• Non ci sono risultati.

Il bilancio degli atenei: schemi di analisi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Il bilancio degli atenei: schemi di analisi"

Copied!
28
0
0

Testo completo

(1)

Giovanni Coran, Ugo Sostero**

Ricevuto il 3 aprile 2020 Accettato il 30 giugno 2020

Abstract

Analysis of university financial statements

The adoption of accrual accounting by Italian universities opens a wealth of new fi- nancial information. However, these financial statements remain difficult to interpret, due to the specific management of universities, and the statutory choices in defining the reporting formats. This article suggests a better presentation format of the infor- mation reported in university financial statements. For each of the three statements — i.e., income statement, balance sheet and cash flow statement — the analysis involves:

- describing the main features of the mandatory statement, in order to highlight its peculiarities, application and issues in interpretation;

- identifying the most suitable format to reclassify the statements of universities, to extract consistent and relevant information on their conditions and perfor- mance. This could foster greater awareness of the financial statements of univer- sities among the governing bodies and external stakeholders of universities, as well as improving the tools used by scholars to analyse the university system.

Keywords: financial statement analysis, university.

1. Introduzione

In applicazione del D.Lgs. 18/2012 e del D.I. MIUR/MEF 19/2014, gli ate- nei italiani hanno adottato la contabilità economico-patrimoniale e ciò ha reso disponibile una serie di nuove informazioni da utilizzare sia all’interno del si- stema aziendale (come strumento di monitoraggio delle condizioni di equili- brio e come supporto al processo decisionale) sia a beneficio di soggetti ester- ni, migliorando il livello di accountability nei confronti dei vari stakeholder (Salvatore 2012; Biondi 2013; Paolini e Soverchia 2013). Tuttavia, la com-

* Università Ca’ Foscari Venezia, Dipartimento di Management.

** Università Ca’ Foscari Venezia, Dipartimento di Management. Corresponding author:

Tel. +39 041 2348718; e-mail: sostero@unive.it.

(2)

prensione e l’utilizzo di queste nuove informazioni sono talvolta ostacolati da alcune difficoltà di rappresentazione delle specificità gestionali degli atenei e dalle scelte che il legislatore ha operato nel definire i criteri di esposizione delle poste di bilancio e gli schemi di rendicontazione.

Dopo aver richiamato il quadro teorico ed esaminato la letteratura di rife- rimento, questo lavoro analizza i prospetti del bilancio previsti dalla normati- va e formula alcune proposte per una migliore rappresentazione delle infor- mazioni che vengono rese pubbliche attraverso il bilancio d’esercizio degli atenei. Ciò al fine di favorire una maggior consapevolezza sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sull’andamento economico degli atenei da parte degli organi di governo e degli stakeholder, nonché di affinare gli strumenti che gli studiosi possono applicare nelle loro analisi sul sistema universitario.

2. Il quadro teorico e la letteratura di riferimento

Il quadro teorico di riferimento del presente lavoro è quello della salvaguar- dia delle condizioni di equilibrio aziendale: le aziende di ogni tipo, per riuscire a perseguire nel tempo in relativa autonomia le proprie finalità istituzionali, devo- no rispettare le condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale e finanziario (Amaduzzi 1953; Giannessi 1960; Onida 1968; Ferrero 1968; Masi- ni 1979; Cassandro 1980; Airoldi et al. 1994; Cavalieri 2000). Ciò vale anche per le aziende pubbliche (Borgonovi 1996; Sostero 2003), tra cui gli atenei pub- blici che sono oggetto di studio in questo saggio (Cinquini 2002; Coran e Soste- ro 2007; Romano e Cirillo 2015).

L'equilibrio economico è dato dalla capacità di operare in condizioni che consentano almeno di ripristinare la ricchezza consumata nello svolgimento del- la gestione. L’equilibrio patrimoniale esprime la capacità di bilanciare in un de- terminato istante la consistenza e la composizione degli impieghi e delle fonti di finanziamento. L’equilibrio finanziario riguarda la capacità di bilanciare oppor- tunamente, all’interno di un certo intervallo temporale, i movimenti finanziari che hanno determinato le entrate e le uscite di disponibilità liquide.

Come è noto, la base informativa necessaria a monitorare il rispetto delle condizioni di equilibrio è costituita dalle tre tavole numeriche che compongono il bilancio d’esercizio. Infatti:

- il Conto economico, riportando le informazioni relative ai costi e ai ricavi dell’esercizio che permettono di vigilare sulla capacità di ottenere risultati economici positivi e soddisfacenti, consente di tenere sotto controllo le de- terminanti dell’equilibrio economico;

(3)

- lo Stato patrimoniale, riportando le informazioni sulla composizione del pa- trimonio dell’azienda che mettono in luce la consistenza e la composizione degli impieghi e delle fonti di finanziamento ad una certa data, consente di giudicare la situazione di equilibrio patrimoniale;

- il Rendiconto finanziario, riportando le informazioni sulle entrate e uscite dell’esercizio e sulla consistenza iniziale e finale delle disponibilità liquide, consente di valutare l'andamento dell'equilibrio finanziario.

Va però considerato che le informazioni presentate nei tre prospetti di bilancio (se essi sono redatti in conformità alle normative di riferimento) sono solo parzialmente atte a supportare giudizi sul rispetto delle condizio- ni di equilibrio. La manifestazione completa delle capacità informative dei dati raccolti per la redazione del bilancio avviene solo attraverso la cosid- detta analisi di bilancio che si svolge normalmente in due fasi (Tieghi e Gigli 2009; Pisoni e Devalle 2013; Sostero et al. 2018; Marchi et al. 2019):

1) la riclassificazione dei prospetti di bilancio al fine di evidenziare degli ag- gregati specifici e dei risultati intermedi che, da un lato, possono costituire già indicatori utili alla valutazione delle condizioni di equilibrio, dall’altro, individuano gli elementi che vengono utilizzati nella fase successiva;

2) il calcolo di indici (quozienti) costruiti a partire dalle grandezze emerse dalla riclassificazione del bilancio, eventualmente integrati da altri va- lori di derivazione contabile e da indicatori extracontabili.

L’analisi delle tematiche relative al bilancio degli atenei e al suo utilizzo come strumento di valutazione delle condizioni di equilibrio si è sviluppata con modali- tà e tempistiche diverse nella letteratura internazionale e in quella nazionale.

Nella letteratura internazionale, gli studi sul bilancio degli atenei e sulla sua analisi rappresentano un’esperienza già consolidata (Woelfel 1987;

Chabotar 1989; Gray and Haslam 1990; Dixon et al.1991; Cameron and Guthrie 1993; Christiaens and De Wielemaker 2003; Fischer et al. 2004) e presentano pochi contributi recenti (He e Chen 2018) se non in specifici ambiti settoriali collaterali come quello dell’analisi finanziaria degli spin- off (Shane e Stuart 2002; Gomez-Miranda and Roman-Martinez 2016) o nel profilo evolutivo dell’integrated reporting (Adams 2018; Sassen and Azizi 2018; Mauro et al. 2020, solo per citare alcuni dei più recenti).

La letteratura nazionale, invece, ha iniziato a occuparsi di questi temi con maggiore interesse a partire dall’emanazione del D.I. 19/2014. Una prima serie di studi ha evidenziato le difficoltà della transizione dalla contabilità finanziaria alla contabilità economico-patrimoniale, le peculiarità del bilancio degli atenei e i pericoli che potrebbero derivare da un’applicazione indiscriminata delle logiche interpretative utilizzate nel contesto delle imprese (Mussari e Sostero 2014; Aga- sisti et al. 2015; Modugno e Tivan 2015; Romano e Cirillo 2015; Tieghi e Gigli

(4)

2015; Tizzano 2015; Gigli e Mariani 2018). Altri studi hanno allargato il campo di ricerca alle interazioni tra la contabilità economico-patrimoniale e il processo di programmazione degli atenei (Salvatore e Del Gesso 2017), allo sviluppo del bilancio consolidato degli atenei (Bonollo e Zuccardi Merli 2019) e all’applicazione dell’analisi del bilancio al contesto degli atenei pubblici italiani (Agasisti e Modugno 2017; Mozzoni et al. 2017; Gigli e Tieghi 2017; Di Carlo et al. 2019). Questi ultimi studi avevano l’obiettivo di definire un proprio model- lo di analisi attraverso il calcolo degli indici di bilancio per applicarlo a un cam- pione di università pubbliche italiane. Per questo motivo, anche quando hanno trattato il tema della riclassificazione degli schemi di bilancio, non hanno potuto approfondire tutte le questioni inerenti. Tra l’altro, nessuno di questi studi ha pre- so in considerazione il terzo prospetto del bilancio: il Rendiconto finanziario.

Anche questo studio si vuole collocare nel campo di ricerca relativo all’applicazione dell’analisi del bilancio delle università. Ma si è deciso – per poterne approfondire le problematiche – di circoscrivere l’analisi alla fase della riclassificazione degli schemi di bilancio, rimandando ad altri studi la successi- va fase dell’analisi attraverso gli indici. La riclassificazione degli schemi di bi- lancio previsti dalla normativa per una più efficace valutazione delle perfor- mance economico-finanziarie e/o degli equilibri delle aziende è un’esigenza data per scontata in letteratura, sia che si tratti degli schemi civilistici previsti per le imprese, sia per gli schemi previsti per le aziende pubbliche che adottano la contabilità economico-patrimoniale, come ad esempio nel caso delle aziende sanitarie (Cinquini e Nuti 2002; Sforza 2005; Russo 2012).

Lo sviluppo del lavoro nei successivi tre paragrafi prevede di seguire, per ciascuno dei tre prospetti (Stato patrimoniale, Conto economico e Rendiconto finanziario) compresi nel bilancio unico di ateneo di esercizio, le seguenti fasi:

a) descrizione delle caratteristiche principali del prospetto previsto dalla vigente normativa, al fine di evidenziarne le peculiarità, le difficoltà applicative e quelle interpretative;

b) identificazione, a partire da quelle già utilizzate dalle imprese, delle for- me di riclassificazione che meglio si adattano al contesto degli atenei;

c) individuazione dei peculiari accorgimenti da adottare in sede di riclas- sificazione per ottenere informazioni comprensibili e rilevanti per gli utilizzatori interni ed esterni; come di seguito evidenziato, nello svol- gimento di questa fase, molte delle proposte derivano dal riscontro di specificità che emergono dall’esame dei bilanci dell’esercizio 2018 del- la totalità università pubbliche italiane (per maggiori dettagli sul cam- pione si veda la Tabella A.1 (www.sidrea.it/ bilancio-atenei-analisi).

(5)

3. Lo schema di Conto economico degli atenei e la sua riclassificazione È il D.I. MIUR/MEF 19/2014 (con le modifiche apportate dal successivo D.I. MIUR/MEF 394/2017) che prevede lo schema di Conto economico utiliz- zato dagli atenei ispirandosi allo schema civilistico ma, nello stesso tempo, dan- do evidenza e rappresentazione delle poste di bilancio caratteristiche e/o partico- larmente significative per il settore universitario.

Si tratta di un Conto economico scalare con i costi classificati per natura.

Nella tabella 1 è riportata una sintesi in cui vengono rappresentati i principali aggregati e i risultati evidenziati dal Conto economico per gli atenei.

Tabella 1 – Conto economico per gli atenei al primo livello A) Proventi operativi

B) Costi operativi

Differenza tra proventi e costi operativi (A-B) C) Proventi e oneri finanziari

D) Rettifiche di valore di attività finanziarie E) Proventi e oneri straordinari

F) Imposte sul reddito dell'esercizio correnti, differite, anticipate Risultato di esercizio

Il Conto economico ha come finalità principale quella di dare conto del- le determinanti del risultato reddituale, ossia di descrivere in modo chiaro e analitico la genesi del risultato economico positivo o negativo derivante dallo svolgimento delle operazioni di gestione nel periodo di riferimento e – come si auspicava al momento dell’introduzione negli atenei della conta- bilità economico-patrimoniale (Salvatore 2012) – rendere agevole la com- parazione tra proventi e costi delle diverse università. Come vedremo, que- sta finalità è in parte ostacolata dallo schema in esame.

Si nota, innanzitutto, che il Conto economico evidenzia un unico risulta- to intermedio1, ossia la Differenza tra Proventi e Costi Operativi2.

I proventi operativi sono costituiti da: i proventi propri, i contributi, i proventi per l’attività assistenziale, i proventi per la gestione diretta del di- ritto allo studio, altri proventi e ricavi diversi, le variazioni di rimanenze (di

1 Il conto economico civilistico, diversamente, prevede due risultati intermedi: la Diffe- renza tra valore e costi della produzione e il Risultato prima delle imposte che è stato evi- dentemente giudicato un risultato di scarso interesse nel contesto delle Università.

2 La denominazione dei primi due aggregati è diversa da quella del conto economico ci- vilistico ma i contenuti, fatta salva la specificità di alcune poste, tendono a coincidere.

L’aggregato Proventi operativi nel bilancio universitario, come vedremo tra poco, compren- de anche le voci Variazione rimanenze e Incremento delle immobilizzazioni per lavori inter- ni che rappresentano contenuti tipici dell’aggregato Valore della produzione.

(6)

prodotti finiti e semilavorati) e gli incrementi per immobilizzazioni interne.

Poiché le disposizioni relative agli schemi da utilizzare per il budget eco- nomico (D.I. MIUR/MEF 925/2015) prevedono che tra i proventi operativi – in particolare come sottovoce della voce “Altri proventi e ricavi diversi”

– sia indicato l’utilizzo di riserve di patrimonio netto derivanti dalla conta- bilità finanziaria, ne consegue che una voce analoga venga inserita anche a consuntivo nel Conto economico. La presenza tra i proventi operativi di questa voce, però, fa sì che il risultato finale che viene presentato come “ri- sultato d’esercizio” assuma una natura diversa dal consueto risultato eco- nomico derivante dallo svolgimento delle operazioni di gestione. Si tratta di un fenomeno che ha un rilevante impatto. Infatti, dall’esame delle note in- tegrative dei bilanci 2018 degli atenei pubblici italiani risulta che ben 35 dei 61 atenei esaminati (per la descrizione del campione si veda ancora la Tabella A.1 in www.sidrea.it/bilancio-atenei-analisi) hanno effettuato in quell’esercizio un utilizzo di riserve di patrimonio netto derivanti dalla con- tabilità finanziaria. Il “risultato d’esercizio” cumulato di quei 35 atenei ri- sulta costituito per il 61% dall’utilizzo delle riserve.

I costi operativi sono rappresentati da: il costo del personale, i costi del- la gestione corrente, gli ammortamenti e le svalutazioni, gli accantonamenti per rischi e oneri, e gli oneri diversi di gestione.

La Differenza tra proventi e costi operativi rappresenta il risultato in- termedio attribuito alla gestione operativa.

Successivamente, considerando gli oneri e i proventi dell’area finanziaria, le rettifiche di valore di attività finanziarie, i proventi ed oneri straordinari3 e per ultime le imposte sul reddito, si giunge a determinare il Risultato di eser- cizio, che – alla luce di quando già indicato – assume un significato diverso da quello che viene normalmente inteso nel bilancio di esercizio.

La riclassificazione del Conto economico degli atenei risponde sia all’esigenza generale di riorganizzare le voci di bilancio in base a criteri omo- geni che siano funzionali all’analisi del contributo delle diverse aree della ge- stione alla formazione del risultato economico e alla formazione di indici signi- ficativi (Gigli e Tieghi 2017), sia all’esigenza specifica di “isolare” l’influsso sul risultato di eventuali utilizzi di riserve di patrimonio netto formatisi nei pe- riodi precedenti all’utilizzo della contabilità economico-patrimoniale (ovvero riserve formatisi in vigenza della contabilità finanziaria), al fine di individuare la variazione della ricchezza (ovvero la variazione del patrimonio netto) pro-

3 Ulteriore differenza con il conto economico civilistico è il mantenimento dell’area straordina- ria, anche dopo la sua eliminazione dal bilancio civilistico con l’entrata in vigore del D. Lgs.

139/2015.

(7)

dotta dalla gestione. Per ovviare alle distorsioni che la presenza di quest’ultima posta comporta sul significato dei risultati intermedi e del risultato finale del Conto economico, si potrebbe evidenziarla in calce alla riclassificazione (Moz- zoni et al. 2017); ma l’esigenza di presentare con chiarezza il risultato econo- mico prodotto dalla gestione separatamente da altre variazioni del patrimonio netto (quali appunto l’utilizzo delle riserve) richiede, a nostro avviso, l’ado- zione di una soluzione ancora più incisiva, come quella di seguito illustrata.

Nel caso delle imprese, la riclassificazione del Conto economico può avvenire secondo due modelli principali (Pisoni e Devalle 2013; Sostero et al. 2018). Nel modello “a ricavi e costo del venduto”, il confronto tra com- ponenti positivi e negativi di reddito avviene considerando i volumi di ven- dita: si contrappongono ai ricavi di vendita i costi sostenuti per produrre ciò che si è venduto. Nel modello “a valore della produzione e valore aggiun- to”, il confronto tra componenti positivi e negativi avviene considerando i volumi di produzione: si contrappone il valore di ciò che si è prodotto nell’esercizio (anche se non è stato venduto) con il costo sostenuto per ot- tenere quella produzione. Questo secondo modello consente di evidenziare, oltre al valore della produzione, alcuni interessanti risultati economici in- termedi quali il valore aggiunto e il margine operativo lordo.

Nelle imprese la determinante principale che può portare a preferire il se- condo modello è l’esistenza di rilevanti variazioni delle rimanenze di prodotti finiti e in corso di lavorazione. Non è certo questa la situazione che si riscontra nel caso degli atenei, dove le rimanenze di prodotti finiti e in corso di lavorazio- ne sono praticamente inesistenti, ma lo schema di riclassificazione che si propo- ne (si veda tabella 2) si ispira comunque a quel modello perché prevede nume- rosi risultati intermedi prima di giungere alla determinazione del risultato finale.

Il primo4 risultato intermedio proposto è il Margine Operativo Lordo o MOL. Tale risultato si ottiene contrapponendo ai proventi operativi i costi del personale, i costi della gestione corrente e gli oneri diversi di gestione (nei qua- li è opportuno ricomprendere anche l’IRAP, che da questi deriva) escludendo, tra gli oneri operativi, gli ammortamenti, le svalutazioni e gli accantonamenti.

4Lo schema si presterebbe a presentare come primo risultato intermedio il valore aggiun- to che si può ottenere detraendo dai proventi operativi solamente i costi di fattori produttivi acquisiti da terzi. Nelle imprese il valore aggiunto riesce a evidenziare nei confronti intera- ziendali modelli di business che fanno un diverso ricorso alla decentralizzazione delle attività produttive, cioè che affidano a terzi segmenti o intere filiere del proprio processo produttivo.

Questo fenomeno non appare rilevante per gli atenei e quindi – sebbene il valore aggiunto possa conservare un certo interesse (Mozzoni e al. 2017) come indicatore della capacità di coprire i costi interni (personale e ammortamenti) – non si è ritenuto di evidenziarlo.

(8)

Tabella 2 – Conto economico riclassificato sintetico per gli atenei Conto Economico Riclassificato: Sezione I Attività

istituzionale

Attività

commerciale Totale a) Proventi propri

b) Contributi in conto esercizio c) Proventi per l’attività assistenziale

d) Proventi per la gestione diretta interventi per il diritto allo studio

e) Altri proventi e ricavi diversi f) Variazione rimanenze prodotti

g) Incremento delle immobilizz. per lavori interni 1. Proventi operativi in conto esercizio (a + b + c + + d + e ± f + g)

h) Costi del personale

i) Costi della gestione corrente J) Oneri diversi di gestione

2. Totale costi operativi esclusi ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti (h + i + j) 3. Margine Operativo Lordo (MOL) (1 – 2) k) Ammortamenti al netto di contributi in conto

capitale

l) Svalutazioni di immobilizzazioni e dei crediti m) Accantonamenti

4. Totale ammortamenti, svalutazioni e accanto- namenti

5. Margine Operativo Netto (MON) (3-4) 6. Proventi gestione patrimoniale-accessoria e pro- venti finanziari netti, utile e perdite su cambi e retti- fiche di valore di attività finanziarie

7. Risultato operativo (EBIT) (5 ± 6)

8. Oneri finanziari (al netto di contributi in conto interessi)

9. Risultato gestione ordinaria al lordo delle im- poste (7 – 8)

10. Proventi e oneri straordinari

11. Risultato prima delle imposte (9 ±10) 12. Imposte sul reddito dell’esercizio

13. Risultato di esercizio prodotto dalla gestione (11 – 12)

Conto Economico Riclassificato: Sezione II 1. Risultato di esercizio prodotto dalla gestione 2. Utilizzo riserve contabilità finanziaria 3. Totale conto economico complessivo (1+2)

Per quanto detto, il MOL, da un lato, è un risultato economico che per- mette di valutare la redditività della gestione degli atenei prescindendo da

(9)

rilevanti scelte discrezionali operate da ciascun ateneo in fase di ricogni- zione dello Stato patrimoniale iniziale e/o annualmente nella redazione del bilancio unico di ateneo di esercizio e, da un altro lato, escludendo i costi non monetari, rappresenta un indicatore della capacità della gestione opera- tiva di creare risorse monetarie (flusso monetario potenziale)5.

Per rendere più significativo l’indicatore, è opportuno che nella indivi- duazione del MOL si escludano due categorie di proventi che sono presenti nello schema ministeriale tra i componenti dei proventi operativi degli atenei:

- dalla voce Contributi (o da altra voce dei proventi) vanno escluse le quote di competenza dell’esercizio dei contributi in conto capitale, che saranno in seguito accostate agli ammortamenti;

- dalla voce Altri proventi e ricavi diversi vanno esclusi gli eventuali uti- lizzi, consentiti dalla normativa, di riserve formatisi in contabilità fi- nanziaria e la cui iscrizione in Conto economico ha l’effetto di alterare il valore di tutti i risultati (intermedi e finale) e di far venir meno la ca- pacità del Conto economico di misurare, attraverso il risultato di eser- cizio, la variazione della ricchezza prodotta dalla gestione.

Queste esclusioni permettono di riconoscere i proventi operativi esposti in Conto economico come il valore dei proventi operativi in conto esercizio conseguiti nel periodo dall’ateneo. Inoltre, entrambe le voci in questione si caratterizzano per essere ricavi non monetari e quindi la loro esclusione raf- forza la prerogativa del MOL quale indicatore della capacità della gestione operativa di generare risorse monetarie.

Dopo il Margine operativo Lordo (MOL), si propone il Margine Operati- vo Netto o MON, sottraendo gli ammortamenti (al netto delle quote di com- petenza dell’esercizio dei contributi in conto capitale), le svalutazioni delle immobilizzazioni e dei crediti e gli accantonamenti ai fondi per rischi e oneri.

Si segnala la rilevanza informativa della voce “ammortamenti netti” che individua la quota di ammortamenti rimasti effettivamente a carico della ge- stione nell’esercizio, in quanto non neutralizzati dalle correlate quote dei con- tributi in conto capitale.

Come evidenziato nel prospetto dalla presenza di specifiche colonne, è auspicabile che il MOL e il MON siano elaborati distintamente per l’attività istituzionale e per l’attività commerciale, attribuendo a quest’ultima solo i ricavi e i costi diretti senza alcun arbitrario processo di allocazione di costi comuni. Se gli atenei seguono questa impostazione, possono ottenere come

5 Per i medesimi motivi vanno escluse dal MOL eventuali rivalutazioni di immobilizza- zioni materiali e immateriali (dovute al venir meno delle cause di precedenti svalutazioni) che, se presenti, sono collocate tra gli Altri proventi e ricavi diversi.

(10)

risultati dell’attività commerciale due diverse figure di margine di contribu- zione (MOL e MON) che permettono di valutare il contributo della stessa alla formazione del margine operativo netto ovvero del risultato della ge- stione caratteristica6. La valutazione è duplice: da un lato, si verifica se l’attività commerciale riesce a dare un contributo positivo e apprezzabile al risultato del periodo (generando risorse incrementali per l’ateneo) e dall’altro, si può osservare nel tempo l’andamento del risultato della gestio- ne commerciale in relazione a quello dell’attività istituzionale.

Per determinare il risultato successivo, ovvero il Risultato Operativo (o EBIT), bisogna prendere in considerazione i proventi della gestione patri- moniale-accessoria e i proventi finanziari netti.

Dopo aver determinato il risultato operativo o EBIT, sottraendo gli oneri finanziari al netto di eventuali contributi in conto interessi (oneri finanziari netti), si determina il Risultato della gestione ordinaria al lordo delle imposte.

Sottraendo a quest’ultimo gli oneri e proventi straordinari si ottiene il Risultato prima delle imposte.

Dopo il Risultato prima delle imposte, considerando le imposte sul red- dito dell’esercizio, si ottiene il Risultato di esercizio prodotto dalla gestio- ne, che corrisponde alla variazione del patrimonio netto prodotta dalla ge- stione nel periodo di riferimento del bilancio. È un indicatore sintetico di equilibrio economico dell’ateneo: mostra se l’ateneo è stato capace di ripri- stinare le risorse consumate nella gestione (costi e oneri di competenza) at- traverso i proventi e ricavi conseguiti.

In presenza di utilizzi di riserve di patrimonio netto formatisi in contabilità finanziaria ed iscritti tra i proventi, questo risultato non corrisponde ancora al Risultato di esercizio, che viene presentato nell’ultima riga dello schema previ- sto dalla normativa. L’aggiunta di tali proventi7 ha però l’effetto di rendere il

6 La distinzione tra costi e ricavi dell’attività commerciale e costi e ricavi dell’attività istituzionale è adeguatamente supportata dal software di contabilità utilizzato dalla maggior parte degli atenei pubblici.

7 Nei primi anni di adozione della contabilità economico-patrimoniale alcuni atenei han- no anche effettuato accantonamenti diretti a riserve di patrimonio netto vincolato. Tali ac- cantonamenti, oggi non permessi dalla normativa, se ancora presenti andrebbero trattati nel- la riclassificazione come i succitati proventi. Ovvero andrebbero esclusi dalle voci ove sono stati inseriti (ad esempio: accantonamenti per rischi e oneri o oneri diversi di gestione o al- tri) e portati in riduzione all’utilizzo di riserve COFI in modo da pervenire nell’ultima riga a determinare un Totale conto economico complessivo coincidente con il Risultato di eserci- zio approvato dal Consiglio di Amministrazione. Ulteriori accorgimenti dovrebbero essere adottati anche nel caso in cui, nella redazione dello Stato patrimoniale iniziale, pur in assen- za di specifici contributi in conto capitale fossero state attuate altre soluzioni finalizzate alla successiva sterilizzazione degli ammortamenti.

(11)

risultato di sintesi del Conto economico diverso da quello che viene comune- mente inteso. Si rischia in questo modo di fuorviare il giudizio di chi, ragione- volmente, si aspetta di leggere nell’ultima riga del Conto economico l’effetto delle operazioni di gestione sul patrimonio netto. Questa riflessione ci induce a proporre una soluzione espositiva simile a quella prevista dai principi contabili internazionali. Infatti, lo IAS 1 prevede che il Conto economico sia diviso in due sezioni (oppure due distinti prospetti): la prima riguarda la determinazione del risultato di esercizio che deriva dalla gestione, la seconda ha come oggetto le “altre variazioni del conto economico complessivo”, cioè le voci che influi- scono sul patrimonio netto diverse da quelle considerate per la determinazione del risultato di esercizio e da quelle derivanti dai rapporti con i soci. L’utilizzo di riserve di patrimonio netto formatesi in contabilità finanziaria ha proprio la natura delle “altre variazioni del conto economico complessivo”, perché fa va- riare il patrimonio netto per un motivo diverso dalle operazioni di gestione o da aumenti di capitale da parte del ministero. Pertanto, per rendere immediata- mente comprensibile il contenuto del Conto economico degli atenei, si propone di adottare una struttura a sezioni separate, con la seconda che svolge la fun- zione, già conosciuta in altri ambiti, delle “altre variazioni del conto economico complessivo”. Tale sezione riporta come totale la voce Totale conto economico complessivo, il cui valore viene a coincidere con quello del risultato di sintesi del Conto economico previsto dallo schema ministeriale. Riteniamo che questa separazione “fisica” del Conto economico riesca a indicare con forza agli am- ministratori e ai lettori di bilancio in genere che il dato essenziale e prioritario per valutare l’equilibrio economico è quello del risultato economico prodotto dalla gestione. Per le aziende pubbliche, che non mirano ad accumulare risorse ma a utilizzare quelle disponibili per il raggiungimento delle finalità istituzio- nali, è fisiologico che questo risultato possa presentare nel tempo un’alternanza di valori postivi e negativi (difatti, l’equilibrio economico va valutato nel me- dio-lungo termine) che è bene rendere palesi, così come è opportuno esporre nella seconda sezione del Conto economico le risorse patrimoniali che l’ateneo ha utilizzato per assorbire le oscillazioni del risultato economico.

4. Lo schema di Stato patrimoniale degli atenei e la sua riclassificazione La tabella 3 mostra la struttura di sintesi dello Stato Patrimoniale per gli ate- nei previsto dal D.I. 19/2014 (con le modifiche apportate dal D.I. 394/2017) evidenziando i livelli contrassegnati dalle lettere maiuscole e dai numeri romani.

Lo schema si ispira allo schema civilistico, ma con degli adattamenti al contesto delle università (ad esempio: manca nell’attivo la voce Crediti ver-

(12)

so soci per versamenti ancora dovuti; la composizione del patrimonio netto in parti ideali è peculiare; viene data evidenza ed enfasi ai Ratei e Risconti).

Tabella 3 - Stato patrimoniale per gli atenei ai primi due livelli

ATTIVO PASSIVO

A) Immobilizzazioni A) Patrimonio netto

A) I Immateriali A) I Fondo di dotazione dell’ateneo

A) II Materiali A) II Patrimonio vincolato

A) III Finanziarie A) III Patrimonio non vincolato Totale immobilizzazioni (A) Totale patrimonio netto (A) B) Attivo circolante B) Fondi per rischi e oneri

B) I Rimanenze C) Trattamento di fine rapporto di

B) II Crediti lavoro subordinato

B) III Attività finanziarie

D) Debiti B) IV Disponibilità liquide

Totale attivo circolante (B) E) Ratei e risconti passivi e contributi C) Ratei e risconti attivi agli investimenti

D) Ratei attivi per progetti e ricer- che in corso

F) Risconti passivi per progetti e ricer- che in corso

TOTALE ATTIVO TOTALE PASSIVO

Le due sezioni dello Stato Patrimoniale sono contrassegnate dai titoli Attivo e Passivo. Va sottolineato che, nella sezione contraddistinta dal tito- lo Passivo, non vengono esposte solo le passività ma anche il Patrimonio netto, così come accade nello schema civilistico.

Per l’Attivo, ancorché le denominazioni dei macro-aggregati Immobi- lizzazioni e Attivo Circolante si ispirino alla classificazione finanziaria, va- le anche il criterio civilistico della “destinazione” per le voci delle immobi- lizzazioni che deriva dalla scelta degli amministratori di utilizzare o meno durevolmente un bene all’interno della gestione8.

Per i crediti, è richiesta la separata indicazione, per ciascuna voce di bi- lancio, degli importi esigibili entro l’esercizio successivo.

Ratei e risconti attivi possono assumere connotazioni particolari e talvolta anche una particolare rilevanza nel contesto universitario perché, oltre che per la rilevazione dei normali contratti di durata, il legislatore prevede l’utilizzo dei ratei attivi (da segnalare in un’apposta posta distinta) anche ai fini della valutazione e rilevazione contabile dei progetti, commesse e ricerche in corso.

8 Il codice civile (art. 2424-bis, comma 1) afferma che gli elementi patrimoniali destinati ad essere usati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni. Questa disposi- zione è implicitamente accolta dal D.I. 19/2014 quando all’art. 4 richiama la caratteristica dell’utilizzo durevole nella descrizione delle immobilizzazioni materiali e finanziarie. Per le immobilizzazioni immateriali si specifica, invece, che si tratta di beni o costi pluriennali.

(13)

Per il Passivo, è possibile cogliere una distinzione basata sulla natura delle fonti, così da evidenziare separatamente i mezzi propri da quelli di terzi. I mezzi di terzi sono poi classificati in funzione del diverso grado di incertezza delle sti- me in: fondi per rischi e oneri, trattamento di fine rapporto, debiti, ratei e risconti.

Per i debiti, è richiesta anche la separata indicazione, per ciascuna voce di bilancio, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo.

Da sottolineare infine, in analogia alla voce dell’attivo Ratei attivi per pro- getti e ricerche in corso, la volontà del legislatore di dare evidenza separata ai Risconti passivi per progetti e ricerche in corso. Inoltre, anche altri risconti passivi assumono sotto il profilo quantitativo una rilevanza del tutto peculiare nel contesto universitario perché, oltre alla presenza dei normali contratti di durata, vi è una significativa presenza di contributi in conto capitale (per i quali vi è l’obbligo della contabilizzazione tra i risconti passivi delle quote di competenza degli esercizi successivi) e vi sono le caratteristiche presenze di tasse e contributi studenteschi che maturano nel corso del tempo a cavallo di due diversi esercizi e di proventi finalizzati per il finanziamento di borse di studio e contratti pluriennali (borse di dottorato e specialità, assegni di ricerca, ecc.). La natura e il rilievo di queste poste richiede pertanto una particolare attenzione in fase di analisi del bilancio (Mozzoni et al. 2017).

Se si vuole supportare la valutazione dell’equilibrio patrimoniale degli atenei, è senza dubbio necessario procedere a una riclassificazione dello Stato patrimoniale in forma finanziaria, utilizzando modalità analoghe a quelle in uso per le imprese (Pisoni e Devalle 2013; Sostero et al. 2018).

Lo schema di riclassificazione in forma finanziaria proposto nella suc- cessiva tabella 4 interpreta gli elementi dell’attivo come impieghi di risorse finanziarie e gli elementi del passivo e del patrimonio netto come fonti di risorse finanziarie, utilizzando per gli impieghi un ordine decrescente di li- quidità e, coerentemente, un ordine decrescente di esigibilità9 per le fonti, al fine di dare evidenza del diverso grado di liquidità/liquidabilità degli im- pieghi e del diverso grado di esigibilità delle fonti (Gigli e Tieghi 2017;

Mozzoni et al. 2017).

Con riferimento all’esigibilità delle fonti, si segnala che, nel caso degli atenei, il patrimonio netto non è di norma oggetto di rimborso, ma può al più essere utilizzato per la copertura di eventuali future perdite di esercizio.

9 L’esigibilità fa riferimento all’attitudine delle diverse fonti di essere riscosse da parte di terzi per effetto di obbligazioni già esistenti alla data del bilancio. Il patrimonio netto rap- presenta la fonte con il più basso grado di esigibilità perché non comprende voci di questa natura, ma al più delle voci (come i fondi vincolati per decisioni degli organi istituzionali) che possono configurare il sorgere di futuri impegni verso terzi.

(14)

Tabella 4 – Stato Patrimoniale degli atenei riclassificato in forma finanziaria

IMPIEGHI FONTI

A Disponibilità liquide Debiti operativi (quota a breve) Titoli correnti

Mutui passivi e debiti verso banche (quota a breve)

Altre attività finanziarie a breve Altri debiti finanziari (quota a breve) B Attività finanziarie a breve Fondi per rischi e oneri (quota a breve)

TFR (quota a breve) Crediti operativi a breve

Crediti finanziari a breve

Risconti passivi su progetti di ricerca (quota a breve)

Ratei attivi su progetti di ricerca (a Altri ratei e risconti passivi (quota a breve)

breve) A PASSIVO CORRENTE

Altri ratei e risconti attivi (a breve) Debiti operativi (quota a lungo)

C Crediti a breve Mutui passivi e debiti verso banche (quota a lungo)

D Rimanenze Altri debiti finanziari (quota a lungo) Fondi per rischi e oneri (quota a lungo) E ATTIVO CORRENTE (A + B + C + D) TFR (quota a lungo)

Risconti passivi su progetti di ricerca Partecipazioni immobilizzate (quota a lungo)

Crediti operativi a lungo termine Risconti passivi su contributi agli investimenti Crediti finanziari a lungo termine Altri ratei e risconti passivi (q. a lungo)

Titoli immobilizzati B PASSIVO CONSOLIDATO

Ratei attivi su progetti di ricerca (a

lungo) C MEZZI DI TERZI (A + B)

Altri ratei e risconti attivi (a lungo)

F Immobilizzazioni finanziarie Fondo di dotazione dell’ateneo G Immobilizzazioni materiali Patrimonio vincolato

H Immobilizzazioni immateriali Patrimonio non vincolato I ATTIVO IMMOBILIZZATO (F + G+ H) D PATRIMONIO NETTO ATTIVO NETTO (= E + I) (o TOTALE

IMPIEGHI)

PASSIVO E PATRIMONIO NETTO (= C + D) (o TOTALE FONTI)

Si segnala altresì la grande rilevanza “quantitativa” che i ratei e soprat- tutto i risconti passivi per progetti e ricerche in corso assumono nei bilanci degli atenei, nonché i problemi applicativi che si possono incontrare nel suddividere il loro valore tra quota a breve e quota a lungo. Ci soffermiamo in particolare sui risconti passivi.

Innanzitutto, bisogna ricordare che i risconti passivi sono valori economici, e più precisamente quote di ricavi che hanno già avuto manifestazione finan- ziaria (rilevazione del credito e del correlato ricavo ed eventuale incasso, an- che parziale, del credito), ma sono di competenza (economica) dei futuri eser- cizi. Essi, pertanto, non danno origine direttamente ad uscite future di denaro.

Bisogna considerare però che (similmente agli anticipi da clienti rilevati dalle

(15)

imprese) rappresentano dei debiti di prestazione che vengono onorati (assolti) attraverso l’acquisto prima e l’utilizzo poi di fattori produttivi i cui costi sa- ranno appunto coperti dai risconti passivi per progetti e ricerche in corso. Una parte del valore dei risconti passivi è da considerarsi a fronte di acquisti di fat- tori produttivi che hanno già dato origine ad un debito o ad uscite di denaro, ma il cui costo è di competenza dei futuri esercizi (ad esempio: risconti attivi a fronte di costi imputati a progetti che attraversano più esercizi, valore residuo di immobilizzazioni acquistate con i fondi del progetto). Per queste fattispecie, non si verificheranno future uscite di denaro e i relativi importi vanno classifi- cati tra i risconti passivi per progetti e ricerche in corso a lungo termine. La quota rimanente dei risconti passivi darà origine a spese future o a utili di pro- getto collocabili temporalmente entro od oltre l’esercizio successivo10.

Passando ora a considerare le informazioni fornite dallo Stato patrimo- niale riclassificato in forma finanziaria, si evidenzia la possibilità di deter- minare alcuni rilevanti indicatori quali il margine di tesoreria e il margine di struttura. Si tratta di indicatori che permettono di indagare la congruità tra la composizione degli impieghi e la composizione delle fonti nella pro- spettiva di valutare la solvibilità degli atenei.

Il margine di tesoreria è ottenuto dalla differenza tra l’attivo corrente (de- dotte le rimanenze) e le passività correnti e mostra usualmente la capacità di far fronte alle passività correnti con le sole componenti più liquide dell’attivo cor- rente11. Nel caso degli atenei, però, è bene sottolineare che questa capacità resta comunque condizionata dalla necessità di rispettare i vincoli di fabbisogno.

Il margine di struttura o margine primario di struttura è dato invece dal- la differenza tra il patrimonio netto e l’attivo immobilizzato e mostra la ca- pacità dell’ateneo di finanziare il capitale fisso con le sole risorse proprie12.

La contemporanea presenza di rilevanti importi di disponibilità liquide nell’attivo dello Stato patrimoniale degli atenei e di un ridotto riscorso

10 Si tratta evidentemente di una valutazione complessa che si può ragionevolmente semplificare stimando a breve la quota di risconti passivi che andrà coprire costi nel succes- sivo esercizio e a medio-lungo la quota residua. Tale stima potrà basarsi, ad esempio, sulla base delle previsioni di budget dei singoli progetti per l’esercizio successivo o su una stima complessiva dei costi annualmente contabilizzati sui progetti.

11 L’assenza o la presenza di un valore modesto per le rimanenze nel bilancio degli ate- nei fa sì che il margine di tesoreria coincida o tenda a coincidere con il capitale circolante netto, per cui il calcolo di quest’ultimo si rivela superfluo.

12 La spesso rilevante presenza di risconti passivi per contributi agli investimenti (ovve- ro contributi in conto capitale) potrebbe suggerire di calcolare un margine primario di strut- tura portando tali risconti a riduzione del valore dell’attivo in modo da individuare la quota di attivo fisso da coprire con risorse proprie in quanto non già coperta da contributi in conto capitale a fondo perduto.

(16)

all’indebitamento finanziario suggerisce l’opportunità di determinare la po- sizione finanziaria netta degli atenei.

La posizione finanziaria netta (PFN) è una grandezza che viene nor- malmente individuata attraverso una diversa forma di riclassificazione dello Stato patrimoniale: la riclassificazione in forma funzionale. Può essere a debito se le passività finanziarie superano le attività finanziarie disponibili (si parla di indebitamento finanziario netto), oppure a credito se le attività finanziarie disponibili superano le passività finanziarie.

Quando la riclassificazione in forma funzionale viene applicata alle im- prese in presenza di una PFN a debito, si adotta spesso uno schema in forma scalare; ma, per i motivi che saranno di seguito indicati, nel caso degli atenei è preferibile adottare anche per questa modalità di riclassificazione la forma a sezioni divise e contrapposte. Esponendo lo Stato Patrimoniale riclassificato in forma funzionale secondo uno schema a sezioni contrapposte, una PFN a debito trova collocazione nella sezione avere, come evidenziato nella parte sinistra di figura 1, perché in questo caso la PFN a debito contribuisce, in- sieme al patrimonio netto a finanziare il capitale investito netto aziendale (in- vestito nella gestione operativa caratteristica ed in quella accessoria).

Alla luce di quanto detto riguardo alle disponibilità liquide degli atenei, non sorprende invece che generalmente gli atenei presentino una PFN a credito (si vedano in www.sidrea.it/ bilancio-atenei-analisi la Tabella A.2 e la figura A.1), che di norma, nelle imprese, si associa ad una situazione in cui il patrimonio netto rappresenta l’unica fonte di finanziamento che fi- nanzia contemporaneamente il capitale investito netto e la PFN a credito (ovvero le attività finanziarie al netto dei debiti finanziari). Questa situazio- ne è rappresentata nella parte destra della figura 1.

Figura 1 – PFN a debito e a credito nello Stato patrimoniale funzionale

Patrimonio Capitale

netto investito

Capitale netto Patrimonio

investito PFN PFN netto

netto a debito a credito

Inoltre, applicando le procedure di riclassificazione normalmente in uso per le imprese, si riscontra (si veda ancora la Tabella A.2 in www.sidrea.it/

bilancio-atenei-analisi) che 12 atenei su 61 presentano un capitale investito netto negativo. Questa situazione starebbe ad indicare che la PFN a credito è finanziata contemporaneamente dal patrimonio netto e dai mezzi di terzi di natura operativa, che vanno portati in detrazione (ma sono superiori) alle

(17)

componenti attive del capitale investito netto. Tale situazione potrebbe es- sere rappresentata come appare nella parte sinistra di figura 2.

È da ritenere, però, che le peculiarità degli atenei richiedano di applicare forme di riclassificazione diverse da quelle che risulterebbero idonee nel ca- so delle imprese. Infatti, uno schema strutturato come nella parte sinistra di figura 2 non fornisce informazioni facilmente intellegibili. La condizione di capitale investito netto negativo risulta difatti del tutto anomala e, nel caso degli atenei, si può prevalentemente ricondurre alla già segnalata rilevante e peculiare presenza di risconti passivi (per tasse e contributi studenteschi, per finanziamenti di borse e contratti pluriennali e per progetti e ricerche in cor- so). Un’altra tipologia, condivisa con le aziende pubbliche in genere, è quel- la dei risconti per contributi agli investimenti (contributi in conto capitale).

Figura 2 – Alternative di rappresentazione dello Stato patrimoniale funzionale de- gli atenei

Cap. investito Capitale Patrimonio

netto investito netto

PFN negativo netto

a credito Patrimonio PFN Risconti passivi

netto a credito - per progetti

- altri

Per meglio rappresentare la peculiarità della gestione universitaria è allora opportuno, in sede di riclassificazione funzionale dello Stato patrimoniale, isola- re come una autonoma fonte di finanziamento i risconti passivi (ad eccezione di quelli per contributi agli investimenti che permangono nel passivo consolidato operativo). Questo accorgimento restituisce di norma un capitale investito netto positivo e permette di rappresentare lo Stato patrimoniale in forma funzionale a sezioni contrapposte come evidenziato nella parte destra di figura 2. Questa fi- gura evidenzia che la PFN a credito e il capitale investito netto possono essere finanziati contemporaneamente dal patrimonio netto e dai risconti passivi (per progetti, altri), che nel contesto universitario assumono una rilevanza del tutto peculiare. La tabella 5 riporta Stato Patrimoniale degli atenei riclassificato in forma funzionale secondo lo schema descritto nella parte destra della figura 2.

Quindi, le rilevanti disponibilità liquide degli atenei possono essere ricondot- te, da un lato, alle politiche del soggetto portatore di interessi istituzionali (lo Sta- to), che impone dei limiti nell’utilizzo delle somme depositate in tesoreria unica (vincolo del fabbisogno), e dall’altro, dalla presenza di cicli monetari “anticipati”

ricollegabili ai finanziamenti da terzi dell’attività istituzionale degli atenei.

(18)

Tabella 5 – Stato Patrimoniale degli atenei riclassificato in forma funzionale

IMPIEGHI FONTI

Crediti operativi a breve Fondo di dotazione Ratei attivi su progetti di ricerca (a breve) Patrimonio netto vincolato Altri ratei e risconti attivi (a breve) Patrimonio netto non vincolato

Rimanenze A Patrimonio netto

A Attivo corrente operativo

Debiti operativi (quota a breve) Risconti passivi su progetti di ricerca Fondi per rischi e oneri (quota a breve) Altri ratei e risconti passivi

TFR (quota a breve) B Totale risconti passivi B Passivo corrente operativo

C Capitale circolante operativo netto (A - B) Immobilizzazioni immateriali

Immobilizzazioni materiali (esclusi inve- stimenti immobiliari)

D Attivo immobilizzato operativo Debiti operativi (quota a lungo) Fondi per rischi e oneri (quota a lungo) TFR (quota a lungo)

Risconti passivi su contributi agli investi- menti

E Passivo consolidato operativo

F Capitale immobilizzato operativo netto (D - E)

G Capitale investito netto caratteristico (C + G)

Investimenti immobiliari Partecipazioni

H Investimenti accessori patrimoniali I Capitale investito netto aziendale (G+H)

Disponibilità liquide

Titoli e altre attività finanziarie a breve Crediti finanziari

(Mutui passivi e debiti verso banche) (Altri debiti finanziari)

J Posizione finanziaria netta

Totale impieghi (I +J) Totale fonti (A + B)

In definitiva, la presenza di rilevanti importi di disponibilità liquide può essere vista secondo due prospettive diverse: da un lato, come un fattore positivo di equilibrio patrimoniale che accresce la solvibilità e la solidità patrimoniale degli atenei, dall’altro, oltre certi limiti, come l’espressione, nella prospettiva del più ampio perseguimento delle proprie finalità istitu- zionali, un uso potenzialmente “non produttivo” del patrimonio netto degli atenei anche per effetto della normativa sul controllo del fabbisogno.

(19)

6. Lo schema di Rendiconto finanziario degli atenei e la sua riclassifi- cazione (o rivisitazione)

Lo schema di Rendiconto finanziario per gli atenei definito dal D.I.

19/2014, diversamente dallo Stato patrimoniale e dal Conto economico, non è stato modificato dal D.I. 394/201713. Tale prospetto assume come grandezza fondo le disponibilità liquide (depositi bancari e postali, denaro e valori in cassa) e, attraverso il metodo indiretto, mira a dare rappresenta- zione dell’influsso delle diverse aree della gestione (operativa, degli inve- stimenti e finanziaria) sulla liquidità dell’ateneo (si veda la tabella 6)14.

Il flusso di cassa della gestione operativa o flusso di cassa operativo eviden- zia separatamente il flusso di cassa assorbito/generato dalla gestione corrente e il flusso monetario assorbito/generato dalle variazioni del capitale circolante.

Tabella 6 – Sintesi del Rendiconto finanziario per gli atenei Flusso monetario (cash flow) assorbito/generato dalla gestione corrente

Flusso monetario (cash flow) assorbito/generato dalle variazioni del capitale circolante A) Flusso di cassa (Cash Flow) operativo

Investimenti in immobilizzazioni Disinvestimenti di immobilizzazioni

B) Flusso monetario (Cash Flow) da attività di investimento/disinvestimento Aumento di capitale

Variazione netta dei finanziamenti a medio-lungo termine C) Flusso monetario (Cash Flow) da attività di finanziamento D) Flusso monetario (Cash Flow) dell’esercizio (A+B+C)

Disponibilità monetaria iniziale Disponibilità monetaria finale

Flusso monetario (Cash Flow) dell’esercizio

Il flusso monetario da attività di investimento/disinvestimento evidenzia separatamente15 i flussi in uscita relativi agli investimenti e quelli in entrata generati dai disinvestimenti (per entrambi, evidenziando separatamente i flussi relativi ad immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie).

13 Al momento dell’emanazione del D.I. 19/2014 il Rendiconto finanziario era un pro- spetto solo raccomandato dai principi contabili nazionali emanati dall’OIC e solo successi- vamente, con il D. Lgs. 139/2015 è stato reso obbligatorio dal codice civile per le imprese che redigono il bilancio in forma ordinaria.

14 Ovviamente i flussi monetari evidenziati nel Rendiconto finanziario sono condizionati dalla presenza dei vincoli creati dalla normativa sul controllo del fabbisogno.

15 Dall’esame dei bilanci 2018 degli atenei italiani emerge che questa disposizione risul- ta frequentemente disattesa in quanto viene spesso riportato solamente di saldo netto tra in- vestimenti e disinvestimenti.

(20)

Il flusso monetario da attività di finanziamento è determinato da un flusso fonte costituto da un aumento di capitale e dalla variazione netta dei finanziamenti a medio-lungo termine.

La somma algebrica dei precedenti flussi determina il flusso monetario dell’esercizio, che corrisponde alla differenza tra la disponibilità monetaria iniziale e quella finale.

Il D.I. 19/2014 che ne prevede lo schema non definisce neppur sintetica- mente il contenuto del Rendiconto finanziario (diversamente dall’art. 2425- ter del codice civile) e agli atenei manca soprattutto un documento illustrati- vo dei contenuti e delle tecniche di redazione del Rendiconto finanziario che possa svolgere un ruolo di orientamento e supporto analogo a quello assunto dal principio contabile OIC 10 per il prospetto di Rendiconto finanziario re- datto dalle imprese. Rimangono quindi aperti alcuni temi che richiederebbero un trattamento uniforme da parte degli atenei quali ad esempio: il trattamento (anche in sede di Rendiconto finanziario) della voce di Conto economico

“utilizzo di riserve di patrimonio netto formatisi in contabilità finanziaria”, il trattamento dei contributi in conto capitale di competenza dell’esercizio che costituiscono un provento non monetario, il collocamento nel rendiconto dei flussi relativi alle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, il trattamento dei movimenti non monetari collegati all’acquisizione di im- mobilizzazioni a titolo gratuito, la specificazione delle fattispecie che posso- no correttamente essere comprese nella voce “aumento di capitale”.

Diversamente dagli schemi di Conto economico e Stato patrimoniale, per i quali è del tutto usuale prevedere una riclassificazione al fine di potenziare la loro capacità informativa, il Rendiconto finanziario si propone di norma come un documento di per sé esaustivo riguardo alla finalità informativa di rappresentare il contributo delle diverse aree della gestione alla variazione intervenuta nelle disponibilità liquide. In più, il Rendiconto finanziario gene- ralmente fornisce anche rilevanti elementi di dettaglio per meglio compren- dere le determinanti dei flussi monetari delle tre aree di attività. Ciò però non accade con il Rendiconto finanziario redatto dagli atenei secondo lo schema previsto dal D.I. 19/2014. In particolare, si rileva che:

a) non vi è un’esposizione separata dei flussi finanziari (di capitale circo- lante) derivanti dalla gestione caratteristica od operativa da quelli extra- caratteristici o extra operativi;

b) nell’applicazione del metodo indiretto di ricostruzione del flusso moneta- rio derivante dall’attività operativa a partire dal risultato netto, l’elenco delle voci che non hanno avuto effetto sulla liquidità è incompleto e im- preciso. È incompleto perché non sono indicate voci rilevanti nel conte- sto universitario, come l’utilizzo di riserve derivanti dalla contabilità fi-

(21)

nanziaria, le quote dei contributi in conto capitale di competenza dell’esercizio e i proventi per l’acquisizione di immobilizzazioni da libe- ralità che costituiscono fattispecie di ricavi non monetari. Inoltre, non sono evidenziate esplicitamente le rettifiche di valore di attività finanzia- rie e le minusvalenze/plusvalenze per cessione di immobilizzazioni e at- tività finanziare a breve. È impreciso perché le variazioni nette dei fondi, che risentono degli accantonamenti e degli utilizzi, non costituiscono

“rettifiche di voci che non hanno avuto effetto sulla liquidità” in quanto sono influenzate dagli utilizzi che rappresentano variazioni finanziarie;

c) non vi è un adeguato dettaglio delle variazioni delle voci componenti il capitale circolante netto; in particolare, non vi è evidenza delle varia- zioni dei ratei e risconti attivi e dei ratei e risconti passivi, che sono vo- ci particolarmente significative nel contesto degli atenei16;

d) tra i flussi relativi all’attività di investimento non è prevista la colloca- zione, accanto alle immobilizzazioni, delle attività finanziarie a breve così come accade in dottrina e nel Rendiconto finanziario OIC;

e) i flussi finanziari derivanti dall’attività di finanziamento non sono ade- guatamente specificati e ciò induce spesso in errore i redattori del ren- diconto finanziario, in particolare con riferimento ai movimenti di capi- tale proprio17.

Alla luce di tutte queste osservazioni, si propone l’adozione per gli ate- nei di uno schema di Rendiconto finanziario “rivisto” (si veda tabella 7) at- to a superare i limiti dello schema ministeriale e a fornire informazioni comprensibili e rilevanti agli utilizzatori del bilancio.

Per determinare il flusso finanziario derivante dall’attività operativa (A), si utilizza un metodo diretto “misto” evidenziando separatamente il flusso finan- ziario prima delle variazioni del capitale circolante netto, dalle variazioni del capitale circolante netto e dalle altre rettifiche tra cui sono ricompresi gli utiliz- zi dei fondi e i flussi estranei alla gestione operativa18.

16 Non a caso osservando i rendiconti finanziari 2018 degli atenei italiani ci si imbatte a volte in variazioni di tali voci collocate al di fuori delle variazioni di capitale circolante netto.

17 Dall’esame dei rendiconti finanziari 2018 degli atenei italiani emergono numerose evidenze di “flussi monetari” di capitale proprio costituite in realtà da variazioni di patrimo- nio netto che non generano alcuna variazione nelle disponibilità monetarie in quanto conse- guenti all’utilizzo delle riserve derivanti dalla contabilità finanziaria oppure all’applicazione di nuovi criteri di valutazione di alcune poste di bilancio.

18 In coerenza con le scelte effettuate in sede di riclassificazione del conto economico, i flussi finanziari relativi all’IRAP sul costo del personale, sulle collaborazioni e sulle altre fattispecie previste vanno ricondotti alla gestione operativa e non a quella tributaria.

(22)

Tabella 7 – Rendiconto finanziario per gli atenei “rivisto”

A. Flussi finanziari derivanti dall’attività operativa Proventi propri

Contributi in conto esercizio

Altri proventi operativi (esclusi utilizzi di riserve derivanti dalla contabilità finanziaria) (Costi del personale) (esclusa la quota d’esercizio del TFR)

(Costi della gestione corrente) (Oneri diversi di gestione)

1. Flusso finanziario prima delle variazioni del capitale circolante netto Variazioni del capitale circolante netto

Decremento/(incremento) delle rimanenze Decremento/(incremento) dei crediti Incremento/(decremento) dei debiti

Decremento/(incremento) dei ratei e risconti attivi Incremento/(decremento) dei ratei e risconti passivi Altre variazioni del capitale circolante netto

2. Flusso finanziario dopo le variazioni del capitale circolante netto Altre rettifiche

(Utilizzo dei fondi e del TFR) Proventi finanziari incassati (Oneri finanziari pagati) (Imposte sul reddito pagate) Altri incassi/(pagamenti)

Flusso finanziario dell’attività operativa (A)

B. Flussi finanziari derivanti dall’attività d’investimento

Investimenti in immobilizzazioni e attività finanziarie non immobilizzate (Immobilizzazioni materiali)

(Immobilizzazioni immateriali) (Immobilizzazioni finanziarie) (Attività finanziarie non immobilizzate)

Disinvestimenti di immobilizzazioni e di attività finanziarie non immobilizzate Immobilizzazioni materiali

Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni finanziarie

Attività finanziarie non immobilizzate

Flusso finanziario dell’attività d’investimento (B) C. Flussi finanziari derivanti dall’attività di finanziamento Mezzi di terzi

Accensione finanziamenti a medio-lungo termine (Rimborso finanziamenti a medio-lungo termine) Capitale proprio

Incremento monetario del fondo di dotazione Apporto da terzi di fondi monetari vincolati

Flusso finanziario dell’attività di finanziamento (C) Incremento/(decremento) delle disponibilità liquide (A ± B ±C) Disponibilità liquide all’inizio dell’esercizio

Disponibilità liquide alla fine dell’esercizio

(23)

In particolare, il flusso finanziario prima delle variazioni del capitale circo- lante individua il flusso monetario potenziale creato dall’attività operativa, mentre le variazioni del capitale circolante mostrano in che misura il flusso precedente sia stato “assorbito” o incrementato” per effetto della variazione delle diverse componenti del capitale circolante (crediti, rimanenze, debiti, ra- tei e risconti). La conoscenza di queste grandezze è importante per capire se, ad esempio, l’ateneo «è in grado attraverso la sua attività operativa di generare una sensibile produzione di entrate finanziarie, che però non vengono rese di- sponibili sotto il profilo monetario perché assorbite dall’espansione del capitale circolante netto» (Sostero e Santesso 2018:160). Invece, lo schema ministeria- le, adottando il metodo indiretto, presenta delle informazioni poco intellegibile e in parte fuorvianti. Ad esempio, poiché gli ammortamenti vengono sommati al risultato netto per determinare il Flusso monetario (cash flow) assorbi- to/generato dalla gestione corrente, si potrebbe indurre il lettore del rendiconto a credere che un aumento degli ammortamenti possa far crescere quel flusso monetario.

Per la corretta determinazione dei flussi dell’attività operativa, bisogna trattare opportunamente le fattispecie di ricavi non monetari riscontrabili nel contesto universitario (l’utilizzo di riserve derivanti dalla contabilità finanzia- ria, la quota di competenza dei contributi in conto capitale, i proventi derivanti da liberalità aventi per oggetto immobilizzazioni materiali ed immateriali).

Per determinare il flusso finanziario derivante dall’attività di investi- mento (B), si evidenziano separatamente investimenti e disinvestimenti rela- tivi alle immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie e alle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni. Per la corretta determi- nazione di tali flussi, bisogna trattare opportunamente le movimentazioni non monetarie tra le quali, frequenti nel contesto universitario, si segnalano l’acquisizione di immobilizzazioni tramite liberalità.

Per determinare il flusso finanziario derivante dall’attività di finanzia- mento (C), si evidenziano separatamente i flussi relativi a mezzi propri e a mezzi di terzi. Per i mezzi di terzi, rappresentati tipicamente da finanziamenti a medio-lungo termine, si propone di indicare separatamente le accensioni e i rimborsi19. Per i mezzi propri, escludendo di norma l’ipotesi di rimborsi di capitale, si prevedono due possibili fattispecie: eventuali apporti di mezzi monetari a titolo di fondo di dotazione da parte del soggetto portatore di inte- ressi istituzionali (lo Stato per le università pubbliche) e l’apporto di terzi di liberalità rappresentate da fondi monetari destinati ad investimenti con vinco-

19 Se fossero state attivate forme di finanziamento a breve sarebbe opportuno inserire un’apposita voce che riporta la loro variazione netta nell’esercizio.

Riferimenti

Documenti correlati

Rendiconto S Incidenza degli incassi delle entrate proprie sulle previsioni iniziali di parte corrente. 2.8 Incidenza degli incassi delle entrate proprie sulle previsioni

(tronco A12); tali crediti (pari a 729,7 milioni di euro al 31 dicembre 2020) sono relativi al valore degli investimenti autostradali non ammortizzati alla data di scadenza

La gestione di competenza esprime le risultanze contabili dell’esercizio, cioè la differenza tra gli accertamenti e gli impegni, a loro volta articolabili in una

L’esame del rendiconto oggetto della presente indagine, costituisce strumento di verifica ed analisi della gestione complessiva delle risorse dell’Ente in una prospettiva di

Il prospetto determina l’equilibrio complessivo di parte corrente che tiene conto anche degli effetti derivanti dalle variazioni degli accantonamenti di parte corrente effettuati

correnti dello Stato, della Regione e altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio di

Gli stanziamenti di spesa riguardanti il macroaggregato "Fondi per rimborso prestiti" non possono essere impegnati

Gli stanziamenti di spesa riguardanti il macroaggregato "Fondi per rimborso prestiti" non possono essere impegnati e pagati... 1) Indicatore 1.1 (Incidenza spese rigide