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3. Materiali e metodi

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Academic year: 2021

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3. Materiali e metodi

La banca del sangue placentare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa ha gentilmente messo a disposizione sangue ottenuto da cordoni ombelicali scartati dall’impiego clinico a causa dello scarso peso lordo (inferiore ai 124 g). Come campioni di controllo sono stati utilizzati sia prelievi da volontari che, in alcuni casi, prelievi venosi ottenuti al momento del parto dalla madre del bambino da cui il sangue cordonale proveniva. In tutti i casi è stato ottenuto il consenso informato secondo le vigenti normative in materia.

3.1 Linea cellulare Jurkat

Le cellule della linea Jurkat, derivate da una leucemia linfatica a cellule T, sono coltivate nel mezzo di coltura RPMI, addizionato con L-glutammina (2mM), e integrate con siero fetale di vitello (FCS) 5%, precedentemente inattivato al calore (56°C per 30 minuti). Le linee cellulari vengono propagate in un incubatore a 37C, in atmosfera satura di umidità e con il 5% di CO2.

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Periodicamente la linea cellulare viene diluita in modo da preservare una densità ottimale alla propagazione.

In studi successivi è stata effettuata anche la coltura delle cellule Jurkat in terreno RPMI SAF, privo di amminoacidi solforati, al fine di favorire la deplezione del GSH intracellulare. Anche il mezzo di coltura RPMI SAF è addizionato con L-glutammina 1% (2mM), metionina (10mM) e integrato con siero fetale di vitello (FCS) al 5%, precedentemente inattivato al calore (56C per 30 minuti).

3.2 Preparazioni linfomonocitarie

Alcuni esperimenti, oltre che su campioni di sangue intero prelevato dal cordone ombelicale e da donatore sano o dalla madre, sono stati condotti sulle corrispondenti preparazioni linfomonocitarie.

La separazione della componente linfomonocitaria dal campione di sangue intero avviene utilizzando un gradiente discontinuo di densità disponibile in commercio (Lymphoprep - Sarstedt).

Una volta stratificato sopra un uguale volume di Lymphoprep, il sangue viene centrifugato (2000 rpm per 15 minuti). Al termine della centrifugazione, viene prelevato l’anello linfomonocitario, che costituisce lo strato intermedio tra la soluzione (il plasma) e lo strato di lymphoprep, mentre la componente eritrocitaria precipita sul fondo

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della provetta. Il materiale così raccolto viene sospeso in soluzione fisiologica o in soluzione salina fosfata tamponata di Dulbecco (PBS) e sottoposto ad una nuova centrifugazione (2500 rpm per 10 minuti).

3.3 Determinazione del glutatione intracellulare con CMFDA

Gli studi sono stati inizialmente condotti su campioni di sangue intero, ed è stata eseguita la marcatura di campioni appaiati madre-figlio. A tale scopo, da due sospensioni cellulari (madre e figlio), di circa 4.500.000 di cellule totali, lavate e risospese in soluzione fisiologica, viene inizialmente prelevata un'aliquota, pari a circa 300.000 cellule, utilizzata come bianco. Il resto di entrambe le sospensioni cellulari viene incubato con il reagente, la CMFDA (concentrazione finale 0,5µM), preparato nel mezzo di coltura utilizzato per la coltivazione delle cellule staminali (DMEM). L'incubazione si protrae per 30 minuti al buio a temperatura ambiente.

Terminata l'incubazione, si procede ad introdurre all'interno di ciascuna sospensione cellulare un'opportuna quantità di cloruro d'ammonio (NH4 Cl), al fine di favorire la lisi e quindi l'eliminazione

degli eritrociti presenti nel campione, la cui presenza potrebbe interferire con l'interpretazione dei suddetti studi di marcatura cellulare; si lascia incubare per circa 10 minuti al buio. Al termine

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dell'incubazione si effettua un lavaggio in PBS (centrifugazione a 2000 rpm per 5 minuti). A questo punto, eliminato il sovranatante, le cellule vengono nuovamente risospese in PBS. Da entrambe le sospensioni si procede quindi a prelevare un'aliquota di circa 300.000 cellule, da conservare a –20°C in acido sulfosalicilico (SSA) 1%, per la determinazione della concentrazione del GSH intracellulare totale e un'aliquota di circa 400.000 cellule per l'analisi citofluorimetrica. In seguito entrambe le sospensioni cellulari (madre-figlio) sono sottoposte, per un periodo complessivo di circa 2h, ad una moderata agitazione, al fine di favorire l'efflusso dalle cellule del reagente non coniugato al glutatione intracellulare. Ogni 30 minuti dall'inizio dell'agitazione si effettua la raccolta di aliquote cellulari per la lettura al FACS e per la conservazione in SSA1%, come in precedenza descritto.

Identico trattamento, saggiando diverse concentrazioni del reagente (0,05- 0,08-1-5µM) in esame, è stato ripetuto in tempi successivi all'inizio dello studio su estratti linfomonocitari (buffy-coat) di sangue cordonale e di adulto.

In alcuni esperimenti è stata associata alla determinazione del GSH con CMFDA la marcatura con anticorpi fluorescenti, diretti contro antigeni della superficie cellulare. Circa 300.000 cellule,

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precedentemente trattate con CMFDA come sopra descritto, sono state sospese in 400 µl di PBS ed incubate per 10 min al buio in presenza di 10 µl di soluzione dei rispettivi anticorpi (CD34 e CD73, Beckton-Dickinson, marcati con ficoeritrina). Al termine dell’incubazione le cellule sono state lavate in PBS e risospese in 500 µl di PBS per la lettura citofluorimetrica.

3.4 Studi di deplezione del GSH intracellulare con dietilmaleato

Successivamente a tale studio, è stato condotto un saggio su cellule depletate di GSH con dietilmaleato (DEM), in modo da saggiare la specificità della marcatura con la CMFDA per il GSH.

Una volta ottenuta la componente linfomonocitaria da sangue intero di cordone e di donatore sano, ed eseguita la conta delle cellule, si procede inizialmente a prelevare un'aliquota di circa 300.000 cellule per la lettura del bianco. Il resto del volume cellulare viene incubato con il DEM (concentrazione finale 1mM) per 60 minuti a temperatura ambiente e i rispettivi controlli negativi del DEM sono invece incubati con una miscela del solo veicolo (etanolo allo 0,08%) per la stessa durata di tempo dei trattati.

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Terminata l'incubazione dei campioni trattati e dei controlli, si effettua un lavaggio delle sospensioni cellulari in PBS (centrifugazione a 2000 rpm per 5 minuti), si risospendono le cellule nuovamente in PBS, dopodichè si procede al prelievo di una prima aliquota di cellule (circa 100.000) da tutti i volumi cellulari, da conservare a –20C in SSA1% per la determinazione del glutatione intracellulare totale e una seconda aliquota ( di circa 300.000 cellule) per la lettura citofluorimetrica dei campioni.

A questo punto si procede ad incubare i trattati e i controlli con un'opportuna quantità del reagente in studio, CMFDA (concentrazione finale 0,08µM), per 30 minuti al buio a temperatura ambiente. Al termine dell'incubazione si effettua un lavaggio di tutti i campioni (sia dei trattati che dei controlli) in PBS (centrifuga a 2000 rpm per 5 minuti) e si procede a prelevare, come sopra menzionato, le aliquote per la conservazione in SSA1% e per la lettura citofluorimetrica dei campioni.

Dopo il prelievo delle aliquote, inizia l'agitazione delle provette contenenti le sospensioni cellulari per un periodo complessivo di circa 2h, in modo da favorire l'efflusso dalle cellule del reagente non coniugato al glutatione intracellulare, provvedendo a raccogliere, ad

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intervalli di circa 30 minuti ciascuno, le aliquote per la determinazione del glutatione intracellulare totale e per la lettura al FACS.

Lo stesso identico procedimento di marcatura delle cellule con la CMFDA e la deplezione del GSH intracellulare con il DEM è stato in seguito eseguito anche sulle cellule Jurkat, sia su quelle coltivate nel mezzo di coltura RPMI, che su quelle coltivate in terreno RPMI privo di amminoacidi solforati (SAF), in modo da ottenere un decremento del contenuto intracellulare del GSH; infatti in quest'ultimo caso è la mancanza di cisteina nel terreno di coltura a causare la deplezione del GSH intracellulare.

3.5 Determinazione del glutatione totale intracellulare

Il contenuto di glutatione intracellulare totale viene determinato col metodo enzimatico descritto da Tietze (1969) e modificato (Baker et al, 1990) in modo tale da consentire l’utilizzo di un lettore di piastre ELISA (Labsystem Multiskan Plus MKII-Lab system Milano).

Il saggio si basa sul ciclo di ossidoriduzione del GSH in presenza di un ossidante, l’acido 5,5-ditiobis(2-nitro-benzoico) (DTNB) e di un sistema di riduzione enzimatico costituito da glutatione reduttasi (GR) in presenza di NADPH.

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La reazione è quella schematizzata nella figura seguente:

Il lettore di piastra ELISA è corredato da un software che permette di valutare i dati relativi alla cinetica con cui il DTNB è ridotto a acido 5-tio-2-nitrobenzoico (TNB), un cromoforo il cui tasso di formazione è misurato impiegando un filtro interferenziale da 405 nm. Utilizzando degli standard a concentrazione nota è possibile rapportare le letture di cinetica al contenuto in glutatione totale dei campioni.

Gli standard vengono preparati al momento della lettura a partire da una soluzione di GSSG 2 mg/ml disciolta in tampone sodio fosfato 100 mM pH 7,5, contenente EDTA 1 mM. Un’aliquota di questa soluzione viene diluita 1000 volte in SSA 1% w/v in modo da ottenere

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il primo standard e da questo, per diluizioni scalari, si ottengono gli altri standard (da 2 µg/ml a 0,00625 µg/ml).

Gli standard ottenuti e i campioni devono essere neutralizzati con trietanolammina (TEA) in modo da portare il pH in un intervallo compreso tra 6,8 e 7.

A questo punto 50 µl di tutti i campioni e del bianco (SSA 1% tamponato con TEA) vengono caricati in doppio su una piastra da 96 pozzetti. In ciascun pozzetto viene caricata una ugual quantità di miscela di reazione (100 µl) preparata fresca ogni volta e costituita da:

DTNB 1 mM, NADPH 1 mM, tampone Na2HPO4/NaH2PO4 100 mM

pH 7,5 e EDTA 1 mM, GR 1685,6 U/ml. Il tasso di formazione del TNB viene seguito per 3 minuti, con letture effettuate ogni 10 secondi ad una lunghezza d’onda di 405 nm. La media dei valori ottenuti, sottratta del bianco, viene utilizzata per determinare la concentrazione del glutatione totale, calcolata per interpolazione della retta di regressione lineare costruita correlando la concentrazione degli standard e le relative assorbanze.

La concentrazione ottenuta in µg/ml viene poi normalizzata per il volume totale e per il contenuto di proteine del campione espresso in mg.

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Sono state ottenute preparazioni linfomonocitarie da sangue di cordone ombelicale utilizzando la procedura di separazione su Lymphoprep.

Le cellule risospese in PBS sono infine state contate e seminate alla densità di in fiasche da 25cm2 (circa 25*106 cellule per fiasca) nel terreno di coltura DMEM (Dulbecco’s Modified Egle’s Medium) a basso contenuto di glucosio, addizionato con L-glutammina 2 mM, penicillina 100 U/ml e streptomicina 100 µg/ml, e integrato con siero fetale di vitello (FCS) 20%, precedentemente inattivato al calore (56°C per 30 minuti). Le colture sono state mantenute in incubatore a 37°C, in atmosfera satura di umidità e con il 5% di CO2.

Quando le cellule coltivate raggiungevano la confluenza venivano distaccate dalla plastica con una soluzione di tripsina 0,05 % ed EDTA sodico 0,02 %, incubandole per 2-3 min a 37°C. Le cellule venivano poi risospese nell’apposito mezzo di coltura e riseminate alla densità di 104 cellule/ cm2 .

In alcuni esperimenti le colture sono state mantenute, anziche in atmosfera con 5% di CO2, in un’atmosfera modificata contenente 1% di ossigeno e 5% di CO2 utilizzando appositi sacchi di polietilene (atmos-bag – PBI).

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3.7.1 Procedura per la colorazione dei preparati fissati su vetrino

La dimostrazione citochimica della GGT è stata ottenuta utilizzando una modifica della procedura descritta da Khalaf e Hayhoe (1987) per la dimostrazione della GGT in strisci di sangue.

I preparati sono stati lasciati ad essiccare a temperatura ambiente per un tempo variabile da 8 a 24 ore, quindi fissati con una miscela (PBAF) costituita da: 20 mg di Na2 HPO4 , 100 mg di KH2 PO4 , 30 ml

di H2O, 45 ml di acetone e 25 ml di formalina (Yam et al., 1971) per

15 secondi. L'eccesso di fissativo è stato allontanato da tutti gli allestimenti citologici mediante il risciacquo degli stessi in tre vaschette di acqua distillata alla temperatura di 4-100 C.

Dopo essere stati asciugati all'aria per un tempo variabile da 10 a 30 minuti, i preparati sono stati introdotti in una vaschetta da istologia, immersi nel mezzo di incubazione (pH 7,2-7,8) costituito da una miscela di due soluzioni: 1) 10 mg del substrato γ- glutamil-4-metossi-2- naftilammide (GGMN), disciolti in 0,2 ml di dimetil-sulfossido (DMSO), 0,2 ml di NaOH 1mol/l e 3,6 ml di acqua distillata; 2) 60 mg di glicilglicina (Gly2) disciolti in 72 ml di tampone fosfato di

Dulbecco (PBS) pH 7,4. A questa miscela sono stati infine aggiunti 28 mg di Fast Garnet GBC.

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La vaschetta è stata posta su una piastra oscillante per un tempo di 105 minuti. A colorazione ultimata è stato possibile contrastare i nuclei delle cellule con emallume di Mayer. La controcolorazione ha previsto la reidratazione dei vetrini in acqua distillata, l'incubazione in emallume per 10-15 minuti, il lavaggio in acqua di rubinetto per 3 minuti, il breve risciacquo in acqua distillata acidificata con qualche goccia di HCl 1mol/l e l'ulteriore risciacquo in acqua corrente per 2 minuti.

Il saggio, condotto a 370C in presenza di γ- glutamil-4-metossi-2- naftilammide (GGMN) come substrato e di glicilglicina come accettore della reazione di transpeptidazione, si basa sulla reazione catalizzata dall'enzima:

γ- glutamil-4-metossi-2- naftilammide (GGMN) + glicilglicina = γ- glutamilglicinglicina + 4-metossi-2- naftilammide

La 4-metossi-2-naftilammide, liberata dall'attività enzimatica, si lega ai sali di diazonio presenti nel Fast Garnet GBC, formando un composto insolubile di colore rosso granato; a seconda della quantità di prodotto originatosi, quindi dell'intensità della reazione, varierà la maggiore o minore proporzione di cellule che risulteranno positive per l'attività di GGT.

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3.8 Analisi HPLC dei tioli intracellulari ed extracellulari

L’analisi è stata eseguita adattando la metodica messo a punto da Pfeiffer (et al., 1999) e Frick (et al., 2003).

3.8.1 Estrazione dei tioli liberi del medium

Alcune aliquote del terreno di incubazione delle cellule (circa 500 µl) sono acidificate in un ugual volume di acido tricloroacetico (TCA) al 10%, al fine di deproteinizzarle. Successivamente le aliquote vengono centrifugate a 15,000 g per 10 minuti a 4°C per recuperare il sovranatante, sul quale verrà effettuata la determinazione dei tioli liberi.

3.8.2 Estrazione dei tioli liberi intracellulari

Una volta rimosso il terreno dalla fiasca di coltura, si effettuano 2 lavaggi in PBS Ca2+/ Mg++ al fine di eliminare possibili residui del mezzo di coltura, dopodichè si stendono sopra alle cellule circa 600 µl di acido tricloroacetico (TCA ) al 10% e si incuba la fiasca a 20-250 C per circa 20 minuti. Alla fine dell’incubazione, si recupera il TCA e si conserva in una eppendorf a -200C. Al momento della

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determinazione si centrifuga il campione per precipitare le proteine e recuperare il sovranatante, sul quale viene determinata la concentrazione dei tioli liberi. Dopo aver recuperato il TCA, si raccoglie il fondo della fiasca con NaOH 0,1 N, raccogliendo le cellule e conservando la soluzione in una eppendorf a -200C . Su questa aliquota così raccolta verrà effettuata la determinazione della concentrazione proteica totale.

3.8.3 Preparazione degli standard, dei campioni e loro

derivatizzazione

A questo punto si procede a preparare la retta degli standard dei tioli da determinare nel mezzo di coltura e nel solubile intracellulare , cioè il glutatione (GSH), la cisteina (Cys) e la cisteinilglicina (CysGly); lo standard più alto ha una concentrazione pari a 1mM, partendo da una soluzione stock 10 mM, preparata in acido perclorico (0.12 M) e conservata alla temperatura di -200C. Sia i campioni che gli standard vengono diluiti 1:4 in un tampone Tris-HCl 0,2 M a pH 8,2, contenente EDTA 20mM e sodiododecilsolfato (SDS) all’1% (wt/vol). Successivamente avviene l’incubazione dei campioni e degli standard con la tris (2-carbossietil) fosfina, un agente riducente dei possibili disolfuri misti presenti nella miscela. L’incubazione si protrae per

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circa 30 minuti a temperatura ambiente e la fosfina utilizzata per ridurre i tioli ha una concentrazione finale di 50g/l. Al termine dell’incubazione si procede a preparare una miscela costituita da 100µl di campione (la stessa procedura viene eseguita anche per gli standard), 250 µl di tampone sodio-borato a pH 9.5, contenente EDTA (4mM), 20µl di NaOH 1.55M e 110 µl di 7-fluorobenzo-2-ossi-1,3-diazolo-4-sulfonato (SBD-F). La miscela così costituita si lascia incubare a 600C al buio per circa 60 minuti. Questa fase prende il nome di derivatizzazione e permette al composto fluorescente, l’SBD-F, di legare il gruppo sulfidrilico dei tioli in precedenza ridotti con la fosfina. Terminata la fase di derivatizzazione, i campioni vengono acidificati con 20µl di acido ortofosforico (H3PO4) alla concentrazione

finale di 0.4 M e conservati alla temperatura di -200C fino all’esecuzione dell’analisi in HPLC.

3.8.4 Lettura dei campioni

La colonna utilizzata per l’analisi è una C18, ovvero è costituita da una matrice in cui sono presenti grandi catene idrocarburiche a 18 atomi di carbonio. Questo tipo di HPLC è definita a fase inversa, in quanto la fase stazionaria, cioè la matrice , è nettamente apolare, rispetto alla fase mobile, polare, che è costituita da un tampone

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potassio-fosfato (5% di metanolo in 0.2 M di KH2PO4), il cui pH

raggiunge il valore di circa 2.7 mediante aggiunta di acido ortofosforico (H3PO4 ). Il tampone utilizzato come fase mobile viene

filtrato e degassato prima dell’esecuzione dell’analisi; il filtraggio consente di rimuovere dal tampone le particelle che potrebbero intasarne il flusso all’interno della colonna; il degassamento elimina l’ossigeno e quindi scongiura il rischio di formazione di bolle d’aria nella colonna. A questo punto si procede all’analisi, facendo eluire attraverso la colonna in principio tutti gli standard ridotti e derivatizzati, che, spinti dalla fase mobile, raggiungono un detector fluorimetrico, costituito da una lampada che eccita il composto fluorescente, legato al campione, ad una lunghezza d’onda di 385 nm. Il campione emette fluorescenza ad una lunghezza d’onda di 515 nm. La luce emessa è proporzionale alla quantità di campione a cui è legato il composto fluorescente; questo dato, convertito dal detector, viene comunicato ad un computer, che lo esprime mediante un picco. Maggiore è la quantità di campione presente, maggiore sarà l’energia che è in grado di emettere, la quale darà origine ad un elevato segnale ed ad una più elevata altezza del picco elaborato dal computer. Dall’area del picco ottenuto da ciascun campione, sia del mezzo di coltura che dell’intracellulare, per interpolazione con l’area del picco

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degli standard, è possibile ottenere, per ciascun tiolo, il valore della sua concentrazione all’interno del campione.

3.9 Determinazione della concentrazione proteica

La determinazione della concentrazione proteica è eseguita secondo il metodo di Bradford (1976), utilizzando il reagente “Bio Rad protein assay” fornito dalla ditta Biorad.

Per ogni determinazione è allestita una curva di calibrazione, in triplo, utilizzando come standard 1, 2, 4, 8, 12, 16 µg di albumina di siero bovino. Nel caso in cui il campione contenga dei reagenti interferenti con il saggio, si aggiungono ad ogni standard in quantità equivalente al campione. Sia gli standard che i campioni sono portati ad un volume totale di 800 µl con H2O, quindi si aggiungono 200 µl di

reagente Bio-Rad. L’assorbanza è letta a 595 nm dopo un’incubazione di 5 min a temperatura ambiente contro un bianco contenente tutto tranne il campione.

La quantità di proteina del campione è calcolata per interpolazione lineare tra i due valori di standard nel quale è compreso il valore di assorbanza del campione.

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