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CAPITOLO 9 LA LOCALIZZAZIONE DI ATTIVITÀ INDESIDERATE: UNA DISCARICA NEL COMPRENSORIO DEL CUOIO

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CAPITOLO 9

LA LOCALIZZAZIONE DI ATTIVITÀ INDESIDERATE: UNA

DISCARICA NEL COMPRENSORIO DEL CUOIO

9.1 ANALISI DELLA PROBLEMATICA ED OBIETTIVI DELLA

RICERCA

Uno dei temi di importanza primaria nel campo dei processi decisionali relativi al territorio è quello relativo a valutazioni e scelte riguardo alla localizzazione di interventi di tipo impiantistico ed infrastrutturale potenzialmente nocivi per la popolazione e per l’ambiente.

Le problematiche aperte nel campo dei conflitti localizzativi sembrano ormai focalizzarsi sempre più sul “site selction” di attività potenzialmente indesiderabili, cioè dal grande impatto ambientale, la cui localizzazione è accompagnata da interessi non solo strettamente locali, ma anche sovralocali e nazionali.

In questo contesto, infatti, gli interventi sul territorio più problematici sono quelli che, costituendo un servizio alla popolazione ed alle imprese, non possono essere localizzati in luoghi “troppo” lontani dai maggiori sistemi insediativi e produttivi (per problemi di efficienza ed efficacia delle installazioni oltre che di accessibilità e centralità del sito), ma che, essendo per loro natura fortemente impattanti, risultano indesiderati dalla popolazione stessa che ne teme gli effetti dannosi sulla salute e sulla qualità della vita. Risulta dunque necessario individuare e pianificare interventi la cui localizzazione e dimensione progettuale, oltre ad essere compatibile con le risorse economiche disponibili, comporti il minor rischio possibile per la popolazione, per le imprese, per l’agricoltura, per il sistema naturale e paesaggistico e quindi, proprio per questi motivi, raccolga il consenso della popolazione.

Lo sguardo alle esperienze nazionali ed internazionali (Amato, 1996; Amy, 1990; Dear, 1992; Linnerooth-Bayer e Fitzgerld, 1996; Quah e Tan, 1998; Williams e Matheny, 1995) mostra che la dimensione esperta non rappresenta che una parte della conoscenza coinvolta nella definizione di impatti e di strategie di public policy.

Il fenomeno delle opposizioni locali che mettono in scacco gli interventi “utili, ma sgradevoli” (Bobbio e Zeppetella, 1999) è uno spettro che si aggira da anni in tutti i paesi democratici suscitando allarmi, riflessioni ed indagini che in Italia, se mai, si stanno manifestando con qualche decennio di ritardo; nei paesi del Nord America così come in Europa (Francia, Germania, Inghilterra, Paesi Bassi) compare sistematicamente ogni volta che viene proposta la localizzazione di un intervento indesiderato (inceneritore, discarica, elettrodotto, diga, infrastrutture ad alta velocità, rigassificatori, impianti per la produzione di energie rinnovabili etc), tanto che, per designarlo è stato introdotto un termine specifico NIMBY (Not In My Back Yard) che ha ormai fatto il giro del mondo.

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L’acronimo NIMBY è un’etichetta che riflette il punto di vista di alcuni portatori di interesse contrari all’intervento potenzialmente rischioso e lascia intendere che le opposizioni siano mosse dall’intento, alquanto egoistico, di chi non vuole un certo impianto a casa propria, ma che potrebbe non muovere un dito se fosse proposto in casa altrui. È stato ideato anche l’ acronimo più neutrale LULU (Locally Unwanted Land Use) con cui gli stakeholders fanno constatare ai decision makers che certi usi del territorio sono malvisti sul piano locale. Gli americani si sono sbizzarriti ad inventare acronimi, rappresentativi del fenomeno delle opposizioni locali nei confronti di attività potenzialmente a rischio, quali ad esempio CAVE (Citizens Against Virtually Everything), BANANA (Build Absolutly Nothing Anywhere Near Anybody), NOPE (Not On Planet Earth). Qualsiasi sia il modo con cui il fenomeno venga chiamato, la sindrome del rifiuto sociale è ormai diventato un importante tema di dibattito pubblico non solo negli Stati Uniti ed in Canada dove storicamente ha avuto origine fin più di vent’anni fa, ma anche in Giappone (Muton, 1996) e sta facendo la sua apparizione anche negli altri paesi asiatici emergenti (Quah e Tan, 1998) ed echi significativi di tale dibattito si trovano anche nel nostro paese (Amato, 1996,Bartolomeo, 1996; Longo e Bartolomeo, 1998; Molocchi, 1998).

Il nodo cruciale della localizzazione delle attività indesiderate risiede proprio nel fatto che possono produrre esternalità negative nelle aree circostanti all’intervento, provocando conseguenze sgradevoli dal punto di vista “ambientale”, inteso nella sua accezione più ampia di ambiente naturale ed antropico, e causando condizioni sociali di preoccupazione connesse al rischio (non solo effettivo, ma anche “percepito”) per la salute dei cittadini, per la qualità della vita ed in generale per le condizioni di benessere di un intero territorio.

Le proteste contro le localizzazioni indesiderate non sono che l’altra faccia della competizione che si manifesta tra le grandi città ed i contesti locali per attrarre investimenti produttivi o insediamenti di prestigio: i portatori di interesse si battono per avere localizzazioni “buone o desiderabili” nel proprio territorio ,sottraendole agli altri e, peculiarmente, lottano per allontanare dal proprio ambito territoriale le localizzazioni “cattive o indesiderabili” dirottandole altrove. La forza delle opposizioni locali deriva dallo squilibrio fra i costi ed i benefici di uno specifico intervento: mentre i benefici sono generalmente diffusi tra una vasta collettività, i costi sono invece concentrati su gruppi ristretti che coinvolgono un ridotto numero di residenti.

Gli oppositori locali dispongono inoltre di un argomento molto forte riguardo alle scelte localizzative: quando il grido di protesta “non sotto casa mia!” si trasforma nella domanda “perché proprio sotto casa mia?” gli stakeholders passando dal problema della pericolosità dell’impianto, a quello della correttezza del processo pianificatorio e decisionale che ha portato alla scelta localizzativa.

La forza delle sopra citate sindromi di NIMBI, LULU, BANANA, NOPE etc. risiede nella necessità di considerare nel processo decisionale la crucialità delle prassi locali e delle

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convenienze delle comunità interessate all’intervento, effettuando analisi adeguate, basate anche sulla conoscenza comune e non solo esperta, per una corretta valutazione, possibilmente ex ante, degli impatti dell’opera sul contesto territoriale in cui viene ubicata (Forester e Krumholz, 1990, Forester, 1999; Lesbirel 1999).

l problema appare tuttora irrisolto sia dal punto di vista tecnico-metodologico, sia dal punto di vista del processo decisionale.

In letteratura le strategie che vengono solitamente usate per la scelta dei siti idonei ad accogliere attività potenzialmente a rischio sono riconducibili a due approcci principali: l’approccio “regolativo” (o comprensivo) e l’approccio “di mercato” (o caso per caso). Con la prima strategia la scelta del sito viene compiuta direttamente dall’autorità pubblica, attraverso un’analisi comparata delle alternative localizzative, valutate sulla base di criteri tecnici, ed è poi proposta, spesso in modo autoritario, alle comunità locali in nome di un interesse superiore. Con la seconda strategia, invece, la scelta è rimessa al promotore dell’impianto che agisce secondo i propri criteri di convenienza: una volta individuati alcuni siti “idonei”, il promotore si sottopone a controlli pubblici previsti a seconda del caso (valutazione di impatto ambientale, certificazioni ambientali, autorizzazioni etc), cercando di far accettare la propria scelta localizzativa alle autorità locali anche attraverso la persuasione e la negoziazione.

Per quanto riguarda gli impianti di smaltimento dei rifiuti, anche pericolosi, alcuni stati americani (New York) hanno puntato sull’approccio regolativo, altri (Massachussets, Ohio) si sono affidati elle scelte localizzative delle imprese proponenti. Gli studi comparativi di Barry Rabe (1994) e di Bruce Williams (1995) hanno mostrato che entrambe le strategie hanno dato risultati insoddisfacenti.

In Italia la strategia dominante è quella “di mercato”, o caso per caso, e, benché siano previste procedure diverse a seconda del tipo di intervento da localizzare, molto spesso la scelta del sito è rimessa al proponente dell’impianto, sia pure all’interno di un quadro programmatico stabilito, in modo più o meno stringente, dagli enti locali, dalla regione o dallo Stato. La verifica pubblica dell’idoneità del sito è effettuata molto spesso ex post, dopo che la scelta della localizzazione dell’intervento è già stata effettuata e, nei casi peggiori, senza considerare un insieme effettivo di alternative localizzative.

Per esempio la Legge italiana in materia dei rifiuti (D.lgs. 22/1997) prevede che la Regioni stabiliscano gli indirizzi generali (di natura tecnica) riguardo alle caratteristiche che i siti, dedicati alle diverse tipologie di impianti di smaltimento (discariche, inceneritori, impianti a tecnologie complesse, impianti a supporto delle raccolte differenziate etc), devono avere; spetta poi alle Province (attraverso il Piano provinciale dei Rifiuti) l’individuazione geografica delle aree idonee agli impianti e, solo in ultima analisi, al singolo proponente, l’individuazione puntuale del sito (tra le aree consentite) che viene sottoposto alle procedure di valutazione di compatibilità ambientale.

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Anche la presente ricerca, nell’ambito delle diverse tipologie di interventi potenzialmente a rischio, quindi indesiderati, si focalizza sulla problematica connessa all’individuazione ed alla localizzazione di siti idonei per la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti (discarica) ad alto impatto ambientale. La logica con cui viene condotta l’indagine è, tuttavia, sostanzialmente diversa rispetto a quanto normalmente accade nei casi di studio reali che la letteratura propone (Borsero e Massa, 1998; Castle e Muton, 1996; Elliot e Taylor, 1996).

L’obiettivo del presente lavoro è, infatti, quello di costruire un sistema di supporto alle decisioni finalizzato alla localizzazione ex ante di impianti per lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani e speciali, capace di integrare sia gli aspetti di natura tecnica connessi alla individuazione dei siti ottimali, sia le problematiche di pianificazione partecipata in situazioni di conflitto ambientale: il caso di studio analizzato si riferisce all’area del Comprensorio del Cuoio, un territorio di confine fra le province di Pisa e di Firenze.

Oltre a criteri di natura localizzativa strettamente tecnica, prescritti dagli strumenti di pianificazione in materia di rifiuti, vengono introdotti ulteriori elementi di analisi dedotti da casi reali di valutazione di impatto ambientale in Toscana e soprattutto da interviste effettuate ad alcuni “decision makers” locali che, essendo portatori di interessi di natura diversa, consentono di includere, già nella fase di costruzione delle alternative localizzative, le istanze, i punti di vista, le preferenze degli attori sociali coinvolti.

La tecniche impiegate sono quelle afferenti al campo dell’aiuto alle decisioni multicriteri integrate con i sistemi informativi geografici GIS e con i metodi di analisi spaziale: l’intero sistema è finalizzato non tanto ad individuare un’ alternativa “migliore” che probabilmente non esiste neppure, data la difficoltà effettiva di conciliare i punti di vista di tutti gli attori coinvolti, ma a costruire e rappresentare, nello spazio fisico del territorio, scenari alternativi di alternative “preferibili”, innescando un processo attraverso cui si sviluppa conoscenza attorno ai sistemi di preferenza dei diversi attori, rendendo più chiare le ragioni per cui un’alternativa è preferita ad un’altra sulla base delle ricadute che gli stakeholders possono avere.

Tutto il lavoro parte quindi dalla volontà di costruire uno strumento di valutazione ex ante, capace di integrare e conciliare, in modo trasparente, il rigore tecnico-scientifico dei metodi di analisi multicriteri e delle tecnologie GIS, con la ricerca di approcci di tipo dialogico che prevedano la partecipazione dei soggetti effettivamente coinvolti dagli impatti dell’opera. Solo in questo modo, a mio avviso, è possibile realizzare un effettivo ed efficace strumento di aiuto alle decisioni capace di verificare non solo la compatibilità ambientale di un intervento nel suo territorio, ma di costruire un consenso attraverso il confronto e la negoziazione tra i soggetti coinvolti.

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9.2 INQUADRAMENTO TERRITORIALE

L’area di studio, considerata per l’indagine relativa alla localizzazione di un impianto di smaltimento di rifiuti in discarica, è ubicata in una posizione “strategica” intermedia tra le province di Pisa e Firenze, risultando ottimamente collegata ad entrambe a mezzo della infrastruttura viaria FI-PI-LI, strada di grande comunicazione a livello regionale.

Tale area comprende infatti i sei comuni appartenenti al Comprensorio del Cuoio: Castelfranco di Sotto (PI), Fucecchio (FI), Montopoli in Val d’Arno (PI), Santa Croce sull’Arno (PI), Santa Maria a Monte (PI), San Miniato (PI) (figura 9.1).

Figura 9.1 Comuni dell’area di studio

Ai fini della determinazione delle aree più idonee ad essere sede di una discarica, tramite un modello di analisi a criteri multipli integrata con i GIS, sull’intero territorio dell’area di studio viene sovrapposta una griglia a maglia quadrata di lato 50 mt di cui ciascuna cella costituisce un’alternativa decisionale, geograficamente rappresentata, da valutare ed ordinare.

Dal punto di vista geografico il Comprensorio si trova nella vallata dell’Arno in corrispondenza della confluenza con il torrente Egola e con il fiume Elsa che funge anche da confine provinciale; il fiume Arno divide infatti il territorio in due zone, una settentrionale di carattere prevalentemente pianeggiante ed un meridionale con conformazione in prevalenza collinare. I terreni che costeggiano l’ Arno risultano di natura alluvionale, mentre le zone limitrofe presentano un’alternanza di terreni a

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carattere sabbioso, argilloso ed alluvionale in concomitanza con la presenza dei numerosi corsi d’acqua.

Tutta questa zona ha acquisito nel tempo un notevole sviluppo nel settore secondario e terziario proprio in virtù della sua posizione di crocevia dei traffici commerciali tra Pisa e Firenze. In particolare l’attività industriale si è specializzata e focalizzata nel campo manifatturiero (conciario e calzaturiero): tradizionalmente l’industria conciaria locale ha interagito attivamente sull’economia dei comuni favorendone la specializzazione, tanto da fargli meritare l’appellativo di “Comprensorio del Cuoio”.

L’assetto urbanistico e territoriale del Comprensorio è caratterizzato da un coacervo di attività conciarie, consorzi di depurazione delle acque reflue e complessi residenziali densamente popolati: da questa vicinanza oltre che dal crescente sviluppo del sistema produttivo di pelli e di cuoio, sono nate le problematiche connesse agli impatti ambientali che la concentrazione di attività industriali ha provocato su tutte le risorse naturali del territorio, in particolare sulla qualità dell'aria e dell'acqua, creando situazioni di malcontento della popolazione locale, sfociate, soprattutto negli anni ’80, in situazioni di effettivo conflitto sociale.

Il numero delle aziende presenti nel Comprensorio fluttua intorno alle 900 unità, tutte di medio-piccola dimensione, equamente divise tra produttrici in proprio e contoterziste, ma tutte dotate di un forte flessibilità e competitività commerciale. La presenza di concerie nel Comprensorio del Cuoio ha creato, col tempo, problemi ambientali non indifferenti, resi ancora più acuti dalla presa di coscienza ecologica generale sviluppatasi negli anni in seno alle comunità locali. Anche se, allo stato attuale, il problema delle maleodoranze, connesse alla produzione di idrogeno solforato (avente il caratteristico odore di uova marce) impiegato nell’attività conciaria è in parte tamponato e le sue concentrazioni sono costantemente tenute sotto controllo da una fitta rete di monitoraggio ambientale, e nonostante la presenza di quattro imponenti impianti di depurazione che consentono di scaricare nei corpi idrici acque reflue i cui parametri rispettano la normativa vigente, la percezione che gli abitanti del Comprensorio hanno del proprio territorio è quella di essere stati vittima, negli anni, di un vero e proprio dissesto ambientale.

Questa sensazione, alimentata da una forte presa di coscienza da parte dei cittadini e degli industriali locali riguardo alla necessità di voler andare nella direzione di uno “sviluppo sostenibile” delle risorse del proprio territorio, ha posto le basi per un’inversione di marcia della mentalità degli imprenditori di questa parte del Valdarno, passati coscientemente dall'anarchia e dall'individualismo ad una sorta di associazionismo.

Forse anche per questo motivo la struttura economica-produttiva il Comprensorio del Cuoio appare oggi come una delle aree a maggior tasso di industrializzazione della Toscana di cui costituisce il Distretto Industriale del Cuoio (figura 9.2). Viene di seguito presentata una “fotografia” del territorio, oggetto del presente lavoro, attraverso una

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descrizione sintetica dei sistemi: naturale, antropico, produttivo e, data la specificità dell’argomento trattato, di quello relativo ai rifiuti.

Figura 9.2 Distretto industriale del Cuoio in Toscana Sistema Naturale

Osservando il modello digitale del terreno (DEM = Digital Elevation Model) che riflette la distribuzione altimetrica dell’area di studio (figura 9.3), si nota che la piana alluvionale, del Valdarno medio, occupa una fascia ampia (circa 5 Km) ed interessa tutti i comuni del Comprensorio e risulta compresa tra due sistemi collinari, a nord-ovest il pianalto delle Cerbaie e a sud i colli di S. Miniato e di Montopoli.

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Il reticolo idrografico (figura 9.4), anche se non molto esteso, è di rilevante importanza per la presenza del fiume Arno che attraversa il Comprensorio del Cuoio in tutta la sua ampiezza e, giunto nel Comune di S. Miniato, riceve le acque del torrente Egola, nei pressi di Castelfranco di Sotto, quelle del Rio Malucco e, poco più a valle, nel territorio di Montopoli, quelle dei torrenti Vaghera e Chiecina. Tutti questi affluenti interessano la sinistra idrografica del fiume Arno, mentre sulla destra degno di nota è il Canale Usciana che attraversa i comuni di Santa Croce sull’Arno e Castelfranco di Sotto parallelamente al corso dell’Arno.

Figura 9.4 Idrografia dell’area di studio

In questo territorio sono inoltre presenti tre importanti aree protette: la Riserva statale di Montefalcone (riserva naturale biogenetica), la Riserva statale di Poggio Adorno (riserva naturale di popolamento animale), le Cerbaie (sito di interesse comunitario) siti nei comuni di Castelfranco di Sotto, Santa Croce sull’Arno e Fucecchio, il Padule di Fucecchio (sito di interesse comunitario) e la sua Riserva Naturale (figura 9.5).

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Sistema Antropico

Sul territorio del Comprensorio del Cuoio, che si estende per circa 298 km², insiste una popolazione pari a 92.623 abitanti, con una densità media di 372 ab/km² con un picco del Comune di Santa Croce sull’Arno (780 ab/km²) dove si osserva la maggiore densità di insediamenti antropici. In generale, le aree urbanizzate a valenza residenziale sono maggiormente concentrate nelle zone pianeggianti, mentre i minori agglomerati si trovano nelle aree collinari (figura 9.6).

Figura 9.6 La distribuzione spaziale delle aree residenziali nel Comprensorio del Cuoio È presente nel territorio una fitta rete stradale che consente la comunicazione sia a livello locale che provinciale e regionale, attraversando tutta la piana alluvionale e rendendo accessibili anche le aree collinari. La rete delle infrastrutture viarie è quindi molto intensa e completata dalla presenza della rete ferroviaria (figura 9.7).

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Sistema Produttivo

Il Comprensorio del Cuoio, posto a cavallo tra la Provincia di Pisa e quella di Firenze, copre un’area ad elevata concentrazione industriale che costituisce, ad esclusione del comune di Fucecchio, il Sistema Territoriale Provinciale della Pianura dell’Arno, subsistema del Cuoio (Sistema Territoriale di Programma della Toscana dell’Arno) denominato SEL (Sistema Economico Locale) numero 11, Valdarno Inferiore (figura 9.8).

Figura 9.8 Il Sistema Territoriale Locale numero 11, Valdarno Inferiore

Il distretto economico di maggior sviluppo è, naturalmente, quello conciario, nel quale sono impiegati quasi 10.000 addetti, occupati in oltre 800 unità produttive. Per dare un’idea dell’importanza economica di questo sito industriale, basti sapere che le concerie della zona coprono il 35% della produzione nazionale di pelli per la calzatura, la pelletteria e l’abbigliamento, mentre soddisfano ben il 98% della produzione nazionale di cuoio da suola.

Le aree industriali si sono sviluppate a fianco delle zone residenziali (le prime concerie ascevano addirittura adiacenti alle abitazioni), lungo principali vie di comunicazione che e garantiscono un forte grado di accessibilità: l’importanza del settore industriale su cala nazionale e la buona rete viaria costituiscono, in modo reciproco, causa ed effetto

el proprio sviluppo (figura 9.9).

problema della compatibilità ambientale di questo distretto industriale è in discussione ià dalla fine degli anni sessanta, infatti, per far fronte a tale problematica, sono oggi resenti sul territorio molte attività industriali specializzate nel trattamento dei rifiuti onciari sia solidi (carniccio, pellame, ecc..) che liquidi (fanghi conciari). La produzione ei rifiuti speciali è indiscutibilmente la più alta rispetto al totale provinciale (Pisa), ostituendo ben il 60% dei RS totali.

n n s d Il g p c d c

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sviluppo industriale e delle attività di servizi accessorie ha

resto dell’area in esame presenta un uso del suolo abbastanza omogeneo, composto da mpie zone coltivate di varia tipologia e boschi di modeste estensioni.

a convivenza di due così opposte attività produttive, quali appunto l’industria e erizza questo territorio in cui si distinguono due cluster fisicamente Figura 9.9 Le aree Produttive ed Industriali del Comprensorio

Nel Comprensorio del Cuoio lo

portato ad un fitto intreccio tra industrie conciarie, consorzi di depurazione delle acque e complessi residenziali.

A nord dell’Area di Studio, nella zona centrale del Comune di Castelfranco di Sotto e nei territori settentrionali di Santa Croce, si distingue una vasta zona boschiva, coincidente, con le aree protette di interesse naturalistico.

Il a L

l’agricoltura, caratt

distinti: l’intera piana alluvionale a prevalente indirizzo industriale e le aree collinari a prevalente sviluppo agricolo.

Il settore agricolo trova sviluppo per le colture di ortaggi, frutta, cereali, barbabietole da zucchero, olive, uva da vino, tabacco e foraggi, maanche nell’ allevamento del bestiame. Si evidenzia come l’agricoltura punti sulla qualità riconosciuta dei propri prodotti, all’interno della delimitazione dell’area DOC comprendente i comuni di Montopoli Val d’Arno e di San Miniato (zone tartufigene e strade del vino).

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Sistema dei Rifiuti

Dall’ analisi di fragilità ambientale del territorio effettuata dal Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Pisa, nella Valutazione degli Effetti Ambientali (VEA), sono reperibili dati su base comunale relativi al sistema rifiuti. Vengono infatti calcolati alcuni indicatori di fragilità finalizzati a fornire un inquadramento iniziale della situazione del Comprensorio del Cuoio riguardo al sistema rifiuti; si riportano di seguito (figura 9.10) i valori di tali indicatori per i comuni del territorio in esame ad esclusione di Fucecchio che fa parte della provincia di Firenze il cui Piano Territoriale di Coordinamento non prevede la costruzione degli indicatori di seguito riportati.

Figura 9.10 Fragilità ambientale relativa al Sistema Rifiuti (P: pressione, R: risposta)

ricolosi della Provincia di Pisa) si osserva che i rifiuti

ra e

ti all’interno del Le problematiche connesse alla produzione e alla gestione dei rifiuti (soprattutto speciali) nella zona del Comprensorio del Cuoio sono da mettere in relazione all’elevata densità di popolazione ed alla concentrazione di attività industriali.

Da dati relativi alla produzione di rifiuti speciali nella provincia di Pisa (fonte: Piano per la gestione dei Rifiuti Speciali anche Pe

provenienti dalla lavorazione conciaria e tessile, quelli provenienti da impianti di trattamento dei rifiuti e delle acque reflue e quelli derivanti da processi chimici, generano oltre l’83% del totale dei rifiuti speciali prodotti sul territorio provinciale.

La produzione di rifiuti speciali nel Comprensorio del Cuoio è caratterizzata principalmente dai fanghi di depurazione provenienti dal trattamento dei reflui conciari, nonché da altri rifiuti solidi tipici dei processi della concia, della preparazione delle pelli (carniccio da operazioni di scarnatura) e delle operazioni di rasatura, spaccatu rifilatura (rasature, cascami e ritagli di pelle e cuoio) cui si sommano gli imballaggi ed i rifiuti solidi assimilabili agli urbani.

I rifiuti speciali liquidi sono costituiti da bagni di concia esausti al cromo e da altri liquami industriali destinati ad impianti di recupero o di depurazione. I rifiuti relativi alle attività connesse alla produzione conciaria e quelle relative al processo di depurazione dei reflui costituiscono circa il 45% sul totale dei rifiuti speciali genera

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Comprensorio. Allo stato attuale i rifiuti speciali del Comprensorio (esclusi i fanghi

il 3-5%, anche se la produzione media

ortanza se si vogliono evitare i problemi

gati agli “effetti icativa i risultati

elle analisi connesse, ad esempio, agli impatti visivi, allo studio della qualità dell’aria o lla valutazione del livello di accessibilità dei siti.

er questi motivi, in molte delle elaborazioni descritte in dettaglio nei paragrafi uccessivi, si fa spesso riferimento ad un’area più ampia denominata “area vasta” (figura

.11) che comprende alcuni comuni limitrofi alla zona del Comprensorio del Cuoio, scelti base all’omogeneità morfologica ed orografica del territorio, oltre che sulla base delle onnessioni di tipo economico e produttivo, facilitate da un consistente sistema di

frastrutture di trasporto e di comunicazione.

Figura 9.11 Estensione territoriale dell’ Area Vasta

conciari) che vanno in discarica sono conferiti in località Gello di Pontedera, una parte dei fanghi e di altri rifiuti speciali sono conferiti fuori regione tramite ditte specializzate.

Per quanto riguarda i rifiuti urbani, fino all’anno 2004, si registra un costante aumento della produzione (raccolta differenziata e raccolta indifferenziata) all’interno del Comprensorio, con tasso medio annuo di circa

procapite resta inferiore sia alla media nazionale che a quella regionale. Nell’area del Comprensorio non esistono impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani che invece vengono smaltiti nella discarica posta nel comune di Pontedera.

A conclusione di questo inquadramento territoriale dell’area di studio è necessario sottolineare come, in molte delle elaborazioni essenziali per individuare ante operam i siti più idonei alla localizzazione di una discarica sulla base di opportuni criteri ed attributi di valutazione, sia necessario considerare un ambito degli effetti territoriale più ampio di quello relativo ai sei comuni dell’area di studio.

Questo aspetto è anche di fondamentale imp

le di bordo” che possono condizionare in maniera signif d a P s 9 in c in

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9.3 STRUMENTI NORMATIVI E PIANIFICATORI

a classificazione dei Rifiuti in Italia ha visto due leggi importanti: il Decreto Legislativo el 5 Febbraio del 1997 (Decreto Ronchi) e quello del 15 Gennaio del 2003 nato all’attuazione della direttiva 1999/31/CE.

on il decreto Ronchi del 1997 i rifiuti venivano classificati, in funzione della loro origine i produzione, in rifiuti urbani e speciali (figura 9.12).

97, n.22 (Ronchi )

tre

dei rifiuti (art. 3 e 4) vengono espresse attraverso le cosiddette 4

er i quali lute pubblica. L d d C d

Figura 9.12 : Classificazione dei rifiuti secondo il D.Lgs 5 febbraio 19

Il campo di applicazione del Decreto 22/97 riguarda la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggi, e recepisce, in unico testo, Direttive Comunitarie:

- Direttiva 91/156 sui rifiuti;

- Direttiva 91/689 sui rifiuti pericolosi;

- Direttiva 94/62 sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio. Le priorità di gestione

“R”: riduzione, riuso, riciclaggio, recupero (di materia e/o di energia).

Lo smaltimento finale in discarica riguarda quei rifiuti o quelle frazioni di rifiuto p

non è possibile ricorrere ad ulteriori forme di recupero, inoltre “deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti” (art. 5). Il ricorso allo smaltimento in discarica, quale estrema ratio, deve comunque essere attuato in modo da evitare la movimentazione dei rifiuti stessi, privilegiando l’individuazione di impianti più prossimi al luogo di produzione dei rifiuti (principio di prossimità) e di sistemi idonei a garantire il massimo grado di protezione dell’ambiente e della sa

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La Regione Toscana ha dato attuazione ai principi del Decreto Ronchi con la Legge Regionale n. 25 del maggio 1998, successivamente modificata dalla L. 29/2002.

Nel rispetto dei principi generali, ma con una certa autonomia, le Regioni possono

ges nel

am e più diretto coinvolgimento delle

Rifi

Dal

D.L de una nuova riclassificazione dei rifiuti, non

si: sono i rifiuti indicati con un asterisco nell’ambito del catalogo europeo sui

himica o ruciano né sono soggetti ad e, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con

altr nocivi tali da provocare inquinamento

am .

ie di discarica:

Dis ri sito sul

suolo o uzione dei rifiuti adibita

allo m asi

area ov poraneo per più di un anno .

2) discarica per rifiuti non pericolosi;

pericolosi stabili e non reattivi che soddisfano i criteri di ammissione esercitare importanti funzioni di regolamentazione e di pianificazione delle attività di

tione dei rifiuti. Il legislatore regionale ha ampliato, poi, il ruolo della Provincia settore della gestione dei rifiuti, da un lato affidandogli ulteriori e importanti funzioni

ministrative, dall'altro prevedendo un maggiore

Province nella predisposizione, adozione e aggiornamento dei Piani Regionali di Gestione uti.

l’attuazione della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, segue poi il gs del 13 Gennaio 2003 n.36 che preve

più in base alla provenienza, ma in base alla possibile pericolosità: Pericolo

rifiuti o contenenti sostanze con concentrazione superiore a predeterminati valori; Non Pericolosi: sono i rifiuti che per provenienza o per le loro caratteristiche non rientrano tra i rifiuti contemplati come pericolosi;

Inerti: sono i rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, c biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non b

altre reazioni fisiche o chimich

e materie, non comportano effetti bientale o danno alla salute umana

Nel decreto vengono date, inoltre, la definizione e la classificazione delle varie tipolog

ca ca: area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di depo nel suolo, compresa la zona interna al luogo di prod

s altimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsi e i rifiuti sono sottoposti a deposito tem

Ciascuna discarica è classificata in una delle seguenti categorie: 1) discarica per rifiuti inerti;

3)

discarica per rifiuti pericolosi.

Nelle discariche per i rifiuti non pericolosi possono essere ammessi i seguenti rifiuti: - rifiuti urbani

- rifiuti non pericolosi di qualsiasi altra origine che soddisfano i criteri di ammissione dei rifiuti previsti dalla normativa vigente

- rifiuti

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Nelle discariche per rifiuti pericolosi possono essere ammessi solo rifiuti pericolosi che soddisfano i criteri fissati dalla normativa vigente

A fianco della normativa settoriale in materia di rifiuti e di impianti per il loro recupero o smaltimento, è necessario considerare anche la legislazione relativa alla Valutazione di Impatto Ambientale cui sono sottoposte tutte le tipologie di discariche.

La Legge Regionale del 3 Novembre 1998, n. 79, detta le norme per l’applicazione della utazione d’Impatto Ambientale (VIA) in Toscana: l’articolo 2 comma secondo riporta

li ia, cqua, il clima, le risorse naturali, l’equilibrio ecologico, l’ambiente edificato, il patrimonio storico,

o-economico.”

ato alle lettere c), e), f), g) e h) sono trattati gli impianti di smaltimento e

rica per i rifiuti non pericolosi e pericolosi. Val

quanto segue:

“La procedura di VIA, nel rispetto dei principi posti dall’art. 4, individua, descrive e valuta preventivamente l’impatto ambientale dei progetti e interventi pubblici e privati alla stessa sottoposti, con riguardo agli effetti sull’ambiente, inteso come sistema interrelato di risorse natura e umane, ed in particolare, sugli esseri umani, la vegetazione, la fauna, il suolo, il sottosuolo, l’ar l’a

archeologico, architettonico e artistico, il paesaggio e l’ambiente soci

Negli allegati A1, A2 e A3, di tale norma, sono riportate le tipologie di interventi che devono essere sottoposte a VIA. In particolare, l’allegato A2 contiene l’elenco dei progetti che devono essere sottoposti alla fase di valutazione di competenza della Provincia. In questo alleg

stoccaggio dei rifiuti sia non pericolosi che pericolosi.

Il seguente lavoro, nel rispetto della Normative sopra riportate, si prefigge l’obiettivo di individuare, localizzare ed ordinare i siti maggiormente idonei ad accogliere, nel territorio del Comprensorio del Cuoio, impianti di disca

STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE DI SETTORE (RIFIUTI)

La previsione dei piani di gestione dei rifiuti, strumenti necessari per la programmazione, l'organizzazione ed il controllo delle operazioni di gestione dei rifiuti da parte delle autorità competenti, è contenuta nella disciplina Comunitaria e nella normativa Statale di attuazione.

Il D.Lgs. 22/1997 ha previsto un sistema di piani di gestione che si articola in un livello Regionale e in un livello Provinciale: allo Stato non è riconosciuto un potere di pianificazione generale, rientrando nell'ambito delle sue competenze unicamente la possibilità di definire piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e

erventi di governo del settore dei rifiuti.

l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti (art. 18).

I Piani Regionali di gestione dei rifiuti sono elaborati nel rispetto dei criteri generali dallo Stato, il quale provvede a coordinare i piani delle varie Regioni.

I principi che ispirano i contenuti della pianificazione riguardano la definizione di obiettivi programmatici in base ai quali i piani regionali, previsti dal D. Lgs. 22/1997, si pongono come dei programmi di organizzazione e di gestione dei servizi e degli int

(17)

La norma prescrive, inoltre, che, nel processo di pianificazione, sia assicurata una adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini e si stabilisce la necessità dell’intervento degli Enti locali nel procedimento di approvazione degli strumenti pianificatori.

Sulla base delle linee guida indicate dall'Unione Europea (art.3 direttiva 91/156/CEE) e del D.Lgs. 22/1997 (Decreto Ronchi) la Regione Toscana ha definito quanto di propria

omp

rticolato il Piano Regionale dei rifiuti, mentre l’ambito normativo provinciale si traduce el Piano Provinciale dei Rifiuti e prende le mosse dal Decreto Legislativo n°36 del 13

ennaio 2003 e dallo stesso Piano Regionale dei Rifiuti della Regione Toscana.

due Piani sopra citati fanno però riferimento una diversa classificazione dei rifiuti: il iano Regionale effettua la distinzione in rifiuti urbani e speciali, a loro volta suddivisi a econda della loro pericolosità, mentre il Piano Provinciale fa una distinzione a seconda ella pericolosità dei rifiuti che determina la tipologia di discarica in cui vengono smaltiti. rifiuti classificati nel Piano Regionale possono comunque essere ricondotti alla lassificazione del Piano Provinciale attraverso lo schema riportato in figura 9.12.

F

Rif Piani Provinciali dei Rifiuti (D. Lgs 2003).

In mer del De regiona

DISCARICA

c etenza anche attraverso la Legge Regionale n°25 del 1998. Su di essa è stato a n G I P s d I c

igura 9.12 Confronto tra la classificazione dei rifiuti seguita dal Piano Regionale dei iuti (D.Lgs 1997) e quella seguita dai

ito agli atti di programmazione, la L. R. 25/98 ha dato attuazione alle previsioni creto Ronchi disciplinando sia i contenuti dei Piani di gestione dei rifiuti (a livello,

le e provinciale ) sia i loro effetti.

P IANO AL DE I RI F U T I RE G ION E P IANO C I I RI F U T I PROV IN A L E DE RU RS rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti inerti rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti pericolosi DISCARICA P IANO AL DE I RI F U T I RE G ION E P IANO C I I RI F U T I PROV IN A L E DE RU RS rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti inerti rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti pericolosi P IANO AL DE I RI F U T I RE G ION E P IANO C I I RI F U T I PROV IN A L E DE RU RS rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti inerti rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti pericolosi P IANO AL DE I RI F U T I RE G ION E P IANO C I I RI F U T I PROV IN A L E DE RU RS rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti inerti rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti pericolosi P IANO AL DE I RI F U T I RE G ION E P IANO AL DE I RI F U T I RE G ION E P IANO C I I RI F U T I PROV IN A L E DE P IANO C I I RI F U T I PROV IN A L E DE RU RU RS RS rifiuti pericolosi rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti inerti rifiuti inerti rifiuti pericolosi rifiuti pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti non pericolosi rifiuti pericolosi rifiuti pericolosi

(18)

Il PIANO REGIONALE DEI RIFIUTI prevede:

tipi, quantità e origine dei rifiuti da smaltire;

l'indicazione degli interventi più idonei ai fini della riduzione della quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti;

i fabbisogni, la tipologia e il complesso degli impianti e delle attività 1)

2)

3) per lo

4)

ne degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti. Le ariche,

i in luoghi prossimi a quelli di produzione,

commercializzazione; 6)

isti dalla normativa vigente; Le pres

eserciti ed i criteri di

localizz tutti gl

ttualmente la Regione Toscana ha essenzialmente completato la propria attività di

iberazione C.R.T. n. 88 del 7.5.1998 "Piano regionale di gestione dei rifiuti – smaltimento e il recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella Regione, tenendo conto dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani all'interno degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali), nonché dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte del sistema industriale e dei relativi processi di commercializzazione;

i criteri per l'individuazione, da parte delle Province, delle aree idonee e non idonee alla localizzazio

condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti di gestione dei rifiuti, ad eccezione delle disc

possono essere localizzati nelle aree destinate ad insediamenti produttivi;

5) la individuazione della tipologia e del complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali anche pericolosi da realizzare nella Regione, tali da assicurare lo smaltimento dei medesim

al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti, nonché la caratterizzazione dei prodotti recuperati ed i relativi processi di

il programma per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggi, coordinato con gli altri piani di competenza regionale prev

crizioni del Piano hanno effetto vincolante per tutti i soggetti privati e pubblici che no funzioni e attività in materia di rifiuti. Inoltre, i principi

azione previsti dal presente piano sono elementi che devono essere rispettati in i altri atti di pianificazione territoriale.

A

pianificazione in materia essendo stati approvati i tre stralci del piano di gestione dei rifiuti:

- Del

primo stralcio relativo ai rifiuti urbani"

- Deliberazione C.R.T. n. 385 del 21.12.1999 "Piano regionale di gestione dei rifiuti -secondo stralcio relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi"

- Deliberazione C.R.T. n. 384 del 21.12.1999 "Piano regionale di gestione dei rifiuti -terzo stralcio relativo alla bonifica delle aree inquinate".

Per i fini del presente lavoro si fa riferimento ai primi due piani che stabiliscono i criteri calizzativi delle varie tipologie di impianti di smaltimento di rifiuti fra cui anche le iscariche.

lo d

(19)

Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti urbani ed assimilabili, nella sezione 5 stabilisce tutto alcuni criteri di localizzazione comuni a tutti gli impianti di smaltimento uddividendoli in fattori escludenti, fattori penalizzanti e fattori preferenziali per la

alutazione di compatibilità del sito con il territorio in cui è inserito (figura 9.13).

pianti, stabiliti dal Piano Reg Lo esclude singole innanzi s v

Figura 9.13 Criteri localizzativi, comuni a tutte le categorie di im

ionale dei rifiuti urbani ed assimilabili: fattori escludenti, penalizzanti e preferenziali

stesso piano individua poi, sempre in base alla classificazione precedente (fattori nti, penalizzanti e preferenziali) alcuni criteri integrativi per la localizzazione delle tipologie di impianto (figura 9.14).

Il Piano Regionale di gestione dei rifiuti speciali anche pericolosi nell’identificazione del sistema dei vincoli relativi alla localizzazione di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti speciali (Pericolosi e Non-pericolosi) si ispira ai seguenti criteri:

con gli orientamenti internazionali. 1) congruità con la normativa già predisposta per i rifiuti urbani (Piano Regionale I

Stralcio);

2) inserimento di alcuni elementi restrittivi, rispetto agli impianti per RSU, in particolare per gli impianti di trattamento e smaltimento finale dei rifiuti pericolosi anche per rendere la normativa proposta coerente con le vigenti disposizione (ad esempio per impianti di discarica) e in linea

(20)

In pratica tale p estione ei rifiuti urbani, indicando a seconda della tipologia di opere, alcuni criteri ulteriormente

strittivi.

pecificatamente, per gli impianti di discarica destinati allo smaltimento di rifiuti speciali on pericolosi, si applicano le norme generali previste nel Piano Regionale I stralcio lativamente alla localizzazione degli impianti di discarica di rifiuti urbani, mentre per le iscariche nei quali siano conferiti rifiuti speciali pericolosi si applicano, oltre ai criteri uddetti, alcuni ulteriori fattori escludenti individuati proprio dal piano in esame (secondo tralcio relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi).

ativi, specifici di alcune categorie di impianti, stabiliti dal iano Regionale dei rifiuti urbani ed assimilabili: fattori escludenti, penalizzanti e

ti

fattori penalizzanti che preferenziali) necessari per l’individuazione e la rap

essere

iano assorbe interamente tutti gli indirizzi stabiliti dal piano di g d re S n re d s s

Figura 9.14 Criteri localizz P

preferenziali

Nel presente lavoro, le prescrizioni stabilite dai Piani Regional per la gestione dei Rifiu sono state interamente accolte per la identificazione delle aree vincolate in modo escludente (fattori escludenti) e per la scelta dei criteri e degli attributi di valutazione (sia come

presentazione geografica, nel territorio dell’area di studio, delle aree più idonee ad sede di una discarica.

(21)

Nella p

vengon l territorio,

me La legg PIANI

rogrammazione e organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello Provinciale, o valorizzate le funzioni proprie delle Province in materia di governo de

diante l'adozione dello strumento programmatorio, cioè del Piano di Gestione Rifiuti. e 25/98 detta, inoltre, i contenuti fondamentali che devono essere prensenti nei DI GESTIONE RIFIUTI DI COMPETENZA PROVINCIALE tra cui, di massimo rilievo, sono:

, dei tipi, delle quantità e dell’origine dei

2)

atteristiche dei rifiuti, agli impianti esistenti ed alle

3) ee alla localizzazione degli impianti di

rizioni localizzative del

azione del piano;

nti di smaltimento e recupero 1) la determinazione delle caratteristiche

rifiuti da recuperare e da smaltire;

l'individuazione dei metodi e delle tecnologie di smaltimento più idonei, in relazione alle quantità, alle car

prescrizioni del Piano Regionale dei rifiuti, finalizzati ad ottenere l'autosufficienza degli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali) per la gestione dei rifiuti urbani;

l'individuazione di tutte le zone idon

smaltimento e recupero dei rifiuti, sulla base delle presc

Piano Regionale dei Rifiuti ed in funzione degli indirizzi di governo del territorio individuati dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP);

4) le modalità per l'attu

5) i criteri per la localizzazione ed il dimensionamento delle aree da adibire a centri di raccolta di veicoli a motore, rimorchi e simili, nonché alla definizione delle modalità per la loro gestione;

6) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali anche pericolosi da realizzare nelle Province sulla base delle prescrizioni generali contenute nel piano regionale;

7) la localizzazione degli impia

Anche in questo caso l'effetto dei Piani Provinciali per lo smaltimento e la gestione dei rifiuti è tale da vincolare il contenuto degli altri atti di pianificazione di carattere sia comunale che provinciale.

La Provincia di Pisa, nella quale ricadono cinque dei sei comuni dell’area di studio, ha approvato nel 1998 il Piano Provinciale della gestione dei Rifiuti che stabilisce gli indirizzi generali di gestione integrata dei rifiuti urbani e speciali, analizza lo stato dell’arte degli impianti già localizzati, suddivisi per tipologia, ed individua, solamente sulla base della pericolosità idraulica, della pericolosità geomorfologica e della vulnerabilità idrogeologica, alcuni criteri di massima per la valutazione di idoneità localizzativa degli impianti già presenti sul territorio provinciale.

Successivamente, la società ARRR (Agenzia Regione Recupero Risorse) ha elaborato per il territorio della Provincia di Pisa il Piano Provinciale dei Rifiuti Speciali anche Pericolosi

003)

(2 che, a fronte della stima della produzione di tali rifiuti speciali (pericolosi e non) el territorio provinciale, individua, sulla base delle prescrizioni del piano regionale e del iano provinciale del 1998, alcuni criteri generali per la localizzazione delle varie tipologie n

(22)

di impianto. Essendo tale piano dei rifiuti speciali anche pericolosi successivo al Decreto egislativo n°36 del 2003, che distingue le discariche in base al grado di pericolosità lativa ai rifiuti che vi vengono conferiti, esso contiene (cap 10) specifici criteri di calizzazione di nuove discariche, stabilendo alcuni indirizzi comuni a tutte e tre le pologie di impianto (per inerti, per rifiuti non pericolosi e per rifiuti pericolosi) ed dividuando, poi, alcune criteri aggiuntivi per gli impianti di discarica per rifiuti non ericolosi e pericolosi (figura 9.14).

L re lo ti in p

Figura 9.14 Criteri localizzativi, comuni a tutte le tipologie di discariche e specifici per alcune tipologie, stabiliti dal Piano Provinciale (Pisa e Firenze) dei rifiuti Speciali anche Pericolosi

Per quanto riguarda la Provincia di Firenze che comprende il comune di Fucecchio appartenente al territorio dell’area di studio del presente lavoro, il Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti Urbani ed assimilati (2003) riprende, sostanzialmente gli indirizzi del corrispondente Piano Regionale relativo ai rifiuti urbani riportandone sia i criteri localizzativi comuni a tutti gli impianti di smaltimento, sia quelli specifici di ogni tipologia di impianto, fra cui le discariche.

Il Piano Provinciale per la gestione dei Rifiuti Speciali anche Pericolosi (2006) è strutturato in maniera perfettamente analoga al corrispondente piano della Provincia di Pisa (figura 9.14).

(23)

STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E GOVERNO DEL TERRITORIO

Gli strumenti di gov sia a livello regionale che

provinciale, consider er lo sviluppo

sostenibile del sistem tture etc.

Il nuovo Piano di I

erno del territorio della Regione Toscana,

ano il tema dei rifiuti come elemento strategico p a paese, al pari dell’energia, delle infrastru

ndirizzo Territoriale (PIT) Regionale (adottato nell’aprile 2007 ed

approvato il 24 Lugli o 2), i sistemi che

tturali sono

ici di interesse unitario regionale. d) il «patrimonio collinare» della Toscana;

scana” quale prima invariante

uesto Piano persegue il iglioramento costante delle loro componenti territoriali e insediative e tipologiche mediante

poi, sono individuate le infrastrutture di interesse unitario regionale

paragrafi 6.1, 6.4 e 7 dal Documento di Piano di questo Pit, sono nsiderati risorse di interesse unitario regionale i beni, le funzioni e le infrastrutture attinenti alla ealizzazione e alla operatività di viabilità regionale, di porti, aeroporti e di impianti di trattamento

smaltimento di rifiuti, di impianti di produzione o distribuzione di energia, di reti telematiche, le

riferimento agli impianti di smaltimento dei fiuti è esplicito:

“Possiamo qualificare come opzioni di interesse regionale porti, aeroporti, impianti destinati lla erogazione e circolazione delle informazioni mediante reti telecomunicative, grandi impianti

cnologici finalizzati al trattamento di rifiuti e alla produzione o distribuzione di energia, con

assima attenzione allo sviluppo delle fonti rinnovabili, e alla loro localizzazione più efficiente e ggisticamente compatibile”

o 2007) individua, nello Statuto del Territorio (Titol

definiscono la struttura del territorio toscano e le sue funzionalità (Articolo 3). Le componenti del sistema territoriale che connota e rappresenta la struttura del territorio toscano sono individuate e argomentate dal Documento di Piano e le invarianti stru

identificate secondo la seguente formulazione sintetica: a) la «città policentrica toscana»; b) la «presenza industriale» in Toscana; c) i beni paesaggist

e) il «patrimonio costiero» della Toscana;

f) le infrastrutture di interesse unitario regionale; Nell’Articolo 4 viene individuata la “città policentrica to

strutturale dello Statuto ed in questa sede si fa riferimento alla tematica del trattamento dei rifiuti come obiettivo essenziale per il miglioramento dell’assetto del territorio:

“Per integrare e qualificare la “città policentrica toscana” nell’insieme urbano e rurale da cui gli insediamenti del territorio regionale traggono la loro riconoscibilità, q

m

l’offerta e il sostegno di modalità e stili edificatori, manutentivi, abitativi, infrastrutturali e di forme di mobilità e accessibilità che ne privilegino la sostenibilità sociale e ambientale sotto i profili energetico, idrico, di trattamento dei rifiuti”

Nell’ Articolo 29,

considerate come quinta invariante strutturale dello Statuto e fra queste viene fatta specifica menzione agli impianti di trattamento dei rifiuti:

“Ai fini di quanto sancito nei co

r

e

opere necessarie alla mitigazione del rischio e alla tutela delle acque, nonché i beni, le funzioni e le infrastrutture attinenti la gestione della risorsa idrica nel suo complesso”

Nel Documento di Piano viene stabilita l’agenda dei progetti infrastrutturali di maggior rilievo regionale ed anche in questo caso il

ri a

te

m paesa

(24)

Il PIT individua, poi, in base al metodo disposto dal D.C.R. n°69/2000, i comuni che ostituiscono i vari distretti industriali della Toscana: dalla figura di seguito riportata è ossibile riconoscere i comuni afferenti all’area di studio del presente lavoro come istretto industriale del cuoio (figura 9.15).

c p d

Figura 9.15 Rappresentazione geografica dei comuni distrettuali al 2001

A livello provinciale il Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP) della Provincia Di Pisa (approvato il 27/07/2006) riporta una sezione dedicata interamente alla definizione dei

isce do di criticità individuato

o identificate scegliend

tali (acqua, aria, rifiuti, suolo e sottosuolo,..ecc…), alcuni indicatori significativi

ostruiti stilare (tramite il metodo

statistico “Z score”) una graduatoria di tutti i comuni della provincia classificati in base a tre livelli di attenzione (alto, medio e basso).

criteri e dei parametri di valutazione per la verifica ambientale delle condizioni di trasformabilità del territorio provinciale, individuando le aree stabili, le aree di trasformabilità incondizionata e quelle caratterizzate da condizioni di fragilità: il PTC indica le condizioni di fragilità ambientale su scala comunale e, naturalmente, forn specifiche prescrizioni in base al gra .

Le condizioni di fragilità vengon o, per ognuno dei sistemi ambien

(25)

In particolare, la metodologia utilizzata per la costruzione della graduatoria di fragilità

suo va menta [9.1] o diminuisce [9.2] la condizione di fragilità ambientale prevede, innanzitutto, di stabilire, per ciascun indicatore, se all’aumentare del

lore assoluto au

ambientale. Stabilito ciò, vengono calcolati gli z-score tramite le seguenti relazioni:

( )

(

MINX X

)

/Dev.St. Zi = ii [9.1]

( )

(

X MINX

)

/Dev.St. Zi = ii [9.2] dove: i

Z = punteggio di categoria del comune considerato;

= valore minimo assunto tra i diversi comuni;

tra i valori assunti dall’indicatore considerato nei

er rendere

di ogni categoria viene espresso come percentuale: questa operazione viene effettuata ica del rango percentile che permette di rappresentare ogni

un punteggio sintetico (anch’esso ariabile da 0 a 100) come valore medio dei singoli indicatori utilizzati per quel sistema,

i

X = valore assunto dall’indicatore per il comune considerato;

( )

Xi

MIN

Dev.St. = deviazione standard diversi comuni.

P immediata la lettura e la percezione interpretativa dei risultati, il punteggio

utilizzando la tecnica statist

punteggio attraverso una scala variabile da 0 a 100, dove al valore 100 corrisponde la massima fragilità.

Per ogni sistema ambientale è stato, infine, individuato v

mediante la formula:

Zm =

Zi/N [9.3]

dove:

el sistema ambientale riferito al comune

re per ciò che riguarda il Sistema dei Rifiuti gli indicatori impiegati per ere e quantificare la criticità del fenomeno sono i seguenti:

Rifiuti Speciali per addetto Rifiuti Urbani totali pro capite

Percentuale di raccolta differenziata sui Rifiuti Urbani totali

escritta, prima per ciascun indicatore e poi sulla media re, viene determinato, per tutti i comuni della provincia di Pisa, il livello di fragilità econdo la classificazione precedentemente esplicitata; i risultati, riportati in forma

bellare in figura 9.10 (per i soli comuni del comprensorio), vengono rappresentati spazialmente su tutta la provincia in figura 9.16.

m

Z = punteggio complessivo d considerato;

Z = somma dei punteggi degli indicatori relativi al sistema ambientale in esame

N = numero di indicatori impiegati nell’analisi. i

In particola descriv

Applicando la metodologia sopra d dei t

s ta

(26)

Figura 9.16 Condizioni di fragilità del sistema rifiuti della Provincia di Pisa (PTC, 2006) Il Piano Territoriale di Coordinamento (PTCP) della Provincia di Firenze (approvato nel giugno del 1998) rappresenta l’atto di programmazione con il quale la Provincia esercita,

pol con

199 egionale sul governo del territorio, datata gennaio

Sta i pianificazione cui approda

i secondo una duplice modalità: a) d

nel governo del territorio, un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le itiche territoriali della regione e la pianificazione urbanistica comunale. In conformità la Legge Regionale 5/95 cui tale piano fa riferimento (essendo stato approvato nel

8, quindi prima della nuova legge r

2005), il PTCP si compone di più documenti, il più rilevante dei quali è la Carta dello tuto del territorio che costituisce l’elaborato progettuale d

l’analisi del quadro conoscitivo del territorio stesso. Dal 1998 è iniziata, nella provincia di Firenze, una fase di lavoro che ha come obiettivo la verifica delle trasformazioni in atto sui territori comunal

a una parte viene analizzata la compatibilità degli interventi di trasformazione del territorio con gli indirizzi del PTCP e viene effettuata la relativa stesura dei pareri

(27)

istruttori: fra questi si evidenzia il parere di conformità del PTCP sui progetti di impianti di smaltimento dei rifiuti;

b) dall’altra viene condotta la registrazione degli atti che approfondiscono, aggiornano e

rbani e dei fanghi della modificano il quadro conoscitivo e previsionale del PTCP.

Le Norme di attuazione del piano, all’articolo 24, individuano, poi, i servizi e le attrezzature di livello provinciale e/o regionale fra cui gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani:

“Le aree destinate ai servizi di livello provinciale e/o regionale sia esistenti che di progetto sono individuate con apposita simbologia nella Carte dello Statuto del Territorio e per quanto concerne le attrezzature per lo smaltimento dei rifiuti le aree corrispondono a quelle previste dal vigente Piano di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti u

Provincia di Firenze…….Salvo quanto stabilito al comma 4 (aree a destinazione sanitaria ed ospedaliera), in tali aree gli S.U. dei Comuni non possono, di norma, prevedere la localizzazione di opere e costruzioni con diversa destinazione. Possono tuttavia precisare i perimetri di tali aree o individuarne di nuove laddove sussistano specifiche esigenze di diverso utilizzo.”

A fianco degli strumenti di pianificazione del territorio a scala regionale e provinciale, la Regione Toscana ha deciso di inserire il Comprensorio del Cuoio tra le aree di interesse regionale per la sperimentazione dei percorsi di Agenda 21 locale con l’obiettivo di promuovere percorsi di pianificazione e programmazione di concerto con l’intera comunità locale, consolidando e sviluppando tutte le pregresse esperienze di concertazione ambientale su questo territorio, per garantire la crescita di idonei strumenti e procedure di supporto alla pianificazione partecipata.

Un’agenda 21 locale può essere, infatti, descritta come uno sforzo comune per raggiungere il massimo consenso fra tutti gli attori sociali, in merito agli obiettivi di uno

uesto sviluppo sostenibile del territorio cui consegue la costruzione ed attuazione di uno specifico Piano d’Azione. È dunque un percorso che nasce da una scelta volontaria e condivisa tra più attori locali che deve servire ad esplicitare e condividere gli obiettivi di sviluppo, verificarne la loro credibilità e desiderabilità, quindi tradurli in una strategia integrata, a sua volta articolata in linee d’azione concrete, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati (attori economici e sociali, cittadini singoli, associazioni no profit etc). L’elaborazione dell’Agenda 21 nel Comprensorio del Cuoio ha determinato la possibilità di mettere a sistema le istanze di tutti i soggetti portatori di interessi locali e le esperienze di concertazione nel settore ambientale che hanno caratterizzato la storia di q territorio negli ultimi trent’anni.

Nell’ambito del percorso di Agenda 21 viene predisposto il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente del Comprensorio (2002), uno strumento che garantisce a tutti i soggetti l’accesso alle conoscenze tecnico-scientifiche ed alle informazioni sullo stato dell’ambiente e sullo stato attuale delle politiche e degli interventi, realizzati o previsti, nel comprensorio. Tale Rapporto, sviluppato dall’amministrazione provinciale di Pisa con il contributo di ARPAT (Agenzia Regionale Protezione Ambiente Toscana) e dall’ azienda USL 11, costituisce il punto di partenza per valutare, in modo più possibilmente

(28)

oggettivo, le principali problematiche da affrontare e le risorse disponibili per implementare il percorso strategico di sviluppo sostenibile locale del Comprensorio.

La costruzione del Rapporto sullo Stato dell’Ambiente si sviluppa attraverso l’analisi delle

r contrastare gli effetti negativi

delle le.

Veng

indicator e rappresentano uno strumento per fotografare, in modo sintetico, le crit

tendenze rto con obiettivi di legge e di sostenibilità, le relazioni di

ari per analizzare quelli

io e natura);

“fattori antropici” (energia, rifiuti, rumore, mobilità e trasporti, sistema produttivo);

“ambiente, qualità della vita e della salute” (sistema socio-insediativo, salute della popolazione).

na volta condiviso il Rapporto sullo Stato dell’Ambiente, la fase successiva del percorso di Agenda 21, che deve portare a definire il Piano di Azione, riguarda l’ individuazione degli obiettivi prioritari di sostenibilità ambientale sulla base dei quali impostare tutte le attività di pianificazione, discussione, concertazione e decisione.

Questo intento costituisce un passaggio importante che qualifica il percorso intrapreso da questo territorio, rendendo esplicite le priorità assunte in sede locale.

risorse ambientali, in particolare del loro “stato” (quantità, qualità), della “pressione” su di esse esercitata dalle attività umane (prelievi, emissioni, trasformazioni etc) e delle “risposte” (da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati) pe

attuali politiche e/o per produrre le condizioni per una migliore qualità ambienta ono a tal scopo impiegati, sulla base delle esperienze internazionali, specifici

i ambientali ch

icità connesse ai diversi problemi indagati, con lo scopo di metterne in evidenza le nel tempo, il rappo

causa-effetto, l’efficacia delle politiche pubbliche, le capacità di innovazione tecnologico-ambientale del sistema economico locale.

Nel Rapporto sullo Stato dell’Ambiente del Comprensorio del cuoio vengono impiegati indicatori di stato (S), di pressione (P) e di risposta (R), necess

che, nella struttura del rapporto, vengono definiti come:

“sistemi ambientali” (acqua, aria, suolo e sottosuolo, paesagg

(29)

9.4 CRITERI

ED

ATTRIBUTI DI VALUTAZIONE

Il problema dell’individuazione dei siti idonei alla localizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti, come una discarica, viene affrontato utilizzando le metodologie di aiuto alle decisioni multicriteri per la pianificazione sostenibile delle risorse del territorio. Le tecniche di analisi multicriteri consentono, infatti, di individuare la soluzione “preferibile” all’interno di un set di soluzioni caratterizzate ognuna da differenti impatti di tipo ambientale, sociale ed economico e, sulle quali, convergono i diversi “interessi” dei decision makers coinvolti.

Nel presente lavoro è stato, pertanto, necessario individuare quali criteri ed attributi di valutazione siano necessari per l’analisi, al fine di individuare e proporre un insieme di siti alternativi di localizzazione di minimo impatto sulle risorse ambientali e socio-economiche del territorio in esame.

Criteri ed attributi di valutazione sono stati selezionati in base a:

a. rispetto delle prescrizioni fornite dagli strumenti di Pianificazione: Piano Regionale per la gestione dei Rifiuti Urbani ed assimilabili, Piano Regionale per la gestione dei Rifiuti Speciali anche Pericolosi, Piano Provinciale dei Rifiuti Urbani, Piano Provinciale dei Rifiuti Speciali anche Pericolosi (provincia di Pisa e di Firenze), Piani di Ambito Territoriale Ottimale (ATO 3, ATO 5), PTCP (provincia di Pisa e di Firenze).

b. coerenza con gli elementi di analisi da considerare nella procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (Legge Regionale n. 79/98) che individua alcuni “fattori peculiari di impatto” da considerare per gli “impianti per la gestione ed il mantenimento dei rifiuti” (fra cui le discariche) che appartengono alla categoria di opere sottoposte a V.I.A.;

c. disponibilità ed omogeneità (sia in termini di estensione spaziale che di livello di dettaglio) dalla banca dati (tabellare e geografica) disponibile per l’area di studio.

Lo schema generale degli elementi (criteri e attributi) che sono stati ritenuti necessari per individuare le porzioni del territorio più idonee alla localizzazione di una discarica, è stato strutturato gerarchicamente come riportato in figura 9.17.

L’albero gerarchico è strutturato secondo tre livelli: goal (obiettivo generale della valutazione), criteri (che identificano dei macro temi di riferimento) ed attributi (che evidenziano il tipo di aspetto da considerare); a fianco della struttura gerarchica principale viene anche schematizzato l’insieme dei vincoli (fattori escludenti) che consentono di individuare, in base a prescrizioni di tipo normativo, quelle porzioni di territorio in cui la discarica non può assolutamente essere localizzata, riducendo così il numero delle alternative (siti) da valutare.

Come si evince dall’analisi dell’albero di figura 9.17, sono stati considerati sei criteri di cui quattro fanno specifico riferimento alla relazione con le componenti ambientali mentre

Figura

Figura 9.26  Sensibilità ambientale dell’attributo qualità delle acque in rapporto alla  localizzazione di una discarica
Figura 9.27 Distribuzione spaziale dei punti di approvvigionamento idrico nell’area vasta
Figura 9.30 Sensibilità ambientale dell’attributo distanza dai punti di  approvvigionamento idrico rispetto alla localizzazione di una discarica
Figura 9.36  Attributo pericolosità geomorfologica: conversione del dato categorico in  dato numerico secondo il metodo dei confronti a coppie
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