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Lo stato dell’arte: elementi di criticità interni ed esterni al Padule

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CONCLUSIONI

«[Per] parlare del Padule bisogna sapere anche la sua storia e quelle delle battaglie fatte per non assistere alla sua morte.

Ora è in agonia. Dire che il parco non serve è una leggerezza inaccettabile»1.

Lo stato dell’arte: elementi di criticità interni ed esterni al Padule. L’istituzione delle riserve naturali e l’approvazione dei relativi regolamenti di gestione da parte delle Province di Pistoia e di Firenze hanno segnato, per queste porzioni di zona umida2, l’avvio della conservazione della biodiversità, effettuata su basi tecnico-scientifiche, dopo molti anni caratterizzati quasi esclusivamente da proposte e progetti di salvaguardia e valorizzazione mai attuati. Tuttavia, il percorso finalizzato a tutelare la più vasta palude interna dell’Italia peninsulare non può dirsi c oncluso: sono ancora molti, infatti, gli elementi di criticità interni ed esterni all’area umida3 da cui derivano pericoli costanti per la pluralità delle formazioni vegetali e delle comunità animali peculiari dei diversi habitat che trovano rifugio in questa importante regione biogeografica.

I principali punti critici interni al Padule sono rappresentati, attualmente, dalla prolungata carenza idrica estiva; dal progressivo interr amento del cratere a causa dell’abbandono dell’area collinare e appenninica da parte dei residenti, da cui è derivato che i corsi d’acqua non sono più stati soggetti a controlli e regimazioni in quota; dall’inquinamento delle acque, con fenomeni di eutrofizzazione; dalla diffusione di alcune specie vegetali e animali alloctone come la cannuccia palustre, il gambero rosso della Louisiana, la nutria, il pesce persico e il pesce gatto, senza dimenticare la crescente presenza del bengalino, il cui impatto sull’ecosistema potrebbe essere estremamente negativo; dalla riduzione delle entità floristiche d’interesse conservazionistico, a causa della diffusione del canneto e di una gestione della vegetazione non coordinata; dal disturbo, causato a specie faunistiche rare, da fotografi e osservatori; da alcune attività incompatibili con l’ecosistema palustre, in

1 Carlo Baroni, Riccardo Cardellicchio, assessore all’ambiente di Fucecchio, sostiene la scelta del

«Parco naturale» per il Padule di Fucecchio. «La fuga dei Ds e di Legambiente», in La Nazione, cronaca di Santa Croce, San Miniato, 23 ottobre 2004, p. VII.

2 Si tratta delle porzioni di territorio comprese nelle due distinte riserve naturali, denominate “La Monaca-Righetti” e “Le Morette”, istituite dalla Provincia di Pistoia per un totale di circa duecentosette ettari. Per quanto riguarda la riserva naturale istituita dalla Provincia di Firenze si tratta di una superficie di venticinque ettari. Per quanto riguarda l’istituzione delle riserve cfr.

Capitolo IV, mentre per quanto concerne i regolamenti relativi alle riserve e alle aree contigue cfr.

Capitolo VI di questa tesi.

3 Cfr. Regione Toscana, Delibera della giunta regionale n. 644 del 5 luglio 2004 - Allegato 1, in Supplemento al B.U.R.T. n. 32 del 11 agosto 2004, pp. 88-89.

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particolare la caccia, il cui controllo all’interno della vasta zona umida (area contigua) è insufficiente4.

Non meno preoccupanti risultano gli elementi di criticità esterni alla zona umida quali l’urbanizzazione sempre più diffusa ai margini del Padule, che certamente non contribuisce ad una diminuzione dell’inquinamento idrico ; l’agricoltura intensiva; gli ulteriori rischi di accelerazione dei processi di interramento5.

La qualità e la quantità delle acque rappresentano dei fattori d i fondamentale importanza ai fini della sopravvivenza del Padule. Negli ultimi decenni, il sistema della depurazione delle acque nella Valdinievole si è rivelato inadeguato: i depuratori di scarichi civili presenti in questo territorio così densamente popolato, erano insufficienti, per cui le acque reflue si sono immesse nei corpi idrici che attraversano il padule. Attualmente si è assistito ad un progressivo peggioramento della qualità delle acque palustri dovuto alla chiusura di diversi depuratori dei centri abitati della Valdinievole, in attesa della realizzazione di un grande depuratore a Ponte Buggianese che raccoglierà le acque in ingresso nel Padule.

Per quanto riguarda la quantità delle acque che entrano e permangono nella zona umida per periodi più o meno lunghi, la criticità si verifica nella stagione estiva, allorché risulterebbe importante la presenza di specchi d’acqua per l’avifauna6: anche la Regione Toscana ha previsto, tra le misure di conservazione da adottare, una gestione del regime idrico che garantisca il mantenimento di aree allagate in tale periodo7. Per gli uccelli migratori più importanti sotto il profilo protezionistico8, infatti, il principale fattore da prendere in considerazione, ai fini della loro riproduzione , è l’idrologia delle aree umide: dai livelli idrici dipendono «la struttura fisica degli habitat, la presenza e l’accessibilità del cibo […] e siti di nidificazione sicuri»9. Il Centro di Ricerca del Padule di Fucecchio sostiene che , per agevolare la riproduzione delle diverse specie di uccelli acquatici, risulta necessario innanzitutto garantire «la permanenza, almeno fino alla prima decade di agosto, di vaste aree inondate sia nell’ambito di superfici coperte da vegetazione […] sia nell’ambito di superfici ad acque libere (“chiari”). I livelli idrici delle aree allagate, da realizzare artificialmente, «dovrebbero variare […] da 5 a 40 centimetri e raggiungere almeno i 100-150 centimetri su superfici limitate»10. Ciò è stato fatto nella riserva naturale di Pistoia, dove sono stati realizzati artificialmente alcuni stagni con parti più profonde necessarie alle specie che

4 Cfr. Ibid.; Provincia di Pistoia, Piano di sviluppo economico sociale delle aree protette della provincia di Pistoia, cit., pp. 163-164; Studio per la salvaguardia della biodiversità del S.I.R. Padule di Fucecchio, cit., p. 22.

5 Cfr. Ibid.

6 Cfr. Provincia di Firenze, Piano Faunistico Venatorio provinciale 2012-2015 – Punto 5.3 Padule di Fucecchio, cit.

7 Cfr. Regione Toscana, Delibera della giunta regionale n. 644 del 5 luglio 2004 - Allegato 1, in Supplemento al B.U.R.T. n. 32 del 11 agosto 2004, p. 89.

8 Airone rosso, Falco di padule, Moretta tabaccata, Tarabuso ecc. Cfr. Studio per la salvaguardia della biodiversità del S.I.R. Padule di Fucecchio, cit., p. 19.

9Ibid.

10 Ibid., pp. 19-20.

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si alimentano in immersione11. Più recentemente anche nella riserva di competenza fiorentina è stato creato un “chiaro”. In generale gli spec chi d’acqua scavati rispetto al piano di campagna (all’interno del cratere palustre) riescono a mantenere l’acqua fino a tutto il mese di giugno, consentendo la nidificazione e l’alimentazione di numerose specie di uccelli migratori. I chiari ubicati al di fuori del cratere (nella parte fiorentina) mantengono l’acqua almeno fino alla prima decade d’aprile, cioè durante il periodo primaverile, importante per l’avifauna12.

La qualità e la quantità delle acque si riflette anche sulla conservazione dell’ittiofauna. Le principali misure da adottare dovrebbero garantire il

«mantenimento di aree ad acque perenni con livelli differenziati, da pochi centimetri a 1 metro»13; la riduzione dei livelli di inquinamento ed eutrofizzazione; la prevenzione dei fenomeni di anossia; il mantenimento della vegetazione acquatica, dello zooplancton e dei macroinvertebrati acquatici, la cui contrazione è causata essenzialmente da alcune specie esotiche come il gambero rosso della Louisiana. Da non trascurare poi il proble ma rappresentato dalle barriere artificiali, per ovviare al quale dovrebbero essere aperti appositi passaggi per l’ittiofauna in corrispondenza degli sbarramenti presenti nei corsi d’acqua14.

Il Padule di Fucecchio è sempre stato oggetto di un notevole interesse venatorio, essendo tradizionalmente una zona ritenuta validissima dai cacciatori interessati all’avifauna acquatica. Nell’area contigua della Provincia di Firenze vi sono attualmente settanta appostamenti fissi a palmipedi e trampolieri, di cui una diecina al di fuori del cratere palustre, realizzati nei prati tra il ponte di Cavallaia e Ponte a Cappiano. In corrispondenza degli appostamenti fissi si trovano i chiari o laghetti artificia li necessari per questo tipo di caccia15. Più in generale si può affermare che il numero di utenti che praticano attività venatoria nell’ambito del Padule, nelle diverse forme (appostamento fisso, alla stanziale, vagante con il cane, al colombaccio ecc.), sono circa mille e quattrocento con una densità (rapporto cacciatori/superficie) tra le più elevate d’Italia. Per quanto riguarda l’avifauna acquatica, l’interesse dei cacciatori si concentra su poche specie ed in particolare sugli anatidi.

L’attività venatoria condiziona le abitudini e la fisiologia degli uccelli: ad esempio le oche e le anatre, in fase di svernamento, si alimentano nelle ore

11 Cfr. Ibid., p. 20.

12 Cfr. Provincia di Firenze, Piano Faunistico Venatorio provinciale 2012-2015 – Punto 5.3 Padule di Fucecchio, cit.

13 Cfr. Studio per la salvaguardia della biodiversità del S.I.R. Padule di Fucecchio, cit., p. 20.

14 I passaggi per l’ittiofauna, noti anche come “scale di risalita”, “scale di rimonta”, “canali by- pass”, ecc. sono dispositivi idonei a consentire il passaggio dei pesci da un tratto ad un altro del corso d’acqua, altrimenti impedito da uno sbarramento. Questi ultimi permettono dunque alla fauna ittica di superare un dislivello mediante successivi passaggi in bacini, tratti con scarsa pendenza, rallentamento dei flussi d’acqua con sistemi a deflettori, realizzazioni di canali artificiali ecc. La progettazione di tali “passaggi” presuppone quindi conoscenze sia di tipo biologico che ingegneristico e l’uso di speciali tecniche di costruzione afferenti in particolare all’idraulica fluviale ed ambientale al fine di rendere compatibili tali passaggi con l’habitat fluviale naturale. Cfr. Ibid., p. 36.

15 Cfr. Provincia di Firenze, Piano Faunistico Venatorio provinciale 2012-2015 – Punto 5.3 Padule di Fucecchio, cit.

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notturne e trascorrono le ore diurne molto spesso in aree indisturbate, per sottrarsi alla caccia. Inoltre, secondo gli esperti del Centro di Ricerca del Padule di Fucecchio, l’esercizio venatorio disturba anche le specie non cacciabili, limitando ad esempio le opportunità di nuove colonizzazioni e rendendo indisponibili habitat potenzialmente idonei per i volatili16. Secondo la Provincia di Firenze il disturbo venatorio alle specie protette è un fatto reale da contrastare mediante la creazione di ulteriori istituti di divieto, mentre per quanto riguarda l’impatto della caccia sulle specie non protette, si tratta di un prelievo irrilevante in termini conservazionistici, in quanto il carniere dei cacciatori fiorentini oscilla tra i tremila e cinquemila capi di anatidi a stagione venatoria, parte dei quali di scarso valore biologico (si pensi alle cosiddette anatre germanate o loro forme ibride)17. La Provincia di Pistoia ritiene che i centocinquanta appostamenti fissi in totale presenti in Padule rappresenti un notevole ostacolo alla sosta di consistenti nuclei migratori durante la stagione di caccia18.

Il cratere palustre è caratterizzato dalla eccessiva presenza della cannella palustre (infestante), che si interrompe in coincidenza dei chiari gestiti dai proprietari dei terreni e dai cacciatori (spesso questi ultimi si identificano con i proprietari o possessori dei fondi)19. Il problema della gestione della vegetazione si riflette direttamente, oltre che sulla diversità biologica delle specie floristiche, anche sulla sosta e nidificazione dell’avifauna. L’obiettivo ottimale “sarebbe” la pianificazione di uno stabile assetto vegetazionale del cratere palustre, suddiviso, «secondo una opportuna proporzione quantitativa e disposizione spaziale»20, tra superfici a prato umido e superfici a canneto, prevedendo interventi di sfalcio solo nei periodi stabiliti dai regolamenti approvati dalle province di Pistoia e di Firenze. Da non trascurare poi l’importanza di alcune formazioni di alberi e arbusti all’interno dell’area palustre in quanto siti di nidificazione per diverse specie di uccelli acquatici. L’oculata gestione della vegetazione avrebbe conseguenze positive anche per la sopravvivenza e tutela dell’entomofauna, legata strettamente ai diversi habitat palustri, in particolare ai boschi e prati umidi, agli stagni, alle torbiere e a specifiche piante21.

La presenza di specie alloctone nell’ambito del bacino palustre, elemento comune a numerose altre zone, risulta assai problematico, in particolare per quanto concerne la diffusione del cosiddetto gambero rosso della Louisiana e della nutria. Il primo ha un impatto negativo su alcune specie ittiche e anfibie, sulla tenuta degli argini, nonché sulle fitocenosi. La nutria rappresenta un pericolo maggiore per gli equilibri dell’ecosistema umido perché, oltre ad avere

16 Cfr. Alessio Bartolini, La Riserva Naturale del Padule di Fucecchio. Dieci anni di gestione (1996- 2006), cit., pp. 115-121.

17 Cfr. Provincia di Firenze, Piano Faunistico Venatorio provinciale 2012-2015 – Punto 5.3 Padule di Fucecchio, cit.

18 Provincia di Pistoia, Piano di sviluppo economico sociale delle aree protette della provincia di Pistoia, cit., p. 30.

19 Cfr. Provincia di Firenze, Piano Faunistico Venatorio provinciale 2012-2015 – Punto 5.3 Padule di Fucecchio, cit.

20 Studio per la salvaguardia della biodiversità del S.I.R. Padule di Fucecchio, cit., p. 20.

21 Ibid. , p.

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un impatto non indifferente sulle fitocenosi naturali, distrugge i nidi dell’avifauna per nutrirsi delle uova e mina la stabilità degli argini e delle sponde, attraverso la realizzazione di tane. I metodi per contrastare il gambero rosso messi in atto dal Circondario Empolese Valdelsa, per l’area fiorentina, in collaborazione con l’Università di Firenze, non risultano essere efficaci ed applicabili all’intero bacino a costi sostenibili22.

I limiti delle riserve naturali: estensione ridotta e gestione ambientale non unitaria. Attualmente i problemi maggiori relativi alle riserve naturali istituite dalle Province di Pistoia e Firenze riguardano le loro dimensioni, inadeguate alla rilevanza naturalistica e scientifica del cratere palustre, nonché la gestione, caratterizzata dalla mancanza di un adeguato coordinamento tra gli Enti locali (Provincia di Pistoia e Circondario Empolese Valdelsa per l’area fiorentina), inizialmente auspicato, ma poi non perseguito23, nonostante la prescrizione della Regione Toscana, con cui quest’ultima chiedeva alle due Amministrazioni «di conferire nei fatti valenza unitaria interprovinciale»24 alle riserve.

Sin dalla fase istitutiva e dalla successiva fase di gestione si possono evidenziare differenze non secondarie tra la porzione di zona umida compresa nel territorio della Provincia di Pistoia e quella ubicata nella parte di competenza dell’Amministrazione provinciale di Firenze. Mentre le due riserve naturali “La Monaca-Righetti” e “Le Morette” sono state caratterizzate da interventi di ripristino e gestione ambientale grazie alla collaborazione con il Centro di Ricerca del Padule di Fucecchio e del Consorzio di bonifica, l’esigua riserva istituita dalla Provincia di Firenze ha conosciut o un periodo di totale abbandono durato alcuni anni: dalla sua istituzione fino al 2002, allorché il Circondario, quale Ente Gestore delegato dalla Provincia, ha cominciato ad interessarsi della gestione dell’area protetta. Anche i rapporti pubblico-privati sono diversi: le due riserve “pistoiesi” sono quasi interamente di proprietà pubblica, mentre i venticinque ettari ubicati nel comune di Fucecchio appartengono a proprietari privati, così come i terreni ricadenti nella vasta area contigua istituita dal consiglio provinciale di Firenze. La frammentazione della proprietà fondiaria e la contrarietà dei privati ai cosiddetti “vincoli”

previsti dalla normativa regionale e nazionale, nonché dai regolamenti provinciali, ha sempre rappresentato un ostacolo per un ampliamento della riserva, che avrebbe determinato, in particolare, la revoca degli appostamenti fissi dei cacciatori, considerato il divieto assoluto di esercizio dell’attività venatoria nell’ambito di porzioni territoriali destinati a riserva naturale , ai

22 Cfr. Provincia di Firenze, Piano Faunistico Venatorio provinciale 2012-2015 – Punto 5.3 Padule di Fucecchio, cit.

23 Per la mancanza di una gestione unitaria delle riserve naturali cfr. Capitolo IV di questa tesi. Tra l’altro anche la Regione aveva richiesto alle due Province, mediante il Terzo Programma triennale regionale per le aree protette, una estensione significativa delle rispettive riserve, anche nell’ottica di un coordinamento tra i due Enti Gestori. Cfr. Regione Toscana, Deliberazione del consiglio regionale n. 176 del 26 luglio 2000, cit., Punto 3.2.2 Prescrizioni particolari per la Provincia di Firenze e Punto 3.2.8 Prescrizioni particolari per la Provincia di Pistoia, in B.U.R.T., cit.

24 Regione Toscana, Deliberazione del consiglio regionale n. 161 dell’8 agosto 1999 – Punto 3.2 Prescrizioni particolari comuni a più Province, in B.U.R.T. cit.

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sensi della L.R. 49/1995. Nel 2002 lo scontro tra ente pubblico e proprietari è stato tale che questi ultimi hanno bloccato persino il passaggio sulle strade. In questo contesto la Provincia di Firenze ha cercato di intraprendere un’opera di sensibilizzazione nei confronti dei soggetti privati al fine di instaurare un clima di fiducia e maggiore collaborazione, considerato che per la gestione di un’area protetta è necessario anche il consenso delle comunità locali, pena il fallimento degli obiettivi di conservazione dell’area da tutelare25.

Tuttavia, il tentativo dell’Amministrazione provinciale di Firenze di ricercare l’accordo dei proprietari e dei fruitori , a diverso titolo, dell’area umida, ha generato un lungo periodo di dubbia tutela sull’area più significativa e di valore dal punto di vista scientifico: il cratere palustre. Evidentemente, per tale motivo, nel settembre 2002, Fulco Pratesi26, presidente nazionale del Wwf, ha scritto al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in occasione della sua visita al Padule di Fucecchio per inaugurare il Monumento ai Caduti27, con lo scopo di richiamare l’attenzione del Capo dello Stato «sulla condizione di insufficiente tutela in cui si trova il Padule […], sulla esiguità della superficie protetta e sulla qualità scadente delle acque »28. Pratesi ha sottolineato che «le pressioni della lobby venatoria hanno pesantemente condizionato le decisioni delle amministrazioni»29: egli si riferiva, in particolare, alla mancata estensione della riserva naturale ai quaranta ettari di terreno palustre che, nel 1998, il Wwf aveva acquisito, tramite donazione del proprietario30.

La Regione Toscana, nel quarto Programma triennale per le aree protette 2004-2007, ha prescritto nuovamente una estensione della riserva di almeno duecento ettari31. Nel quinto Programma triennale per le aree protette 2009- 2011, la Regione ha evidenziato come la ricerca di accordi tra la Provincia di

25 Cfr. Provincia di Firenze, Piano Faunistico Venatorio provinciale 2006-2010 – Punto 17.2.2 – S.I.R. N: 34 - Padule di Fucecchio, cit.

26 Fulco Pratesi aveva già denunciato, negli anni Settanta, le condizioni di degrado del Padule, specialmente le conseguenze negative della caccia in tale are umida. Cfr. paragrafo 4.1.2 del Capitolo IV.

27 Sulla visita del Presidente della Repubblica Ciampi al Padule di Fucecchio cfr. paragrafo 2.2. del Capitolo II e l’appendice fotografica e documentaria.

28 Fulcro Pratesi scrive al capo dello Stato. «Il padule di Fucecchio ha bisogno di tutela», in Il Tirreno, cronaca toscana, 17 settembre 2002, p. 11.

29 Ibid.

30 Tale area, costituita da due appezzamenti di terreno (uno di trenta ettari e l’altro di dieci ettari), secondo le intenzioni del Wwf (proprietario), avrebbe dovuto essere inserita all’interno della riserva per avviare un’adeguata gestione ambientale (come avvenuto nella riserva “Le Morette”) a carico della Provincia di Pistoia. I cinque appostamenti fissi presenti furono subito smantellati dal Wwf, ma, trattandosi di terreni non sottoposti ai vincoli e ai divieti della riserva, su tale area è possibile l’esercizio venatorio da parte dei cacciatori autorizzati a esercitare tale attività nell’ATC n. 16. Il Wwf ha collocato cartelli con la scritta “proprietà privata, divieto di accesso ai cacciatori”, ma, ai sensi dell’art. 842 del Codice Civile, i cacciatori possono entrare nelle proprietà private altrui, durante la stagione venatoria, per esercitare la caccia. Cfr. Provincia di Pistoia, Piano di sviluppo economico sociale delle aree protette della provincia i Pistoia, cit., pp. 121-122; Fulcro Pratesi scrive al capo dello Stato. «Il padule di Fucecchio ha bisogno di tutela», in Il Tirreno, cit., p. 11.

31 Cfr. Regione Toscana, Deliberazione del consiglio regionale 23 novembre 2004, n. 154 – Approvazione del 4° programma triennale per le aree protette 2004-2007 - Allegato 1, in Supplemento al B.U.R.T. cit., pp. 64-65.

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Firenze e i proprietari dell’area interessata, ai fini di una estensione dell’area protetta, sia stata frenata proprio da questi ultimi, per cui si avalla il tentativo di acquistare, da parte dell’ente locale, una porzione di terreni palustri al fine di estendere la riserva, superando così gli ostacoli frapposti dai privati. La Regione evita ulteriori prescrizioni alla Provincia, ma ausp ica «di giungere al più presto alla definizione dei risultati attesi »32.

Per quanto concerne la gestione delle riserve naturali, il quinto ed ultimo Programma triennale regionale per le aree protette sottolinea come siano stati avviati, da parte delle due Province, «percorsi diversi»33; tuttavia, trattandosi di una zona che non può essere differenziata solo per il fatto di appartenere territorialmente ad enti diversi, la Regione ribadisce alle due Province che l’obiettivo finale deve essere «una forma di gestione che assicuri una tutela dell’area scientificamente sufficiente a permettere la garanzia della salvaguardia delle caratteristiche di biodiversità oggi presenti, ma sempre più a rischio»34.

Di fronte a questa analisi della situazione recente e alle minacce cui è sottoposta la diversità biologica dell’area umida, la Regione Toscana e gli esperti del Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio hanno fornito, nel decennio scorso, precise indicazioni gestionali finalizzate alla conservazione degli habitat palustri35. Anche in quel caso è emersa la necessità di prevedere una gestione unitaria del territorio preso in esame, al fine di avviare una tutela attiva su tutta l’area protetta, considerato che una conservazione esclusivamente di tipo passivo, da attuarsi mediante vincoli e divieti, non risolverebbe le criticità riscontrate nel Padule, trattandosi di un’area che è stata notevolmente antropizzata e caratterizzata da fenomeni di urbanizzazione e industrializzazione, da cui sono scaturiti numerosi sanni sul piano ambientale, specialmente nel corso del secondo Novecento. Ecco dunque la necessità di un Piano di gestione36 complessivo per favorire un insieme organico e coerente di interventi di ripristino e di riqualificazione ambientale.

L’esigenza di un siffatto Piano di gestione specifico del SIR37 Padule di

32 Regione Toscana, Deliberazione del consiglio regionale 23 dicembre 2009, n. 88 - Approvazione del quinto programma triennale per le aree protette 2009-2011 - Allegato A, in Supplemento al B.U.R.T. cit., p. 40.

33 Ibid., p. 43.

34 Ibid.

35 Cfr. Regione Toscana, Delibera della giunta regionale n. 644 del 5 luglio 2004 - Allegato 1, in Supplemento al B.U.R.T., cit., pp. 88-89; Studio per la salvaguardia della biodiversità del S.I.R.

Padule di Fucecchio, cit., p. 19.

36 I piani di gestione relativi ai siti di interesse regionale, tra cui il padule di Fucecchio, sono previsti dalle norme di attuazione della L.R. 56/2000 riguardante la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche. I piani di gestione devono essere definiti in base alle specie e agli habitat di interesse comunitario o regionale effettivamente presenti nei siti e alle loro esigenze ecologiche, ad altri piani di sviluppo eventualmente esistenti e alle esigenze delle comunità locali. Cfr. Regione Toscana, Delibera della giunta regionale n. 644 del 5 luglio 2004 - Allegato 1, in Supplemento al B.U.R.T., cit.

37 “Sito di interesse regionale”, individuato in base alla L.R. 56/2000 “Norme per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche” mediante cui la Regione Toscana riconosce e tutela la biodiversità, in attuazione del DPR 8 settembre 1997 n. 357 (Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE, più nota come Direttiva comunitaria

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Fucecchio risulta elevata proprio «per la necessità di coordinare obiettivi e interventi […] a livello dell’intero sito, che comprende due distinte riserve naturali, competenze riconducibili al Consorzio di Bonifica e all’Autorità di Bacino del Fiume Arno, estese aree private gestite a fini venatori, aree agricole e due diverse province»38. Gli obiettivi di conservazione proposti, nell’ambito della delibera della giunta regionale 644/200439, dipendono sia dalle specie che dagli habitat di interesse regionale presenti in maniera significativa nell’ambito del bacino palustre40.

Proposta di ampliamento della superficie protetta nel quadro politico-istituzionale attuale. A questo provvedimento lo scrivente ritiene che le Amministrazioni pubbliche competenti debbano assegnare un carattere di priorità allo scopo della tutela, in particolare, delle comunità ornitiche del Padule: l’area umida fucecchiese non si configura solo come una zona di transito, ma anche un sito che presenta potenzialità per la sosta prolungata di svariate specie migratorie della regione mediterranea. L’at tuale limitatezza della superficie inserita nell’ambito delle riserve naturali e l’intensità dell’attività venatoria vanificano, di fatto, buona parte di quelle potenzialità, considerato che anche le specie protette sono esposte ad un livello elevato di disturbo derivante dalla caccia, la quale rappresenta un ostacolo anche per l’eventuale insediamento di nuove specie ornitiche41.

Nell’immediato, per evitare il disturbo antropico rappresentato principalmente dalla caccia, dovrebbe essere regolamentata in mo do più vincolante la pressione venatoria al di fuori delle anguste riserve naturali, con un incremento dei controlli da parte delle autorità preposte e con la creazione di un’area più vasta, di almeno duecento ettari, in cui vietare sempre tale

“habitat”) e in conformità con la Direttiva 79/409/CEE, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici.

38 Regione Toscana, Delibera della giunta regionale n. 644 del 5 luglio 2004 - Allegato 1, in Supplemento al B.U.R.T., cit., p. 90.

39 Tali obiettivi sono stati proposti dalla Regione Toscana mediante Delibera della giunta regionale n. 644 del 5 luglio 2004 - Allegato 1 e anche dal Centro di Ricerca del Padule di Fucecchio. Per le proposte di quest’ultimo ente Cfr. Studio per la salvaguardia della biodiversità del S.I.R. Padule di Fucecchio, cit. In particolare si evidenzia la necessità di prevedere una gestione dell’area umida che preveda la presenza di diverse tipologie di vegetazione e che definisca anche gli interventi necessari per la conservazione dei canneti in condizione di diversità strutturale (tagli a rotazione).

40 Le emergenze naturalistiche, la cui tutela è considerata obiettivo principale di gestione, sono sia vegetali che animali. Tra le prime vi sono numerose specie di idrofite, associazioni di pleustofite natanti e formazioni di elofite di notevole interesse conservazionistico, alcune delle quali in forte riduzione o quasi scomparse. Tra le specie faunistiche vi sono molti uccelli nidificanti come il tarabusio, il mignattaio, il falco di padule, la moretta tabaccata, il cuculo da ciuffo, senza considerare che il padule di Fucecchio ospita la maggiore colonia di Ardeidi dell’Italia peninsulare (multispecifica) e una colonia monospecifica di Ardea purpurea (airone rosso). Inoltre, non dobbiamo dimenticare la presenza di importanti popolazioni di specie rare di Passeriformi di canneto e la significativa presenza del cosiddetto topolino delle risaie (Mammiferi), molto raro nell’Italia peninsulare. Per quanto concerne gli habitat più importanti per la diversità biologica dell’area palustre si segnala la presenza di specchi d’acqua a vegetazione sommersa e galleggiante; di aree a vegetazione perilacustre; di torbiere; di prati allagati a piccole carici e di boschetti ripari e umidi.

41 Cfr. Studio per la salvaguardia della biodiversità del S.I.R. Padule di Fucecchio, cit., p. 57.

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attività di disturbo; un’area che “ricongiunga” le due riserve “La Monaca- Righetti” e “Le Morette”, attualmente disaggregate: la prima è posta nel settore settentrionale del Padule, la seconda in quello centro -orientale42.

Secondo Giovanni Valdré43, è proprio la loro diversa collocazione, nell’ambito del cratere palustre, a costituire «un errore di fondo»44: le due riserve, «separate da un corridoio non protetto, di non inferiore importanza biologica, dove viene permessa la caccia vagante e di appostamento fisso »45, rappresentano certamente un primo passo verso la tutela del Padule , ma la loro istituzione si basa su una impostazione che contraddice «la logica di tutela e si configura come fattore di estremo rischio: trattandosi di un unico sistema umido e di un’unica area di sosta e di svernamento, per gli ospiti alati sarà ben difficile distinguere i confini del territorio protetto da quello dove si cade irrimediabilmente abbattuti»46. Una prima soluzione dei problemi inerenti l’estensione, la forma e la disaggregazione delle due riserve pistoiesi potrebbe essere rappresentata dall’ampliamento dell’area “Le Morette” tanto da costituire un corridoio faunistico a protezione delle specie ornitiche.

Per quanto riguarda la riserva posta nel territorio della Provincia di Firenze (confinante con “Le Morette”), la situazione è più complessa visto che siamo in presenza di una estensione che non supera i venticinque ettari e in una realtà caratterizzata da una certa conflittualità tra proprietari e d ente pubblico. Tuttavia, l’esigenza della conservazione degli habitat palustri non può che essere prioritaria rispetto a tutto il resto. Se pensiamo che a distanza di dieci anni dalle “parole” dell’assessore all’ambiente della Regione Toscana, Tommaso Franci47, che sottolineava la necessità di superare il «grave ritardo»48, che aveva caratterizzato l’iter di tutela della parte fiorentina del Padule, attraverso una rapida estensione della superficie protetta, non si è preceduto a nessun allargamento dei confini della riserva, ben si comprende quanto sia difficile il percorso di tutela effettiva del Padule.

Alla fine del 2004 si riaccese l’interesse di alcuni protagonisti del mondo ambientalista nei confronti di un ulteriore percorso di salvaguardia della zona umida che andasse ben oltre la riserva49; tuttavia il dibattito di quel periodo ha dimostrato quanto sia complicato istituire o ampliare aree protette senza una larga condivisione da parte della popolazione locale50. Fu Riccardo

42 Cfr. cartografia allegata al Capitolo II.

43 Cfr. Giovanni Valdré, I parchi non servono più?, in Paesaggio, ambiente e geografia. Scritti in onore di Giuseppe Barbieri, a c. di Franca Canigiani, Leonardo Rombai, cit., p. 274.

44 Ibid.

45 Ibid.

46 Ibid.

47 Cfr. Sara Bessi, L’assessore regionale Tommaso Franci presenta le iniziative in difesa dell’area umida «Estendiamo la riserva», in La Nazione, cronaca di Empoli, 21 ottobre 2004, p. IV.

48 Ibid.

49 Cfr. Carlo Baroni, Riccardo Cardellicchio, assessore all’ambiente di Fucecchio, sostiene la scelta del «Parco naturale» per il Padule di Fucecchio. «La fuga dei Ds e di Legambiente», in La Nazione, cit., p. VII.

50 Cfr. Legambiente a Cardellicchio «Il Parco del Padule è una chimera», in Il Tirreno, cronaca di S.

Croce, Fucecchio, S. Miniato, 24 ottobre 2004, p. X.

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Cardellicchio51, colui che innescò, insieme all’assessore della provincia di Firenze Pier Paolo Spagna, nel maggio 1971, il lungo dibattito sulla ist ituzione del parco naturale nella zona umida fucecchiese52, a riproporre, a distanza di oltre trent’anni, la tesi della necessità di un intervento, da pa rte dello Stato o della Regione Toscana, allo scopo di costituire in modo concreto i l parco del Padule di Fucecchio, la cui realizzazione rappresentava la battaglia più importante della sua vita53. Affermava Cardellicchio: «[Il Padule] ha le carte in regola per diventare parco nazionale e potremmo chiederne l’istituzione al Parlamento con una legge apposita. In seconda battuta potrebbe essere chiesto il parco regionale»54. Secondo l’assessore all’ambiente di Fucecchio, la riserva non era più sufficiente poiché non prevedeva i vincoli dovuti (spesso si trattava soltanto di raccomandazioni), mentre il parco garantirebbe paletti irremovibili55.

La proposta di Riccardo Cardellicchio non trovò una favorevole accoglienza. Fu lui stesso a evidenziare come i Democratici d i Sinistra (partito di maggioranza relativa e di governo a livello locale e regionale) da una parte e ambientalisti dall’altra mostrassero una certa indifferenza verso le sorti dell’area umida56. La segreteria regionale di Legambiente riteneva irrealizzabil e la proposta del Parco nazionale o regionale, considerandola «una chimera»57 e sottolineando, al tempo stesso, come nemmeno i parchi avessero «la bacchetta magica per imporre da un giorno all’altro le chiare e fresche acque in tutti i fiumi e torrenti»58. Di conseguenza, per l’associazione ambientalista risultava necessario proseguire sul cammino della estensione della riserva

51 Cfr. Carlo Baroni, Riccardo Cardellicchio, assessore all’ambiente di Fucecchio, sostiene la scelta del «Parco naturale» per il Padule di Fucecchio. «La fuga dei Ds e di Legambiente», in La Nazione, cit., p. VII.

52 Cfr. paragrafo 4.1. del Capitolo IV di questa tesi.

53 Affermava Cardellicchio: «È la battaglia principale della mia vita. Non si può fare a meno del Padule, della sua importanza per l’equilibrio ambientale, del rapporto uomo-natura. Per la salute.

Chi non lo capisce, si mantiene nel piccolo cabotaggio». Carlo Baroni, Riccardo Cardellicchio, assessore all’ambiente di Fucecchio, sostiene la scelta del «Parco naturale» per il Padule di Fucecchio. «La fuga dei Ds e di Legambiente», in La Nazione, cit., p. VII.

54 Ibid.

55 Ibid. Mentre sui rapporti uomo-natura dichiarava: «Dico da una vita che il padule ha bisogno della mano sapiente dell’uomo, sia padulano che cacciatore, sennò diventa un’altra cosa. E il parco esalterebbe questa mano, non la espellerebbe. Invece, la sta rendendo inutile la situazione attuale».

56 Cardellicchio si lamentava, in particolare, del silenzio di certi personaggi del mondo ecologista. Il riferimento è a Piero Baronti, presidente regionale di Legambiente, responsabile, secondo Cardellicchio, di mettere Legambiente in una posizione «anomala» per quanto riguardava la tutela del Padule. Al tempo stesso l’assessore all’ambiente del comune di Fucecchio cercava di mobilitare altre associazioni quali il Wwf e Italia Nostra per la difesa del Padule. Cfr. Ibid. A Fucecchio si era ricostituita, proprio in quell’anno, la sezione di Italia Nostra Medio Valdarno Inferiore, che si proponeva come erede delle numerose battaglie condotte dall’avvocato e scrittore Piero Malvolti, storico presidente dell’associazione ambientalista, con sede a Fucecchio, negli ultimi decenni del Novecento. Cfr. Italia Nostra – Abitare la Terra, pubblicazione mensile n. 407, gennaio – febbraio 2005, p. 40.

57 Legambiente a Cardellicchio «Il Parco del Padule è una chimera», in Il Tirreno, cit., p. X.

58 Ibid.

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naturale già esistente59. Estensione che ancora oggi attende di essere realizzata sia per quanto riguarda la parte ubicata in provincia di Pistoia, che quella sita nel territorio fiorentino.

Pochi mesi prima (giugno 2004), la studiosa Giuseppina Carla Romby (Università di Firenze) aveva proposto l’istituzione di un “parco culturale a tema” del Padule di Fucecchio, nell’ambito di un Convegno svoltosi a Buggiano e incentrato sull’area umida fucecchiese60. In realtà, sia la proposta di Cardellicchio che quella della professoressa Romby non sono realizzabili, a legislazione vigente: un’area protetta di poco più di duemi la ettari di superficie (quale è il Padule) molto difficilmente potrebbe essere destinata a Parco nazionale61, considerate le modeste dimensioni dell’ecosistema palustre, mentre la proposta del “parco culturale” non è attualmente da prendere in considerazione, poiché la normativa di riferimento, sia nazionale che regionale, non prevede esplicitamente questa tipologia di area protetta62.

59 Cfr. Ibid.

60 Cfr. Atti del Convegno Dalla vallis nebulae al progetto del parco del padule, (Buggiano, 26 giugno 2004), Comune di Buggiano, 2005.

61 I ventiquattro parchi nazionali istituiti in Italia hanno una superficie molto più estesa di quella del Padule di Fucecchio. Vi sono soltanto cinque parchi con una estensione inferiore ai diecimila ettari (Asinara, Arcipelago di La Maddalena, Cinque Terre, Vesuvio). Il parco meno esteso è quello delle Cinque Terre, che, comunque, ha una superficie protetta di quasi il doppio di quella del Padule.

Tutti gli altri parchi nazionali sono compresi tra gli undicimila e i cento settantotto mila ettari di superficie protetta. Cfr. Decreto Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 27 aprile 2010, in Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2010. Serie Generale. Sarebbe dunque più facilmente percorribile l’iter di istituzione di una riserva naturale statale o regionale. Si tenga presente, inoltre, che per l’istituzione di un parco nazionale o di una riserva statale, a partire dalla fine degli anni Novanta, risulta necessaria l’intesa tra lo Stato e la Regione nel cui territorio s’intende istituire il parco o la riserva. Cfr. Legge 9 dicembre 1998, n.

426, “Nuovi interventi in campo ambientale” (c.d. Ronchi ter), art. 2, comma 23. Tale norma ha modificato l’articolo 2, comma 7 della Legge quadro sulle aree protette. Anche i tre parchi regionali istituiti dalla Regione Toscana hanno una estensione notevolmente superiore a quella del Padule di Fucecchio: il parco della Maremma ha una superficie di ottomila novecento ettari; il parco di San Rossore-Migliarino-Massaciuccoli di oltre quattordicimila duecento ettari; il parco delle Apuane di oltre ventimila cinquecento ettari. Cfr. Regione Toscana, Deliberazione del consiglio regionale 23 dicembre 2009, n. 88, cit., Allegato A, in Supplemento al B.U.R.T. n. 3 del 20 gennaio 2010, Parte Seconda, p. 63.

62 Cfr. nota 119 del Capitolo II. Scriveva Elio Manzi, nel 1995, che le normative di protezione dovrebbero prevedere anche altre tipologie di aree protette caratterizzate da valori culturali: «una fattoria della mezzadria toscana con il suo poggio a cultura promiscua; alcuni monasteri e abbazie storiche circondate da boschi […] prescritti dalla regola degli ordini monastici; ciò che resta dei siti granducali mediceo-lorenesi in Toscana, soprattutto i meno noti; e tante altre cose». Elio Manzi, Parchi americani e parchi italiani: la concretezza e i buroparchi, in La Sardegna nel mondo mediterraneo. Quarto convegno internazionale di studi. Pianificazione territoriale e ambiente (Sassari-Alghero), a c. di P. Brandis, G. Scanu, vol. 8 (I parchi e le aree protette), Patron, Bologna, 1995, p. 93. Egli si riferiva cioè a quelle testimonianze della cultura materiale come gli ambienti rurali di vita e di lavoro del passato. Particolarmente significativo il riferimento ai siti mediceo- lorenesi in Toscana: il Padule di Fucecchio è caratterizzato da strutture, edifici, nonché segni impressi nel paesaggio ereditati dal periodo mediceo e lorenese (canali, argini, ecc.); si pensi, ad esempio, alle fattorie granducali (cfr. paragrafo 2.2 del Capitolo II e paragrafo 3.1 del Capitolo III). Tuttavia, dal 1995 ad oggi, la normativa non ha previsto la tipologia di “parco culturale”.

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Il recente cambiamento dello scenario: il riconoscimento del Padule quale zona d’importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar. La recente approvazione, da parte del Ministero dell’Ambiente, dell’inserimento del Padule di Fucecchio, comprendente anche le aree contigue Bosco di Chiusi e Paduletta di Ramone, nell’elenco delle zone umide tutelate dalla Convenzione di Ramsar63, sebbene sia stato un percorso lungo64, ha comunque cambiato, ad avviso dello scrivente, lo scenario generale in cui si colloca l’area umida fucecchiese. Il Ministero competente, infatti, ha inserito in tale elenco anche il Lago di Sibolla, collegato al Padule dal fosso omonimo e l’ex Padule di Bientina, con il quale la zona palustre fucecchiese presenta relazioni significative sotto il profilo naturalistico, come è già stato evidenziato nel secondo capitolo di questa tesi.

I decreti istitutivi delle tre zone Ramsar sopramenzionate consentono oggi di poter analizzare, seriamente (seppur con alcune varianti) , la proposta, già avanzata negli anni Settanta da Piero Malvolti65, storico presidente di Italia Nostra della sezione Medio Valdarno Inferiore, di costituire un Parco regionale comprendente il Padule di Fucecchio, l’intera area delle Cerbaie66 e l’ex Padule

63 Cfr. Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 303, Roma, 21 ottobre 2013.

64 Il primo documento citato in questa ricerca in cui il Ministero manifestava interesse per il riconoscimento del Padule di Fucecchio, del Lago di Sibolla e del Fosso di Sibolla, quali zone umide d’importanza internazionale, ai sensi della Convenzione di Ramsar, risale al 1997. Cfr. Bruno Agricola (Ministero dell’Ambiente – servizio conservazione della natura), Padule di Fucecchio, Roma, 19 marzo 1997. Successivamente, il 18 novembre 2003, il Ministero dell’Ambiente indirizzava una nota alla Regione Toscana a agli enti locali territorialmente interessati, in cui annunciava la convocazione di una riunione tecnica, in data 16 dicembre 2013, presso la Direzione per la Protezione della Natura, a Roma, al fine di valutare l’ipotesi di designazione di diverse zone umide della Toscana, tra cui il Padule di Fucecchio, il Lago di Sibolla e l’ex Padule di Bientina, quali aree da includere nell’elenco Ramsar. Tale convocazione faceva seguito al parere favorevole espresso dalla Regione Toscana (assessore all’Ambiente), nel febbraio 2000, sul riconoscimento internazionale di diverse zone umide toscane. Cfr. Aldo Cosentino (Direttore Generale), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, Convocazione, Roma, 18 novembre 2003, N.

DN/4D/2003/5333. Sulla nota dell’assessore all’ambiente della Regione Toscana, cfr. Tommaso Franci (assessore), Regione Toscana, Nota n. prot. 104/27508/12-02, Firenze, 18 luglio 2000. Nel 2004 la Regione Toscana, mediante delibera di giunta, chiedeva formalmente al Ministero competente il riconoscimento di sette zone umide toscane (tra cui Padule di Fucecchio, Lago di Sibolla ed ex Padule di Bientina), ai fini del loro inserimento nell’elenco Ramsar. Cfr. Regione Toscana, Delibera di giunta regionale n. 231 del 15 marzo 2004. Nel 2013, la Regione approvava gli schemi di decreti ministeriali relativi al riconoscimento delle sette zone umide toscane, ai sensi della Convenzione di Ramsar. Cfr. Regione Toscana, Delibera di giunta regionale n. 379 del 9 settembre 2013.

65 Cfr. paragrafo 4.1.3 del Capitolo IV di questa tesi.

66 L’area delle Cerbaie comprende, in totale, oltre seimila cinquecento ettari di superficie prevalentemente collinare, caratterizzata anche da zone agricole e da edilizia residenziale sparsa.

Estese porzioni del sito, infatti, sono notevolmente antropizzate, con insediamenti, viabilità e corsi d’acqua artificiali. Cfr. Provincia di Pisa, Piano Territoriale di Coordinamento – I siti di importanza regionale della Provincia di PisaSIR 63 Cerbaie (IT5170003), allegato a Deliberazione di consiglio provinciale n. 100 del 27 luglio 2006. Probabilmente anche per queste regioni, oltre che per la sua notevole estensione, risulta difficile comprendere interamente tale zona all’interno di un parco.

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di Bientina. Mancava, nella ipotesi formulata da Malvolti, l’inserimento del Lago di Sibolla. Oggi, al contrario, visti i decreti Ramsar, sarebbe auspicabile istituire un parco regionale incentrato sull’area umida fucecchiese, sull’ex Padule di Bientina67 e sul Lago di Sibolla. Quest’ultimo biotopo rappresenterebbe il collegamento naturale tra i due bacini palustri: si tratta di un chiaro di modeste dimensioni, posto nel comune di Altopascio, circondato da una più ampia zona paludosa, con una superficie totale di quasi duecento venticinque ettari68. Il parco dovrebbe comprendere anche una modesta porzione dei boschi delle Cerbaie, caratterizzata dalla presenza dei vallini umidi, importanti sotto il profilo scientifico, in virtù della presenza di torbiere a sfagno (con entità floristiche relitte) e di taluni specchi d’acqua con ninfee bianche e brasche69. Si tratta di piccole zone umide, poste ad un’altitudine intorno agli ottanta metri s.l.m. nei comuni di Fucecchio e Santa Croce sull’Arno70. Le relazioni sotto il profilo naturalistico tra i Vallini delle Cerbaie e il vicino Lago di Sibolla sono attestate anche dalla presenza, in entrambi gli ecosistemi, dell’entità floristica «Sphagno-Droseretum rotundifoliae, fitocenosi relitta di tipo microtermico che sembra risultare unica in tutta l’Europa mediterranea»71. Si creerebbe, in questo modo, un sistema ambientale omogeneo, sottoposto alle tutele previste dal parco regionale, che si configurerebbe come un “Parco delle zone umide” della Valdinievole e del Valdarno Inferiore (Ipotesi A), più o meno parallelo al corso dell’Arno e ubicato in una zona densamente popolata e urbanizzata, come messo in rilievo, in particolare, nel primo e nel quarto capitolo di questa tesi. Se prendiamo in considerazione le perimetrazioni di tali aree, così come risultano nella cartografia allegata ai decreti del Ministero dell’Ambiente , si formerebbe un parco regionale di medie dimensioni, con una superficie complessiva di circa quattromila quattrocento ettari, cui dovrebbero aggiungersi poche centinaia di ettari dei boschi delle Cerbaie, nei quali sono ubicati i vallini umidi (comprendenti anche le zone circostanti ad essi, poste a protezione), strettamente correlati, dal punto di vista ecologico, alle altre zone umide limitrofe ed in particolare al Padule di Fucecchio e la Lago di Sibolla. In pratica si tratterebbe di un ampliamento delle attuale riserve naturali provinciali già esistenti su tale ampio sistema di aree umide (riserve Padule di Fucecchio e

67 All’interno dell’ex Padule di Bientina si trovano due aree naturali protette d’interesse locale: il Bosco di Tanali e il Bottaccio. In generale si tratta di un ambiente caratterizzato da prati pascolati o coltivi periodicamente sommersi, boschi igrofili relittuali (dominati da farnia, ontano, frassino ossifillo, ontano nero), prati umidi, formazioni di elofite, canali principali e secondari di bonifica. Vi sono poi incolti. Le principali emergenze vegetali sono rappresentate da rare specie igrofile relitte presenti in poche aree umide della Toscana. Cfr. Provincia di Pisa, Piano Territoriale di Coordinamento – I siti di importanza regionale della Provincia di PisaSIR B03 Ex alveo del Lago di Bientina (IT5120101), cit.

68 Cfr. Paolo Emilio Tomei, Emanuele Guazzi, Paola Spinelli, La vegetazione delle zone umide della Toscana: prime considerazioni, Atti Museo Storia naturale della Maremma, 17: 196-206, 1998, p.

200.

69 Sui Vallini delle Cerbaie cfr. paragrafo 1.3 del Capitolo I.

70 Paolo Emilio Tomei, Emanuele Guazzi, Paola Spinelli, La vegetazione delle zone umide della Toscana: prime considerazioni, cit. p. 196.

71 Ibid., p. 205. Tale fitocenosi è stata trovata nei vallini umidi delle Cerbaie, nel Lago di Sibolla, sui Monti Pisani e a Massaciuccoli. Cfr. Ibid., p. 200.

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Lago di Sibolla) e delle due aree naturali protette d’int eresse locale istituite all’interno dell’ex Padule di Bientina (Il Bottaccio e il Bosco di Tanali), fino a costituire un tessuto ambientale unitario. Da considerare che, sebbene i Vallini delle Cerbaie non si trovino attualmente all’interno di riserve o pa rchi, essi fanno comunque parte del Sito d’Importanza Regionale Cerbaie e dal luglio 2007 sono stati inseriti all’interno del Sito d’Importanza Comunitaria delle Cerbaie. Di conseguenza, il loro valore sul piano naturalistico è stato ampiamente riconosciuto anche a livello europeo.

A supporto di tale proposta, oltre agli aspetti sopramenzionati, lo scrivente pone in rilievo come le connessioni, in particolare tra “Cerbaie- Padule-Sibolla”, fossero già state analizzate, studiate e proposte, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del decennio successivo, nell’ambito del Progetto speciale elaborato dalla Regione Toscana nel 1991, allo scopo di coordinare le iniziative e le diverse discipline dell’area protetta 119 – Padule di Fucecchio, previste dalle Province di Pistoia e di Firenze72.

Anche intorno alla metà degli anni Novanta, la Provincia di Pistoia propose, senza alcun risultato, una bozza di Protocollo d’intesa con le Province di Firenze e di Lucca, finalizzato alla individuazione di un iter procedimentale teso alla istituzione di un’ampia riserva naturale “Padule di Fucecchio/Lago di Sibolla”, considerato che tali zone umide fanno parte di un unico sistema ambientale, caratterizzato da notevoli e rare varietà di vita vegetale ed animale, che necessitano di una gestione unitaria, sia nella fase istitutiva delle zone da destinare a riserva e ad area contigua, sia nei momenti successivi di gestione ambientale vera e propria, ai fini di garantire i delicati equilibri ecologici dell’intero sistema. Sulla base di tali atti sarebbe derivata la regolamentazione dell’intera superficie sottoposta a riserva e ad area contigua, la quale avrebbe necessitato di un carattere organico, oltre che della condivisione da parte delle tre Province interessate territorialmente, di cui quella di Pistoia si attribuiva un ruolo di referente per le azioni di tutela73.

La Provincia di Pistoia ha sempre tentato di svolgere un ruolo di coordinamento tra i diversi enti locali in cui sono comprese le zone da sottoporre a salvaguardia, in particolare nel corso degli anni Novanta74. Sicuramente è l’Amministrazione pubblica che ha investito maggiormente, sul territorio di propria competenza, per la tutela e la gestione ambientale della riserva naturale, che rappresenta, anche dal punto di vista della superficie protetta, quella più significativa: a fronte dei duecentosette ettari circa dell e riserve palustri pistoiesi, abbiamo una riserva di venticinque ettari di competenza della Provincia di Firenze, mentre la riserva “Lago di Sibolla”, in provincia di Lucca, comprende sessantaquattro ettari, che corrisponde alla maggior parte della zona umida ubicata nel comune di Al topascio75.

72 Cfr. paragrafo 4.2 del IV Capitolo di questa tesi.

73 Cfr. Protocollo d’intesa tra le Province di Firenze, Lucca e Pistoia, finalizzato alla individuazione di un iter procedimentale che porti alla istituzione della riserva naturale “Padule di Fucecchio/Lago di Sibolla”, allegato a Giovanni Romiti (assessore all’ambiente), Provincia di Pistoia, Riserva naturale Padule di Fucecchio/Lago di Sibolla, Pistoia, 20 febbraio 1996, Prot. n. 15632.

74 Cfr. paragrafo 4.2 del capitolo IV di questa tesi.

75 Sulla riserva naturale “Lago di Sibolla” cfr. Il Padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e Storia, cit., p. 160.

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