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1. Principi fisici

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1. Principi fisici

1.1 Introduzione

La meccanica quantistica, che permette di spiegare i fenomeni di interazione su scala atomica, si fonda su un’ipotesi rivoluzionaria: in ogni fascio di luce, quindi in ogni radiazione, l’energia arriva in piccole unità chiamate “quanti di luce” o fotoni e la quantità di energia, in una unità, è determinata dalla frequenza dell’onda luminosa ovvero:

E = hν

(1)

Dove h è la costante di Planck pari a 6,63 *10-34 [ J * sec ] e ν è la frequenza

[Hz].

I fotoni non si possono considerare come particelle di luce ordinarie, simili ai punti materiali della meccanica classica,ma come particelle aventi una duplice natura: corpuscolare e ondulatoria.

La radiazione elettromagnetica ,costituita da particelle,si propaga nello spazio con una distribuzione della densità di energia continua, proporzionale al quadrato del campo elettrico e fa interferenza e diffrazione: ha quindi il comportamento fisico delle onde ed una componente corpuscolare.

Quando una radiazione elettromagnetica interagisce con le molecole nei vari stati di aggregazione , come risultato finale si ha sempre una transizione tra due livelli energetici molecolari.

(2)

I livelli di una molecola sono classificati in livelli elettronici , vibrazionali , rotazionali e di spin . Per ogni livello elettronico abbiamo più livelli rotazionali , vibrazionali o di spin.

I livelli elettronici sono determinati da una ben definita distribuzione degli elettroni nel sistema. La separazione tra due livelli elettronici consecutivi è in generale dell’ordine di alcuni elettronvolt e transizioni tra questi livelli danno origine a bande di assorbimento che cadono nella regione dell’ultravioletto e del visibile.

Per ogni data configurazione elettronica si possono avere diversi stati vibrazionali del sistema corrispondenti alle differenti vibrazioni dei nuclei nel campo potenziale creato dagli elettroni. La separazione tra due livelli vibrazionali dello stesso stato elettronico è dell’ordine di 0.5 ÷ 0.01 eV, quindi, transizioni otticamente attive tra questi livelli danno origine a bande di assorbimento che cadono nella regione dell’infrarosso.

Per ogni stato vibrazionale la molecola può inoltre trovarsi in diversi stati rotazionali, corrispondenti ai possibili valori quantizzati che può assumere il momento angolare della molecola.

La separazione tra livelli rotazionali successivi è dell’ordine di 10-3 ÷ 10 –5 eV. Transizioni rotazionali otticamente attive cadono pertanto nella regione delle microonde o del lontano infrarosso. Le unità di pulsazione, di frequenza e di numero d’onda utilizzate in questa regione sono, rispettivamente, il rad\s, l’hertz e il cm -1.

La separazione tra livelli di spin è infine ancora minore; transizioni tra livelli di spin cadono nella regione delle frequenze radio, nel caso di spin nucleari, delle microonde nel caso di spin elettronici.

In condizioni normali di temperatura la maggior parte delle molecole si trovano nel livello di più bassa energia :livello fondamentale.

(3)

Rappresentiamo transizioni sui livelli energetici di una molecola biatomica.

Fig. 1: Transizioni atomiche

L’onda elettromagnetica di bassa energia , di lunghezza d’onda elevata , può, quindi, eccitare i livelli elettronici, vibrazionali, rotazionali o di spin delle molecole e gli effetti termici predominano. L’onda elettromagnetica ad elevata energia , invece, può distruggere i legami molecolari e indurre ionizzazione come nel caso dei raggi γ e X; la regione spettrale ad essi associata è quindi meno adatta ad un’indagine medica non invasiva ed innocua.

(4)

1.2 Interazioni onde tessuti

I tessuti biologici,costituiti da più molecole differenti, non sono omogenei dal punto di vista ottico e hanno un indice di rifrazione maggiore di uno.

Quando una radiazione monocromatica incide su di un campione,i fotoni della radiazione ,che non vengono riflessi all’interfaccia, possono essere assorbiti, aumentando così l’energia del campione, oppure essere diffusi in direzioni diverse da quella incidente. In conseguenza dell’interazione di un’onda elettromagnetica con un mezzo i fenomeni principali che avvengono sono : assorbimento e scattering funzione della lunghezza d’onda della radiazione e della natura dei costituenti i tessuti .

1.2.a Assorbimento

La legge fondamentale che descrive l’assorbimento in un mezzo non scatterizzante è data dall’equazione di Lambert-Beer che mette in relazione la variazione di intensità luminosa con la variazione delle proprietà ottiche e fisiche del campione.

I = I

0

e

–µa x (2)

Dove I0 è l’intensità della radiazione incidente , I l’intensità della radiazione

rilevata , x la distanza fra sorgente e rivelatore e infine µa il coefficiente di

(5)

Il coefficiente di assorbimento può inoltre essere espresso in termini di densità ρ [g\cm3] e di coefficiente di estinzione molare σa [M-1cm-1] :

µ

a

= ρ σ

a (3)

è dunque direttamente proporzionale alla concentrazione,alla struttura e alla composizione chimica. Il coefficiente di estinzione molare ,inoltre , dipende dalla lunghezza d’onda , quindi i coefficienti di assorbimento,come quelli di scattering, dipendono dalla frequenza, ma a causa di fattori variabili come i cromofori (componenti che assorbono nella regione spettrale di interesse),non esiste una relazione assoluta e quindi un unico profilo di dipendenza rispetto alla lunghezza d’onda. I cromofori più importanti nei tessuti biologici sono acqua ,grasso, emoglobina ossigenata , deossigenata e mioglobina.

Mentre la concentrazione dei primi due rimane pressoché costante su brevi intervalli di tempo,quella della mioglobina e dell’ ossi e deossiemoglobina varia in funzione del metabolismo del tessuto. Riportiamo di seguito gli spettri di assorbimento di acqua ,grasso, emoglobina ossigenata e non,mentre tralasciamo lo spettro della mioglobina che nella regione dell’infrarosso si sovrappone a quello dell’emoglobina.

• Acqua

(6)

Il coefficiente di assorbimento nella finestra di indagine è piccolo, ma data l’elevata concentrazione d’acqua nei tessuti biologici il suo contributo all’attenuazione è rilevante e rimane pressoché costante.

• Grasso

fig.4 spettro di assorbimento grasso

Il suo contributo all’assorbimento è minimo sia perché il coefficiente è piccolo nella finestra di indagine sia perché la concentrazione nelle zone in esame è irrisoria.

• Ossiemoglobina, deossiemoglobina

L’emoglobina è una proteina contenuta nei globuli rossi del sangue e nei vertebrati svolge la funzione di molecola trasportatrice di ossigeno a tutte le cellule dell’organismo . Una parte dell’ossigeno, trasportata dai capillari alveolari ai capillari dei muscoli, viene ceduta dall’emoglobina ad un'altra molecola avente una maggiore affinità per l’ossigeno , la mioglobina ,che in tal modo costituisce nel muscolo una riserva del gas ne facilita poi il movimento e la distribuzione all’interno del muscolo stesso . Queste proteine,la cui concentrazione varia a seconda della funzione e del metabolismo del tessuto, hanno saldamente legato a

(7)

se un gruppo eme con al centro un atomo di ferro :quando un atomo di ferro è allo stato ferroso (+2) lega l’ossigeno ; allo stato ferrico (+3) non è in grado di farlo . Mentre nella mioglobina l’affinità per l’ossigeno cresce con la pressione parziale del gas con andamento iperbolico con P50=1 torr , l’andamento dell’analoga curva per l’emoglobina è sigmoide con crescita più lenta e P50 = 26 torr .Il diverso andamento si spiega con il fatto che, nell’emoglobina, il legame con l’ossigeno dà luogo a notevoli effetti cooperativi ,assenti nella mioglobina .L’emoglobina al contrario della mioglobina è una proteina allosterica : un abbassamento del PH e, a PH costante, un aumento di CO2 provoca una

diminuzione dell’attività dell’emoglobina per l’ossigeno . Ne segue che, nei tessuti con elevato metabolismo , in particolare nei muscoli che si contraggono ,l’ ossiemoglobina subisce un cambiamento conformazionale che provoca il rilascio dell’ossigeno.

fig.5 spettro di assorbimento emoglobina ossiemoglobina e desossiemoglobina

In questo caso rappresentiamo il coefficiente di estinzione dell’ossiemoglobina e deossiemiglobina.

Dall’ osservazione del grafico si può notare che la forma non ossidata dell’emoglobina ha dei picchi di assorbimento nell’intorno di 690nm : è questa la ragione per cui il sangue venoso ha un rosso più scuro rispetto a quello arterioso.

(8)

Perché il passaggio dalla forma deossi- alla forma ossi- comporta una così netta variazione nello spettro di assorbimento?

Le variazioni della configurazione molecolare ,che possono essere indotte dalla temperatura o da variazioni come l’ossigenazione di una molecola hanno notevole influenza. La molecola dell’emoglobina contiene più metalli di transizione dovute agli spostamenti degli elettroni fra gli orbitali d dello ione metallico.Il massimo dell’assorbimento e l’intensità della radiazione dipendono dalle differenze di energia fra i vari orbitali d, a loro volta sensibili alla disposizione e natura dei leganti attorno allo ione per cui una piccola variazione di questi parametri si può tradurre in variazioni notevoli dello spettro elettronico. Nel caso dell’emoglobina il passaggio dalla forma deossi alla forma ossi (sostituzione di una molecola di acqua con una molecola di ossigeno nell’intorno dello ione ferro) determina questa variazione .

1.2.b Scattering

Esistono tre tipi di scattering : elastico , quasi elastico ed anelastico.

Il campo elettromagnetico della radiazione incidente è in grado di far oscillare la nube elettronica, dalla vibrazione della nube elettronica viene creato un dipolo oscillante e la luce viene diffusa in tutte le direzioni sia alla stessa frequenza della luce incidente sia a frequenze diverse. L’atomo o la molecola , non avendo sufficiente energia per la transizione atomica , continua a rimanere nel suo stato fondamentale.

Nel caso di scattering elastico, o di Rayleigh, la luce incidente viene diffusa elasticamente, senza assorbimento di energia e quindi senza spostamento in frequenza della luce diffusa. Il fotone interagisce con una molecola che si trova nel suo stato fondamentale, ma l’energia in gioco non è sufficiente per una transizione ad alcun livello stabile. Le condizioni instabili corrispondono ai livelli eccitati e possono essere uno stato elettronico,rotazionale, vibrazionale o di spin. Quando l’onda incidente ha energia pari alla differenza di energia fra un livello finale eccitato e lo stato iniziale l’atomo va in risonanza.

(9)

Lo scattering anelastico avviene, invece, con assorbimento di energia e la luce viene diffusa sia a frequenze più alte (Stokes) sia più basse (antiStokes) della banda di Rayleigh centrale .

Nello scattering quasi elastico l’onda scatterizzata presenta due componenti una non spostata in frequenza mentre un’altra ha uno shift frequenziale rispetto a quella incidente. Questa componente è dovuta ai moti diffusivi,sia traslazionali che rotazionali,delle molecole quando queste hanno dimensioni molto minori della lunghezza d’onda della radiazione incidente.

Analogamente a quanto fatto per l’assorbimento possiamo definire una legge che regola l’attenuazione dovuta allo scattering come:

I = I

0

e

–µs x (4)

Dove I0 è l’intensità della radiazione incidente , I l’intensità della radiazione

rilevata , x la distanza fra sorgente e rivelatore e infine µs il coefficiente di

scattering dato dal prodotto della densità ρ per il valore dello scattering attraverso una sezione σs :

µ

s

= ρ σ

s (5)

Utilizzando il modello di propagazione dell’onda elettromagnetica le caratteristiche diffusive dei tessuti sono correlate alla loro morfologia, alle variazioni spaziali nella densità e nell’indice di rifrazione .

Un mezzo diffusivo viene di solito schematizzato come una matrice di particelle scatterizzanti distribuite casualmente con indice di rifrazione differente dal mezzo circostante. Sia la disposizione spaziale sia la configurazione delle cellule e delle macromolecole influenzano le proprietà diffusive.

I coefficienti dipendono, inoltre, in modo inversamente proporzionale dalla lunghezza d’onda .

Fin qui lo scattering è stato trattato come un fenomeno isotropico ,ma nel caso di asimmetrie viene introdotto il fattore di anisotropia g per descrivere la distribuzione angolare della luce scatterizzata.

(10)

Il fattore g appartiene all’intervallo [–1,1] e matematicamente è definito come il valor medio del coseno dell’angolo di scattering.

g= ∫

− 1 1 cos ) (cos * cosθ f θ d θ (6)

Dove f(cosθ) rappresenta la funzione di distribuzione di probabilità degli eventi di scattering in funzione dell’angolo di diffusione. Detto infatti es il vettore che

descrive il cammino di un fotone , la probabilità che il fotone venga diffuso in una direzione es’ è dato dalla funzione di fase f(es,es’); per convenienza

esprimiamo la distribuzione di probabilità in funzione del prodotto es*es’che è pari

proprio al cosθ.

I casi limite sono dati da g = 0 scattering isotropico e g=1 scattering completamente anisotropico.

1.3 Modellizzazione della propagazione della luce in un

mezzo non omogeneo

L’ interazione radiazione materia deve essere necessariamente trattata considerando i fenomeni di scattering e assorbimento e trascurando i fattori che hanno minor incidenza.

(11)

Un fascio collimato di luce di breve durata incidente su un mezzo altamente diffusivo viene disperso e scatterizzato in poco tempo; l’assorbimento ha minor rilievo rispetto allo scattering.

È necessario ora trovare dei modelli matematici che descrivano questa interazione. Dato il dualismo onda corpuscolo esistono due approcci differenti per descrivere la propagazione della luce attraverso un mezzo non omogeneo : teoria analitica e teoria del trasporto per radiazione.

1.3.a Teoria analitica

La propagazione della luce viene trattata con le equazioni di Maxwell e con vari metodi numerici. Il suo principale inconveniente è dato dalla complessità matematica.

1.3.b Teoria del trasporto

Se si considera la luce come un flusso di particelle, fotoni , aventi energia quantizzata, si ignorano i fenomeni ondulatori di polarizzazione e interferenza, e le proprietà delle particelle come le collisioni inelastiche,il trasporto di energia attraverso un mezzo non omogeneo può essere descritto ,statisticamente, mediante l’equazione di trasporto per radiazione.

+ = + + ∇ ⋅ + ∂ ∂ π µ µ µ 4 2 ( , , ) ) , , ( ) ' , ( ) , , ( ) ( ) , , ( ) , , ( 1 es t r q es d es t r I es es f s es t r I s a es t r I es t es t r I c

(7)

dove

(12)

c è la velocità della luce

µa coefficiente di assorbimento

µs coefficiente di scattering

f(es,es’) funzione di fase

q(r,t,es) la sorgente di radiazione

I(r,t,es) rappresenta il trasferimento di energia per unità di tempo e unità di angolo

solido d2es che attraversa un’area unitaria posta in r al tempo t. Integrando I(r,t,es)

sull’angolo solido si ottiene il flusso attraverso un’area unitaria.

L’equazione deriva da un bilancio energetico su un volume elementare di tessuto e mette in relazione la variazione temporale dell’intensità I(r,t,es) con la

variazione del flusso di energia,le perdite dovute ad assorbimento e scattering e i termini di generazione dovuti a sorgenti interne di radiazione e scattering.

Affinché questa equazione sia valida bisogna assumere che il tessuto sia una matrice omogenea contenente centri distribuiti casualmente di assorbimento e scattering descritti dai due parametri µa , µs e dal fattore di anisotropia di

scattering g. Sfortunatamente non esiste alcuna soluzione analitica generale per gli studi sull’ interazione sorgente tessuti , ma soltanto delle soluzioni approssimate.

Un approssimazione utilizzata è data dall’equazione di diffusione che presuppone che la probabilità di scattering sia maggiore di quella di assorbimento. ) , ( ) , ( ) ( ) , ( ) ( ) , ( 1 0 r t q t r r a t r r t t r c ∂ −∇ ∇Φ + Φ = Φ ∂ κ µ

(8) dove Φ è la densità di fotoni

es d es t r I t r =

Φ π 4 2 ) , , ( ) , ( (9)

κ è il coefficiente di diffusione definito come

)] ( ' ) ( [ 3 1 ) ( r s r a r µ µ κ + = (10)

(13)

dove µs’ e il coefficiente di scattering ridotto pari a µs(1-g); infine q0 rappresenta

una sorgente isotropa.

Le soluzioni dell’equazione di diffusione possono essere utilizzate per determinare come varia il flusso e quindi l’ intensità. Assumendo le variazioni di concentrazione sia macroscopiche che microscopiche, considerando emoglobina ossigenata e non ,definito il coefficiente di assorbimento combinato di ossi e deossi emoglobina come segue

µa =εHbO[HbO]+ εHb [Hb] (11) si ottiene: L Hb HbO s L OD Hb HbO iniziale a iniziale iniziale a s iniziale finale ]) [ ] [ ( ] ) 3 ( 1 ( 1 1 [ ) 3 ( 2 1 log 1/2 ' 1/2 ' ∆ + ∆ × − − = Φ Φ − = ∆ ε ε µ µ µ µ (12)

Da questa trattazione sotto ipotesi particolari si può arrivare ad un’ulteriore semplificazione: dove si presentino proprietà ottiche spazialmente uniformi, dove la concentrazione del cromoforo non vari significativamente, il problema della propagazione in un mezzo disomogeneo può essere affrontato mediante l’utilizzo dell’equazione di Lambert Beer opportunamente modificata.

1.4 Teoria del trasporto per radiazione – Lambert

Beer modificata

(14)

L’equazione di Lambert Beer modificata fornisce una descrizione empirica dell’attenuazione ottica in un mezzo essenzialmente scatterizzante

I = I

0

e

- ε C l DPF +G (13)

Dove I0 rappresenta l’intensità della luce incidente, I l’intensità della luce

rivelata, ε il coefficiente di assorbimento del mezzo l la distanza fra sorgente e rivelatore C la concentrazione del mezzo , DPF il fattore differenziale del percorso ,G la costante di attenuazione che tiene conto delle proprietà ottiche e geometriche dei tessuti.

Per mettere meglio in evidenza la concentrazione l’equazione può anche essere scritta in forma logaritmica:

G B L C I I OD=− =ε⋅ ⋅ ⋅ + 0 log

(14) Dove OD rappresenta la densità ottica .

Una variazione di concentrazione della sostanza assorbente fa sì che l’intensità rilevata aumenti o diminuisca. Quando varia la concentrazione, il coefficiente di estinzione e la distanza sorgente rivelatore rimangono costanti; inoltre si assume che anche il DPF e G rimangano costanti. Il fattore differenziale di percorso,va a moltiplicare nell’equazione la distanza tra la sorgente e il rivelatore proprio perché, a causa dello scattering ,la distanza percorsa da ciascun fotone è maggiore di l.

Il prodotto DPF*l viene definito percorso differenziale.

La costante G non è nota per cui l’equazione precedente non può fornire il valore assoluto della concentrazione del mezzo C; se vogliamo eliminare questa incognita possiamo ricorrere ad una misura differenziale: assumendo costanti l, DPF e G è possibile calcolare la variazione di concentrazione di come:

(15)

DPF L C I I OD iniziale finale = − = ∆ log ε (15) Dove ∆C = Cfinale-Ciniziale OD densità ottica

∆OD = ODfinale- ODiniziale

I valori sono funzione della frequenza e dei cromofori indagati: infatti, ∆OD(λ) rappresenta la variazione di densità ottica misurata ad una data lunghezza d’onda, ∆µa (λ) è la corrispondente variazione di assorbimento del mezzo e DPF (λ) il

fattore differenziale del percorso mediante il quale teniamo conto del cammino aumentato dei fotoni dovuto a scattering e assorbimento e su cui ci soffermeremo più avanti.

La relazione per ossiemoglobina e desossiemoglobina può quindi essere espressa nella seguente forma:

[

]

[ ]

[

ε λ ε λ

]

( )

λ λ λ µ λ L DPF HbO Hb L DPF OD =∆ a ⋅ ⋅ = HbO ∆ + Hb ∆ ⋅ ⋅ ∆ ( ) ( ) ( ) ( ) 2 ( ) 2 (16)

dove la variazione di concentrazione dei cromofori è funzione delle variazioni di assorbimento tramite i coefficienti di estinzione che dipendono dalla frequenza.

1.4.a Fattore differenziale di percorso (DPF)

Dal confronto con i risultati trovati per l’equazione di diffusione risulta

= ) (λ DPF (1 (3 ) ] 1 1 [ ) 3 ( 2 1 2 / 1 ' 2 / 1 ' iniziale a iniziale iniziale a s s L µ µ µ µ − − (17)

Il fattore differenziale del percorso,che può essere calcolato con vari metodi, dipende da :

(16)

• Coefficiente di assorbimento e scattering

Essendo i due valori funzione della frequenza anche il fattore differenziale del percorso dipende implicitamente da essa. Da misure sperimentali nell’intervallo di frequenze compreso tra i 740 e gli 840nm si è stimata una diminuzione del 12% del valore del DPF all’aumentare della lunghezza d’onda Per questo motivo è sempre importante, qualora si voglia misurare il DPF,conoscere la lunghezza d’onda alla quale effettuare la misura.

• Tipo di tessuto indagato

Il DPF dipende in maniera diretta dalla percentuale di tessuto molle, di muscolo e di ossa presenti nel tessuto illuminato dalla luce infrarossa. Recentemente sono stati condotti studi sulla dipendenza del DPF dall’anzianità del soggetto in esame: i risultati mostrano una lenta variazione del DPF con l’età che può così esplicitata: DPF780 = 5.13 + 0.07·Y0.81 (18)

dove DPF780 rappresenta il fattore differenziale di percorso alla lunghezza d’onda di

780nm e Y è l’età del soggetto misurata in anni.

Misure del DPF sulla testa, sul polpaccio e sull’avambraccio di adulti e sulla testa di neonati, hanno dato risultati differenti

• Disposizione geometrica di emettitore e ricevitore

Si può dimostrare con l’aiuto di una simulazione su personal computer che il DPF dipende dalla posizione reciproca di emettitore e ricevitore. Se l’angolo individuato da emettitore e rivelatore è compreso tra i 60 e i 180 gradi il DPF varia significativamente e la variazione è ancora maggiore per angoli minori. Sperimentalmente, invece, si osserva che in tutti i tessuti il DPF inizialmente decresce con l’aumento della distanza geometrica d tra sorgente e ricevitore, per mantenere poi un valore pressoché costante quando d supera i 2.5 centimetri.

L’incongruenza tra i risultati teorici forniti dalla simulazione e quelli sperimentali può essere in parte spiegata dal fatto che nel modello teorico utilizzato al computer non vengono considerate le disomogeneità presenti nel tessuto sotto indagine.

(17)

Se modellassi il tessuto come un sistema multistrato, formato da più strati adiacenti ciascuno con caratteristiche proprie, allora i risultati teorici e sperimentali coinciderebbero.

Tra i vari metodi per determinare il valore del DP, prodotto del DPF per la distanza l tra emettitore e ricevitore ricordiamo:

• Metodi basati sul calcolo del tempo di volo

Misura la differenza temporale <t>, tra il tempo medio impiegato dalla luce per attraversare una distanza d tra fibra trasmittente e ricevente e l’istante in cui la luce entra nel tessuto.

DPF = cυ .<t> / d.n (19)

Dove cυ rappresenta la velocità della luce nel vuoto mentre n è l’indice di rifrazione

del tessuto sotto esame, (tipicamente si lavora con n=1.40).

• Metodo di calcolo nel dominio della frequenza

Effettuando le misure di spettroscopia nel dominio della frequenza anziché nel dominio del tempo è possibile controllare in maniera continua il percorso totale della radiazione luminosa all’interno del tessuto, e quindi fornire una stima del DPF.

Si considera una radiazione nel vicino infrarosso fornita da un laser in maniera continua, questa sorgente può essere facilmente modulata con frequenze che vanno

dalla continua fino ad alcune centinaia di MHz: misurando lo sfasamento tra la luce incidente e quella che esce dal tessuto abbiamo una stima del DPF.

Se indichiamo con P lo sfasamento suddetto allora possiamo scrivere che:

DPF = P.cυ / 2π.f.n l (20)

dove f rappresenta la frequenza di modulazione della sorgente, generalmente inferiore ai 200MHz.

(18)

1.5 Profondità di penetrazione

Il fotone NIRs lanciato nel tessuto biologico non lo attraversa secondo un percorso rettilineo fra sorgente e rivelatore come nel caso del fotone X, bensì esegue un percorso maggiore assimilabile ad una spezzata, più o meno complessa a seconda del numero di eventi di scattering a cui va incontro, che si conclude con l’assorbimento totale del fotone da parte del tessuto o con la fuoriuscita dal tessuto.

Il fotone emesso parte dalla sorgente e dopo aver percorso un tragitto di profondità variabile e di forma paragonabile ad una “banana “ arriva al rivelatore.

Fig.7: Curva a “banana” con gli estremi di profondità

1.6 Lambert Beer modificata applicazioni

In base alle conoscenze che ora abbiamo è possibile valutare i fattori biologici di nostro interesse

• Il consumo di ossigeno :

(19)

Dove λ1 e λ2 sono rispettivamente la lunghezza d’onda di indagine per

l’emoglobina ossigenata e non (780 nm e 880 nm ).

• Il volume del sangue nella regione indagata ,corrispondente alla variazione di concentrazione totale di emoglobina:

ODBV= ODλ1 +kODλ2 (22)

Dove k è un fattore correttivo per ridurre la correlazione tra la variazione del volume sanguigno e l’ossigenazione.

Dalla misura dell’intensità della luce rivelata dal sistema di ricezione , quindi dal calcolo della variazione dell’intensità ottica ∆OD ipotizzando che le quantità di luce siano perfettamente indipendenti e quindi distinguibili utilizzando le due lunghezze.

• La variazione di concentrazione delle due specie indagate

L DPF Hb HbO OD = HbO ∆ + Hb∆ ⋅ ⋅ ∆ ( ) ( 1 ) 2 2 1 1 ελ ελ λ

(23) L DPF Hb HbO OD = HbO ∆ + Hb∆ ⋅ ⋅ ∆ ( ) ( 2 ) 2 2 2 2 ελ ελ λ

(24)

l’espressione viene valutata per entrambe le lunghezze d’onda utilizzando il coefficiente di assorbimento proprio dell’emoglobina ossigenata e desossigenata.

Risolvendo il sistema si ottiene:

L DPF OD OD Hb HbO Hb HbO Hb HbO HbO ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ ∆ − ∆ = ∆ ⋅ ) ( 1 2 2 2 1 2 2 2 1 1 2 2 λ λ λ λ λ λ λ λ ε ε ε ε ε ε (25) L DPF OD OD HbO Hb Hb ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ ∆ − ∆ = ∆ ⋅ ) ( 1 2 2 1 1 2 2 1 2 λ λ λ λ λ λ λ λ ε ε ε ε ε ε (26)

(20)

che costituisce un modello approssimato per descrivere le variazioni di concentrazione.

Deviazioni da questo modello sono dovute sia a cause chimico fisiche sia a cause meccaniche o strumentali.

Se le specie indagate sono molto concentrate (>0.01M ) o molto diluite

l’assorbimento e lo scattering possono essere alterati .Sono è tuttavia casi limite che difficilmente si presenterà quando indaghiamo un fluido come il sangue. Altro fattore di deviazione può essere dovuto alle variazioni dei coefficienti di scattering e assorbimento che possono variare lungo il percorso da sorgente a rivelatore per evitare ciò è bene indagare regioni piccole.

Infine l’apparecchio usato può non essere in grado di assorbire perfetti raggi monocromatici; per questo motivo si sceglie per la misura un intervallo di lunghezza d’onda dove non si abbiano forti e significative variazioni con il variare della frequenza.

Figura

Fig. 1: Transizioni atomiche

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