sotto l'autonoma voce del danno morale.

(35) In questo senso, Trib. Bologna, giudice Gilotta, n. Rg. 12651\02, relativo ad un caso di micro permanente, pari al 7%.

(36) Trib. Bologna 21 novembre 2008, giudice CANDIDI TOMMASI; Trib. Milano 11 dicembre 2008, giudice SPERA.

(37) La limitazione di cui al III co. dell’art. 138 Cod. ass., infatti, non viene in rilievo non essendo stata, ancora emanata la relativa tabella.

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20 5. Il danno non patrimoniale in famiglia.

Si è già sottolineato che il recente collegamento tra responsabilità civile e relazioni familiari è stato suggellato dall’assetto del danno alla persona, delineatosi a seguito delle sentenze della S.C. del maggio 2003, le quali hanno riconosciuto l’ammissibilità del risarcimento, ex art. 2059, in caso di lesione di valori della persona di rango costituzionale.

Diventa opportuno, pertanto, valutare se l’attuale rilettura del danno non patrimoniale - in cui il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno esistenziale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno - possa incidere anche sul c.d. illecito endofamiliare.

In altre parole, si tratta di accertare se i limiti alla riparazione del danno non patrimoniale, individuati dai giudici di legittimità nel novembre del 2008 al fine di contenere il sistema di risarcimento, possano comportare una compromissione od addirittura una negazione della tutela del familiare, pregiudicato dalla condotta illegittima di un congiunto. In particolare, si deve determinare se il riferimento alla

«lesione dei diritti inviolabili della persona» - quale condizione che consente il ristoro del danno non patrimoniale, al di fuori dei casi previsti dalla legge - possa ancora

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21 giustificare il risarcimento del danno, in ipotesi di illecito di un genitore ai danni della prole oppure in caso di illecito di un coniuge ai danni dell’altro.

Con riguardo alla responsabilità dei genitori (38), si può rilevare come i doveri degli stessi verso la prole siano espressamente sanciti a livello costituzionale, come ricordato anche dai giudici di legittimità dell’11 novembre 2008, nel richiamare il noto precedente di Cass. n. 7713 del 2000 (39), relativo ad un caso di responsabilità di un genitore venuto meno ai propri doveri. Di conseguenza, ogni qualvolta la condotta del genitore leda il diritto costituzionalmente protetto del figlio al mantenimento, all’educazione od all’istruzione non vi sono motivi che possano determinare l’esclusione del risarcimento del danno non patrimoniale, tenuto conto che si è in presenza di diritti costituzionalmente inviolabili della persona (artt. 29 e 30 Cost.).

E’necessario, comunque, che siano allegate e provate le conseguenze negative determinate dalla lesione dei suddetti diritti, in particolare, sul corretto sviluppo della

(38) Sulla responsabilità dei genitori per gli illeciti compiuti ai danni della prole, sia consentito il rinvio a FACCI, La responsabilità dei genitori per violazione dei doveri familiari, in SESTA (a cura di), La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, 204.

(39) Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, in Fam. dir., 2001, 159, con nota di DOGLIOTTI, La famiglia e l’altro diritto: responsabilità civile, danno biologico, danno esistenziale; in Corr. Giur., 2000, 873, con nota di DE MARZO, La cassazione e il danno esistenziale; in Danno e resp., 2000, 835, con note di MONATERI, Alle soglie": la prima vittoria in cassazione del danno esistenziale, e di PONZANELLI, Attenzione: non è danno esistenziale, ma vera e propria pena privata; in Resp. civ. prev., 2000, 923, con nota di ZIVIZ, Continua il cammino del danno esistenziale.

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22 personalità della prole: a tal proposito, le sentenze della C.s.u. hanno ribadito – in modo condivisibile alla luce della funzione riparatoria della responsabilità civile ed in una sorta di linea di continuità con le sentenze del maggio 2003 (40) – che non si è in presenza di un danno in re ipsa, il quale, invece, snaturerebbe la funzione del risarcimento, in quanto verrebbe così concesso, non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma «quale pena privata per un comportamento lesivo». A questo proposito, si consideri che la giurisprudenza aveva già negato il risarcimento in mancanza di prova circa il pregiudizio determinato dall’asserita condotta illecita del genitore (41).

Anche con riguardo agli illeciti compiuti da un coniuge ai danni dell’altro, si può affermare che le sentenze in commento non hanno comportato alcun arretramento della tutela dei diritti del coniuge danneggiato. Dall’esame dell’ampia casistica in materia, si evince che, in questo contesto, il risarcimento del danno non patrimoniale è stato sempre accordato, sulla base della lesione di uno specifico diritto inviolabile del coniuge danneggiato.

(40) Cass. 31 maggio 2003, n. 8827 e Cass. 31 maggio 2003, n. 8828.

(41) Questa sembra essere la ratio di App. Bologna 16 maggio 2006, in La responsabilità civile, fasc. X, 2006

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23 Particolarmente significativa al riguardo è la sentenza di legittimità della S.C. n.

9801 del 2005 (42), la quale - nell’affermare la responsabilità di un coniuge per aver volontariamente omesso di comunicare alla futura sposa, prima del matrimonio, la propria incapacità coeundi – ha espressamente collegato l’illecito endofamiliare alla violazione di diritti inviolabili del coniuge danneggiato, individuandoli nella «violazione della persona umana intesa nella sua totalità, nella sua libertà - dignità, nella sua autonoma determinazione al matrimonio, nelle sue aspettative di armonica vita sessuale, nei suoi progetti di maternità, nella sua fiducia in una vita coniugale fondata sulla comunità, sulla solidarietà e sulla piena esplicazione delle proprie potenzialità nell' ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela risiede negli artt. 2, 3, 29 e 30 Cost.».

Altrettanto efficaci sono le pronunce in tema di c.d. mobbing familiare, rispetto alle quali è agevole accertare la lesione di diritti fondamentali della persona (43); la

(42) Cass., 10 maggio 2005, n. 9801, in Famiglia e dir., 2005, 365, con note di SESTA, Diritti inviolabili della persona e rapporti familiari: la privatizzazione arriva in Cassazione; di FACCI, L’illecito endofamiliare al vaglio della Cassazione.

(43) Trib. Milano 4 giugno 2002, in Resp. civ. prev., 2002, 1440; App. Torino 21 febbraio 2000, in Foro it., 2000, I, 1555, con nota di DE ANGELIS, nel caso di specie, comunque, i giudici di merito non hanno pronunciato alcuna condanna al risarcimento del danno extracontrattuale, poiché erano stati chiamati a pronunciarsi soltanto sulla pronuncia di addebito. Dalla motivazione della sentenza, tuttavia, emerge come tale condanna sarebbe stata pronunciata, se fosse stata formulata una richiesta di risarcimento per i pregiudizi subiti nel corso del matrimonio.

Al riguardo anche Trib. Firenze 13 giugno 2000, in Danno e resp., 2001, 741, con nota di DE

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24 lesione di siffatti diritti è individuabile anche nel precedente della Corte d’Appello di Milano, relativo al danno subito dal coniuge determinatosi a costituire il vincolo matrimoniale solo perchè indotto in errore dalla convenuta, circa la propria responsabilità in ordine alla gravidanza della stessa (44). Significativa, inoltre, è l’impostazione seguita nell’ambito della violazione del dovere di fedeltà, in cui si è sempre attribuito rilievo non tanto all’inosservanza del dovere oppure alla rottura del vincolo coniugale, ma al fatto che l’infedeltà avesse determinato la lesione di diritti fondamentali in capo all’altro coniuge. Per questa ragione, in modo condivisibile, si è riconosciuto il risarcimento nel caso di offesa alla «dignità» del coniuge tradito (45), mentre si è negato il risarcimento nelle vicende di «ordinaria infedeltà» (46).

Gli esempi potrebbero continuare (47), tuttavia, appare opportuno evidenziare come non determini alcuna riduzione di tutela per il familiare vittima dell’illecito, anche

MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, relativa ad un caso in cui il marito aveva fatto mancare per lungo tempo ogni assistenza alla moglie, malata di mente.

(44) App. Milano 12 aprile 2006, in Fam. dir., 2006, 509, con nota di FACCI; nel caso di specie era stata invocata la «lesione di diritti fondamentali della persona, riconosciuti dalla costituzione».

(45) Trib. Venezia 3 luglio 2006, in La responsabilità civile, 2006, 951.

(46) Trib. Milano 24 settembre 2002, in Resp. civ. Prev., 2003, 465; App. Brescia 5 giugno 2007.

(47) Significativo potrebbe essere anche il caso di Trib. Monza 5 novembre 2004, Resp.

civ. prev., 2005, fasc. I, con nota di FACCI, L’illecito del genitore affidatario, relativo all’illecito del genitore affidatario, il quale aveva condizionato psicologicamente il minore nel rapporto con la madre non affidataria. In tal modo, l’annullamento della funzione genitoriale materna ha

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25 l’ulteriore limite, rappresentato dal filtro «della gravità della lesione e della serietà del danno», introdotto dai giudici del novembre del 2008, al fine di effettuare il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello di tolleranza da parte di quest’ultimo.

A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità aveva già evidenziato che, nell’illecito endofamiliare, ai fini del risarcimento, assumono rilievo non «i comportamenti di minima efficacia lesiva, suscettibili di trovare composizione all’interno della famiglia in forza di quello spirito di comprensione e tolleranza che è parte del dovere di reciproca assistenza, ma unicamente quelle condotte che per la loro intrinseca gravità si pongano come fatti di aggressione ai diritti fondamentali della persona» (48).

In altre parole, si può trarre la conferma che, nell’ambito degli illeciti qui esaminati, si deve considerare, ai fini del risarcimento, non la semplice violazione del dovere familiare, ma esclusivamente la condotta particolarmente grave e riprovevole, caratterizzata, prevalentemente, dalla presenza dell’elemento soggettivo del dolo, il quale viene ad incidere sulla valutazione dell’ingiustizia del danno (49). Nell’illecito extracontrattuale, infatti, il dolo non è solo un criterio di imputazione della responsabilità determinato la lesione del diritto, indubbiamente inviolabile, della madre alla piena realizzazione nel rapporto parentale con il figlio.

(48) Cass., 10 maggio 2005, n. 9801, cit.

(49) Al riguardo sia consentito il rinvio a quanto già sottolineato in L’illecito endofamiliare tra danno in re ipsa e risarcimenti ultramilionari, in Famiglia e dir., 2006, 515.

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26 ma incide anche sulla stessa qualificazione di ingiustizia del danno, rendendo risarcibili danni che, altrimenti, non potrebbero ricevere tale qualifica e che quindi sarebbero irrilevanti se posti in essere con colpa (50).

Alla luce di queste considerazioni, emerge che, nel contesto dei danni in famiglia, i mutamenti apportati al danno alla persona dalle sentenze qui in commento non incidono sull’ an della tutela del familiare danneggiato, potendo riguardare soltanto il modo in cui liquidare il danno; infatti, la ricostruzione unitaria del danno non patrimoniale – al fine di evitare una duplicazione di risarcimento – dovrebbe portare ad escludere, nell’ipotesi in cui l’illecito integri gli estremi del reato, una liquidazione separata per il danno ex art. 185 c.p. e per il danno conseguente alla violazione del diritto inviolabile del familiare (51). Si è già evidenziato (§ n. 4), tuttavia, che con riguardo a questo profilo, la C.s.u. ha amplificato incertezze già esistenti (52), così che

(50) CENDON e GAUDINO, Il dolo, in La responsabilità civile, diretta da Alpa e Bessone, I, Torino, 1987, 82.

(51) Nell’ambito dell’illecito endofamiliare, effettua una liquidazione separata, Trib.

Venezia 30 giugno 2004, in Famiglia e diritto, 2005, fasc. III, con nota di FACCI, Il nuovo danno non patrimoniale nelle relazioni familiari.

(52) In particolare, nelle sentenze dell’11 novembre 2008, la liquidazione unitaria del danno non patrimoniale, di cui al § 4.9., è in contraddizione con il seguente passaggio: «in ragione della ampia accezione del danno non patrimoniale, in presenza del reato è risarcibile non soltanto il danno non patrimoniale conseguente alla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili (come avverrà, nel caso del reato di lesioni colpose, ove si configuri danno biologico per la vittima, o nel caso di uccisione o lesione grave di congiunto, determinante la perdita o la compromissione del rapporto parentale), ma anche quello conseguente alla lesione di interessi

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27 appaiono inevitabili, oltre che auspicabili, ulteriori interventi, finalmente chiarificatori, tenuto conto che, in generale, la liquidazione del danno è ciò che interessa maggiormente gli operatori ed i diretti interessati dalle conseguenze dell’illecito.

inerenti la persona non presidiati da siffatti diritti, ma meritevoli di tutela in base all'ordinamento (secondo il criterio dell'ingiustizia ex art. 2043 c.c.), poiché la tipicità, in questo caso, non è determinata soltanto dal rango dell'interesse protetto, ma in ragione della scelta del legislatore di dire risarcibili i danni non patrimoniali cagionati da reato. Scelta che comunque implica la considerazione della rilevanza dell'interesse leso, desumibile dalla predisposizione della tutela penale» (§ 2.10).

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