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Capitolo 3 I social media e le comunità online

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

I social media e le comunità online

3.1 I nuovi strumenti del Web 2.0

Nei precedenti capitoli abbiamo già parlato di come Internet abbia rivoluzionato il modo di pensare, comunicare e fare marketing, creando il più grande network globale mai esistito.

Ogni giorno vengono creati nuovi siti, aperti nuovi blog o profili sui social network. La rete permette a chiunque di affacciarsi al mondo digitale e aprire la propria “finestra” su questo mondo.

Non si necessita di tecnolgie particolari, bastano un computer e una connessione, o in alternativa un telefono di ultima generazione (smartphone), tablet, netbook e palmari.

I nuovi dispositivi digitali permettono agli utenti di collegarsi e condividere contenuti in qualsiasi momento e in ogni luogo si trovi, eliminando ogni limite fisico e di tempo.

“La comprensione dello spazio e del tempo – grazie allo sviluppo dei trasporti ma soprattutto delle telecomunicazioni e delle reti informatiche – subisce una forte simultaneità, il sincrono, l’atemporale divengono i nuovi paradigmi del tempo, superando la logica del just in time dell’era della modernità. (…) Come lo spazio, anche il tempo si comprime e si trasforma: si passa dalla logica di scansioni relativamente rigide che ritmavano temporalmente le nostre giornate a quelle di un interrotto fluire del tempo” (Fabris, 2009, pp.27.28).

Il mondo virtuale non è più da ritenersi un mondo distinto rispetto a quello reale, è entrato di diritto a far parte della nostra quotidianità.

Se andiamo a visitare una città o anche semplicemente al ristorante con gli amici, ci teniamo a fare il nostro check-in con Foursquare, fotografare i nostri momenti e pubblicarli con l’applicazione per smartphone di Instagram, far sapere ai nostri amici cosa pensiamo o ascoltiamo con Facebook o Twitter, e ancora raccontarci attraverso le immagini con Pinterest.

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L’individuo si trova quindi immerso in una nuova dimensione che convive con la sua dimensione reale, non esiste una distinzione netta tra i due mondi: nella dimensione mediale spesso ritroviamo le persone della nostra dimensione reale, estendendo, allo stesso tempo, le nostre conoscenze, grazie al crearsi di rapporti nati dell’interesse comune per un argomento, un prodotto o un brand, con persone mai viste prima, ma che condividono le nostre stesse passioni e per questo degne di entrare a far parte della nostra cerchia di conoscenze. Si tratta di un mondo “ampliato”, dove spesso i legami sono deboli e di breve durata, ma importanti e “funzionali” in un certo momento della nostra esistenza.

Quella virtuale dimostra di non essere una realtà asettica, priva di stimoli, tutt’altro.

Spesso la nostra umanità, il nostro spirito di condivisione e di collaborazione è molto più spiccato in questo mondo fatto di bit, piuttosto che in quello reale. A tal proposito, mi viene da pensare alla vita reale: se vediamo, ad esempio, una persona al supermercato, di fronte allo scaffale dell’igiene personale che non sa decidersi su quale shampoo sia il migliore per i suoi capelli, non ci

permetteremmo mai di avvicinarci per offrirle il nostro parere. La persona indecisa potrebbe viverla come un’ “invasione” poco gradita, o, altrimenti, nel caso fosse lei a chiederci un parere, ci sentiremmo infastiditi e disturbati, avremmo la sensazione di perdere del tempo.

Tutto questo nella rete si trasforma: la signora in questione potrebbe, ad esempio, aprire un topic circa i prodotti per capelli su un forum tematico di bellezza e dopo pochi minuti avrebbe sicuramente ottenuto qualche risposta valida, reale da persone che nemmeno conosce, ma pronte ad aiutarla nel suo piccolo problema1

. La rete ci permette di far uscire il nostro lato più “umano”, uno spirito di

condivisione e di aggregazione che difficilmente ritroviamo nella quotidianità. Il fatto stesso di essere davanti a un pc cambia il nostro atteggiamento: siamo più disposti e abbiamo maggior voglia di interagire, di impiegare un po’ del nostro tempo per conversare, guardare, immaginare, scambiare opinioni. In una frase: siamo maggiormente predisposti alla socialità.

                                                                                                               

1  Quando un utente risponde alla richiesta di un altro utente, è mosso da motivazioni intrinseche dovute al fatto di essere un animale sociale facente parte di una comunità. Nasce in lui una sorta di appagamento interiore dovuto al fatto di aver aiutato qualcuno.  

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In molti hanno cercato di spiegare le implicazioni sociali del web 2.0 e tra le definizioni avanzate da studiosi ed esperti del settore, quella di Paolo Lattanzio, docente universitario di Informatica Umanistica a Teramo, va a cogliere molti degli aspetti introdotti dal 2.0:

Web 2.0 indica un nuovo approccio sociale alla generazione e distribuzione di contenuti via web, che siano caratterizzati da processi comunicativi aperti, con una forte decentralizzazione dell’autorità, libertà di condividere e riusare i contenuti stessi2.

Oggi quindi, non ci limitiamo più a navigare nelle pagine web, a inviare le email e a chattare con i programmi di instant messaging.

La convergenza digitale permette un flusso di comunicazione multidirezionale e partecipato, dove ciascun individuo ha le capacità non solo di fruire dei contenuti degli altri ma anche di crearne di nuovi e condividerli con tutta la comunità di riferimento.

Internet offre gli strumenti che consentono a ciascuno di noi di mettere insieme i piccoli contributi di migliaia di persone e trasformarli in un fenomeno degli orizzonti molto ampi.

Premesse le potenzialità del web 2.0, andrò adesso ad analizzare nel dettaglio i principali strumenti utilizzati dagli utenti per comunicare.

                                                                                                               

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Fig. 3.1. fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Web_2.0

a. Blog

“Un blog è un particolare tipo di sito web in cui i contenuti vengono visualizzati in forma cronologia. In genere un blog è gestito da uno o più blogger che

pubblicano, più o meno periodicamente, contenuti mediali in forma testuale o in forma di post, concetto assimilabile o avvicinabile a un articolo di giornale”3

. Il blog ha debuttato in America nel 1997, e successivamente si è diffuso anche in Italia, a partire dal 2001.

Questa particolare tipologia di sito web presenta una serie di caratteristiche distintive che vanno a rompere i precedenti parametri e criteri utilizzati per la pubblicazione nell’era web 1.0.

Comunicare con un pubblico sparso in tutto il mondo non è mai stato facile per i singoli individui; almeno fino a poco tempo fa. I web-log – “diari in rete” – comunemente chiamati blog, hanno reso tutto questo molto più facile,

permettendo la pubblicazione dinamica di contenuti in rete con estrema facilità, che non necessitano di particolari competenze tecniche o di una formazione specifica sui linguaggi di programmazione da parte delle persone.

I blog sono stati spesso descritti come “il bar più grande del mondo. Catturano, come un’istantanea, i pensieri e i sentimenti delle persone riguardo alle cose che stanno accadendo in questo preciso momento trasformando il Web da collezione                                                                                                                

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di documenti statici in una conversazione perennemente in corso” (Tapscott, Williams, 2010, p.76).

Con oltre di 152 milioni di blog al mondo, e più di 3 milioni di blog messi online ogni mese4

, questa piattaforma risulta essere una grande risorsa per dar voce a chiunque abbia da dire qualcosa, per creare integrazione e migliaia di comunità di interesse.

Inoltre, alcune funzioni inserite nei blog migliorano ulteriormente la navigazione e la consultazione degli articoli, senza rendere la rete una Babele di informazioni entro i quali gli utenti non riescono a districarsi.

Tra questi ci sono:

• I tag (tagging, un sistema di classificazione “popolare”)5, ovvero una serie di parole chiave che l’amministratore può scegliere di inserire per ogni post pubblicato, così da rendere immediatamente identificabile al lettore l’argomento trattato e consentire una facile indicizzazione dei contenuti. Ogni blog ha poi al suo interno anche un tagcloud, in italiano nuvole di parole chiave. Tali “nuvole” non sono altro che un elenco di parole, inserite in genere nella prima pagina, che evidenziano i principali argomenti trattati nel blog (maggiore è la dimensione della parola maggiori saranno le volte che quell’argomento è stato affrontato all’interno del blog). Il lettore avrà quindi la possibilità, cliccando sulla parole chiave prescelta, di accedere a tutti i vecchi post dedicati a quello specifico tema.

• I blogroll sono una raccolta di link ad altri blog, che in genere trattano temi simili. In tal modo, l’utente potrà consultare democraticamente sia il suo blog che quelli di altri, ritenuti rilevanti dall’amministratore.

L’apertura verso un’informazione libera ed emancipata, garantita dal blog, fa sì che questo strumento risulti tra le fonti prescelte da chi è a caccia di informazioni in rete. Lo dimostra anche il fatto che, il noto motore di ricerca Google ha inserito                                                                                                                

4  www.ninjamarketing.it/2012/06/15/social-media-20-statistiche-aggiornate-al-2012   5  “Il tagging è solo l’inizio, ed è già stato esteso (oltre ai post dei blog) ai documenti, alle fotografie, ai video, ai podcast, all’e-mail: praticamente a ogni tipo di contenuto digitale che potete immaginare” (Tapscott, Williams,2010, p.81)  

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da qualche anno, tra le impostazioni di ricerca, la possibilità di includere i blog tra i luoghi virtuali entro i quali effettuare la ricerca di notizie.

Ma la principale caratteristica del blog è la possibilità, data a ciascun utente, di interagire con l’amministratore e con tutti i “frequentatori” del sito, per mezzo dei commenti. Ogni articolo, notizia o contenuto multimediale è aperto alla

valutazione dei lettori, che attraverso il commento, possono dar vita a discussioni e scambi di idee creative6.

Inoltre, i lettori hanno la possibilità di ricevere direttamente, tramite mail, gli aggiornamenti circa nuovi post inseriti dall’amministratore, grazie alla

sottoscrizione FeedRSS: una sorta di abbonamento che permette di selezionare i nostri argomenti di interesse all’interno di un determinato sito/blog e essere costantemente aggiornati sulle novità pubblicate, senza dover necessariamente accedere ogni volta al sito.

Dall’ultima ricerca di Tecnhorati7

sullo stato della Blogosfera (lo State of Blogosphere 2011) condotta su un campione di 4114 bloggers di 45 nazioni diverse, risulta che il 61% di loro– un po’ in calo rispetto all’anno precedente, dove rappresentavano il 64% – blogga per hobby. Un dato estremamente

significativo, in quanto dimostra come la voglia di partecipare, di condividere con gli altri le proprie esperienze e le proprie conoscenze superi di grand lunga coloro che invece bloggano per lavoro (il 5% del totale) .

b. Forum

Il forum è uno spazio virtuale dove le persone, unite da interessi comuni,

condividono passioni, esperienze, chiedono consigli e solitamente ne danno a loro volta, esprimono la propria opinione e leggono le opinioni altrui.

                                                                                                               

6  L’amministratore del blog ha inoltre la facoltà di gestire liberamente i commenti: può permettere ai suoi lettori di inserire le sue considerazioni in totale autonomia, oppure può scegliere di applicare una moderazione, ovvero controllo preventivo per evitare commenti che possono risultare offensivi o non coerenti con i temi trattati e per evitare lo spam.   7  Technorati è un motore di ricerca dedicato al mondo dei blog che a partire dal 2009 redige un documento annuale sulla situazione della blogosfera.

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È come una sorta di “piazza” virtuale (forum deriva dal latino fora, che significa appunto piazza) dove un gruppo di persone si dà appuntamento per discutere su vari argomenti.

Un forum è diviso in sezioni: ogni sezione rappresenta un tipo di discussione diversa, e all’interno di ognuna di esse sono riportate tutti gli interventi su quell’argomento (ad esempio, nella sezione cucina potremo trovare discussioni circa le ricette, l’alimentazione etc…).

Ognuno può inserirsi nella sezione che più gli interessa (non necessariamente deve partecipare a tutte quante), può leggere e rispondere a topic già presenti, oppure aprirne uno, generando così un nuovo argomento di discussione.

Inoltre, l’amministratore del forum può decidere se rendere tutte le sezioni aperte, permettendo anche agli utenti visitatori di leggere e commentare, oppure porre delle limitazioni, lasciando alle persone non registrate di leggere le discussioni, ma senza prenderne parte, o ancora, rendere alcune sezioni del sito “private”, accessibili solo ai moderatori ed eventualmente ad alcuni iscritti.

Il forum si differenzia, ad esempio da una chat room, perché oltre ad aggregare gli utenti, stabilisce un servizio di natura informativa. La qualità delle informazioni è garantita dallo scambio critico di opinioni tra persone appassionate e competenti e dalla possibilità – che nella chat non è data – per la stessa natura del mezzo, di riflettere e di esporre in maniera ragionata, non immediata, le proprie conoscenze. E non è neanche come un blog, dove chi scrive è l’autore, il proprietario, l’unico che decide. Il blog è diverso anche per il modo di commentare. I forum, a livello di engagement, sono più potenti. Una volta che l’utente interagisce con il forum, questo ne è sedotto: inizia a interagire, a conoscere nuove persone, a collaborare. Entra a far parte di una comunità. È un po’ come offrire a ogni utente il proprio spazio, dove esso può muoversi liberamente ed esprimere se stesso (ovviamente, nel rispetto delle politiche del forum)8

.

Ad ogni utente viene poi assegnato un livello - visibile sotto il proprio avatar9

– che rappresenta la partecipazione al forum, calcolato in termini di thread10                                                                                                                

8 www.giorgiotave.it/guide-webmaster/forum/psicologia-fidelizzazione

9 L’avatar è la piccola immagine che di solito viene visualizzata vicino al nome dell’utente di un forum con lo scopo di associare il nick name ad un volto.

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pubblicati. Spesso capita che tra questi ce ne siano alcuni particolarmente attivi, che vengono simbolicamente eletti “guru”, influencers, che si sono guadagnati la fiducia e la credibilità degli altri partecipanti al forum e che hanno appunto il “potere” di influenzare i comportamenti degli altri.

c. Social Network

Gli individui attivi sulla rete non si identificano più solo con i blogger o coloro che frequentano i forum. La rivoluzione del 2.0 ha contribuito alla creazione di nuove piattaforme, figlie del blogging, che ogni anno vedono aumentare esponenzialmente i loro iscritti: i social network.

I social network in genere sono definiti come una rete sociale, ovvero un gruppo di persone connesse tra loro da legami di diversa natura: dai rapporti di amicizia a quelli familiari, dai rapporti di lavoro alle conoscenze casuali.

Tale definizione anticipa l’impatto sociale che questi strumenti hanno avuto (e hanno tuttora) sulle persone e descrive il loro protagonismo nella creazione di vere e proprie comunità di utenti.

Le potenzialità di questa tipologia di siti web, infatti, vanno ben oltre il semplice “fare nuove amicizie”, esistono una serie di motivazioni ben più forti e specifiche che spingono milioni di utenti a iscriversi su un Social Network: per esempio, per la nuova generazione di teenager, nati nell’era di internet, questi luoghi virtuali possono essere un modo per rivendicare uno spazio privato, dove dialogare con i propri pari e dare forma alla loro identità (Tapscott, Williams, 2010, pp. 92-93); per un neolaureato in cerca di lavoro può essere un modo per autopromuoversi; o ancora, per la signora appassionata di cucina può essere un modo per condividere con la comunità online le sue ricette e la sua esperienza, oltre a instaurare con essa rapporti di fiducia e di reciprocità.

Nel momento in cui un utente decide di iscriversi a un Social Network, provvede alla creazione di una rete di contatti, con i quali interagisce frequentemente. Gli amici, così definiti anche dalla terminologia della rete, condividono con

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                10 Il termine thread, (filo o stringa), indica la catena di interventi degli utenti all’interno di un argomento in un forum, o in qualsiasi altro sistema di comunicazione della rete.

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l’individuo in questione, passioni, interessi, curiosità. I parametri in base ai quali avviene la scelta degli amici, infatti, sono identici a quelli “usati” nella vita reale: i legami più solidi nascono, infatti, con persone che sono percepite come simili e vicine al nostro modo di essere. Di conseguenza, le amicizie online rappresentano una fonte inesauribile per dare vita a discussioni, idee originali e confronti sui temi di maggiore interesse. Una volta che l’utente si collegherà alla rete, avrà a disposizione, sulla bacheca principale dei contatti, una serie di contenuti e informazioni che rispecchiano totalmente i propri gusti.  

Dunque, i social network incentivano la creazioni di reti di relazioni in modo rapido e veloce, tutto ruota intorno alla spontaneità e all’immediatezza del mezzo, alla creatività degli utenti che hanno la possibilità di arricchire i loro profili con contenuti, video, immagini e collaborare con gli altri utenti e le aziende allo stesso tempo.

Ognuno di noi può idealmente essere connesso con tutti nel mondo, in quanto, secondo la teoria dei sei gradi di separazione, qualunque persona è separata da un numero limitato di relazioni, e pertanto chiunque può arrivare a contattare

qualsiasi altro utente attraverso sei passaggi (Prunesti, 2010).

Fig. 3.2. fonte: www.ninjamarketing.it/2011/11/28/facebook-e-i-gradi-di-separazione-tra-gli-utenti

In questi anni abbiamo assistito a uno sviluppo vertiginoso dei social network e certamente essi contribuiranno ancora a influire sul funzionamento dei processi sociali.

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Per molti Facebook è stato il primo social network della storia, in realtà questo ha dato “semplicemente” avvio a un fenomeno davvero globale, che ha portato alla nascita di tutta una serie di piattaforme social, ognuna con finalità diverse, e che noi oggi usiamo in maniera integrata.

In origine fu Friendster11

(nato nel 2002 dalla mente di un programmatore californiano)12 a diffondere il verbo dei social network.

Poi nel 2003 fu la volta di Myspace, conosciuto soprattutto per essere stato un’importante vetrina per i gruppi musicali, ma l’introduzione di Facebook nel 2004 e successivamente di Twitter nel 2006 ha gradualmente soppiantato Myspace come piattaforma per i profili personali.

Negli ultimi anni, nelle persone, è letteralmente esploso il desiderio di comunicare qualcosa, anche di breve, come un link, un commento o una notizia. Utilizzare il palcoscenico di internet per costruire la propria identità e raggiungere le proprie cerchie di contatti è diventata ormai una pratica diffusa, se non la più diffusa. “Le conseguenze sono pervasive. Dall’ambito personale da cui erano partiti, i media sociali sono ormai strumenti di informazione scientifica, di attività politica, di diplomazia internazionale, di pubblica amministrazione, di lavoro, di cultura, di marketing nonché di formazione della pubblica opinione. Discussioni che una volta si svolgevano esclusivamente nei bar (o nella mailing list), ora si articolano anche su Twitter o su Facebook (…) con una vitalità spesso straordinaria”13

.

Secondo le statistiche introdotte nel video di presentazione del Social Media Week (l’evento dedicato alla nuove forme di comunicazione online, svolto a Torino dal 24 al 28 settembre 2012 e che ha coinvolto tredici città sparse in tutto il mondo) il 26% del tempo totale trascorso su internet, è dedicato ad un social network, Facebook è ancora il social network più utilizzato (anche se gli altri,

                                                                                                               

11 Il primo social network della storia in realtà è nato nel 1997, e riprendeva il nome dalla

teoria dei sei gradi di separazione di Stanley Milgram – Six degree – ma questo non ebbe alcun successo. Probabilmente la rete non era ancora matura e l’uso di internet non ancora così diffuso da permettergli di decollare.

12  http://it.wikipedia.org/wiki/Friendster  

13  www.lastampa.it/2012/09/23/cultura/il-social-media-logora-chi-non-ce-l-ha-5Q3Dr0ssv7wTh8kOPxLP3J/index.html  

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soprattutto nell’ultimo anno, hanno fatto registrare forti incrementi)14

, ogni minuto nel web vengono condivisi 680 mila post su Facebook, 100 mila tweet su Twitter, vengono caricate 3600 foto su Instagram, 48 ore di video su YouTube e vengono eseguiti 2 mila check-in su Foursquare15

.

Tali dati la dicono lunga sull’impatto che i social network e i social media in generale hanno avuto sulla vita di ognuno di noi. Il web 2.0 ci consente di fare tutto, grazie a piattaforme software aperte al contributo di tutti, “ha portato a una diffusione delle conoscenze in tutto il mondo, ha interconnesso ogni angolo del pianeta, ha proiettato gli individui, e le loro abitazioni, nel grande villaggio

globale” (Fabris, 2009, p.27). Il mondo virtuale si è insinuato ed è a tutti gli effetti il prolungamento della nostra realtà fisica, è un mondo piatto, dove i protagonisti sono gli individui, creatori del proprio destino, che non conoscono più limiti di spazio o di tempo.

 

Ad oggi sono molti i social presenti sulla rete, e ognuno ha il suo pubblico di riferimento più o meno ampio, ma ce ne sono alcuni in particolare che sembrano sviluppare maggiormente la creatività degli utenti, tra questi ci sono:

1. Facebook. Il suo obiettivo, dichiarato nell’omonima fan page ufficiale, è quello di fare in modo che ciascuno possa condividere la propria vita e che il mondo sia più aperto e connesso16

. Le possibilità offerte da Facebook sono molteplici, gli utenti possono non solo condividere link, immagini, video, condividere il proprio umore attraverso l’aggiornamento dello status e conversare con la loro cerchia di amici, ma possono anche aggregarsi su altre pagine (fan page) nate dall’iniziativa di qualche utente appassionato, o dall’iniziativa di qualche brand. In questi luoghi si crea aggregazione, valore di marca, il cliente/utente diventa parte del brand stesso, grazie alla partecipazione e condivisione di contenuti inerenti alle                                                                                                                

14  Facebook: al momento della presentazione al Social Media Week contava 900 milioni di iscritti, che hanno però raggiunto quota un miliardo in ottobre, Twitter: 550 milioni, Google+: 170 milioni, Linkedin: 150 milioni e Pinterest: 11 milioni.  

15  Fonte: www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=V_bTLzIYi98   16 “Facebook's mission is to give people the power to share and make the world more open and connected”.

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proprie esperienze. Il tasto “mi piace”, che gli utenti devono cliccare prima di avere libero accesso alla fan page, diventa un modo per aumentare la reputazione stessa dell’azienda e per dire ai propri amici quali sono i prodotti che gli piacciono.

Facebook è diventato negli ultimi anni anche una piattaforma per vendere prodotti e servizi. In Italia la prima iniziativa è stata lanciata da

Blomming, una start up tutta italiana nata due anni fa, che si rivolge direttamente all’utente finale, permettendo a chiunque di vendere o comprare online. Un modo per promuovere la creatività italiana e non solo, che oggi vede (ottobre 2012) oltre seimila shop aperti grazie a tale piattaforma17

.

2. Twitter. La principale differenza tra Facebook e Twitter sta nel fatto che il primo è utilizzato per rimanere in contatto con amici, familiari o

conoscenti; mentre Twitter è un servizio di microblogging che offre agli utenti una pagina personale dove condividere brevi messaggi di testo, dalla lunghezza massima di 140 caratteri, chiamati Tweet. Su Twitter infatti non ci sono amici, sono io che decido chi seguire, non va richiesta alcuna autorizzazione, posso essere follower di chiunque, dal personaggio famoso, all’amico d’infanzia, alla rivista di moda preferita…

La particolarità di questo strumento risiede nell’immediatezza. Spesso viene costruito, intorno a un determinato evento, programma televisivo, o qualsiasi altro tipo di manifestazione, un flusso di conversazioni spontanee e sincere, che raccoglie (live) continui messaggi di utenti interessati

all’argomento (uno degli eventi più seguiti e più social della rete è stato sicuramente quello delle Olimpiadi di Londra 2012, che ha fatto registrare oltre dieci milioni di tweet)18

. Inoltre, per una più facile categorizzazione-ricerca e aggregazione di messaggi e discussioni circa un determinato argomento è stato introdotto il simbolo del cancelletto “#”, chiamato anche hashtag: il cancelletto posizionato davanti a determinate parole chiave fa sì

                                                                                                               

17  http://italianvalley.wired.it/news/2012/07/18/blomming-startup-social-commerce-543212.html  

18  www.direttanews.it/2012/07/30/twitter-10-milioni-di-tweet-durante-lapertura-dei-giochi-olimpici-di-londra/#utm_source=feed&utm_medium=feed&utm_campaign=feed  

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che tali parole siano automaticamente trasformate in link attivi portando alla creazione di comunità digitali raccolte intorno a un topic.

3. YouTube. Piattaforma di video sharing che permette ai singoli utenti di caricare video, da poter condividere in rete tramite la visualizzazione diretta su YouTube o tramite la condivisione sui social network, includendo la possibilità di votare e commentare i video.

Il “tubo” negli ultimi anni si è dimostrato un potente mezzo di diffusione virale di video (per lo più amatoriali) al punto che alcuni utenti sono passati dall’anonimato a essere delle vere e proprie icone. In Italia, tra i canali più seguiti c’è quello di Clio Zammatteo, conosciuta al grande pubblico come Clio Make Up, con 226004 iscritti al canale e oltre 90 milioni di visualizzazioni.

YouTube funziona letteralmente da cassa di risonanza: la popolarità conquistata da alcuni youtubers è tale che è sempre più frequente assistere a collaborazioni tra questi e altri media (ad esempio, Clio Make Up conduce un programma sul canale digitale Real Time).

Anderson (2009) paragona YouTube a un grande esperimento collettivo, però, a tre anni di distanza dalla stesura del suo libro, l’ascesa del “tubo” è stata talmente grande che parlerei più di nuova realtà collettiva: ogni video realizzabile può essere realizzato, ognuno di noi può diventare regista e ogni nicchia può essere esplorata. La vera forza di questi video non risiede nella qualità delle immagini, ma nella pertinenza con i nostri interessi. Inoltre, il video amatoriale è più spontaneo, più reale, meno artificioso e “interessato”. “Sceglieremo sempre un video a bassa qualità su un argomento che ci preme davvero, invece di un video ad alta qualità di qualcosa che non ci interessa. (…) Nessuno deve decidere se un video è abbastanza interessante da giustificare il poco spazio che occupa, perché lo spazio non è affatto scarso. I costi di distribuzione sono ormai cosi vicini allo zero da poterli arrotondare a zero” (Anderson, 2009, pp. 215-216). È questo ciò che ha fatto YouTube: offrire un canale in grado di dare libero sfogo alla creatività e a costo zero.

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4. Una tendenza ormai evidente a tutti è l’enorme predominio della condivisione delle fotografie, non solo sui social network, dove le fotografie sono solo uno dei “mezzi” che contribuiscono alla costruzione dell’identità, ma anche su piattaforme interamente dedicate alle immagini, come Instagram ( social app per smartphone che permette di scattare e condividere foto personalizzate ovunque noi siamo) e Pinterest (social network che permette di “pinnare” (appuntare) foto/immagini sulla propria lavagna o bacheca, suddivisa in board, ovvero in sezioni tematiche, scelte dall’utente). È inoltre evidente come queste piattaforme abbiano ripreso alcune delle modalità di successo di altri social, così da creare maggiore integrazione tra gli utenti (tramite il tasto “mi piace” e i commenti), e aumentare le possibilità di ricerca di altre persone con i nostri stessi interessi (tramite l’hashtag).

Questi due social “fotografici” sono le vere rivelazioni di quest’anno: solo in Inghilterra, da luglio 2011 a luglio 2012, Instagram è cresciuto del 2028% e Pinterest del 1498%19

.

5. Un’altra tendenza che ha preso piede negli ultimi anni è quella della geolocalizzazione. Molti social sulla scia di Foursquare (social network di geolocalizzazione che tramite GPS individua la nostra posizione e ci suggerisce una serie luoghi in cui fare il check-in) hanno, infatti, inserito tra i propri strumenti la possibilità di indicare il luogo in cui ci troviamo o abbiamo scattato una foto. In questo modo saremo sempre aggiornati sugli spostamenti dei nostri amici, sarà possibile scoprire se alcuni di loro si trovano nelle nostre vicinanze proprio in quel determinato momento e,

least but not last, si conferirà un valore aggiunto a quel luogo, in quanto le

scelte degli altri sono dei buoni indicatori di quello potrebbe piacere anche a noi (Benkler, 2007).

In questo paragrafo ho parlato solo dei vantaggi che queste piattaforme apportano all’utente finale, in realtà è bene sapere che queste, se ben sfruttate, forniscono grandi vantaggi competitivi anche alle aziende. Purtroppo, però, ancora troppi

                                                                                                               

19  www.ninjamarketing.it/2012/09/27/social-network-verticali-crescita-saranno-la-fine-di-facebook  

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pochi uomini di marketing hanno compreso le potenzialità del mezzo. Spesso la paura di “lasciare in mano” agli utenti il destino e la reputazione della propria azienda spinge il management “a una seconda ondata di enclosures – la pratica di recintare le terre comuni nel medioevo inglese descritta dagli economisti classici” (Benkler, 2007, p.32). L’atto di chiudere (metaforicamente parlando) i cancelli dell’azienda e limitare il dialogo è infatti assai controproducente, poiché l’azienda si preclude la possibilità di essere là dove i consumatori si raccolgono e parlano di lei.

d. Sistemi wiki

“Un Wiki è una pagina (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che viene aggiornata dai suoi utilizzatori e i cui contenuti sono sviluppati in

collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso. La modifica dei contenuti è aperta, nel senso che il testo può essere modificato da tutti gli utenti (a volte soltanto se registrati, altre volte anche anonimi) contribuendo non solo per aggiunte come accade solitamente nei forum, ma anche cambiando e cancellando ciò che hanno scritto gli autori precedenti. Ogni modifica è registrata in una cronologia che permette in caso di necessità di riportare il testo alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare, immagazzinare e

ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo. Il termine “wiki” indica anche il software collaborativo utilizzato per creare il sito web e il server”20

I Wiki, il cui nome significa veloce, rapido, possono essere definiti come sistemi di Content Management System (CMS), cioè sistemi per la gestione dei contenuti prodotti da più persone (senza aver bisogno di una conoscenza del linguaggio HTML). La caratteristica distintiva dello strumento è la possibilità, data a ogni utente, di aggiungere, controllare, modificare o eliminare il contenuto presente all’interno di esso. Possiamo immaginare un Wiki come una sorta di grande database entro il quale i dati sono inseriti non dall’amministratore del programma, ma da ciascun individuo che desidera condividere un’informazione utile con il resto delle persone che vi ha accesso. Il Wiki possiede alcune delle tipiche peculiarità del motore di ricerca e del comune sito web, infatti, è possibile                                                                                                                

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effettuare una ricerca per parole chiave e i contributi presenti sono interattivi e multimediali, grazie anche alla possibilità di inserire link che permettono una navigazione dinamica e intuitiva.

Il Wiki è uno strumento estremamente diffuso sulla rete: sono centinaia i siti web organizzati secondo questa logica di successo, ma il più conosciuto è sicuramente Wikipedia, enciclopedia online creata “dal basso” che, a partire dall’anno in cui è stata fondata (2001), ambisce a offrire la conoscenza umana, in maniera neutrale. Sono migliaia le voci che ogni giorno vengono aggiunte o modificate da circa 80 milioni di utenti iscritti che vi collaborano, e da altrettanti fruitori passivi che attingono al sapere del sito.

Sorgerebbe ora spontaneo chiedersi come mai milioni di persone sono disposte a dare il loro contributo gratuitamente. La risposta sta nel fatto che il web ha introdotto un nuovo modo di fare economia, basata sul dono, un modello sociale di raccolta delle informazioni che considera il benessere psicologico, dato

dall’aver partecipato e contribuito a realizzare un bene comune, più importante di una qualsiasi ricompensa economica. Come afferma anche Anderson (2009, p.33): “il denaro non è l’unica motivazione dell’agire: l’altruismo è sempre esistito, ma oggi il web offre una piattaforma su cui le azioni dei singoli possono avere un impatto globale”.

Dal libro di Tapscott e Williams (2010) ci arriva un esempio illuminato circa la potenza della peer production e delle aggregazioni sulla rete: a pochi minuti dall’attentato che paralizzò Londra nel 2005, mentre i giornalisti si affannavano a ricercare notizie, su Wikipedia una donna aveva già riportato l’accaduto. “Giunti a fine giornata più di 2.500 utenti avevano dato vita a un resoconto esaustivo di 14 pagine sull’evento, che era molto più dettagliato delle informazioni fornite da qualunque singola fonte informativa” (Tapscott, Williams, 2010, p.120). Dunque, l’intelligenza e la competenza degli utenti, unite alla voglia di collaborare hanno creato la più grande enciclopedia esistente al mondo, con un’accuratezza tale da non aver niente da invidiare all’Enciclopedia Britannica, una delle più importanti enciclopedia generaliste mai pubblicate, redatta – tra gli altri – da molti premi Nobel e anche qualche ex presidente Usa21.

                                                                                                               

21  Nonostante le indiscusse capacità degli autori dell’Enciclopedia Britannica, la rivista Nature, nel 2005, ha confrontato quarantadue voci scientifiche di Wikipedia con le

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L’aspetto più importante delle piattaforme che ho descritto non è tanto l’aspetto tecnico, che ha sì permesso l’apertura, l’integrazione di vari servizi e la

collaborazione, ma l’aspetto sociale. La rete è principalmente un progetto sociale, le persone sono la linfa vitale della rete stessa, ciò che loro dicono, pensano e fanno sulla rete è ciò che traina l’intero ecosistema22

.

Mentre la vecchia rete era fatta di siti web statici costruiti ad hoc dalle grandi corporation, la nuova rete è nata grazie alle azioni individuali di ciascuno di noi. La facilità di connessione e di ricerca ha permesso la creazione di una grande collettività globale organizzata, autodeterminata che ha rivoluzionato il modo di intendere e di fare informazione.

3.2 Gli individui nell’era dei social media

Un tempo c’erano i professionisti (giornalisti, uomini di marketing, esperti di settore…), unici produttori di conoscenza e detentori della verità. Oggi questi devono dividere la scena con i dilettanti, individui autonomi che possiedono le “armi” per intervenire sulla conoscenza, cambiando l’intero sistema economico e informazionale.

Il graduale cambiamento avvenuto nel corso degli ultimi anni ha permesso di considerare al centro dell’intero sistema economico non più l’azienda ma il consumatore, concepito come un soggetto, dotato di una propria coscienza e volontà. Tutto ciò si è stato reso possibile grazie a circostanze di carattere socio-economico che hanno portato l’individuo ad assumere un certo grado di

autonomia e consapevolezza. In particolare si è assistito a:

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                corrispondenti voci dell’Enciclopedia Britannica, concludendo che la differenza di accuratezza non è particolarmente grande. (Benkler, 2007, p.90)  

22 Ne è la dimostrazione Google, che assegna, attraverso la tecnologia Page Rank, un

valore ai documenti in base alle volte in cui questi sono stati linkati dagli utenti su altri siti. In questo senso, è come se, ognuno di noi, quando condivide un documento conferisse a esso un voto favorevole.

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• Un aumento del livello del benessere che ha condotto ad un’inevitabile cambiamento negli stili di vita della collettività. Infatti, la disponibilità di maggiori risorse economiche rispetto al passato ha spinto i consumatori a ricercare prodotti e servizi in grado di soddisfare tutti quei bisogni che vanno al di là della sfera fisiologica. Si tratta quindi di riformulare la gerarchia dei bisogni che, secondo Maslow (siamo negli anni cinquanta del ‘900), determinano le azioni dell’uomo nelle sue attività quotidiane.   Maslow propose una teoria fondata su una gerarchia di cinque diversi bisogni che contribuivano alla realizzazione dell’uomo:

Fig. 3.3 fonte: De Felice (2011, p.20)

L’ipotesi di Maslow è che ogni individuo tenderà a soddisfare un bisogno di ordine superiore solo se sono stati soddisfatti i bisogni di grado

inferiore. Partendo dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici (cibo, acqua, alloggio, abbigliamento…), l’uomo dovrebbe riuscire a scalare l’intera piramide per arrivare a soddisfare anche il bisogno sul gradino più alto, quello di autorealizzazione (portare a compimento le proprie aspirazioni, occupare una posizione soddisfacente all’interno della società), ed essere dunque davvero felice.

Il progresso tecnologico dell’ultimo ventennio ha migliorato la nostra facilità di raggiungere la vetta della piramide, cambiando le nostre abitudini e anche i nostri desideri. Questo ha portato a un lungo dibattito

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sulla piramide di Maslow e a molte sue ridefinizioni.

Riporterò qui due nuove proposte della piramide, una sul fronte dei nuovi bisogni e una sulle piattaforme 2.0, che, secondo me, sono funzionali per comprendere le motivazioni che sottendono l’agire umano.

Piramide COSMA:

Fig. 3.4 fonte: De Felice (2011, p.21)

Tale piramide è stata proposta per la prima volta nel 2007 da Luca De Felice, autore del libro Marketing conversazionale. Dialogare con i clienti attraverso i social media e il Real-Time Web, di Twitter, FirendFeed, Facebook, Fourquare, in risposta alle abitudini sviluppatesi con l’utilizzo delle tecnologie emergenti.

1. Al gradino più basso della piramide, al posto dei bisogni fisiologici, troviamo quelli di Connessione: i cellulari e i pc non sono più da

considerare benefit, ma veri e propri strumenti imprescindibili della vita di ognuno di noi. Nasce in noi la necessità di essere presenti, di essere

connessi con il mondo.

2. Bisogno di Orientamento digitale: gli strumenti digitali, quali e-mail, Wi-Fi, GPS, chiave dati USB, ci aiutano a orientarci e a organizzarci nel mondo che ci circonda. Senza ci sentiremmo smarriti.

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3. Bisogno di Socialità: il web 2.0 ha portato con sé vari strumenti di interazione (come Facebook e Twitter) capaci di creare delle “piazze virtuali” dove interagire con gli altri. La rete diventa interattiva e

dinamica, cambia completamente il nostro modo di ricercare e scambiare informazione.

4. Bisogno di Medialità: quando un individuo interagisce sulla rete lo fa con l’intenzione di “farsi vedere” dagli altri, crea dei contenuti personali (in particolare attraverso i blog) per esprimere le sue competenze. Ricevere dei feedback o dei commenti diventa un buon parametro per valutare la sua reputazione sulla rete e alimentare così la sua soddisfazione.

5. Bisogno di Autocelebrazione: il recente lancio sul mercato dell’iPhone 5 ha spinto migliaia di seguaci della Apple in tutto il mondo a fare ore e ore di fila per accaparrarsi per primi il nuovo smartphone. Questo, come tanti altri oggetti di ultima generazione, non sono strettamente utili, ma

rappresentano oggetti del desiderio umano, che contribuiscono

all’autorealizzazione del sé. Autorealizzazione che oggi si estende anche alla rete: l’apertura di profili personali sui vari social network e il numero di “amici” rappresentano un altro modo per appagare il proprio ego e avere una maggiore stima e considerazione di sé.

Un’altra rivisitazione della piramide è stata quella fatta prendendo in considerazione le piattaforme 2.0, giunta alla sua seconda edizione (la prima risale al 2011).

Rispetto alla versione precedente, quella del 2012 introduce alcune novità. In particolare: si elimina il livello base della piramide, in quanto il web non sembra essere così rilevante per soddisfare i bisogni fisiologici; si inserisce una new entry, Google Plus (insieme a Facebook contribuisce al nostro bisogno di socialità), che al di là degli iniziali scetticismi e

previsioni non proprio ottimistiche, è riuscito, negli ultimi mesi a decollare e raggiungere un numero elevato di iscritti (250 milioni a giugno 2012, di cui 75 milioni attivi giornalmente)23

; infine, si conquistano uno spazio in cima alla piramide le piattaforme di blogging (Wordpress, Blogger, Tumblr), posizione occupata lo scorso anno da Wikipedia. Certamente                                                                                                                

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attività collaborative come quella di Wikipedia, hanno un forte impatto sulla nostra autostima, ma si tratta comunque di un progetto più grande in cui ci sono dei limiti e delle regole da rispettare. Ciò che appare evidente, e che Wikipedia non può offrire, è la possibilità, attraverso i blog, di dare libero sfogo alle proprie idee e creatività – come fonti principali di autorealizzazione.

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Fig. 3.5 fonte: www.ninjamarketing.it/2012/03/07/maslow-2-0-la-piramide-dei-bisogni-al-tempo-dei-social-media

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• Un altro cambiamento è dato dalla crescita di consapevolezza dei consumatori, i quali prima di compiere qualsiasi processo d’acquisto si impegnano a raccogliere informazioni, fare confronti e valutare ogni bene o servizio. I costi di ricerca di tali informazioni si sono in pratica annullati grazie al web, lo sforzo che dovrà sostenere il cliente per soddisfare il suo bisogno di conoscenza è quasi nullo, migliorando così gli scambi con i pari e aumentando la loro “sovranità” rispetto alle imprese.

• Infine, i social media hanno “aumentato” il nostro modo di fare acquisti. La componente emozionale che già in passato guidava le scelte dei consumatori, ha assunto oggi un valore ancora maggiore: spesso si acquista un prodotto per il valore simbolico che questo rappresenta. Ad esempio, sul mercato ci sono decine di creme alla nocciola spalmabili, ma nessuna è come Nutella, comprare Nutella ci lega ai ricordi dell’infanzia, è come rimanere un po’ bambini, non è un semplice barattolo di cioccolata, dietro ci sono storie, emozioni, sensazioni che ognuno di noi rivive mangiandola e tutto questo adesso non rimane circoscritto al privato di casa nostra, oltre al rapporto a tu per tu con il prodotto, si instaura un rapporto con tutte le altre persone che la mangiano, che associano ad esso storie diverse e valori semantici diversi, ma che adesso possono essere condivisi sulla rete. Come afferma Fabris (2009, p. 146): “Il fascino e la magia che una volta il prodotto e la marca sprigionavano, e che adesso sono compromessi, sembrano riemergere mediati dall’esperienza di

consumo: un nuovo modo di rapportarsi al mondo delle merci per cui sono soprattutto le esperienze a dare un senso agli acquisti, dato che è ormai acquisita la fase storica della soddisfazione non solo dei bisogni ma anche dei desideri; protagoniste sono cioè la ricerca e l’aspettativa di vivere, partecipare a esperienze che trovano un riscontro nel consumo ma che non si esauriscono nelle modalità tradizionali di fruizione”.

Oltre alla componente emozionale, i consumatori sono oggi molto più attenti all’etica aziendale. In particolare il consumatore chiede all’impresa di operare nel rispetto e nell’interesse di tutti, e di rispettare i principi di equità, trasparenza e reciprocità. L’azienda quindi, oltre ad avere come obiettivo principale quello della massimizzazione dei profitti, è inserita in

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un contesto sociale/pubblico e deve assolvere anche a degli obblighi morali, affinché tutti gli stakeholders siano pienamente soddisfatti (Fabris, 2009). Iniziative di responsabilità sociale devono essere integrate alle operazioni quotidiane dell’impresa, altrimenti il rischio è quello di essere “stroncati” dai consumatori che, grazie alla potenza di internet, possono generare buzz (passa parola) intorno al cattivo comportamento

dell’impresa stessa. Questa è il caso di McDonald’s che, nel gennaio 2012, ha lanciato una campagna su Twitter per chiedere agli utenti di raccontare le proprie esperienze da McDonald’s, tramite l’utilizzo dell’hashtag #McDStories. L’iniziativa ha però avuto un effetto boomerang e nel giro di poche ore migliaia di persone hanno cominciato a twittare le esperienze negative vissute da McDonald’s, accusando la multinazionale americana di scarsa pulizia dei locali, scarsa qualità del cibo, di assumere personale sgarbato e di maltrattamento sugli animali, per citarne alcuni. Visto l’immediato fiasco della campagna, dopo un’ora dal suo lancio, l’azienda ha deciso di fare marcia indietro e sospendere l’iniziativa, ma a quel punto il danno era stato fatto, e ovunque sulla rete si era scatenato il dibattito24

. La cattiva gestione dei canali social da parte di McDonald’s non è stato l’unico errore. Questa storia dimostra come i consumatori siano attenti non solo al prodotto finale, ma anche al processo di produzione del prodotto stesso e a tutti i servizi collegati ad esso. In questo caso particolare l’azienda sembra non rispettare i livelli minimi d’igiene, di qualità delle materie prime, ma soprattutto di non avere cura della salute dei propri consumatori (è di qualche anno il film-documentario di Morgan Spurlock che denunciava i disastrosi effetti sulla salute e sulla psiche causati dal “cibo spazzatura” servito da McDonald’s). Si tratta dunque, di un comportamento poco etico e irrispettoso nei confronti della società e dei suoi abitanti che, provocati da questa iniziativa, hanno manifestato tutto il loro dissenso25

.

                                                                                                               

24  www.webinfermento.it/il-caso-mcdonalds-prevenire-e-meglio-che-curare  

25  Le ultime campagne pubblicitarie McDonald’s hanno spostato il focus su un concetto di genuinità e salubrità dei suoi elementi, attraverso la presentazione di uno scenario agreste. Questo cambio di rotta sembra essere nato proprio in risposta alle nuove richieste del consumatore, sempre più attento alla qualità e alla freschezza dei cibi che mangia. Il

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Fatte queste premesse, è evidente come i social media giochino un ruolo

fondamentale nelle nostre vite. Il web ha completamente trasformato il modo di informarsi e di essere connessi con il mondo esterno, compreso il nostro

approccio ai media tradizionali. Infatti, secondo il rapporto 2012 del Censis “I media siamo noi. L’inizio dell’era biomediatica”26

(dove per biomediatica si intende l’importanza di condividere la propria vita sulla rete) il web ha profondamente modificato le nostre abitudini di consumo mediale: internet è sempre più dominante nella dieta mediale degli italiani (oggi un quarto degli italiani collegati a internet (il 24,2%) ha l’abitudine di seguire i programmi televisivi direttamente sui siti web delle emittenti e il 42,4% li cerca su YouTube per costruirsi i propri palinsesti su misura) a scapito dei quotidiani in versione cartacea che vedono inesorabilmente scendere il numero dei suoi lettori. “L’individuo si specchia nei media (ne è contenuto) creati dall’individuo stesso (che ne è il produttore). Siamo noi stessi a costruirci i nostri palinsesti

multimediali personali, tagliati su misura in base alle nostre esigenze e preferenze. E noi stessi realizziamo di continuo contenuti digitali che, grazie a Internet, rendiamo in molti modi”27

.

L’intrattenimento e l’informazione diventano “fai da te”; se una volta stavamo seduti sul divano a fare zapping alla ricerca di qualcosa di interessante o

divertente, oggi siamo noi a decidere a cosa fare attenzione, in che momento e in che luogo. I tempi si dilatano, non c’è più un tempo per lavorare e uno per

divertirsi e dedicarsi agli hobbies, possiamo potenzialmente fare tutto in qualsiasi momento.

Inoltre, la maggiore diffusione di smartphone e tablet, ha offerto la possibilità di essere sempre connessi, in maniera dinamica, estemporanea, diventando quindi sempre più social e sempre più sul web.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                cambiamento messo in atto dall’azienda è importante, dimostra di essere più vicino ai suoi clienti, ma è ancora presto per capire se questo riuscirà a sradicare anni di sentiment negativi.     26www.censis.it/10?relational_resource_381=117770&relational_resource_382=117770 &relational_resource_383=117770&relational_resource_384=117770&relational_resourc e_385=117770&relational_resource_403=117770&relational_resource_51=117770&rela tional_resource_52=117770&resource_50=117770   27  www.lastampa.it/2012/10/03/italia/cronache/inizia-l-era-biomediatica-il-censis-su-italiani-e-comunicazione-nMBuGl3qjNnp9ee23SdMuK/pagina.html  

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Il notevole svilippo di internet, il web 2.0, i social network, la miniaturizzazione dei dispositivi hardware e la proliferazione delle connessioni mobili hanno esaltato il primato del soggetto che diventa: consumATTORE (è informato, competente, maggiormente consapevole e selettivo), consumAUTORE, in quanto produce contenuti, produce conoscenza che costruisce a partire da quella esistente, copiandola, modificandola, migliorandola. Il frutto del suo lavoro è ceduto

gratuitamente a tutti coloro che ne vogliono fare uso; il benessere e la

gratificazione psicologica diventano componenti fondamentali di questa nuova tendenza: il senso di appartenenza ha più importanza del guadagno materiale. Infine è consumatoRE: stabilisce relazioni con i propri pari, le gestisce

autonomamente, influenza le decisioni d’acquisto con le proprie opinioni (quando un individuo è a caccia di un prodotto si collega sempre più raramente al sito dell’azienda che lo produce, ma preferisce entrare in un blog o in un social network per chiedere consigli alle persone di cui si fida), sfugge ai target e alle categorizzazioni del marketing tradizionale. L’individuo postmoderno non è più definito in base ai propri consumi, questo è diventato imprevedibile, infedele. Il suo agire è sempre più contraddittorio e incoerente, interpreta una molteplicità di ruoli che possono essere in contrasto tra loro: può essere uno stimato dirigente di banca durante il giorno e suonare la batteria in un gruppo rock la sera; può andare in palestra tutti i giorni e poi mangiare hamburger e patatine nel primo fast-food che trova.

Le persone assumono più stili di vita diversi nell’arco della propria vita e nel farlo si lasciano influenzare dalla rete, e dalle pratiche dei suoi pari, dando avvio a degli incredibili effetti di rete inimmaginabili fino a qualche anno fa.

3.2.1 Sviluppo della network society

Eravamo abituati a pensarci come pubblico, consumatori, cittadini. Il paradigma comunicativo oggi è mutuato: non siamo più solo “oggetto” di comunicazione, ma “soggetto”. Cambia il nostro senso della posizione nella comunicazione. Nei blog, siti di social network, wiki, mondi online, costruiamo la nostra riflessività connessa e da lì produciamo, distribuiamo e consumiamo in modi nuovi le forme simboliche e i significati che ci servono per abitare il mondo. Quello che stiamo

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costruendo è un equilibrio sociale diverso. In discontinuità con le categorie conoscitive della modernità28.

Molti neologismi sono stati coniati per definire questa nuova economia nata col web: Wikinomics o “economia collaborativa” (Tapscott, Williams, 2010), networked economy (Benkler, 2007), economia del gratis (Anderson, 2009), ma indipendentemente da come la si chiama è chiaro che quest’economia è creata dalle persone, i veri protagonisti sono le milioni di persone connesse e sparse in tutto il mondo che contribuiscono a portare la loro individualità sulla rete, creando un’unica grande società: la network society.

Con il web emerge un “luogo” dove le logiche di potere e controllo proprie dei media tradizionali vengono spazzate via da un nuovo modello di comunicazione fondato su delle reti di comunicazione orizzontali. Le relazioni tra attori sociali che prima erano circoscritte ai gruppi di persone vicine a lui, a causa delle barriere geografiche che limitavano l’agire, sono oggi un lontano ricordo: per la prima volta nella storia, la voce dei singoli individui può raggiungere un pubblico globale, e possono così essere innescate conversazioni con chiunque e ovunque egli si trovi.

Ciò che distingue l’epoca moderna da quella attuale è proprio la ricerca di collettività, di contatto con gli altri, contro l’individualismo moderno. Lo sviluppo delle ICT sono state la condizione necessaria per l’affermarsi di questa società in rete flessibile e decentralizzata. Come affermano Tapscott e Williams (2010, p.64): “L’internet di ieri – basata sul motto “io pubblico, tu navighi” e sui contenuti in sola lettura – sta diventando un luogo in cui la

conoscenza, le risorse e la potenza computazionale di miliardi di persone si stanno aggregando fino a dar vita a una forza collettiva smisurata. Alimentata tramite i blog, i wiki, le chat, il personal broadcasting e altre forme di creazione e

comunicazione peer-to-peer, questa forza profondamente decentralizzata e amorfa si sta dando sempre più un’organizzazione autonoma per fornire notizie,

intrattenimento e servizi autoprodotti”.                                                                                                                

28  Copertina del libro di Giovanni Boccia Artieri, 2012, Stati di connessione. Pubblici,

cittadini e consumatori nella (social) network society, visionata su:

www.ninjamarketing.it/2012/05/28/stati-di-connessione-giovanni-boccia-artieri-anteprima  

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Gli individui quindi agiscono sulla rete non come entità individuali, ma come parte di un gruppo, i nostri comportamenti dipendono dai comportamenti delle comunità virtuali a cui apparteniamo, ognuno assume un ruolo e porta la sua singolarità all’interno del network.

“Peering” e “sharing” diventano le parole d’ordine di questa società in ascesa: si tratta della nascita di un nuovo modo di essere cittadini, diventando veri e propri “media”, in grado di dire la propria in modo attivo, di bypassare l’informazione “commerciale” per produrne una propria, creando la propria personale agenda setting, tramite la produzione di contenuti o lo sharing

(condivisione) di messaggi che noi riteniamo importanti attraverso i social media. Dietro al concetto stesso di network society si nascondono valori come

autenticità, solidarietà, comunità; l’atto spontaneo e gratuito dell’agire umano è finalizzato proprio all’agire sociale: tutto quello che noi scriviamo, pubblichiamo online non rimane isolato, scriviamo e pubblichiamo per cogliere l’attenzione delle nostre cerchie di amici, così da suscitare delle reazioni.

Molti sono i fattori determinanti il successo dei network sociali e che hanno definitivamente spazzato via il timore del digital divide29

dei primi tempi: dal punto di vista “strumentale” la facilità d’uso, attraverso interfacce grafiche intuitive e semplici da utilizzare, la gratuità (non si deve sostenere alcun costo di registrazione) e la capacità di integrazione (possibilità di usufruire di applicazioni e servizi aggiuntivi come email, chat, giochi all’interno del social network e di essere accessibili da qualunque dispositivo, pc, tablet, smatphone), e, dal punto di vista “sociale”, la spinta emotiva e relazionale delle nuove reti (internet ha infatti consentito la formazione di neo-tribù telematiche sulla base di passioni comuni e affinità, per condividere la quotidianità senza limiti spazio-temporali e culturali) (Prunesti, 2010, p.104).

Appropriandosi delle nuove forme di comunicazione i membri della società della rete stabiliscono dei legami con gli altri, il parere degli utenti, che condividono gli stessi interessi, diventano maggiormente rilevanti rispetto alla comunicazione aziendale: gli utenti preferiscono ricevere informazioni non direttamente dalle aziende ma bensì dalle persone che, come lui, hanno le stesse esigenze e sono                                                                                                                

29  Divario digitale che si pensava ci potesse essere tra coloro che hanno accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione e chi invece ne è escluso, creando così una nuova forma di esclusione sociale.  

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disposte a offrire opinioni disinteressate a chi ne ha bisogno. In questo scenario, un ruolo importante è giocato dai meccanismi di “raccomandazioni”. “Le raccomandazioni online sono l’equivalente del passaparola offline” (Cova, Giordano, Pallera, 2012, p.197). Non tutto ciò che circola su internet può arrivare alla nostra attenzione, la rete contiene miliardi di pagine, di cui molte di scarso valore, dunque le raccomandazioni peer to peer derivanti da utenti che noi riteniamo autorevoli e degni di fiducia, ci consentono di essere guidati e aiutati nella ricerca di thread di nostro interesse.

Lungo la scia di quanto detto fino a ora è deducibile che all’interno della rete, non tutti osservano gli stessi comportamenti, ci saranno gruppi di utenti più

partecipativi e maggiormente influenti e gruppi minori, “satelliti” e meno

influenti, ma ognuno di essi offrirà un contributo importante al nuovo ecosistema virtuale. Che siano utenti attivi e creatori di contenuti o semplici spettatori è la loro impostazione mentale ad essere cambiata: non sono più disposti ad ascoltare i poteri commerciali come unica fonte di informazione, ma creano alleanze al fine di essere maggiormente consapevoli e autonomi nelle proprie scelte, diventando imprenditori di se stessi. In particolare, una ricerca della Forrester Research del 2009 (Prunesti 2010, pp. 135-137) individua sei tipi diversi di utenti dei social media, in base alle attività svolte online:

1. Creatori: comprende coloro che producono spontaneamente contenuti innovativi tramite la gestione di un blog o di un sito personale, o ancora tramite la pubblicazione online di video, musica e testi autoprodotti. 2. Critici: fanno parte sempre nella parte attiva del web, ma sono più orientati

verso il confronto aperto con gli altri utenti, attraverso la partecipazione a forum, commenti in blog di proprietà altrui, recensioni di prodotti/servizi. 3. Collezionisti: coloro che ricercano i contenuti di loro interesse attraverso

tag tematici, abbonamenti feed RSS.

4. Socievoli: rappresenta la stragrande maggioranza dei navigatori. Quasi tutti quelli che oggi navigano su internet possiedono un profilo personale su almeno uno dei social network presenti sul web.

5. Spettatori: sono in genere utenti silenziosi interessati a reperire informazioni, recensioni, commenti di valore in quel determinato momento, ad ascoltare musica che guardano direttamente su YouTube, senza mai immettersi nelle discussioni.

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6. Inattivi: non fanno nessuna delle attività sopra indicate. Dunque si suppone che siano persone che si limitano alla consultazione di siti

istituzionali, all’invio di email, e all’utilizzo di servizi di istant messaging. Insomma tutte quelle attività che si potevano svolgere anche con il web 1.0.

Per quanto Forrester Research abbia individuato in maniera esaustiva tutte le attività dei navigatori e le abbia classificate correttamente, ritengo che non ci sia una divisione così netta delle categorie, soprattutto nella parte “alta” della

suddivisione, quella più produttiva. Conosco infatti molte persone che rispondono a più profili contemporaneamente. Ad esempio, ci sono persone che possono sottoscrivere abbonamenti RSS a blog di loro interesse, ma allo stesso tempo tengono un “diario” virtuale proprio, dove modificano e rielaborano i concetti espressi da altri, linkano contenuti o ne creano di nuovi, e nel frattempo pubblicano foto su Instagram per raccontare la propria giornata. O ancora chi possiede un blog, solitamente è iscritto anche ai social network, dove non avrà solo un profilo privato, ma ne avrà anche uno dedicato al blog (una mia compagna di studi, nonché ex collega di lavoro, tiene da molti anni un blog di viaggi, dove racconta le sue esperienze, suggerisce itinerari, e risponde alle tante domande dei suoi lettori. La visibilità raggiunta dal suo blog è tale che viene spesso chiamata da organizzazioni o brand per partecipare ad eventi, che racconta tramite le foto su Instagram con i relativi tag, e i tweet su Twitter, in contemporanea allo

svolgimento dell’evento. Una volta tornata a casa fa un resoconto dettagliato della sua esperienza sul blog e la condivide con gli altri. A questo punto informa i suoi lettori/amici che un nuovo post è stato pubblicato e fa passare la notizia anche attraverso il suo profilo personale. Inoltre, probabilmente, durante la sua esperienza ha conosciuto nuovi blogger, con i quali stringe amicizia sui social network e comincerà a seguire i loro blog.

Dunque la mia compagna di studi incarna quasi tutti i profili individuati da Forrester Research, fatta eccezione per l’ultima categorizzazione, quella degli inattivi).

Potremmo allora leggere la categorizzazione partendo dal basso, un po’ come se fosse una piramide, dove chi raggiunge la vetta, i creatori, soddisfano le attività precedenti, ma anche questa lettura apparirebbe distorta.

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Ciò che in sostanza appare evidente non è una distinzione netta tra i vari profili, ma una rete composta da nodi interconnessi, dove ci sono membri che cooperano e partecipano attivamente alla costruzione della nuova società in rete,

indipendentemente dalla continuità e dalla natura delle loro azioni, lasciano tracce qua e là e contribuiscono alla realizzazione di un’enorme intelligenza collettiva, e dall’altra parte navigatori che si muovono in maniera impercettibile sulla rete, sono silenziosi, ma partecipano comunque, anche se inconsapevolmente, alla creazione della network society, in quanto contribuiscono alla selezione delle informazioni: ogni loro clic è registrato e contribuisce a migliorare la reputazione di un sito piuttosto che un altro, collaborando dunque alla categorizzazione dei contenuti.

La nuova cultura mediale e l’intelligenza collettiva che ne deriva prendono piede da ognuna delle azioni dei singoli individui, indipendentemente dal ruolo che svolgono.

La rete rappresenta uno spazio potenziale di autonomia: “ciò che emergerà (l’uso del futuro risulta ormai antiquato) dall’ambiente dell’informazione in rete non sarà un sistema fatto per l’imitazione dilettantesca di bassa qualità di prodotti commerciai già esistenti. Nascerà invece uno spazio capace di offrire più libertà di espressione, provenienti da diverse fonti e di diversa qualità” (Benkler, 2009, p.212).

Quindi, come già ho affermato, i network, grazie alla loro elasticità e flessibilità, permettono di valorizzare la creatività e l’ingegnosità dei singoli, e anche le aziende stanno comprendendo le potenzialità del pubblico, al punto che sempre più spesso si affida al crowdsourcing30

per trovare nuove idee originali. L’utente diventa produttore, la distinzione tra l’impresa che produce e l’utente che

consuma diventa grazie la rete un concetto sempre più labile, ma lo vedremo in dettaglio nel prossimo capitolo, quando parlerò dei prosumer.

                                                                                                               

30  Le aziende hanno fatto della network society la loro personale area ricerca e sviluppo. Crowdsourcing significa infatti spostare esternamente alcune attività che prima erano interne. In questo caso ci si affida alla collaborazione di un gruppo non definito di persone che offre il proprio contributo alla creazione di un progetto, di un’idea, di un prodotto. L’obiettivo è quello di sfruttare risorse esterne che hanno costi minori per l’impresa e in questo modo rivoluzionare il modo di creare valore coinvolgendo direttamente gli utenti.    

Figura

Fig. 3.1. fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/Web_2.0
Fig. 3.2. fonte: www.ninjamarketing.it/2011/11/28/facebook-e-i-gradi-di-separazione-tra- www.ninjamarketing.it/2011/11/28/facebook-e-i-gradi-di-separazione-tra-gli-utenti
Fig. 3.3 fonte: De Felice (2011, p.20)
Fig. 3.4 fonte: De Felice (2011, p.21)
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