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CAPITOLO 1 LA CERAMICA NELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA EUROPEA

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CAPITOLO 1

LA CERAMICA NELL’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA EUROPEA

Se si potesse immaginare la città come un libro, percorrere le strade potrebbe essere visto un poco come sfogliarne le pagine, osservare i vari edifici che caratterizzano un quartiere come assistere allo svelarsi dei personaggi di un racconto.

La facciata, intesa come qualcosa di più che un mero confine tra esterno ed interno di un edificio, è come una membrana capace di trasferire funzioni, qualificare uno spazio trasformandosi in quinte del palcoscenico urbano, che spesso permette di localizzare un edificio e di immortalarlo nella nostra memoria, aiutando l’involucro a definire e qualificare il contenuto.

Dalla cultura araba, che concepisce la piastrella come supporto ricco di valore simbolico e figurativo, alla tradizione Spagnola, Lusitana e Italiana, la ceramica ha lasciato il segno nel panorama urbano europeo; non solo, passando attraverso le esperienze di Wagner, Gaudì, Ponti, o più recentemente Sottsass, Mendini e Tschumi, questo materiale ha contribuito a scrivere la storia materica dell’Architettura Internazionale.

La ceramica non ha sempre avuto la stessa importanza nel panorama architettonico europeo: è soprattutto all’inizio del Novecento, infatti, che questo materiale assume un ruolo fondamentale nella definizione della facciata e la sua fortuna si può fare risalire alla nuova sensibilità e all’importanza data all’ornamento. Tra i fondatori di questa rivalutazione dell’ornamento vi è Gottfried Semper che, nel suo testo Die vier Elemente der Baukunst ( I quattro

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elementi dell’Architettura) del 1851, eleva la cultura tessile a origine mitica dell’architettura e indica il rivestimento come principio vitale ed essenziale dell’edificio1.

L’Art Nouveau si pone intenzionalmente come stile ornamentale e si contrappone al naturalismo di fine Ottocento, sia nel campo dell’architettura che in quello delle arti applicate. Una testimonianza importante a favore di questa svolta si ha da Alois Riegl che, nell’introduzione al suo Stilfragen (Problemi di stile) uscito nel 1893, scrive: “ il bisogno di decorazione è uno dei più elementari bisogni dell’uomo”2. L’ornamento dell’Art Nouveau si concretizza nella linea avvolgente, dinamica, sinuosa, dal tratto netto e definito, come si evince dalle parole dell’incisore e ceramista francese Felix Braquemond, che nel 1885 scrive : “ Ciò che nella vita è gesto, movimento, espressione di carattere, manifestazioni di esseri viventi e disposizione di oggetti, nell’opera d’arte diventa linea”3.

Nell’immagine in movimento, di cui la linea serpentinata è dunque il simbolo, si concretizza anche l’idea di spazio dell’Art Nouveau che, per la prima volta, si pone come elemento esistenziale: lo spazio definito secondo la geometria euclidea viene annullato, alla regola classica si sostituisce il ritmo, alla simmetria la asimmetria. I principi dell’Art Nouveau si applicano anche alla ceramica che ne assume sia il forte linearismo, che il nuovo senso spaziale bidimensionale e ne rielabora i temi iconografici come i motivi vegetali, le geometrie e soprattutto la figura femminile, nella doppia accezione di donna angelicata e sensuale ammaliatrice.

Le problematiche del principio del rivestimento, con le sue connotazioni simboliche e le sue connessioni con la tradizione tessile, sono centrali alla cultura

1 Fanelli, Gargiani 1994, pp. 3-14. 2 Masini 1976, pp. 45-61.

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architettonica viennese tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Otto Wagner, Josef Hoffmann e Adolf Loos affidano la qualificazione formale dell’architettura al disegno della parete intesa come pagina grafica ricca di potenzialità simboliche e autonoma dal sistema strutturale4.

Otto Wagner, maestro della Scuola di Vienna e autore di Moderne Architektur , affida il primato formale alla parete, come superficie continua preziosamente rivestita: l’insegnamento di Semper è alla base di questa nuova concezione della facciata, intesa come mascheramento, che implica, però, anche una grande consapevolezza delle tecniche e un forte impulso verso la sperimentazione di nuovi materiali5. Nel concentrarsi sui valori di superficie come mezzo privilegiato del linguaggio architettonico, le ricerche dei protagonisti della Scuola di Vienna, individuano riferimenti fondamentali in culture nelle quali la superficie ha assunto un ruolo simbolico e formale centrale: Venezia e Ravenna sono le mete dei viaggi degli allievi di Wagner, mentre la cultura bizantina, islamica o giapponese viene indagata come fonte di ispirazione e fondamento tecnico.

La poetica del rivestimento viene declinata dagli architetti viennesi anche mediante la combinazione di più procedimenti tecnici di rivestimento utilizzati contemporaneamente: intonaco, piastrelle di ceramica, lastre lapidee e vetri diventano gli strumenti della trasformazione della facciata.

La Majolikhaus, progettata da Wagner e costruita a Vienna tra il 1897 e il 1898, è considerata l’opera manifesto dell’idea di parete come cortina tessile che riveste preziosamente la costruzione6. I primi due piani sono schermati da un involucro di ferro e vetro, che delimita la parte con funzione commerciale, mentre una decorazione in maiolica, di ispirazione tessile, si sviluppa dal cornicione,

4 Fanelli, Gargiani 1994, pp. 67-103. 5 Ibidem.

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investendo gli ultimi due piani. La facciata è rivestita con mattonelle di ceramica decorate a creare un disegno continuo che allude ad un tessuto leggero e trasparente: una tenda (cortina pendente) preziosamente ricamata e fissata alla parete mediante i mascheroni, sopra l’ultima serie di finestre, dai quali scendono dei tiranti che scompaiono dietro il motivo delle ghirlande.

La soluzione decorativa della tenda appesa definisce un modello spesso reinterpretato nei progetti degli allievi di Wagner: Leopold Bauer adotta soluzioni di decorazioni appese nel progetto di casa d’affitto per Valentin Jakubecki (Biala 1902), mentre la facciata dell’edificio commerciale Portois e Fix (Vienna 1900), disegnata da Max Fabiani, ripropone con più coerenza il tema del rapporto tra una superficie continua decorata, come massima espressione di leggerezza, e il vuoto del basamento7. La decorazione in piastrelle del progetto di Fabiani propone un disegno che allude alla trama tessile di un tendaggio, confermando anche l’importanza per la cultura viennese del riferimento al Palazzo Ducale di Venezia, ripreso dall’architetto anche in altre opere.

Il principio del rivestimento e la cortina pendente di Wagner vengono riproposti e indagati anche da un altro grande architetto viennese: Josef Hoffmann . Nelle architetture degli anni Venti Hoffmann declina, con grande magistero grafico, il tema della parete come cortina tessile raffinatamente decorata o con fitte rigature verticali o, come si vede nel progetto non datato di casa d’affitto a sette piani, con motivi floreali che, in una sorta di horror vacui, rivestono l’intera facciata8.

Una esperienza diversa da quella viennese e legata alla tradizione della ceramica moresca, si ha in Spagna, con l’attività dell’architetto catalano Antoni Gaudì, che interpreta le istanze più profonde dell’Art Nouveau con libera e autentica

7 Fanelli, Gargiani 1994, pp. 67-103. 8

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adesione emozionale, trasformandole in fatto vitale, non intellettualistico9. Nell’architettura di Gaudì il rivestimento e il mito della parete tessile si caricano di valenze oniriche organicistiche; la parete diventa, sia all’esterno che all’interno, come una pelle sensibile che si increspa e si raggrinzisce al minimo contatto e segue il movimento della struttura che lo accompagna10. Uomo dalla religiosità profonda, Gaudì è convinto che le qualità materiali dell’architettura debbano essere manifestazioni di ordine spirituale e utilizza un linguaggio intriso di un elaborato simbolismo, che attinge al mondo medievale e fantastico contemporaneamente. La ceramica è per l’architetto un materiale coloratissimo che, utilizzato come frammento, tegola o piastrella, dà vita alla superficie della parete con una infinita gamma di toni accesi e riflessi di luce. Nel Parg Guell a Barcellona, costruito tra 1900 e 1914, Gaudì crea uno spazio in movimento, dove le forme si richiamano direttamente al mondo della natura e le sedute, dalle forme di animali, sono impreziosite da frammenti di ceramica incastonati11. Nella Casa Battllò a Barcellona, costruita tra 1904 e 1907, le forme della facciata rimandano al mondo marino con onde, coralli, lische di pesce, mentre il tetto, realizzato con tegole di ceramica turchese, richiama il corpo squamoso di un drago. Nel 1884 Gaudì inizia la costruzione della Chiesa di Espiazione della Sacra Famiglia a Barcellona, considerata il capolavoro incompiuto dell’architetto, dove il mondo della fantasia, le suggestioni medievali e i riferimenti al mondo della natura si conciliano in un unico clima di spiritualità12. Nel panorama degli architetti del Modernismo Catalano va ricordato anche Domènech i Montaner, che realizza edifici armonizzando razionalità strutturale ed elementi decorativi, ispirati alle

9 Masini 1976, p. 380. 10 Masini 1976, pp. 45-61. 11 Curtis 1982, pp. 54-71. 12

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correnti architettoniche ispano-arabe e alla linea curva, come il Palau de la Musica catalana, del 1908, che prevede una profusione di mosaici, ceramiche e vetri policromi, disposti con armonia e integrati perfettamente nel tessuto architettonico13.

L’esperienza italiana del Liberty assume una posizione di minor rilievo rispetto a quella europea, si avvia in ritardo e si configura come un fenomeno di adesione ad un internazionalismo di moda, anche se rispondente ad una reale necessità di superamento del naturalismo ottocentesco, degenerato in accademia. Torino è il primo centro di irradiazione del Liberty sia per quanto riguarda l’architettura che le arti applicate e l’Esposizione Internazionale del 1902 si dimostra una grande occasione di confronto per gli artisti italiani14.

La ceramica utilizzata in facciata rappresenta un motivo comune di molti architetti che si servono della maiolica con uno scopo prevalentemente decorativo e ornamentale. In Lombardia sono significative le esperienze di Gino Coppedè e Giovan Battista Bossi che rivestono gli edifici con pannelli di ceramica che, nei motivi floreali e nell’abbondanza dell’oro, si rifanno ad esempi Art Nouveau. Nella facciata di casa Galimberti, in via Malpighi a Milano, realizzata da Bossi nel 1905, i pannelli di ceramica, prodotti dalla “Ceramica Lombarda”, propongono due elementi iconografici ricorrenti nella produzione Liberty: il motivo vegetale, di richiamo rinascimentale, e la figura femminile, interpretata in questo caso come donna fatale15.

La Toscana offre ampio margine alla diffusione dello stile Liberty nelle stazioni balneari, dove l’adesione a modi vagamente internazionali serve come

13 Domènech nasce a Barcellona nel 1850 e muore nel 1923.

14 Masini 1976 pp. 317-351. Si veda anche il Catalogo della mostra Torino 1902, pp. 434-441. 15

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dimostrazione di prestigio e contribuisce a creare ambienti diversi da quelli consueti della città, quindi distensivi e vacanzieri.

A Firenze Giovanni Michelazzi dimostra una grande fantasia creativa che gli permette di tradurre in autentico linguaggio, una consapevole mediazione di Olbrich e degli scritti di Wagner, filtrata attraverso la lezione pratico lineare di Horta16. Nel villino Caraceni a Firenze l’articolazione dello spazio è resa evidente, all’esterno, dalle masse aggettanti e nella curvatura dei piani d’angolo, sottolineati dalle ceramiche di Galileo Chini, non aggiunte, ma connaturate all’articolarsi dei volumi.

A Venezia Guido Costante Sullam progetta alcune ville nelle quali la ceramica diventa l’elemento dominante della facciata, proponendo un motivo decorativo floreale stilizzato, ripetuto ossessivamente a riempimento di ogni spazio, che rievoca le forme tessili di Wagner ma anche quelle eleganti e sinuose degli edifici sulla laguna.

In Italia grande importanza acquistano anche alcune famose manifatture di ceramica come la “Ceramica Italiana” e le “Fornaci di San Lorenzo” di Galileo Chini, la “Richard Ginori” di Doccia o la “Società Ceramica” di Laveno che, come si può constatare dai cataloghi di fabbrica, dedicano una parte della loro produzione alla ceramica da esterni17.

Lo sviluppo e l’evoluzione della ceramica applicata all’architettura è strettamente connessa con il valore e l’importanza che viene data, nei diversi periodi storici, all’ornamento, in quanto considerato in una accezione decorativa e separata dalla struttura dell’edificio. Già nel 1908 Adolf Loos, di ritorno dagli Stati Uniti, intraprende una crociata volta a far conoscere la semplicità, l’eleganza e la

16 Masini 1976, pp. 317-351 e figure 916-920. 17

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funzionalità dei mobili dell’americano Stickley, scrivendo il celebre testo Ornamento e delitto18. La fondazione del Deutscher Werkbund in Germania, che accetta il concetto di standardizzazione edilizia come elemento di possibile espressione artistica, è determinante per la formazione di una nuova concezione dell’architettura e delle arti applicate. Cresce la consapevolezza che la forma degli oggetti non è destinata soltanto alla fruibilità estetica, ma anche alla funzionalità ed è posta in stretto rapporto con la realizzazione industriale e alla stessa sua ripetitività seriale. Dopo il successo del Bauhaus e del Neoplasticismo si diffonde in Europa una architettura contraria ad ogni forma di decorativismo che vede nella funzione, e non nella forma, l’elemento caratterizzante dell’edificio.

E’ solo a partire dagli anni Sessanta che nel mondo dell’architettura e delle arti applicate si fa avanti un tentativo di superare il Razionalismo e il Funzionalismo che hanno esaurito la spinta rivoluzionaria del primo periodo. Nel 1960 si sviluppa in Europa, in contrapposizione alle tematiche del Funzionalismo, una vera e propria ricerca architettonica d’avanguardia che propone tematiche legate all’utopico, al fantascientifico e all’irrazionale e che viene denominata Architettura Radicale. Tra il 1960 e il 1970 si diffonde in America il Post Modern, un movimento in aperta polemica con il Funzionalismo, che tenta di unificare il linguaggio della Pop Art con il repertorio architettonico classico. Sempre in questi anni nasce in Italia il Neorazionalismo che, in opposizione al principi dl Movimento Moderno, evidenzia la necessità di un ritorno ad una architettura aderente alle tradizioni culturali delle varie realtà geografiche e che, pur tenendo conto della funzionalità, non trascuri la forma.

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La ceramica applicata all’architettura, rifiutata dal gusto razionalista, torna ad assumere un ruolo significativo a partire dalla metà degli anni Cinquanta, aprendosi a nuove interpretazioni e al progresso della tecnica. Artisti come Lucio Fontana, Carlo Zauli, Nino Caruso, architetti come Paolo Soleri, Gio Ponti e Marco Zanuso, designer come Marcello Morandini, Atonia Campi, Alessandro Mendini, Ettore Sottsass, immettono nella produzione delle aziende più rappresentative del momento ( “Joo Gresite”, “D’Agostino”, “Faenza”, “Richard Ginori”) i segni del proprio lavoro individuale, sollecitando tecniche e tecnologie adeguate19. Ponti, Mendini e Sottsass danno interpretazioni personali della ceramica applicata all’architettura: il carattere modulare della piastrella come elemento seriale, ma capace di creare motivi sempre nuovi, è associato ad un valore simbolico, legato alla tradizione e all’evoluzione storica di questo materiale.

Gio Ponti comincia la sua attività di design all’industria ceramica Richard Ginori e rielabora complessivamente la strategia di disegno industriale della società, vincendo il Gran Prix all’Esposizione di Parigi del 192520. Nella sua vasta produzione, che va dall’architettura, all’arredamento, alle scenografie teatrali, Ponti sostiene che la funzionalità debba risolversi in una dignità intrinseca, definita dalla proporzione, dalla purezza, dalla varietà dei materiali, dalla cura nei particolari, che devono, tuttavia, equilibrarsi nella unicità dell’edificio. Ogni dettaglio dell’architettura, ogni particolare dell’arredo è oggetto di una precisa progettazione e produzione seriale, che si basa sulla ripetizione, ma che, proprio in quanto tale, necessita della massima sofisticazione possibile. Questo è vero anche

19

Bertoni, Silvestrini 2005, p. 19.

20 Ponti nasce a Milano nel 1891, si laurea in Architettura e apre uno studio insieme all’architetto Emilio Lancia,

partecipando a Biennali (Monza) e Triennali (Milano). Nel 1928 inizia anche la sua attività editoriale fondando la rivista “Domus” che, assieme a “Casabella”, rappresenta il centro del dibattito culturale dell’architettura e del design italiani della seconda metà del Novecento. Si veda Bertoni, Silvestrini 2005, pp. 208-211.

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per le piastrelle: il rivestimento ceramico è adatto alla qualificazione dello spazio esterno e Ponti disegna, negli anni Cinquanta, numerose tipologie di piastrelle a diamante, a embrici, a bugne21. Le qualità materiali della ceramica, secondo Ponti, hanno la caratteristica di rinnovarsi continuamente rendendo la superficie della facciata vibrante di luce: la pioggia infatti, lavando gli edifici, restituisce loro nuova lucentezza e ne rinnova la modernità22. Emblematico è il caso dell’albergo Parco dei Principi a Sorrento, del 1964, non architettura di Ponti, ma trasformata in evento eccezionale dell’architetto, che riveste sia l’esterno che l’interno, con piastrelle di ceramica, prodotte dalla “Ceramica D’Agostino” di Salerno, utilizzando due soli colori: il blu e il bianco. Qui Ponti propone il concetto della “semplicità lussuosa”: nella produzione seriale è impossibile modificare continuamente il progetto, ma, attraverso la libera ricomposizione di un modulo o di un partito decorativo, si può ugualmente raggiungere quella differenza e quella unicità che, apparentemente, appartengono solo alle arti decorative e non al design. I ciottoli smaltati in verde, della “Ceramica Joo”, trasformano l’architettura imponente dell’albergo Parco dei Principi di Roma, del 1964, in un gioco arabo: ripetuti in facciata, intorno alla piscina, alternati ad altri bianchi, per creare campi e bordure, i ciottoli diventano l’elemento principale dell’articolazione dell’edificio23.

Alessandro Mendini, architetto e designer, utilizza ampiamente la ceramica sia negli interni che negli esterni degli edifici, secondo una personale interpretazione24. Mendini vede nella piastrella un oggetto di design per

21 Notizie tratte dal portale italiano Archimagazine, del 20.01.2007. 22

Ibidem.

23 Notizie tratte dal portale italiano Archimagazine.com.

24 Mendini (Milano 1931) si afferma nel panorama internazionale per aver interpretato mobili, architetture,

installazioni come occasioni per riflettere e approfondire la propria spiritualità: pur non trascurando l’aspetto innovativo e pratico della serialità, strumenti comuni e asettici, come la calcolatrice, si trasformano in oggetti

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eccellenza perché, tramite la sua produzione industriale, permette di coprire grandi superfici, attraverso la ripetizione di un elemento modulare. La ceramica crea un sistema visivo di superfici che, per l’architetto, oltre a sensazioni estetiche, comunica anche sensazioni antropologiche. Nel progetto di Museo nel Messico Mendini utilizza la ceramica come materiale storico, memore del passato di un popolo, e per questo le superfici esterne ed interne sono decorate con piastrelle degli Indios di Puebla, che hanno una tradizione iniziata nel Seicento. Figura eclettica e poliedrica, difficilmente inquadrabile secondo i canoni di un’estetica, Ettore Sottsass è designer, architetto, urbanista, pittore, fotografo e nella sua carriera artistica si è confrontato anche con la ceramica architettonica25. Quella di Sottsass è una architettura disegnata attorno all’uomo: una progettazione antropocentrica tesa a stabilire un contatto organico tra la natura e la costruzione. Sottsass è affascinato dal mondo della ceramica azteca che, a differenza della tradizione orientale, non utilizza smalti vetrosi, ma presenta dei colori molto chiari e opachi. Nel tentativo di ricreare le suggestioni della ceramica azteca, Sottsass sperimenta varie tecniche, fino ad arrivare ad una colorazione a freddo, opaca, senza vetro o lucido, priva di riflessi, che utilizza sia negli interni che negli esterni26. Anche l’architetto torinese Paolo Soleri apporta una interpretazione personale della maiolica all’interno del proprio lavoro, sostenuto da una forte coscienza ecologista, che cerca di armonizzare gli edifici al tessuto urbano, come ad esempio nella fabbrica di Ceramica Solimene, a Vietri sul mare,

capaci di rendere l’attività per la quale sono stati progettati più dilettevole ed emozionale. Si vedano le immagini del volume Haks, San Pietro 1996.

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Ettore Sottsass nasce ad Innsbruk nel 1917. La ricerca artistica, etica ed esistenziale, l’ha portato a contatto con il Razionalismo, il Movimento Arte Concreta, lo Spazialismo e la cultura Pop, fino ad approdare, in anticipo sui tempi, ad una concezione di design come strumento di critica sociale e politica. Si veda il volume Bertoni, Silvestrini 2005, pp. 231-233.

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del 1953, dove si possono leggere, oltre ai riferimenti all’insegnamento di Wright, componenti formali derivate da Gaudì27.

Nell’architettura contemporanea i rivestimenti esterni hanno ancora un ruolo di primaria importanza e quelli in ceramica, per storia e tradizione, sono tra i protagonisti più utilizzati in assoluto, perché, più di ogni altro materiale, garantiscono risultati estetici ad altissimo livello, consentendo grandi risposte progettuali, durata nel tempo, facilità di posa e di pulitura. Architetti contemporanei come l’austriaco Hudertwasser, il francese Bernard Tschumi e il portoghese Alvaro Siza hanno scelto la ceramica come rivestimento per i loro edifici. Tschumi utilizza la ceramica come un materiale leggero e flessibile, rivestendo con piastrelle colorate la School of Architecture di Miami in Florida, mentre Siza costruisce architetture concrete, prive di eccessivi astrattismi e inserite nel contesto naturale del luogo, nelle quali si riconosce il profondo amore per i materiali, tra cui la ceramica, utilizzata come raffinato dettaglio nel Padiglione Carlos Ramos, della Facoltà di Architettura di Porto, in Portogallo, del 198528. Friedrich Hudertwasser, pittore e scultore ecologista, elabora un personale concetto dell’architettura, dopo essersi avvicinato in pittura al cromatismo di Klimt e Schiele, e si concentra sulla trasformazione della superficie muraria attraverso l’impiego della ceramica, rifiutando le forme razionaliste e la linea retta, alla ricerca un rapporto di armonia con la natura29. Uno degli edifici più esemplificativi dell’attività dell’artista è rappresentato dalla Hundertwasserhaus di Vienna, dove la ceramica assume un ruolo fondamentale,

27 Paolo Soleri nasce a Torino nel 1919. Si laurea al Politecnico di Torino nel 1946 e si trasferisce subito dopo

negli Stati Uniti, dove lavora per due anni nello studio di Wright, a Taliesin West. Lima 2004, pp. 185-187.

28 Informazioni ricavate dal portale italiano di architettura Archimagazine. 29

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creando una superficie mossa, variopinta, vibrante di luce, che asseconda le forme asimmetriche dell’architettura.

La piastrella incontra oggi nuove valenze funzionali nelle sue applicazioni architettoniche, diventa per esempio qualcosa di effimero e non duraturo, incontra nuove performance, si combina con tecnologie diverse. Così nascono progetti come “Dots”, organizzato dalla Domus Academy, che per esempio, utilizza un sistema di piccole tessere ceramiche collegate da una rete di nylon trasparente che gli conferisce elasticità e flessibilità, non solo fisica, ma anche di impiego, potendo essere facilmente smontato30. Un altro progetto interessante è il “Breath” in cui il sistema di rivestimento si trasforma in un pannello interattivo, capace di comunicare con la città e con i suoi utenti, apportando cambiamenti alla propria geometria, secondo una visione dinamica del contesto urbano.

Estetica e design interpretano le più aggiornate tendenze dell’abitare che, nei prodotti più recenti, consente di trovare una propria adeguata collocazione non solo nelle abitazioni, ma anche nei nuovi spazi del costruito, quali pavimenti di centri commerciali e uffici, arredo urbano e luoghi di culto31. Questa qualità e ricercatezza estetica è unita ad un insieme di proprietà tecniche in grado di assicurare, per i pavimenti e le pareti rivestite di ceramica, il mantenimento nel tempo della bellezza e della funzionalità iniziali. I prodotti che trovano ampie possibilità di applicazione nell’arredo urbano sono principalmente il gres porcellanato, il cotto e il klinker, che uniscono caratteristiche estetiche importanti con ottimi livelli di resistenza alle sollecitazioni di diverso tipo (meccaniche, chimiche, igrometriche). Molto successo hanno riscosso le pareti ventilate, veri e propri sistemi tecnologici, che permettono di coniugare esigenze prettamente

30 La Domus Academy nasce a Milano nel 1982 come progetto aperto attorno all’esperienza del design e della

moda italiani.

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tecniche, criteri estetici e scelte progettuali all’avanguardia32. Agganciati alla struttura metallica portante, i pannelli ceramici ricoprono impianti idraulici ed elettrici, lasciando ampia libertà a interventi di manutenzione futuri. Facciata e scheletro d’ancoraggio proteggono un pannello isolante, che consente di mantenere i locali interni freschi d’estate e caldi d’inverno.

La sperimentazione tecnologica degli ultimi anni ha prodotto molti tipi diversi di piastrelle che, alla prerogativa estetica e decorativa, associano una funzione specifica. Molto innovative sono in questo ambito le piastrelle con fibre ottiche o quelle progettate per i videolesi. L’applicazione di fibre ottiche nel corpo della piastrella, attraverso fori di 2 mm ottenuti con l’idrogetto, consente il passaggio della luce, che attribuisce al materiale luminosità e colori sempre nuovi, mentre elementi apparentemente non collegati tra loro, trovano un punto di incontro nell’innovativo e originale prodotto ceramico, in grado di favorire la mobilità dei videolesi. Un linguaggio speciale impresso sulla superficie di queste piastrelle permette, infatti, di individuare un percorso da seguire. Scanalature, calotte sferiche, posizionate in direzione e con angolature differenti, sono legate a codici specifici, che segnalano linee d’arresto, gradini, incroci e deviazioni. Gli elementi modulari sulla superficie sono percepiti al tatto plantare, manuale, attraverso l’udito, e, per gli ipovedenti, il contrasto di luminosità.

La ceramica di rivestimento punta così su nuove destinazioni d’uso, che possano permettere uno sviluppo in continua simbiosi con l’abitare, creando un dialogo costante tra il mondo dell’architettura e quello del design.

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CAPITOLO 2

GALILEO CHINI E LA CERAMICA APPLICATA ALL’ARCHITETTURA A VIAREGGIO

1. Viareggio e la Versilia

La fascia costiera, lunga circa 20 Km, che da Viareggio si estende fino alla foce del Cinquale, per la sua posizione strategica vicino al mare, viene contesa lungamente dalle due potenti città di Lucca e Firenze, fino a quando, nel Cinquecento, il papa mediceo Leone X pone fine alla disputa, assegnando Viareggio alla Repubblica di Lucca e la zona di Pietrasanta al Granducato di Toscana33.

Il Castello di Viareggio risale al 1172 ed è la prima testimonianza del piccolo centro, che nasce come punto difensivo e di controllo marittimo lucchese, composto da poche case, raggruppate ai piedi della torre “Matilde”. Bisogna aspettare il Settecento e la bonifica di Bernardino Zendrini perché Viareggio cominci ad assumere l’aspetto di centro abitato: la bonifica della pineta crea nuove zone per coltivare ed elimina il grave problema della malaria. La lontananza dall’etichetta e dalle regole severe, imposte sulla vita pubblica a Lucca, ne fanno un rifugio, ambito e proibito, per l’aristocrazia lucchese, che inizia a costruirvi le sue ville, per le vacanze e il tempo libero.

Maria Luisa di Borbone, infanta di Spagna e sposa di Carlo Ludovico di Borbone di Parma, nel 1820 ottiene da Napoleone, per conto del figlio, la sovranità del Ducato di Lucca e dalla colta Parma, soprannominata Atene d’Italia, porta una

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ventata di razionalismo di sapore illuminista34. La duchessa si innamora di quel piccolo gruppo di case ai piedi della Torre Matilde e decide di eleggere Viareggio a sua dimora: il primo passo è l’editto del 1820, che eleva Viareggio al rango di città, poi affida all’architetto ducale, Lorenzo Nottolini, l’incarico di pianificare l’assetto urbanistico a scacchiera35. Nuovo impulso viene dato all’attività cantieristica che si sviluppa a sud del centro, nella Darsena, dove vedono la luce imbarcazioni sempre più leggere e veloci, adatte per la pesca e soprattutto per i trasporti, che diventano presto famose in tutto il mondo, come il “Barcobestia”. Anche Paolina Borghese, sorella di Napoleone, dopo il sogno utopistico svanito con la morte del fratello, sceglie Viareggio per la sua dimora, pensata come tempio di una Venere dalla canoviana bellezza. La villa sorge lontano dal centro abitato, fra il mare e la pineta, proprio nel punto in cui il mare ha straccato il corpo del poeta Shelley, e viene pensata come luogo incantato e circondato da giardini, dove la principessa vive, lontano da occhi indiscreti, l’intenso amore con Giovanni Pacini, maestro di camera e cappella della duchessa di Lucca36. Gli anni segnati dalla rivoluzionaria avventura di Napoleone vedono un cambiamento irreversibile dell’Europa e della sua società; anche il modo di vivere risente di questa nuova apertura intellettuale e fisica verso gli spazi aperti e la natura, che si concretizza, ad esempio, con i primi fenomeni di turismo legato alle città termali. Sul finire dell’Ottocento Viareggio si delinea, sempre più, come città balneare e la parte costiera, a nord rispetto alle attività del porto e della cantieristica, si sviluppa per accogliere un turismo elitario, trasformando definitivamente il volto della città. La “passeggiata” viene inaugurata nel 1902: chalet lignei, ingressi ai bagni, cinema, caffè, negozi vengono costruiti, sui viali a mare, dalle maestranze

34 Pagliarani 1987, pp. 15-23. 35 Ibidem.

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locali e dai carpentieri della Darsena, con mezzi effimeri, come legno e ferro, secondo i requisiti di temporalità imposti dalle leggi demaniali37. Il ruolo simbolico di questa trasformazione che segna la fine di un secolo, l’Ottocento, e la fiduciosa aspettativa di modernità nell’inizio del nuovo, il Novecento, è un cambiamento stilistico e culturale, che si colloca nell’ambito del rinnovamento artistico europeo e italiano, e che si avvale delle Esposizioni Universali come mezzo di diffusione. Nella Passeggiata vengono ricontestualizzati i padiglioni fieristici delle Esposizioni, schermi leggeri con ampie aperture in continuo dialogo con l’esterno, una sorta di elegante palcoscenico per la nobiltà e la borghesia vacanziera. Un esempio significativo è il fatto che per l’ingresso del bagno Nettuno si riutilizza l’arcata, affiancata da torrette, con forme orientaleggianti, costruita da Gino Coppedè per il padiglione dell’Esposizione Universale di Milano 1906, mentre la moda giapponese, celebrata dalle Esposizioni Universali di Londra e Parigi, tra 1862 e 1889, si concretizza nello chalet Martini38.

L’incendio del 1917, che distrugge le architetture lignee della Belle Epoque, porta un desiderio di rinnovamento e di modernità e, in seguito all’approvazione del piano regolatore del 1923, viene indetto un concorso per la “progettazione architettonica della passeggiata”39. I protagonisti della ricostruzione, per quanto riguarda Viareggio, sono l’architetto Alfredo Belluomini e Galileo Chini, che danno un nuovo volto all’architettura locale e segnano il passaggio dalla cultura decorativa del Liberty alla semplificazione déco, arricchita di suggestioni orientali, proveniente dalle Esposizioni di Monza (1923, 1925, 1927) e di Parigi (1925).

37 Giusti 1998, pp. 9-11. 38 Polleschi 1994, pp. 5-18. 39

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In questi anni nascono anche le prime edificazioni di Lido di Camaiore e Forte dei Marmi: le ville isolate e immerse nella pineta vengono progettate per una committenza elitaria di nobili e artisti. Architetti come Raffaello Brizzi, Giovanni Michelucci, Aurelio Cetica e Pietro Porcinai diventano artefici della ricostruzione di tutta la costa versiliese, percorsa, dal 1913, dalla rete tranviaria lunga 16 Km. Negli anni Trenta nasce un unico “Ufficio Tecnico” per la ricostruzione del Viale a Mare, formato dagli ingegneri comunali di Viareggio, Camaiore, Pietrasanta e Forte dei Marmi: gli elementi decorativi vengono controllati e ridotti a schemi ritmici e compositivi fino ad arrivare a risultati razionalisti, realizzati con linee geometriche e colori chiari, all’interno di forme eleganti e leggere.

Il ventennio fascista vede una stretta collaborazione tra regime e architettura e il cambiamento di registro progettuale si concretizza nei nuovi progetti di Brizzi e della scuola fiorentina40. La società degli anni Trenta è ormai distante dal gusto floreale e Liberty della prima Viareggio, tanto che, nel 1936, il regime proibisce le decorazioni ceramiche sulle case, in favore di una architettura razionale e dell’economia, segnando il destino di alcuni edifici ritenuti ormai fuori moda41. In questi anni Viareggio, Forte dei Marmi e Lido di Camaiore diventano una meta turistica importante, ma alla ristretta classe aristocratica, si sostituisce la nuova borghesia in ascesa e il mondo di intellettuali che comincia a ruotare intorno al Premio Letterario, fondato da Leonida Repaci.

Dopo la seconda guerra mondiale e gli anni cupi della resistenza e delle lotte sociali, la Versilia si risveglia in un mondo ormai cambiato ma pieno di aspettative e speranza nel futuro; nasce la città giardino, a nord di Viareggio,

40 Importanti esempi di architettura razionalista di questi anni sono la Nuova Stazione ferroviaria di Viareggio e

il nuovo Stabilimento del Principe di Piemonte. Si veda a tale proposito il volume Belluomini Pucci, Borella 2004.

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mentre Pietrasanta, Lido di Camaiore e Forte dei Marmi vengono lottizzate ed edificate.

Gli anni Sessanta del boom economico segnano l’ascesa della Versilia come meta del turismo di massa; l’automobile domina indiscussa sui viali a mare e la notte si anima nei locali come la Capannina di Franceschi e la Bussola di Sergio Bernardini.

2. La riscoperta della ceramica nell’architettura del Novecento

La decorazione ceramica, presente all’esterno degli edifici, è tipica del mondo islamico ed è arrivata in Italia soprattutto tramite i contatti commerciali con il mondo arabo delle Repubbliche Marinare, che ne hanno importato l’utilizzo nelle facciate delle chiese romaniche. Molti esempi si trovano nelle città cosmopolite e aperte ai contatti con l’Oriente come Venezia, Amalfi o Pisa; i bacili, contenitori in maiolica policroma e di forma concava, vengono inseriti in facciata per decorare e arricchire il prospetto di ingresso all’edificio religioso42.

Con l’avvento del Liberty in Italia si assiste ad una ripresa consistente di questa pratica decorativa fondata sull’utilizzo della ceramica e Galileo Chini ne è forse il promotore più attivo, che dedica all’attività di ceramista moltissime energie, dando vita a due Manifatture : “Arte della Ceramica”, a Firenze, e le “Fornaci di San Lorenzo” nel Mugello.

Chini trova nel mezzo espressivo della ceramica il veicolo più efficace per l’innovazione artistica e per la sperimentazione del linguaggio Liberty. Chini sicuramente conosce gli esempi delle chiese romaniche toscane e venete, ma la

42 Esempi significativi si trovano in molte chiese pisane del X e XI. Numerosi bacili e decorazioni ceramiche del

periodo romanico e spesso attribuiti a manifattura araba sono presenti all’interno della collezione del Museo di San Matteo a Pisa.

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spinta ad utilizzare la ceramica in architettura viene, più probabilmente, dal viaggio in Siam, compiuto tra il 1911 e il 1913, per affrescare la cupola dello scalone d’onore del palazzo del trono a Bangkok. Chini rimane colpito dai colori e dalle atmosfere del Siam, nei suoi diari descrive le città che incontra, il paesaggio ed i popoli, avendo cura di parlare anche delle abitudini e delle particolarità di questa civiltà, così diversa e affascinante. Nei diari è possibile leggere le pagine in cui descrive “quei templi dalle mura bianche, dalle porte in oro, dalle finestre in mosaico vetraio e madreperla, da tetti di ceramica policroma e dorata, sostenuti mediante ossatura di legni preziosi o laccati, con Budda e con Santi di bronzo dai colori di patina fosforescente, con statue di stranissimi simboli, per noi incomprensibili, sono che oltre passano ogni descrizione43”. Dal Siam Chini porta numerosi oggetti ricevuti in regalo o acquistati, tra cui mobili, ceramiche, tessuti, dipinti, maschere, armi, oggetti di culto e giochi.

L’edificazione della Passeggiata di Viareggio e la fiorente crescita edilizia degli anni Venti, in un periodo di sviluppo economico della città, dovuto soprattutto all’attività legata al turismo balneare, costituisce il pretesto per realizzare questo affascinante connubio tra le maioliche policrome, prodotte dalle “Fornaci di San Lorenzo”, e le architetture eclettiche di Belluomini.

Le cupole esotiche del Gran Caffè Margherita, costruite con tegole e inserti di maiolica policroma, si distinguono nella siluette della Passeggiata, imitate e riprese da quelle dell’Hotel Imperiale e dalle forme sinuose e orientaleggianti delle architetture di Belluomini, come il Bagno Balena.

Con lo sviluppo economico degli anni Venti Viareggio diventa una città balneare, riservata ad un turismo elitario di nobili e letterati, ed il volto urbanistico cambia:

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la passeggiata viene riedificata, gli stabilimenti balneari si trasformano e si ampliano, nascono grandi alberghi di lusso e sorgono le ville di famiglie importanti, che scelgono Viareggio come meta turistica. La committenza elitaria, i Tomei, gli Arrighi, i Brunetti, i Cataldi e le altre famiglie, chiede a Chini di ricreare sulle facciate delle ville le suggestioni ed i colori del mondo orientale, utilizzando un repertorio iconografico che da una parte si rifà al mondo rinascimentale e dall’altro si apre alle geometrie delle nuove tendenze artistiche. L’utilizzo della ceramica in architettura deriva anche da un fattore pratico legato all’ambiente marino della città: la decorazione ad affresco, ad esempio, sarebbe impossibile a Viareggio, dove il vento frequente e l’alta concentrazione di salmastro nell’aria tendono a corrodere e degradare precocemente le superfici. La ceramica invece, data la sua resistenza ai fattori atmosferici, si presta bene a questo utilizzo ed è anche grazie a questa sua caratteristica che si è sviluppata, nel tempo, una vera e propria tradizione di ceramica architettonica. Un aspetto fondamentale da affrontare è quello della tecnica utilizzata da Chini, che può essere definita “mista”, e che ha permesso di creare manufatti ceramici di alta qualità, capaci di resistere ai fattori atmosferici e arrivati fino ai giorni nostri in buone condizioni44.

La base è quella tipica della maiolica italiana di Montelupo o di Faenza: questa tecnica, importata dal mondo islamico nel Medioevo, consiste nella produzione di un biscotto in terracotta ricoperto di smalto stannifero che contiene silice, ceneri sodiche calcinate, piombo e stagno. Chini, partendo da questa base di maiolica, definisce i particolari con una decorazione a “terzo fuoco”, cioè applicando un secondo strato di colori per i dettagli e cuocendo nuovamente il manufatto. Chini

44 Queste notizie sono state fornite da Annalisa Marrocco, ceramista viareggina diplomata al CISIM di Ravenna,

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utilizza molto anche la tecnica del “lustro”, tipica del mondo arabo, cioè una pellicola iridescente che si ottiene stendendo ossidi metallici e ocra sull’oggetto finito.

Gli edifici della Passeggiata e del centro della città costituiscono un repertorio unico ed un museo a cielo aperto dove ammirare il connubio fra le architetture eclettiche di Belluomini e le maioliche di Chini, che ha dato vita ad una tradizione che è arrivata, trasformandosi, fino ai giorni nostri.

3. La produzione ceramica di Chini

Era allora l’epoca del Liberty e bisognava assimilare a questo stile anche il soprammobile…Il Vaso o il Piatto Cafaggiolo, Montelupo, Faenza, Savona ecc…non erano ad esso intonati. Noi cercavamo di avere una parola propria, si doveva al Movimento Artistico riformarsi45.

Nel 1896 la storica manifattura di Doccia viene venduta dai marchesi Ginori all’industriale milanese Augusto Richard, che costituisce la “Società Ceramica Richard-Ginori”. Questo avvenimento crea un forte malcontento tra i giovani artisti fiorentini che temono di perdere la fabbrica di porcellane, considerata un patrimonio cittadino: è questa la molla che spinge il giovane Galileo Chini, insieme ad altri amici, a fondare la nuova fabbrica “Arte della Ceramica”46. Dopo l’Esposizione Universale di Parigi qualcosa cambia nel panorama culturale europeo e sorge la necessità di una nuova definizione delle arti decorative. La cultura europea ricerca valori estetici in grado di soddisfare le esigenze di un

45 Benzi 1998, pp. 46-47. 46

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nuovo stile internazionale e la diffusione delle stampe giapponesi, contribuisce a creare modelli di ispirazione, sia per il senso della natura in esse contenute, sia per la maniera espressiva sintetica e lineare.

Attraverso il mondo della ceramica Chini esegue un percorso di sperimentazione formale che, pur avvicinandosi alle istanze europee più moderne, non rinuncia ad un rapporto dialettico con la tradizione fiorentina e promuove una nuova visione delle arti applicate.

Chini è consapevole dell’ampia portata della sua ricerca e lo sottolinea in una relazione autografa del 1936: “Occorreva dimostrare che noi avevamo una visione più larga di ciò che la ceramica poteva offrire nel campo dell’arredamento e della decorazione murale, come già i nostri antichi Maestri avevano saputo creare, ed all’Esposizione Internazionale di Torino del 1902 ci presentammo con tre ambienti completamente arredati e con una mostra esterna di ben 22 metri di lunghezza, dove figuravano quattro bassorilievi appositamente modellati per noi dallo scultore Domenico Trentacoste e riprodotti in grès ceramico che, per la prima volta in Italia , figurava come materia atta alla migliore interpretazione per il soprammobile ed il vasellame e che a noi premeva presentare come materia insuperabile per essere usata nelle decorazioni architettoniche eterne.”47

4. La manifattura “Arte della Ceramica”

La manifattura “Arte della Ceramica”in via Arnolfo a Firenze viene fondata da Galileo Chini nel 1896 insieme con i soci Vittorio Giunti Giovanni Vannuzzi,

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Giovanni Montelatici, ai quali si aggiungono più tardi i cugini di Galileo, Pietro, Guido e Augusto Chini. Il marchio della Manifattura, di cui Galileo Chini diventa direttore artistico, è rappresentato da un melograno e da due mani intrecciate che indicano l’amicizia e il profondo legame presente tra i soci.

Dopo l’esordio all’Esposizione di Torino, nel 1898, la Manifattura Chini ottiene grandi consensi di pubblico e di critica: a Londra nel 1898 riceve la medaglia d’oro, a Parigi nel 1900 vince il Grand Prix e a Torino nel 1902 si distingue con una produzione vasta e innovativa48 .

Già dalle prime opere della Manifattura emerge la grande spinta verso lo stile moderno impressa da Chini, che mette in pratica il concetto di interdipendenza tra struttura e decorazione, dando a quest’ultima una valenza strutturale. L’aspetto decorativo, soprattutto in questa prima fase, non è subordinato e indipendente dalla forma, ma serve, piuttosto, a sottolineare la struttura dell’oggetto, creando dei rimandi visivi: un esempio frequente sono le anse dei vasi, che vengono decorate con motivi di steli intrecciati o serpenti e assecondano così la forma dell’oggetto. Chini ha la capacità di integrare, in un solo connubio, disegno, forma, progettazione e modo decorativo e fa delle sue ceramiche un esempio di sintesi formale unico49.

Questo primo periodo di produzione è caratterizzato da riferimenti decorativi preraffaelliti e Art Nouveau di matrice franco-belga, senza tuttavia dimenticare i legami con il passato illustre soprattutto fiorentino. I motivi floreali sono i soggetti decorativi più frequenti, insieme ai richiami di gusto giapponese, che si accompagnano ad elementi rinascimentali: ninfe neobotticelliane, satiri e

48 Cefariello Grosso 2000, pp. 96-99. 49

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ghirlande, realizzati però con una grafica moderna, che accentua le linee di contorno e stende il colore in campiture piatte, prive di chiaroscuro.

Dal mondo della grafica e della cartellonistica viene un altro motivo molto frequente della ceramica di Chini: il volto femminile, dalla linea sinuosa e dai lunghi capelli, che a volte è un profilo botticelliano, immerso in una natura lussureggiante e realizzato secondo una visione moderna bidimensionale, altre volte assume i toni più cupi e sensuali derivati dalle illustrazioni di Beardsley per la “Salomè” di Oscar Wilde. Un esempio raro di una figura femminile intera si ha nella decorazione del Villino di Via Carducci a Viareggio (1914-1920): la donna è vestita con una pieghettata tunica classica, che ripropone i modelli contemporanei degli abiti anticonvenzionali disegnati da Mariano Fortuny50.

Un settore molto importante della produzione della Manifattura è costituita dalla ceramica per rivestimento architettonico, che ottiene molto successo alle Esposizioni di Parigi nel 1900 e soprattutto a Torino nel 1902 dove, insieme ai quattro bassorilievi in grés di Trentecoste, vengono presentate una serie di piastrelle e pannelli ceramici per architetture51. Le soluzioni decorative di Chini propongono elementi naturali e floreali, come le raffinate corolle, motivi zoomorfi, come i cigni, i pesci ed i gabbiani, oppure motivi stilizzati derivati dalla Secessione Viennese52.

Il grés, molto impiegato al Nord per la sua resistenza, viene introdotto, per la prima volta in Italia, dalla Manifattura di Chini nei bassorilievi di Trentecoste, esposti a Torino nel 1902. Il tipo di grés usato dalla fabbrica fiorentina è grigio e di solito viene rivestito da una copertura vetrosa e trasparente e decorato con

50 Gasparrini 2003, pp. 1-20.

51 Si veda a proposito il catalogo della mostra Torino 1902, p. 434-441. 52

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motivi in blu di cobalto53. Nonostante la sperimentazione moderna Chini cerca un rapporto dialettico e creativo con la tradizione, che si rivela non solo nella ripresa di moduli decorativi, ma anche nella riproposta aggiornata di materiali e tecniche, come l’uso della copertura a lustro metallico e l’utilizzo del grés.

5. Le “Fornaci di San Lorenzo”

Nel 1906, in seguito al clima teso tra i soci della Manifattura fiorentina, Galileo ed il cugino Chino Chini fondano la Manifattura “Fornaci di San Lorenzo”, nel Mugello, che produce maioliche, grés, lustri, vetri e metalli battuti,secondo nuovi schemi ornamentali ispirati ai modelli della Secessione Viennese, ai partiti decorativi di Klimt e Mackintosh, rinsaldati spesso da figurazioni naturalistiche54. Diversamente dalla maggior parte delle fabbriche italiane, la produzione viene indirizzata su schemi di livello internazionale e le decorazioni stilizzate e geometriche sostituiscono i moduli naturalistici.

Da un inventario del 31 Dicembre 1909, risulta che gli esemplari della manifattura sono presenti presso i punti vendita di importanti ditte di arredamento come la “Issel” di Genova, la “Emporium” di Napoli, la “Ducrot” di Palermo e la “Girard e Cutler” di Firenze, documentando la diffusione ed il successo di questa produzione55.

Il repertorio decorativo perde i connotati naturalistici e floreali per acquisire stimoli e suggestioni geometriche, si affermano colori molto più decisi come il blu, il rosso, il verde e l’ocra, che vengono resi ancora più accesi e vivaci con la

53 Bertoni, Silvestrini 2005, pp. 354-355.

54 Il marchio della fabbrica è rappresentato da una griglia stilizzata, attributo iconografico di San Lorenzo, da un

giglio e dalla scritta “Chini e C. Mugello”, di solito di colore blu. Bertoni Silvestrini 2005, pp. 370-375.

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copertura a lustri metallici. Per quanto riguarda i materiali vengono sperimentate nuove paste ceramiche più resistenti come il grés policromo, che viene decorato in blu di cobalto su fondo grigio naturale o rivestito con lustri metallici.

Nel 1911 Chini parte per Bangkok per affrescare la Sala del Trono e qui subisce il fascino dei colori e dei modelli decorativi orientali; queste suggestioni esotiche si mischiano al gusto per la semplificazione e creano nuovi spunti decorativi, che vengono messi in pratica nella produzione ceramica al suo ritorno dal Siam, nel 191356.

Nonostante la crisi economica post bellica il 1919 è l’anno della commissione più importante per la manifattura: la copertura in grés dello stabilimento termale “Lorenzo Berzieri” di Salsomaggiore, che permette alla fabbrica di specializzarsi nella realizzazione a stampo, a scapito di quella a tornio. Un fatto significativo in questo senso è che nel 1920 quando Tito Chini, diventato direttore artistico, deve prepararsi all’esposizione di Parigi del 1925, è costretto a rilevare lo stabile appartenuto alla Manifattura “Florentia Ars” per trasferirvi la produzione al tornio57.

Già dal suo esordio la manifattura si diversifica in due filoni produttivi: l’oggettistica d’arredo ed i complementi per l’edilizia, che hanno molto successo sia nel territorio fiorentino che in Versilia. Uno dei primi lavori di ceramica architettonica è il pavimento in grés realizzato per la Sala del Sogno, per la Biennale di Venezia del 1907, che raffigura al centro una grande palma stilizzata e ai lati due variopinti pavoni. Negli anni Venti, a Viareggio, Chini collabora con l’architetto Belluomini e realizza i bellissimi pannelli e le decorazioni in maiolica che vivacizzano le forme austere dei nuovi edifici del litorale. Le decorazioni

56 Benzi 1998, pp. 98-108. 57

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conciliano le geometrie e le forme stilizzate con motivi classicheggianti come putti, festoni e figure femminili, raggiungendo raffinati risultati, come ad esempio la facciata dell’Hotel Liberty sul Viale Manin. A parte pochi casi isolati, come i pannelli del Villino Ravazzini a Firenze o negli edifici del Lungomare di Viareggio, gran parte delle decorazioni ceramiche di Galileo sono andate perdute a causa dei mutamenti del gusto che, senza considerare il valore storico e artistico di queste opere, le ha cancellate per sempre. Gli anni Trenta e soprattutto alcune leggi emanate da Mussolini, nel 1936, che proibiscono le decorazioni esterne a favore di forme razionaliste, pongono una pietra tombale su questo tentativo di conciliare architettura, pittura e ceramica in un’unica forma artistica e decretano, spesso, la fine di molti di questi edifici. Chini percepisce il pericolo di questo mutamento di gusto e già nel 1936, insieme a Chino, invia una relazione a Mussolini nella quale chiede di “non far cadere un’attività che è costata e costa gravi sacrifici, di cui ne siamo diretti responsabili, oltre alleviare molte Famiglie che oggi attendono una ripresa, sicura e tranquilla del lavoro per il bene delle loro famiglie e dell’Italia58”.

Dopo l’Esposizione di Parigi del 1925 Chini lascia la manifattura per dedicarsi ad altri progetti e il ruolo di direttore artistico viene affidato prima a Tito Chini, che si orienta verso una raffinata produzione déco, con smalti turchesi e superfici dorate, e poi ad Augusto Chini, che negli anni Trenta si volge verso modelli razionali, monocromi e privi di decorazioni. La manifattura continua a lavorare fino al bombardamento del 1944 che distrugge la fabbrica; quello che rimane viene salvato da Chino che lo trasporta nella villa Pecori- Girali, come scrive in un appunto del 1944: “La sera del 29 Settembre ho portato al Convento delle R.R

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Madri quanto era rimasto di sopravvissuto a Villa Pecori-Girardi e vi sono rimasto anche io con P. Labardi e con vitto e alloggio. Vi è poi in seguito trasportato quanto è stato rimasto della Produzione di fabbrica”59.

6. Il connubio tra ceramica e architettura a Viareggio negli anni Venti

Il rapporto di Chini con il mondo dell’architettura e della decorazione ceramica per edifici si instaura durante gli anni della Manifattura “Fornaci di San Lorenzo”; già dal tempo della “Fabbrica Tornabuoni”, nel 1902-1907, infatti, Galileo collabora con l’architetto fiorentino Giovanni Michelazzi e dalla loro stretta collaborazione nascono edifici come la Villa di Viale Michelangelo (1904), la Villa Ventilari sul Viale Mazzini (1906) o la Villa Ravazzini (1907)60.

La capacità di interazione della tessitura polimaterica ( elementi ceramici, laterizi, calcestruzzo) con l’architettura è espressa dal lavoro di Chini che, se da un lato eleva l’ornamento a principio creativo dominante, dall’altro indaga le matrici strutturali delle decorazioni, nella ricerca di una organicità tra le parti e il tutto. L’architettura eclettica rifiuta i limiti bidimensionali di facciata per aprirsi a contenuti spaziali e al rapporto interno-esterno e l’ornamento stesso assume un nuovo significato simbolico, che amplia il dialogo tra spazio e materia. Questa idea trova riscontro nelle opere che vedono una stretta collaborazione tra architetto e artista, in linea con la tensione Art Nouveau verso l’unità delle arti e, in particolare, col filone simbolista, per la capacità evocativa dell’ornamento61. Le immagini dell’Esposizione di Torino 1902 documentano l’importanza e il successo che hanno i rivestimenti edilizi della “Fornaci di San Lorenzo”: la sala

59 Pellegrini, Polleschi 1986, pp. 6-7. 60 Cefariello Grosso 1999, pp. 9-18. 61

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da bagno rivestita di piastrelle e i bassorilievi in grés, modellati da Trentacoste, danno il via ad una serie di commissioni importanti, come il fregio, lungo 40 m, per la sala toscana della Biennale di Venezia del 190362. L’interesse che Chini dimostra per l’architettura lo porta a collaborare con grandi architetti, come il già citato Giovanni Michelazzi a Firenze, Mario Labò, Gino Coppedè e a Viareggio Ugo Giusti e Alfredo Belluomini.

Viareggio, città moderna, incline alle sperimentazioni delle avanguardie architettoniche e decorative, rappresenta un terreno fertile per la creatività di Chini che trova carta bianca per interpretare una nuova visione dell’ornamento come fonte vitale, simbolica e rafforzatrice delle strutture architettoniche.

Dopo l’incendio, che la notte del 17 Ottobre 1917, distrugge gli chalets lignei del Viale Margherita, le esili e scenografiche strutture effimere, costruite dai maestri calafati, che imitano le forme esotiche dei padiglioni delle Esposizioni Universali, si rende necessaria la costruzione di una nuova passeggiata, che risponda alle esigenze di modernità e funzionalità. Nel 1924 con la concessione degli arenili al Demanio comunale, da parte del Demanio marittimo, viene istituita una “Commissione per il riassetto del Lungomare”, composta da artisti e uomini di cultura come Galileo Chini, Ugo Giusti, Alfredo Belluomini e Giacomo Puccini63. Dal 1918 al 1930 Belluomini realizza a Viareggio un centinaio di stabili, rinnovando l’immagine urbanistica della città64. Molti di questi edifici sono di grande volumetria come gli Hotels Royal, Excelsior, Liberty, London, Esplanade, Imperiale, la sede della Misericordia, il Liceo Classico e le “Logge” del mercato.

62 Si veda ad esempio il catalogo della mostra Torino 1902, pp. 434-441. 63 Pardi, Rizzo, Signorini 1997, pp. 17-18.

64

Alfredo Belluomini, nato a Viareggio nel 1892, si laurea al Politecnico di Milano e dopo una esperienza nelle strutture in cemento armato, realizzate a Genova per la Società Ferro Beton, collabora con famosi architetti romani come Dario Carbone. La prima attività di Belluomini risente della tradizione neogotica, consolidata a Firenze dall’architetto Piero Poggi, ma in seguito si allontana da questa iterazione rinascimentale trasferendo, soprattutto a Viareggio, un nuovo indirizzo estetico. Polleschi 1994, pp. 17-18.

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In passeggiata Belluomini realizza progetti importanti come il Salone Margherita, il Supercinema, il bagno Balena e la Galleria del libro e si occupa della sistemazione della Piazza Mazzini. Belluomini progetta anche edifici di dimensioni ridotte come i villini, dei veri e propri gioielli, impreziositi dalle decorazioni di Chini, come ad esempio i villini Bertoni (Viale Buonarroti-Via Saffi) e Amoretti (Giardini D’Azeglio). L’esperienza nelle costruzioni di cemento armato è evidente soprattutto negli edifici di grande mole dove prevalgono pilastrature, capitelli e basi ed il conglomerato cementizio leggero, utilizzato nei falsi bugnati. Nelle aperture Belluomini si rifà alla tradizione rinascimentale, attraverso la presenza di finestre centinate (bifore e trifore), ma il tutto è sempre interpretato alla luce di un gusto eclettico, che vede in Galileo Chini un valido collaboratore65.

Il panorama dei viali a mare di Viareggio si presenta con un duplice registro che vede emergere, da un lato, l’architettura balneare (Viale Margherita e Viale Marconi) e, dall’altro, l’architettura residenziale (Viale Manin e Viale Carducci): gli edifici ci guidano in una sorta di percorso museale a cielo aperto che, dallo stile ottocentesco ci introduce in atmosfere floreali di gusto Art Nouveau e Secessione66.

Galileo Chini è l’artefice della decorazione ceramica di questi edifici, la sua collaborazione con i capimastri e i progettisti ci fa capire il suo intento di creare un ornamento ceramico che sia organicamente legato all’architettura e che ne esalti gli aspetti strutturali, senza però rinunciare alla raffinatezza e alla ricercatezza dei motivi decorativi, derivati alla tradizione classica, ma letti attraverso il gusto modernista e tradotti in un linguaggio pittorico bidimensionale.

65 Borella, Serafini 2000, pp. 155-163. 66

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Questi manufatti hanno una grande fortuna e le “Fornaci di San Lorenzo” arrivano a produrre ampi campionari di piastrelle destinate all’architettura, come si vede nel catalogo di vendita della manifattura, che presenta una ampio repertorio di ceramiche, alcune di modello classico e altre che richiamano la Scuola di Glasgow e la Secessione Viennese67.

Iniziando il nostro percorso dal Canale Burlamacca, sul Viale Margherita, il primo edificio che incontriamo è il Cinema Savoia, costruito nel 1928, che nei due frontoni presenta una decorazione ceramica con due delfini blu mare che fermano un cerchio con inscritto il monogramma SC, in piastrelle bianche. Proseguendo verso nord incontriamo l’edificio simbolo della città e frutto della collaborazione dei due artisti, il Gran Caffè Margherita, datato 1928, con le famose cupole a squame di maiolica gialla e azzurra e, poco dopo, l’ingresso allo stabilimento balneare Balena, del 1928, con le preziose incastonature di ceramiche invetriate, inserite su un prospetto dall’impianto in stile déco68.

Passando sull’altro lato dei Viali a mare, percorriamo il Viale Manin e Viale Carducci, che ci introducono al secondo registro, dedicato all’architettura residenziale; la prima villa che incontriamo è quella di proprietà Arrighi, edificata nel 1925 su progetto di Belluomini, che presenta decorazioni ceramiche con motivi floreali nei sottogronda e amorini e tartarughe incastonati in cornici elaborate69. Sul viale Manin le piastrelle che decorano la balaustra del tetto terrazza del Villino Sofia, presentano un motivo a girali di foglie di vite e grappoli d’uva, mentre la fascia marcapiano è decorata con puttini con ghiande, foglie di vite e cavallucci marini stilizzati70. L’Hotel Liberty, ex Villa Cataldi, del 1924, ha

67 Cefariello Grosso 1999, pp. 23-33.

68 Belluomini Pucci 1999, pp. 9-16. Si vedano le schede n. 1, 2 e 3. 69 Si veda la scheda n.4.

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perso il prospetto originale, voluto da Belluomini, in seguito al rialzamento fatto negli anni Settanta, ma presenta ancora le decorazioni del Chini, che propone, al primo piano, putti neorinascimentali e, al secondo, festoni di stampo classicheggiante71.

Sul Viale Carducci il Villino “Amor omnia vincit” attesta la prima decorazione ceramica della Manifattura Chini a Viareggio: in facciata si possono leggere il nome del committente, Giovanni Brunetti, l’anno di realizzazione, 1909, e il nome del decoratore, Galileo Chini. L’apparato decorativo della villa è molto suggestivo; nella fascia del sottotetto e nel fregio del marcapiano presenta un motivo di putti e festoni di fiori, alternati ad anfore, mentre, nella fascia mediana, presenta una serie di piastrelle con barche stilizzate72.

Di gusto specificatamente Art Nouveau è la decorazione del Villino Tolomei che presenta un pannello con una figura femminile intera, iconografia piuttosto rara nel repertorio di Chini, che preferisce di solito il volto, che nella sua staticità assume le sembianze di una cariatide circondata di fiori, secondo i modelli viennesi73.

All’incrocio con Via Giusti incontriamo altri due esempi di decorazione ceramica di Chini nell’Hotel Imperiale, ristrutturato nel 1925 da Belluomini, e nella Pensione Rosy, del 1923, che ripropongono motivi geometrici e piastrelle con immagini di barche a vela stilizzate.

Continuando il percorso sul Viale Carducci incontriamo l’Hotel Excelsior, ristrutturato da Belluomini tra 1923 e 1925, che, nella cupola “a squame”,

71 Si veda la scheda n.5. 72 Si veda la scheda n. 11. 73

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richiama il modello del Caffè Margherita e presenta una decorazione, nelle lunette delle finestre, con fantasiosi soggetti marini ed elaborati motivi floreali74.

A questo punto ci addentriamo nell’interno del tessuto urbano e in Via Giusti troviamo la Pensione Belvedere, costruita nel 1923, che presenta un complesso paramento decorativo: al primo piano prevalgono complicate trame, che si inseguono senza respiro, e nelle lunette delle finestre, motivi naturalistici e floreali di ispirazione classicheggiante75.

Il Villino Tomei si erge all’incrocio tra Via Buonarroti e Via D’Annunzio ed è stato costruito nel 1915 dal capomastro Serafino Ramacciotti, secondo un modello di gusto “umbertino”. Il paramento decorativo è scandito da putti e festoni tratteggiati con una forte linea di contorno e intervallati da pannelli con motivi geometrici a scacchiera76.

In Via Cavallotti si trova l’imponente edificio della Misericordia, del 1925, nel cui progetto Belluomini evidenzia l’importanza della decorazione, ideando le bozze dei soggetti da inserire nella simmetrica ripartizione neoclassica. La decorazione del frontone centrale è stata creata da Tito Chini e presenta figure erculee che richiamano la Sibilla delfica di Michelangelo77.

La decorazione ceramica più estesa della città appartiene alla Villa Argentina, sull’angolo tra Via Fratti e Via Vespucci, che presenta specchiature piastrellate di varie tipologie decorative e cromatiche , putti canefori e stilizzati alberi della felicità, incorniciati da motivi geometrici di gusto Secessione78.

Due pannelli della Manifattura Chini si trovano anche nel cimitero di Viareggio, edificio del 1876: all’esterno della cappella della famiglia Del Prete è infatti

74

Si veda la scheda n. 12.

75 Si veda la scheda n. 17.

76 Si faccia riferimento alla scheda n. 26. 77 Si veda la scheda n. 14.

78

(35)

possibile ammirare un bellissimo pannello ceramico, datato 1922, che contiene anche il nome del decoratore, Galileo Chini, e della Manifattura del Mugello, nel quale è rappresentata la Madonna della Misericordia, iconografia tradizionale quattrocentesca. In alto è collocata la Madonna col Bambino e San Giovanni e in basso, ci sono due personaggi, in abiti rinascimentali, probabilmente ritratti dei committenti. Poco distante dalla cappella si trova un altro pannello più piccolo e di incerta attribuzione, che sembrerebbe riconducibile alla mano di Tito Chini: si tratta della piccola lunetta ogivale della cappella Bertilozzi Tolomei, con la Madonna e il Bambino, che presenta analogie tecniche e stilistiche con il pannello precedente e se ne distacca per una resa meno raffinata.

L’intervento di Chini è presente anche nella villa di Torre del Lago dell’amico Giacomo Puccini, il cui allestimento viene creato insieme ad artisti come Pagni, Nomellini, De Servi e De Albertis, che collaborano con l’intento comune di creare una decorazione moderna, incentrata sul tema iconografico di acqua, fiori e piante, ma governata dal principio della semplicità, come si evince dalle parole di Puccini: “…la semplicità è quella divinità cui dovrebbero celebrare tutti gli artisti che creano, purchè sia sintesi, non elementare banalità…”79. All’interno della sala è presente un grande caminetto rivestito di piastrelle ceramiche, di gusto Liberty, e sopra di esso è collocato un grande pannello tripartito, disegnato da Galileo Chini e realizzato dalla Manifattura di Borgo San Lorenzo. Il pannello raffigura un putto che gioca con fiori rosa e ghirlande, circondato da arbusti, nastri e canne di bambù, su di un fondo bianco e oro, e viene presentato con successo alla mostra della ceramica faentina.

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