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Academic year: 2022

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15-09-2020

Domani 1 DI NUOVO IN CLASSE

«Ripartiamo senza dimenticare»

Il virus non ha fermato la scuola

Nella zona più colpita dal virus, il dirigente di un istituto di Bergamo racconta il ritorno in aula

«Siamo più fragili, ma ricominciamo: Io dobbiamo ai ragazzi che cercano un senso dopo i lutti»

FRANCESCO FADIGATI CALCINA TEIBERGAMOÌ

I banchi monoposto promessi dalla ministra Azzolina e dal commissario Arcuri in molte scuole non sono mai arrivati. t nomi delle aziende produttrici sono segreti

FOTO LA PRESSE

Ieri mattina davanti all'atrio della scuola c'era un arco dipallon- tini colorati. Qualche sera fa le maestre so- no rimaste fino alle ot- to a scuola per farlo:

per salutare i bambini di prima ele- mentare che arrivavano per la pri- ma volta nelleloro classi. Inpresen- za. Le maestre mele ha fatte notare il preside,prima di uscire dopo l'ul- tima giornata di riunioni sulle nor- me di sicurezza. Erano stanche, sor- ridenti, a gonfiare palloncini per bambini che avrebbero conosciu- to solo l'indomani

Sentire nei corridoi le voci eccitate dei bambini ha cambiato la faccia di tutti noi. Il segretario della scuo- la mi ha detto: «È per loro che abbia- mo lavorato senza poter vedere nessuno, in tutti questi mesi». Per loro, e per noi che ora li possiamo ascoltare, dico io.

Sono valse la penale settimane esti- ve a lavorare insieme agli altri diri- genti per studiare le planimetrie, ri- modulare le aule, ripensare gli ora- ri, stilare il regolamento che aiute- rà i ragazzi, i genitori e i docenti a frequentare di nuovo la scuola.

Qualche giorno fa, a mezzanotte meno un quarto, ero in ufficio in collegamento video coni presidi e gli amministratori, per l'ennesima modifica delle linee dei pullman che portano a scuola più di un ter- zo dei nostri mille studenti le nuo- ve indicazioni di riempimento

all'80 per cento ci hanno costretto a rifare ancora tutto da capo. Ma ho visto che in questo rifare si im- parano pazienza e ascolto.

In questi giorni, entrando dal can- cello della scuola, torno spesso ai mesi della didattica a distanza. La Traccia, la scuola in cui svolgo il la- voro di insegnante e rettore, si tro- va a Calcinate, un paese di seimila abitanti nella bassa bergamasca.

Ci arrivano ragazzi dalle località che i telegiornali hanno reso fami- liari a tutta l'Italia Val Seriana, Al- zano, Nembro.

I mesi a distanza

Non dimentico quel che ho visto per settimane, quando al mattino accendevo il computer per in i giare le lezioni a distanza. Ogni giorno in sei o sette per classe mi informa- vano: «Questa notte hanno portato via il nonno», «Non so più niente della nonna da giorni», «La mam- ma è chiusa in camera, perché l'ha preso anche lei», «Lo zio è morto e ho paura per mio fratello perché ha la febbre alta». Non è stato tanto quel che dicevano, ma le loro facce che misi sono incise dentro: occhi smarriti, a volte incapaci di espri- mere il disorientamento e l'ango- scia. Quegli occhi mi hanno inchio- dato, e hanno sbriciolato all'istan- te ogni velleità di ottimismo. Prova tua dire "Andrà tutto bene"a ragaz- zi che hanno la morte dentro casa.

Quegli occhi hanno braccato noi insegnanti ogni mattina «Hai tu

qualche risorsa che permetta di af- frontare la paura della morte?» ,«La lezione che stai per propormi ha a che fare col mio dolore, col mio smarrimento?». Queste domande mute mi hanno costretto a cercar- la, quella speranza, ogni mattina, come il padre che nel romanzo La strada di Cormac McCarthy cerca fra la cenere i resti di mela per sé e per il figlio in un mondo squassato dall'apocalisse. Allora l'ho chiesta in giro, ad altri occhi: a quelli dei miei cari, degli amici veri dei miei colleghi.

Nessuna paura può spazzare via parole come quelle che hanno scrit- to nei temi di quei giorni: «Non ho avuto il tempo di vedere o dire ad- dio amio nonno: l'ultima volta che l'ho visto è stato l'8 marzo. Perché c'è la morte? Perché c'è la vita?».

Queste domande ci hanno accom- pagnato in quei giorni, insieme al loro stupore: chiusi nelle loro case, ragazzi che tante volte hanno cedu- to all'apatia cronica della nostra ge- nerazione hanno cominciato ad accorgersi della presenza delle co- se, con una consapevolezza che ha risvegliato anche noi adulti.

Mi ha impressionato che durante i mesi della quarantena una ragaz- za delle medie abbia inviato alla sua professoressa un 'diario delle meraviglie": tutte le piccole cose che normalmente aveva dato per scontato e che in quel momento si sono rivelate ai suoi occhi come preziose: «in questi giorni vivo in

modo un po' diverso, perché il non poter uscire ti fa accorgere di più della bellezza del mondo».

Torno spesso a queste parole, per- ché mi mostrano la fiamma che brucia in ciascuno deinostri ragaz- zi, sotto la paura che spesso li ren- de aggressivi Penso anche alle pa- role di un'altra ragazza: «Mi manca- no gli amici, le aule, i professori in- somma tutto, ma credo che senza questa situazione non avreimaica- pito fino in fondo il valore di una lezione».

Ha ragione lei in quei mesi la scuo- la si è svelata per quello che è. La possibilità di introdurci insieme ai nostri ragazzi nella realtà. Chiu- si nelle nostre case, io e i miei stu- denti abbiamo riscoperto le mate- rie come una finestra sull'infinito.

Penso alle lezioni di quelle settima- ne: per quanto limitate dalla di- stanza e dagli strumenti tecnici, hanno permesso alle parole di Buz- zati, di Collodi, di Virgilio di torna- re a dialogare con noi.

Ora iniziamo di nuovo perché ne hanno bisogno i ragazzi, iniziamo perché ne abbiamo bisogno noi in- segnanti: il cammino di scoperta che si può vivere in classe, gli sguar- di pieni di domande, di obiezioni, a volte di noia, laloro presenza fisi- ca così espressiva delle loro esigen- ze, sono l'alimento che «rinnova la giovinezza della mia vita», come mi aveva detto il professore grazie al quale è nata la mia vocazione di insegnante.

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