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Art. 140 bis - Judicium

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www.judicium.it SERGIO MENCHINI –ALESSANDRO MOTTO

ART. 140 bis

Sommario: 1. Il nuovo istituto nella cornice della tutela collettiva. -2. L’oggetto della domanda e i rimedi previsti. -3. L’ambito di applicazione. -4. La legittimazione ad agire e le opzioni a disposizione dei consumatori che non si siano resi attori; in particolare, l’adesione all’azione. -5. La posizione processuale del promotore e degli aderenti. -6. La struttura bifasica del processo. -7. La competenza. -8. La fase preparatoria e gli atti (di citazione e di costituzione) delle parti. -9. Il procedimento relativo al giudizio di ammissibilità. -10. I requisiti di ammissibilità. -11. L’ordinanza che ammette l’azione. -12. L’ordinanza che dichiara inammissibile la domanda. -13. I mezzi di controllo e la revoca o modifica dei provvedimenti. -14. Le regole per la trattazione del merito. -15.

La sentenza finale, i suoi contenuti ed i suoi effetti. -16. Le impugnazioni. -17. I rapporti con le tutele individuali e con altre azioni di classe.

1. A partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, con crescita esponenziale, per più e differenti ragioni di carattere sia economico sia sociale, nuovi interessi sono venuti emergendo ed hanno trovato riconoscimento nell’ordinamento. La normativa a protezione del consumo, dell’ambiente, della salute, delle pari opportunità, della concorrenza ed altro ancora ha identificato nuovi diritti; ciò ha aperto per la giurisdizione civile scenari e percorsi inesplorati, sollevando problemi sino a quel momento sconosciuti o rimasti in ombra.

In modo particolare in questi ambiti, non di rado, la vicenda materiale ha una struttura peculiare:

una pluralità di soggetti si contrappone ad un’unica parte, il conflitto è tra una categoria di interessati ed un professionista. Un’identica condotta illegittima, che può consistere in una pratica commerciale scorretta, in un comportamento anticoncorrenziale, e così via, lede i diritti individuali di una moltitudine di persone, facendo sorgere in capo ad esse pretese risarcitorie, restitutorie, inibitorie di uguale contenuto. Per questa ragione e per il fatto che vengono in rilievo e sono pregiudicati anche interessi generali e diffusi (quelli concernenti la trasparenza dei mercati finanziari, la protezione del risparmio e della concorrenza, la salvaguardia dell’ambiente, ecc.) la fattispecie sostanziale si colora di connotati superindividuali ed assume valenza collettiva.

Sul piano processuale, a tale fenomeno corrisponde un contenzioso seriale, nel senso che vi sono più azioni individuali spettanti a soggetti diversi, ma che, essendo eguali o simili per i contenuti e per i temi (di fatto e di diritto) che pongono, presentano carattere di serialità e, perciò, si definiscono

“seriali”.

La tutela giurisdizionale individuale, in questi casi, ha più di un inconveniente: in primo luogo, i tribunali sono invasi da una folla di microcause concernenti la stessa vicenda; in secondo luogo, essendo i crediti di modesto importo, il titolare, a causa dei costi che deve affrontare, non ha

In corso di pubblicazione nella rivista Le nuove leggi civili commentate. (I paragrafi 1,2,3,4,5,15,17 sono opera esclusiva di S. Menchini. I paragrafi 6,7,8,9,10,11,12,13,14,16 sono opera esclusiva di A. Motto).

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interesse ad agire in giudizio, mentre, in modo asimmetrico, l’impresa, nella sua veste di litigante abituale, a prescindere dal valore unitario della lite, ha comunque interesse a contrastare le azioni dei singoli aventi ad oggetto gli small claims; infine, lo stesso professionista può essere costretto a subire ripetute e separate aggressioni individuali, con conseguente impossibilità di predeterminazione del rischio.

Per questi e per altri motivi ancora, sono introdotti i rimedi collettivi; le tecniche utilizzate sono differenti, ma sono riconducibili per lo più a due schemi-tipo (azione di classe e azione collettiva), i quali consentono rispettivamente l’aggregazione in un unico processo di più diritti isomorfi (azione di classe) ovvero la tutela dell’interesse superindividuale, mediante l’accertamento della condotta illecita plurioffensiva ed, eventualmente, la pronuncia dei necessari provvedimenti inibitori o ripristinatori (azione collettiva). In questo modo: a) si contribuisce alla deflazione del contenzioso, promuovendo l’efficacia dell’attività giurisdizionale; b) si favorisce l’emersione in via giudiziale di micropretese, che, altrimenti, per i costi di causa, rischierebbero di rimanere non attuate; c) si concede al professionista la possibilità di calcolare e di preventivare i rischi della vicenda denunciata; d) si promuove il riequilibrio delle posizioni delle parti, con effetti positivi in punto di controllo e di regolazione dei mercati1.

L’istituto disciplinato dal nuovo art. 140-bis cod. consumo si colloca in questo contesto; esso consiste in un’azione di classe, che prende il posto della assai più equivoca “azione collettiva risarcitoria”, regolata dal vecchio testo di questo articolo, e si affianca agli altri strumenti di tutela collettiva, già conosciuti dal nostro ordinamento, primi tra tutti quelli con funzione inibitoria contemplati dagli articoli 37, 139 e 140 cod.consumo2.

L’art. 49, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99 ha riscritto l’art. 140-bis cod. consumo, sostituendo, per la tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, la nuova azione, denominata “di classe”, alla precedente azione, definita invece “collettiva”, che era stata prevista dall’art. 2, comma 446, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, anche se, a causa di reiterate proroghe, quest’ultima disposizione non è mai entrata in vigore3.

1 Più ampiamente su questi problemi, confronta S. Menchini, La tutela giurisdizionale dei diritti individuali omogenei:

aspetti critici e prospettive ricostruttive, in Studi in onore di C. Punzi, Torino 2008, vol. I, 381 ss., ed ivi indicazioni e riferimenti ulteriori.

2 Circa tali figure, vedi per tutti I. Pagni, Tutela individuale e tutela collettiva nella nuova disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, in La disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, a cura di A. Barba, Napoli 2000, 127 ss.

3 L’art. 2, comma 447, della legge n. 204 del 2007 stabiliva una vacatio di centottanta giorni; il legislatore, poi, a più riprese, ha differito l’entrata in vigore dell’art. 140-bis, sino a che esso non è stato integralmente sostituito con il citato art. 49 della l. 99 del 2009 (per l’analisi di tale complesso iter, si rimanda a G. Costantino, La tutela collettiva risarcitoria 2009: la tela di Penelope, in Foro It., 2009, V, 388 ss. e C. Punzi, L’«azione di classe» a tutela dei consumatori e utenti, in Riv. dir. proc., 2010, 253 ss.). Circa le precedenti esperienze, nel nostro ordinamento, di azioni di gruppo e, in particolare, in ordine all’istituto contemplato dall’abrogato art. 140-bis, la letteratura è ricchissima; per tutti, si segnalano: Le azioni seriali, a cura di S. Menchini, in Quaderni de «Il giusto processo civile», Napoli 2008, 11 ss.;

La conciliazione collettiva, a cura di G. Gitti e A. Giussani, Milano 2009, 3 ss; Class action! (?), in Analisi giuridica dell’impresa, a cura di R. Lener e M. Rescigno, Bologna 2008; A. Briguglio, L’azione collettiva risarcitoria, Torino 2008;

P.F. Giuggioli, La nuova azione collettiva risarcitoria. La c.d. class action italiana, Padova 2008; A. Giussani, Azioni

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Il nuovo testo dell’art. 140-bis, ai sensi dell’art. 23, comma 16 d.l. 1 luglio 2009 n. 78, convertito nella l. 3 agosto 2009 n. 102, è entrato in vigore il 1 gennaio 2010 e, secondo quanto stabilito dall’art. 49, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, opera soltanto per gli illeciti compiuti successivamente all’entrata in vigore della nuova legge e non vale per i fatti verificatisi in precedenza. Tale scelta è certamente inopportuna e criticabile, in quanto entra in conflitto con la regola generale per la quale le nuove forme di tutela si applicano anche ai diritti sorti prima della loro introduzione; tuttavia, probabilmente, essa non può essere censurata come costituzionalmente illegittima per contrasto con l’art. 3 Cost., neppure sotto il profilo della ragionevolezza, atteso che, in materia di disciplina transitoria, il legislatore ha ampia libertà e rientra nella sua disc. rezionalità stabilire per quali fattispecie sostanziali operano i rimedi che sono inseriti nell’ordinamento4.

Sebbene siano consentite anche più e differenti modulazioni della domanda e della pronuncia, non sembra dubbio che l’art. 140-bis preveda, per la prima volta nel nostro paese, un’azione di classe, che, peraltro, non è atipica, ma è, piuttosto, tipica, in quanto può essere applicata per i soli “diritti individuali omogenei di consumatori ed utenti”, che siano riconducibili alle fattispecie indicate dal comma 2 dello stesso articolo.

La norma in commento stabilisce una figura che si potrebbe qualificare “tipo”, ma affianca ad essa anche un ulteriore schema di tutela dei diritti soggettivi isomorfi di una pluralità di consumatori e di utenti

Il modello base è costituito da una vera e propria azione di classe. Infatti: a) con la domanda, sono fatti valere i crediti risarcitori o restitutori di una moltitudine di soggetti, che debbono essere

“omogenei”, ossia debbono avere il medesimo contenuto e devono rinvenire il titolo in un comune illecito del convenuto, che è definito, per questa ragione, “plurioffensivo”; tali diritti costituiscono l’oggetto del processo e sono tutelati, in modo pieno ed esaustivo, dalla sentenza che chiude il giudizio di classe, la quale è di condanna e “liquida, ai sensi dell’articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione” (comma 12); b) la legittimazione ad agire non è collettiva ma è individuale, in quanto è attribuita “a ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa” (comma 1); c) la classe è costituita da colui che promuove l’azione e da coloro che vi aderiscono; è stato adottato, cioè, un sistema di formazione di essa basato sul cosiddetto opt-in (comma 3); d) il ruolo di parte processuale è attribuito esclusivamente a colui che ha proposto la domanda; questo opera nel processo nell’interesse e per conto di tutti i soggetti che hanno aderito all’azione (commi 3 e 15); e) è previsto un filtro di ammissibilità, che ha la scopo, principalmente, di valutare la riconducibilità dei diritti individuali ad una classe omogenea, di scrutinare la serietà della domanda e di stabilire se il proponente è in grado di curare adeguatamente gli interessi del gruppo (comma 6); f) la sentenza produce effetti soltanto per coloro che hanno partecipato al giudizio, mentre non pregiudica i soggetti che non vi abbiano aderito (comma 14); g) allo scopo di impedire che la stessa condotta e il medesimo professionista siano interessati da una pluralità di processi collettivi, che si svolgano o separatamente nello stesso tempo oppure uno dopo l’altro, da un lato, è introdotto il divieto, una volta che l’azione abbia superato il vaglio di ammissibilità, di proposizione di ulteriori domande di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa, e, dall’altro lato, è imposta la collettive risarcitorie nel processo civile, Bologna 2008; Azione collettiva risarcitoria (Class action), a cura di E. Cesàro e F. Bocchini, Milano 2008.

4 In senso contrario, invece, R. Caponi, Il nuovo volto della class action, in Foro It., 2009, V, 383 ss.

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riunione dei più giudizi collettivi, che siano stati eventualmente radicati di fronte o allo stesso tribunale o a tribunali diversi (comma 15).

Tuttavia, allo scopo di rendere utilizzabile il nuovo istituto anche nei casi in cui la determinazione delle somme spettanti ai più consumatori richieda lo svolgimento di indagini specifiche rispetto ad ognuno di essi, il legislatore ha stabilito che possa essere emessa una sentenza, che si limiti ad accertare la responsabilità del convenuto e a determinare il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione dei singoli crediti, la quale è demandata a separati e successivi processi individuali (comma 12). In questo modo, sfumano i caratteri dell’azione di classe e si configura un modello che, in qualche misura, riprende quello delineato dal vecchio testo dell’art. 140-bis, collocandosi a meta strada tra l’azione di classe, che tutela in modo pieno e definitivo i diritti dei singoli, e l’azione collettiva, il cui oggetto è circoscritto alla declaratoria dell’illiceità della condotta plurioffensiva denunciata, essendo rinviato a cause individuali a valle il compito di liquidare le somme spettanti a ciascuno degli interessati.

Vi è, poi, una terza prospettiva, che, però, contrariamente alle prime due, che sono ricavabili in modo certo dalla norma, è di dubbia ricostruzione. Infatti, si potrebbe argomentare dal comma 1, laddove dice che ciascun componente della classe può agire per l’accertamento della responsabilità, per sostenere che la domanda possa essere limitata ad un siffatto accertamento; l’oggetto del giudizio, come avviene tradizionalmente nelle azioni collettive, sarebbe dato esclusivamente dalla questione relativa alla valutazione del comportamento del professionista, lesivo dei diritti di una pluralità di consumatori, e non si estenderebbe alla verifica circa l’esistenza e l’ammontare di questi diritti5. Peraltro, una simile ipotesi sembra che debba essere esclusa; infatti, da un lato, è innegabile che tutta la disciplina dell’art. 140-bis sia proiettata verso la configurazione di un’azione con la quale vengono dedotti in giudizio, come oggetto diretto di tutela, i diritti di credito individuali di più soggetti, riconducibili, in ragione della loro omogeneità, ad una classe unitaria, e, dall’altro lato, per realizzare la funzione cui sarebbe preordinata una domanda di questo tipo, vi è già lo strumento degli articoli 139 e 140 cod.consumo, che consente anche la pronuncia degli ordini inibitori e ripristinatori descritti dal comma 1 dell’art. 1406.

2. L’azione di classe è volta alla tutela “dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, di cui al comma 2”; tale tutela si concretizza in una domanda “di accertamento della responsabilità” e “di condanna al risarcimento dei danni e alle restituzioni” (comma 1).

Per il comma 12, con la sentenza (di accoglimento), il tribunale pronuncia condanna, con cui liquida, ai sensi dell’art. 1226 c.c., le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme.

Sia se si guarda all’oggetto della domanda, sia se considera l’oggetto della sentenza, risulta evidente che con l’azione dell’art. 140-bis sono fatti valere in giudizio i diritti di credito dei singoli soggetti, che hanno promosso l’azione o hanno aderito ad essa. Rispetto al vecchio testo dell’art. 140-bis è scomparso ogni riferimento all’interesse collettivo, per cui oggi è senz’altro da escludere che tale

5 Così, R. Caponi, op. cit., 384, per il quale una tale limitazione dell’oggetto del processo e del giudicato potrebbe essere compiuta anche dal giudice, allorché è chiamato a decidere circa l’ammissibilità dell’azione.

6 Il vantaggio di poter ricorrere allo strumento dell’art. 140-bis è che esso prevede la legittimazione individuale del singolo consumatore o utente, mentre l’art. 139 cod. consumo stabilisce la legittimazione esclusiva delle associazioni.

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elemento possa in qualche misura circoscrivere e delimitare l’oggetto della domanda, che è, invece, saldamente ancorato ai diritti individuali dei consumatori7.

La tutela può consistere in una sentenza definitiva di condanna con la quale sono determinate nel loro ammontare le pretese di coloro che hanno promosso l’azione o hanno aderito ad essa ovvero in un provvedimento che, oltre ad accertare l’an dei diritti individuali dedotti nel processo, stabilisce anche i criteri omogenei per la loro liquidazione, senza dare corso, però, alla stessa.

L’oggetto dell’accertamento del tribunale, idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata, è costituito dai diritti soggettivi isomorfi, che sono conosciuti in modo pieno, vuoi con riguardo alla loro esistenza, vuoi in ordine alla loro quantificazione. Dunque, la valutazione del giudice si estende a tutti i fatti costitutivi e a tutti i fatti impeditivi, modificativi ed estintivi concernenti i crediti del proponente e degli aderenti, siano essi comuni a tutti, siano essi riferibili soltanto ad alcuno o ad alcuni e, quindi, esclusivi.

Il comma 1 prevede che ciascun componente della classe “può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni”.

Ciò pone almeno due problemi interpretativi.

In primo luogo, ci si deve chiedere se l’azione di classe abbia un duplice oggetto, sul quale cade l’efficacia del giudicato, in quanto il giudice è chiamato ad accertare con autorità di cosa giudicata non soltanto l’esistenza dei diritti individuali omogenei fatti valere, ma anche l’illiceità della condotta plurioffensiva denunciata dall’attore; oppure se, al contrario, tale ultimo elemento sia conosciuto soltanto incidenter tantum, al limitato fine di statuire sulle pretese risarcitorie o restitutorie dei singoli. La risposta a tale interrogativo assume rilievo soprattutto allo scopo di stabilire se la sentenza che accoglie la domanda possa produrre effetti rispetto ai giudizi individuali, promossi in via separata da coloro che non abbiano aderito alla causa della classe. Infatti, solo se si ammette che l’accertamento dell’illecito, che integra il titolo dell’azione, avviene con efficacia di giudicato, si può riconoscere al provvedimento di accoglimento efficacia vincolante, circa tale aspetto, nei processi singoli promossi da chi è rimasto estraneo alla controversia di gruppo; in caso contrario, prima ancora di eventuali barriere di carattere soggettivo, sono i profili oggettivi della decisione a costituire un ostacolo insormontabile alla propagazione degli effetti dell’accertamento reso nel processo di classe rispetto alle cause individuali8.

Il comma 12, che si occupa del contenuto della sentenza, non fa alcun riferimento all’accertamento della responsabilità del convenuto, quale oggetto della pronuncia del giudice, lasciando presagire che la cognizione circa tale elemento avvenga senza efficacia di giudicato; d’altro canto, l’oggetto del processo sono le situazioni sostanziali omogenee dei singoli, rispetto alle quali la condotta denunciata è fatto costitutivo, di guisa che essa integra una questione preliminare di merito, che, in quanto tale, è risolta incidenter tantum.

In secondo luogo, ci si deve domandare se il testo del comma 1 autorizzi l’interprete ad ammettere una domanda il cui oggetto sia dato esclusivamente dalla declaratoria della responsabilità del convenuto, senza che siano fatti valere i diritti individuali che scaturiscono dalla condotta illecita

7 Rileva G. Costantino, op. cit., 389 che “oggetto della tutela per espressa previsione legislativa sono, appunto, i «diritti individuali»”; analogamente, vedi per tutti: C. Consolo, Come cambia, rivelando ormai a tutti e in pieno il suo volto, l’art. 140-bis e la class action consumeristica, in Corr. giur. 2009, 1297 ss., specie 1300; M. De Cristofaro, L’azione collettiva risarcitoria “di classe”: profili sistematici e processuali, in corso di pubblicazione, § 3; R. Caponi, op. cit., 383.

8 Al riguardo, vedi anche i §§ 15 e 17.

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del professionista; se così fosse, l’art. 140-bis offrirebbe all’attore una duplice opportunità, in quanto autorizzerebbe il ricorso sia all’azione di classe, avente ad oggetto la tutela diretta dei diritti di credito dei singoli, sia all’azione collettiva, avente per oggetto soltanto l’accertamento della responsabilità dell’impresa. Peraltro, tutto l’impianto dell’istituto (il sistema delle adesioni, i rapporti con altre azioni di classe e con le cause individuali, l’inammissibilità dell’intervento di terzi, il contenuto e l’efficacia della sentenza finale, ed altro ancora) è basato su una domanda che ha per oggetto i diritti soggettivi dei singoli e sembra essere incompatibile con un’azione circoscritta alla declaratoria di illiceità della condotta del professionista, per cui è da escludere che l’azione dell’art. 140-bis possa concernere esclusivamente quest’ultima forma di tutela.

3. Con il rimedio dell’art. 140-bis, mediante un’unica azione, sono esercitati collettivamente i diritti individuali di più soggetti; contrariamente a quanto accade nel litisconsorzio, alla pluralità delle situazioni sostanziali corrisponde una sola domanda (di classe) e un’unica causa (di classe), non si ha, cioè, un cumulo di controversie seppure riunite in un processo formalmente unitario.

Le situazioni soggettive traggono origine dalla medesima condotta illecita dell’impresa, che, proprio in quanto lesiva dei diritti di una categoria di soggetti, viene definita “plurioffensiva”; i crediti individuali hanno lo stesso fatto costitutivo o dipendono, nella loro esistenza o nel loro contenuto, dalla risoluzione di una comune questione di fatto o di diritto (confronta il comma 2). Ne consegue che le più pretese sono connesse o per identità del titolo (connessione causale) o per identità delle questioni da risolvere (connessione impropria)9.

Inoltre, i diritti individuali debbono avere uguale contenuto, ossia le prestazioni non soltanto debbono essere identiche (pagamento di somme di danaro), dunque è richiesta l’identità dei petita, ma debbono essere anche riconducibili allo stessa figura giuridica (rispettivamente, risarcimento del danno, ripetizione dell’indebito, ecc.).

Tuttavia, ciò non basta, è necessario qualche cosa di più. La legge, infatti, condiziona l’aggregazione delle più situazioni sostanziali in un unico processo al fatto che esse siano

“omogenee” o “identiche”10.

9 Per l’esattezza, la vicenda sostanziale all’interno della quale si annida l’illecito plurioffensivo è unica (ad esempio, essa consiste nel cartello di più compagnie, concernente l’applicazione di certi prezzi ai consumatori per la fornitura di un determinato servizio); essa, però, per lo più, si concretizza in una serie di atti, fatti o negozi individuali, che, in quanto meramente attuativi, sono essi stessi illegittimi (proseguendo con l’esempio, i singoli contratti di fornitura che applicano il prezzo concordato). Dunque, i singoli diritti risarcitori e restitutori hanno titolo in fatti costitutivi analoghi (i contratti individuali), che, però, si collocano in una più ampia e complessa attività contra ius dell’impresa che sta a monte.

10 Per il comma 1, sono tutelabili con l’azione di classe “i diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti”.

Per il comma 2, lett. b) e c), l’azione tutela “i diritti identici” dei consumatori, mentre la lettera a) dello stesso comma fa riferimento “ai diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica”. Per il comma 6, la domanda è dichiarata inammissibile “quando il giudice non ravvisa l’identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2”. Infine, per il comma 12, il tribunale pronuncia sentenza con cui stabilisce “il criterio omogeneo di calcolo” per la liquidazione delle somme dovute a coloro che hanno aderito all’azione. Sui concetti di “omogeneità” ed “identità” dei diritti, v. anche G. Alpa, L’art. 140-bis del codice del consumo nella prospettiva del diritto privato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 379 ss., specie 382 ss.

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Dunque, occorre che le più pretese seriali possano essere definite con una decisione unica e non richiedano accertamenti individualizzati.

A stretto rigore, le situazioni sostanziali risarcitorie o restitutorie, in quanto nella titolarità di soggetti differenti, per definizione, non possono essere identiche; esse presentano, inevitabilmente, elementi, concernenti o la fattispecie costitutiva o la quantificazione del danno e degli importi da ripetere o le eccezioni, che sono riferibili in modo esclusivo a ciascun interessato e che, per questo motivo, si dicono personali. Le questioni e i fatti esclusivi possono essere pochi o tanti, possono essere prevalenti o meno, sotto l’aspetto o quantitativo o qualitativo, rispetto a quelli comuni, però sono sempre presenti ed impediscono che possa individuarsi una relazione di identità in senso tecnico tra i diritti di credito spettanti ai vari consumatori.

Non di meno, devono essere valorizzate le indicazioni del legislatore; con le espressioni diritti identici, situazioni omogenee, da leggersi non in contrapposizione ma congiuntamente, come se si trattasse di un’endiadi, si è voluto evidenziare un dato fondamentale: la tutela cumulativa dei diritti individuali deve avvenire soltanto in quei casi in cui, per le caratteristiche della fattispecie sostanziale, la decisione del giudice può basarsi esclusivamente su valutazioni di tipo comune, essendo del tutto inesistenti o marginali i temi personali. Solo in queste ipotesi, l’azione di classe è un rimedio più efficiente, più efficace, più celere delle azioni individuali e del litisconsorzio11. I petita possono essere e quasi sempre sono differenti: il danno da risarcire e le somme da ripetere, inevitabilmente, variano da creditore a creditore. Però, le voci di danno debbono essere le stesse e i criteri di calcolo debbono essere “omogenei” (vedi, il comma 12), ossia la determinazione delle somme spettanti a ciascuno degli aderenti deve avvenire facendo ricorso a metodi e a principi identici per tutti12.

Il requisito dell’omogeneità viene in rilievo, poi, anche sotto altri profili.

In primo luogo, identiche debbono essere le situazioni sostanziali lese dalla condotta illecita denunciata; si consideri, ad esempio, il caso in cui un’impresa abbia posto in essere una pratica commerciale scorretta, in quanto lesiva dei diritti di una pluralità di consumatori “ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità” (art. 2, lett c) cod.consumo).

In secondo luogo, i più creditori debbono versare nei confronti di una stessa impresa in una posizione identica, ossia la loro vicenda sostanziale deve presentare caratteristiche uguali, consentendo la formazione di un gruppo unitario e la differenziazione di questo rispetto ad una più ampia massa di soggetti che sono in situazioni simili. Ciò è molto importante specialmente in ordine al nesso eziologico e alla determinazione del danno; uno stesso comportamento illecito può colpire una moltitudine di consumatori, ma una classe unitaria può essere composta soltanto da coloro che presentano posizioni identiche ai fini dell’accertamento del nesso di causalità e della quantificazione del pregiudizio che deve essere ristorato13.

11 Condizione di ammissibilità dell’azione di classe è, tradizionalmente, il requisito della rilevanza e della prevalenza dei temi comuni, mentre quelli personali debbono essere assenti o di poco conto.

12 Così, ad esempio, se l’azione di classe concerne le pretese risarcitorie di più consumatori, queste debbono riguardare non soltanto lo stesso tipo di danno, ma anche le medesime voci; ancora, se si tratta di crediti restitutori, la loro quantificazione deve poter essere effettuata mediante calcoli che si basano su criteri applicabili in maniera identica rispetto a tutti gli interessati.

13 Ad esempio, un farmaco ha provocato danni alla salute a coloro ai quali esso è stato somministrato; tuttavia, solo da un certo momento la casa farmaceutica ha accompagnato la commercializzazione del prodotto con informazioni

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In terzo luogo, anche le difese, in particolare le eccezioni, sollevate dal professionista nei confronti di coloro che hanno aderito all’azione debbono essere identiche; se il convenuto ha dedotto fatti impeditivi, modificativi o estintivi (ad esempio, prescrizione, decadenza) che riguardano in modo esclusivo una parte dei creditori e se tali elementi richiedono accertamenti complessi o di lunga indagine, è inevitabile l’esclusione di queste posizioni dalla classe, in quanto lo svolgimento del processo sarebbe appesantito e rallentato dalla trattazione di questioni riferibili ad alcuni soggetti soltanto14.

Non è corretto predeterminare in astratto i casi in cui può ravvisarsi una classe unitaria ed omogenea; occorre guardare sia alla fattispecie sostanziale concreta, sia ai temi di causa che emergono come controversi nel contraddittorio tra le parti e tra queste e il giudice. La classe si forma in giudizio, determinante è il ruolo vuoi del proponente vuoi del tribunale: il primo identifica e specifica la condotta plurioffensiva dell’impresa, la situazione sostanziale identica dei consumatori che è stata lesa, il diritto isomorfo che è sorto a loro vantaggio e la misura richiesta; il secondo, allorché è chiamato a giudicare circa l’ammissibilità dell’azione, nel rispetto del principio della domanda, verifica che, sulla base della vicenda denunciata, delle difese svolte dalle parti con gli atti introduttivi e delle eccezioni rilevate ex officio, le questioni di fatto e di diritto da trattare siano le stesse per tutti gli aderenti e l’accertamento e la quantificazione dei singoli crediti non richiedano la valutazione di temi personali, riducendosi questi ultimi al mero calcolo delle somme dovute, da compiersi, peraltro, sulla base di criteri di calcolo omogenei15.

L’aggregazione delle differenti pretese sostanziali in un'unica domanda e in un unitario processo produce vantaggi in punto di durata del giudizio, di economia processuale e di efficienza della tutela solo se i punti da conoscere e da decidere sono i medesimi per tutti i soggetti, mentre quelli personali sono circoscritti alle mere operazioni di determinazione dell’ammontare del credito restitutorio o risarcitorio di ciascuno degli interessati. Proprio in quest’ottica si spiega la previsione specifiche in ordine alle caratteristiche dello stesso; ai fini della prova del nesso di causalità, differenti sono le posizioni di coloro che hanno fatto uso del farmaco prima oppure dopo la pubblicazione delle informative, per cui, considerata la differenza tra le situazioni dei due gruppi di consumatori, sarebbe sbagliato riunirli in un’unica classe. Un ulteriore esempio: una vettura presenta difetti costruttivi; tutti gli acquirenti hanno diritto alle necessarie riparazioni, ma soltanto alcuni hanno diritto al risarcimento del danno alla persona subito in incidenti stradali, per la cui realizzazione è stato accertato essere causa o concausa il vizio del mezzo; la condotta illecita plurioffensiva è la stessa, ma le conseguenze che ne sono derivate sono diverse, per cui le questioni rilevanti, ai fini del ristoro dei danni subiti dai singoli, sono differenti; non è possibile l’introduzione di un’unica azione inclusiva delle posizioni di tutti i danneggiati, le quali, essendo disomogenee, debbono essere trattate e valutate diversamente.

14 Ancora un esempio: l’impresa farmaceutica, citata per i danni subiti da una moltitudine di consumatori a causa dell’uso di un farmaco, si difende rilevando che il fumo costituisce concausa della malattia riscontrata; ciò impone il compimento di complesse indagini che interessano soltanto una parte dei membri della classe (coloro che sono fumatori), per cui, con ogni probabilità, è opportuno escludere tali soggetti dall’azione collettiva.

15 Il ruolo del giudice viene in rilievo in due momenti: in primo luogo, egli deve dichiarare inammissibile la domanda

“quando non ravvisa l’identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2” (comma 6); in secondo luogo, con l’ordinanza con cui ammette l’azione, il tribunale “definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione” (coma 9, lett. a).

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del comma 12, per il quale, se accoglie la domanda, il tribunale liquida il danno ai sensi dell’art.

1226 c.c.; la determinazione in via equitativa dei danni da ristorare facilita una decisione identica e analoga rispetto a tutti gli aderenti, consentendo al giudice di non affrontare i temi specifici e particolari che riguardano ognuna posizione.

Il ricorso allo strumento di tutela collettiva si dimostra opportuno ed utile in quelle ipotesi in cui, per disciplina sostanziale, il nesso eziologico non richiede indagini di tipo soggettivo ma è incentrato su valutazioni di natura prevalentemente oggettiva ed il credito può essere liquidato in modo forfetizzato16.

Spesso, l’illecito civile, pur coinvolgendo più consumatori, non assume dimensione collettiva, in quanto non è connotato dalla predominanza dei temi comuni. A volte, è il tema della responsabilità che, soprattutto per l’accertamento del nesso di causalità, richiede indagini in ordine ad una pluralità di variabili individuali (si pensi al danno alla salute, per la cui configurabilità debbono essere scrutinate le condizioni di partenza del danneggiato); altre volte, è la quantificazione della pretesa che impone accertamenti individuali specifici, in quanto le voci di danno o i criteri di calcolo sono differenziati e non sono omogenei; orbene, nell’uno e nell’altro caso, l’azione di classe è non soltanto non utile, ma addirittura meno efficace di quella individuale.

Negli ordinamenti nordamericani, la class action deve la sua fortuna al modo in cui è disciplinata, sul piano sostanziale, la responsabilità civile; da un lato, il sistema di liquidazione del danno, incentrato sui danni punitivi (punitives damages), e, dall’altro lato, le regole probatorie in ordine al nesso di causalità, che permettono il ricorso a valutazioni di tipo meramente probabilistico, basate su statistiche e campioni, fanno sì che i giudizi risarcitori presentino forti caratteri di standardizzazione e che diminuisca alquanto il rilievo degli aspetti individuali, con la conseguente agevolazione, in presenza di illeciti plurioffensivi, della concentrazione in un’unica vicenda processuale dell’accertamento della responsabilità e della determinazione del danno. Viceversa, nel nostro paese, l’istituto dei danni puntivi è considerato dalla Cassazione in contrasto con l’ordine pubblico interno e il risarcimento ha funzione esclusivamente riparatoria; il danneggiato, inoltre, è onerato della prova specifica della sussistenza del nesso di causalità tra illecito realizzato e danno prodotto; da tutto ciò consegue che le azioni risarcitorie, non di rado, richiedono valutazioni di tipo esclusivo rispetto a ciascun soggetto in ordine all’uno e all’altro aspetto.

Forse in quanto consapevole di ciò, il legislatore ha cercato di attenuare le resistenze che derivano dalla disciplina sostanziale, prevedendo che la liquidazione del danno sia effettuata ai sensi dell’art.

1226 c.c. (comma 12); il rimedio processuale reagisce sull’istituto sostanziale, in quanto la riparazione avviene “con valutazione equitativa”. In questo modo, si introduce un sistema che cerca di superare la specificità dei criteri di determinazione del credito, favorendo il ricorso a metodi di applicazione generalizzata: il danno è standardizzato e la sua liquidazione, proprio perché basata su

16 Si considerino le carte dei servizi pubblici, la cui adozione da parte degli enti gestori è resa obbligatoria dall’art. 11 d.lg.vo n. 286 del 1999; la mancata osservanza, da parte del gestore, delle obbligazioni assunte comporta il pagamento, in modo automatico, di indennizzi liquidati forfettariamente, con funzione sia punitiva sia riparatoria (così, ad esempio, per la carta servizi delle Poste italiane, denominata carta della qualità, in caso di mancato recapito di un plico ordinario oltre il trentesimo giorno lavorativo dalla spedizione, è stabilito un rimborso standard di E. 25, 82).

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determinazioni equitative, avviene in modo omogeneo rispetto a tutti i consumatori17. Di conseguenza, vi sono maggiori spazi per l’utilizzo della tutela in forma collettiva.

Tuttavia, i problemi si riducono, ma non scompaiono: il (complessivo) danno risarcibile continua ad essere costituito dalla sommatoria dei diritti individuali, resta la necessità di provare che il fatto dannoso è la causa diretta del pregiudizio, il risarcimento rimane rappresentato dalla riparazione dei torti subiti, sotto il duplice profilo del ristoro delle perdite e della valorizzazione del mancato profitto.

Ciò comporta che il rimedio in forma collettiva è ipotizzabile soprattutto se i danni risarcibili sono di tipo patrimoniale; al contrario, difficoltà spesso insormontabili si pongono per il ricorso alle azioni di classe in caso di danno non patrimoniale. Infatti, per lo più, non soltanto per la determinazione del quantum, ma anche per la verifica della sussistenza del danno morale ed esistenziale, occorre valutare una molteplicità di variabili individuali, è necessario indagare in ordine a circostanze specifiche che riguardano in modo esclusivo ciascuno degli appartenenti alla classe, per cui l’impiego di un unico giudizio si rivela non proficuo, in quanto nella fattispecie concreta non sono ravvisabili la ricorrenza e la prevalenza dei temi comuni.

In definitiva, la tutela di classe dei diritti seriali trova il suo naturale campo di applicazione per microcrediti risarcitori e restitutori, danni o pretese spezzettati in small claims, il cui riconoscimento e la cui quantificazione possono avvenire allo stesso modo per tutti gli interessati, valutando i medesimi elementi. Per contro, la nuova figura non sembra adoperabile per vicende complesse, che, ai fini della prova della responsabilità o della determinazione del danno, impongono la trattazione e la risoluzione di rilevanti temi individuali.

Peraltro, la legge non si limita a pretendere che le situazioni sostanziali siano identiche o omogenee nel senso ora chiarito, ma introduce ulteriori condizioni, individuando fattispecie tipiche in ordine alle quali è ammesso il ricorso al nuovo rimedio.

Sotto un primo profilo, da un lato, la collocazione della norma all’interno del codice del consumo e, dall’altro lato, il comma 1 dell’art. 140-bis, il quale precisa che l’azione è concessa per la tutela dei diritti (omogenei) dei consumatori e degli utenti, inducono a ritenere che le situazioni soggettive individuali debbano trovare collocazione nel quadro di un rapporto, non necessariamente di natura contrattuale, di consumo. Quindi, occorre fare riferimento, per gli aspetti di carattere oggettivo, all’art. 2, comma 2, cod.consumo e, per le dinamiche di tipo soggettivo, all’art. 3 cod.consumo: il rimedio opera esclusivamente per i diritti contemplati dalla prima norma, di cui siano titolari, dal lato attivo e passivo, i soggetti individuati dalla seconda disposizione.

Sotto un altro profilo, non basta che le situazioni soggettive sostanziali siano riconducibili ad un atto di consumo, attuale o potenziale, contrattuale od anche extracontrattuale, ma è necessario che esse appartengano ad una delle fattispecie indicate dal comma 218. A tale proposito, si può osservare: a) l’illecito può essere contrattuale (comma 2, lett. a) e lett. b), nella parte in cui fa riferimento alla sussistenza di un rapporto contrattuale); i contratti, cui i diritti sono relativi, possono essere anche quelli stipulati ai sensi degli articoli 1341 c.c. (contratto per adesione) e 1342 c.c. (contratto tipo) (comma 2, lett. a), possono riguardare la commercializzazione di un prodotto (comma 2, lett. b) e, più in generale, possono concernere qualunque materia, purché ricompresa nel

17 Peraltro, anche la liquidazione equitativa del danno, per essere effettuata in modo identico rispetto a tutti gli aderenti, richiede l’omogeneità delle voci di danno e dei pregiudizi di cui è domandato il ristoro.

18 In modo analogo, G. Alpa, op. cit., 384 ss.

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codice del consumo, a condizione che essi siano stati stipulati con una stessa impresa da soggetti che versano in una situazione identica (comma 2, lett. a)19; b) l’illecito può essere extracontrattuale e, dunque, può integrare una figura di responsabilità aquiliana (comma 2, lett. b e lett. c.); in particolare, esso può essere compiuto da un produttore nell’attività di realizzazione e di commercializzazione di un determinato prodotto (comma 2, lett. b), parte prima) e può consistere in pratiche commerciali scorrette o in comportamenti anticoncorrenziali (da segnalare, peraltro, che tale ultima figura può essere rinvenibile anche in presenza di contratti, per cui il titolo della domanda può essere anche contrattuale)20.

Considerata l’elencazione dell’art. 2, comma 2, cod. consumo, in presenza delle vicende descritte, possono essere oggetto di tutela anche lesioni del diritto alla salute (ad esempio, in conseguenza della commercializzazione di un determinato farmaco) e di situazioni protette in correlazione con l’erogazione di servizi pubblici (a tale ultimo riguardo, confronta anche il comma 12, secondo capoverso). Al contrario, l’azione di classe sembra non essere consentita per ottenere il risarcimento dei danni subiti da una pluralità di cittadini a causa di un disastro ambientale, in quanto tale materia non appartiene a quelle rientranti nel codice del consumo e non è sussumibile in alcuna delle fattispecie contemplate dal comma 2.

Il comma 6, dal canto suo, aiuta a comprendere che terreno fertile per il nuovo istituto è dato da pratiche abusive, da comportamenti anticoncorrenziali e, più in generale, da vicende lesive dei diritti dei consumatori, che l’ordinamento considera illecite anche ad ulteriori fini e sanziona anche ad altri effetti, con rimedi azionabili di fronte ad autorità amministrative oppure ad autorità giudiziarie diverse dal giudice civile.

Sotto un ulteriore profilo, i diritti individuali omogenei possono essere di tipo risarcitorio (per responsabilità contrattuale o extracontrattuale), restitutorio con titolo nella ripetizione dell’indebito (ad esempio, restituzione di somme corrisposte in esecuzione di un contratto dichiarato totalmente o parzialmente invalido) e, meno facilmente, nell’arricchimento senza causa e possono anche consistere in pretese sostanziali, al cui adempimento il professionista è tenuto per contratto.

Peraltro, dal combinato disposto dei commi 1, 2 e 12, sembra evincersi che l’azione possa essere utilizzata con esclusivo riguardo a crediti aventi per oggetto prestazioni pecuniarie; dunque, il rimedio non è ammesso per diritti concernenti obblighi di fare, di non fare, di consegna e, soprattutto, per ottenere il risarcimento del danno in forma specifica, al di fuori dei casi eccezionali in cui questa avviene tramite la liquidazione di una somma di danaro a favore del danneggiato21. La

19 I consumatori e utenti debbono avere stipulato lo stesso tipo di contratto con la stessa impresa, concernente, ad esempio, la fornitura dei medesimi beni o servizi; rientrano, probabilmente, in questa figura le vicende relative alla commercializzazione di prodotti difettosi, compresi i farmaci e gli strumenti finanziari (bond, derivati, ecc.), ovvero le fattispecie in cui sono contestate le tariffe applicate per l’erogazione di un servizio, sulla base di contratti tipo o per adesione.

20 La responsabilità extracontrattuale del convenuto deriva da un comportamento illecito che, pur in assenza di un preesistente vincolo contrattuale, è lesivo dei diritti soggettivi omogenei di una pluralità di consumatori e, per questo motivo, fa sorgere un’identica pretesa risarcitoria in capo a costoro.

21 La giurisprudenza qualifica, in talune ipotesi, come risarcimento in forma specifica anche quello determinato in danaro, ma con criteri diversi da quello differenziale (su tale fenomeno, vedi A. D’Adda, Il risarcimento in forma specifica. Oggetto e funzioni, Padova 2002, 60 ss., ed ivi ulteriori riferimenti).

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scelta del legislatore è chiara, ma non è ragionevole; si pensi, ad esempio, al caso di vendita di un prodotto difettoso, in cui la tutela dei consumatori avviene mediante l’ordine di riparazione o di sostituzione del bene; per quale motivo, si deve negare lo strumento dell’azione di classe per la riparazione in natura?22. A meno di non voler forzare il testo della norma, si deve concludere, però, che il risarcimento ammesso con la domanda dell’art. 140-bis è solo quello per equivalente, perché è con esso che si ha una quantificazione di tipo pecuniario del danno da ristorare.

4. Per il comma 1, seconda parte, “ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni”; per il comma 3, primo capoverso, “i consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al presente articolo aderiscono all’azione di classe, senza ministero di difensore”; per il comma 3, ultimo capoverso, “gli effetti sulla prescrizione ai sensi degli articoli 2943 e 2945 del codice civile decorrono dalla notificazione della domanda e, per coloro che hanno aderito successivamente, dal deposito dell’atto di adesione”.

La legittimazione ad agire è individuale e spetta, in modo disgiunto, a ciascun membro del gruppo, titolare (affermato) di un diritto individuale omogeneo riconducibile ad una classe unitaria; questo può anche avvalersi di associazioni cui conferisce specifico mandato (necessariamente, in forma scritta) o di comitati cui partecipa, appositamente costituiti. Gli enti collettivi agiscono non in qualità di legittimati straordinari, ma in rappresentanza (volontaria) del singolo creditore; essi stanno in giudizio per il preponente, il quale, però, è ad ogni effetto parte processuale.

Non sono previste figure di legittimazione collettiva a favore di enti o di associazioni; in specie, il potere di promuovere l’azione non è attribuito alle associazioni munite di riconoscimento ministeriale.

Questa disciplina è coerente con il tipo di tutela collettiva adottato; essa concerne i diritti individuali e non ha come riferimento diretto ed immediato interessi superindividuali, per cui la domanda è proposta dal singolo, che è titolare (affermato) del credito risarcitorio o restitutorio, e non dall’associazione riconosciuta, che non è parte sostanziale delle situazioni giuridiche oggetto del processo.

Colui che ha promosso l’azione è l’attore del giudizio di classe. Peraltro, con la domanda, sono dedotti in causa esclusivamente i diritti individuali di coloro che hanno agito, vuoi direttamente vuoi mediante un comitato ad hoc o un’associazione mandataria; ciò è confermato dall’ultima parte del comma 3, per il quale gli effetti della domanda sulla prescrizione si producono esclusivamente rispetto alle situazioni sostanziali di quei consumatori che hanno instaurato la controversia collettiva23.

22 In queste ipotesi, resta lo strumento dell’azione inibitoria degli articoli 139 e 140 cod. consumo, ma non è certo che, sulla base di queste disposizioni, il giudice possa spingersi alla pronuncia di ordini ripristinatori in grado di riguardare direttamente i diritti soggettivi individuali lesi dal comportamento illecito denunciato.

23 Il comma 3, ultimo capoverso, sia riguardo al proponente sia rispetto a coloro che abbiano aderito successivamente, ha riguardo esclusivamente agli effetti della domanda e dell’atto di adesione sulla prescrizione, ai sensi degli articoli 2943 e 2945 c.c.; tuttavia, la portata della previsione è più ampia, in quanto essa si estende a tutti gli effetti sostanziali e processuali che sono prodotti dalla domanda giudiziale.

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L’azione di classe, pur riguardando i diritti individuali omogenei dei consumatori, è “altra cosa”

rispetto alle azioni individuali e, in particolare, non è la sommatoria delle stesse; l’azione, la domanda, la causa sono uniche, anche se concernono una pluralità di pretese sostanziali.

Non è richiesto che la domanda sia proposta da un numero minimo di consumatori; essa può provenire anche da un solo soggetto e l’arricchimento (soggettivo ed oggettivo) del giudizio può realizzarsi anche successivamente, mediante il sistema delle adesioni24. Invece, è necessario che il proponente, da un lato, non versi in una situazione di conflitto di interessi e, dall’altro lato, sia in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe; se così non è, il tribunale dichiara inammissibile l’azione (comma 6). Tale previsione ha lo scopo di impedire lo svolgimento di cause strumentali o, peggio ancora, frutto di collusione tra l’attore e il convenuto, e di assicurare la serietà della difesa processuale del gruppo, in considerazione, da un lato, del ruolo particolarmente delicato che è attribuito dalla legge a colui che ha introdotto il giudizio e, dall’altro lato, del fatto che può esserci un unico e solo processo relativo a quel fatto illecito contro una stessa impresa (confronta, comma 14).

Legittimati passivi sono tutti quei soggetti, persone fisiche e giuridiche, che possono essere parte di un rapporto di consumo, vale a dire, secondo la definizione dell’art. 3, comma 1, lett. c) cod.

consumo, “la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, ovvero un suo intermediario”.

Invero, l’art. 140-bis, riferendosi al soggetto che subisce l’azione, parla di “convenuto” e di

“impresa”; tuttavia, sotto l’aspetto oggettivo, la domanda concerne rapporti o atti di consumo, che, dal punto di vista soggettivo, per il citato art. 3 cod.consumo, possono intercorrere anche con

“professionisti”, per cui sembra ragionevole estendere la legittimazione passiva a quest’ultima categoria di soggetti.

Poiché l’art. 2, comma 2, lett. g) cod. consumo fa riferimento ai diritti dei consumatori e degli utenti

“all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza”, opportunamente, il comma 12 prevede che l’azione possa essere proposta anche nei confronti dei gestori di servizi pubblici e di pubblica utilità.

I consumatori, che non si sono resi promotori dell’azione, hanno a disposizione più opzioni.

In primo luogo, essi possono decidere di partecipare al processo collettivo da altri iniziato. Lo strumento per l’inserimento nell’azione di classe è rappresentato dalla “adesione”, che, per il combinato disposto dei commi 3 e 9: a) determina la deduzione in giudizio del credito (risarcitorio o

24 Il giudice, chiamato a valutare, ai fini dell’ammissibilità della domanda, se il proponente appaia in grado di curare adeguatamente gli interessi della classe, dovrà tenere conto anche del numero di coloro che hanno introdotto il processo; l’esiguità del numero dei promotori non comporta in modo automatico una conclusione di tipo negativo, ma, indubbiamente, può avere un ruolo non secondario per la formazione del convincimento del tribunale. Ciò anche alla luce di ulteriori considerazioni: è vero che le adesioni possono intervenire anche in un secondo momento, nel termine di cui alla lett. b) del comma 9, ma il tribunale, quando compie l’esame circa l’ammissibilità dell’azione, non può sapere se vi saranno ulteriori adesioni e, d’altro canto, è dubbio se la domanda dichiarata ammissibile possa essere considerata inammissibile in un momento successivo, in corso di causa, qualora non abbia riscontrato il consenso dei consumatori, per cui vi è il rischio che il processo, partito con pochi promotori e aderenti, giunga alla conclusione con gli stessi soggetti e che l’azione più che “di classe” si riveli essere “di pochi”, pregiudicando anche ulteriori forme di tutela collettiva per lo stesso illecito e nei confronti della medesima impresa (comma 14).

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restitutorio) di colui che la abbia compiuta, isomorfo rispetto a quelli fatti valere dai proponenti25; b) è posta in essere senza ministero di difensore; c) consiste in un atto “contenente, oltre all’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria”; d) produce i suoi effetti a seguito del deposito in cancelleria dell’atto con cui è avvenuta, deposito che può essere effettuato direttamente dal consumatore aderente oppure dall’attore; e) deve essere compiuta, mediante il deposito in cancelleria, al più tardi entro il termine perentorio fissato dal tribunale, con l’ordinanza che dichiara ammissibile l’azione, ai sensi del comma 9 lett. b); considerato che tale termine non può essere superiore a centoventi giorni rispetto a quello stabilito per effettuare la pubblicità dell’azione, chiaro è l’intendimento del legislatore di imporre che l’oggetto del giudizio sia determinato entro la fase preliminare e prima che la domanda sia trattata nel merito, impedendo che la tutela, a seguito di adesioni successivamente intervenute, possa estendersi nel corso del processo a nuovi diritti soggettivi26. Poiché, con l’adesione, il consumatore fa valere in causa il proprio diritto, si radica, in ordine ad esso, una situazione di litispendenza; la partecipazione alla causa collettiva comporta “ rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo” (comma 3), che, se proposta, deve essere rigettata in rito, e rende inammissibile la tutela del credito mediante il ricorso ad un diverso processo collettivo, sia tramite adesione ad un giudizio che sia stato da altri instaurato sia con l’introduzione di un nuovo procedimento. Il potere di azione del singolo aderente, da esercitarsi con i rimedi individuali o con quelli di classe, risorge dal momento in cui il giudizio si sia chiuso senza dare luogo ad una pronuncia di merito sui diritti sostanziali dedotti, vuoi perché il proponente ha posto in essere transazioni, conciliazioni, rinunce al diritto che non hanno ricevuto il consenso del primo, vuoi perché il giudizio è stato definito con una pronuncia di rito o con un provvedimento di estinzione (comma 15)27.

La sentenza di merito accerta e liquida le pretese sostanziali, oltre che dei proponenti, di tutti coloro che, per mezzo dell’adesione, si siano inseriti nella classe; quindi, essa, sia se accolga la domanda sia se la rigetti, per il suo oggetto, produce effetti anche nei confronti degli aderenti (comma 14, primo capoverso).

Spetta al giudice stabilire se il diritto sostanziale di colui che ha aderito è “identico” e “omogeneo”

rispetto a quello per il quale il proponente ha richiesto tutela con la domanda di classe; in breve, se il primo può entrare a fare parte di questa. Tale valutazione è compiuta, rispetto a coloro che hanno depositato l’adesione durante la fase preliminare, con l’ordinanza di ammissibilità, con la quale

25 Sicura conferma di ciò si ricava dal comma 3, ultima parte, il quale, ricollegando all’adesione, rectius al deposito di essa, gli effetti sulla prescrizione, dimostra che, con l’atto di adesione, è esercitato giudizialmente il diritto del singolo, che viene a costituire oggetto della tutela e della sentenza del giudice.

26 Il vecchio testo dell’art. 140-bis, invece, aveva accolto la soluzione opposta e, per questa ragione, era stato criticato dalla dottrina (per tutti, vedi S. Menchini, La nuova azione collettiva risarcitoria e restitutoria, in Il giusto processo civile, 2008, 41 ss., specie 46).

27 Il comma 3, nello stabilire che l’adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria “individuale”

fondata sul medesimo titolo, fa salvo quanto previsto dal comma 15, per cui sorge il dubbio se, allorché si verifichi una delle fattispecie considerate da quest’ultima disposizione, sia possibile il successivo ricorso soltanto alla tutela individuale, come sembra indicare la lettera del comma 3, oppure anche a quella di classe, come sembra, invece, più ragionevole, guardando allo spirito e al senso della norma.

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sono specificati i caratteri dei diritti individuali che sono inclusi nell’azione e le ragioni per le quali altre posizioni sono escluse da essa (comma 9, lett. a). Se, invece, l’adesione è stata effettuata dopo il provvedimento che ha ammesso il processo collettivo, nei termini di cui al comma 9 lett. b), l’eventuale declaratoria di esclusione di uno o più aderenti avviene con ordinanza del collegio, da pronunciarsi già alla prima udienza fissata per la trattazione del merito.

In conclusione, i consumatori, aderendo all’azione, rendono il loro diritto oggetto del giudizio, determinano l’interruzione della prescrizione rispetto ad esso, diventano destinatari dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale; essi entrano a far parte della classe, affidando la tutela delle loro pretese al proponente, che gestisce il processo e opera nell’interesse di tutti, con il solo limite previsto dal comma 15 in materia di transazioni e rinunce, le quali sono sì concluse da questo, ma producono effetti esclusivamente rispetto a coloro che vi abbiano espressamente consentito.

Il legislatore ha adottato il modello dell’opt-in sia riguardo alla formazione della classe, sia in ordine agli atti che implicano disposizione del diritto, compiendo una scelta che è coerente con l’art.

24 Cost.28; infatti, come sembra richiedere quest’ultima norma, la deduzione in giudizio dei diritti dei singoli non consegue, in modo automatico, alla domanda proposta da uno dei membri del gruppo, ma dipende da una esplicita manifestazione di volontà dei soggetti che ne sono titolari.

Il consumatore non può far valere in giudizio il proprio diritto in modo autonomo, proponendo intervento volontario; infatti, per il comma 10 “è escluso l’intervento di terzi ai sensi dell’articolo 105 del codice di procedura civile”.

Il legislatore ha voluto evitare che, nel corso del processo, per un verso, si determini un cumulo oggettivo tra due entità (la causa di classe e quella individuale) eterogenee per contenuti, funzioni e rito applicabile e, per altro verso, si abbia l’inserimento di una nuova parte processuale a parte actoris, atteso che il sistema dell’azione di classe richiede che gli interessi di tutti i soggetti siano curati in giudizio da un’unica parte (il promotore), allo scopo di impedire frammentazioni, duplicazioni e contrasti circa la gestione della lite29. La ratio e la lettera della norma inducono a ritenere che sia inammissibile non soltanto ogni forma di intervento oggettivamente innovativo di cui al primo comma dell’art. 105 c.p.c., ma anche l’intervento adesivo dipendente di cui al secondo comma dello stesso articolo, eventualmente posto in essere per l’accertamento con efficacia di giudicato della responsabilità dell’impresa, da mettere a fondamento del successivo giudizio individuale, in quanto, anche in quest’ultimo, caso, colui che interviene, pur non facendo valere in giudizio un suo diritto, acquista il ruolo di parte processuale, sebbene con poteri più limitati rispetto a quelli delle parti originarie.

La legge tace circa l’applicabilità degli istituti di cui agli articoli 106 e 107 c.p.c.; tuttavia, la chiamata in causa ad istanza di parte o per ordine del giudice di consumatori che non abbiano aderito all’azione è da escludere, in quanto, da un lato, il ricorso alla tutela collettiva di coloro che non abbiano promosso il giudizio avverrebbe non su base volontaria, come prevede invece la legge, ma in via forzosa, e, dall’altro lato, il processo si arricchirebbe di nuove ed eterogenee cause e di

28 In modo conforme, C. Punzi, op. cit., 257.

29 I diritti individuali, cioè, debbono essere aggregati in un’unica causa, condotta da un comune ed unico rappresentante; tale risultato può essere conseguito soltanto ricorrendo all’istituto dell’adesione e vietando l’intervento di terzi.

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ulteriori parti in senso formale, la qual cosa, come si è detto, è in conflitto con la struttura del rimedio30.

Una seconda possibilità per il consumatore che non abbia promosso l’azione di classe è di fare ricorso ai rimedi di tipo collettivo, senza aderire, però, a quello già instaurato31.

Tuttavia, la disciplina è informata al principio che la tutela di classe possa svolgersi una sola volta e non possa essere ripetuta. Infatti, per il comma 14, seconda parte: a) allorchè sia stata proposta la domanda di cui all’art. 140-bis, una nuova azione, per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa, può essere esercitata soltanto entro il termine assegnato dal giudice ai sensi del comma 9 per le adesioni; b) le domande introdotte oltre tale termine devono essere dichiarate inammissibili dal tribunale, che evita di trattarle nel merito; c) le domande instaurate nel rispetto di tale termine sono ammissibili, ma sono riunite d’ufficio a quella già pendente se radicate davanti allo stesso tribunale, altrimenti “il giudice successivamente adito ordina la cancellazione della causa dal ruolo, assegnando un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice” (comma 14, ultimo capoverso).

Si vedranno nel prosieguo i dubbi che queste previsioni ingenerano32; per il momento, si evidenzia che, per la loro applicabilità, è necessario che le azioni di classe separatamente proposte siano identiche sotto l’aspetto oggettivo, oltre che indirizzate contro lo stesso convenuto. Dunque, esse debbono concernere la stessa condotta illecita e tale requisito ricorre non soltanto se i diritti lesi siano i medesimi, ma anche se i comportamenti illegittimi denunciati siano strutturalmente uguali; a quest’ultimo riguardo, non è sufficiente che la vicenda sostanziale sia la stessa, ma tale deve essere anche la fattispecie concreta dedotta in causa, avendo riguardo, cioè, alle specifiche circostanze che la connotano e ai petita avanzati33.

Da ultimo, il titolare del diritto di credito isomorfo può decidere di non avvalersi del rimedio di classe; restano a sua disposizioni le tutele ordinarie, espressamente fatte salve dal comma 1434.

30 Forse la chiamata in causa di terzi potrebbe essere consentita ad altro fine; invero, si potrebbe pensare che, in presenza di una contestazione del convenuto circa il suo ruolo di obbligato o della sua richiesta di essere manlevato ad esempio da una compagnia assicuratrice, potrebbe essere autorizzata la chiamata del terzo, ex art. 106 c.p.c., quale asserito obbligato o garante, e, se ritenuto opportuno dal giudice, anche ex art. 107 c.p.c.

31 Tale evenienza si verifica, soprattutto, se il titolare dei diritto omogeneo ritiene che la causa collettiva pendente sia male impostata o che il promotore non sia in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe.

32 Vedi il successivo § 17.

33 Per meglio chiarire, si consideri un esempio. Si pensi al danno alla salute derivante dalla commercializzazione di un certo farmaco; questa vicenda sostanziale può specificarsi in più e distinte fattispecie concrete, suscettibili di costituire l’oggetto di plurime azioni di classe, in considerazione di più fattori, quali lo stato di salute (esempio, donne in gravidanza) o l’età dei consumatori, i diversi periodi di tempo di immissione nel mercato del farmaco, le informazioni che, in periodi diversi, hanno accompagnato il prodotto, i differenti tipi di danno dipendenti dal non identico stato fisico-psichico dei danneggiati, e così via.

34 Il comma 1 stabilisce che i diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 sono tutelabili “anche” attraverso l’azione di classe, che è quindi uno strumento che si affianca e non si sostituisce a quelli ordinari.

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Uguale in senso aristotelico : la parte non può essere uguale ( identica ) al tutto che la contiene , in quanto il tutto ha sempre qualche elemento che la parte non ha ;