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C APITOLO III

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C

APITOLO

III

Il palazzo pretorio di Fucecchio

1.

L’aspetto attuale

L’edificio a due piani del palazzo pretorio si dispone ad angolo su due lati sulla piazza Vittorio Veneto (fig. 16). Su uno dei due bracci al pianterreno presenta una loggia a due arcate coperte da volte a crociera, sotto la quale un antico tabernacolo racchiude un affresco raffigurante una Madonna col Bambino e Santi (fig. 17); alla base è un sedile in pietra grigia su cui prendevano posto il podestà e gli anziani del popolo quando dovevano rendere pubblica giustizia1. Il dipinto venne realizzato nel 1317 dal pittore Covero da San Miniato,

tuttavia mostra tracce di successive ridipinture; nel 2006 è stato restaurato da Lidia Cinelli per conto dell’associazione “Fucecchio riscopre”.

Sulla facciata le finestre, racchiuse da cornici in pietra serena, si dispongono regolarmente su due ordini sovrapposti, mentre la cortina muraria intonacata è ornata da alcune targhe e da stemmi gentilizi, tra cui spicca sul cantone una grande arme dei Medici, molto rovinata. Da un portone collocato sotto la loggia si accede alla scuola Arturo Checchi, che occupa l’intera porzione orientale dell’edificio2. Dall’ingresso una scala che si dirama in due rampe

conduce al primo e al secondo piano, i quali ospitano i laboratori di moda dell’istituto3. Sul

retro un piccolo terrazzino si affaccia sul giardino del palazzo, diviso in due settori da un alto muro e invaso dalle piante infestanti4.

Dallo stesso vano d’ingresso della scuola al pianterreno un passaggio introduce in uno spoglio corridoio, al momento inutilizzato5, che mette in comunicazione la loggia del palazzo

con il giardino retrostante (fig. 21).

1 Vedi PALAVISINI, 1978, p. 48.

2 La scuola Checchi occupa la porzione più antica dell’edificio adibito alla fine del XVIII secolo ad appartamento

del vicario nonché il piano superiore, creato dagli interventi di quel periodo. Vedi infra, § 3 e 4.

3 Dalla medesima scala si accede anche ad un piano ammezzato chiuso al pubblico, probabilmente utilizzato

come magazzino.

4 Il giardino si estende su tutto il lato del palazzo ed è diviso da un alto muro in due sezioni comunicanti tramite

un passaggio.

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Lungo l’andito si affacciano vari ambienti, testimonianti la passata destinazione a prigioni. Nel primo tratto, sulla parete sinistra del corridoio, è visibile la struttura tamponata di un camino in pietra, sul cui architrave si trova un’iscrizione che cita i nomi di Lionardo di Banto Rocchi e Cosimo suo fratello e le date 1607, 1621 e 1622; al centro è inserito uno stemma scolpito sul quale rimangono tracce di policromia (fig. 19).

La parte restante del palazzo, affacciata sul lato meridionale della piazza, ospita al primo piano l’Associazione del Palio delle contrade di Fucecchio e la sezione Valdarno inferiore del Club Alpino Italiano6. La prima occupa una grande sala affacciata sulla piazza (fig. 20) e

alcune vecchie prigioni contigue, recentemente rimodernate. Il C.A.I. ha installato la propria sede nella parte retrostante del palazzo, e comprende due ambienti comunicanti dai soffitti piuttosto bassi e gli spazi delle ex-prigioni (fig. 18), in parte inutilizzate o adattate agli scopi dell’associazione. Su questo livello è possibile accedere ad un piccolo cortile interno a pianta quadrata, mentre una scala esterna in mattoncini scende nella corte tergale7. Due scale

collocate alle due estremità del piano conducono ad un livello superiore, in stato di completo abbandono.

2.

Cenni storici

I componenti del consiglio cittadino di Fucecchio deliberano la costruzione di un palazzo pubblico per le loro riunioni il 16 maggio 1304, giorno in cui viene istituita una commissione di sei uomini con l’incarico “de emendo et fieri faciendo unam domun quae sit comunis ficecchi et platem in qualunque parte in terra ficecchi”8. A tale scopo, nell’agosto dello stesso

anno, il Comune acquisisce un prestito di 2000 lire allo scopo di acquistare case dove realizzare il palazzo e la piazza per il Comune9. Nello stesso mese vengono comprate

6 Le due associazioni occupano gli spazi delle segrete e degli appartamenti dei notai civile e criminale nati dalla

demolizione del teatro alla fine del Settecento e gli ambienti della scuola pubblica. Vedi infra, § 3 e 4.

7 Nel periodo estivo questa porzione del giardino viene pulita dagli infestanti e utilizzata dal C.A.I. come spazio

ricreativo.

8 “Di comprare e fare in modo che fosse costruita una casa che sia del Comune di Fucecchio e una piazza in una

qualsiasi parte nella terra di Fucecchio”. A.S.C.F., Registri delle Reformagioni, 1304; documento riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 11. Questa breve sintesi storica è stata realizzata soprattutto grazie all’attento lavoro di analisi dei documenti dell’Archivio storico del Comune di Fucecchio compiuto dagli allora studenti Andrea Magni e Alessandro Nucci, riportato nella tesi L’antico palazzo dei Podestà a Fucecchio: storia e restauro a cura del Prof. Giuseppe Cruciani della Facoltà di architettura dell’Università di Firenze, a.a. 1981-1982.

9 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 12. La piazza, infatti, viene creata mediante l’abbattimento di parte degli

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abitazioni di proprietà di Ugolinello Regitoris e di Vachuccio Pucci per rispettive 550 lire ciascuna nonché deliberata l’acquisizione di altre case da sette diversi proprietari10.

Il 23 gennaio 1306 i lavori sono terminati dato che “de mandato nobili potestatis” il consiglio generale dei ventisei si riunisce “in logia comunis”11.

Nel corso dei secoli successivi, fino alla fine del XVIII secolo, i documenti denotano l’effettuazione di interventi di non grande entità, miranti per lo più al consolidamento delle strutture e alla manutenzione piuttosto che alla decorazione di certi ambienti: il 6 marzo 1317, ad esempio, il Consiglio generale dei 26 delibera di dipingere “figuram beate Verginis in logia predicta et dictam cameram lastricare de mactonibus et ponere sedes”12.

Tra gli interventi di tipo ornamentale rientra anche la spesa di lire 3 del 29 dicembre 1389 per pagare il pittore Andrea di Siena per un’immagine della Vergine Maria dipinta nella camera notaio nel palazzo del Comune13.

A partire dal 1330, dopo l’atto di sottomissione di Fucecchio a Firenze e la firma dei capitoli e patti di assoggettamento, nel palazzo prende dimora il podestà fiorentino, che resta in carica sei mesi con il compito di amministrare la giustizia civile e penale secondo gli statuti del Comune di Fucecchio14.

Alla fine del XIV secolo il Consiglio non si raduna più sotto la loggia, ma “in sala palatii”15;

dunque all’interno dell’edificio esiste una sala adibita alle assemblee, la cui collocazione rimane però sconosciuta; un’ulteriore notizia del 7 febbraio 1422 precisa che il Consiglio

10 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp.12-13.

11 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 13. Alcune informazioni contenute nello statuto del Comune di Fucecchio del

1307-1308 conservato in un codice dell’Archivio storico del Comune di Fucecchio (Archivio storico del Comune di Fucecchio, d’ora in poi A.S.C.F., 271, 11, 156) e nello statuto di Fucecchio del 1340 conservato nell’Archivio di Stato di Firenze (A.S.F., Statuti di Firenze e Comunità soggette, n. 337, III, 30, c. 52v) assicurano circa la corrispondenza di tale piazza e palazzo del Comune citati nelle fonti con gli attuali piazza Vittorio Veneto e palazzo pretorio. Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 13. Vedi anche Fucecchio: i luoghi, l’arte, la storia, 2000, p. 34.

12 “La figura della Beata Vergine nella loggia suddetta e lastricare la detta camera con mattoni e porre sedili”.

A.S.C.F., Reformagioni, 1317 riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 16. Un’altra testimonianza del 10 marzo 1317 precisa che i sedili servono per le riunioni del consiglio che si svolgono in questa loggia e che l’immagine della Beata Vergine Maria “col suo beatissimo figlio nel Padre Onnipotente” deve essere dipinta “per reverenza e amore verso gli stessi e affinché gli uomini che si riuniscono in consiglio siano provvidi, decisi e costanti, dal beneficio della sua grazia, abbino la mente attenta e talvolta porgano il desiderio alla salvezza delle proprie anime, ad una difesa salutare, alla condizione pacifica e tranquilla del comune”. A.S.C.F., Reformagioni, 1317 riportatoMAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 17. Il tabernacolo verrà poi restaurato nel 1434 dal pittore Pietro di

Giovanni da Firenze. Vedi A.S.C.F., Reformagioni, 1430-40, documento riportato inMAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 22-23.

13 A.S.C.F., Reformagioni, 1385-1394; il documento è riportato inMAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 21. 14 Vedi LOTTI, 1980, p. 166.

15 La testimonianza risale al 19 giugno 1380. A.S.C.F., Reformagioni, 1376-1381, riportata in MAGNI -NUCCI,

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generale è solito radunarsi nella sala inferiore del Comune16.

A partire dalla metà del XV secolo si hanno le prime notizie che testimoniano la trascuratezza dell’edificio comunale: nel 1440 l’assemblea cittadina delibera di eleggere due persone che provvedano alla riparazione del palazzo finito in rovina17. Analogamente, una successiva

notizia del 28 ottobre 1561 testimonia le cattive condizioni del palazzo del podestà e specialmente della loggia18.

Al fine di recuperare le risorse necessarie, nel 1565 la Comunità di Fucecchio domanda al duca Cosimo dei Medici l’autorizzazione a trattenere dal salario del podestà fino a 100 lire da spendere nella restaurazione e riparazione del palazzo e dell’abitazione del giusdicente19,

mentre quattro anni dopo ottiene la licenza di servirsi di alcune migliaia di mattoni in rovina provenienti dalle mura del castello di Fucecchio, per riparare la stanza del consiglio contigua al palazzo del podestà, che si trova in pessime condizioni20.

Il 24 maggio 1609 la Comunità di Fucecchio chiede al Magistrato dei Nove il permesso di “spendere scudi 50 per fare una loggia in piazza con tetto sopra, attigua al palazzo del Signor Podestà et alla casa dove si tiene la scuola con muricciolo attorno e dove riuscirà sotto la finestra della prigione pubblica di detto palazzo”21. Sembra di capire che si tratti del braccio

meridionale del vecchio portico angolare del palazzo, tamponato alla fine del XVIII secolo per ricavare le carceri pubbliche (tav. IX)22.

Malgrado ciò la situazione non sembra del tutto risolta se nell’ottobre 1628 si propone di stanziare 500 scudi per restaurare l’edificio, mozione accolta solo in seconda istanza23.

Il 13 maggio 1629 l’assemblea cittadina invia una supplica al sovrano in cui domanda il consenso per comprare una casa contigua alla podesteria da utilizzare in parte per allargare l’abitazione del podestà, che non ha posto sufficiente per alloggiare il suo cavaliere “senza soggezione grande di tutta la sua famiglia”, in parte per trasferirvi la Cancelleria e l’Archivio. Questo consentirebbe al contempo la demolizione della vecchia Cancelleria, ormai in rovina,

16 A.S.C.F., Reformagioni, 1422-31, riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 21. 17 A.S.C.F., Reformagioni, 1439-44 riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 23.

18 A.S.C.F., Reformagioni, 1556-69 riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 24. Il 28 ottobre 1563 vengono

annotate tutte le spese fatte per la loggia del palazzo del podestà. A.S.C.F., Reformagioni, 1556-69 in MAGNI

-NUCCI, 1981-82, p. 24.

19 A.S.C.F., Reformagioni, 1556-69, (13 agosto 1565) riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp. 24-25. 20 A.S.C.F., Reformagioni, 1556-69 (18 gennaio 1569) riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 25.

21 A.S.C.F., Operai di mura e palazzo e vie di dentro, 1579-1620 riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 25. 22 Su questa campata si affacciava la vecchia carcere pubblica (tav. IX). Vedi infra, § 3-4.

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e il conseguente ampliamento della piazza24, la cui configurazione in questo periodo è

illustrata in un disegno databile tra la fine del XVI e i primi anni del XVII secolo (fig. 22)25.

Nella raffigurazione si distinguono, tra le case dei particolari, il palazzo Corsini, posto sul versante settentrionale al termine della ripida scalinata, a ovest l’edificio della vecchia e pericolante Cancelleria, mentre nel settore orientale il palazzo pretorio è rappresentato unicamente da un portico a due campate. L’assenza del braccio meridionale della loggia consente di ascrivere il disegno ad una data antecedente al 1609, anno in cui ne viene deliberata la costruzione. Da notare anche la presenza di un solo piano al di sopra del porticato, difatti l’edificio verrà sopraelevato solo nel secolo successivo.

L’autorizzazione richiesta nel 1629 non viene evidentemente concessa se il 29 settembre 1674, davanti al Consiglio generale, viene esposta una nuova supplica per domandare l’acquisto una casa stimata 200 scudi da utilizzare per accrescere la Podesteria e per installarvi la Cancelleria, dato che la vecchia si trova in un tale stato di fatiscenza che, piuttosto che ripararla, conviene demolirla allargando la piazza26.

Già a partire dalla fine del Seicento nel palazzo pretorio si trova in funzione uno “stanzone delle commedie” di proprietà comunale: nell’Archivio storico di Fucecchio esistono infatti alcune delibere che riportano notizia delle sovvenzioni erogate dalla Comunità nel 1691 per alcuni interventi di manutenzione27.

Nel 1753 gli aderenti alla costituenda Accademia dei Fecondi ottengono la concessione del teatro del pretorio ed il permesso di fondare un’accademia “con facoltà di potere a tutte loro spese fabbricare, ingrandire, decorare, e formare i Palchetti, o siano Stanzini all’intorno alla Platea di detto Teatro, non mai con la minima deteriorazione di quello”28: è in questa

occasione che “lo stanzone” viene trasformato in un vero e proprio teatro con pianta ad U e

24 A.S.C.F., Deliberazioni e riforme del Comune, 1663-1681; riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp. 26-27. 25 Il disegno è pubblicato in Fucecchio: i luoghi, l’arte, la storia, 2000, p. 34; nel testo non viene indicata la

collocazione e viene datato alla fine del Seicento. Chi scrive lo ritiene antecedente per le ragioni meglio specificate nel testo.

26 A.S.C.F., Deliberazioni e riforme del Comune, 1663-1681; documento riportato in MAGNI -NUCCI, 1981-82, p.

27.

27 Vedi I teatri storici della Toscana, 1998, pp. 353-355. Bisogna precisare che le delibere del 14 ago 1680

(A.S.C.F., Deliberazioni del Comune, 1678-85) e del 16 gennaio 1695 (A.S.C.F., Deliberazioni del Comune, 1685-97), le prime a citare lo “stanzone delle commedie”, non specificano la sua collocazione, che però è desunta dalle successive testimonianze documentarie e grafiche (tav. X) circa la presenza nell’edificio, nella seconda metà del XVIII secolo, di un teatro completo di palcoscenico, orchestra, platea e palchi. Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp. 28-31.

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fornito di palchetti (tav. X)29. Allo stesso tempo viene stabilito “che la platea di detto teatro

resti sempre riservata per il luogo, e adunanza del Consiglio generale”30.

Nel 1758 si rileva la necessità di rifare le scale del palazzo pretorio e quelle per salire alla sala per le assemblee del Consiglio generale, o meglio al teatro, poiché “per essere gli scalini delle medesime di mattoni eran questi così consumati e guasti che difficilmente si poteva salire”31.

Il 1 giugno 1776, all’indomani della legge di riforma dei governi provinciali, il Magistrato cittadino stanzia 200 scudi per innalzare di un piano il palazzo pretorio così da ricavare ulteriore spazio per dare una conveniente abitazione al podestà e al suo ministro, mentre nel gennaio dell’anno successivo la somma viene integrata di 300 scudi32.

A quest’epoca il portico sulla piazza si dispone su tutto il fronte dell’edificio, formando una L. L’ingresso ai piani superiori ha dimensioni ampie; da esso partono due rampe di scale contrapposte che conducono da una parte al quartiere del podestà e dall’altra al teatro33.

Quest’ultimo occupa la parte centrale del palazzo per tutta la sua profondità e per l’altezza di due piani. L’appartamento del p si compone di nove stanze, di cui cinque al primo e quattro al secondo piano, ubicate nel settore orientale dell’edificio, mentre quello del notaio consiste in “bassi e angusti mezzanini” e in una camera al primo piano (tavv. IX-X)34. Al pianterreno si

trovano una carcere pubblica, la dispensa, la stalla e altre stanze non abitabili. Nella parte retrostante, affacciata sull’orto, una loggetta a due campate dà luce ad un vano interno35.

Nel 1780 l’elevazione di Fucecchio a sede vicariale determina un’ulteriore ristrutturazione del palazzo al fine di adattarlo alla nuova destinazione, intervento che comporta, tra l’altro, lo smantellamento del teatro per far posto alle carceri e agli appartamenti dei notai civile e criminale (tavv. XIII-XIV). Nella stessa circostanza l’arcata dell’ala destra del pretorio viene tamponata e al suo posto ricavate due nuove carceri pubbliche. Nei loro pressi viene eretta una cappellina, benedetta il 4 febbraio 1783 dall’arciprete G. Baccini e intitolata a S.

29 Per la fabbricazione dei palchetti l’Accademia spese la ragguardevole cifra di mille scudi. Vedi Appendice, n.

III.45.

30 Appendice, n. III.17.

31 A.S.C.F., Deliberazioni del Comune, 1757-60 (17 febbraio 1758); documento riportato in MAGNI -NUCCI,

1981-82, p. 32. È probabilmente in questa occasione che fu costruito l’imponente ingresso raffigurato dall’ingegnere Anastagi nel 1780 (tav. IX).

32 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 33.

33 I tratti essenziali dell’aspetto del palazzo pretorio prima dei lavori della fine del XVIII secolo si ricavano da una

relazione dell’ingegnere Anastasio Anastagi del luglio 1780. Vedi Appendice, n. III.11 e MAGNI -NUCCI, 1981-82,

p. 36. In un disegno del 1847 questa geometria non esiste più, le prime due rampe sono sostituite da un’unica rampa, così come si vede oggi.

34 Appendice, n. III.11.

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62 Leopoldo36.

Dal 1799 al 1814 l’edificio diventa sede del Maire francese. Fin da subito viene disposta la rimozione degli stemmi gentilizi della facciata e all’interno del palazzo37. Negli stessi anni la

cappella dei carcerati viene demolita allo scopo di modificare la parte dell’ingresso principale e gli accessi al primo piano38.

Il ritorno del vicario regio nel 1814 coincide con una serie di lavori di restauro volti a ripristinare l’antica sede39. Nello stesso anno si decide di ampliare i quartieri dei notai

sfruttando l’ultimo piano della contigua scuola che però, trovandosi in posizione sfalsata, viene innalzata fino al livello del pretorio; nella stessa circostanza vengono uniformate sia le finestre, sostituendo due aperture più grandi alle tre più piccole e basse preesistenti40, sia le

coperture dei due edifici, sostituendo il tetto a padiglione del pretorio con due spioventi41.

Nel 1846 si valuta l’opportunità di accrescere fino a 10 il numero delle carceri. Delle due perizie redatte dall’ingegnere di circondario Francesco del Greco, solo la seconda viene parzialmente realizzata prolungando la sezione orientale dell’edificio per ottenere una cella supplementare, affacciata sull’orto42.

Negli anni ‘70 del XIX secolo il primo piano dello stabile è sottoposto ad alcune modifiche. Ritenendo insufficiente il cortiletto interno del palazzo, l’ora d’aria dei detenuti viene trasferita in una metà del retrostante orto, recintato da un muro e reso accessibile da una scala a due rampe43.

Nel 1883 gli uffici della pretura vengono sistemati altrove e il pretorio diventa sede della caserma dei Regi Carabinieri e delle carceri mandamentali44. Con l’occasione le celle passano

da 8 a 10 grazie al recupero di quelle a pianterreno, abbandonate negli anni precedenti. Nel 1954, il trasferimento della caserma provoca il progressivo abbandono della struttura, ridotta a condominio per famiglie sfrattate, indigenti e senzatetto e deposito di materiale45.

36 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 43. 37 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 45. 38 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 47. 39 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp. 47-48.

40 Le tre finestre dei locali della scuola sono visibili nella tav. X.

41 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp. 49-53. Il tetto a padiglione ricopriva la porzione del palazzo

precedentemen-te occupata dall’invaso del precedentemen-teatro.

42 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp. 53-54. Sopra questo ambiente viene creato un terrazzo, tuttora esistente. 43 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, pp. 56. Sia il muro divisorio che le due rampe in mattoni sono tuttora visibili,

insieme alla cisterna dell’acqua collocata in corrispondenza della scala.

44 Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 58. Il palazzo ha ospitato le carceri mandamentali fino agli anni ’20 del XX

secolo. VediPALAVISINI, 1978, pp. 48-49.

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Nel 1985 la struttura è sottoposta ad un intervento di consolidamento durante il quale viene rifatto il tetto, dopodiché l’immobile diventa sede del liceo scientifico di Fucecchio.

Attualmente il palazzo è occupato in parte dai laboratori moda dell’Istituto superiore Arturo Checchi e in parte dalle associazioni del Palio delle contrade di Fucecchio e del Club Alpino Italiano sezione “Valdarno inferiore”.

3.

L’analisi della vicenda

Gli interventi di ristrutturazione del pretorio di Fucecchio iniziano all’indomani dell’emanazione del motuproprio granducale del 29 giugno 178046 col quale si decreta

l’elevazione di Fucecchio a sede di Vicariato maggiore con giurisdizione criminale sulle Comunità di Cerreto Guidi, Castelfranco e Santa Croce. Dato che il tribunale dovrà essere assistito da un vicario e due notai, il soprassindaco è incaricato della riduzione del palazzo alla nuova destinazione47 tramite la realizzazione delle carceri criminali e di un quartiere per

ogni ministro e per il Soprastante.

Il funzionario commette la visita della struttura all’ingegnere Anastasio Anastagi48, il quale il

31 luglio 1780 firma la sua perizia accompagnandola con due planimetrie dell’edificio (tavv. IX-X) 49.

Sebbene la fabbrica sia di una certa grandezza, la presenza di un teatro che occupa il primo piano e il secondo fino a tetto riduce sensibilmente lo spazio a disposizione. Considerato che il suo smantellamento e ricostruzione altrove comporterebbe un discreto dispendio, Anastagi propone di recuperare metratura acquisendo la contigua casa con orto di Giovanni Lotti50 e

dei due piani soprastanti di proprietà della Comunità dove si trova la scuola. Tali ambienti vengono valutati dai muratori Domenico Rosati e Lorenzo Benvenuti51 rispettivamente in 300

e 260 scudi, da conteggiare nel totale delle spese di ristrutturazione.

46 Vedi Appendice, n. III.1.

47Vedi Appendice, n. III.1 (articolo VII), n. III.2 e III.3. Nella stessa occasione viene ribadito che le spese di nuova

costruzione della fabbrica e per l’acquisto della mobilia sono in accollo alle singole comunità soggette al vicariato, mentre i risarcimenti sono a carico della cassa della Camera delle comunità sotto forma di detrazione da quanto viene pagato con la tassa di redenzione. Vedi Appendice, n. III.4 e III.5.

48 Vedi Appendice, n. III.6- III.7. 49 Vedi Appendice, n. III.11.

50 L’adiacente casa di Giovanni Lotti è più bassa rispetto al palazzo pretorio e presenta una copertura a due

spioventi, mentre l’orto retrostante non è diviso da quello del pretorio. Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p.37.

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Il costo finale della fabbrica secondo la perizia di Anastagi ammonta a 21969.12 lire, corrispondenti a 3138.3 scudi; i tempi di costruzione vengono fissati in quattro mesi, ciò nonostante alcune porzioni del palazzo non saranno abitabili prima di un anno e mezzo dalla fine dei lavori, tempo necessario a garantire la completa asciugatura dei muri.

Tuttavia, ancora prima della stesura della perizia, il progetto incontra le proteste del Lotti, che rivolge al granduca una supplica52 in cui lamenta la stima “di puro muro” di soli 300 scudi

della sua proprietà, fatta in sua assenza e senza considerare la presenza di una bottega, unico sostentamento della famiglia in quanto mezzo per far fronte al pagamento alla Comunità di S. Gimignano e allo Spedale di S. Fine del canone di livello del mulino di S. Galgano e di alcuni debiti contratti con queste ultime.

Anche l’auditore fiscale Brichieri Colombi rimane scontento, trovando poco propria la presenza di un teatro in mezzo ai quartieri dei ministri del tribunale come pure la costruzione delle segrete nell’orto del palazzo53. Per questi motivi l’ingegnere viene invitato a valutare la

possibilità di valersi delle case adiacenti al pretorio oppure di trasferire il tribunale nel vicino palazzo della Cancelleria, inglobando alcune case contigue e spostando la Cancelleria e l’Archivio nel pretorio.

Dunque l’ingegnere compie un secondo sopralluogo a Fucecchio per ispezionare le abitazioni adiacenti il pretorio, le quali vengono raffigurate in due ulteriori piante allegate ad una seconda relazione datata 7 settembre 1780 (tavv. XI-XII)54.

Dopo le opportune valutazioni Anastagi conclude dando parere negativo a ciascuna delle due ipotesi perché, anche acquistando con notevole dispendio tutte le case del circondario, le carceri non potrebbero godere dell’isolamento desiderato essendo circondate da abitazioni o peggio ancora attraversate da una strada.

Ciò premesso, torna a considerare l’idea precedentemente scartata di fare uso del vasto invaso del teatro55, dove si possono facilmente ottenere sei segrete sane e sicure, una stanza

52 Vedi Appendice, n. III.10.

53 L’Auditore fiscale tiene a tal proposito una sessione dove intervengono il commissario del quartiere di San

Giovanni, il cancelliere maggiore, il cancelliere del Primo Dipartimento del Supremo Tribunale di Giustizia. Vedi Appendice, n. III.13.

54 Vedi Appendice, n. III.13.

55 Anastagi allega alla relazione le copie di alcuni documenti, ricercati in archivio dal cancelliere Avellino

Giovacchini, riguardanti il conferimento del teatro alla locale Accademia dei Fecondi. Tali testimonianze, risalenti all’anno 1753, dimostrano la concessione da parte della Comunità di Fucecchio del teatro del palazzo pretorio ad un gruppo di fucecchiesi guidati dal Dottor Giuseppe Maria Panicacci. A questi viene inoltre accordata la possibilità di fondare un’accademia, dotata di uno statuto, con il compito di gestire il teatro stesso e la facoltà di apportare a loro spese delle migliorie alla struttura mediante la costruzione di palchetti e stanzini

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ad uso di spogliatoio, un cortile e un piccolo alloggio per il soprastante, mentre al di sopra due comodi quartieri di ben cinque stanze ciascuno per i notai.

La spesa finale risulta molto più alta, raggiungendo 33086 lire pari a 4726.4 scudi56.

Entrambi i progetti vengono sottoposti al vaglio del capo ingegnere Salvetti57, il quale giudica

migliore la seconda proposta, seppure di costo maggiore. Nel primo caso, infatti, la stima della casa di Giovanni Lotti incontra lo scontento del proprietario per cui per accontentarlo è necessario considerare una spesa maggiore. Nel secondo, al contrario, il valore assegnato allo stanzone del teatro è da escludere dal conteggio dei costi, essendo tale spazio di proprietà della Comunità e non degli accademici58; inoltre anche la stima dei palchetti e delle

scene è da ritenersi minore, dato che possono essere riadattati in altra sede. Dunque, considerando che il costo della prima perizia è suscettibile di crescere, mentre quello della seconda è soggetto a diminuire, la differenza tra i due preventivi risulta essere minima. D’altro canto la seconda soluzione è reputata da Salvetti più vantaggiosa sia in termini di comodità che di funzionalità, per cui senz’altro da preferire.

Il 14 ottobre 1780 il sindaco Carlo Ippoliti, nelle veci del soprassindaco, rimanda l’intero fascicolo al sovrano, chiedendo l’approvazione per dare inizio ai lavori in base al secondo progetto dell’ingegnere Anastagi; il rescritto positivo giunge poco dopo, il 24 ottobre59.

Similmente agli altri casi, viene stabilito che la spesa di sistemazione del pretorio venga ripartita tra le Comunità sottoposte al Vicariato; per calcolare in maniera equa le “tangenti” dovute viene eseguito un calcolo in base alla “massa, colla quale ciascuna Comunità corrispondeva al Vicariato criminale, a cui era in addietro aggregata”60. Dal conteggio risulta

che la maggiore contribuente è Cerreto Guidi con 741 scudi, seguita da Fucecchio con 606 scudi, poi Santa Croce con 444 scudi, Castelfranco con 364 scudi e infine Santa Maria a Monte e Montecalvoli rispettivamente con 202 e 40 scudi61.

Un decreto del Magistrato cittadino del 20 novembre 1780 affida i lavori al maestro

intorno alla platea. Tutto questo a patto che venga mantenuta la destinazione pubblica della struttura e la sua funzione di spazio assembleare. Vedi Appendice, n. III.14-III.17.

56 Su commissione del cancelliere Giovacchini il 23 agosto il muratore Domenico Rosati aveva eseguito le

valutazioni delle case contigue al pretorio e alla cancelleria come pure dello stabile del teatro, quest’ultima inserita nel conteggio di Anastagi. Vedi Appendice, n. III.12.

57 Vedi Appendice, n. III.18.

58 Quanto poi ad un possibile indennizzo da riconoscere all’Accademia del teatro Salvetti ritiene la questione di

competenza di un giudice. Per la questione degli accademici dei Fecondi vedi infra e nota 82.

59 Vedi Appendice, n. III.19. 60 Appendice, n. III.20. 61 Vedi Appendice, n. III.21.

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Domenico Rosati62, il quale si impegna ad ultimarli entro quattro mesi a partire dal 6

novembre, giorno della sua elezione. Inoltre viene stabilito che il muratore venga remunerato “a rate con tenersi l’ultima parte in luogo di cauzione”63, quest’ultima da

corrispondere solo una volta riscontrata l’esecuzione delle opere a regola d’arte.

Il capomastro si mette immediatamente all’opera: già il 9 novembre si ha notizia della “disfattura del palco scenico”, segnalata da una nota spese relativa al costo degli uomini impiegati64. Ma, contrariamente a quanto concordato, i lavori si protraggono molto oltre i

tempi stabiliti incontrando svariati impedimenti.

Già nell’aprile 1781 Giovanni Lotti denuncia il danno perpetrato alla sua proprietà a causa dell’occupazione a sua insaputa di una stanza ad uso di camera della casa di sua proprietà, fruttuosamente appigionata per 18 scudi annui65. Considerato che i 26 scudi offerti dalla

Comunità a titolo di risarcimento non sono sufficienti a compensare la perdita del canone di livello nonché la svalutazione della restante parte dell’immobile, Lotti si rifiuta di accettarli; domanda invece che gli vengano cedute in contraccambio le due stanze soprastanti della scuola oppure che la Comunità acquisti il resto dell’immobile al giusto prezzo, suggerendo di impiegare gli ambienti recuperati come guardiolo e carcere dei debitori.

Il cancelliere, chiamato a giustificare i fatti, ammette che il perito che ha eseguito la stima della stanza non ha considerato il danno provocato al resto della casa. Tuttavia si difende riferendo sulle cattive condizioni del locale e asserendo che tale occupazione è stata fatta “non a capriccio”, ma per dare esecuzione a quanto progettato dall’ingegnere Anastagi il quale, pur prevedendo l’utilizzo l’ambiente, ha dimenticato di segnalarne l’appartenenza al Lotti66.

Il cancelliere boccia la proposta di cedere all’offeso le due stanze soprastanti, perché

62 Vedi Appendice, n. III.22 e III.23. 63Appendice, n. III.22.

64 Appendice, n. III.93.

65 Vedi Appendice, n. III.24-III.28 e III.32. A Lotti preme sottolineare come il fondo della casa con bottega,

danneggiato dall’usurpazione della stanza, rappresenti l’unica possibilità per lui di ripagare un grosso debito contratto con la Comunità di San Gimignano e con lo Spedale di Santa Fina “per varie spese avute per questo livello, e di Gabella, e di Coltivazioni, pagamento d'Attrezzi, e provvista di altri Mobili per il suddetto suo Mulino”. Vedi Appendice, n. III.27. Nell’agosto i fratelli Giovanni e Antonio Lotti, ambedue titolari del livello, rivolgono al Granduca un’altra supplica affinché “questa [la Comunità di S. Gimignano] non li molesti in quanto alla fine del mese scade il tempo del pagamento”, almeno fino a quanto non viene conclusa la vendita della casa-bottega di Fucecchio. Appendice, n. III.32. La stessa supplica è rivolta nel febbraio dell’anno seguente. Vedi Appendice, n. III.56.

66 Vedi Appendice, n. III.27. Alla lettera viene allegata la pianta “stanza di Giovanni Lotti che resta al primo

piano dello stanzone del teatro”, redatta dal capomastro Domenico Rosati e riscontrata dai muratori Lorenzo Benvenuti, Giuseppe Rosati e Stefano Soldaini. Vedi Appendice, n. III.29.

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necessarie per accedere alla scuola dei fanciulli, mentre la proposta di acquisizione da parte della Comunità del resto della casa sarebbe “del tutto aliena dalle regole della ragione”67, a

meno di non voler allestire in questi spazi una cappella per i carcerati. Infine Avellino assicura sull’approntamento della fabbrica entro il ventuno del mese di giugno.

Le proteste di Giovanni Lotti non sono l’unica causa del ritardo dei tempi di consegna. Mano a mano che i lavori proseguono, infatti, ci si rende conto della necessità di nuove opere a completamento e perfezionamento di quanto fatto.

Una lettera del 16 maggio 1781 del cancelliere rivolta al soprassindaco evidenzia la necessità di due cancelli “circa a braccia quattro lunghi, e Braccia tre, e mezzo alti” da costruire all’inizio e in fondo all’andito che va dalla loggia del pretorio fino all’orto, per dare luce ed aria a questo corridoio dove si trovano il banco criminale e il guardiolo68. Le spese

ammontano a 800 lire se realizzati in ferro o 220 in legno stagionato.

La richiesta viene girata per un parere all’ingegnere Anastagi, il quale la considera ragionevole, tuttavia, dato che i due cancelli si troverebbero al coperto, ritiene sufficiente costruirli in legno stagionato e verniciato per una spesa di 110 lire ciascuno69.

Ancor più lunga e impegnativa è la lista dei nuovi interventi da eseguire che scaturisce dal terzo sopralluogo che Anastagi compie per verificare che la fabbrica “sia stata ultimata a forma degli ordini” e affinché la Comunità possa “far eseguire quelle misure, e riscontri che stimerà necessari per maggior sicurezza dei pagamenti da farsi a chi sia eseguito il lavoro”70.

La sua relazione del 21 novembre 178171 segnala che lavori non ancora perfettamente

conclusi, mancando di approntare le cucine dei notai e del soprastante, il camino nella stanza del banco criminale, i panconi nelle carceri e il montaggio dei cancelli nell’andito a pianterreno. In ogni caso non saranno necessari che pochi giorni e, verificando accuratamente le opere edilizie, Anastagi le trova bene eseguite ed a regola d'arte, conformemente alla propria relazione e piante del 7 settembre 1780 “non scorgendosi in tutta la detta nuova fabbrica un benché minimo defetto”. Non sentendosi più alcun odore di calcina, dichiara abitabili gli ambienti a partire dal maggio dell’anno a venire, affermazione

67 Appendice, n. III.27. 68 Vedi Appendice, n. III.29.

69 Vedi Appendice, n. III.30. Il soprassindaco avalla la valutazione dell’ingegnere trasmettendone i termini al

cancelliere Avellino con suo biglietto del 26 maggio 1781. Vedi Appendice, n. III.31.

70 Vedi Appendice, n. III.38. L’incarico risale al maggio 1781 e implica altresì il vaglio da parte del tecnico della

vertenza di Giovanni Lotti, ancora in attesa di una risposta. Vedi Appendice, n. III.33. In realtà Anastagi riferirà di non aver incontrato i Lotti, trovandosi fuori da Fucecchio. Vedi Appendice, n. III.39.

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che viene certificata col parere medico del dottore Giuseppe del Riccio, condotto in sopralluogo al pretorio72.

Tuttavia, nella stessa occasione, i ministri del tribunale fanno notare all’ingegnere altre opere indispensabili al compimento della fabbrica, che vengono descritte in un resoconto a parte e valutate in ben 3298 lire.

I nuovi lavori sono previsti all’esterno del pretorio e comprendono: il rifacimento del muro dell’orto, la realizzazione di una fogna di scolo per le acque nello stesso luogo, la rifondazione di un pilastro pericolante del portico che sostiene l’abitazione del podestà, la realizzazione di un pavimento lastricato sotto alla loggia, nell’andito che mette in comunicazione la piazza con l’orto e lungo il muro dell’orto rasente la fabbrica, la posa in opera delle grondaie, la realizzazione di una cappella, l’ingrandimento di due finestre delle carceri pubbliche, la costruzione di una scala con suo terrazzino e ringhiera che dall’appartamento del Podestà scenda fino al giardino e infine la ristrutturazione e rimpello di una porzione di muro della fabbrica, in quanto ritenuto poco stabile.

Salvetti, che visiona la relazione, giudica tutto quanto “di precisa necessità per la sicurezza, stabilità, e comodo di quel Tribunale”73.

Negli stessi giorni, il tentativo di Domenico Rosati di accaparrarsi questa nuova commessa con una supplica diretta al sovrano74, viene osteggiata da un medesimo appello rivolto al

soprassindaco Nelli dal maestro Lorenzo Benvenuti75. Dopo il rifiuto del cancelliere di

ricevere la sua offerta per i medesimi lavori, Benvenuti invia la stessa all’attenzione del ministro fiorentino, denunciando l’evidente favoreggiamento di Avellino Giovacchini nei confronti del Rosati, essendo quest’ultimo imparentato con il suo aiuto Domenico Guerrieri. Nel gennaio dell’anno seguente, dopo il beneplacito del soprassindaco76, l’assemblea

cittadina opta per assegnare i lavori al miglior prezzo a mezzo di un pubblico incanto,77 per il

quale vengono destinate le giornate del 23, 27 e 29 gennaio. Dopo 130 offerte, nessun concorrente riesce ad avere ragione sul capomastro Rosati, che il 30 gennaio 1782 ottiene l’incarico grazie ad un ribasso di ben 900 lire sul costo inizialmente previsto78.

72 Vedi Appendice, n. III.35. 73 Appendice, n. III.38. 74 Vedi Appendice, n. III.40. 75 Vedi Appendice, n. III.41 e III.42. 76 Vedi Appendice, n. III.49. 77 Vedi Appendice, n. III.53.

78 Vedi Appendice, n. III.54 e III.55. Di fronte a tale risparmio risulta irrisorio lo “sconto” di 250 lire praticato dal

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Tra le varie questioni da affrontare si trova anche l’istanza avanzata da Agostino Panicacci il 3 gennaio 178279. Il rappresentante dell’Accademia dei Fecondi illustra davanti a Magistrato

comunitativo la storia dell’istituzione, ricorda la concessione del teatro all’accademia, ottenuta con “regia approvazione”, nonché il consistente investimento di mille scudi per riformare, abbellire e ingrandire i palchetti, la platea e le scene.

Come risarcimento per la perdita sofferta a seguito dei recenti lavori di ristrutturazione, Panicacci propone che l’ammontare della contribuzione delle comunità soggette al Vicariato, corrispondente al valore delle carceri e dei quartieri dei notai, venga devoluta a favore dell’Accademia e destinata all’edificazione di un nuovo teatro.

Il suggerimento viene accolto dal Magistrato di Fucecchio, il quale dopo pochi giorni delibera “che debbasi pagare dalle Comunità concorrenti il valore del detto Teatro secondo la stima fatta dai Periti, e perciò computarsi nelle spese di costruzione del nuovo Pretorio Vicariale”80.

Nonostante l’approvazione, la richiesta dell’accademico non ha un rapido epilogo, trovando presto l’obiezione del Nelli81. Questi infatti, ricordando un provvedimento già approvato dal

granduca il 24 ottobre 1780, dichiara che solo il tribunale competente è autorizzato a giudicare il diritto ad eventuali indennizzi a favore degli accademici in quanto nei documenti d’archivio non risulta che la Comunità si sia mai spogliata della proprietà del teatro, ma solo che l’avesse dato in concessione con la facoltà di apportare delle migliorie82.

Nel contempo prosegue, senza trovare un esito condiviso, la diatriba riguardante la questione della famiglia Lotti, anch’essa danneggiata dalla ristrutturazione del palazzo pretorio e fermamente decisa ad ottenere un’adeguata contropartita.

A seguito del consenso da parte della Comunità all’acquisto dell’intera abitazione del Lotti83 e

della promessa scritta di un certo Domenico del fu Niccolao Ciardini di prendere a livello dalla Comunità la casa con bottega per il canone annuo di dodici scudi84, i fratelli Giovanni e

Antonio tornano a premere affinché alla Comunità venga permesso di intraprendere tale

79 Vedi Appendice, n. III.45. 80 Vedi Appendice, n. III.45. 81 Vedi Appendice, n. III.46 e III.47.

82 Dai documenti del faldone non è dato capire l’esito della questione degli accademici tuttavia, in una pianta

della terra di Fucecchio del 1800 fatta in occasione della compilazione del catasto della Comunità, là dove gli accademici avevano richiesto il luogo per la nuova costruzione, esiste un edificio contrassegnato dal numero di particella 294 con la dizione “teatro”. Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 41.

83 Vedi Appendice, n. III.34. 84 Vedi Appendice, n. III.43.

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strada85. Tuttavia l’ingegnere Anastagi avanza una soluzione alternativa consistente

nell’assegnare ai Lotti una stanza del pretorio collocata al piano superiore, raggiungibile attraverso una scala di legno86. Per l’approntamento del locale sarebbe sufficiente una spesa

di sole 120 lire, da porre a carico della Comunità.

Il 15 gennaio 1782 il soprassindaco rimette il caso davanti al sovrano, domandando l’autorizzazione per avviare i lavori in caso di accettazione della proposta da parte dei Lotti o, diversamente, di poter concedere alla Comunità la facoltà di acquistare il resto della proprietà al giusto prezzo con l’obbligo poi di affittarla o venderla al miglior offerente87.

Il favorevole rescritto sovrano del 29 gennaio viene notificato al cancelliere e da questo ai Lotti88, i quali optano per la vendita dell’abitazione alla Comunità presentando però una

“comparsa […] concernente diversi metodi di eseguir la vendita”89.

La questione non risulta ancora conclusa nel giugno 1782 a causa delle divergenze tra la Comunità, decisa ad attenersi strettamente a quanto ordinato nel rescritto, e nuove pretese dei Lotti90, dopodiché nei documenti non se ne trova più traccia91.

Fintanto che i lavori nel pretorio avanzano non cessa di presentarsi la necessità di nuovi interventi e aggiustamenti come quelli segnalati nella relazione dell’ingegnere Giuseppe Vanetti del 13 marzo 178292. Il tecnico, che si trova sul posto per altre commissioni, viene

incaricato dal cancelliere della verifica della presunta instabilità di una parte del muro che sostiene il terrapieno dell’orto, non segnalata nell’ultima relazione di Anastagi93.

In effetti Vanetti appura l’urgenza di rifabbricare dalle fondamenta un tratto di muro, da costruirsi con “tre speroni”94. Contestualmente, l’ingegnere visita la cappellina nell’andito, in

via di ultimazione, la quale viene giudicata troppo piccola e mancante di un piccolo spazio ad uso di sagrestia nonché della copertura a volta reale.

Vista l’impellente necessità, il cancelliere ordina prontamente al capomastro Rosati di

85 Vedi Appendice, n. III.48. La legge infatti, imponeva alle Comunità il divieto di modificare la consistenza dei

loro beni senza la previa autorizzazione di Firenze.

86 Vedi Appendice, n. III.44 e n. III.48. 87 Vedi Appendice, n. III.50.

88 Vedi Appendice, n. III.58. 89 Appendice, n. III.59. 90 Vedi Appendice, n. III.68.

91 Visto che dopo mesi di trattativa la faccenda si trova ancora in una condizione di stallo, il soprassindaco

giudica opportuno ritirarsi dalla disputa e lasciare l’affare nelle mani delle parti in causa “senza mescolarmi”. Appendice, n. III.68. Tuttavia si sa che nel 1784 la casa del Lotti fu comprata per 400 scudi da Domenico Ciardi. Vedi MAGNI -NUCCI, 1981-82, p. 44.

92 Vedi Appendice, n. III.56. 93 Vedi Appendice, n. III.57. 94 Vedi Appendice, n. III.56.

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sistemare il muro secondo le disposizioni di Vanetti, ritenendo invece di dover attendere l’assenso del nuovo soprassindaco della Camera delle comunità Mormorai per i miglioramenti da apportare alla cappellina95.

La relazione viene trasmessa anche all’Anastagi, responsabile del progetto del pretorio, il quale il 2 aprile manda la sua approvazione ad entrambi i lavori96.

Il partito del 16 aprile 1782 prende atto della dichiarazione del capomastro Rosati di aver terminato la commissione e di essere pronto per la consegna dei lavori,97 notizia che deve

essere comunicata al soprassindaco. Negli stessi giorni i componenti del Magistrato cittadino scrivono al ministro fiorentino pregandolo di dare ordine di eleggere dei periti specializzati nelle varie arti di muratore, fabbro e legnaiolo oppure che ciascuna delle Comunità sottoposte al Vicariato ne mandi uno proprio di fiducia per effettuare le stime dei lavori effettuati: questo “a scanso di ogni disordine, che potesse insorgere nel reparto delle spese occorse per la costruzione del detto Pretorio da pagarsi dalle Comunità comprese nello stesso […] tanto più che si dice essere le Comunità stesse malcontente lusingandosi, che potesse essere fatto con maggiore economia in specie nel suo principio”98.

La spinosa questione riguardante il dissenso delle Comunità sottoposte, già avvertito dall’amministrazione fucecchiese, viene momentaneamente accantonata da una serie di ulteriori lavori indispensabili per il compimento della fabbrica, segnalati dal cancelliere Avellino Giovacchini in una nota trasmessa al Mormorai l’8 maggio 178299.

I nuovi interventi riguardano100: la suddivisione della stalla con un “muro di quarto” al fine di

ricavare un luogo per i “famigli” con una porta e finestrella, la rifondazione del muro a confine con la proprietà dei Lotti, la riparazione del pozzo, il completamento di quest’ultimo con una colonna per facilitare il prelevamento dell’acqua101 e la rifinitura dell’altare della

cappellina con un dipinto ad affresco. Il 20 maggio successivo l’ingegnere fa pervenire la propria approvazione102, corredata da alcune osservazioni e dall’indicazione di far eseguire le

95 Vedi Appendice, n. III.57. 96 Vedi Appendice, n. III.60. 97 Vedi Appendice, n. III.61. 98 Appendice, n. III.62.

99 Vedi Appendice, n. III.63. Mormorai a sua volta invia la nota ad Anastagi per l’opportuno parere. Vedi

Appendice, n. III.64.

100 Vedi Appendice, n. III.65.

101 Nella nota si ipotizzava di utilizzare la colonna del pozzo anche come supporto per la berlina, cosa che

Anastagi non crede propria, potendo essere questa sistemata più opportunamente in altro luogo.

102 Pur approvando la nota, l’ingegnere trova meno dispendioso l’acquisto di “un quadro in tela con una

qualche Immagine esprimente il Crocifisso, o altro Santo dipinta a Olio”. Tuttavia, in sua lettera successiva il cancelliere torna a domandare l’autorizzazione a dipingere la cappellina ad affresco, essendo disponibili a

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opere in nota di spese, sotto l’attenta supervisione di un responsabile e del cancelliere, per mano di un maestro esperto, possibilmente colui che ha ristrutturato l’intera fabbrica103.

Dopo una settimana il Magistrato approva l’esecuzione di quanto indicato, affrettandosi nell’ultimazione della fabbrica104.

Il 19 giugno il cancelliere comunica al Soprassindaco che fino a quel momento per il rinnovamento del palazzo pretorio la Comunità di Fucecchio ha speso ben 19396.8 lire, ma che la spesa sarà certamente maggiore una volta giunti a compimento105. Avendo il

Camerlengo comunitativo quasi esaurita la cassa, Avellino spiega di essere costretto a rivolgersi alle Comunità contribuenti richiedendo un acconto per supplire alle spese future106.

Il 14 luglio 1782 i lavori giungono al termine tanto che il Magistrato richiede a Firenze l’invio di un “architetto”, ossia ingegnere, affinché compia le verifiche previste in fase di consegna107.

Con biglietto del 23 agosto Mormorai incarica l’ingegnere Anastagi di eseguire il riscontro del pretorio, riferendo tramite una relazione dove dovrà essere indicato se tutti i quartieri e le carceri siano già abitabili108. Anche le Comunità soggette al Vicariato vengono avvisate dal

Magistrato cittadino dell’imminente visita del perito fiorentino, in modo da poter essere presenti al sopralluogo con un proprio rappresentante109.

Il 4 ottobre 1782 l’ingegnere Anastagi, al quale un mese prima erano state trasmesse le relazioni e piante elaborate110, non ha ancora assolto l’incarico111. La Comunità di Fucecchio

sollecita la sua visita in vista dell’imminente insediamento del vicario previsto per il primo novembre, ragione per la quale il soprassindaco è costretto a coinvolgere un tecnico esterno,

Fucecchio molti pittori ed in particolare “un tal'Alessandro Masini Pittore allievo del Ferrotti, s'è esibito di dipingere, ed ornare la detta Cappellina con pulitezza con £ 30, e volendola in tavola dipinta a olio con spesa di £ 28 […] ma per esser poco ariosa la detta Cappellina, parrebbe a detto Magistrato, rimettendosi però sempre, meglio il farla dipingere”. Appendice, n. III.67.

103 Vedi Appendice, n. III.65 e III.66. 104 Vedi Appendice, n. III.67. 105 Vedi Appendice, n. III.69.

106 Alla lettera del cancelliere il soprassindaco risponde seccamente di aver già dato tutti gli ordini e le istruzioni

necessarie nella sua del 4 novembre 1780 e per questo di non avere altro da replicare. Vedi Appendice, n. III.71; confronta Appendice, n. III.19-III.21.

107 Vedi Appendice, n. III.70.

108 Contemporaneamente il Cancelliere Avellino viene avvisato della visita dell’ingegnere e incaricato di

prestare debita assistenza. Vedi Appendice, n. III.71.

109 Vedi Appendice, n. III.75-III.76. 110 Vedi Appendice, n. III.72-III.75. 111 Vedi Appendice, n. III.80-III.81.

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73 l’ingegnere Camillo Borselli112.

La relazione di Borselli è datata 24 novembre 1782 e attesta l’esecuzione “senza difetti, e a regola d’arte” dei lavori prescritti da Anastagi due anni prima; le uniche modifiche apportate dal capomastro riguardano “i Muri laterali dove esisteva il Teatro” che, “non essendo stati creduti stabili, è convenuto assicurarli con rifare in più porzioni il fondamento, e degl'archi a terreno per sostenerne le mura delle carceri” 113.

Di seguito Borselli riporta un resoconto delle spese effettuate, corredato da 6 note114.

La prima documenta la somma sborsata per la ristrutturazione secondo quanto stabilito dalle stime di Anastagi, 31111.16.10 lire115.

A questa cifra bisogna aggiungere l’integrazione approvata il 21 novembre 1781, assegnata a cottimo al capomastro Rosati per 2398 lire. Anche in questo caso l’appaltatore è stato costretto ad effettuare alcune variazioni, rinnovando una porzione supplementare del vecchio muro. Per questo è necessario accordargli il pagamento di ulteriori 649.10.5 lire per un totale di 3047.10.5 lire, come riepilogato nella seconda nota116.

Il terzo allegato riguarda i lavori segnalati dall’ingegnere Vanetti ed eseguiti in conto spese dallo stesso Rosati, il quale domanda 141.14.8 lire117.

Le successive richieste di rimborso di 276.1.8 lire per il trasporto dei calcinacci e della terra di scavo in altro luogo118, 204.12.8 lire per il pagamento delle gabelle dei materiali estratti dalle

fornaci di S. Croce e S. Miniato119 e 50.16.8 lire per lo smantellamento dei palchetti del

teatro120, sono reputate prive di fondamento e per questo da non liquidarsi.

Ciò premesso la somma complessiva da riconoscere al Rosati ammonta a 34301.1.11 lire. Tuttavia la cifra non è definitiva poiché, in occasione dell’ispezione, lo stesso ingegnere Borselli evidenzia l’urgenza di ulteriori lavori descritti in altra lettera datata ancora 24 novembre e quantificati in 250 lire121. La presenza nella facciata occidentale del palazzo di

una profonda crepa “che ha rotto la soglia della finestra del primo piano, e va a terminare al

112 Vedi Appendice, n. III.86. 113 Appendice, n. III.87.

114 Vedi Appendice, n. III.88-III.93. 115 Vedi Appendice, n. III.88. 116 Vedi Appendice, n. III.89. 117 Vedi Appendice, n. III.90. 118 Vedi Appendice, n. III.91. 119 Vedi Appendice, n. III.92. 120 Vedi Appendice, n. III.93. 121 Vedi Appendice, n. III.94.

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di sotto dell’arco che regge tutta la detta facciata” e che “seguita ad aprirsi”122 necessita di un

adeguato intervento consistente nella riduzione della luce dell’arco interessato tramite la costruzione di due pilastri collocati all’altezza dei preesistenti.

In secondo luogo è opportuno predisporre una nuova fogna nella corte di Lorenzo Donati che convogli le acque piovane provenienti dal pretorio nella fogna principale.

L’intero fascicolo viene visionato dal capo ingegnere Salvetti, il quale avalla le conclusioni di Borselli sia in merito all’importo di oltre 34000 lire da riconoscere al capomastro, sia sulla necessità di effettuare i nuovi aggiustamenti evidenziati123.

Il parere viene subito reso esecutivo dal soprassindaco, che trasmette al cancelliere di Fucecchio le relazioni e cinque delle note dell’ingegnere, autorizzando la Comunità a pagare il capomastro e ordinando di effettuare quanto prima quanto prescritto124.

Già a partire dall’estate del 1782 ci si inizia a preoccupare del contribuzione alle spese di riadattamento del pretorio da parte delle Comunità soggette al Vicariato125. Nel settembre

dello stesso anno il cancelliere spedisce al soprassindaco “il Reparto delle spese state sborsate fin al presente da questa Comunità di Fucecchio per la costruzione di questo nuovo Palazzo Vicariale”126, già anticipato alle potesterie contribuenti. Il 4 ottobre il conteggio

viene vagliato dal ragioniere della Camera delle comunità Claudio Sergardi, il quale approva l’operato del cancelliere riservandosi di fargli avere “le istruzioni convenienti di come di deve regolare per porre in uscita tutte le spese suddette, ed in entrata le tangenti, che Fucecchio deve ricevere”127.

Ma nello stesso mese si manifestano i primi problemi: le Comunità di Empoli e Castelfranco replicano di non avere denaro sufficiente per effettuare i pagamenti128.

Il soprassindaco, informato dei fatti, suggerisce di insistere nella richiesta, essendo i territori soggetti obbligati alla contribuzione129.

122 Appendice, n. III.94.

123 Vedi Appendice, n. III. 96. Salvetti approva anche la rendicontazione delle spese sostenute dal Borselli per la

visita e i riscontri effettuati, quantificata in 169 lire. Vedi Appendice, n. III.95.

124 Vedi Appendice, n. III.97-III.99. Le note vengono restituite alla Camera delle comunità il 20 dicembre dello

stesso anno. Vedi Appendice, n. III.103.

125 Vedi Appendice, n. III.69 e III.71. 126 Appendice, n. III.77-III.79. 127 Appendice, n. III.82.

128 Vedi Appendice, n. III.83 e III.84.

129 Vedi Appendice, n. III.85. Il soprassindaco aggiunge un secco rimprovero nei confronti della scarsa attitudine

decisionale del cancelliere: “non posso poi dissimularle esser cosa molto grave che per qualunque atto, e operazione che riguarda l'amministrazione economica delle sue Comunità, debba a Lei di qua suggerirsi il metodo di esecuzione anche nelle cose sulle quali vi è la chiara disposizione degli Ordini”. Appendice, n. III.85.

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Il 26 novembre 1782 giunge anche la protesta della Comunità di Cerreto Guidi che, avendo ricevuto la richiesta di contribuzione da parte della Cancelleria di Fucecchio dopo aver fissato l'imposizione per l'anno corrente e aver riscosso la prima rata, non si trova in grado di pagare se non organizzando un’imposizione straordinaria, manovra che risulterebbe assai disastrosa per i contribuenti e che in ogni caso non consentirebbe di ottenere liquidità prima di diversi mesi130. Cerreto domanda anche di essere rimborsata della quota già versata alla Comunità

di Empoli per il pretorio di quella città, al quale era precedentemente sottoposta131.

La Comunità di Empoli dichiara inoltre i propri dubbi circa la correttezza del calcolo della ripartizione delle spese e chiede di poter eleggere uno o due deputati per effettuare un controllo132. Fa notare poi come, al fine della contribuzione, si debba considerare il fatto che

la Comunità di Fucecchio riceve dal pretorio un doppio servizio, sia come tribunale civile, sia come criminale e come non si possa ignorare il “comodo che risente di avere il Pretorio in Casa sua”133. Le osservazioni della Comunità di Cerreto vengono ritenute degne di nota dal

Soprassindaco, il quale invita i Cancellieri delle rispettive Comunità ad analizzare la situazione trovando un accordo amichevole tra loro e, qualora non vi riuscissero, ogni decisione dovrà spettare al giudice competente.

Il 23 dicembre 1782 giunge il rescritto leopoldino che concede alle Comunità il permesso di soddisfarsi sull’importare della contribuzione e di convenire tra loro la soluzione più idonea, salva l'approvazione sovrana; si ordina dunque che ciascheduna delle Comunità interessate “elegga uno, o più Deputati per trattare, e convenire sopra tali oggetti, purché si fatta elezione cada in individui, che per la massa della loro possessione, siano abili a risedere nei Magistrati delle respettive Comunità”134.

In effetti l’assemblea dei deputati eletti riesce a trovare un accordo sul sistema di suddivisione delle spese, ma continua a dissentire sulla quantità. Le circoscrizioni di Santa Croce, Castelfranco di Sotto, Santa Maria a Monte, Monte Calvoli e Cerreto Guidi ritengono di non dover concorrere ai costi sostenuti per la sistemazione del quartiere e mobili del notaio civile, poiché tale ministro non reca loro alcun servizio: essendo sottoposte all’autorità di altre podesterie, si troverebbero infatti a sborsare una doppia contribuzione. Il ragioniere

130 Vedi Appendice, n. III.100.

131 Empoli restituisce a Cerreto la somma di 56.4.6.11 scudi. Vedi Appendice, n. III.101. 132 Vedi Appendice, n. III.101.

133 Appendice, n. III.101.

134 Appendice, n. III.102. L’ordinanza viene fatta immediatamente pervenire ai cancellieri delle Comunità di

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Claudio Sergardi trova la pretesa fondata135, sconsiglia però che venga permesso alle

Comunità, che dissentono sulla stima effettuata dall’ingegnere Borselli136, di eseguire perizie

autonome della fabbrica tramite propri delegati, presagendo una tale disparità di esiti da impedire un accordo definitivo e condiviso. Suggerisce al contrario di procedere più semplicemente col sommare le spese fatte, così come descritte nei libri contabili, a quelle ancora da effettuare per l’approntamento di mobili, scaffali, vetrate e porte, che da questo totale venga detratto dal provveditore di strade o da altro perito indipendente l’importare dei lavori effettuati per comodo del notaio civile, da accollare interamente alla Comunità di Fucecchio, e che il rimanente venga ripartito tra le contribuenti nella proporzione convenuta. La faccenda viene risolta dal rescritto granducale del 12 agosto 1783137 con cui viene avallata

la proposizione avanzata dal soprassindaco di rimetterne le richieste delle Comunità all'esame dell'auditore delle regalie “affinché sentite le parti, facesse sommariamente e senza strepito, e figura di giudizio quelle dichiarazioni che fossero di giustizia”138.

4.

I progetti

Il primo progetto di Anastagi, accompagnato dalle planimetrie del pianterreno e del primo piano del palazzo, viene redatto il 24 luglio 1780 a seguito di un attento sopralluogo (tavv. IX-X) 139.

Per recuperare lo spazio necessario ai nuovi quartieri dei ministri del tribunale vicariale e alle carceri salvaguardando al contempo la presenza del teatro, l’ingegnere ritiene conveniente l’acquisto dell’adiacente casa con cantina e orto di Giovanni Lotti140 e l’occupazione dei due

piani sovrastanti, occupati dalla scuola pubblica, consistenti in quattro grandi stanze.

135 Vedi Appendice, n. III.105.

136 Dichiarano invece di volersi attenere alla perizia di periti Lorenzo Rigatti, Lorenzo Benvenuti, e Vincenzo Fei,

eletti dalle rispettive Comunità. Vedi Appendice, n. III. 107.

137 Vedi Appendice, n. III.108. 138 Appendice, n. III. 107.

139 Nelle planimetrie le murature preesistenti sono segnate di colore rosa, mentre quelle da costruire di nuovo

sono di colore giallo. Vedi anche Appendice, n. III.11.

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In questi ambienti Anastagi prevede di realizzare la carcere pubblica delle donne141,

affacciata sulla piazza, e il banco dei notaio criminale, prospiciente l’orto, riscaldato da un caminetto e reso più arioso tramite la demolizione del palco sovrastante cui si accedeva con una scala di legno. Nei pressi del banco sono previsti altri comodi per il ministro: la cucina, che rimane a tetto142, il salotto, la dispensa, da utilizzare anche come stanza per le legna e la

cantina143. Quest’ultima viene suddivisa da un muro, e l’altra metà è assegnata al notaio

civile, cui spetta anche una piccola dispensa adiacente le prigioni femminili144. I due ambienti

rimanenti collocati nel luogo di passaggio porticato e orto vengono destinati al guardiolo. Le segrete progettate sono cinque, delle quali una da ricavare sotto una campata della loggetta occidentale e le rimanenti interamente da edificare nell’orto, sistemate su due livelli sovrapposti, con latrine e finestrelle distanziate, circondate da lastricato e isolate da presenze estranee attraverso il completamento della recinzione del giardino e l’accrescimento dei muri preesistenti.

I due piani delle scuole pubbliche sovrastanti la proprietà del Lotti, con l’aggiunta di un piano da rialzarsi solamente dalla parte della piazza145, sono destinati agli appartamenti dei due

Notai. L’alloggio del notaio criminale, al primo piano, aggiunge a quanto presente al pianterreno un salotto, tre camere indipendenti e la latrina. Al secondo piano il vecchio alloggio del notaio civile, collocato nei mezzanini, viene assegnato al soprastante146 ad

eccezione della stanza per il banco civile, che mantiene la sua destinazione, pur prevedendo un ampliamento.

L’appartamento del Vicario va ad occupare gli ambienti del vecchio Podestà e include a pianterreno una stalla e un’ampia dispensa da utilizzare anche per riporre la legna; al primo piano si dispongono una sala e la stanza d’udienza, affacciate sulla piazza, un salotto con camino, tre camere a tetto e latrina; al secondo piano una cucina con sua piccola dispensa, un salotto e altre due camere. Per la sua sistemazione sono necessari pochissimi interventi.

141 Nel primo progetto Anastagi pensa di lasciare una sola carcere pubblica per gli uomini, lasciando invariata la

preesistente. Il tratto scuro che individua due nuove prigioni sotto il porticato della piazza appartiene ad una variante successiva.

142 Per il camino si pensa di adattare quello da disfare negli ambienti della vecchia scuola. 143 Si tratta presumibilmente della cantina del Lotti.

144 La prigione delle donne e la dispensa del notaio civile occupano lo spazio della vecchia bottega con accesso

dalla piazza, del quale si prevede il tamponamento, ricavando al suo posto una finestra con doppia grata.

145 Il terzo piano viene realizzato per creare una camera per la domestica del notaio civile e “per rendere più

sfogate le due stanze camera e cucina” sottostanti. Appendice, n. III.11.

146 Il quartiere del soprastante si compone di un ingresso, camera e cucina collocati nel piano ammezzato e un

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