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L'Erba cattiva dell'informazione di Laura Boldrini

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Academic year: 2021

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Appendice

L'Erba cattiva dell'informazione di Laura Boldrini

“Egregio direttore, prendendo spunto dalla strage di Erba, le scrivo per sottoporle alcune riflessioni che nelle ultime settimane si impongono con particolare forza all'attenzione di chi si occupa di informazione e che sono state anche oggetto di un approfondito esame in seno all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), voluto dallo stesso Rappresentante per la regione del Mediterraneo, dott. Walter Irvine. La strage di Erba è stata un terribile eccidio, a prescindere da chi l'abbia commessa. Aggravato da ciò che ne è seguito: la caccia al tunisino, l'ostilità contro l'arabo, la pretesa che il male fosse estraneo alla comunità e quindi dovesse provenire dal di fuori”

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.

“ Sono emersi forti e alquanto inaspettati sentimenti di xenofobia e un sistema mediatico pronto a fare cassa di risonanza alle peggiori manifestazioni di odio. La strage di Erba, con il sacrificio di quattro vite, rappresenta sicuramente una lezione per quanti si sono precipitati a colpo sicuro a puntare l'indice contro «l'arabo spietato» ma deve anche poter essere l'inizio di un «new deal», un nuovo corso per l'informazione italiana. La frettolosa ricerca del colpevole, di un colpevole «perfetto», quasi costruito in laboratorio, deve indurre la stampa ad un'onesta e lucida autocritica che porti ad ammettere l'errore e ad evitare che si ripeta. Evitare, in altre parole, il diabolico perseverare. Nei giorni seguenti alla scoperta della verità che affrancava Azouz Marzouk dalla sua etichetta di mostro, tanti italiani hanno chiesto scusa al giovane tunisino. Questo ci ha un po' sollevato. Ma lo stesso atto di umiltà non è stato ancora compiuto dai mezzi di informazione, che non sembrano aver

«capitalizzato» questa significativa esperienza. Per l'Agenzia dell'Onu che ha il mandato di proteggere e assistere i rifugiati, spesso i più

1 Pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 1) nella sezione "Prima pagina" de L’Unità, 20 Gennaio 2007

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vulnerabili tra gli stranieri, sarebbe in questo momento utile e importante aprire un serio confronto sul ruolo e il comportamento della stampa in casi del genere. Un altro aspetto significativo del modo in cui in questi anni siamo stati abituati a seguire le notizie sull'immigrazione scaturisce dal linguaggio. Allarmistico e bellico, simile a quello usato nei conflitti, nelle contrapposizioni tra entità ostili. Le coste siciliane sono

«prese d'assalto», Lampedusa è «assediata», l'Italia «invasa» dagli extracomunitari, i centri d'accoglienza sono «al collasso», la gestione dell'immigrazione è «lotta ai clandestini» e il controllo delle frontiere diventa «difesa dei confini». Questa impostazione bellica, oltre a produrre un inquinamento linguistico, ha anche influenzato il modo di percepire il fenomeno e l'opinione pubblica ha profondamente assimilato un messaggio di pericolo e paura che ha indotto ampi strati della società a criminalizzare l'immigrazione. Tale situazione è ancor più amplificata quando si parla di immigrati arabi i quali vengono troppo spesso ritratti dai media italiani in collegamento con attività giudiziarie o nel contesto del terrorismo internazionale, come se, mutatis mutandis, gli italiani venissero prevalentemente rappresentati all'estero in processi di mafia.

Questa visione a senso unico che oscura l'apporto positivo che tante

persone immigrate danno ai vari settori della produzione, non solo è

limitante rispetto alla comprensione del fenomeno, ma è anche altamente

fuorviante e alimenta la già presente islamofobia, creando ulteriori

barriere alla conoscenza reciproca. Anche per quanto riguarda i rifugiati

le cose non vanno meglio. Intanto raramente i media fanno una

differenziazione terminologica tra rifugiato, richiedente asilo,

immigrato, extracomunitario, beneficiario di protezione umanitaria,

clandestino e profugo. Spesso questi termini vengono usati come

sinonimi, senza alcuna attenzione alla connotazione giuridica di ciascuna

parola. In questo caso, l'approssimazione genera confusione e

sicuramente non aiuta a creare un clima di empatia per rifugiati e

richiedenti asilo che, va ricordato, sono persone in fuga da persecuzioni e

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guerre e in quanto tali sono protetti dalla Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiati del 1951. Persone, va sempre ricordato, che non hanno scelta e che se potessero vivrebbero nei propri paesi in pace e dignità. La tutela che la stampa riserva ai minori - come prevede l'apposita Carta di Treviso - deve poter essere estesa anche a coloro che sono in pericolo e hanno chiesto e ottenuto protezione in Italia, i rifugiati appunto. Purtroppo invece, la negligenza riscontrata in questo ambito può portare anche a gravi conseguenze come quando i rifugiati o persone beneficiarie di protezione umanitaria vengono esposte dai media senza nessuna accortezza e precauzione, a volte con tanto di nome e cognome, immagini di primo piano e foto. Questo trattamento rende rintracciabile chi è fuggito da una persecuzione e espone anche i familiari rimasti a casa a possibili ritorsioni. Una riflessione quindi su come informare e comunicare tematiche cosi complesse e controverse è assolutamente necessaria per tentare di aggiustare la rotta. Una riflessione che chiami in causa deontologia professionale e capacità di leggere i cambiamenti interni alla società italiana in velocissima evoluzione. Non possiamo accettare una tale quotidiana distorsione come qualcosa di ineluttabile, legata alla logica dell'esemplificazione e della fruibilità della notizia. Né dovremmo tirarci indietro rispetto alle misure da mettere in campo per arginare i danni. A questo proposito vorrei anticiparle che l'Alto Commissariato, in collaborazione con docenti universitari e esperti dell'informazione, intende elaborare un documento la cui versione finale dovrebbe contenere anche il contributo imprescindibile della Federazione Nazionale della Stampa e dell'Ordine Nazionale dei Giornalisti.

L'auspicio è che, con l'adesione di tali organi, si possa giungere alla

condivisa stesura di una Carta, sul modello della Carta di Treviso a

tutela dei minori. Una sorta di codice deontologico che, fatto salvo il

diritto all'informazione, tratti gli immigrati come persone, a prescindere

dalla provenienza, e che favorisca un corretto utilizzo del linguaggio e

un'adeguata tutela di quanti hanno chiesto e ottenuto protezione in

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Italia. Mi auguro di trovare in lei un interlocutore disposto ad accogliere tali istanze di cambiamento e a prendere parte a tale progetto”.

*Portavoce Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati

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Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati,vittime della tratta e migranti. Protocollo d'intesa 13 giugno 2013

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, condividendo le preoccupazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) circa l’informazione concernente rifugiati, richiedenti asilo, vittime della tratta e migranti, richiamandosi ai dettati deontologici presenti nella Carta dei Doveri del giornalista - con particolare riguardo al dovere fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità e di non discriminare nessuno per la razza, la religione, il sesso, le condizioni fisiche e mentali e le opinioni politiche - ed ai princìpi contenuti nelle norme nazionali ed internazionali sul tema; riconfermando la particolare tutela nei confronti dei minori così come stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dai dettati deontologici della Carta di Treviso e del Vademecum aggiuntivo, invitano, in base al criterio deontologico fondamentale ‘del rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati’

contenuto nell’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine, i giornalisti italiani a:

osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana ed altrove e in particolare a:

2 Segue dalla Prima Pagina , pagina 26 , nella sezione “Commenti”, de L’Unità del 20 gennaio 2007

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a. Adottare termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore ed all’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri;

b. Evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. CNOG e FNSI richiamano l’attenzione di tutti i colleghi, e dei responsabili di redazione in particolare, sul danno che può essere arrecato da comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi ingiustificati, anche attraverso improprie associazioni di notizie, alle persone oggetto di notizia e servizio; e di riflesso alla credibilità della intera categoria dei giornalisti;

c. Tutelare i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità ed all’immagine che non consentano l’identificazione della persona, onde evitare di esporla a ritorsioni contro la stessa e i familiari, tanto da parte di autorità del paese di origine, che di entità non statali o di organizzazioni criminali. Inoltre, va tenuto presente che chi proviene da contesti socioculturali diversi, nei quali il ruolo dei mezzi di informazione è limitato e circoscritto, può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze dell’esposizione attraverso i media;

d. Interpellare, quando ciò sia possibile, esperti ed organizzazioni specializzate in materia, per poter fornire al pubblico l’informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni.

IMPEGNI DEI TRE SOGGETTI PROMOTORI

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i. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in collaborazione con i Consigli regionali dell’Ordine, le Associazioni regionali di Stampa e tutti gli altri organismi promotori della Carta, si propongono di inserire le problematiche relative a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti tra gli argomenti trattati nelle attività di formazione dei giornalisti, dalle scuole di giornalismo ai seminari per i praticanti. Il CNOG e la FNSI si impegnano altresì a promuovere periodicamente seminari di studio sulla rappresentazione di richiedenti asilo, rifugiati, vittime di tratta e migranti nell’informazione, sia stampata che radiofonica e televisiva.

ii. Il CNOG e la FNSI, d’intesa con l’UNHCR, promuovono l’istituzione di un Osservatorio autonomo ed indipendente che, insieme con istituti universitari e di ricerca e con altri possibili soggetti titolari di responsabilità pubbliche e private in materia, monitorizzi periodicamente l’evoluzione del modo di fare informazione su richiedenti asilo, rifugiati, vittime di tratta, migranti e minoranze con lo scopo di:

a) fornire analisi qualitative e quantitative dell’immagine di richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti nei mezzi d’informazione italiani ad enti di ricerca ed istituti universitari italiani ed europei nonché alle agenzie dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa che si occupano di discriminazione, xenofobia ed intolleranza;

b) offrire materiale di riflessione e di confronto ai Consigli regionali dell’Ordine dei Giornalisti, ai responsabili ed agli operatori della comunicazione e dell’informazione ed agli esperti del settore sullo stato delle cose e sulle tendenze in atto.

iii. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione

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Nazionale della Stampa Italiana si adopereranno per l’istituzione di premi speciali dedicati all’informazione sui richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime di tratta ed i migranti, sulla scorta della positiva esperienza rappresentata da analoghe iniziative a livello europeo ed internazionale.

Il documento è stato elaborato recependo i suggerimenti dei membri del Comitato scientifico, composto da rappresentanti di: Ministero dell’Interno, Ministero della Solidarietà sociale, UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) / Presidenza del Consiglio – Dipartimento per le Pari Opportunità, Università La Sapienza e Roma III, giornalisti italiani e stranieri.

ALLEGATO: GLOSSARIO

-Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente asilo ed ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione. Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti ‘flussi migratori misti’, composti, cioè, sia da migranti irregolari che da potenziali rifugiati.

- Un rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in

base alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, alla quale l’Italia ha

aderito insieme ad altri 143 Paesi. Nell’articolo 1 della Convenzione il

rifugiato viene definito come una persona che: ‘temendo a ragione di

essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità,

appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si

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trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese’. Lo status di rifugiato viene riconosciuto a chi può dimostrare una persecuzione individuale.

- Un beneficiario di protezione umanitaria è colui che - pur non rientrando nella definizione di ‘rifugiato’ ai sensi della Convenzione del 1951 poiché non sussiste una persecuzione individuale - necessita comunque di una forma di protezione in quanto, in caso di rimpatrio nel paese di origine, sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenze generalizzate e/o massicce violazioni dei diritti umani. In base alle direttive europee questo tipo di protezione viene definita ‘sussidiaria’. La maggior parte delle persone che sono riconosciute bisognose di protezione in Italia (oltre l’80% nel 2007) riceve un permesso di soggiorno per motivi umanitari anziché lo status di rifugiato.

-Una vittima della tratta è una persona che, a differenza dei migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’ s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.

-Un migrante/immigrato è colui che sceglie di lasciare volontariamente il

proprio paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni

economiche altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in

condizioni di sicurezza.

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-Un migrante irregolare, comunemente definito come ‘clandestino’, è colui che a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto ‘overstayer’); o c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento.

Traduzione in italiano del capitolo 7 “Raccomandazioni” del volume Getting the facts rights - Reporting Ethnicity & Religion- a Study of media coverage of ethnicity and religion in Denmark, France, Germany, Greece, Hungary, Italy, Lithuania,Slovakia and the United Kingdom, a cura di Verica Rupar, realizzato da Media Diversity Institute in partenariato con Article 19 e International Federation of Journalists (Belgium, 2012)

• Cosa può fare un giornalista?

• Approfondire la legislazione sull’anti-discriminazione

• Usare un approccio orientato al dialogo

• Usare una rete più ampia di fonti esperte

• Procurarsi informazioni sul contesto

• Studiare documenti pubblici (archivi, biblioteche, uffici pubblici)

• Intervistare persone competenti in materia

• Rappresentare le persone come singoli esseri umani piuttosto che come rappresentanti di un gruppo etnico o religioso

• Evitare le etichette negative

• Separare i fatti dalle opinioni, tenendo comunque quest’ultime in

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considerazione

• Cosa può fare un direttore?

• Organizzare una formazione interna per i giornalisti

• Invitare in redazione membri di gruppi etnici o religiosi

• Incoraggiare i giornalisti più esperti ad aiutare i più giovani in queste tematiche

• Dare spazio a pratiche di buon giornalismo

• Creare in redazione una cultura della tolleranza

• Pensare insieme al dipartimento risorse umane come introdurre la diversità in redazione

• Incoraggiare l’adozione di linee guida editoriali interne laddove non ci siano

• Cosa si aspetta un giornalista dalle associazioni?

• Aggiornamenti regolari sulle loro attività in materia

• Opinioni professionali in materia per dibattiti pubblici

• Aiuto nell’ottenere informazioni sul contesto

• Aiuto nel trovare le fonti

• Fungere da gruppo di esperti per i temi più controversi

• Fornire spunti per affrontare tematiche che riguardano gruppi etnici o religiosi

• Cosa si aspetta un giornalista dalle università?

• Sviluppo di un giornalismo inclusivo

• Organizzazione di più formazione post-universitaria per giornalisti

• Introduzione di moduli e corsi sull’etica del giornalismo se non sono presenti

• Cosa possono fare gli ordini e i sindacati dei giornalisti?

• Adottare e promuovere un codice etico per i giornalisti

• Organizzare formazioni e seminari per giornalisti sui temi della tolleranza, religione, politiche di sicurezza, diritti delle minoranze e rappresentazione dei gruppi vulnerabili

• Creare un organismo di parità o un gruppo di lavoro all’interno del sindacato per trattare queste tematiche.

Il National Union of Journalists of the United Kingdom and Ireland (il sindacato dei giornalisti del Regno Unito e dell’Irlanda) ha creato un Black Members’ Council per promuovere una campagna per l’uguaglianza razziale nel sindacato e nei luoghi di lavoro e contrastare il razzismo nei media.

• Sviluppare linee guida sulla rappresentazione di minoranze,

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immigrazione e religione

• Sviluppare un codice di condotta specifico sulla rappresentazione di minoranze, immigrazione e religione. Nel 2008 la Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha promosso la Carta di Roma, un codice di condotta sulla rappresentazione di richiedenti asilo, rifugiati, vittime di tratta e immigrati nei media

• Dare il via a campagne e dibattiti tra giornalisti, sindacati, editori e società civile

• Inserire una clausola di riserva morale (conscience clause) anche per i contratti collettivi dei giornalisti

• Costruire un dialogo con i gruppi editoriali per difendere un giornalismo etico e di qualità

• Valutare se stabilire un Comitato Stampa (Press Council) o, se già esistente, capirne il valore

• Incoraggiare il dibattito pubblico sul lavoro dei giornalisti e , per esempio, sulla copertura mediatica di notizie legate alla tolleranza, religione, politiche di sicurezza, diritti delle minoranze e dei gruppi vulnerabili

• Istituire una Commissione Etica per discutere dei casi specifici e rivedere

il codice etico. Il sindacato dei giornalisti lituani ha creato una

Commissione Etica per discutere di casi in cui si sia infranto il codice etico

e per riesaminare quest’ultimo regolarmente

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