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LE CARIATIDI ILLUSTRAZIONE MARMO GRECO GIUSEPPE M/ PARASGANDOLO NAPOLI RAPPRESENTANTE

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(1)
(2)

#

(3)

ILLUSTRAZIONE

DI UN

MARMO GRECO

RAPPRESENTANTE

LE CARIATIDI

DEL SACERDOTE NAPOLITANO

GIUSEPPE M/ PARASGANDOLO

PROFESSORE DI STORIA DE'coNGILJ

NELLA

R.

UNIVERSITÀ DI NAPOLI, SD INTEftPETRE DE'

R.

PAPIRI ERCOLANESI.

IN NAPOLI

Presso Giovanni de Bonis

1817.

(4)

OvK

ayvosvyitv ót( tois ras ituXxiCLs (i\j9okoyia{ cwjra.rroy.tvns a\)yk~

fixii/ei jcara thv ypeetptfv fv

moWoK

sKcura-ov^Scei' ìliixivyapTtof ayayptx,-' iipuivov apyjxiOTtti SujiMiHTQs ovaa iroAXjjy uiiDjìiav Ttapay^STui roif ypa{po'jriv.

Nun

ignari sumus antiquii

alum

Scriploribus usuvenire, ut narratìo ipsorum multa non ussequalur. Nart et reru^n memoriae prodenda-

rum

velustas

cun

difficile eruatur,

magnam

scribentibus perplexi- taletn ctfftrt.

Diodor.Sic. Bibl. Histor. Lib. IV„

Non omnes

eadern mirantur, amantque.

Quid dem

?

Quid non dem

? Renuis tu quod iubet after.

Horat.

IL

Epist.4,

(5)

A SUA REAL MAESTÀ'

FERDINANDO 1/

DEL REGNO DELLE DUE SICILIE

ec. ec. ec.

ò

t

a

il

o « e

X X questo giorno

,

cui l'Augusto Nome della M. V.

rende faustissimo

,

e glorioso

,

profittando

io

di

bella congiuntura

,

ardisco di consacrarle questa

mìa Operetta

,

affinchè partecipi anch' essa della

gloria del giorno. Nel vero avea bisogno di

(6)

grande ornamento

,

ed

io

dovea in

tiitfi

modi ad

essa procurarla

,

poiché ne pel suo merito

,

né per la fama dell'Autore sperar potea la pubblica

sti-

ma. So ben

io

che per

lo

stesso motivo era inde-

gna di presentarsi al cospetto del Trono Reale

-,

ma la Clemenza di un Principe così glorioso, che suole accogliere benignamente

i

suoi Sudditi

,

e che mi ha mostrato altra volta

il

Suo alto favo-

re

,

ha

in

me destato un tanto ardimento. Si ag- giunge che

il

Marmo da me illustrato e uno de^

pili

preziosi Monumenti del Beai Museo Borbonico;

e

pero sarei accagionato

d'

ingratitudine

, se Jiel

profittarne non mostrassi al Monarca la mia rico- noscenza. Prego intanto la M. V. di compatire

i difetti

del mio lavoro

,

e di concedergli la Sovrana

protezione}, mentre

io

baciandole ossequioso

le

mani mi protesto per la vita

ISapoli 3o Maggio 1817.

Di Y. M.

Divoliss. efedeliss: Suddito GlL'PEPPB RIaHìA PaHASCANDCLO.

(7)

L

Ia

Storia di una Nazione

,

per quanto esattamente

sia scritta ,

è sempre più compiuta

,

e più certa

, se

\ieue appoggiata dagli

scolpili

monumenti

j i

quali

ri-

chiamando

l'

idea

dell'

epoche antiche danno maggiore estenzione

, e

pruova

a'

racconti

degli Scrittori.

Ond'è che non solo furon

tali

memorie sempre

in

grandissimo pregio tenute

,

ma

si

slimò fortunato chiunque potè produrne

delle

nuove, affinchè

si fosse

presso

i

discen- denti meglio perpetuata

degli

accaduti

fatti la ri-

membranza

.

Vennero riconosciute perciò

,

come da

Omero

* , e

da

altri Scrittori '

impariamo

,

noa

fi) Ut Aratili ah Jove incipiendum putat,ita nos vite coepluri

ab Homero

videmur. Quintil. Jnstìt. Orat.Hi. i. Nel vero quest'ani-.

mirabile padre d'ogni

umano

sapere ( Diod. Sic. Bibl. lil). III.

p. loo PlÌD. IJist, Natur.

XV.

a. XVII. 5. ) le cui opere presen- tano secondo V espressione di Aloidamaute ita\ov (Tv9/)a7rjvov /?»3u xaTOffTjSov , pulchruin

humanae

vilne s-pectilum

apud

Ari-tot. Rhet.

HI. 3.

non

solo volle per 1% caduta di Troja impiegareil più gran- de tra"

Poemi

dtl

Mondo

;

ma

per far conoscere che quel fatto

noa

sirebbe mai escilo dalla

memoria

degli uomini, Gnge

un

serpente, cbe si cangia in sasso , e fa spirgare a Calcante che giusto dinoli

non

potersi

giammai

perdere ia ricordanza di quel celebre avTe-

aimenlo

: lliad.

IL

3ic). 5.

li^iv fxEv Toó' ifyiye repai /xsya ix^rwra Zijs O-^'IMV^ o^iTt>\.eiov, oo'j xXfos ovnOT o\H^a .

Lupidem

enirn ipsum fecit Saturni Jìlius versirti,

^ebts quidem hoc ostend t signum

magnum

providus Jiipìter

Serum

, seri exilus, cuius gloria

nunquam

perihitr

t F.

(8)

solo

l'arte

dello scrivere

,

ma ben anche quella dello scolpire

,

qual deposito durevole

delle

virtù

, e

dei

vizj degli

uomini

,

non che delle vicende

tutte

del- r umanità.

I

popoli

,

che coltivaron queste

arti

,

vantando

eccellenti

Poeti

, e Storici

da una parie

,

e

sculti

monumenti

dall' altra ,

han tramandalo

al- la

posterità non solo

le

loro vicende

,

ma

la

fama

,

Ed

allroTe mette in tocca a

Giunone

,che sebhfine dovesse jnorir Sarpedone per

man

di Patroclo , com'era scritto ne' fati

; pare

avrebbe dal

moniameuto

,che gli verrebbe da'suoi innalzalo, ritratt»

il

premio

, e la

rinomanza

conveniente. Iliad.

XVI.

457-

T'jixlios, ?))A,H, ro ycLf -yipait «f flavovrwv.

Et

tumulus, et

columna

; kic

enim

est honor mortuorum.

(a) Tullio è di avviso ( I. Tuscul. i5. ) che l'impegno della celebrità del proprio

nome

avea dettate egualmente aFidiadi scol- pire il SBO ritratto nello scudo di Minerva , che ad

Ennio

di

com-

porre i libri de'suoi annali : ed in attestato ne riporta Vepigram-

ma

da questo poeta

composto

, e destinato sotto la sua effigie.

AdspicUe, o Ci\>eis, senis Ennii

imaginV

fornata :

Heic vostrum panxit

maxuma

facta

patrum Nemo me

lacrumeis decoret, nec funera finta

Facsit.

Quur?

volito vivo''per ora virum.

Quindi Ovidio cantò IV. de Ponto Vili. 4»,

Carmine

fit vivai virtut , expersque sepulchri,

E Lucano

Pharsal. IX. 981.

O

tacer , o

magnai

vatum laborI

Omnia

fato Eripis, et poplis donas mortalibus aevum.

(3) Ciò va inteso,

quando

son totalmente mancati questi due mezzi

non

solo presso gli stessi popoli ,

ma

anche presso quel-

li, che vi

hanno

avuto rapporti di vicinanza , o d'inimicizia , o di

commercio

,

od

altro qualunque siesi. I Trojani soa celebri jjresso di noi

non

per gli sciitiori, o pe'

monumenti

, che ci ab- iiianlimasi ;

ma

2^er la premura, che si

ha»

preso iprimi Peciidel

«lon-

(9)

mentre

quelle nazioni

^

che né

in lettere ,

in arti fiori-

rono

,

non

ci

hanno

di se lasciato ,

che

scarsissi-

me memorie

, e talvolta il

nudo

lor

nome

^ .

Que-

sta

due chiavi

,

onde

si

apre

il

sacrario

dell'antichità,

sono insieme

iocateiaate j e

mentre

gli Scrittori illu-

strano

le

opere

di

sculture

,

da queste ricevono mez-

Dioneo in cfclcbrarìi.

Lo

Scita Anacaisi, Zamolxi Geta , Aliante Libico ,

Nino

, SardanapaJo, Catanie , Sifaco , Tigrane , i Magi ,

i GininosoGsli , i Druidi , 8 tanti altri som conosciuti , perciocciiè stendendosi la Ipro rinomanza molto in fucffi della. Jor padiia Ija

tro.ato negli stranieri chi vindicat» avesse il loi-

nome

dall'obblio.

Quante

nazioni

non

conosciamo stìl p^rclrè

«vendo

rapporto co'fi-

gliuoli d'Israello sono entrate nella Sl&rra Sacra ? Pertanto per la

mancanza

de' sopraccennali mezzi

»on

sappiamo die il

nudo

no-

me

degli Agatirsi , de' SusoLeni , degli Ala»i, de'Massei , de'.Mo- logeni , degli Aspisj , de' Tabeini , degii ARcrei, degli Annibi, dei Siebi , degli

A

massai)j , degli Org.isj , de" Covassi , de'IMaleri, e di altri popoli della Sarm^zia. Di lavati altridel Settentrione dellastes- sa Eurojia die mai

sapevamo

j)rima die

moderni

scrittori ce 1'ab-

biati fatto conoscere?

Ma

l'Africa ne presta il più tell'argomento;

gfacthè, mentre gli Egizj per

mezzo

de'loro

monumenti

, e co'loro scritti si son resi celebri di

buon'ora

per tutto il

mondo,

lauti po- poli ad essi limitrofi sono affatlo sepolti nellapolvere.

Comparireb-

bero

dunque

sulquadiodella fama, se li lor nazionali afvessero avuta

la cura di tramandarceli collo scritto, o colla stidtiffS, tantiPersiani, Getuli,

Numidi

, Traci ,

Nubj

,Indiani , e Scitivalorosi per ogniverso,

i qualigiacciono tuttoraignoti.

A

rincontro sarebbero sconosciutitanti avvenirneuli storici, e favolosi al dir di Teocrito:

XVI.

Idyll. 60.

Ej nyf <p'\Aom!as mpoTepiinv v[ji,v)t<Tav aoiSoi.

IVìsi bella veterum Jtoétae cecinissent.

cui facendo eco il Ve»osino , cantò: IV, Od. IX. ei;

Vixere fortes ante

j^gamemnona

Multi ^ sed omncs illacrjmabiles

Urgentur, ignotiqite longa

Notile, careni

qum

vate saero.

(10)

zi di

lischiarimento

,

ed argomemi

«li

certezza. Per- iamo

gli

antichi

,

più die

nello

scrino

^ ,

ravvisa- rono

nelle

pennanenii memorie,

e negli scolpiti

nio- Eiimenti quel mezzo

,

onde

ù\v

giungere

a' lor

tardi nepoti

la notizia de*})iù celebri fatti : e

principalmen-

te i

marmi

* fregiati talvolta

d'inscrizioni furon de-

stinati

a lappresentare

nelle

pubbliche opere non

i

(4) Pindaro schiene avesse detto Pyth. I. 178.

eTti<rBoiJ,^fi070v au- (Jtov a'KOiynfi.evav av-

xa» Xoylots ,jmu aoi-ots.

retro mortales-sequens glo- riatio laudis

sola mortuorum vi-

rorum yitam indicai

Et

perprorsae orationis scriptores, et per po'élas.

Jure, avendo composta una delle sue

Odi

in oni r di Tima=arco 'Egina scontento della poca glori.i , che poteva lid^ ndargli dalFo- pera sua , gli avrebbe voluto innalzare una colonna più bianca dtl

marmo

di Paro.

Nem.

IV. i3o.

SrftXav ^ì/{[t.sv 'KapiO'j

ASov

\cvKorepxv

Columnam

ponerem Parto Atarmore candidiorem.

Ennio

nel

XVI.

de'suoi Annali lasciò scritto Ap. Macrob. VI. S<t- turn. I.

Reges per

regnum

statuasqae sepolcraqiie quairunt, Aidijicant nonten ,

summa

nitunlur

opum

vei.

Ma

di tutti pili cliiaramente Pausania Lib» III. 8. ori yaji (t^ tu

KtivKrita To titiypafxyiot. e-nonfrev , ò<s'Tis St^ xai irt "nportpov Tla'jr:xvia To ««i rpino^t "SifMvtSìii rtfi avareBevTi er A.e\po\js , a\>^o Se ys vafin avìpos tjtiìrov , AaKiSmifMviMv rots ^x<st'Ktv<Ti ov?ev ertJ e>is

(11)

5

pensamenti

di

un nomo che

scrive ,

ma

ì falli ,

e

le

idee

di

una

Città , e talvolta d'

una nazione. Tal è qnel monumento

, clic

imprendo ad

illustrare :

esso

quantunque forse non era destinato a pubblico uso

,

come a suo luogo vedremo

j

pure accerta

,

e

rischiara

uno

de'

più gran

fatti dell'

antica Grecia

, e ci fa

mei tempo stesso osservare quanto

gli Scrittori

sieuo

fxvsfftvjv. Nisi enim in Cj-niscarn

epigramma

fecisset Simonides, qui

et ante Tripodem inscripsit,

quem

Pausanias Delpkis dedicavit , ni~

hit

omnino

,quod

Lacedaemoniorum

reges gessisent, fuisset potlae cu- iusquam carminibtis celebratum.

E

nel vero noi

non Gonosceremmo

tante antichissime costumanze, e cognizioni scientifiche, se

Omero non

avesse finto averne giàtante scolpite Vulcano nello

Scudo

d'A-

chille ( Iliad. XVIII. ) ed Esiodo in quelle di Ercole. Se volessi-

mo

stare a'racconti de'Poeti , e degli Storici in quali anacronismi

non

si cadereLLe senza la cranica de'marmi di Paro.'* SareLbero a noi , e forse sareLbero slate anche agli antichi ignote tante leggi tante alleanze, tanti patti, e tanti usi , quanti gli stessi autori ci attestano aver essi conosciuto o ria tavole incise , e da altri scol- piti

monumenti

, che a lor tempi esistevano. F. Cicer. Brut, ".prò Leg.

Man.

i4- P'O Balb. ai. Pausan. I. i5. 29. II. 25. 27. 36 V. 26.

^

(5)

La

srultura estese il suo dominio su tutti i corpi capaci di rappresentare un oggetto, cominciando dalia fragile argilla fino a'metalii piùdurij

ma

pare che si fossearrestata al

marmo

perimpie- gare la sua gratsdiosità. Furonvi è vero alcuni artefici , che si

lendetlero celebri p<1 lavoro molto esalto di alcuni piccioli oggetti in avorio , che Cicerone chiama minusculorum operum artifices Qitaest. Jcad. Lib.IV.,

come

fu Alessandrofigliuolo diPerseo j)resso Plutarco Vi(.Aemil. p.iyS.

Teodoro

di

Samo

presso Plinio

XXXIV.8.

CallicrateSpartano, e Nlirmccido di Miìeto presso Eliano^irf. Aar.

J. 17. ed altri (V.Soliri.Cap. VI. Hadrian. Jun^

Cap.Vd.

i.Marsil.

Gagnat. Observat. yar. III.17.)

ma

costoro dagli antichi stessi rijiotta- rotio più vitupero,chelede; dirCi

do

di essi Eli.uiollist. Far. I. ('ap \n.

fiV fjM.01ioKfiv(/'o-woy*a)o' o'jSenpov ssstiveo'cra.'' tiyai>

aWo

e^tiavroL,

lii'XfiOvorì 'nipg.voCKau.a.

;

Quorum

sa/it; ncutrum piea sententia lauda-

(12)

e

stati

poco scrupolosi

a

rimarcare con precisione

i fatti,

mentre riempivano

le

opere loro

di

mille

inutili

e fabe narrazioni

j e

quanto anche

sia

da compiangersi

la

perdita

di altri simili

avanzi

della

veneranda anti-

chità.

Io pertanto ho fiducia, che non debba

di-

spiacer punto

, se io

impieghi

la

mia inesperta penna

aelle illustrazione

di un monumento

, il

quale ap- pena dal Capaccio

,

ed anche con qualche errore ac- cennato

^ ,

era rimaso per lungo

teraj)o nell'

obbli- vione

,

mentre può dar gran lume

a

molte

parti dell'

Archeologia.

vertt,sapiens.

Quid

enim, haec aliud siinf,

quam vana

temporisiactxr- ra 7

E Galeno chiamò

il loro lavoro iiidustiiii , che sapeva di paz- ziain Pfotrept.

ad

artes: My^^ixiaiJo'jroy A9)ti'aioy, x-ai K«XA.'x/)aToo- AonisSaii/,ovfOU /xaTuiOTS^^Viav, Myrmtnidis Athcr.Lensvs , et Callicralis Lacedaemonii vunae artis studùim.

E

Snida lo

chiamò

un'indasliia ridicola V. yeXotasiei atvcorchèa tili iriinulissìnii lavori

non

fi fos- sero applicali,

non

avrchhcro potuto mai dall'avorio , o da a111-i pic- coli og'getli ricavare delleopere grandiose. Il legno r|iiai)tunqiie fosse

una delle prime matrric applicale alla scultura ;

Kondimeno

fu rico- nosciuto che

non

poteva resistere al tempo, specialmenle ne'luoghi esposti.

Di

metallo si fecero molti lavori;

ma

per la £uararifà, eper

la-suadurezza ,

non mai

tanti ,si grandiosi

come

4iielli eseguiti in

marmo.

Questo , per passare sotto silenzio il tufo, e'1 traver- tino , fu osservato contenere i pregi di tutt' i materiali senza aver- ne i difetti. Esso s'i per la sua maestà, e per la sua durezza resi- stente alle ingurie del

tempo

edace ,

come

per la

mole

, che se

ne può ad arbitrio impiesr^''n, fii trovato atto a cjualuiir|ue rappre—

scutanza : ed ecco perchè fu sempre cansiderato,

come

la sede prin- cipale della scultura.

(6) Capaccio Hist. Neap. I. Gap. 21. tra le molte classi di luanumentì , che ornavano a suoi tempi le antichità Napclitaue ,

(13)

CAPO PRIMO.

DESCRIZIONE DEL MONUMENTO.

L

DiariHO

,

che imprendo ad

illustrare , è da'

moder-

ni artieri

conosciuto sotto nome di Grechetto

:

marmo molto bianco, e

di

finissima grana, e

forse

corrispon- dente

al

Porino

7.

Esso è largo palmi 4 Napolitani

,

ed

alto

palmi 3, ed once 4'

è

composto di

tre

pez-

yi ,

de' quali uno

in

prospetto non

è di

quelli

incisi

riempie la classe de' Trofei solamente col nostro

monumento

cosi descrivendolo. Marmoreuni

Tropaeum

ajfahre sculptum. , in quo

Ca~

rias Provincia sedei.

Vedremo

in prosieguo

, qualmentequesta Caria

non

sia una Provincia dell'Asia

minore, come

pare che pensi il

Capaccio ;

ma

una semplice Città del Peloponeso. Intanto questo

marmo,

passato per le vicende de'tempi ne'feuii del Signor Prin~

cipe d'Avellino, fu nel i8io. trasportato in Napoli,

ove

ora

ne

decora il Real Palazzo.

(7) Varj furono i

marmi

Lianclii, clic somministrarono le cave greche a'iavoratori. Il Pario, e '1 Pentelico furono i piìi cele- briV.

Theophr.

de Lapid. p. 892. Strab.X. p. 487. Piiu.

XXXVI.

Paus. I, 32. Itiner. Anton. Aug. p.528.,

ma

il nostro

non

lia i carat- teri (K nessuno di questi due. Potrebbe più tosto essere o l'Imezio cavato dal

monte

Iineto presso Atene V. Strab. IX. 899. o il Po- rino, che trovasi dall'Elide Plin.

XXXV.

jg. o l'Efesino, dal quale fu fjbricato il tempio di Diana Vitr. de Arch.

X.

7. o qiial-

che allro

marmo

greco di bianco colore , de'quali possono vedersi le descrizioni, ed i pregi presso Caryoph. de Anliq. Marni. Ria la grana finissima, la durezza, il colore, e la leggerezza

mi

determi-

nano

a pensare , che sia stato j)iù il Porifto che qualche altro iiu- picgato nel nostro njonumeuls?/

(14)

a

basso

,

o a mezzo

rilievo

j

ma riebbe annoverarsi

l\a gli scolpiti in

pieno

rilievo ^

mentre per set-

te

once di sporto

si

rilevano da esso

tre

statue rappresentanti

altrettante

donne poggiate

sul

secon- do marmo

,

che

lor

serve

di

base. Quella

,

che

sta

in mezzo

, è in

lagrimevole situazione seduta a pie di

un tronco

,

onde sorge un capriccioso

stelo

con

varj

rami

,

e

fiori ,

che termina poi

in

un Tirso

^ , ricac-

(8) V. Ci'c. y^cad. Qiiest. IV. 3i. Qulntv Inst. Orai. li. ai.

Manut. Quaest. Epist. HI. g. Salmas. in Sol. pag. 735. ySG. Sagitt.

Jan. Vft. 20.

Jjnnon

Pietre prei. antic. Parte II. C. 3. ^. 84- seg.

(q) Q-iest' ornaincnlo «lebbe ascriversi fra quelle solite ca- prictitse inveuzioni de^Ii scultori , i quali

voUwo

tanto vari.'imen- te , e senza ragione affaticarsi nella uistribuzione òeiAì ornati

;

se pur

non

vogliasi con qualche f.forzato ragionamenlo farsi vedere appartenente alla rappresentanza,

com3

dinotante

un

simbolo dell»

vittoria , che si volle col nostro

monumento

tener ricordata , o de' tragici effetti , che ae seguirono. Il tirso per vero , che nella sua greca origine significherebbe qualunque cosa di una figura acu- minata e quasi conica ( V. Esych. v. Ovproi v. Kuvoi ) » fu de- tcrminato a dinotare il

gavbo

di

un

qualche arbusto ,

come

rica-

»iamo

da Servio:

Caulem

autetn

medium

fruticis ,qui vulgo thyrsus dicilur in XII. Aeneid. v. 4i3. ;

onde sembra,

che avesse presa occasione il

peasKPo

di Grozio di trsiTe il suo

nome

dalla voce ebraica . . . . , che unicamente log^csi in Is.iia

yjLÌS

. \\. intesa

comunemente

sotto il significalo di tlce , o di {qualunque albero infruttifero. I\Ia sotto un significato più ristretto , in

cm

dinotava un'asta di legno vestito di edera, e di pampini di vile , si trova talvolta altrìLnito a'Poeti, rd agli Sp(tlatoli tragici ,

come

ricavia-

mo

dall'antico

Epigramma

in lode di Euripide:

)fv vof;3 iSer^ai

eia Tt Tov 6u^£X>f«"(v tv A7-9i<7i Sn/jra Tivararùiv, er*t eniin v-idere

Ut

olim in pulpitis Athenierijibus thyrsos uibrans^

(15)

ciato

a

basso

rilievo.

Ad ambe

l'estremila

son

situate le altre

due donne

in

piedi

, le

quali portano un piccolo

capitello

semplicissimo

sulla testa aito

uu' oncia

e

mez-

zo.

Sopra questi due

capitelli , e sul

labbro superiore del pezzo

rilevato,

poggia

la terza

tavola di marmo

5

la

quale rappresentasi sostenuta non solo dalla

testa delle

due donne

,

ma anche

dalle

loro mani

,

che sono

all'

infuori portate

in

su

in atto

di mantenerla.

seLLene esso era principalmente sacro a Bacco,

come

leggesi in

un

altro antico

Epigramma

presso Suida v. Oi/pjoj.

Ilavi BiTft)v yjuapov , vy/x^a'j poSa, Qup(ra A-jaiuì>

Tptaaov xnieimeraKois Supov tQ^Kt (pomati.

Pani

Biton capellain , nymphis rosas , thyrsos

Lyaeo

, Triplex subfrondosis

donum

posuit ceinis.

.-i

Onde

troviamo in Pausania (Lib. I.

e

i^.) chiamato questo

nume

Y^KTaos, Hedereus.

In mille differenti congetture si son divisi i Poeti , ed iMito-

grafi per assegnare una plausibile ragione , onde fu il tirso attri- buito a questo

Nume.

V. Gyrald. de Diis Gent. Syntag. Vili.

Qualunque

essa sia , col tirso gli antichi intendevano ricordare le molte vittorie, che essi

numerano

, da lui riportate. I suoi se- guaci lo portavano nelle di lui feste :

onde

noi lo troviamo cosi spesso in tutte , .quasi dissi , le Bacchiche rappresentanze rima-

steci dagli antichi. Ne' soli vasi del Real

Museo

si trova

ben

4o.

volte : della qnal notiziason debitore alla gentilezza del Ch.

Cano-

nico de Jorio.

Venivano perciò tali feste chiamate 6ujjo'0(fo/5iai, ePlutarco cre- de di riconoscerle aach« nella Festa de'Tabernacoli presso gli

E-

Lrei , Eri §1 BupuO(popia rts 'eopT\\ •na.p'a-jro'g , (v ^ Bupjovs s/ovreg

Ili TO lepov etaatriv, eias^Bovres Ss,ó, ri Sp^y'n ofjc l'a^tv. finoj Se B«>t-

'Xi'OL ev^at rx woiou^sva. Est auteni solemne

apud

eos festum Thyf-

sophoria , in qua thyrsos gestnntes in templum intrant

; quid intus faciant ignoro, credibile est Bacchi ab iis sacra peragi.Sjmpos. IV. '

q. 5. p. Qyi.

Sappiamo

pertanto dal Sacro testo, che avea Iddio

cemandalo

al suo popolo di ricordarsi seoapre delle benedizioni ,

(16)

IO

Una

iscrizione

tanto breve

,

quanto

eleganti»

adorna questo monumento

, e

ne

fissa

insiememente

la

interpretazione

,

e

la toglie dalle

capricciose con- getture

degli

Antiquari

.

Una parte

di

questa epigrafe

è

scolpita

sul

fronte

della

tavola superiore

, e l' altri

in

caratteri

più minuti

si

vede

incisa

nel campo

della

tavola del fondo dall'una e

dall'altra

parte dello

ste?

lo

sopraddetto

TH EAAAAI TFOnAION E STASH

KATANIKHOEKTJIN TjlN KAPYATnN

ALLA GRECIA IL TROFEO SI É INNALZATO

DEBELLATI QUE" DI CARIA.

che ayea fgli ver?alo sopra di esso, e la cura , clie presa ne avea

«Jopo l'uscita dall' Egitto con quella festa tanto sol'erme ; e di ta- gliale de"rami dagli aijjcri , e pollarli touie iu fiionionei c(rso di (juelia festività, itisegno diriconosce nza, e di tripiui^i. Lei>.li\ìlì.^n, n:s'n'7j< r.in^ 'lob

nneifi

nry yy rijyi Ds-ian reo »:b Cnnp'yi Si^metisque v.ibis rurnos

puLmanim

, ranivs i'g''i deiisisrum Jrondium,

et laetabimini coram

Domino Dea

vestro.

VcTc'ìò troviamo a\er Giuditta l'iiUo uso del tirso nel suo in- j»re-so tiirnfa'e in Betulia,

come

leppe il

Greio,

Judith

XY.

16.:

Ka»

t\a^£ B-jpcov^ ey tcus y^fps'iv av^ns , v-ai (Suite «.ai tous yu/at^i 'rais (kCT^

awm^. Et

eccepii thviso$ in manitus suiiì,el dedit et

mu-

lieribi.s , quad

cum

ea erant.

E Giuda

nel purgare il

Tf

nipio dalle

j'rofaiiftÀÌoiii UFO anclig la cirimonia di fyr portare 1 l r'i. '"i- Mar' cliah.X. 7. G)ji>ao-Ji. xa» y.\a.<h-jf upoiio-js .

sn

Se wCi-'i)c<x« lyo^veì ,

|J/AVoy5 aysfcfov t's> e\!-j}?ciio7.-Jii Ka^ap'aSt^vat tov kauTO-j ro'noy 'ilyr~

Sili, et yamos piJchros , item et

paLmas

hubentes

hymno?

rffercfianf ci, aui prosperuvit mi^-'-^duri locuin suuin.

(17)

N,

fi

CAPO n,

Notizie della Citta' di Caria.

ON potremmo meglio introdurci

nella illustrazioiio

del nostro monumento

,

che

col

premettere

tutto ciò,

che possa concorrere

a far

conoscere

1'

antico

stato della

Città

di

Caria

, la

condotta

de'

suoi

cittadini la storia della

sua distruzione

5

per intender quindi

,

perchè mai dopo essere

stata distrutta , si fosse

a

tutta la

Grecia l'enunciato Trofeo innalzato. Era dun- que Caria

,

per quanto da Pausania sappiamo

,

posta nel Pelopofmeso

, e

propriamente

nell'

Arcadia

,

di-

stante

per cinque

stadj da'

Monti Oressi

, e Sciati , situata

all'estremità

della

sottoposta

valle

"

j

ma

(I) Paiis. Lib.VII. cap. 14. Kafivav Ss rxSta irsvTf afetì^risv i (vtrpte) T£ Ops^ic Ka\ovf*,S'/iì^ xai Irspov oprìg "SxiciSts.

A

Caryis sta-

diaquinque disttint(jnons)Orexisdictus, et aiiiis

mons

Scitithis. Del-

la dimensione delio stadio , e della sua rorri~|annd( uza alle misure latine. V. Plin. II. 16. S. Isid. Orig.

XV.

16. Suida v. St«J^(ov.

(II) Paus. lib.Vili. i3. Kartx Ss rviv ss <p£v«ov enSs^STai <ri opos , fv Ss TO) opti To-jrixi T'JvcfnrovTiv (->^>co/xsv/6)v , jta» ^svsaTitiV rs , xaj KaipvaTav òpot ti).* y-is

.... Mira

ts t»? opus, toci>' xa-

^siXiyixtvai^ noKsTt (papay'c, ts intOKStrai .... xa«

sm tw

irspaTi Ttfs

pdpayyos Kap'jai ynapiov. Per hanc {vuim) Plieneon versus prugr^s-

ium

le

mons

excipiet: in monte iuncta suntOrchomeniorum, Phenea- tum , et

Cuphyatum

confinili

....

Ultra fines ipsos prwdictis ur*

hibus vailis siihincet

.... Et

in extrema valle e.<:t lor-ui Caryae, Ibid. e. i^. •PevfftTWV Ss rn itsSiov KSiTai (jlsv viro rais Ka/syais.

Phe-

neatarum

ampi

Ciirvis sutnecii.

E

Livio

XXXiV.

io. ne la inieu- iere che paiteiido dalla Argolide pel

monte

Partenio tre giorni dì

(18)

dominava

tutte le

campagne de' Feneati

al

mezzodì del famoso Erimanto

,

ed

all'

occidente dell'altissimo Cillene

,

non che del lago Feneo ".

Questo luogo, che vedremo

essere

una Città, è diverso da un

altro

anche così chiamato

nella

Laconia, in cui

vi

era un semplice Tempio

di

Diana

,

detta perciò Cariatide

,

come collo

stesso

greco Geografo attestano Stazio, Esichio,

e

Diomede

il

Gramatico

^'. Siffatta

no-

cammino

militare ti atLisogaassero- Castra dein.de Quintius mo^'it, etParthenio monte superato praeter

Tegeam

tertiodie

ad

Carjas po-

uit castra.

(12) L'

Erimanto

, elle pur troppo

han

celebratjo gli antichi, divideva l'Arcadia dall'Acaja. V. Apollod. Bibl.ìl. 5., Virg. ^en.

VI.8oK,Ovid.».

Trist.

lV4y.,

Sen. Herc. 228., Paus.Lib.VIILc.24,

Il Cilleae, che era posto poco all'occidente del Partenio , e perciò poco dislante da'confini dell'Argolide, era il più alto

monte

dell'

Arcadia , secondo StrabeneVili. p.267. Meytfov opos ev auT*i KyA,-

kìijv^.

Maximut mons

in ea (^Arcadia)

CyUene

; e Pausauia cap.i^.

Opos v^iìKorarov opuv tmv ivApKuha.K»A.\h*''4- Altissimus

mons

Ar- cadiae est CjLlene.

(i3) Paiisan. Lib. III. cap. io.

Tpim

ìf «>t rtfs òSov fj^sixs eft^oKiì Kctr*. ra Se^M f< ì^apvus aysi , xai ts 70 l'spov r»r«ApTSf^iS'o: TO yap yuptov ApTSfjciSos, kxi Nvptpwv tfiv ai' ÌLapuat' Kai

ayax^x

e^ì^ìisv hprs^iios ev t/7ra<r/5w "^apviiTiSos' "/op^i Ss s-JTtfJ^a. ai Lani- òctuuonuv 'Ko.p^evoi x.uTOL sto; ifceTt, nai eirtyapiof «uT-ais xaSsfifxsv op-

^••ÌTls. Tertium a recta via diverticulum ad dextram

ad

Carjas , et

ad Dianae

perducit templum ; siquidem locus ille

Danae

est, itt

Kjrmphis tacer: etCaryatidis

Dianae

sub dio signun est'- quo in loco

Lacedaemoniorum

^irginesanniuersarìumfestum obeunl, patrioaue ritu-

sultationem celebrant. Stazio Thebaid. Lib. IV. vers. 2»5.

Plaudentiqiie habi'es Caryae resonare Dianae.

I/C (jsali parole IoScoliaste illustra cosi: Caryae

templum

Dianae in.

Laconia sacrum , quod elian Caryatium

nomin^tum

est ex Ime cju~

sa cani luderent virgines minitante

mina

, omnis c'forus in arborem.

J';igit , et in renio eiiis pependit, (jtiam nv.csfi (bracciCdvjar. vocurit.

(19)

tizia

ha indotto non solamente

il Sig.

de

la

Mattiniere,

ma anche

il

Meursio a riconoscere una

sola

Caria nel Peloponneso

,

situandola nella Laconia

:

ed hanno

eglino attribuito a questa sola quelle poche notizie

,

che

gli

antichi

ci

han tramandato

dell'

una

,

e

dell'al- tra "* :

nel che hanno parlato contro

al

sentimento

di al- tri dotti autori'^ ^

ed han formata una Città celebre per ogni verso. Perciocché Caria

in

Laconia fu più riuc-

Hesych. v. "K-apva. Kapvat toitos ApTSfjuSos, nat èopTU. Caryae locus

Dianae

, et festum. Ka.pvaroa. Qv&ia Aayimves. Caryatoa sacrificiurn.

Lacones inteltigunt. Kapvaris eopriì ApT£(ji,iS»s, kcu iapov.

CaryatU

festum

Dianae

, et templum. Diomede'

Gramatico

L. III.

De Poim.

Gener. p-.j^S- Ifanoviae ì6o5. cura Putschii, volendo assegnarel'ori- gine de' versi pastoFali, dice:

Quo

tempore addentanteA'ersein Grae~

ciam omnes deserta Laconia metu barbarorumperterritiindiversas partes fugisse creduntur, et,

cum

virgines timore laterent, ex hoc evenisse^

ut 60 die, quo solitus erat chorus virginum

Dianae

Carjatidi

hymnum.

canere, ree/720

ad

solemne sacrum inneniretur. Tunc itaque pastores rure in urbem conveneniiit, et ne ritus sacrorum inferrumperetur pa-

storali Carmine composito

D«ae

honorem celebraverunt , unde etiam

Bou)toX<(r/x5f dictus

(i 1) Martiniere Dictionaire Geographique v. Carye. MeuTsius Misceli. Lacan. L. IV. e. 14.

(15) Reinesio Syniagm- Tnscrìption. antiq. Class.II.n,6i.

dopo

di aver presa dal Capaccio la notizia dell' esistenza del nostro

monu-

mento, arrebLe desiderato, clie quello ci avesse detto qual Caria era wel

marmo

espressa.

Quae

Provincia Carias, veliera docuisset

Capa=

r.ius.

Ego

nec Cariudem novi, nec de Caria lapidem exponi posse.

Frattanto anche

dopo

diaver osservato presso Pausania Caria tanto in Laconia , che in Arcadia ,

non

sa determinarsi per veruna di e'se .

Giuseppe Scaligero Animadversion. in Chron. Eusebii , P.

CCXXIX.

va

un

passo più avanti,e

dopo

aver parlato della nostra Caria con- chiude:

Haec Carya

non potest esse, nisi Illa

, quae erat in Arca- dia ,

cum

Laconica fuerit tantum

Templum Dianae

, non autem Ci- Mitas: cui aderisco rUoIslenio nelle note a Stefano Dizantiuo il(ju^Ie

pon

lascia di ricopiare l' iscrizione del ©Ostro

moEumeato^

(20)

hiata e

pel tempio

di

Diana

, e

per

le

sne

celeLi'ate

noci

'^ ,

onde anche traeva

il

suo nome

'? ;

ma Caria

iu

Arcadia

,

intorno

alla

quale

si

aggirano

le

nostre

(16) JjVlc. deSaltaf. AttxiS'ceifiìt'ioifili' arAOiJLWifyftiy eivai i'oy.tU'Ttif

•jrSptt rioXu^tyxiiK, xai Kafo/JOi xapu^.Ti'^de opyi/aiMs i't Kai twto it^o< ir

Kapuais TU! Acey.wyixm S'i^oìc'AO[jlì:'ovj a'rravra uitcc yiao-a» 'iroiou^r/, aypi TV itoKiiÀSiy itpos a'jXoy, Kcti pv9[jt.oy, Kai wraXTav ii/.fia-yi» tov molot.

Lu-

cedaeniunn quoque, qui Graeconim pruestuniissimi esse ceiiscbantur

,

eum a

Castore^ etPolluce Caryafissare perdiilicissent, qtiae saltatio- nis species Caiyis Laconìae dtscebatiir,

omnia

cu"i carni inihusfacete soliti sunt, adeo ut

ad

tibiarum quoque moitulos , et rlijthmuni , et

moderatum

pedis ingressum praeliiini committere illi genti niurisfue-

rit. Serv. in Eclog. Sili. v. Zo. DioiireiLnconiae fuit,qui habuit

uxorem

Iphiteom PrognaiJilium;quae

cun

Jpollinein

summo

citltu, et reverenlia hospitio reci-pisset , ilte remunerari volens circa se ho~

spitum cultum trit'USJìliabus eorum, quae Orpke, Lyco, et

Carya

appeltalae sunt , divinalionem cuncessit, adiecto ne proditriccs nu~

minuin esse vellent , neve quaererent quod esset nejas scire . Posi Liber pater adveniensy

a

Dione, vel ejus uxore rccepius hospitio est, qui cuin

amata

a se

Carya

coitum miscuit: sed

cum

inde aegre Liber profectus esset, cogente amoris impatientia denuo

ad

liospites- redit, causam praetendentes dedicandifuni, quod ei rex voverat; sed.

Lyco

, et Orphe intelleeto circa sororem

Caryan

Liberi amore,

ean

custodire coeperunt, ne cuin Libero ei esset copia co'éun.di

; quas-

cum

Liber pater

mone

ret , terreretquc, ut saltempraecepta ApoUinis

«ustodìentes, pertinace

m

diligentiam compescerent , videretqueab hit et sororem acrius custodiri, et

suum

secrelum. studlosiu% inquiri, Or~

phen

et Lyco, immissofurore ,

ad Taygetam montem

raptus in saxa

convertit.

Caryam

vero ,

quam

amaverut, in eodem monte in arbo—

rem sui nominis vertit, quae Latine

Nux

dicìtur; quod postea

Diana

ita

factum

Laconas docuit.

Unde

templum Caryalidi Dianae

a La~

conibus eonsecratum,

(1^) Antichissimo è stato il costume didare il

nome

a' luoghf, ed alle città preso da qualche circsstanza, e specialmente dagli al- teri, che quivi siensi distinti. Mille sono gli autori, cheneparlano:

mi

piace addurre

un

passaggio di nna lettera di

Emmanneilo

Crr- solora a

Guarino

Veronese , che è la seconda tra quelle, che il eh. Scotti ha disotterate da' Codici della R. Biblioteca , dalle cui

maui

il puLblico sta aspeltaado la fedele, ed elefante traduzione.

(21)

ricerche

,

ebbe maggior nobiltà da prima

, e

poi mag-

giore avvilimento. Essa

nel

vero

oltre

di vivere

colle

proprie

leggi ,

come dimostrano

le

antiche medaglie

*',

Ma\t<a S'( «V eiixiiixi iipoanyoptai ytyroPTOLt <to'.< toitoii tu airo T&iy ipurniii iVOfJ.-'Ttt « Tf (fvast -KOLi avo oixei'tj tivk kcchuSsi' tj/v «(J^wv •jneavros , X«( '!!t^U-A.'>TO< 'TTlfll iKiiyOl; Kal VUV S'i /ì lU\0[/.i!'Ol TVJnl/ Ttva. TK71 (TJ}- fiaiyfiv

moWaKii

ano (I'vto'j tivoi; ^afj.lScCJOfJLtv Ttjv m-pouyfyoptav ois ya

x«i ypaTTOisy £•/ TTi^KKois yiiùìpia[j,a.;T' Kai ayifjitioiii rivts ypMvrai ' aKO'j"

g(> óf iiai vvy S'jit*iv , nat f^Ka'ccv , xai Kap-ji^v , xai -aoKsn , x.ai ro- ttovi Tivtxs ovoixa^oniva , Jtai Ok-jvBov $£ «KovsiSy kxi PoiTov, kxi

Aa-

(pviiy, aai Kspaiovvra, nat 'Suiiiaiya y xxt

Orfov

(sic, Scotìi rTTfXfjy

liiiìs a|ii(i StiaJ). a 7rT£\;a uhniiSy x.oct l^'j^UMiai/.

To

Se Ttepi^oììrov, jcai KaiJt.'Ttpov TTJ ^ «/)a9<iH'0s ovo^a, rre^ev aX.Kors «/Xtjj^e; tiai Se ai

heyo'jTt, Kou Ti TiK li.'TrapTiiis' •riyts S'è y.at '^mt\tav , ti xara to S'ev- Tipoy ypa/yL/jLO.ìiaiptpsi, onui xai cruxi^f, xxt tKxiai (louKoì/7ai KaoaytiVf nai [ivput tv t'jpOK ipvTat ovoy.aTa 'ìroKeat, xai tottois v-Troxsifnvoi li ',ìcev~

Tot. Ep8^w< cvviifiiv IJ.H xat S'orai (jLaraias risii ((iiKoTiuias iivai. l'rae- cipud vero l,cuiuin piofiriae adpetiatiunesjactae sunt plantarum no-

mina,

tum

prpler

Uùposìtionem, tuin ob aliquam peculiarem plan-

tam

inde a principio adductam , vel ibidem nascentem.

Et

nunc quoque yulentes locum quemdant aliquibus indicare ,saepe ab aliqua:

pianta

nomea mutuamur

: quibus quidein etiain in scriltendo , inter multa iìidicia , et signa nonnulli utuntur. Audis autem velnunc

Sy- aam

, et Elaeain , el

Cary%m

,

tum

urbes , tuta loca aliqua nuncu- pari:

immo

etiam

Oljnthum

, et

Rhodum,

et

Daphnen,

et Cerasuntemj, et Sjcionem , et Pteurn (corr. Vteleun) et

Cjdoniam.

Tarn vero celebre illud , ac praeclanim Marathonis

nomen

unde aliter ductum

est ? Quia etiamsunt qui idem deSparladicant , et alii vocem liane Silicium nfglecta secundae Uterae differejitie ex sy'"ti(Jicus), et elaeA

(^olii'ii) volili,t dediict-re , et sexcenta alia plantarum nomineurbibus^ ac regionil US data reperits : quae deiiiceps omnior recensere /orlasse vel

ad quamdam

inur}is glurìolae cupidiCaten pertinere videtur.

18.

La

meda^lii , die por!a Khell nftlle note a\ Tesoro Brif-

tnnicodiUsLjmo

T.II. p. iij. Ol.s 72. coIi'Epigrafe

KAPTATOIf

iliaiostia avu" avuta C^ria 1 Aiìtononiii , ito» t;ià

come

l' aveaDO le

Greche

ci'là a'ienpi d'''

Rimani

linper-^tori,

K

qualeeranna larva,

aazieh.'una vera libcrlà (V.

Gua'co

di

Torino

Dissert, sopra L\4u- tonomia de'Popoli) ; r.ia

im

viro dirillo d'iudipcndeu/a, anzi il do- minio sulle vicine ttrre,

come

ha diniofilralo il Mazzocchi<7«ff?,"ierf}?, fr} Ti^b, Ueracl, Diutr. I. e, 5. sect.5!.

(22)

i6

vantava un'

anticliltà

remotissima

,

e

fin

da'tempi più lontani era molto celebrala

, e p.otente ^ lai

che

i

suoi

abitanti uniti a'

Telchini fecero fronte

al re

Foroneo, ed

a'

Parrasj, anche popoli dell'Arcadia

,

come

riferi-

sce Eusebio

'9.

Or costoro

i

quali

si

aveano meritata tanta ce-

lebrità ,

denigrarono

dì tal

maniera

il

nome loro con un

orribile

tradimento

,

che divennero V obbrobrio di

tutta la

Grecia. Dapoichè

nella

guerra

,

che do- vettero

i

Greci sostenere contro

de'

Persiani

,

dimen-

tichi degli

insegnamenti dalla natura

dettati l'ungi

dal dare ajuto

a'

Nazionali

, si

collegarono co'loro ne- mici

:

quindi

i

Greci

,

restando gloriosamente

liberati^,

if). Chronic. LiL. II. P.

CCXXIX.

TiKjin/s!jK.aiKapoia'rai'Trpss

^opttfSa ,aai Tlappacnovs eiiohByinroiy. Telchines, et

Caryaiae

adversus JPhoroneum , et Panasias instituerunt hellum.

Non

recherà poi nia-

raviglia il leggersi presso Eusebio Kapoiarai, e

non

Kap-jocrai po- tendosi scrivere tanto per u, cbe per oi

come

ci fi sapere Stefano de Urbib. v. l^eepvct. ( V.

Etymol.

RIagn. v.

T

poia^

Troviamo

fatta

menzione

anche di questi due popoli presso Pausania VI. 8. Vili.

27.

IX.

ig.

20.

Eran

troppo noti que'versi d'

Omero

Iliad. XVIII. v. 98.

et 128.

AtTixa rs^voLiv^v, «TTfi buk ap' eiAfXhoy eraipu RT-f/vo/^ffcd enaixuvai

.... Ov

kukov eri

T

tipo/jcn/ots èrapotaiv a^\tviy.tv cLfnxjv oKtSpoy»

Jllico moriar, cjuonìam certe non

eram

amico,

Cum

interficeretur, auxiliaturus

Non

malutn est Afjlictis

a

sociis arcere grave exitium-

Il che Orazio

semtra

aver avuto in mira,

quando

cantò III-OJ.

«

V. i3. Diilce 1 et decorum eie-

A

tal proposito fanno lerispostedal».

d«li'Oracolo di Delfo a'due giovani, i quali scontratisi in alcuQÌ

(23)

17

dalla

guerra

colle

mentovate

vittorie, si

vendicarono del- csecrata Città

,

non solamente adegnandone

al

suolo

lutti gli edifizj ,

ma uccideudone ancora

i

maschi

,

e facendo schiave

le

donne. Questo

fatto

con tante

cir-

costanze

,

che

gli Storici tutti

avean trasandato

, si

legge presso Vitruvio

:

Carya Civìtas Peloponnesi

^

cum Persis hostibus cantra Graeciain consensit

postea Graeci per victoriam gloriose bello liberati,

communi Consilio Caryatibus bellum indixerimt.

Ita--

que oppido capto

^ viris

interfectis

,

civitate deleta,

matronas eorum in servitutem. abduxeriint ^^ Né con-

tenti i

Greci

di

rendere

colla

schiavitù infami quelle

matrone

"* ,

né paghi

di

estendere

,

quanto fosse per-

ladri , procedettero diversamente

, poiché il

primo

di essipresevil-

mente

la fuga, e'1 secondo \olendo difender da'masuadieri

un

al- tro

compagno

l'uccise , credendo di uccirlcr quelli ;

come

rilerisce

£liano Far. Histor. III. 44' -^-^

primo dunque

la Pizia rispose:

Ou

(71 d([it<i\j(7ci> 'nipix.aWios «j/Si ysou.

Non

succurrebus praesens in morte sodali.

Non

libi vaticinari sacro te proripe tempio, al secondo poi:

ExTtiyaj Tov èraipoy a[xvvùiy ' ov a i^iccisv

Aifxa, TitXfK ii yi^OLi 7ia$apuT(po<^ >) -napos taidi.

Defendens sociuin verso mucrone necasti :

Furiar es manibus nunc \

quam

prius esse solebas.

Il

medesimo

fallo, ed i medesimi Oracoli leggonsipressoSimplicia

Comment.

in Epictet, e. 3g. sebbene con qualche variante leiione.

(21) Vitruv. de Architect. lib. 1. ci.

(aa)

Comechè

diversa fosse la maniera,

onde

venivanotrattali ì servi presso i popoli della Grecia , essendomoltopiù durala cou-

3

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