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Indice

Introduzione

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Capitolo primo

La ricerca empirica in campo educativo: evoluzione storica 23 e questioni-chiave

1.1 Genesi e storia della ricerca empirica in campo educativo 23 1.2 Approccio quantitativo e approccio qualitativo

nell’indagine dei fenomeni di natura educativa 28 Capitolo secondo

Classi di variabili: proposta di una tassonomia 39 2.1 Proposta di una tassonomia delle variabili rilevanti

nelle attività formative 39

2.2 Altri approcci e classificazioni delle variabili

educativamente rilevanti 43

Capitolo terzo

Variabili, indicatori ed indici 47 3.1 Il modello sperimentale applicato alla ricerca educativa 47 3.2 Scale di misura e diversa natura delle variabili 47

3.3 Il concetto di indicatore 52

3.4 Breve storia dei modelli interpretativi e dei sistemi

di indicatori 56

3.5 Gli indici 61

Capitolo quarto

Il modello sperimentale nella ricerca educativa 65 4.1 Le radici storiche del modello sperimentale 65 4.2 Induzione e deduzione nella ricerca scientifica 68

4.3 I disegni sperimentali 71

Capitolo quinto

Il campionamento 91

5.1 Campionamento, teoria della probabilità

ed inferenza statistica 91

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5.2 I campioni probabilistici 93

5.3 I campioni non-probabilistici 97

5.4 Distribuzione campionaria e dimensioni ottimali

del campione 100

Capitolo sesto

La ricerca clinica 105 6.1 Caratteri generali della ricerca clinica 105

6.2 La ricerca clinica nello studio dell’apprendimento

e delle fasi dello sviluppo evolutivo 111 6.3 Tecniche di indagine clinica impiegate nella ricerca

in campo educativo 118

6.4 Orientamenti, prospettive e problemi della ricerca clinica

in campo educativo 128

6.5 Settori e orientamenti di ricerca collegati alla

ricerca clinica 131

6.6 Sviluppi e difficoltà metodologiche della ricerca clinica 132

6.7 Considerazioni conclusive 134

6.8 Un esempio di ricerca che integra approccio sperimentale

ed approccio clinico 137

Capitolo settimo

La valutazione: fondamenti epistemologici della docimologia 141

7.1 Cenni storici 141

7.2 Definizioni e chiarimenti terminologici preliminari 146 7.3 Valutazione formativa e valutazione sommativa 148 7.4 Relazione indissolubile tra valutazione e programmazione

didattico-educativa 149 7.5 Valutazione e insegnamento individualizzato 152

7.6. Misurazione/valutazione degli apprendimenti e

definizione degli obiettivi 154

7.7 Misurazione e valutazione 163

Capitolo ottavo

La valutazione diagnostica 167 8.1 La valutazione diagnostica nel processo

di apprendimento-insegnamento 167

8.2 Valore e scopo diagnostico della valutazione 176 8.3 Bisogni formativi degli alunni e contratto formativo 177 Capitolo nono

Autovalutazione di istituto e qualità dell’offerta formativa 183

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Capitolo decimo

Proposta di un approccio integrato alla valutazione:

la valutazione triangolare 195

10.1 Premessa 195

10.2 Il quadro di riferimento epistemologico della

valutazione triangolare 203

10.3 Scopi e vantaggi fondamentali della valutazione

Triangolare 210 Bibliografia 213

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Introduzione

Questo libro non si propone tanto come un manuale, volto ad illu- strare in forma esaustiva metodi e tecniche della ricerca empirica in campo educativo, nonché le procedure matematico-statistiche di tipo descrittivo ed inferenziale utili per mettere alla prova le ipotesi speri- mentali che hanno dato impulso alla ricerca (tutti temi che ho già af- frontato in vari miei lavori precedenti e che mi propongo di riesamina- re in forma complessiva e sistematica in un’ulteriore opera più vasts in preparazione), quanto, piuttosto, come un testo introduttivo di meto- dologia della ricerca empirica rivolto a ricercatori e professionisti del- la formazione (insegnanti, educatori, dirigenti scolastici ed operatori a qualunque titolo nel contesto della scuola e della formazione) impe- gnati in attività di indagine in campo educativo e finalizzato fonda- mentalmente a presentare e discutere i fondamenti logici, epistemolo- gici e metodologici che rendono possibile l’applicazione di approcci di carattere scientifico allo studio di fatti e problemi di natura educati- va. Parafrasando Immanuel Kant, si può dire che lo scopo di questo libro è quello di esaminare e, in ultima analisi, dimostrare le condizio- ni di possibilità dell’indagine scientifica nel dominio educativo e, su tale base, mostrare tanto i presupposti razionali più solidi sul piano lo- gico e consolidati dalla tradizione della ricerca che danno fondamento a metodi, tecniche e strumentari correntemente impiegati da quest’ultima, quanto i limiti dei vari approcci metodologici al conse- guimento di conoscenze fondate, sulle quali riposano scelte e decisio- ni, talora di rilevanza “vitale”, assunte da parte dei responsabili delle politiche educative e dei vari attori che quotidinamente operano pro- fessionalmente in questo settore.

Il taglio conferito alla presentazione degli argomenti, pertanto, non è di tipo assertivo-espositivo (impostazione più tipica di un manuale), bensì, programmaticamente, di carattere problematico-critico: mi pro- pongo, cioè, di rendere consapevole chiunque intenda o sia chiamato a cimentarsi in una ricerca sul campo in ambito educativo del dibattito aperto e del confronto serrato, mai sopiti, fra “scuole di pensiero” e

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orientamenti epistemologici e metodologici concorrenti in ambito pe- dagogico e, più in generale, nelle scienze umane e sociali.

L’appellativo “scientifico” utilizzato per indicare la ricerca empiri- ca in campo educativo che compare nel titolo di questo libro scaturi- sce già essa stessa da una precisa opzione epistemologica, relativa a ciò che ritengo qualifichi come «scientifica» un’indagine su oggetti inerenti l’attività formativa. Il concetto di scienza, intanto, non si iden- tifica, nell’accezione qui utilizzata, con quello generico di “discipli- na”, che costituisce l’accezione impiegata, ad esempio, allorché ci si riferisce alle “scienze dell’educazione”, denotando generalmente con tale locuzione tutte le discipline specifiche che hanno sviluppato attra- verso una tradizione sufficientemente consolidata un patrimonio di conoscenze, un apparato terminologico-concettuale ed uno strumenta- rio tecnico di indagine condivisi – pur all’insegna di un relativo plura- lismo di metodi e di teorie – da una ben definita comunità di studiosi che pongono nel fuoco del loro interesse processi ed attività di natura educativa. In tale accezione sono connotabili quali scienze dell’edu- cazione anche la pedagogia generale, la filosofia dell’educazione, la storia della pedagogia (intesa quale storia delle idee educative), la sto- ria della scuola e delle istituzioni educative, la storia della didattica, la letteratura per l’infanzia, l’educazione comparata (nella misura in cui la comparazione riguardi l’architettura dei sistemi scolastico- educativi, la legislazione scolastica, programmi e curricoli, e si fondi quindi sull’analisi di documentazione e normative e non già su rilievi empirici o, secondo l’orientamento metodologico che si è andato con- solidando negli ultimi decenni, sull’uso di indicatori). Nell’accezione che impiego nel titolo di questo libro il concetto di scienza assume sia una connotazione sia una denotazione più ristrette: esso si identifica, ad un dipresso, con il concetto di empirico, vale a dire basato su os- servazioni controllate e sufficientemente sistematiche di processi e fe- nomeni tanto nel loro svolgersi “naturale”, per dir così, quanto in si- tuazioni artefatte nelle quali le variabili da osservare e misurare ven- gono artatamente manipolate secondo un disegno definito per i preci- pui scopi dell’indagine (esperimento). Non riteniamo che il fondamen- to della scientificità, al fine di stabilire per la ricerca in campo educa- tivo un “criterio di demarcazione” fra indagine scientifica e non (senza naturalmente con ciò diminuire in alcun modo il valore e l’utilità delle indagini condotte nell’ambito delle discipline che si occupano di edu- cazione senza essere legate alla dimensione empirica, in particolare quelle che abbiamo poco sopra elencato), vada necessariamente anco- rato al concetto di oggettività. Per ragioni senz’altro fondate, anche la

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La ricerca scientifica in campo educativo

ricerca storica aspira al conseguimento dell’oggettività1. Nella sua ac- cezione più lata, inoltre, il concetto di oggettività si identifica presso- ché con quello di rigore metodologico e conseguente fondatezza dei risultati. In questo senso, perciò, tutte le discipline a vocazione non direttamente empirica che si occupano di fatti e problemi di natura e- ducativa possono raggiungere un livello di rigore e di fondatezza tali da garantire la validità delle conclusioni cui la ricerca è pervenuta. Ta- le validità, infatti, riposa, a nostro giudizio, oltre che sul valore cono- scitivo che viene riconosciuto ai risultati in sé da parte di esponenti autorevoli della specifica disciplina, anche su un piano pragmatico, cioè nella misura in cui le conclusioni raggiunte divengono premesse ai fini di scelte e decisioni che rivestono un impatto su gruppi più o meno ampi di destinatari, vale a dire si traducono più o meno diretta- mente in opzioni politico-culturali e pedagogiche adottate da un si- stema scolastico-educativo2. Un’ampia corrente di studiosi, infine, ri- tiene che il concetto di oggettività, nella sua accezione più ristretta e quindi più ambiziosa (cioè allorché si identifica con l’idea che la spie- gazione dei fenomeni e delle relazioni fra i fatti indagati renda conto in modo esatto, incontrovertibile ed esaustivo di questi), non risulti a buon diritto applicabile all’indagine empirica, in particolare in ambito

1 Non indugerò in questa sede in una disamina della complessa questione se la cono- scenza storica possa perseguire effettivamente l’oggettività e rimando il lettore inte- ressato a tale più ampia questione di natura epistemologica al mio libro La formazione del pensiero storico, Torino, Paravia, 2000, nel quale la questione stessa viene ade- guatamente approfondita. Mi preme qui unicamente segnalare, a questo proposito, che qualora si riconosca che la ricerca storica può aspirare all’oggettività, che la si consi- deri una disciplina di natura ideografica oppure nomotetica, ovvero anche, secondo il modello di classificazione delle scienze elaborato da R. Popper (cfr. Logik der For- schung, Wien, 1935; 2ª ed. Tübingen, 1966; ed. ingl. rived. London, 1959; ed it., Logica della scoperta scientifica, Torino (Einaudi), 1970; The Open Society and Its Enemies, London, 1945; ed. ted. Bern 1957-1958; trad. it., La società aperta e i suoi nemici, Roma (Armando), 1974) e G. T. Hempel (The Function of General Laws in History, in «Journal of Philosophy», 1942, pp. 35-48, ristampato in H. Feigl-W. Sel- lars (edits.), Readings in Philosophical Analysis, New York, 1949, pp. 459-71) come una scienza che utilizza ma non produce sapere nomologico (e ancora, che indaghi oggetti reali oppure ideal-tipi, come ha mostrato M. Weber (Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre (a cura di J. Winckelmann), Tübingen (Mohr), 1973, pp. 217- 218, ed. it. Il metodo delle scienze storico-sociali (a cura di P. Rossi), Torino (Einaudi), 1958, p. 148), non risulta plausibile una distinzione che consideri la ricerca empirica orientata all’oggettività sul piano sincronico e quella storica orientata alla stessa sul piano diacronico, in quanto anche la ricerca empirica può essere attuata a livello dia- cronico, sviluppando disegni longitudinali o confrontando serie storiche.

2 Cfr. le riflessioni sviluppate in proposito e da questo punto di vista più avanti in questa Introduzione, in particolare relativamente alla questione della vocazione pura- mente conoscitiva versus applicativa della ricerca in campo educativo.

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educativo, soprattutto nel senso di soddisfare l’esigenza, propria delle scienze nomotetiche, di porre in evidenza i nessi causali fra fatti e fe- nomeni e di pervenire a stabilire leggi di ampia applicabilità e genera- lità che consentano la previsione, in quanto la ricerca è in grado esclu- sivamente di stabilire, su basi probabilistiche e perciò entro margini di errore più o meno ampi e conosciuti, il sussistere di relazioni fra va- riabili e la loro entità.

L’oggettività non costituisce dunque, per le ragioni appena esposte, un criterio atto a discriminare quale tipo di ricerca vada a buon diritto considerata scientifica nello studio dei problemi di natura educativa.

Come si vedrà, chi sostiene che il metodo scientifico si identifichi esattamente con quello sperimentale, chiama in causa altri requisiti che sono necessari per eseguire a pieno titolo un esperimento, in parti- colare la misurabilità delle variabili oggetto di studio e la replicabilità dell’esperimento, requisiti che non sempre vengono di fatto pienamen- te garantiti nelle indagini eseguite su fenomeni educativi, le quali, co- munque, pur non soddisfacendo pienamente tali requisiti, apportano sovente suggestioni utili alla migliore comprensione dei fatti e quindi risultano utili, quantomeno, ad impiantare ricerche più rigorose, basate sull’estrazione di campioni maggiormente rappresentativi e l’alles- timento di esperimenti veri e propri.

L’opzione epistemologica sulla quale riposa la scelta del titolo di questo libro determina, naturalmente, anche l’orizzonte tematico sul quale quest’ultimo spazia. Si evince chiaramente da quanto sinora di- scusso che il presente testo di metodologia della ricerca non si occupa di illustrare metodi, tecniche e strumenti impiegati nelle scienze edu- cative a vocazione non-empirica e quindi legati alle modalità proprie della pura teoresi (ossia di quegli schemi e di quell’atteggiamento co- noscitivo che sono orientati da un pensiero critico-problematico e che utilizzano essenzialmente il linguaggio e le forme argomentative e ri- flessive caratteristiche del linguaggio filosofico ed inquadrate in più ampi sistemi teorici legati alle principali correnti del pensiero filosofi- co) o della ricerca storica focalizzata sulla dimensione educativa. Ho sviluppato riflessioni e proposte relative alla metodologia in questi ambiti di ricerca in altri miei lavori3; quale testo di metodologia della ricerca in campo educativo il presente si distingue di conseguenza da altri che trattano anche di “ricerca teorica” e/o di ricerca storica4.

3 Cfr. in part. il già citato La formazione del pensiero storico.

4 Il manuale di P. Lucisano e A. Salerni (Metodologia della ricerca in educazione e formazione, Carocci, 2002), in particolare, uno dei lavori più ampi e completi in lin- gua italiana prodotti di recente con tale finalità, si propone come un testo che abbrac-

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La ricerca scientifica in campo educativo

L’orizzonte della trattazione è perciò in questo libro delimitato dalla vocazione empirica, ossia da esigenze legate all’analisi di fatti esperi- bili e rilevabili in concrete e definite situazioni educative reali.

Ciò premesso, sul piano metodologico rimane ancora aperta una questione particolarmente complessa ed annosa in rapporto alla quale l’opzione epistemologico-metodologica espressa diviene decisiva ai fini della delimitazione degli oggetti della trattazione. Tale questione è relativa al problema se la qualificazione di ricerca scientifica vada ri- servata esclusivamente alle indagini con impianto rigorosamente spe- rimentale ovvero se anche l’approccio indicato di solito come clinico, osservativo o qualitativo risponda a requisiti e canoni metodologici che garantiscano di far luce fondatamente su fatti e fenomeni di natura educativa e perciò le tecniche caratteristiche di questo approccio risul- tino accreditabili fra quelle tramite le quali possono essere acquisiti risultati affidabili ed utili per il progresso della conoscenza dei feno- meni educativi. Discuterò più ampiamente di tale questione nel primo capitolo di questo libro. Per concludere questa riflessione introduttiva, volta essenzialmente a chiarire gli scopi e l’orizzonte tematico del pre- sente lavoro, fornisco alcune delucidazioni essenziali sul suo titolo e sulle opzioni epistemologico-metodologiche che ne sottendono la scelta.

De Landsheere ritiene che l’esigenza di sostituire all’espressione

«pedagogia sperimentale» quella di «ricerca (scientifica) in educazio- ne» (o «in campo educativo») sia maturata progressivamente fra i ri- cercatori a mano a mano che questi riconoscevano diritto di cittadi- nanza ai metodi di carattere qualitativo. Durante i primi decenni del Novecento, infatti, la pedagogia sperimentale si affermò fra i ricerca- tori di inclinazione empirica come la scienza dell’educazione per ec- cellenza, parallelamente all’affermarsi della psicologia sperimentale fra gli psicologi, sviluppatasi già a partire dai primi lavori di G. Th Fechner e poi di W. Wundt, nel cui celebre laboratorio di Lipsia si e- rano formati gli psicologi sperimentali delle generazioni successive.

Più tardi però – sosteneva, già negli anni Ottanta, anche De Landshee- re –, lo sviluppo di una varietà sempre più ricca ed estesa di oggetti specifici di interesse, nonché di metodi e tecniche di indagine, e il conseguente ramificarsi e moltiplicarsi di discipline specializzate a- venti in comune quale oggetto di studio l’educazione, fece perdere di

cia la ricerca educativa toto coelo e nel passare in rassegna gli oggetti e le forme della ricerca applicata ai fatti educativi offre alcune indicazioni di ordine molto generale anche sulla ricerca storica e su quella teorica, che non approfondisce poi, però, in forma specifica, concentrandosi essenzialmente sull’esposizione dei disegni e delle tecniche di indagine propri dell’approccio empirico-sperimentale.

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senso all’uso al singolare del concetto di scienza (e si iniziò così a par- lare di scienze dell’educazione), nonché alla qualifica di sperimentale per la ricerca empirica in ambito educativo.

Chi domandasse oggi negli Stati Uniti, una delle sedi più importanti della pedagogia sperimentale, di un laboratorio di experimental educa- tion o, a maggior ragione, di experimental pedagogy, avrebbe difficol- tà a farsi capire: esistono bensì delle laboratory schools (scuole spe- rimentali), dove si attua l’educational research, la ricerca educativa, Questa espressione entra sempre maggiormente nell’uso francese e non possiamo che compiacercene. Il termine ricerca educativa può a- vere evidentemente un significato molto più ampio di pedagogia spe- rimentale, che significa in primo luogo studio empirico quantitativo.

… una delle principali tendenze attuali è di assicurare un posto sempre più vasto all’approccio qualitativo5.

A questo punto De Landsheere, riconoscendo comunque anche all’approccio teoretico ed a quello storico la possibilità di seguire pro- cedimenti rigorosi e di pervenire a risultati utili e significativi, afferma che la ricerca educativa, per restare sul terreno della scienza, implica che studiosi diversi trovino un sostanziale accordo, al fine da consenti- re, come ha evidenziato Piaget, di delimitare un problema «in modo da subordinare la soluzione a constatazioni accessibili a tutti e verifi- cabili da parte di tutti6». «In ultima analisi – ne conclude De Landshe- ere -, è l’espressione ricerca sperimentale in campo educativo quella che meno si presta a confusioni». «Il termine sperimentale sarà tutta- via assunto in senso lato – precisa lo stesso Autore –, perché com- prenda l’osservazione rigorosa. Gia Claparède7, seguendo in ciò Clau- de Bernard, lo utilizzava così e lo contrapponeva all’opinione mal fondata, al dogmatismo8».

Accogliendo a pieno titolo l’istanza di ampliamento ai metodi qua- litativi – purché fondati su osservazioni che in linea di principio risul- tino “accessibili a tutti” (anche se non esattamente replicabili, come è richiesto nei protocolli strettamente sperimentali) e protocolli rigorosi

5 G. De Landsheere, Storia della pedagogia sperimentale, ediz. ital., 1988 (ed. orig.

1986), p. 11.

6 J. Piaget, La représentation du monde chez l’enfant, Paris, PUF, 1926, n.e. 1947, trad. it La rappresentazione del mondo nel fanciullo, Torino, Boringhieri, 1973², p.

40.

7 E. Claparède, Psychologie de l’enfant et pédagogie expérimentale, Neuchatel, Dela- chaux & Niestlé, 10a ed., 1952 [1909], p. 54.

8 G. De Landsheere, op. cit., ibidem.

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La ricerca scientifica in campo educativo

e ben definiti – della ricerca in ambito educativo avanzata da De Lan- dsheere e – come vedremo più approfonditamente nel primo capitolo – da altri eminenti Autori, ritengo tuttavia non del tutto corretto qualifi- care come “sperimentali” le tecniche di carattere qualitativo, in quanto esse non si avvalgono dell’esecuzione di esperimenti in senso proprio, secondo i canoni che la scienza sperimentale – come vedremo nel quarto capitolo di questo libro – ha definito da Galileo in poi, pur es- sendo comunque improntate ad un’analisi dei processi educativi rivol- ta alla dimensione empirica e fattuale. Per tale motivo preferisco par- lare di ricerca scientifica in campo educativo (da cui il titolo di questo libro), allorché sia chiarito, come si è fatto nelle pagine che precedo- no, che il concetto di scienza viene impiegato in questo caso nella sua accezione ristretta di indagine empirica e non in quella molto più lata di regione del sapere e/o settore della ricerca tout court.

Chi scrive ha in realtà sostenuto, e ancor più praticato, peraltro, una ricerca in campo educativo che si fonda sull’integrazione di metodi, tecniche e strumentari di indagine, e non soltanto limitata all’appli- cazione sinergica di metodi quantitativi e qualitativi nell’indagine em- pirica (come vedremo nel sesto capitolo), ma in forma ancora più este- sa, ossia ampliantesi anche alla dimensione teoretica ed a quella stori- ca. Ciò in quanto ritengo che un’indagine in campo educativo, come in altri ambiti delle scienze umane e sociali, possa produrre risultati maggiormente fondati e significativi allorché analizzi specifici pro- blemi, specie se di elevata complessità, tramite un approccio sistemi- co, “aggredendo”, per dir così, il problema in esame da più angolature e integrando perciò una considerazione sul piano teoretico-proble- matico con quella di ordine storico-critico e con quella empirico- sperimentale e quindi avvalendosi di linguaggi, categorie interpretati- ve, strumentari concettuali e tecnici diversificati e propri di ambiti del sapere e settori della ricerca distinti ed anche distanti ed eterogenei.

Altre scienze dell’educazione, a pronunciata inclinazione applica- tiva, come la didattica (generale), la pedagogia speciale e la didattica speciale, la pedagogia interculturale, le discipline specialistiche che si occupano di elaborare teorie e modelli applicativi delle tecnologie dell’educazione, le didattiche disciplinari specifiche e così via, rive- stono sul piano metodologico un carattere più ‘eclettico’ e si configu- rano, per certi aspetti, come discipline integrate, spaziando su un oriz- zonte composito sul quale l’attenzione si sposta dai modelli interpreta- tivi ai rilievi empirici e sperimentali, alle osservazioni più o meno si- stematiche, all’analisi dei processi di apprendimento, anche mediante ampie incursioni nei territori della psicologia teorica o sperimentale, avvalendosi, nella disamina dei problemi, tanto dell’analisi dei fatti

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corroborata da rilievi quantitativi e qualitativi quanto di asserzioni di tipo prescrittivo e precettistico, di petizioni di principio e talora di e- lementi di saggezza ricavati dall’esperienza sul campo o mutuati dal senso comune. Altre discipline che la massima parte degli Autori con- siderano scienze dell’educazione e che comunque rappresentano senza dubbio patrimonio essenziale per la professionalità docente e quindi la formazione degli insegnanti e di altri professionisti della formazione, le quali nel loro insieme costituiscono un’importantissima area disci- plinare e della ricerca che possiamo denotare come psicopedagogica (psicologia dell’apprendimento, psicologia dell’educazione) si situano appunto, in realtà, su un territorio di confine tra la psicologia e la pe- dagogia.

La docimologia rappresenta invece una scienza dell’educazione con caratteri particolari. Proponendosi quale scienza della valutazione che aspira, fin dalle sue origini, a rendere quest’ultima il più possibile oggettiva, essa rappresenta a pieno titolo una scienza in senso stretto ed opera, in concreto, in stretta sinergia con la ricerca sperimentale in ambito educativo. Alcune questioni cruciali che costituiscono oggetto di studio della docimologia, peraltro, costituiscono un territorio comu- ne alla pedagogia sperimentale. Da un certo punto di vista e per alcuni aspetti si può affermare che la docimologia rappresenti una scienza ausiliaria della pedagogia sperimentale, in quanto l’esecuzione di in- dagini su campioni più o meno ampi e rappresentativi in ambito edu- cativo richiede, come si è anticipato e come vedremo meglio nel set- timo capitolo (dedicato a discutere i fondamenti logico-epistemologici della docimologia, che per le ragioni appena richiamate trova pieno diritto di cittadinanza, su tale piano fondativo e molto generale, in questo testo finalizzato ad illustrare criticamente le “condizioni di possibilità”, per dirla con Kant, della ricerca scientifica nel settore e- ducativo), l’elaborazione di strumenti di rilevazione calibrati sugli specifici scopi dell’indagine, ciò che rientra nei compiti precipui della docimologia.

Da ultimo, per esigenza di completezza del quadro sinottico delle scienze dell’educazione che si è delineato in queste pagine, fra le scienze dell’educazione a vocazione empirica occorre citare, oltre alla pedagogia sperimentale (etichetta che è rimasta in uso in Italia, diver- samente che nel contesto anglofono e francofono, anche a seguito dell’ampliamento delle metodologie di ricerca alle tecniche di ordine più qualitativo), anche la sociologia dell’educazione, che ha trovato anche nel nostro Paese negli ultimi decenni significativo sviluppo, in particolare attraverso il lavoro condotto da gruppi di ricercatori che hanno realizzato ricerche campionarie di elevato valore scientifico,

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La ricerca scientifica in campo educativo

come le indagini IARD coordinate da A. Cavalli, A. De Lillo e C.

Buzzi9 o quelle interuniversitarie coordinate da L. Benadusi e L. Ri- bolzi10.

Un’ulteriore dicotomia talora impiegata da alcuni autori, non in completo accordo fra di loro, è quella fra ricerca sperimentale e ricerca valutativa, quest’ultima volta fondamentalmente a mettere a punto me- todi, tecniche e strumenti, sempre più efficaci e raffinati, per la valuta- zione oggettiva del profitto, e pertanto, come si vedrà, sostanzialmente coincidente con l’oggetto di studio e gli scopi della docimologia11.

Per quel che riguarda la dicotomia fra ricerca pura e ricerca appli- cata, ritengo che quest’ultima non presenti particolare pertinenza e ri- levanza nel contesto dell’indagine in campo educativo. Qualora la si intenda utilizzare allo scopo di relegare sic et simpliciter l’intera ricer- ca scientifica in ambito educativo nella dimensione della ricerca appli- cata, la quale si avvarrebbe o dovrebbe avvalersi di concetti, costrutti o modelli teorici e di principi di ordine generale, impiegati soprattutto in sede di formulazione delle ipotesi, ricavabili dai risultati di una ri- cerca pura condotta nell’ambito di altre scienze, appunto, più pure, in special modo di varie branche della psicologia e soprattutto della psi- cologia dell’apprendimento e dell’educazione (ma anche della socio- logia, della linguistica applicata e di varie altre scienze antropiche)12, sono convinto che questa impostazione sia facilmente smentita da un’analisi anche sommaria delle più rilevanti indagini sperimentali ed osservative condotte in campo educativo, soprattutto a scopi compara- tivi, negli ultimi decenni. In linea di principio ed anche di fatto, inol-

9 I rapporti delle numerose indagini IARD, periodicamente realizzate a partire dal 1983, sono stati tutti pubblicati dall’editore Il Mulino.

10 I risultati dei numerosi lavori condotti fra gli anni Ottanta e il presente da questi due Autori ed altri che hanno collaborato a queste ricerrche, fra cui anche lo scrivente, sono stati pubblicati prevalentemente sulle riviste «Scuola Democratica» e «IL Muli- no» ed in molti casi raccolti in volumi per i tipi dell’editrice Il Mulino.

11 Cfr. in part. B. Vertecchi, G. Agrusti, B. Losito, Origini e sviluppi della ricerca valutativa, Milano, F. Angeli, 2010.

12 Questa era in particolare l’idea sviluppata da Pietro SICILIANI, il quale è stato uno dei primi pedagogisti italiani a sostenere e promuovere (nella seconda metà dell’Ottocento) la necessità di orientare a modelli scientifici la ricerca in campo edu- cativo. Egli si avvalse a tale scopo di un’analogia fra medicina e pedagogia (egli era anche medico oltre che filosofo e pedagogista), ritenendo che entrambe queste scienze rispondono a scopi di natura pragmatica ed hanno perciò vocazione applicativa, fon- dandosi sui risultati di scienze più pure che forniscono loro concetti-chiave e modelli teorico-interpretativi. Cfr. in part. P. SICILIANI, Della pedagogia positiva e della scienza dell’educazione in Italia, Bologna, 1869; IDEM,Su la scienza dell’educazione, Bologna, 1870.

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tre, la ricerca scientifica in campo educativo, pur attingendo i suoi presupposti teorici da basi conoscitive riconducibili ad un vasto oriz- zonte di saperi, tuttavia muove da situazioni problematiche ed anche da presupposti teorici eminentemente di natura pedagogica: essa sca- turisce quindi sostanzialmente dal contesto educativo e mira a produr- re impatti e ricadute nel medesimo. Un qualche senso può avere inve- ce la dicotomia in esame nel contesto specifico stesso della ricerca in ambito educativo. Da tale punto di vista, mi pare comunque più perti- nente e significativa la distinzione, proposta più di recente, fra ricerca orientata alla scoperta e ricerca orientata alla decisione, utile a defi- nire in modo esplicito le esigenze da cui una specifica indagine muo- ve, i suoi scopi e l’utilizzabilità (anche in termini di estendibili- tà/generalizzabilità/trasferibilità) di risultati e ricadute, sia per il sog- getto o soggetti istituzionali che la promuovono sia di fronte ai suoi eventuali committenti e/o potenziali o diretti utilizzatori e più in gene- rale a coloro che nella letteratura più recente vengono identificati co- me stakeholders. In realtà, una distinzione netta fra questi due orien- tamenti della ricerca non è in tutti i casi applicabile: soprattutto se si abbraccia una visione di impronta pragmatista, segnatamente la visio- ne deweyiana, occorre riconoscere che la ricerca, anche in ambito e- ducativo, origina da situazioni problematiche ed è in qualche forma o misura sempre animata da intenti regolativi di prassi didattico- educative ad un qualche livello e in determinati contesti. I risultati conseguiti dalla ricerca empirica in campo educativo trovano infatti, generalmente, una più o meno diretta applicazione in macro-politiche (a livello di interi sistemi educativi) o micro-politiche (a livello di una classe di alunni, di un istituto scolastico o di una rete di istituti) di tipo educativo (si pensi in particolare all’impatto che hanno sui sistemi scolastico-educativi dei Paesi partecipanti e segnatamente nel nostro, suscitando dibattiti e polemiche anche nell’opinione pubblica oltre che fra gli “addetti ai lavori”, i risultati delle indagini OCSE-PISA) e mol- to raramente sono animate esclusivamente da impulsi conoscitivi “pu- ri”, avulsi dall’esigenza di produrre cambiamenti più o meno estesi e profondi sulle pratiche educative correnti.

Gli ambiti di applicazione della ricerca scientifica in campo educa- tivo, a partire almeno dalla seconda metà degli anni Settanta, sono di fatto stati costituiti da rilevanti problemi legati ai processi di alfabetiz- zazione, all’analisi comparativa dei sistemi nella formazione delle competenze chiave (comprensione della lettura, scrittura, abilità logi- co-matematiche, educazione civica e competenze di cittadinanza), l’influenza del retroterra socio-culturale sul successo scolastico, la lot- ta alla dispersione scolastica, l’uso delle tecnologie in campo didatti-

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La ricerca scientifica in campo educativo

co. Le surveys realizzate in questi decenni in ambito internazionale (in particolare quelle promosse dall’I.E.A. e dall’OCSE), così come le in- chieste di livello nazionale o regionale condotte in molti Paesi europei oppure oltreoceano, si sono concentrate su tali questioni, animate dall’esigenza di fornire ai sistemi scolastico-educativi indicazioni de- cisive al fine di indirizzare le politiche per l’istruzione e la formazione e rinnovare i curricoli.

Per quanto concerne l’uso diffuso del termine “sperimentazione” in ambito scolastico-educativo, soprattutto nel contesto delle normative, in genere connesso all’esigenza di valutare l’efficacia e l’impatto di innovazioni organizzative e/o didattiche nell’ambito di contesti deli- mitati ovvero nell’intero sistema, occorre sottolineare, come già fece Raymond Buyse, l’esigenza di distinguere fra pedagogie expérienciée e pedagogie expérimentale, fondata su modelli, tecniche e strumenti di indagine specifici ed estremamente rigorosi13. Sovente, infatti, la vali- dazione di nuovi modelli, metodi o tecnologie, anche nelle “sperimen- tazioni attuate in via ufficiale a livello ministeriale, passa attraverso la sedimentazione progressiva di esperienze didattico-educative, più o meno esplicitamente mirate a convalidarli e corroborarli, e solo rara- mente ricorrendo a indagini di rigoroso impianto sperimentale.

La dicotomia fra ricerca sperimentale e ricerca esperienziale pro- posta da Buyse è in particolare utile per discernere l’estesissimo pano- rama di esperienze educative esemplari condotte, soprattutto nell’ambito del movimento attivistico e delle scuole nuove, nel corso dei secoli XIX e XX, le quali rivestono un carattere disseminato e quasi mai risultano promosse e/o controllate istituzionalmente (per cui occorre in genere ricostruirne la genesi e l’evoluzione, la portata e il complesso di connessioni con altri elementi contestuali attraverso l’indagine di carattere storico) dalle ricerche promosse in ambito edu- cativo da istituzioni preposte (generalmente da università ed altri enti ed istituzioni di ricerca, in eventuale partnership con aziende o altri soggetti privati interessati) e realizzate in forma controllata e sistema- tica mediante l’impiego di un impianto, una metodologia e tecni- che/strumenti di indagine di carattere strettamente scientifico.

Scopo non secondario di questo mio libro è comunque anche quel- lo di formare gli attuali e futuri insegnanti ad una mentalità e ad un at- teggiamento scientifico-sperimentali, in modo da renderli consapevoli

13 R. Buyse, L’expérimentationen pédagogie, Bruxelles, Lamertin, 1935. In Italia, nel periodo in cui la ricerca di impianto sperimentale in campo educativo iniziava ad af- fermarsi, l’esigenza di applicare tale distinzione, oltre che da Aldo Visalberghi, è stata richiamata da Giuseppe Catalfamo: cfr. Prefazione a F. Inzodda, La ricerca pedago- gica sperimentale, Brescia, La scuola, 1975.

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EMILIO LASTRUCCI

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dei fondamenti epistemologico-metodologici della ricerca scientifica realizzabile nel loro contesto professionale, nonché di sviluppare in loro la padronanza di metodi/strumenti/tecniche per operare in modo scientifico e realizzare indagini empirico-sperimentali, sia mediante la partecipazione a indagini scientificamente condotte nel sistema scola- stico-educativo o in suoi particolari segmenti e settori più delimitati, sia predisponendo indagini e rilevazioni nel contesto della loro classe o scuola che si avvalgano per il possibile dei canoni metodologici e dello strumentario propri della ricerca di livello scientifico.

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