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Capitolo 1. Valutazione angiografica della perfusione miocardica.

- TIMI flow grades e corrected TIMI frame-count: pagina 2.

- TIMI Myocardial Perfusion Grades e Myocardial Blush Grade: pagina 5.

Capitolo 2. Studio Doppler invasivo della riserva coronarica: pagina 15.

- Materiali utilizzati: pagina 18.

- Coronary flow velocity reserve: pagina 21.

Capitolo 3. Valutazione angiografica della perfusione miocardica mediante QuBE score e confronto con coronary flow reserve.

- Premessa: pagina 25.

- Obiettivi: pagina 29.

- Popolazione dello studio: pagina 30.

- Metodi: pagina 31.

- Analisi statistica: pagina 33.

- Risultati: pagina 33.

- Discussione: pagina 44.

Bibliografia: pagina 49.

(2)

Valutazione angiografica della perfusione miocardica

TIMI-flow Grades e corrected Timi Frame Count

Diversi metodi angiografici sono stati sviluppati per la valutazione della riperfusione

del miocardio dopo angioplastica primaria nell’ infarto miocardico acuto con

sopraslivellamento del tratto ST (STEMI). Tali metodiche, basate sulla cinetica di

penetrazione e di lavaggio del mezzo di contrasto dal tessuto miocardico (aumento

del grado di opacizzazione o “blush”), sono state messe a punto e testate da due

diversi gruppi di ricercatori [1, 2], e dopo allora ampiamente usate in numerosi trials

clinici. L’obiettivo principale di un intervento coronarico percutaneo in corso di

STEMI è il raggiungimento della riperfusione tessutale, e non solo la ricanalizzazione

angiografica del vaso colpevole. In più del 30% dei casi di STEMI, d’altra parte, la

compromissione della funzione microcircolatoria può persistere anche dopo

ricanalizzazione efficace dell’arteria coronaria epicardica. Questo fenomeno è noto

come “no-reflow”[3]. La valutazione visuale della velocità di progressione

anterograda del mezzo di contrasto nel vaso culprit, prima e dopo angioplastica

(PCI), è comunemente eseguita usando la gradazione “TIMI”[4] (tabella 1). La

presenza di un flusso TIMI < 2 posptocedurale, in assenza di spasmo, dissezione,

stenosi o trombo, suggerisce fortemente la diagnosi di no-reflow[5].

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Tabella 1. Classificazione del flusso coronarico in gradi “TIMI”.

Esiste una chiara associazione tra ridotto flusso TIMI e aumento della mortalità [6]. Il

giudizio visuale del flusso TIMI, d’altra parte, è limitato dalla considerevole

variabilità tra gli osservatori, dalla sua natura categorica e dalla possibilità di flusso

anormale in vasi non colpevoli (utilizzati come riferimento per assegnare il flusso nel

vaso “culprit” a una categoria TIMI). Inoltre, l’associazione del flusso TIMI con la

mortalità è viziata dal fatto che gran parte dei casi di flusso TIMI-2 sono osservati nel

(4)

territorio dell’ arteria discendente anteriore, mentre gran parte dei casi di flusso TIMI-3 si registrano nel territorio della coronaria destra [7].

Per ovviare a tali limitazioni, è stato introdotto un indice quantitativo e continuo : il corrected Timi Frame Count (cTFC)[8].

Tale parametro si basa sul numero di cine-frames che il contrasto impiega per raggiungere alcuni segmenti coronarici standardizzati e predefiniti, fornendo una misura temporale, aggiustata per la lunghezza del vaso, della progressione del mezzo di contrasto (figura 1). Il cTFC è un parametro quantitativo ed oggettivo, e ha dimostrato ottima riproducibilità.

D’altra parte, sia la classificazione TIMI che il cTFC sono misure indirette del flusso e

della pervietà anatomica del microcircolo coronarico, che rappresentano gli obiettivi

finali della terapia riperfusiva.

(5)

Figura 1. Corrected Timi Frame Count (Gibson et al.; Circulation 2004, 109:3096-3105)

TIMI-Myocardial Perfusion Grade e Myocardial Blush Grade

La perfusione miocardica può essere valutata con l’angiografia. Il sistema “Timi Myocardial Perfusion Grade” (TMPG) adotta 4 gradi di perfusione (figura 2):

- TMPG 0: opacizzazione tessutale assente o minima

- TMPG 1: il mezzo di contrasto ristagna nel miocardio, e l’impregnazione resta sostanzialmente invariata all’inizio della iniezione successiva

- TMPG 2: il mezzo di contrasto penetra il tessuto ma ne viene lavato

lentamente, per cui è ancora fortemente persistente al termine della

iniezione

(6)

- TMPG 3: normali wash-in e wash-out del mezzo di contrasto dal tessuto miocardico

Figura 2: Timi Myocardial Perfusion Grades: classificazione e prognosi (Gibson et al.; Circulation 2004, 109:3096-3105)

Un altro metodo di valutazione della perfusione miocardica è il myocardial blush

grade (MBG), sviluppato da van’t Hof et al [1]. Il blush è un metodo densitometrico

che valuta la massima intensità di opacizzazione del tessuto miocardico da parte del

mezzo di contrasto. Il gruppo di van’t Hof sviluppò lo score basandosi su pazienti

sottoposti ad angioplastica primaria (pPCI) per STEMI.

(7)

- MBG 0/1: assente o minima opacizzazione del miocardio nel territorio di distribuzione del vaso culprit; opacizzazione con ristagno del mdc

- MBG 2: opacizzazione miocardica di intensità moderata, ma di intensità minore rispetto a quella ottenuta durante l’angiografia di un’arteria contro laterale o di un’arteria ipsilaterale non-culprit;

- MBG 3: normale opacizzazione miocardica, paragonabile a quella ottenuta durante angiografia di un’arteria controlaterale o di un’arteria ipsilaterale non-culprit.

Quando i due diversi metodi di valutazione della perfusione miocardica sono messi a confronto, i gradi 0 (opacizzazione assente) e 3 (opacizzazione normale) sono uguali nel TMPG e nel MBG. I gradi intermedi sono invece classificati in modo diverso:

TMPG 1 (che indica persistenza del mezzo di contrasto) è incluso nel valore 0 di MBG, mentre un MBG 1 o 2 (ridotta opacizzazione tessutale) corrisponde a un valore di 0.5 nella classificazione TMPG estesa. In sintesi, una perfusione miocardica normale è classificata di grado 3 in entrambi i metodi, e così il “muscolo chiuso”

(privo di irrorazione capillare) ha perfusione di grado 0 in entrambe le classificazioni.

Indipendentemente dal flusso epicardico e da altre variabili (età, frequenza cardiaca,

pressione arteriosa), il TMPG ha dimostrato di essere un potente predittore di

mortalità a lungo termine nei pazienti colpiti da STEMI [9]. Nonostante il

raggiungimento di un flusso TIMI ottimale dopo pPCI, i pazienti il cui microcircolo a

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valle dell’arteria ricanalizzata resta ostruito (TMPG 0/1) hanno un incremento di mortalità a 2 anni pari a 7 volte rispetto ai pazienti con TIMI 3 e microcircolo riperfuso (TMPG 3).

In maniera del tutto analoga, il myocardial blush ha dimostrato di identificare pazienti a diversa prognosi dopo pPCI, sia nel breve che nel lungo termine [1, 10]

(figura 3). L’associazione tra durata prolungata dei sintomi prima della

rivascolarizzazione nello STEMI con outcomes clinici ed angiografici peggiori ha dato

vita alla frase “il tempo è miocardio”. Tale associazione è stata dimostrata sia con

l’angioplastica primaria che con la fibrinolisi [11]. Inoltre, un pattern angiografico di

scarsa perfusione tessutale (MBG 0-1) è stato associato a maggiore pressione

telediastolica ventricolare e a più frequente presentazione con sintomi e segni di

scompenso alla presentazione [12]. E’ stato quindi postulato (parafrasando una

celebre novella di George Orwell) che “alcuni pazienti con flusso TIMI 3 sono più

uguali di altri pazienti con flusso TIMI 3”. D’altra parte, i soggetti che mostrano MBG

0-1 dopo angioplastica primaria, alla coronarografia diagnostica hanno meno

frequentemente flusso TIMI 3. I pazienti con MBG 0-1 postprocedurale hanno

maggiore incremento dei markers di necrosi miocardica, più bassa frazione di

eiezione, mortalità più alta, incidenza di MACE più alta e una drammatica riduzione

della sopravvivenza nel lungo termine.

(9)

Figura 3. Correlazione tra myocardial blush grade e sopravvivenza a lungo termine in pazienti con flusso TIMI 3 dopo angioplastica primaria per STEMI (Henriques et al.; Circulation 2003, 107:2115- 2119).

Nonostante la valutazione visuale della riperfusione tessutale sia stata adottata con

successo per la stratificazione del rischio, e come endpoint surrogato in trial clinici,

importanti limitazioni possono limitare l’utilizzo esteso di questa misura. Un corretto

giudizio visivo richiede un osservatore esperto, e ciò si associa a notevole variabilità

e a una limitata riproducibilità [13]. E’ stato quindi ipotizzato che un’analisi

computerizzata della riperfusione miocardica sull’angiogramma digitale potrebbe

essere fattibile e applicabile nella pratica clinica, riducendo la variabilità

(10)

osservatore-dipendente. Questa ipotesi è stata testata nei pazienti arruolati nello studio TAPAS sulla tromboaspirazione manuale nell’infarto miocardico acuto, mediante l’utilizzo del software “QuBE (Quantitative Blush Evaluator)”[14, 15]. Tale software (i cui dettagli tecnici saranno descritti più avanti) offre una analisi oggettiva della cinetica di ingresso e di lavaggio del mezzo di contrasto dal territorio a valle dell’arteria responsabile di infarto e sottoposta a ricanalizzazione, mediante misura della scala dei grigi [16]. La misura della perfusione miocardica è espressa dal software in unità arbitrarie, suddivise in terzili: 0-10 (corrispondente a MBG 0-1), 11- 15 (corrispondente a MBG 2), > 15 (corrispondente a MBG 3). La quantificazione della perfusione tessutale dopo pPCI ha dimostrato buona correlazione con la valutazione visuale del blush, con la risoluzione del segmento ST, con l’infarct size e la sopravvivenza a un anno [16]. I valori QuBE, inoltre, hanno dimostrato di correlare inversamente con la presenza e l’estensione di ostruzione microvascolare valutata mediante risonanza magnetica [17].

Il metodo QuBE è un sistema pratico ed efficace per quantificare la perfusione

miocardica. Nonostante tecniche più sofisticate (come la risonanza magnetica da

perfusione[18]) forniscano stime di perfusione più esatte, allo stesso tempo

richiedono ulteriori (e costose) sedute diagnostiche, per cui sono difficilmente

applicabili in trial clinici di larga scala. Prima di effettuare l’acquisizione angiografica

che sarà poi utilizzata per l’analisi computerizzata, l’operatore deve scegliere la

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proiezione più adatta (senza sovrapposizione di più territori vascolari, isolando la regione miocardica irrorata dal vaso interessato) e semplicemente chiedere al paziente di non trattenere il respiro e non muoversi per pochi secondi.

Il metodo presenta alcune limitazioni e zone d’ombra, nonostante la riproducibilità intra- e interosservatore si sia rivelata alta (figura 4). Non sappiamo quanto il valore finale QuBE sia dipendente dal tipo di angiografo utilizzato per l’acquisizione, e se fattori come frequenza cardiaca, quantità e velocità del contrasto iniettato, massa corporea del paziente e quantità di nitrati somministrati influenzino l’esito finale dell’analisi. Tali parametri hanno dimostrato di influenzare un importante parametro di misura del flusso epicardico come il cTFC [19].

Figura 4. Concordanza degli score QuBE di 30 angiogrammi valutati due volte dallo stesso osservatore (pannello a sinistra) e due volte da differenti osservatori (pannello a destra) (Vogelzang et. Al; European Heart Journal (2009) 30, 594–599)

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Figura 5. Angiografia selettiva sinistra in proiezione obliqua anteriore destra. All’interno della linea

blu è contenuta una evidente area di opacizzazione tessutale (“blush”) a carico prevalentemente del setto interventricolare e della parete anteriore del ventricolo sinistro, corrispondente al territorio vascolarizzato dall’arteria interventricolare anteriore.

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Figura 6. Calcolo quantitativo della opacizzazione miocardica mediante software QuBE. Pannello di

sinistra: acquisizione angiografica in proiezione obliqua anteriore sinistra craniale. Il file DICOM viene caricato sul software. Si traccia manualmente un poligono corrispondente alla porzione di miocardio irrorata dall’arteria circonflessa. Pannello di destra: curva (in rosso) rappresentante la cinetica di penetrazione del mezzo di contrasto nel tessuto irrorato dalla circonflessa e il suo lavaggio. L’andamento fasico della curva corrisponde ai cicli sistole-diastole. Il numero di frames è rappresentato sull’asse delle ascisse, mentre le unità arbitrarie sono sull’asse delle ordinate. Il punteggio QuBE è pari a 26.8, che corrisponde quindi a buona opacizzazione. Il blush era stato stimato pari a 3 (buona correlazione tra i due metodi). Si noti inoltre, dall’analisi della curva, che anche la fase di dismissione del mezzo di contrasto dal tessuto avviene velocemente (rapido wash- out del mezzo di contrasto).

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Figura 7. Valutazione del punteggio QuBE sul territorio irrorato dall’arteria interventricolare

anteriore. La proiezione scelta è adeguata (obliqua anteriore sinistra 60˚), ottenendo la completa separazione dei due rami della coronaria sinistra e la assenza di sovrapposizione tra i territori dell’interventricolare anteriore e della circonflessa. L’ acquisizione è stata però effettuata senza chiedere alla paziente di inspirare e trattenere il respiro, per cui l’emidiaframma destro si sovrappone ai tratti medio e apicale dell’IVA, compromettendo l’analisi quantitativa dell’opacizzazione.

(15)

Studio Doppler invasivo della riserva coronarica (Coronary Flow Reserve)

Tecniche basate sull’effetto Doppler, ai fini di studiare il flusso coronarico, sono state sviluppate più di 40 anni fa, mediante l’utilizzo di cateteri intravascolari [20]. La prima misurazione della velocità del flusso coronarico venne eseguita nel 1971 da Benchimol [21], mediante l’avanzamento di un catetere 6F o 7F, dotato di un sensore distale, all’interno dell’ostio coronarico destro o sinistro. Benchè l’attrezzatura fosse effettivamente rudimentale rispetto agli standard attuali, quei ricercatori riuscirono efficacemente a ottenere registrazioni della velocità di flusso coronarico in pazienti coscienti, concludendo: ”Benchè ulteriori esperienze siano necessarie ai fini di valutare la reale utilità di questa metodica nello studio del circolo coronarico nell’uomo, sembra che, almeno in alcuni pazienti, alcune informazioni molto utili possono essere estrapolate da tali misurazioni.” La storia ha poi dimostrato che Benchimol aveva ragione.

Il design dei cateteri e la strumentazione sono andati incontro a significativi

miglioramenti negli anni successivi. L’introduzione di attrezzature con Doppler

pulsato consentì l’uso di un singolo cristallo, permettendo la miniaturizzazione della

punta del catetere [22]. Il posizionemento subselettivo in rami coronarici diventò

possibile solo dopo la messa a punto di cateteri intracoronarici 3F e di guidine

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coronariche direzionabili dotate di sensore Doppler distale. L’utilizzo del primo catetere intracoronarico direzionabile con guidina separata avvenne nel 1976 ad opera di Sibley [23]. Doucette et al. per primi riportarono l’utilizzo di una guidina coronarica 0.018 inch con estremità distale Doppler nel 1990 [24], segnando l’inizio di una nuova epoca nello studio della fisiologia coronarica nel laboratorio di cateterismo cardiaco.

Il sistema Doppler pulsato comunemente utilizzato per la misurazione della velocità di flusso coronarico è illustrato in figura 1. Un singolo cristallo piezoelettrico, situato all’estremità distale della guidina 0.014, funge sia da trasmettitore che da erogatore del segnale ultrasonoro (12 o 15 MHz), che eviene emesso in brevi bursts.

Figura 1. Le onde ultrasonore trasmesse dalla sonda vengono riflesse dai globuli rossi circolanti e ricevute dal trasduttore. Una console esterna riceve questa informazione e la converte in una misura di velocità, espressa in cm/sec.

(17)

Le onde trasmesse si propagano nel sangue e vengono riflesse dai globuli rossi

contenuti all’interno del volume campione. In accordo con la equazione Doppler

riportata in figura 1, le eco degli eritrociti che si allontanano dal trasduttore,

ritornano verso di esso a frequenza minore: questa differenza di frequenza

rappresenta il “Doppler shift”, che viene captato dalla strumentazione. Per un

angolo fisso della punta della guida con il flusso sanguigno, e con una frequenza di

trasmissione costante, il “Doppler shift” è direttamente proporzionale alla velocità

all’interno del volume campione. La velocità viene espressa in cm/s. Per un angolo di

20˚, l’errore non eccede il 6%. Dato che il volume campione contiene un grande

numero di eritrociti sparsi all’interno di esso, il segnale del “Doppler shift”contiene

uno spettro di frequenze che costituiscono il range di velocità alle quali i globuli rossi

viaggiano. La console quindi fornisce un display con gradazioni di grigio, nel quale

sono rappresentate le componenti di frequenza del segnale Doppler (convertite in

velocità), la loro intensità relativa (che rappresenta il numero relativo di eritrociti

che si muovono all’interno di un certo range di velocità), e la loro variazione nel

tempo (figura 2). Insieme al segnale audio dello spettro ricevuto, il display fornisce

un feedback immediato all’operatore riguardo alla qualità del segnale

intracoronarico ottenuto.

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Figura 2. Tipico spettro Doppler ottenuto con guidina coronarica. Il pannello di sinistra mostra una stampa video di un apparecchio analogico. Il pannello di sinistra proviene da un apparecchio digitale, e mostra una qualità dello spettro Doppler più bassa.

Materiali utilizzati

Una tipica guidina coronarica 0.014 inch (Flowire, Volcano Corp., San Diego, CA, USA, figura 3) è dotata di un cristallo piezoelettrico 12 MHz sulla sua estremità distale, che emette un fascio ultrasonoro capace di campionare un volume campione relativamente grande (fino a 5 mm prossimalmente alla punta) .

Figura 3. Guidina coronarica con trasduttore Doppler distale. Volcano Therapeutics, Inc.

(19)

L’ampio fascio ultrasonoro permette l’insonazione di un’area relativamente ampia nel vaso di interesse, campionando un’ampia porzione del flusso. La console calcola la “Average Peak Velocity (APV)”, data dalla media temporale delle velocità istantanee di picco del battito o dei due battiti precedenti.

La qualità del segnale di velocità acquisito dipende criticamente dal corretto

posizionamento della punta della guida all’interno del flusso sanguigno. Una

acquisizione Doppler di scarsa qualità può verificarsi nel 10-15% dei pazienti. Per

ovviare al problema, l’operatore deve manipolare la guida finchè non viene

raggiunta una posizione stabile, che è quella in cui il volume campione comprende la

massima “cross-sectional velocity (figura 4)”. Le misurazioni migliori sono

generalmente ottenute in vasi non tortuosi, con flusso laminare, che presentano un

profilo parabolico della velocità, con la velocità massima nel centro del vaso. Ovvii

problemi insorgono come conseguenza del movimento dei vasi stessi durante la

contrazione cardiaca. Rami coronarici curvi, tortuosi e irregolari possono fornire

profili di velocità asimmetrici, così come il campionamento in prossimità di

biforcazioni e anastomosi e il campionamento distale a stenosi critiche. Inoltre, la

presenza stessa della guida può compromettere di per sé il profilo di velocità. In un

recente studio [25], una flow wire posizionata centralmente (dunque in teoria

correttamente) era causa di interferenza sfavorevole, poiché la presenza stessa della

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guida determinava una caduta al centro del profilo di velocità, esattamente in prossimità della punta della guida.

Figura 4. Spettro Doppler rappresentante la velocità di flusso coronarico all’ interno del volume campione. A: un segnale di buona qualità è ottenuto quando il volume campione giace nel centro del vaso. B: se il volume-campione non è al centro del vaso, il segnale è “sporco” e un suono di

“tonfo” viene in genere udito in sistole, in seguito all’interferenza della parete vasale.

Inoltre, una posizione vicina al centro del vaso, ma non esattamente centrale, con la

punta della guida leggermente piegata, tende a ridurre l’ errore di di

campionamento della velocità del 5% [26]. “Flippare” la guida in modo tale che il

sensore “guardi indietro” all’interno del vaso può a volte migliorare la qualità del

segnale, stabilizzandolo.

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Le complicanze delle misurazioni Doppler intracoronariche sono molto rare, e includono spasmo (2%) o bradicardia transitoria (1.7%) e intrappolamento della guida tra parete e stent [27].

Coronary flow velocity reserve (CFVR)

La riserva di flusso coronarico (“coronary flow reserve” - CFR) è data dal rapporto tra flusso medio in condizioni di iperemia massimale e flusso medio a riposo [28, 29].

Nella pratica clinica, si misura la velocità di flusso mediante Doppler intracoronarico, piuttosto che misurare il flusso assoluto, ragion per cui il parametro più comunemente usato è la coronary flow velocity reserve (CFVR), data dal rapporto tra velocità media al picco (in condizioni di iperemia massimale) e velocità media di picco in condizioni di riposo.

Edited by “Coronary stenosis, imaging, structure and physiology”; Eurointervention Textbook Series.

La misurazione della velocità di flusso, piuttosto che del volume, ha il vantaggio di

essere meno dipendente dalla massa di miocardio perfusa. Inoltre, l’ingresso di

parte del flusso nei rami collaterali ovviamente riduce il volume di flusso, mentre la

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velocità del flusso sanguigno ha dimostrato di essere notevolmente più costante lungo i grossi rami coronarici epicardici, quando questi sono sani [30]. In arterie malate, il rapporto tra velocità prossimale e velocità distale è stato proposto come indice di severità della stenosi, ma ha dimostrato scarsa affidabilità [31].

Valori di CFVR fino a 4.5 ± 0.7 sono stati riportati in maschi sani. Valori normali in arterie coronariche non malate di soggetti con fattori di rischio per coronaropatia variano da 2.4 a 3.9, con una media di 2.7 ± 0.6. Il valore della soglia ischemica è <

2.0 [32].

Indipendentemente dallo stato del circolo coronarico, alcuni fattori possono influenzare direttamente la CFVR, modificando il flusso coronarico a riposo in condizioni di iperemia.

1) L’aumento della frequenza cardiaca (per esempio mediante pacing atriale 100- 120 ipm) aumenta la velocità del flusso coronarico a riposo, mentre lascia inalterata la velocità del flusso in condizioni di iperemia dopo adenosina: l’effetto complessivo dell’aumento della frequenza cardiaca è la riduzione della CFVR [33].

2) L’ aumento della pressione arteriosa sistemica mediante handgrip determina

aumento della velocità del flusso coronarico sia a riposo che durante iperemia

massimale. L’ incremento del flusso coronarico a riposo e iperemico è

proporzionato, per cui la CFVR non varia [33].

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3) L’ incremento rapido del precarico ventricolare, ottenuto per esempio mediante infusione rapida di liquidi, aumenta il flusso coronarico a riposo, mentre non modifica significativamente il flusso in condizioni di iperemia, per cui la CFVR è ridotta significativamente [33].

4) Alcuni agenti farmacologici possono modificare la CFVR. Beta bloccanti selettivi, come il metoprololo, hanno dimostrato di aumentare la CFVR mediante un incremento del flusso coronarico in condizioni di iperemia, lasciando invece inalterato il flusso a riposo. I beta-bloccanti non selettivi, invece, possono ridurre la CFVR mediante aumento delle resistenze coronariche, dovuto alla prevalenza relativa del tono alfa-adrenergico [34].

Bisogna inoltre tenere presente che la CFVR non è uniformemente distribuita attraverso la parete miocardica, e che una profonda eterogeneità regionale esiste per il flusso miocardico sia basale che iperemico [35-37]. Inoltre, la riduzione del flusso distalmente a una stenosi è più pronunciata a livello del subendocardio, rispetto al subepicardio [38].

Le misurazioni basate esclusivamente sulla pressione intracoronarica non sono utili

nel determinare la funzione microvascolare in pazienti che non hanno stenosi

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epicardiche, poiché in assenza di un gradiente pressorio le informazioni ottenibili sono scarse.

La misura della CFVR, invece, gioca un ruolo fondamentale in soggetti con angina e

coronarie indenni da stenosi [39, 40], riflettendo la capacità funzionale dei piccoli

vasi di resistenza di rispondere agli stimoli vasodilatatori.

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VALUTAZIONE ANGIOGRAFICA DELLA PERFUSIONE MIOCARDICA MEDIANTE QuBE SCORE IN SOGGETTI CON CORONARIE INDENNI E CONFRONTO CON CORONARY FLOW RESERVE

Premessa

Il myocardial blush grade ha ampiamente dimostrato di essere un parametro affidabile di efficace riperfusione miocardica dopo angioplastica primaria nell’infarto con sopraslivellamento del tratto ST [1, 41-43], dando consistenza al concetto che la semplice ricanalizzazione di un’arteria occlusa costituisce solo una parte (e, forse, la meno difficile da ottenere) di un intervento coronarico percutaneo nel paziente con STEMI. Gli Autori di tali studi pionieristici sulla valutazione angiografica della riperfusione del tessuto miocardico affermarono che: ”Some TIMI-3 flow patients are more equal than other TIMI-3 flow patients.”

Gli esiti clinici postprocedurali, intraospedalieri e di follow-up, nel breve e nel lungo

periodo, nonché la funzione ventricolare sinistra e l’infarct size, sono

profondamente affetti dall’esito della riperfusione miocardica [7, 10], che è

valutabile dagli stessi operatori, al termine della procedura di rivascolarizzazione,

effettuando una cineangiografia sufficientemente prolungata da visualizzare (in una

proiezione angiografica adeguata, che eviti la sovrapposizione di più territori

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vascolari) l’ingresso del mezzo di contrasto nella regione miocardica irrorata dal vaso

culprit e il suo lavaggio venoso. La classificazione del myocardial blush grade (MBG)

nei gradi 0-1-2-3¹ (con riperfusione veramente adeguata solo nel grado 3) è soggettiva e si affida alla esperienza dell’osservatore [13].

Riconosciuta la validità del metodo, tanto più attraente perché di facile esecuzione e virtualmente privo di costi, la comunità scientifica ha iniziato a porsi l’obiettivo di superarne (o quantomeno ridurne) i limiti rappresentati dalla variabilità inter- e intraosservatore [7, 13].

Alcuni degli Autori dello studio “TAPAS” [14, 15], che ha testato l’efficacia della tromboaspirazione con catetere manuale in pazienti con STEMI, mediante la valutazione di parametri clinici (risoluzione del sopraslivellamentto del tratto ST, mortalità e MACE a 30 giorni) e angiografici (MBG postprocedurale), hanno messo a punto un software denominato “QuBE” (Quantitative Blush Evaluator).

Si tratta di un programma open source, utilizzabile gratuitamente e disponibile in rete al sito

http://qube.sourceforge.net/, dove è disponibile un tutore elettronico

per la guida all’uso.

Nota¹: Si rimanda al primo capitolo per la definizione in gradi del myocardial blush

(27)

QuBE offre una analisi oggettiva della cinetica di ingresso e di lavaggio del mezzo di contrasto dal territorio a valle dell’arteria responsabile di infarto e sottoposta a ricanalizzazione, mediante misura della scala dei grigi [16]. Il programma analizza la cineangiografia prolungata (in formato DICOM), ottenuta in una proiezione adeguata (tale da non determinare la sovrapposizione di territori vascolari sulla regione miocardica irrorata dal vaso colpevole), fornendo un grafico che rappresenta sull’asse delle ascisse il numero di cine-frames, e sull’asse delle ordinate le unità arbitrarie di intensità. Ne risulta quindi una curva con andamento fasico (corrispondente ai cicli sistole-diastole) che fornisce l’intensità della opacizzazione del miocardio interessato frame-by-frame. Il punteggio finale (“Qube Score”) è dunque funzione non solo della massima intensità di opacizzazione raggiunta, ma anche della cinetica di ingresso e di lavaggio del mezzo di contrasto dal tessuto miocardico.

QuBE fornisce una valutazione oggettiva, quando correttamente effettuata, del pattern di opacizzazione e lavaggio del mezzo di contrasto da una zona di miocardio situata a valle di un vaso responsabile di infarto.

La misura della perfusione miocardica è espressa dal software in unità arbitrarie,

suddivise in terzili (figura 1): 0-10 (corrispondente a MBG 0-1), 11-15

(corrispondente a MBG 2), > 15 (corrispondente a MBG 3). La quantificazione della

perfusione tessutale con QuBE dopo pPCI ha dimostrato buona correlazione con la

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valutazione visuale del blush, con la risoluzione del segmento ST, con l’infarct size e la sopravvivenza a un anno [16, 17].

Il metodo presenta alcune limitazioni e zone d’ombra, nonostante la riproducibilità intra- e interosservatore si sia rivelata alta. Non sappiamo quanto il valore finale QuBE sia dipendente dal tipo di angiografo utilizzato per l’acquisizione, e se fattori come frequenza cardiaca, quantità e velocità del contrasto iniettato, massa corporea del paziente e quantità di nitrati somministrati influenzino l’esito finale dell’analisi.

Figura 1. QuBE Score ottenuto in proiezione obliqua anteriore destra nel territorio di irrorazione della coronaria destra. Si noti come il picco di opacizzazione in unità arbitrarie (in questo caso pari a 17) non corrisponda al punteggio finale (21.3): il programma tiene conto non solo della intensità massima raggiunta, ma anche della cinetica di ingresso e lavaggio del mezzo di contrasto dal territorio interessato.

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Obiettivi

L’obiettivo principale dello studio è quello di valutare la eventuale correlazione tra il pattern di opacizzazione di un territorio vascolare, valutato in maniera oggettiva mediante software QuBE, nel soggetto con coronarie indenni e in condizioni di stabilità emodinamica, e un parametro funzionale, rappresentato dalla Coronary Flow Velocity Reserve (CFVR).

Gli obiettivi secondari dello studio sono:

- valutare la eventuale esistenza di correlazione tra QuBE score e Average Peak Velocity in condizioni basali (APV bas)

- valutare la eventuale esistenza di correlazione tra QuBE score e differenza di intensità tra picco di opacizzazione e livello basale (Delta Picco-Fondo)

- valutare la eventuale esistenza di correlazione tra QuBE score e tempo di dimezzamento (espresso in secondi) del picco di opacizzazione (T/2)

- valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra APV basale e coronary flow velocity reserve (CFVR)

- valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra Delta Picco-fondo (Delta P- F) e APV bas

- valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra Delta P-F e APV in

condizioni di iperemia (APV peak)

(30)

- valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra T/2 del picco di intensità e APV bas

- valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra Delta P-F e T/2 - valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra Delta P-F e CFVR - valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra T/2 e CFVR - valuatare la eventuale esistenza di correlazione tra T/2 e APV picco

- valutazione del QuBE score in diverse sottopopolazioni di pazienti: diabetici, anginosi, affetti da valvulopatia severa, affetti da ipertrofia ventricolare sinistra.

Popolazione dello studio

Sono inclusi nello studio pazienti con coronarie indenni da stenosi critiche. Sono stati esclusi i pazienti con stenosi coronariche significative; precedentemente sottoposti a impianto di stent o ad angioplastica coronarica con palloncino;

precedentemente sottoposti a bypass coronarico, pazienti in condizioni di instabilità

emodinamica, nonché soggetti con insufficienza renale cronica e asma bronchiale.

(31)

Metodi

La coronarografia viene effettuata, privilegiando l’approccio arterioso radiale destro, mediante cateteri diagnostici standard, dopo bolo di 5.000 UI di eparina non frazionata. Si procede quindi a ventricolografia sinistra e a misurazione intracavitaria delle pressioni e alla registrazione della curva di ritiro ventricolo-aorta. Dopo la esclusione della presenza di stenosi epicardiche significative, si incannula la coronaria sinistra con catetere guida 6F. La scelta preferenziale (anche se non esclusiva) della coronaria sinistra è data dalla possibilità di effettuare lo studio Doppler intracoronarico sia nell’interventricolare anteriore (IVA) che nella circonflessa (Cx). Una volta incannulato l’ostio coronarico sinistro con il catetere guida, si effettuano due cineangiografie prolungate (tali da visualizzare la fase di ritorno venoso), una per l’IVA e una per la Cx. La scelta delle proiezioni viene individualizzata per il singolo paziente: generalmente OAD (craniata o anteroposteriore) per l’IVA, OAS craniata o OAD caudata per la Cx. Talvolta è stata scelta la OAD caudata per entrambi i rami coronarici, quando questi siano adeguatamente separati.

A questo punto, dopo somministrazione di bolo intracoronarico di nitrati, si avanza

una guidina coronarica 0.014 inch dotata di un cristallo piezoelettrico 12 MHz sulla

sua estremità distale (Flowire, Volcano Corp., San Diego, CA, USA), che emette un

(32)

fascio ultrasonoro capace di campionare un volume di sangue relativamente grande.

L’estremità della guidina viene ruotata o “flippata” fino a quando non si ottiene un profilo di velocità (visualizzabile sul display della console) ottimale e stabile. A questo punto, si procede alla iniezione intracoronarica di adenosina in un bolo di 120 mcg, seguita da rapido flush di soluzione fisiologica, in modo da ottenere iperemia massimale nel distretto vascolare studiato. La console effettua automaticamente il calcolo della CFVR, data dal rapporto APV hyp/APV bas. Si considera francamente ischemica una CFVR < 2.

Dopo circa un minuto, si ripetono dunque l’iniezione intracoronarica di adenosina e l’acquisizione della velocità in condizioni di iperemia, in modo da confrontarne la riproducibilità con la prima acquisizione.

Alcuni semplici accorgimenti tecnici che, se non adottati, possono compromettere la

validità delle acquisizioni, sono: 1) avanzare, quando possibile, la FloWire senza

effettuare test di mezzo di contrasto: questi ultimi, infatti, aumentano l’APV basale

con conseguente sottostima della CFVR finale; 2) prima di somministrare il bolo di

adenosina, assicurarsi di aver ritirato l’ “agone” all’esterno del catetere guida, così

da evitare la fuoriuscita retrograda di adenosina dal catetere guida; 3) prima di

effettuare la cineangiografia che sarà poi utilizzata per il calcolo del QuBE score,

istruire il paziente a inspirare (in modo da evitare la sovrapposizione del diaframma

(33)

dell’acquisizione, evitando così i movimenti respiratori del cuore che possono alterare l’analisi del QuBE score.

Il calcolo del QuBE score è effettuato, nelle modalità sopra descritte, dallo stesso operatore che ha eseguito la procedura diagnostica.

Analisi statistica

I dati discreti sono stati rappresentati sia in termini di frequenza assoluta che di frequenza relativa percentuale. I dati continui sono stati sintetizzati attraverso il valore medio e la deviazione standard oppure attraverso mediana con range interquartile. E’ stata valutata l'associazione tra variabili continue mediante la ricerca di correlazione lineare.

Risultati

Sono stati inclusi nello studio 14 pazienti, di cui 6 sono stati successivamente scartati

per inadeguatezza delle acquisizioni cineangiografiche ai fini del calcolo del QuBE

score e/o per inadeguatezza dei dati Doppler intracoronarici.

(34)

I dati presentati in questa sede si riferiscono quindi a 8 pazienti. In 4 di questi pazienti, è stato effettuato studio della riserva coronarica in due rami coronarici (in 3 pazienti IVA e Cx, in un paziente IVA e coronaria destra). I confronti completi tra dati Doppler e QuBE score sono quindi 12.

I dati basali e procedurali sono illustrati nelle tabelle 1 e 2, rispettivamente.

Non è stata riscontrata differenza significativa nel QuBE score, in base al distretto vascolare analizzato:

- C. destra e Cx: p = 0.07 - IVA e Cx: p = 0.78

- IVA e c. destra: p = 0.38

In maniera analoga al myocardial blush grade valutato visualmente [1, 7], il QuBE

score medio ottenuto per la coronaria destra è risultato essere maggiore rispetto ai

punteggi medii ottenuti per IVA e Cx, con un valore di p che è ai limiti della

significatività statistica quando il QuBE score della coronaria destra è confrontato

con il QuBE score della Cx.

(35)

Tabella 1. Caratteristiche basali dei pazienti.

Caratteristiche basali Media ± DS o percentuale

Età 66.06 ± 10.78

Sesso maschile 4 (50%)

Fumatori 0 (0%)

Familiarità per CAD 1 (12.5%)

Diabete 1 (12.5%)

Ipertensione 5 (62.5%)

Dislipidemia 4 (50%)

Angina 3 (37.5%)

LVEF (%) 56.3 ± 12.5

Ischemia inducibile 5 (62.5%)

Ipertrofia ventricolare sinistra 1 (12.5%)

(36)

Caratteristiche procedurali Media ± DS opp. range intq

Pressione aortica sistolica 123 ± 17 mmHg Pressione aortica diastolica 75.7 ± 8.7 mmHg

Pressione aortica media 97.6 ± 11.5 mmHg

Frequenza cardiaca 80 bpm (76.25-80)

Pressione sistolica ventricolare

sinistra 130 ± 18 mmHg

Pressione diastolica ventricolare

sinistra 14.6 ± 6.1 mmHg

QuBE score 14.05 ± 7.2 unità arbitrarie QuBE score Cx 12.5 ± 7.9 unità arbitrarie QuBE score IVA 13.7 ± 7.3 unità arbitrarie QuBE score CDx 20.2 ± 1.6 unità arbitrarie

T/2 picco QuBE 1.9 ± 0.8 sec

Delta picco-fondo 7.3 ± 3.7 unità arbitrarie Average Peak Velocity basale 16.4 ± 7.9 cm/s Average Peak Velocity iperemico 43.6 ± 15.4 cm/s

Coronary Flow Velocity Reserve 3.1 ± 1.1

(37)

E’ stata riscontrata correlazione significativa inversa tra QuBE score e CFR (figura 1), con r = - 0.688 e p = 0.01.

Figura 1. Correlazione lineare tra QuBE score e CFR.

5.0 11.3 17.5 23.8 30.0

1.0 2.0 3.0 4.0 5.0

blush_qube vs CFR

CFR

b lu s h _ q u b e

(38)

E’ stata riscontrata correlazione significativa diretta tra QuBE score e APV basale (r = 0.700; p = 0.02) (figura 2).

Figura 2. correlazione lineare tra QuBE score e APV basale

5.0

11.3 17.5 23.8 30.0

5.0 13.8 22.5 31.3 40.0

Qube_Score vs APV_bas

APV_bas

Q u b e _ S c o re

(39)

E’ stata riscontrata una correlazione significativa diretta tra QuBE score e Delta Picco-Fondo, con r = 0.861, p = 0.0002 (figura 3).

Figura 3: correlazione lineare tra QuBE score e Delta Picco-Fondo.

2.0 5.0 8.0 11.0 14.0

5.0 11.3 17.5 23.8 30.0

Delta_Picco_Fondo vs Qube_Score

Qube_Score

D e lt a _ P ic c o _ F o n d o

(40)

E’ stata riscontrata una correlazione inversa significativa tra APV basale e CFR (figura 4), con r = - 0.680, p = 0.02.

Figura 4. Correlazione lineare tra APV basale e CFR.

1.0 1.9 2.8 3.6 4.5

5.0 13.8 22.5 31.3 40.0

CFR vs APV_bas

APV_bas

C F R

(41)

La correlazione lineare tra QUBE score e tempo di dimezzamento del picco di intensità di opacizzazione non è risultata statisticamente significativa (figura 5), con r = 0.129, p = 0.67.

Figura 5. Correlazione tra QuBE score e tempo di dimezzamento del picco di intensità.

0.5 1.4 2.3 3.1 4.0

5.0 11.3 17.5 23.8 30.0

Tempo_dimezzamento_del_picco_del_Qu vs Qube_Score

Qube_Score

T e m p o _ d im e z z a m e n to _ d e l_ p ic c o _ d e l_ Q u

(42)

La correlazione lineare tra tempo di dimezzamento del picco di intensità di opacizzazione e Delta Picco-Fondo non è risultata statisticamente significativa (figura 6), con r = 0.425, p = 0.15.

Figura 6. Correlazione tra tempo di dimezzamento del picco del QuBE e Delta Picco Fondo

2.0

5.0 8.0 11.0 14.0

0.5 1.4 2.3 3.1 4.0

Delta_Picco_Fondo vs Tempo_dimezzamento_del_picco_del_Qu

Tempo_dimezzamento_del_picco_del_Qu

D e lt a _ P ic c o _ F o n d o

(43)

Non è stata riscontrata correlazione significativa tra Delta Picco-Fondo e APV al

picco (Figura 7), con r = 0.084 e p = 0.81, né tra T/2 del picco di intensità e APV

basale, con r = - 0.114 e p = 0.74.

(44)

Discussione

E’ osservazione comune, in corso di coronarografia eseguita in pazienti affetti da infarto con sopraslivellamento del tratto ST, osservare delle aree miocardiche più o meno intensamente opacizzate, corrispondenti a territori irrorati da rami coronarici non responsabili dell’infarto e indenni da lesioni significative. Tant’è vero che tali zone sono adottate come zone di riferimento per la definizione dei vari gradi di myocardial blush [1].

L’idea del presente lavoro è nata proprio da questa osservazione: studiare il pattern di opacizzazione tessutale in regioni miocardiche nutrite da coronarie indenni da stenosi critiche, in soggetti stabili, con lo scopo di verificare se tale parametro, ottenuto in modo semplice e virtualmente privo di costi (se non quelli scaturiti da una prolungata acquisizione angiografica) potesse fornire informazioni funzionali.

Nel paziente stabile con coronarie indenni, quindi, più che di “blush” (parametro

applicato in una condizione fisiopatologica completamente diversa, qual è quella

dell’infarto miocardico acuto), è opportuno fare riferimento al pattern di

opacizzazione di un territorio vascolare. L’osservazione dell’angiogramma è estesa

alla fase miocardica di ingresso e lavaggio del mezzo di contrasto, e non più solo

all’anatomia e al flusso nelle coronarie epicardiche. Se il myocardial blush ha

dimostrato di essere un potente predittore di eventi nel paziente affetto da STEMI,

(45)

perché non testarne una sua forma surrogata e oggettiva (qual è il QuBE score) in una ampia popolazione di pazienti con coronarie indenni?

A tutt’oggi non risultano in letteratura lavori scientifici così progettati. L’unico studio che si avvicina al presente studiava la correlazione tra il pattern di flusso coronarico, valutato mediante FloWire, con il myocardial blush in pazienti con STEMI[44]. La velocità di picco in sistole era significativamente più alta quanto maggiore era il myocardial blush grade, mentre il tasso di decelerazione diastolica risultava significativamente più alto quanto più basso era il myocradial blush grade.

Il presente lavoro nasce come studio pilota, ha l’obiettivo di testare l’ ipotesi che il pattern di opacizzazione miocardica calcolato con software QuBE correli con la riserva coronarica, è stato volutamente disegnato senza bracci di confronto, e ha privilegiato l’inclusione di pazienti che hanno una considerevole probabilità pretest di essere dotati di ridotta riserva coronarica e cioè diabetici, anginosi, soggetti con ischemia miocardica inducibile. Se in tali pazienti il QuBE score sia significativamente diverso dai soggetti privi di condizioni che compromettono la riserva microcircolatoria, non è emerso dalla casistica raccolta, ancora troppo esigua. E’

certo difficile identificare una popolazione di controllo che, sottoposta a

coronarografia, non sia affetta da angina pectoris, ischemia inducibile, diabete,

valvulopatie e quant’altro, per cui l’ottica dello studio del QuBE score è quello della

(46)

correlazione tra il parametro puramente radiologico con un parametro funzionale ampiamente validato.

Il principale riscontro dello studio è che, in soggetti con coronarie indenni e in condizioni cliniche ed emodinamiche stabili, un basso score QuBE è inversamente e significativamente correlato con la riserva coronarica. Ciò in effetti ci ha sorpresi, visto che la correlazione attesa era che un alto QuBE score correlasse direttamente con la riserva coronarica.

E’ risultata significativa la correlazione tra QuBE score e Delta Picco-Fondo, che risultano essere direttamente correlati, e così allo stesso modo tra QuBE score e APV basale. L’ APV basale, a sua volta, è risultato essere inversamente correlato alla CFR.

Ne risulta un quadro in cui, quanto più piccola è la differenza di opacizzazione tra picco e valle di opacizzazione (quanto meno intensamente il miocardio si opacizza), quanto minore è la velocità media del flusso in condizioni basali, e quanto più basso è il punteggio ottenuto con QuBE, tanto più alta è la riserva coronarica di quel paziente. Si verifica il contrario di ciò che era atteso e, per certi aspetti, il contrario di quanto accade nell’infarto acuto: il territorio con buona riserva coronarica, nel soggetto con coronarie indenni e in condizioni cliniche stabili, si opacizza poco.

D’altra parte, un pattern di elevata opacizzazione miocardica, identificata da una

(47)

elevata differenza tra picco e valle di intensità e da un alto QuBE score, sembra identificare quei soggetti con bassa riserva coronarica.

Con i dati finora disponibili, non è stata dimostrata alcuna correlazione significativa tra QuBE score e tempo di dimezzamento del picco di intensità, né tra il Delta Picco- Fondo e il tempo di dimezzamento. I pochi dati disponibili non consentono per ora di pronunciare asserzioni sicure circa la fase di washout del mezzo di contrasto.

Il fatto che un pattern di opacizzazione di bassa intensità, con una piccola differenza tra livello basale e picco di opacizzazione, sia correlato con una buona riserva coronanarica, non è forse così sorprendente. Nella “vecchia” urografia endovenosa, la fase nefrografica è di bassa intensità e fugace nel rene sano, mentre l’intensità di opacizzazione è maggiore (e persistente) quando il rene è perfuso da un’arteria criticamente stenotica.

Una indagine relativamente semplice come la coronarografia, sembra dunque poter

fornire informazioni che vanno aldilà della semplice luminologia coronarica,

realizzando quindi una vera e propria “angiografia miocardica”.

(48)
(49)

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