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CAPITOLO 4 I SIKH

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CAPITOLO 4

I SIKH

4.1 Canada e kirpan

Per quanto riguarda i sikh si può citare la decisione della Corte suprema del Canada (1).

Proprio la Corte suprema del Canada, nella sentenza Multani c. Commission scolaire Marguerite-Bourgeoys, ha affrontato la questione circa la possibilità di portare a scuola il kirpan (pugnale di metallo con lama a doppio taglio normalmente di dimensioni ridotte). I sikh battezzati hanno l’obbligo di portare questo oggetto in ogni momento, di solito in una custodia ed all’altezza della cintola.

Rovesciando una decisione anteriore della Corte d’Appello del Quebec, la Corte ha stabilito, in nome della libertà religiosa, che un giovane di religione sikh avesse il diritto di indossare a scuola, rispettando alcune condizioni, il proprio kirpan cioè uno degli essenziali “segni esteriori della fede” (assieme a barba e capelli mai tagliati, questi da raccogliere nel turbante, un braccialetto in ferro, i tipici pantaloni ed un pettine di legno). Tutti questi “segni” sono simboli di appartenenza al gruppo dei sikh battezzati, i cui membri portano il cognome comune Singh ovvero Leone (della fede).

1) Francesca Astengo, La Corte Suprema del Canada afferma il diritto

di portare a scuola il coltello dei sikh, in Associazione Italiana dei

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Il caso era relativo alla lettura del provvedimento di un’autorità scolastica che vietava di portare il kirpan a scuola, alla luce della Carta canadese dei diritti e delle libertà.

Era necessario capire se, basandosi su una lettura combinata degli articoli della Carta, si potesse legittimamente proibire ad uno studente di portare il coltello di metallo nella scuola, in nome del diritto alla sicurezza.

Sorgeva in questo caso un contrasto di opinioni circa il ruolo del kirpan in quanto, a parere dei religiosi, sarebbe stato simbolo di fede dal valore cerimoniale mentre, secondo l’opinione delle autorità scolastiche, avrebbe rappresentato un oggetto pericoloso simbolo di violenza, destinato ad incutere timore e ad uccidere.

Il caso in questione si riferiva a Gurbaj Singh Multani, giovane sikh ortodosso di dodici anni. Nel novembre 2001 la Commissione scolastica Marguerite-Bourgeoys (della provincia del Quebec) gli ha vietato di portare a scuola il kirpan (caduto accidentalmente nel cortile). Poco dopo questo incidente, la scuola ha inviato una lettera ai genitori del ragazzo, nella quale si comunicava che, per evitare altri episodi simili, come “accomodamento ragionevole” sarebbe stato necessario che il kirpan venisse inserito in una custodia cucita sotto gli abiti; nel febbraio successivo però, dopo che il padre aveva accolto la proposta, il Consiglio di istituto della Commissione scolastica ha comunicato che, modificando quanto detto prima, se si fosse portato il coltello a scuola si sarebbe violato il codice di condotta scolastico, essendo questo arma e, quindi, oggetto pericoloso ai fini della sicurezza. L’unica soluzione possibile sarebbe stata quella tenere un kirpan simbolico con la forma di un ciondolo o

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altra forma, a condizione che però fosse in materiale innocuo come, per esempio, plastica oppure legno.

A questo punto Balvir Multani, padre del ragazzo e suo tutore, si è opposto alla decisione della Commissione scolastica, presentando così un ricorso alla Corte Superiore del Quebec per chiedere di approvare la prima misura di accomodamento ed annullare la seconda; proprio la Corte Superiore, nel maggio del 2002, ha accolto la richiesta affermando di conseguenza il diritto di portare a scuola il kirpan, a patto che venissero rispettate certe condizioni, ovvero riporre il coltello in una custodia di legno cucita negli abiti, rigorosa proibizione di estrarlo e facoltà per il personale della scuola di controllare che tali condizioni venissero rispettate, pena la perdita del diritto.

Nel marzo del 2004, però, la Corte d’Appello del Quebec, in seguito al ricorso della Commissione scolastica, ha rovesciato tale decisione; all’unanimità, si confermava il diritto di negare la possibilità di tenere il kirpan nell’edificio scolastico, facendo richiamo ai principi di laicità e sicurezza della scuola pubblica.

A parere della Corte, la volontà della Commissione scolastica, sebbene limitativa della libertà religiosa, era giustificata sulla base dell’art. 1 della Carta canadese e dall’art. 9.1 della Carta quebecchese. Il rischio collegato al fatto che il kirpan fosse un pugnale giustificava la decisione della Commissione scolastica di proibire allo studente la facoltà di indossarlo.

I Multani hanno presentato allora ricorso, nell’aprile del 2005, alla Corte Suprema; si richiedeva l’annullamento della disposizione della Corte d’Appello ed anche della decisione della

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Commissione scolastica. Comunque, lo studente nel frattempo aveva cambiato istituto scolastico, passando ad una scuola privata che gli aveva permesso la possibilità di esercitare ciò che costituiva il diritto all’espressione della propria libertà religiosa. La Corte Suprema si sarebbe dovuta pronunciare affrontando due questioni, cioè per prima cosa verificare se il totale divieto di tenere il kirpan nella scuola pubblica avesse potuto ledere o meno il principio di libertà di religione e successivamente, nel caso di risposta affermativa, stabilire se tale divieto imposto allo studente dalla Commissione scolastica fosse stato giustificabile in nome della sicurezza.

Nel marzo 2006 i giudici della Corte hanno dichiarato all’unanimità che la proibizione di portare il kirpan nella scuola ledesse il diritto di libertà religiosa dello studente e che il divieto totale, non essendo il pugnale pericoloso né in generale né nel caso specifico, non fosse giustificabile.

Accettando l’idea per la quale la “spada cerimoniale” non fosse un’arma, la Corte ha sostenuto che il giovane allievo fosse fermamente convinto che un kirpan di plastica o di legno non fosse conforme alle esigenze religiose; inoltre l’ostacolo alla sua libertà religiosa era più che “trascurabile o insignificante”, dato che gli negava il diritto di frequentare la scuola pubblica.

È molto importante ora il concetto di divieto “totale o assoluto” e rimanda al principio varie volte affermato dalla Corte dell’“accomodamento ragionevole”; quest’ultimo è il criterio da seguire per risolvere casi simili. Quindi, non essendo la libertà religiosa un diritto assoluto, le Commissioni scolastiche possono dettare condizioni come quelle originariamente imposte

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ed accettate da Gurbaj; tali limitazioni diminuiscono notevolmente la possibilità che il kirpan venga utilizzato per finalità violente. Rispettare tali limitazioni rende, così, priva di giustificazione una restrizione tanto forte della libertà religiosa.

È risultato quindi irragionevole ed eccessivo il divieto assoluto, non potendosi giustificare sulla base dell’art. 1 della Carta canadese. Nonostante la proibizione del kirpan avesse uno scopo urgente e concreto (garantire nella scuola un certo livello di sicurezza) non è dimostrato che un divieto totale rappresenti un limite trascurabile di un diritto costituzionalmente garantito. Per poter contenere un diritto tutelato dalla Carta è necessaria una minaccia reale ed i mezzi individuati devono essere proporzionati.

I giudici, tenendo conto della facilità di accesso degli alunni ad oggetti a loro volta pericolosi (compassi, forbici, mazze da baseball), hanno sottolineato la mancanza di segnalazioni di violenze riconducibili al kirpan all’interno delle strutture scolastiche, respingendo l’idea in base alla quale consentirne l’accesso equivale a sostenere che l’uso della forza sia indispensabile per far valere i propri diritti; una simile interpretazione manca di rispetto ai sikh e risulta contraria allo scopo del pugnale.

Il divieto totale di portare a scuola il pugnale dei sikh sottovaluta il valore dello stesso, trasmettendo anche l’idea che certe pratiche religiose non possano ottenere la protezione riservata invece ad altre. I giudici hanno aggiunto che “prendere una misura di accomodamento ragionevole in favore di Gurbaj e permettergli di portare il kirpan a certe condizioni, dimostra

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l’importanza che la nostra società accorda alla protezione della libertà di religione ed al rispetto delle minoranze che la compongono”, dato che gli effetti pregiudizievoli del divieto totale superano quelli benefici.

La questione era quindi inerente al caso di Gurbaj Multani, anche se la stessa potrà avere effetti su eventuali casi simili futuri; contribuirà inoltre a mantenere un vivo dibattito sull’argomento nella società canadese.

Gli effetti di tale decisione hanno coperto comunque un settore limitato, cioè quello scolastico; stando alla Corte, infatti, la conclusione non avrebbe potuto permettere di portare il pugnale dei sikh in altri ambienti (aereo ed aule di tribunale) nei quali è vietato in seguito a ragionevoli valutazioni derivanti dal bisogno di proteggere un grado di sicurezza superiore a quanto necessario nelle scuole.

Comunque, questa decisione sottolinea quanto sia difficile conciliare una libertà fondamentale come quella religiosa, con altri diritti (quale quello di sicurezza in luogo pubblico). Il fatto che sentimenti di avversione o di paura non possano considerarsi sufficienti per circoscrivere l’esercizio della prima in nome del secondo, prepara il terreno a svariate possibilità interpretative che il giudice dovrà valutare caso per caso.

Sembra quindi che la decisione della Corte rappresenti un altro passo del multiculturalismo, come elemento di base del sistema canadese, ed apra uno spazio sempre più ampio all’espressione delle diversità religiose nella scuola; si può notare come su questo argomento l’atteggiamento canadese di apertura verso le confessioni religiose e la volontà di concedere a tutti la facoltà di

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esibirne i segni distintivi, sia opposto a quello di altri Stati (la Francia che, in nome della laicità, proibisce segni ed abiti che manifestino ostensibilmente la religione degli studenti all’interno della scuola).

In conclusione, è utile ricordare che, per alcuni, la vittoria dei sikh ortodossi apparterrebbe ai credenti di tutte le religioni, che chiedono il diritto di portarne i segni negli istituti scolastici.

4.2 La Gran Bretagna

Un’altra questione riferita ai sikh si è presentata in Gran Bretagna (2).

La House of Lords, nel 1983 decise in Mandla vs. Dowell Lee che la proibizione di portare nella scuola il turbante ed i capelli lunghi secondo le consuetudini dei fedeli sikh dovesse essere considerata una discriminazione razziale ai sensi del Race Relations Act 1976 e non soltanto una discriminazione religiosa;

2) Jörg Luther, Il velo scoperto dalla legge: profili di giurisprudenza

costituzionale comparata, in Islam ed Europa. I simboli religiosi nei diritti del Vecchio continente, a cura di Silvio Ferrari, Carocci

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a parere della Commission for Racial Equality si potrebbe parlare di discriminazione razziale nel caso in cui il gruppo etnico sia identico ad un gruppo religioso (sikh) o qualora la proibizione si risolva in discriminazioni indirette contro definiti gruppi etnici (per esempio musulmani, pakistani o induisti indiani).

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